#spolverata
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Cisco era precisamente il tipo da cui l’avevano avvisata di tenersi alla larga: uno di quelli che aveva fumato di nascosto nei bagni della scuola, che era stato sbattuto in fretta e furia fuori dopo il diploma ed era andato subito a lavorare. Cisco era tagliente, schietto e la guardava senza fare finta di non guardarla; quando Silvia incrociava il suo sguardo, lui ricambiava, facendole anche un mezzo sorriso quasi di sfida.
#cosa fai quando scrivi per un fandom di tipo 5 persone?#scrivi di una ship ancora più inesistente di quella “ufficiale” del fandom#qua canon non esiste se non vagamente#hanno ucciso l'uomo ragno#fanfiction#fanfic#my fic#my story#per la cronaca questa è una cisco/silvia con una spolverata di max/mauro
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si può dire tanto sui laziali ma se il tuttofare che si presenta a casa è pieno di tatuaggi della lazio sai che sarà un lavoro fatto bene e rapido
#cronache di vivere a roma#se dai una spolverata di ‘laziale? eh ha visto [partita x]’ ancora meglio
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La seconda volta viene meglio
Come già raccontato altrove, abbiamo avuto occasione di fare un'ottima cena all'osteria l'anfora di Padova. In particolare ero rimasto affascinato dai tagliolini alla piovra, per cui mi sono dato da fare per riprodurli.
A meno di segreti del mestiere, la cosa è abbastanza semplice: soffritto di aglio, ci si butta il polpo a pezzetti, si sfuma con il vino, si aggiunge un barattolo di polpa di pomodoro (la polpa sul polpo, interessante gioco di parole)(ah, è una metonimia: è meglio aprirlo, il barattolo), una spolverata di peperoncino e si dimentica il tutto sulla fiamma bassa per almeno un paio d'ore, avendo cura che il sugo si raddensi ma non troppo.
Il primo tentativo è venuto un po' meh, troppo liquido e troppo piccante, per cui abbiamo riprovato due giorni dopo con piena soddisfazione.
L'allenamento è sempre importante.
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Buongiorno desidera?
Due etti di poesia, in tazza grande,
con una spolverata di "ce la farò"...
e un pizzico di abbracci
che partono da dentro.
web
Buongiorno...☕🌻
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Oggi guazzetto di perbenismo con spolverata di finta umanità.
Prendo come esempio un post su FB e una risposta che ho ricevuto al mio commento (che essendo evolutivo è stato visto come privo di "immedesimazione").
Non condivido per polemizzare, non mi interessa perculare nessuno, io voglio porre in analisi il pozzo di immaturità senza fondo in cui moltissimi figli sono costretti a crescere.
Questo il post originario:
Questo il commento sotto una mia risposta, che taccia me di insensibilità e chiede maggiore acutezza sul problema:

Io vorrei che si capisse almeno un po' perché questo tipo di partecipazione è pericolosa, soprattutto perché non si rende conto di quanto lo è.
Elenco tre punti a proposito del mondo marcio emotivo in cui la massa ristagna; che è lo stesso putridume in cui nuotano allegramente le distorsioni dell’empatia, della comprensione e della compassione (l'immedesimazione di inizio).
Questa madre secondo il sensibile di turno va consolata. Forse secondo un ragionamento contorto, può così trarre più forza per continuare ella stessa a consolare il figlio. Tornerà a scuola in una classe di stronzi ma…è consolato.
In questo schema l’esempio che il genitore mette in atto è quello della colpa, che verrà assorbito e imparato dal figlio, come risposta emotiva alla non accettazione, alla critica, all’irresponsabilità altrui.
Incapace di creare soluzioni (perché bisogna compatirla) non ne darà nemmeno al figlio. Le uniche risorse di gioia sono i soldi e in carenza di quelli non ci sono altri rimedi. Questo schema si attiverà nel figlio come risposta mentale a problematiche simili.
Stato di fatto: no money no party. Sono un fallito, nessuno mi vuole, non ho gli stessi strumenti di tutti gli altri, vivo come un emarginato e me ne vergogno, in più a casa è inutile chiedere soluzioni perché non sono in grado di darmene.
Piccola parentesi: soltanto io ricordo l’enorme percentuale di persone che si sentiva “esclusa” da quegli idioti che non li facevano entrare nei bar? Soltanto io vedo e vedevo “adulti" che si comportano come 11enni? Cambiano le dinamiche non le risposte al problema.
