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elbafishingblog · 3 years
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Balsa Trotting
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La pesca al colpo in passata con i Balsa. Realizzazione del galleggiante, montature ed azione di pesca.
La Balsa propriamente detta è un albero ed il suo legno, leggerissimo, è ampiamente utilizzato per la costruzione di numerose tipologie di galleggiante. Per questo motivo parlare genericamente di balsa in sé dice poco e niente se non identificare un materiale e quindi delle caratteristiche costruttive con annesse proprietà. Ma al di là di ciò i galleggianti differiscono tra loro per tanti altri aspetti che li rendono, ciascuno nella sua categoria, unici. Quando ci si riferisce al balsa come galleggiante (the Balsa) e non come legno (da cui ovviamente prende comunque il nome) si va ad indicare un tipico galleggiante inglese, parente prossimo degli stick floats e che con questi si trova in una sorta di rapporto di continuità. Un galleggiante da passata in correnti abbastanza importanti ed acque medio-profonde, generalmente di una certa portata e di forma affusolata.
Realizzare un Balsa
Il Balsa non è un galleggiante comune e al pari degli stick floats, già più conosciuti, risulta di difficile reperibilità a meno di non ordinarne qualche modello su negozi d’oltremanica. Noi lo abbiamo realizzato, seguendone le caratteristiche principali, a partire da un galleggiante in balsa nostrano di forma e portata simile. Si tratta sostanzialmente di un adattamento che prevede la rimozione dell’anellino per il filo passante e la modifica della sommità con realizzazione di una cupola. Seguono poi le colorazioni.
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Si ottiene alla fine un Balsa vero e proprio che si fissa in lenza con i classici anelli/tubicini di silicone che lo rendono intercambiabile. Il modello classico ha una portata di 3-4 grammi ma se ne possono produrre di più grandi o più piccoli a seconda delle esigenze.
La lenza per il Balsa
La piombatura in genere non è tra le più delicate. Salvo casi particolari (trotting con Balsa di piccole dimensioni in corrente lenta) il peso è concentrato in una serie di bulk e ha la funzione di far calare rapidamente l’esca e tenerla in prossimità del fondo per tutta la passata. Dimentichiamoci dunque, almeno per ora, le lunghe spallinate cui siamo in genere abituati e l’esca che cala lentamente. Quella con il Balsa è una pesca che non va proprio per il sottile e mira alla cattura di pesci che mangiano a contatto con con il fondo e in condizioni di flusso importante. Qui in Arno Pisano si tratta di carpe e channel di una certa taglia quindi anche la lenza non sarà di certo capillare.
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Una caratteristica invariabile della lenza è la presenza di un pallino stabilizzatore (e con funzione di marker) subito al di sotto della deriva del galleggiante. A seconda della portata e delle condizioni il pallino può variare in peso ma in genere è del tipo BB (0.4 gr) oppure AAA (0.8 gr) potendo però salire fino a SSG (1.6 gr) quando la situazione lo richiede. Questo peso rende il comportamento del Balsa simile a quello di uno stick float (che anch'esso peraltro prevede l’uso di un marker anche se possiede già uno stelo più pesante del corpo) e ne stabilizza la passata in presenza di flussi non troppo uniformi, facilitando inoltre un certo grado di trattenuta (seppure lieve) dato che l’assenza di spalle tende a far scivolare il galleggiante facilmente fuori dal pelo dell’acqua. Per quanto concerne la distribuzione del peso la mia lenza di partenza è la seguente.
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Ne esistono tante e ne ho provate tante. Le lenze sono un po’ come i vestiti, devono svolgere la loro funzione ma devono anche corrispondere allo stile del pescatore e alle sue preferenze. Non c’è niente di immutabile e i gusti cambiano nel tempo quindi prendetela come spunto, non di più. Questa vuole ricalcare una lenza classica da Balsa ma vuole sapersi anche adattare alle condizioni mutevoli di un fiume come l’Arno Pisano la cui corrente cambia di continuo in funzione della marea. La giusta taratura del galleggiante (noterete che mancano 0,3 grammi) la si lascia al marker shot (eventualmente si aggiunge un pallino più piccolo o se ne applica uno singolo un po’ più grande). Questa lenza è per correnti abbastanza importanti ed uniformi, tipicamente nella fase di scialo (marea calante). Il triplo bulk (3BB, 4n. 4, 2n. 6) consente di aprirla se le condizioni lo richiedono ed avere una presentazione leggermente più morbida come la seguente.
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Ovviamente è solo una delle tante variazioni possibili. Consiglio di utilizzare del piombo morbido, non tossico e le pinze Cresta (che avete trovato recensite in rivista). Modificare la lenza sarà così più rapido e indolore per il filo.
Azione di pesca
Tipicamente il Balsa è un galleggiante da passata in acque con una certa corrente e di una certa profondità che “interviene” dopo che gli stick floats hanno esaurito la loro funzione. La pasturazione in queste condizioni richiede l’uso di bocce ed incollati e storicamente si sono utilizzate quasi sempre esche voluminose. In Arno su linee di pesca che non superano i tre metri di profondità ed ammettendo passate abbastanza lunghe è ancora possibile una pesca con il bigattino e addirittura il pellet da risultati interessanti. Quando il flusso rallenta e si può aprire la lenza ha senso anche una pasturazione manuale a larve sfuse. Sondare è fondamentale, anche se in corrente ha le sue difficoltà.
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Non staremo qui a soffermarci su questo aspetto ma comunque operiate è importante che l’esca passi vicino al fondo. L’Arno Pisano è “maledetto” per il suo fondale così, conoscendolo, io mi limito a sondare piuttosto vicino a riva e poi aumento l’altezza finché durante una passata non noto che l’amo struscia sul fondo dopodiché alzo di qualche centimetro fino a trovare la giusta misura. C’è il rischio di lasciarci il terminale ma è l’unico sistema. Sulla linea di pesca più corta le prede prevalenti sono le carpe.
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Questi ciprinidi fanno quasi sempre lo stesso percorso in cerca di cibo e anche quando di una certa taglia (parliamo di pesci che superano i quattro chili di peso) amano stare piuttosto a ridosso della sponda. L’azione di pesca quasi marginale è più semplice di quella a maggior distanza per vari fattori tra cui, indubbiamente, una minor profondità ed una corrente più lenta, il che favorisce la pasturazione e la presentazione dell’esca. Su una linea di pesca più distante (una quindicina di metri circa), specie se è possibile una presentazione più aperta, è facile intercettare i cavedani.
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Sono pesci che molti di voi conoscono bene ma che qui in Arno non richiedono lenze capillari per via del fatto che l’acqua è sempre scura. L’importante è l’equilibrio tra presentazione e pasturazione e che, pescando con il Balsa, non mangino in calata ma sul fondo perché la lenza, per quanto la si possa aprire, tende comunque ad affondare abbastanza rapidamente, almeno rispetto alle classiche spallinate utilizzate per questa specie di ciprinidi. Altre prede classiche sono poi gli channel (gatti americani), in particolare nella bella stagione e praticamente su ogni linea di pesca.
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Si va da esemplari di piccole dimensioni fino a veri e propri colossi di svariati chili. Per questo motivo (carpe comprese) in Arno Pisano le lenze non possono mai essere troppo sottili, altrimenti non si riesce a reggerli.
Attrezzatura
Il Balsa, come da tradizione inglese, è un galleggiante top and bottom che si abbina alle match rod e che richiede il classico lancio laterale (sideways cast) in modo analogo alla pesca con gli stick floats.. La distanza di pesca non sarà mai eccessiva attestandosi al massimo ad una lunghezza pari a circa tre volte quella della canna e la cui misura è da mettere in relazione alla spot (altezza della riva, profondità di pesca) e alla linea che si vuole seguire. 