Però attenzione, secondo il commentatore di questo post d'esempio la madre che subisce le colpe della sua educazione (che non ha risolto), non va rattristata, e nel vanto dell’inettitudine sacrosanta dei distorti insieme al buonismo e tutte le sue scusanti, il problema prima di tutto sta sempre da qualche parte fuori.
La responsabilità agli altri: insegnate ai vostri figli… (si fotta cosa sta insegnando lei col suo comportamento...).
La colpa ai cellulari: causano bullismo!
Che questi adulti si comportano come bambini, che vivono il rifiuto come alle elementari, che è addirittura scorretto scuoterli davanti a certe cose…Eh no, compatisci e non svegliare il sonno! Chissenefrega se un bambino viene su con questi esempi di merda.
Poi mi raccomando, attivarsi nei convegni in cui si dice ai piccoli cosa devono fare (a parole) …quello subito!
#zombie#società#società malata#svegliatevi#aprite gli occhi#sistema#verità#schiavi#bambini#figli#genitori#esempi di merda#responsabilità#incoscienza#relazioni#consapevolezza#discernimentoinetti#rincoglioniti#lavoro su di sè#immaturità#emozioni#distorsioni#disfunzioni#empatia#mondo marcio#scuse#adulti#vittime
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Piatti vegetariani ristoranti siciliani
LA NONNA E IL PRANZO VEGETARIANO
Nonna – Prontu oh Prontu Ristorante – Buongiorno signora, ristorante A Pucchiria, sono Emanuele, come posso esserle utile? Nonna – Boncionnu, io avrei il desiderio di parlare con il proprietario Ristorante – Sono io signora, come posso esserle utile? Nonna – Oh boncionno signor Manuele, ecco, io sono la nonna di Massimo, che ha prenotato da voi per domenica prossima. Ristorante – Ah si signora per dieci persone, mi ha detto che è la festa di compleanno della sua ragazza, la signorina Samantha Nonna – Si da so zita Samanta-cu-l’acca Ristorante – Come scusi? Nonna – Si a so zita….. Quando me l’ha presentata mi ha detto “Nonna, questa è Samantha, la mia ragazza” e jo ci fazzu “Piaceri signorina Samanta” e lei mi fa “Piacere signora, sono Samantha con l’acca”. Picciò jo capii che si chiama “Samanta-cu-l’Acca” chi avi essiri nu nomi di genti nobili comi Emanueli-Filibertu, Sergiu-Endrigu … chisti cà Ristorante – Ho capito signora, ma mi dica come mai ha chiamato? Nonna – Eccu signor Manuele, chiamavo per sapere se u vostru cuoco è unu bravu picchì Massimo è uno che gli piaci manciari bonu e Samantha-cu-l’acca vegetariana è Ristorante – Ha è vegana per caso Nonna – No è i Brescia, nu paisi vicino Milanu Ristorante – No signora chiedevo se come vegetariana mangiava le uova e i formaggi. Nonna – Si, si l’ova i mancia, e puru u fummaggu. L’otru jonnu si manciò a pasta chi mulanciani e ci scaricò un chilu i ricotta salata, tantu chi pinsai che a Brescia a regalunu a ricotta salata. Ristorante – Ho capito signora, non si preoccupi, abbiamo uno Chef di prim’ordine con già un stella sulla Guida Michelin Nonna – Picchi fa pure l’autista Ristorante – Come scusi Nonna – Ha detto che Guida a Michelin Ristorante – No Signora, è tipo una onorificenza Nonna – Ahh capii, ma sapi cucinari? Ristorante – Gli hanno dato l’onorificenza perché sa cucinare bene Nonna – Ahh menu mali. Eh chi ci fa a Samantha-cu-l’acca ? Ristorante – Possiamo fare due spaghettini con la mollica, dei gnocchetti con pesto di noci gamberi e una spolverata di granella di pistacchi, o una mozzarella di bufala con fiori di zucca, o dei crostini con tagliata di pomodoro secco oppure c’è la nostra caponata… Nonna – Ahh a fati a caponata? Ristorante – Si certo signora, e le posso assicurare che è buonissima Nonna – No picchì se no la portavo io, o magari posso portare una bella parmiggiana che mè cummari di Mandanici mi ha mandato delle bellissime melanzane viola Ristorante – Ma no signora, si fidi, noi la facciamo buona e poi per motivi di igiene non possiamo servire cibi che non facciamo noi Nonna – Ma jo i mulanciani i lavu, li metto a cuocere quando sono pulite…. Ristorante – Non ne ho dubbio signora, ma è il regolamento del comune, non posso fare diversamente. Comunque signora, quando viene qui, le faccio conoscere lo Chef e le faccio assaggiare la caponata, così si convince Nonna – Grazie, grazie, lei e molto gentile. Grazie, grazie, arrivederci, boni cosi, … mi saluti puru u Cef, Saluti, grazie, anche a lei ………. Jo comunque, na padeddata di caponata pu si e pu no, ma pottu ….
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Benvenuti. E congratulazioni. Sono molto contento che ce l’abbiate fatta. Arrivare fin qui non è stato facile, lo so. Anzi, sospetto che sia stata più dura di quanto voi stessi pensiate. Tanto per cominciare, per consentire a me e a voi di essere qui in questo momento, trilioni di atomi, che vagavano ognuno per conto proprio, hanno avuto la gentilezza di assemblarsi in una combinazione molto complicata, e questo appositamente per creare noi. Si tratta di una configurazione molto particolare, mai sperimentata prima e che non potrà mai più ripetersi. Per i prossimi anni (ci auguriamo che siano ancora molti) queste minuscole particelle si impegneranno a cooperare senza mai lamentarsi in una serie di sforzi che richiederanno tutta la loro abilità, e questo al solo scopo di mantenerci integri e darci la possibilità di provare in prima persona quella particolare condizione, estremamente gradevole anche se spesso poco apprezzata, nota con il nome di esistenza.
Perché gli atomi si prendano questo disturbo resta ancora un enigma. Dal loro punto di vista, essere me o voi non è un’esperienza molto gratificante. In fondo, per quanto ci concedano la loro più devota attenzione, agli atomi non importa nulla di noi, anzi, non sanno neanche che esistiamo. Per la verità, non sanno di esistere nemmeno loro. Dopotutto, sono solo delle stupide particelle e non sono neanche vive. (È curioso notare che, se potessimo usare una pinzetta per scomporre il nostro corpo atomo per atomo, non otterremmo altro che un mucchietto di polvere – un mucchietto di atomi – i cui singoli granelli non sono mai stati vivi, ma, presi nel loro insieme, costituivano il nostro corpo.) Eppure, per l’intera durata della nostra esistenza, non faranno altro che rispondere, in qualche maniera, a un unico rigido impulso: fare in modo che noi continuiamo a essere noi.
Il brutto è che gli atomi sono creature volubili e la loro devozione è da ritenersi transitoria, molto transitoria. Una vita umana, per quanto lunga, raggiunge appena le 650.000 ore. E quando si trovano a sfrecciare nei pressi di quella modesta soglia, o in qualsiasi altro punto lì intorno, per ragioni assolutamente sconosciute, i nostri atomi decidono di spegnerci. Poi, silenziosamente, si slegano e se ne vanno ognuno per conto proprio, a diventare qualcos’altro. E per noi tutto finisce lì.
Eppure dovremmo essere contenti che ciò accada. In linea di massima, e per quanto ne sappiamo, è una cosa che non si verifica altrove, nell’universo. E questo è davvero un fatto strano, giacché gli atomi che qui sulla Terra si aggregano fra loro in modo spontaneo e naturale formando gli esseri viventi sono esattamente gli stessi che si rifiutano di farlo altrove. A prescindere da cosa altro possa essere, a livello chimico la vita è estremamente banale: carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto, un po’ di calcio, un goccetto di zolfo e una spolverata di altri elementi molto comuni. Nulla che non si possa trovare nella farmacia sotto casa. Tutto qui, non serve altro. L’unica particolarità degli atomi che costituiscono il nostro corpo è appunto il fatto che costituiscono noi. E questo, ovviamente, è il miracolo della vita.