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Come tutti gli approcci che prevedono l’uso dei top and bottom non è previsto di affondare il filo che rimane dunque in superficie. La pesca con il Balsa teme quindi il vento che, se presente, deve provenire o da dietro o lateralmente in verso contrario alla corrente. In bobina un nylon classico è tutto ciò che serve, senza dunque che sia né di tipo sinking né a bassa elasticità. La pesca è a passata con piccole e brevi trattenute, quindi a canna in mano. Ciò nonostante un supporto dotato di rod e butt rest è fondamentale per poter svolgere in tranquillità le tante operazioni che richiedono l’uso delle mani libere, come ad esempio operare aggiustamenti sulla lenza, ecc.
Approfondimenti
Esistono Balsa più piccoli per un’azione di pesca leggera e molto altro ancora rimane da dire sui galleggianti standard. L’appuntamento come sempre è in rivista, nel prossimo numero unico. Vi ricordo la nostra pagina Facebook ed il canale Telegram dove quotidianamente vengono pubblicati aggiornamenti, notizie e ci confrontiamo su svariate tematiche. Molto di quello che viene poi scritto sul blog e successivamente elaborato in rivista passa prima da questi spazi di discussione. Se siete interessati sono a vostra disposizione.
Testo e Foto: Franco Checchi
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elbafishingblog · 3 years
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La pesca a legering in mare (prima parte)
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Introduzione al legering e al feeder fishing in mare. Canne, mulinelli e generalità sulla tecnica di pesca in ambiente marino.
Dopo la panoramica sul legering (vedi articoli precedenti) in questa serie di articoli approfondiamo il tema della pesca in mare. Come vuole il percorso che abbiamo deciso di intraprendere non entreremo troppo nello specifico cercando di fornire le basi per una corretta interpretazione di quello che scriveremo più avanti. Questo lungo articolo non si limita a riassumere e sostituire quanto pubblicato in precedenza (avevamo già dedicato al feeder in mare un nutrito numero di post) ma lo integra con contenuti più recenti ed un punto di vista forse più rigoroso. Una revisione il cui scopo è quello di fornirvi sempre contenuti aggiornati.
Le canne
Se si intende praticare il vero legering, quello classico, non ci sono differenze tra mare e acqua dolce. Alcune canne sono messe sul mercato con indicazioni specifiche, prevalentemente per quanto riguarda la resistenza alla salsedine di alcuni componenti (anelli in primis) ma è solo questione di cura. Pesco in mare da anni con le stesse canne con cui pesco in fiume e vi assicuro che sono come nuove. Dunque sfatiamo il mito che per pescare a legering/feeder in mare sono necessarie attrezzature particolari. Le canne vanno con il tipo di approccio e non con il tipo di acqua. Se poi intendete non averne cura il discorso è diverso, ma lasciatemi dire che siete partiti già con il piede sbagliato.
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Una canna da feeder ha solitamente due o più vettini (quiver tip) di diversa sensibilità.
Oggi le canne da legering/feeder sono le quiver rods, canne ad innesti dotate di più vettini in fibra o in carbonio pieno detti quiver tip. Se non vi fosse chiaro di cosa si tratta vi invito ancora a leggere gli articoli precedenti. Non confondiamo, perché siamo in mare, le tecniche di pesca. Se pescate dalla spiaggia con il mare mosso fate surfcasting, se pescate in condizioni simili dalla scogliera fate rock fishing, sempre dalla spiaggia in condizioni di calma potreste fare del beach ledgering o in porto ed in altri spot una generica pesca a fondo (PAF). Il legering classico (di origine anglosassone) e il feeder sono discipline ben delineate e con un rapporto praticamente costate con la pasturazione. Per praticarle come si deve servono canne da legering/feeder e non è previsto riadattare attrezzi specifici per altre tecniche. Non spenderò una parola di più, alle caratteristiche generali è già stato dedicato un articolo intero. Mi limito ad indicare un range che è quello delle canne che vanno da 11 a 13 piedi del tipo che va da light a strong a seconda che si intenda praticare un legering leggero su corta distanza o uno più impegnativo sul medio-lungo raggio.
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Vettini in carbonio pieno (a sinistra) e in fibra (a destra).
La pesca a legering in mare è essenzialmente una pesca in acqua ferma, intendendo cioè che si è in assenza di una corrente chiaramente individuabile e con le caratteristiche di quella che si trova spesso in fiume e nel tratto di foce. Sono tollerate ovviamente un certo grado (ridotto) di onda, una minima turbolenza o una debole corrente di fondo ma, in generale, si può parlare di “calma”. Trattandosi di una disciplina che punta molto su precisione e sensibilità non è adatta a mare formato e forti turbolenze che da un lato comprometterebbero la lettura delle mangiate sul quiver e dall'altro impedirebbero di pasturare e presentare l’esca in pastura come si deve. Torniamo così al discorso di prima e pescare a legering/feeder non è equivalente a pescare a fondo con un pasturatore. In quest’ottica la scelta della canna in mare è dettata da esigenze un po’ diverse. In condizioni di calma (premessa fondamentale) opteremo per canne più corte e leggere (11-12 ft di tipo light e medium-light con vette in fibra o carbonio pieno di 1-2 oz) se la pesca si svolge su riva bassa e corta o media distanza. Opteremo invece per canne da 12-13 ft di tipo medium o medium-strong e vette in carbonio pieno fino a 3 oz se agiremo su rive più alte, se è richiesto raggiungere distanze maggiori o se vi sono condizioni (vento, un po’ di onda o una leggera turbolenza) che fanno prediligere la potenza rispetto alla sensibilità. A parte le 11 ft, generalmente progressivo-paraboliche, le altre saranno canne ad azione progressiva. Se pensate di pescare in long casting, con pesi importanti e avete il dubbio che vi servano canne più lunghe (14 ft) e molto potenti, chiedetevi se intendete ancora pescare a legering/feeder o se non state sfociando in un’altra tecnica. È vero che esistono canne di questo tipo, come è vero che sono dedicate ad un feeder estremo, un approccio “di nicchia”, particolare e non abituale. Un approccio che in mare finisce facilmente in una zona grigia e che qui  non tratteremo.
I mulinelli
Stesso discorso fatto per le canne, le indicazioni le abbiano già date. Non c’è un mulinello che abbia utilizzato in mare con un problema, nonostante abbia lavorato anni. Tutto sta nella cura e nell’attenzione. Trattandosi però di acqua salata, se proprio vogliamo metterci al riparo da brutte sorprese, scegliere un modello un po’ più schermato potrebbe essere buona cosa. Nella foto sotto uno Shimano Nasci con Coreprotect, tecnologia costruttiva  finalizzata a proteggere il mulinello dalle infiltrazioni d’acqua.
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Shimano Nasci 4000.
Fate attenzione al fatto che Shimano (ma anche PENN) ha tolto l’antiritorno e se ne fate uso siate consapevoli che invece dovrete affidarvi alla sola frizione. Nel mio caso, essendo un fan dell’antiritorno, uso molto i mulinelli diciamo più “tradizionali” e posso dire che non ho mai avuto problemi di infiltrazioni (a meno che non vi cadano in acqua e allora son dolori). I mulinelli devono essere spolverati con un pennellino, vanno rimossi i residui di sabbia o pastura, sciacquati e asciugati, lubrificati nelle parti più esposte. Se fate in questo modo e non vi capitano incidenti particolari non ci sono problemi.