Indipendentemente dal fatto che gli atomi diano luogo alla vita anche in angoli dell’universo diversi dal nostro, è pur vero che fanno moltissime cose: anzi, per la verità, fanno tutto il resto. Senza di loro non ci sarebbero né acqua né aria, né rocce né stelle. E nemmeno pianeti, lontane nubi gassose, o nebulose a spirale: nessuna di quelle cose, insomma, che rendono l’universo un luogo così gradevolmente concreto. Gli atomi sono talmente numerosi e necessari da indurci facilmente a dimenticare che in realtà potrebbero benissimo non esistere. Nessuna legge costringe l’universo a riempirsi di particelle di materia o a produrre luce, gravità e tutte quelle altre caratteristiche fondamentali per la nostra esistenza. Non è che l’universo debba esistere per forza. E infatti per un tempo lunghissimo non c’è stato. Non esistevano atomi e non esisteva nemmeno un universo in cui essi potessero fluttuare. Non c’era niente, niente di niente, da nessuna parte.
Sarà quindi il caso di rallegrarci per l’esistenza degli atomi. D’altra parte, il fatto che noi abbiamo i nostri atomi e che essi siano tanto determinati ad assemblarsi è solo una parte del processo che ci ha portati fin qui. Trovarci qui adesso, vivi, nel ventunesimo secolo, e così intelligenti da esserne consapevoli, significa essere stati i beneficiari di una straordinaria dose di fortuna biologica. Soppravvivere sulla Terra è una faccenda sorprendentemente complicata. La maggior parte (qualcuno sostiene il 99,9 per cento) dei miliardi e miliardi di specie viventi esistite dall’alba dei tempi, oggi non esiste più. La vita sulla Terra, come si vede, non è soltanto breve, ma anche terribilmente precaria. Una curiosa caratteristica della nostra esistenza è che veniamo da un pianeta adattissimo a promuovere la vita, e ancor più efficiente a portarla all’estinzione.
In genere, le specie presenti sulla Terra durano all’incirca solo quattro milioni di anni. Quindi, se uno ha intenzione di rimanere in circolazione per miliardi di anni, dev’essere mutevole tanto quanto gli atomi che lo compongono. Occorre essere pronti a modificare tutto di se stessi: forma, taglia, colore, specie di appartenenza. Tutto insomma. Ed essere pronti a farlo ripetutamente. Tutto questo è più facile a dirsi che a farsi, poiché il processo di trasformazione è assolutamente casuale. Per evolvere da «primordiale globulo atomico protoplasmico» (come dice la canzone di Gilbert e Sullivan) a esseri umani moderni, eretti e senzienti, abbiamo dovuto mutare, escogitando caratteristiche nuove, e abbiamo dovuto farlo in una sequenza temporale precisa e per un tempo estremamente lungo. In momenti diversi, negli ultimi 3,8 miliardi di anni dapprima abbiamo aborrito l’ossigeno e poi l’abbiamo amato alla follia; ci siamo fatti spuntare ali, pinne ed eleganti vele dorsali; abbiamo depositato uova e falciato l’aria con lingue biforcute; siamo stati lisci o pelosi, abbiamo vissuto sottoterra e sugli alberi; siamo stati grandi come cervi e piccoli come topi, e milioni di altre cose ancora. Una minima deviazione da ciascuno di questi processi evolutivi e adesso ci ritroveremmo a leccare alghe dalle pareti di una grotta, a ciondolare su una riva rocciosa alla maniera dei trichechi o ancora a sfiatare da un’apertura sopra la testa prima di immergerci a diciotto metri di profondità per concederci un boccone di quei deliziosi vermi che vivono affondati nella sabbia. La nostra fortuna, d’altra parte, non si è limitata al fatto di essere inclusi fin dai primordi in una linea evolutiva favorita dalla selezione: siamo stati anche estremamente, diciamo pure miracolosamente, fortunati per quanto riguarda il nostro albero genealogico personale. Consideriamo che per 3 miliardi e 800 milioni di anni – un periodo di tempo superiore all’età delle montagne, dei fiumi e degli oceani – ognuno dei nostri avi, per parte di padre e di madre, è stato abbastanza attraente da riuscire a trovarsi un compagno; abbastanza sano da essere in grado di riprodursi; e a tal punto benedetto dal fato e dalle circostanze da vivere abbastanza per farlo. Nessuno dei nostri diretti progenitori è stato schiacciato o divorato; nessuno è morto affogato, di fame, trafitto a tradimento, ferito anzitempo, o in qualsiasi altro modo distolto dal fondamentale compito della sua vita: quello di consegnare, al partner giusto e al momento giusto, quella minuscola quantità di materiale genetico necessaria a perpetuare l’unica possibile sequenza di combinazioni ereditarie che alla fine, incredibilmente, e per un tempo così breve, avrebbe prodotto ciascuno di noi.
#breve storia di quasi tutto#citazioni#citazione#citazioni libri#citazione libro#Breve storia di (quasi) tutto#bill bryson#Bill Bryson#bill bryson citazioni#bill bryson citazione#atomi#evoluzione
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Lo sapete che oggi si celebra la Giornata Mondiale del Caffè?
Ma voi l’avete mai bevuto il Caffè Pedrocchi alla menta nello storico locale? Si tratta di una ricetta tutta padovana, ormai famosa in tutto il mondo, nata dal perfetto connubio tra espresso 100% arabica, emulsione di panna fresca, menta in sciroppo e una spolverata di cacao amaro.
La storia di questa bevanda, che si snoda tra i secoli XV e XVIII, tra l’Oriente e le capitali europee. Venne importata per la prima volta in Europa a fine Cinquecento, nella città di Venezia. A portarla con sé, di ritorno da uno dei suoi viaggi, fu Prospero Alpini, Direttore dell’Orto Botanico di Padova dal 1603 al 1616.
Alpini trascorse alcuni anni della sua vita in Egitto, dove la pianta del caffè era utilizzata per produrre un decotto dalle proprietà medicinali. La nuova bevanda incontrò, nella sua diffusione, alcuni pregiudizi: si riteneva che il suo uso allontanasse gli uomini dal focolare domestico e i consumatori di caffeina erano associati a una vita notturna licenziosa. Basti pensare che ancora nel 1732 il compositore Bach scrisse una cantata il cui testo descriveva l’angoscia di un padre desideroso di guarire la figlia dalla passione del caffè.
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Gatta, dove sei?
Ormai sento solo queste sue parole per casa, una somma di sorrisi con una spolverata di confusione di genere. A me piace pensare che è tutto nato da una nostra rivolta, una lotta contro chi voleva che ci volessimo bene seguendo uno schema precompilato, un processo che per tanti è immutabile ma che per noi non ha mai avuto senso, pure leggendolo al contrario. Abbiamo avuto giorni difficili, per un fine superiore abbiamo fatto finta di starci, ma andava tutto a rotoli. Non siamo fatti così, non saremo mai fatti così, nessuno avrà più concessioni, nostre sono le vite e nostre sono le regole.
Dovremo passarne ancora di folle che ci diranno come è giusto che sia, però il vantaggio di parlare una propria lingua è che possiamo dirci le cose senza che nessuno se ne accorga, ci avremo messo, che ne so, un giorno ad impararla, ma adesso possiamo usare il futuro dove ci vuole il passato, non abbiamo imperativi bensì intenzioni, il gerundio è diventato un tempo troppo volatile, non servono tutte le consonanti, gli articoli sono del tutto inutili se l'intero mondo è solo plurale.
La vita ti ha tolto tanto senza che ne avessi colpa, ma dammi un briciolo di fiducia e Bing Bong ti restituirà tutto quello che ti era dovuto, con tanti colorati interessi.
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🖤
Desidera?
Due etti di poesia, in tazza grande, con una spolverata di “ce la farò” .... e un pizzico di abbracci che partono da dentro
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SPAGHETTI ALLA TURIDDU
Ingredienti per 4 persone
360 di spaghetti (o spaghettoni o linguine)
4 pomodori di Pachino o comunque piccoli e succosi
1 spicchio d'aglio
1 cucchiaio di capperi dissalati
4 acciughe sott'olio
200 g di pangrattato
olio extravergine d'oliva qb
sale qb
1 mazzetto di prezzemolo fresco
Procedimento
Avviate la cottura della pasta mettendo una pentola capiente sul fuoco.
Lavate i pomodori e tagliateli a metà.
Lavate il ciuffetto di prezzemolo e tritatelo.
In una padella, versate l'olio extravergine d'oliva e lo spicchio d'aglio senza camicia.
Fate dorate l'aglio, quindi aggiungete i pomodori tagliati a metà e le acciughe sott'olio. Fate cuocere qualche minuto finché le acciughe saranno sciolte.