Cura e manutenzione
Ricordatevi sempre di sciacquare e asciugare bene le canne che sono entrate in contatto con l'acqua di mare e proteggetele di tanto in tanto (soprattutto i passanti e il manico in sughero) con un lubrificante al silicone.
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Applicazione di olio siliconico su un passante
Gli anelli con il tempo tendono a perdere la protezione dall’attacco degli agenti atmosferici e uno strato siliconico li protegge da umidità e salsedine. Peraltro quel poco di olio siliconico favorisce lo scorrimento del filo e diminuisce gli attriti favorendo il lancio e riducendo lo stress della lenza in fase di combattimento. Una corretta manutenzione prolunga anche la vita dei mulinelli e ne permette il perfetto funzionamento nel tempo. Particolare cura va dedicata ai modelli di fascia media che possono mancare di caratteristiche presenti su quelli di gamma superiore che limitano il contatto di numerose parti con gli agenti atmosferici o che gli conferiscono particolare resistenza.
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Applicazione di vasellina tecnica sul rullino guidafilo
Limitiamoci a pochi interventi, semplici, periodici e più o meno frequenti. Se vi sono residui di sabbia, pastura o sporco si può utilizzare un pennellino per rimuoverli più efficacemente e talvolta anche l’aria compressa facendo tuttavia attenzione che si tratti di parti esterne e che il getto d’aria non finisca per far penetrare la sporcizia ancor più in profondità. Pulire poi velocemente con acqua tiepida (a frizione chiusa) ed asciugare molto bene un mulinello dedicato alla pesca in mare è fondamentale per evitare deposizioni di sale e ossidazioni. Sempre meglio un nebulizzatore che il getto d’acqua diretto. Ogni tot pescate lubrifichiamo le parti metalliche più esposte (rullino guidafilo, viti, snodo della manovella) con della vasellina tecnica e distribuiamo sulla faccia interna ed esterna della bobina del silicone spray. La frequenza dipende dall’uso e dalle condizioni che ci troviamo ad affrontare. Di solito questo basta ad evitare problemi. Se vi venisse il dubbio che il silicone fa galleggiare il filo mentre di solito nel feeder si consiglia di utilizzare fili affondanti mi permetto di far notare che stiamo pescando a fondo e non al colpo e che nel feeder più che altro il filo deve essere a bassa elasticità.
Bomb fishing, link legering e feeder
Che si tratti di mare o acqua dolce il legering viene praticato con piombo diretto e pasturazione manuale (o a fionda) oppure a feeder. In genere quando le condizioni lo permettono ed è possibile effettuare la pasturazione a mano io tendo a preferire l’approccio con il piombo, che trovo più discreto e per certi versi “naturale”. Quando intuisco che un pasturatore porta maggiori vantaggi passo al feeder. Come detto tante volte sono due sistemi che si integrano e non è raro passare dall'uno all’altro anche nell’arco di una stessa sessione di pesca. Volendo dare qualche indicazione in più direi di valutare lo straight lead (piombo diretto) nell’approcio light o medium-light sul medio-corto raggio e in presenza di acque chiare e basse. Reca meno disturbo e le esche delicate sono meno stressate dai continui lanci. Quando la profondità e/o la distanza, come la presenza di vento, iniziano a complicare la pasturazione manuale passo al feeder.
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Varie tipologie di pasturatore. Da sinistra cage feeder, open-end feeder, block-end (maggot) feeder, pellet feeder e method feeder.
I pasturatori sono quelli che abbiamo già visto. Ciò che cambia è per lo più relativo alle esche e alle pasture, anche se esiste una notevole sovrapposizione tra acqua dolce e mare. Molte sono infatti comuni (si pensi ad esempio alle pasture a base di farina di pesce, ai pellets, ai bigattini, al pane, alle pastelle, ecc...). Anche le montature sono più o meno le stesse. C’è chi sostiene (o sosteneva) la teoria dei terminali lunghi in mare e più corti in fiume. Non mi ha mai trovato d’accordo. Se pescate a method o pellet feeder utilizzerete sempre un terminale cortissimo, indipendentemente da dove pescate. Se volete insidiare un pesce estremamente sospettoso in acqua chiara che al primo accenno di resistenza sputa l’esca utilizzerete probabilmente un terminale lungo e sottile. E di pesci così ve ne sono in mare come in acqua dolce. Il discorso del diametro e della lunghezza di un terminale nella pesca a fondo (non parliamo di pesca al colpo) è legato a fattori che poco hanno a vedere con il fatto che l’acqua sia salata o meno. Troverete forse più similitudini tra una spigola ed un cavedano che tra una spigola ed un sarago. 
Generalità sugli spot
Eccezion fatta per le spiagge a fondale molto basso dove occorre lanciare a lunghissima distanza e che dunque richiedono approcci diversi come il beach ledgering, direi che quasi non esiste spot in mare in cui non si possa praticare il legering/feeder. E anche questa eccezione non è del tutto vera in quanto conosco spiagge relativamente basse, anche se un po’ particolari, in cui si pesca a link leger o a bomb fishing entro i 25 metri da riva.
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Sessione a light legering in spiaggia a basso digrado
Anche la scogliera naturale è un ottimo spot. Basta saper sondare o conoscere il fondale ed evitare così le aree più problematiche, quelle in cui è alto il rischio di incaglio (cosa che vale per ogni forma di pesca a fondo) o in cui esca e pastura rischiano di finire nascoste (come nel pieno di una prateria di posidonia). Individuata l’area ottimale tutto sta nel pasturare e lanciare con estrema precisione. La precisione è un punto cardine del feeder ed anche per questo si devono utilizzare le canne giuste. In scogliera naturale ed in generale negli spot con fondale insidioso l’accuratezza nel lancio non solo garantisce di concentrare le prede e non disperderle (che è il minimo) ma permette sempre la presentazione ottimale evitando le zone che avevamo scartato per via del fondo giudicato non idoneo.
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Sessione a feeder in scogliera naturale
Porti e porticcioli (ove sia consentito di svolgere l’attività di pesca sportiva) sono da sempre ottimi posti. Raramente è richiesto di lanciare lontano in quanto le prede sono solite pascolare o predare molto prossime alla banchina se non addirittura lungo il margine. Ed ecco che anche in mare si può parlare di pesca ai margini un po’ come in acqua dolce e ciò accade ogni qualvolta vi sia in uno spot in cui i pesci abitualmente frequentano l’immediato sotto riva. Sotto riva che non necessariamente deve presentare una profondità importante, anzi talvolta all’orario giusto e se facciamo particolare attenzione a non farci vedere, prede di tutto rispetto possono essere cercate anche in meno di due metri d’acqua.
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Sessione a feeder in porto
Le spiagge che digradano rapidamente, quelle a granulometria medio-grande che entro pochi metri presentano già una discreta profondità, sono altri ottimi spot. Qui la sabbia grossolana e i ciottoli si alternano a fondale di tipo misto, specie in vicinanza di scogliere. Non è quasi mai necessario lanciare lontano con notevoli probabilità di catture entro i primi cinquanta metri. Grazie alla pasturazione queste spiagge che altrimenti a mare calmo potrebbero apparire sterili risultano invece ricche di sorprese per la grande variabilità di specie che le frequentano.
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Sessione a feeder in spiaggia con fondale misto
Un particolare cui anche in mare occorre fare ben attenzione è relativo al posizionamento della canna. La maggior parte dei pescatori tende a preferire le vette rivolte in alto, forse per abitudine, venendo da tecniche di pesca a fondo che si basano sull’attesa della partenza. Il legering/feeder è invece una tecnica molto dinamica che si basa sulla lettura dei movimenti del quiver (come si osservasse il comportamento di un galleggiante). La canna viene dunque rivolta in alto solo quando serve preferendo in tutte le altre situazioni il posizionamento inverso (vetta in basso), più comodo ed in grado di fare registrare meglio ogni minimo movimento della vetta. Avremo comunque modo di riparlarne.
Short range vs Long range
La scelta è abbastanza semplice: si pesca a distanza quando lo spot lo richiede o vi sono le condizioni ambientali per le quali i pesci preferiscono starsene più lontani da riva. E non è la regola. Io se posso pesco sempre a medio-corto raggio e i motivi sono diversi. In primo luogo i pesci si richiamano in zona pasturando correttamente quindi il più delle volte possiamo “portarli” da noi senza doverli andare a cercare chissà dove, la precisione poi è inversamente proporzionale alla distanza sia per quanto concerne la pasturazione che il lancio. Terzo, e non meno importante, maggiore è la distanza minore (sia in quantità che qualità) è la trasmissione delle mangiate al quiver. Quando si pesca in long range, soprattutto in mare, se non si fa particolare attenzione si finisce facilmente più per pescare a fondo che pescare a feeder, con ritmi generalmente più lenti e in parte dovuti proprio al tempo richiesto per per le fasi di lancio, messa in tensione e recupero del sistema pescante sulla lunga distanza.
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Trecciato in bobina
Quella del long range è dunque per me una possibilità, un’opzione da mettere in campo in casi selezionati quando invece la maggior parte delle sessioni si svolgono normalmente, sul medio o corto raggio. Rispetto a qualche anno fa oggi chi pesca sulla distanza non può fare a meno del trecciato il quale, come ormai tutti sanno, è sottile (rispetto al carico di rottura) e privo di elasticità. Ciò si traduce in lanci lunghi e mangiate trasmesse con la massima rapidità possibile (per quella determinata distanza). La mancanza di elasticità richiede l’uso di un leader in nylon piuttosto lungo (almeno 3 volte la canna) che viene collegato con uno dei tanti nodi a disposizione (es. Alberto).
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Sul nodo è sempre consigliabile applicare una goccia di cianoacrilato in modo da formare una sorta di perlina lucida, sottile, che riduce la possibilità di appiglio delle spire di filo soprastanti durante il loro svolgimento nel lancio, nonché un miglior passaggio del nodo attraverso gli anelli. Il risultato è un lancio migliore e più fluido. Ricordo, anche se non ce ne dovrebbe esser bisogno, che trecciato equivale a pesca sulla lunga distanza e mai deve essere utilizzato per quella a medio o corto raggio.
Testo e foto: Franco Checchi
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elbafishingblog · 3 years
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Legering: lo Swimfeeder
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Introduzione e generalità sulla pesca a feeder. Tipi di pasturatori e principali categorie di montature.
Il termine Swimfeeder indica genericamente il pasturatore. I primi pasturatori furono realizzati con oggetti vari, adattando ad esempio dei semplici bigodini o dei contenitori per rullini fotografici. Da questi prototipi si sono poi sviluppati i moderni feeders giungendo oggi ad uno spettro di tipologie decisamente ampio con modelli tecnologicamente molto avanzati. La funzione del feeder è quella di portare la pastura esattamente nella zona di pesca quale che sia la distanza o la profondità su cui ci si trova ad operare. I vantaggi di questo approccio sono enormi estendendo la pesca a legering oltre i limiti di quella vista a straight lead pur se esiste comunque qualche vincolo. Il principale è la necessità di lanci continui in quanto il rifornimento di pastura non è indipendente dalla presentazione dell’esca. Ne viene che la pesca a feeder, praticata come si deve, è estremamente dinamica con tempi di permanenza dell’esca in acqua legati ai tempi di svuotamento del feeder, in media cinque minuti e quasi mai oltre i dieci.
Un pasturatore per ogni esigenza
Tipo, peso e dimensioni. Pasturatori piccoli quando si debbano veicolare quantità ridotte di pastura e grandi per la creazione del fondo. Nel mezzo quelli di medie dimensioni adatti per la maggior parte delle sessioni già avviate. Regolare la quantità di pastura introdotta nella zona di pesca richiede dunque l’uso di pasturatori di diversa capacità e mai il feederista si presenta sullo spot con una scelta limitata. Lo stesso vale per il peso, cui sono legati aspetti come la distanza di lancio, la tenuta in corrente e la profondità della zona di pesca. Tant’è che noterete come per uno stesso volume, capacità (quantità di pastura veicolabile) vi siano modelli di peso diverso. Troveremo quindi pasturatori large leggerissimi come anche small di notevole peso. Pasturare a bigattini poi richiede l’utilizzo di feeders di tipo block-end, se si usano sfarinati (ground-bait) ed elementi vari (mais, pellet, ecc.) l’utilizzo di cage oppure open-end e così via, con ogni pastura che quasi ha il suo tipo di pasturatore.
Meno semplice di quanto possa sembrare
C’è chi sostiene che la pesca a feeder sia più semplice di quella al colpo. Ovviamente non è così o almeno questa non è la mia opinione. Se avete letto la serie di articoli che precedono quello attuale vi renderete conto che i fattori in gioco sono molteplici. Non si tratta di realizzare una montatura e lanciare un feeder pieno di pastura. Chi fa così in realtà pesca a casaccio e buon per lui se prende qualche pesce, perché magari frequenta uno spot particolarmente favorevole, relativamente facile, nella stagione migliore e via dicendo. Massimizzare i risultati richiede studio e conoscenza, come in ogni altra disciplina. La canna giusta con il quiver giusto, il filo, la pastura, i feeders più adatti, la quantità e il ritmo, la lettura dello spot e la comprensione delle sue caratteristiche peculiari. La lista sarebbe virtualmente infinita ed ogni fattore in gioco ha importanza rilevante con un margine di errore minimo. Al feederista esperto viene tutto naturale e quasi non fa caso ai mille accorgimenti che mette in campo ma se gli chiedete di scriverlo, senza tralasciare nulla, vi risponderà che tempo e spazio non sono sufficienti. Che c’è troppo da dire. A tal proposito ricordo un giorno la conversazione con un garista in negozio mentre attendevamo di essere serviti. Dopo quasi un’ora (e non so quanti clienti che ci erano passati avanti) sembrava di non esserci detti quasi nulla tanto era rimasto da affrontare. Al pescatore sportivo non agonista difficilmente è richiesto un tale livello di attenzione ma nel mezzo c’è comunque una notevole dose di cose da sapere che non lascia spazio all’approssimazione.
Principali tipologie di pasturatore
Per iniziare farei una distinzione tra classici e specialistici, cioè con caratteristiche particolari che li rendono particolarmente idonei ad uno scopo ben preciso. Ne rimarrà fuori qualcuno, giusto anticiparlo, ma già quelli che presenteremo sono sufficienti.
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Block-end: classico pasturatore chiuso da bigattino. Utilizzabile anche con gli sfarinati poco inumiditi.
I pasturatori block-end (con i poli chiusi) sono forse i più conosciuti ed utilizzati anche in mare. La fuoruscita della pastura, tipicamente il bigattino vivo (sfuso, incollato o in mix con una modesta quantità di sfarinato) avviene attraverso i numerosi fori. Ne esistono varie tipologie. Quelli a forma di saponetta, schiacciati, hanno una minor aerodinamica ma una eccezionale tenuta del fondo in caso di corrente. Le forme più cilindriche presentano invece un’aerodinamica superiore ma molto dipende anche dalla posizione del piombo, con i modelli a long casting dotati di piombo polare e modelli intermedi dotati di piombo laterale. Questi ultimi combinano una notevole lanciabilità con un buon grado anche di tenuta del fondo.