In un'altra padella versate l'olio extravergine d'oliva (circa 5 o 6 cucchiai) e il pangrattato, e mescolate con un cucchiaio di legno finché il pangrattato diventa croccante e abbrustolito. Una volta raffreddato aggiungete il prezzemolo tritato.
Una volta cotta la pasta, scolatela e versatela nella padella con l'olio, i pomodori e le acciughe, quindi mantecate.
Impiattate la pasta con una generosa spolverata di mollica “atturata".
Spaghetti alla Turiddu (e varianti)
In tanti infatti fanno gli spaghetti alla Turiddu anche con altri ingredienti: tonno o pesce spada al posto delle acciughe, e formaggio pecorino al posto del pangrattato (che in questa ricetta si usa per fare la tipica mollica “atturata” che dona quel pizzico di piacevole croccantezza che dà sempre quel tocco in più). Moltissimi, poi, ci mettono anche le olive, con un risultato tra l'altro molto simile ai celebri spaghetti alla puttanesca.
By: https://www.lacucinaitaliana.it/article/spaghetti-alla-turiddu-primo-gustoso-veloce-economico/
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#Tra pranzo e cena con bontà/Between lunch and dinner with goodness
Tra pranzo e cena con bontà Pranzo:spaghetti integrali di farro con sfilacci di zucchina, pomodori secchi, trito di aglio e cipolla rossa, pinoli mediterranei, olive itrane, peperoncino di Cayenna, noce moscata, maggiorana, cannella, curcuma, mix formaggio caciotta e formaggio semi-stagionato, olio evo, spolverata di funghi mix in polvere.Non resta che un tuffo nel gusto e piacere per palato e…
#aromatic herbs#cooking#Creole sounds#emotional#experiential#food#haamburger#Itrana#nutrition#nutritional#organoleptic#palate#recipe#soul#spices#Trocadero salad#vegetarian
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Amici posate quel panettone al cacio sui maccheroni e nessuno si farà male.
Cosa stracazzo è successo ai panettoni?
Mi sono girato che c’erano i pandori da una parte e i panettoni dall’altra e se proprio volevi fare il diverso ti compravi il tartufon c’est bon che negli anni ’90 aveva una pubblicità vagamente stereotipata ma a quei tempi ridevamo pure con striscia la berisha quindi chissene.
Ora il panettone è diventato una roba gourmet e ogni pasticceria ti propone un abbinamento diverso tipo panettone al muschio bianco con una spolverata di tofu, panettone alla pasta con le sarde e panettone con frutta secca e isolante per infissi.
Perché?
Qui da noi c’è una famosa pasticceria con scritto “quest’anno salvate i piccoli artigiani, comprate panettoni fatti a mano”. E te li mettono a 50 euro.
Ma porcoddue a 50 euro non mi dai un panettone, a 50 euro mi dai il piccolo artigiano perché se pago 50 euro un panettone non lo mangio. Lo metto in una teca in una stanza con atmosfera controllata, lo saluto al mattino e gli do un bacio la sera. Forse ci vado pure a dormire e gli sprimaccio il cuscino.
-Vabbeh ma allora comprati quello della Motta e non rompere le uvette
Allora intanto come sempre nessuno ti ha chiesto una melanzana intima ma c’è del vero in quel che dici.
Però io questi panettoni li guardo e grondano crema al pistacchio, mi invogliano capisci? Poi chiedo informazioni e sono tutti prenotati.
Tutti.
-Guardi purtroppo non abbiamo più niente, l’ultimo se lo è prenotato una signora in primavera. Però possiamo darle questo se vuole
-Ma quello è un grumo di polvere che era in un angolo del negozio
-Sì esatto ma è stato nella stessa stanza dei panettoni, con un po’ di zucchero a velo vedrà che svolta il Natale. Glielo lasciamo a soli 28 euro
-Vabbeh ok
Le code davanti a questi negozi sono talmente lunghe che quando chiamano un numero nuovo organizzano una conferenza stampa per essere sicuri che sentano tutti.
C’è gente che per pagare il panettone va da Findomestic per un prestito, ci sono persone che mercanteggiano tipo
-Quanto viene questo panettone all’impepata di cozze?