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Open-end: classico pasturatore aperto ai poli. Si utilizza per gli sfarinati inumiditi in maniera adeguata o per veicolare elementi sfusi tra due tappi di pastura. Cage feeder: classico pasturatore di tipo open-end a gabbia. Rispetto ai classici open-end presenta un tempo di idratazione della pastura molto rapido.
I pasturatori aperti ai poli vengono definiti open-end o ground-bait feeders. Si distinguono tra chiusi e a gabbia (cage feeder). Destinati a veicolare sfarinati e altri elementi (a sandwich tra due tappi di pastura) possono avere un profilo rettangolare o rotondo ed aperture variabili in numero e dimensioni. Tanto maggiore è la superficie aperta, tanto più velocemente il contenuto si idrata e fuoriesce. I classici cage feeder sono per lo più pasturatori da acque ferme, molto lente e di poca profondità. Gli open-end chiusi lateralmente, con poche aperture, si idratano più lentamente e a seconda della compressione esercitata sulla pastura (oltre che al suo grado di bagnatura) possono permettere di affrontare fondali più profondi e correnti più sostenute. Un tipo particolare di open-end sono i river feeders, con un profilo non cilidrico ma più schiacciato, quasi trapezoidale a base molto larga. Sono tipicamente degli open-end da forte corrente data la loro capacità di ancorarsi sul fondale e la pressoché nulla tendenza al rotolamento.
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Window feeder: pasturatore a finestra, di solito con piombo basale e quindi da long range. Può essere utilizzato come block-end se la finestra e richiudibile. Domed feeder: pasturatore a cupola-campana. Una sorta di pellet feeder derivato dal caricamento molto rapido.
I pasturatori dotati di una sola apertura posso essere del tipo a finestra oppure a cupola (o a campana). In alcuni window feeder la finestra può essere chiusa e in questo caso, grazie alla presenza dei soli fori, sono in pratica assimilabili a dei block-end. Presentano tutti una forma altamente aerodinamica ed un piombo polare il che li rende particolarmente indicati nella pesca a lunga distanza consentendo lanci molto precisi. Va notato che il piombo polare favorisce anche un posizionamento sul fondo tendente al verticale ed una rapida risalita durante il recupero consentendo di utilizzarli su fondali insidiosi e a rischio di incaglio. Non sono feeders da utilizzare in corrente in quanto la tenuta del fondo non è eccezionale. Il caricamento è rapido anche con una mano sola e possono ospitare sia bigattini sfusi (modelli con finestra richiudibile) che sfarinati, da soli o in mix con altri elementi (vermi tagliati, piccoli pellets, casters, ecc.). Il piombo polare fa si che l’affondamento sia abbastanza “lineare” con poca dispersione della pastura dato che gran parte della superficie del pasturatore è coperta (ad eccezione della finestra ovviamente) il che li rende ottimi pasturatori per fondali di una certa profondità. I domed feeders presentano caratteristiche comuni a vari tipi di pasturatori. Se non fosse per il polo superiore chiuso potrebbero essere degli open-end, se invece non fosse per l’attacco derivato somiglierebbero a dei pellet/sticky feeders. Ne viene che per quanto concerne il contenuto, le tipologie di pastura che vi si possono caricare, lo spetto è ampio e rappresentato dalla somma di tutte quelle utilizzabili negli altri due modelli. Il caricamento con una mano sola è molto semplice e associando questo aspetto ad una discreta rapidità con cui il contenuto viene rilasciato una volta in acqua, questi feeder risultano ottimi per una pesca molto dinamica ed in velocità. Da utilizzare per lo più in acque ferme o lente.
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Method-feeder: pasturatori completamente aperti da sfarinati o piccoli pellet compressi di solito tramite uno stampo. Pellet-feeder: pasturatori da piccoli pellet o bigattini incollati, da soli o in mix con sfarinati a formare un tappo superficiale.
Pasturatori di tipo specialistico sono sicuramente i method ed il pellet feeders. Mentre infatti tutti gli altri pasturatori posso condividere lo stesso tipo di montatura i method e i pellet sono tipicamente inline e si avvalgono di rig a teminale molto corto. L’approccio è simile e consiste sostanzialmente nel nascondere l’esca dentro la pastura in modo tale che fuoriesca con questa non appena il feeder giunge sul fondo e il contenuto si idrata. Un approccio che richiede acque ferme o molto lente altrimenti la pastura viene portata via dalla corrente e l’amo innescato rimane isolato.
Montature
Cercando di semplificare il discorso e rimandando i dettagli ad un prossimo articolo si può dire che tutti i pasturatori derivati (quelli cioè dotati di attacco apicale) possono essere utilizzati nelle due classiche montature da legering: running rig e paternoster. 
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Schema semplificato di un running rig
La scelta di uno o l’altro pasturatore dipende da fattori come il tipo di pastura, la distanza di lancio, la corrente e la profondità della zona di pesca. Fattori che oltre alla tipologia influenzano la scelta anche del peso e della forma. Ed è già abbastanza complicato senza dover aggiungere modelli particolari.
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Schema semplificato di un paternoster
I pasturatori inline, tipicamente i method e pellet feeders (oltre a versioni di open-end e block-end) condividono tutti la medesima montatura in linea e l’uso di terminali corti. Sono cioè destinati ad una pesca, indipendentemente dalla distanza, che si svolge in strettissimo rapporto con la pastura e dunque obbligatoriamente in acque ferme.
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Schema semplificato di una montatura inline da pellet/method feeder
Gli schemi sopra sono volutamente semplificati per evidenziare le differenze principali tra i tre rig. Poi, come detto, li rivedremo nel dettaglio. Basti qui avere un'idea generale che consenta di abbinare determinati pasturatori ad approcci e montature. Il percorso è ancora molto lungo ma se avete letto gli articoli precedenti dovreste iniziare ad avere un’idea abbastanza precisa del legering, quantomeno per quel che concerne le attrezzature e la filosofia di base. E non è poco.
Testo, foto e disegni: Franco Checchi
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elbafishingblog · 3 years
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Legering: lo Straight Lead
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La prima ed intramontabile forma di legering. Straight lead, bomb fishing e link leger.
Traducendo alla lettera, lo Straight Lead Legering significa approccio a legering con il piombo diretto, cioè senza l’ausilio di un pasturatore. Apparentemente è la forma più classica di pesca a fondo benché, come vedremo, ha le sue particolarità. Il classico piombo da legering — termine riferito più al peso che al metallo in sé —  è l’Arlesey Bomb. Si tratta essenzialmente di un piombo a pera dotato di girella apicale. Una tipologia di piombo che era già in uso agli inizi del secolo scorso e che Richard “Dick” Walker perfezionò per la pesca a distanza nel lago di Arlesey (da cui il nome). Esistono diverse forme di Arlesey Bomb e quella più classica ha il polo basale più simile ad un proiettile, quasi ogivale piuttosto che rotondo. Ovviamente nel tempo ne sono stati prodotti di nuovi e sempre più performanti. 
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Daiwa N´Zon Quad Bomb. Aerodinamica eccezionale. La presenza di facce piatte riduce la tendenza del piombo a rotolare in corrente su fondali duri. Info: https://daiwasports.co.uk/product/nzon-quad-bomb
La pesca a straight lead con l’Arlesey Bomb ha dato il nome alla tipologia di legering conosciuta come bomb fishing. Nome che poi si è esteso anche ad approcci identici ma praticati con piombi diversi Quando il peso è tuttavia realizzato da una corona di pallini si parla di link legering. Si tratta di un approccio particolare, di tipo ultralight, in cui il peso è costituito da una serie di pallini in bulk (di solito AA o AA+SSG). Questa forma di legering è quella che presenta il più forte e stretto legame con la pesca al colpo.
Pasturazione
Se può capitare talvolta di non pasturare, la regola è che legering e pasturazione formano un binomio praticamente costante. E se nel feeder la pasturazione è per gran parte affidata al pasturatore, nella pesca a straight lead è di tipo manuale (propriamente detta o a fionda). Sull’argomento si potrebbe scrivere un intero libro e mi riservo di approfondirlo, per quanto possibile, in rivista. Esiste un’infinità di pasture ed un gran numero di metodi e modi di pasturare ma se venite dalla pesca al colpo più o meno ne avrete un’idea.
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Nella pesca a distanza è fondamentale l’uso di fionde per pasturare. Ne esistono di diverse tipologie, da quelle per le pasture (ground-bait catapult) a quelle per pellets e bigattini (come quella in figura).
La pastura deve giungere in zona, depositarsi sul fondo e lavorare adeguatamente. Occorre fare attenzione, quando si utilizzano bocce di sfarinato (ground-bait) al rumore e al possibile disturbo in acque basse (evitare l’effetto “sasso in acqua” quando i pesci sono già stati richiamati e concentrati). Spesso dunque si procede generalmente con la creazione iniziale di un fondo, un “tappeto” che viene poi alimentato con con l’introduzione costante di quantità minori, non di rado con elementi di natura diversa e più leggeri. Un tipico esempio è una pasturazione “pesante” iniziale (quando ancora i pesci non ci sono e/o non sono entrati in attività) fatta con grosse bocce di pastura cui fa seguito il lancio di bocce più piccole, pellets, bigattini (o altro) man mano che la sessione procede. Non c’è una regola fissa. La pasturazione rimane comunque, in termini molto generali, un’operazione quantità e tempo (ritmo) dipendente. Troppa pastura può determinare overfeeding (sazietà), poca pastura può risultare inefficace nell’attrarre i pesci. Come detto anche il ritmo incide e va trovato un equilibrio introducendo, con costanza, la quantità di pastura sufficiente a mantenere in attività le prede senza saziarle. C’è poi un’altro aspetto, quello dello spazio.
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Uno dei tanti pattern di pasturazione e lancio (i dettagli in rivista)
Dove e come pasturare dipende molto anche dai pesci, dallo spot e dalle condizioni. C’è differenza tra acqua bassa e profonda, acqua ferma e corrente. Nella figura sopra ho schematizzato un pattern che utilizzo spesso in condizioni di calma, quando la pastura tende a depositarsi più o meno nel luogo di ingresso, senza esser trascinata via dalla corrente. Di solito quando si pastura i pesci più piccoli e meno smaliziati tendono ad avventarsi dove la pastura è più concentrata mentre quelli di taglia maggiore, più diffidenti, preferiscono rimanere ai margini. La cattura di un pesce, poi, crea sempre allarme tra gli altri intenti a cibarsi. Se dunque si pesca da subito al centro della zona facilmente capita di allamare qualche preda poco interessante e di mettere in fuga tutte le altre o comunque di veder diminuire le chance di interessare gli esemplari più grandi. È così preferibile iniziare a pescare ai margini della zona pasturata, partendo dal lato dove si ipotizza agisca una eventuale debole corrente di fondo. Riferendoci alla figura sopra, dopo aver pasturato e se si ipotizza che vi possa essere una leggera corrente da sinistra a destra, si inizia a pescare lanciando dunque nel punto uno, poi si valuta il punto 2 ed infine il punto 3. Solo quando le mangiate si esauriscono si passa al punto 4, lato opposto rispetto al pescatore e al centro della zona. Si parla di un area che va tra i 2 e i 4 metri quadrati a seconda di una serie di valutazioni. Quanto appena detto è sicuramente insufficiente a delineare un metodo preciso ma serve per far comprendere l’importanza di un pattern (modello) di pasturazione e la sua relazione con l’azione di pesca. Non c’è niente, di tutta l’azione, che può essere lasciato al caso ed è un ragionamento continuo su con che cosa, quanto, con che ritmo, dove pasturare e in quali zone lanciare l’esca.
Bomb fishing
Che si utilizzi un classico Arlesey, una sua versione più recente o addirittura un piombo di diversa forma, la tecnica prende oggi comunque il nome di bomb fishing e non sarò io a complicarvi la vita facendo distinzioni. Che si peschi a feeder o a straight lead (bomb fishing) le montature sono le solite. Si distinguono quindi quelle inline (in linea) da quelle derivate e tra queste si parla sempre di running rig (montatura scorrevole) e bolt rig (autoferrante). Tra le montature bolt il classico esempio è il paternoster. In realtà l’effetto bolt (autoferrante) dipende non solo dalla montatura ma anche dal peso del piombo. In genere la classica montatura da bomb fishing è il running lead.
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Bomb fishing: montatura con piombo scorrevole
In questo schema che vi propongo tutto è stato reso il più semplice possibile. Sulla lenza madre si applica una girella con moschettone (rende il piombo intercambiabile) che viene fermata, nel suo scorrere a valle, da un sistema di stop. Potete utilizzare degli stopper in gomma ma io preferisco un pallino di piombo. Un loop to loop (asola-asola), preferibile al nodo di giunzione o ad un attacco di diverso tipo, consente di collegare il terminale. Notate che spostando il sistema di stop (pallino) si può allungare il terminale a piacimento. Se il running lead è la montatura più utilizzata non significa che non siano valide anche le due classiche alternative: piombo inline (simile ma poco versatile a meno di non utilizzare degli specifici piombi intercambiabili) e paternoster (più sensibile e performante in corrente).
Link Leger
Quando non è richiesto l’uso di un piombo di un certo peso (diciamo a partire dai 5 grammi in su) e la pesca è orientata alla massima leggerezza sulla corta distanza, il link leger con corona di pallini (tipo AA o AA+SSG) è a dir poco micidiale nei confronti di pesci sospettosi. Ovviamente devono esistere tutte le condizioni per cui un simile approccio, di tipo ultralight, possa dare i suoi frutti, con la lenza che lavori adeguatamente. Parliamo di acque poco profonde, chiare, con corrente assente o molto lenta. Un approccio che ha molto in comune con la pesca al colpo come filosofia, tanto che amo citare a proposito una frase di Alan Barnes: «Think float, fish link». Dunque pensare come pescassimo al colpo, ma farlo a link legering.
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Il link leger nella sua forma classica è di fatto un paternoster in cui si riconoscono (figura sopra) una deriva per l’applicazione del piombo ed un bracciolo per l’attacco del terminale (via asola-asola).  La variante scorrevole non ha senso (anche se l’ho utilizzata diverse volte come variazione momentanea di un normale running rig). Il perché sta nel peso estremamente ridotto. Affinché una lenza possa scorrere liberamente attraverso un occhiello è fondamentale che questo sia ben saldo sul fondo. Se la zavorra è troppo leggera finisce comunque per muoversi. Il paternoster è poi già una montatura molto sensibile di per sé quindi il mio consiglio è di non applicare troppe modifiche a ciò che funziona perfettamente com’è. L’unica valida, a mio avviso, è quella relativa al sistema di collegamento della deriva piombata. Di solito infatti il paternoster è fisso ma in questo caso, dato che non sono richiesti lanci impegnativi e la zavorra è di pochi grammi, io preferisco collegare la deriva piombata tramite un nodo di stop scorrevole. Questo ha due vantaggi. La deriva, volendo, può essere rimossa e sostituita facilmente, inoltre la si può spostare di fatto regolando la lunghezza del bracciolo e del terminale a piacimento. Per la corona vanno utilizzati pallini in numero di 4-6 in genere di tipo AA (0.8 grammi) oppure un SSG seguito da 4 AA. Stiamo parlando di un peso globale minore di 5 grammi (max 4.8 per la precisione).