-45 euro giusto perché c’è il black Friday
-Posso dare 30 euro ma vi concedo lo ius primae noctis con mio marito, è un restauratore di mobili antichi, schiena ancora in discrete condizioni e se gli mettete lì il pronto legno pulito vi lucida pure il parquet
-Se ne vada
Che poi il panettone di base era una ricetta povera alla portata di tutti ma oggigiorno sembra che pure i grissini debbano diventare gourmet e anche i pasticceri non sono più pasticceri ma sono chef e si muovono nella loro cucina assemblando esperienze al gusto di panettone. Giuro che questa non è una mia espressione ma l’ho letta a conferma ulteriore che ogni volta che c’è la parola “esperienza” dovremmo scappare a gambe levate rifugiandoci in una grotta aspettando che passi.
Ma alla fine è Natale e queste esperienze panettonifere vanno esaurite già a marzo e c’è una lista d’attesa più lunga che per avere un rene nuovo quindi alla fine hanno ragione loro.
A me comunque il Tartufon c’est bon piaceva un casino.
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Ora è Natale, con Pandorzepam e una generosa spolverata di Oki a velo sentirò meno l'ansia natalizia, le palle appese all'albero che girano e i pacchi di mai una gioia da scartare. Quest'anno novità, Pandorzepam anche con crema di Tavor.
Perché il Natale quando arriva, arriva... ma tu sei sedato.
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Ricette di famiglia
Il Tiramisù della Domenica
Ogni domenica mattina, la cucina si trasformava in un piccolo laboratorio dolciario. Il rumore delle fruste elettriche, il profumo di caffè appena fatto, il tintinnio delle ciotole. E io, sempre al mio posto, accanto a mia mamma.
"Mamma, ma quanto zucchero ci metti?" chiedevo ogni volta, anche se conoscevo già la risposta.
"Quanto basta," rispondeva lei sorridendo…
Iniziavamo sempre dai savoiardi, che mia mamma intingeva nel caffè con movimenti rapidi e precisi, senza farli inzuppare troppo. Io stavo lì a guardare, aspettando il mio turno: la crema al mascarpone, è sempre stata la mia parte preferita.
"Mescola piano," mi diceva, "deve essere soffice come una nuvola." E io seguivo il suo ritmo, cercando di imitare la sua pazienza, lei mi guardava e scuoteva la testa, ma sapevo che era felice.
Stratificavamo il tiramisù insieme, uno strato di biscotti, uno di crema, fino a quando il dolce prendeva forma. Poi arrivava l’ultimo gesto: una spolverata di cacao che copriva tutto.
Ogni Domenica era come la prima: il sapore del caffè, la dolcezza del mascarpone, la leggera amarezza del cacao. E ogni volta sapevo che non era solo il tiramisù a essere speciale. Era quel momento con mia mamma!
Il tiramisù era il dolce della domenica, ma soprattutto, era il nostro dolce.
Ingredienti:
250 g di mascarpone
2 uova fresche (separate tuorli e albumi)
50 g di zucchero
150 g di savoiardi
150 ml di caffè (freddo, non zuccherato)
Cacao amaro in polvere (per spolverare)
Un pizzico di sale
Ricetta del tiramisù:
Preparare il caffè: Preparare il caffè e lascia raffreddare completamente.
Montare i tuorli: In una ciotola, sbattere i tuorli con lo zucchero fino a ottenere un composto chiaro e spumoso.
Aggiungere il mascarpone: Incorporare il mascarpone ai tuorli montati, mescolando delicatamente fino a ottenere una crema liscia.
Montare gli albumi: In un'altra ciotola, montare gli albumi con un pizzico di sale a neve ferma. Aggiungere delicatamente gli albumi montati alla crema di mascarpone, mescolando dal basso verso l'alto per non smontarli.
Assemblare il tiramisù: Bagnare i savoiardi nel caffè freddo e disponili in uno strato in una pirofila. Coprire i savoiardi con uno strato di crema al mascarpone. Ripetere il procedimento con un secondo strato di savoiardi e crema.
Spolverare e riposare: Spolverare con abbondante cacao amaro e lasciare riposare in frigorifero per almeno 3-4 ore.

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Il Caffè Pedrocchi è uno dei simboli di Padova e tappa obbligatoria per chiunque visiti la città. La sua specialità è senza dubbio l’omonimo espresso, servito in tazza grande con un’emulsione di panna e menta ed una spolverata di cacao.
Attenzione: non si zucchera e non si mescola!!!
Caffè e menta… connubio davvero strepitoso per iniziare la giornata!
Foto di Alessia Marola
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