Canne da straight lead legering
Sì, si può pescare a bomb fishing su lunghe distanze e con piombi anche di 50 grammi e più ma non è la regola. Su quelle distanze la pasturazione manuale diventa difficoltosa e siamo nei casi particolari. Sulla lunga distanza io preferisco pescare a feeder ed utilizzo il piombo solo quando voglio testare zone limitrofe per verificare se i pesci si sono spostati evitando di disperdere la pastura. Il legering sulla lunga distanza in assenza “totale” di pasturazione è, per quanto detto nell’introduzione, legering più nel senso generale di pesca a fondo che di disciplina specifica. Ne viene che rimanendo nell’ambito di una distanza “pasturabile” a mano o con la fionda, le canne da bomb fishing non saranno particolarmente potenti, anche perché con la canna e la lenza madre giuste non è poi così difficile raggiungere distanze medio-lunghe anche con pesi relativamente leggeri.
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Per iniziare non occorre spendere una fortuna. La Shimano Alivio CX Light Feeder da 11 ft (3,35 m) costa intorno ai 50 euro. Prodotta in carbonio XT30 con Geofibra (materiale robusto quanto la fibra di vetro ma più rigido e leggero) monta 22 anelli Shimano Hard Lite adatti anche al trecciato. Due quiver in fibra in dotazione e casting massimo di 70 gr.
Storicamente il bomb fishing veniva (e viene tuttora) praticato con canne abbastanza corte e sensibili, non di rado dotate di vette in fibra. Una pesca che privilegia dunque la precisione, leggerezza e sensibilità e che ben si distingue dalle pesche a fondo più gravose in termini di lancio e distanza. Lasciando da parte l’altro estremo, quello della pesca in acque commerciali, nelle acque dolci libere, naturali, come in mare le canne migliori sono le 11-12 ft di tipo light e medium-light. Canne che possano gestire pesi leggerissimi (es. nel caso del link leger) come anche piombi fino a qualche decina di grammi.
Straight lead legering: quando, come e perché
La differenza principale tra la pasturazione tramite feeder e quella manuale (o a fionda) è che nel primo caso per pasturare con continuità occorre anche recuperare e rilanciare l’esca con lo stesso ritmo, nel secondo la pasturazione è svincolata dal lancio. Ne viene che pescando a straight lead (bomb fishing o link leger) in giornate difficili o in caso di esche delicate (es. pane) il sistema pescante può permanere in zona per più tempo senza compromettere l’attività di pasturazione. C’è poi, sempre per la stessa ragione, la possibilità di testare zone limitrofe al centro di pasturazione senza che la pastura venga dispersa, cosa che avverrebbe se utilizzassimo un feeder al posto del piombo. Quando si affrontano acque basse poi, l’impatto di un feeder nell’acqua fa sempre un certo rumore. Immaginate di pescare a bigattini su basso fondale e a distanza di fionda: che senso ha utilizzare un feeder block-end, per quanto leggero, e lanciare in continuazione quando si può pescare a bomb fishing o link leger e pasturare a mano? Nel primo caso è come se lanciaste continuamente sassi nell’acqua, nel secondo la pastura arriverebbe in zona delicatamente senza che voi dobbiate lanciare allo stesso ritmo. E qui torniamo ad Alan Barnes ed al suo «Think float, fish link».
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Spiaggia a basso fondale nella zona umida di Mola (Elba) ai margini dell'area protetta. 
Per quanto ci si sforzi di descrivere spot e condizioni ideali per la pesca con lo straight lead il sistema migliore per capire quando, dove e perché praticare questa tecnica è rispondere a due semplici domande: mi serve davvero il feeder per pasturare? Il feeder mi porta più vantaggi che svantaggi? Vista in quest’ottica il bomb fishing ed il link legering non sono la soluzione quando non si può pescare a feeder ma è il feeder che viene messo in campo quando non si può pescare a straight lead! E badate, la differenza è meno sottile di quanto non sembri.
Testo e foto: Franco Checchi - Foto “Daiwa N´Zon Quad Bomb” by Daiwa
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elbafishingblog · 3 years
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La canna e il mulinello da legering
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Le principali tipologie di canne da legering e feeder. Quale canna scegliere, con quale mulinello abbinarla. Caratteristiche dei quiver tip.
Per quanto detto nell'introduzione alla pesca a legering ed escludendo pertanto le discipline specialistiche di pesca a fondo, la canna da legering è del tipo ad innesti, di varia lunghezza (misurata in piedi), azione, casting e dotata di un numero variabile di vette (quiver tip) a diversa sensibilità (di solito misurata in once, oz). Orientarsi può non essere semplice se non si conoscono le differenze e non si ha ben chiaro l’ambito di utilizzo. Lo scopo di questo articolo è quello di fornire un quadro generale che possa fornire un supporto alla scelta evitando, per chi si avvicina a questa disciplina, gli errori più comuni. Canna e mulinello devono poi, al di là delle specifiche, anche rispondere alle preferenze individuali o alle necessità particolari. Ne viene che il quadro inevitabilmente tende ad essere più complesso rispetto a quello mostrato, con attrezzature che sebbene qui siano indicate come ottimali per un determinato approccio vengano poi utilizzate anche in altri. Non è però il caso di rendere il discorso più noioso di quanto già non rischi di essere. Per adesso partiamo dalle basi.
Caratteristiche generali
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Nove piedi (9 ft): Sono le canne più corte (9 ft sono circa 2,74 m) in due pezzi con sezioni della stessa lunghezza. Sottili, leggerissime, studiate per la pesca a corta distanza (dai margini a massimo 25 metri) in acque ferme o con corrente molto lenta. Per lo più si tratta di canne destinate alle acque commerciali e comunque utilizzabili in spot con riva bassa. L’azione è generalmente parabolica o progressiva-parabolica. Le vette in dotazione posso avere sensibilità diverse a seconda dei modelli con un range solitamente tra 0.75 e 2 oz. Il casting non sarà mai elevato in quanto la loro funzione è quella di lanciare con precisione a corta distanza e si attesta mediamente sui max 40 grammi. Si abbinano a mulinelli di taglia 3000 e a lenze madri massimo di 8 lb.
Dieci piedi (10 ft): Leggermente più lunghe (circa 3 m) come si può immaginare non differiscono moltissimo dalle precedenti risultando un po’ più “allround” per la pesca in acque commerciali o naturali con le medesime caratteristiche viste prima. Sempre dedicate ad una pesca non gravosa, sulla medio-corta distanza (diciamo massimo 40 metri) e con un casting leggermente superiore.
Undici piedi (11ft): Con i loro 3,35 m iniziano ad essere canne meno specifiche e con un ambito di usabilità più vasto, specie per chi pesca in acque naturali. Si tratta delle classiche canne da light legering/feeder con un casting massimo intorno ai 50-60 grammi, da utilizzare per lanci non oltre i 50 m e validissime anche per la pesca marginale. I tip vanno tra 1 e 2 oz e anche queste si abbinano a mulinelli di taglia 3000 o 4000 a bobina non troppo grande con lenze madri non superiori alle 8 lb. L’azione è progressiva o progressiva-parabolica.
Dodici piedi (12 ft): In questa misura (circa 3,68 m) la scelta è molto ampia. Vi si collocano canne in tre sezioni da legering/feeder leggero e medio-leggero come canne decisamente potenti dal casting elevato. Si sceglie una dodici piedi quando si ipotizza di dover operare su distanze di lancio che possono giungere fino anche a 60-70 m. Ma non è solo questione di distanza. Una canna più lunga consente di affrontare spot con riva più alta, correnti più impegnative (modelli strong e medium-strong) e di poter gestire pesci di taglia quando sia necessario non farli avvicinare troppo presto ai margini. Il mulinello più adatto è quello di taglia 4000 che viene caricato con un filo massimo di 8 lb nel legering/feeder medio-leggero e fino a 10 lb in quello pesante. Troviamo infatti, come accennato, canne 12 ft con casting ridotto (massimo 50-70 grammi) e vette nel range 1-2 oz e canne con casting elevato (anche 150 gr) dotate di vette fino a 3-4 oz. Sono canne ad azione progressiva benché in quelle da legering medio-leggero la curva sia decisamente più morbida. Ma non potrebbe essere altrimenti.
Tredici piedi (13 ft): Siamo alla soglia dei quattro metri di lunghezza, ovviamente in tre sezioni ed un ambito di utilizzo che va dal legering medio a quello pesante. Parliamo di canne con casting da 90 grammi fino anche a 150 e talvolta di modelli con anelli maggiorati da long casting (superiore ai 70 m). L’abbinamento è con mulinelli di taglia 4000 per i modelli da casting medio e 5000 per quelli da long casting. Si tratta di canne da ambienti naturali come grandi fiumi, correnti talvolta impegnative e particolarmente adatte anche alla pesca in mare. Canne che tuttavia (modelli medium abbinati alla vetta più sensibile in dotazione) rendono molto bene anche in acque ferme sulla media distanza.
Quattordici piedi (14 ft): Con i loro 4.27 m di lunghezza sono canne in tre sezioni esclusivamente da long casting da abbinare a mulinelli di taglia 5000 con lenze madri fino a 10 lb. Le vette vanno dalle 2 alle 5 oz a seconda dei modelli e presentano anelli di maggior diametro. Il casting è elevato è l’azione progressiva. Si tratta di canne destinate ad uno specifico settore, quello del legering/feeder estremo.
I quiver tip
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Le vette sono in relazione al modello di canna ed ogni canna ha a disposizione 2-3 vette di diversa sensibilità e talvolta materiale. Le vette in carbonio sono più rigide e reattive di quelle in fibra che al contrario risultano assai più flessibili. Le vette in fibra tendono quindi a evidenziare maggiormente le mangiate benché non possano essere prodotte al di sotto di una certa misura. Ne viene che i quiver da 0.5 e 0.75 oz sono comunque in carbonio. La fibra viene utilizzata nel range 1 e 2 oz (nello stesso range esistono comunque anche in carbonio), dalle 3 oz in poi le vette sono tutte in carbonio.
0.5 oz: Le vette da mezza oncia sono molto sottili e sensibilissime. Si tratta di quiver destinati ad una pesca ultra-light, sulla corta distanza, in acqua ferma, a pesci dalla mangiata estremamente delicata.
1 oz: Sono le vette più utilizzate nel legering/feeder leggero, con piombi o pasturatori di massimo 30 grammi in acqua ferma o molto lenta. Molto sensibili ma chiaramente più resistenti delle precedenti.
2 oz: Vette da legering/feeder medio-leggero e pesca a medio-lunga distanza con buona resistenza a correnti moderate. La sensibilità è dunque leggermente ridotta ma sono ancora in grado di registrare mangiate abbastanza delicate.
3 oz: Vette da legering/feeder medio, piombi e pasturatori di peso fino a 70 grammi, sensibilità ancor più ridotta ma maggior resistenza ad incurvarsi in corrente.
4 oz, 5 oz: Vette molto rigide da corrente sostenuta e da pesca a lunga distanza. Molto poco sensibili. Sono destinate al feeder estremo.
Quale attrezzatura scegliere
Tornando ancora all'introduzione, considerando di praticare la pesca in acque naturali e in mare ed escludendo gli approcci che si collocano agli estremi (troppo particolari e specifici), le canne più utili sono quelle tra gli 11 ed i 13 piedi. I mulinelli da abbinare i 3000/4000 ed il filo da utilizzare come lenza madre massimo 8 lb  (parlando di diametri da uno 0.18 ad uno 0.22 circa). Uno 0.18 consente lanci precisi anche con pesi ridotti ed è indicato nel legering leggero da praticare con canne da 11 ft e mulinelli 3000. Uno 0.22 si imbobina sui 4000 associati a canne da 12 ft da legering medio-leggero e 13 ft da legering medio o medio-pesante. Su queste ultime si può prendere in considerazione uno shock leader dello 0.25 (raramente 0.28) in casi particolari. Per chi inizia e non prevede di avere più di una canna ma di pescare comunque in spot diversi e con approcci differenti il mio consiglio è di prendere una 12 ft da legering medio (casting massimo 90 gr) con quiver di 1, 2 e 3 once. L’abbinamento è, come già detto, con un mulinello 4000 caricato con lo 0.20-0.22.
Nylon e trecciato
Il trecciato è una sorta di novità nel legering. Ormai lo si utilizza da diversi anni ma non fa parte della storia di questa disciplina sebbene lo stia diventando. Le sue caratteristiche, principalmente la pressoché totale assenza di elasticità, lo rendono una soluzione nel campo della pesca a lunga distanza grazie ai diametri ridotti (che favoriscono i lanci lunghi) e la capacità di trasmettere rapidamente le mangiate. Nella pesca a corta e media distanza è tuttavia assolutamente da evitare in quanto non porta particolari vantaggi e, anzi, risulta svantaggioso in quanto non ha capacità ammortizzante e quindi tutto grava sull’elasticità della canna, la sola in grado di ridurre la tensione a livello terminale. Il problema può essere parzialmente risolto con l’inserimento di settori elastici in montatura o lunghi leader in nylon ma, va ripetuto, è inutile complicare il setup se non si intende pescare in long range.
Una tabella per iniziare
Se tutti questi numeri avessero creato confusione provo ad aiutarvi con una tabella che riassume un po’ quanto ci siamo detti fino ad ora prendendo in considerazione i vari aspetti.
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La tabella non può essere comprensiva di tutti gli approcci e accorgimenti, ma ci da un’idea generale. In condizioni di acqua ferma o molto lenta e in assenza di vento si punta generalmente sulla sensibilità dato che i movimenti del quiver non subiscono influenze esterne e vengono determinati esclusivamente dalle mangiate dei pesci. A seconda della distanza di pesca e del tipo di spot si sceglie quindi la canna (11, 12 o 13 ft) ed il quiver non supera le 2 oz. Quando le condizioni si fanno più impegnative (vento, corrente, distanza) è necessario optare per canne più potenti e quiver nell’intervallo 2-3 oz. Vi ricordo la nostra pagina Facebook, un punto di incontro ed uno spazio in cui è possibile confrontarsi su tutti questi argomenti. Se qualcosa non è chiaro lasciate un commento oppure inviateci un messaggio. La riposta è garantita nel più breve tempo possibile.
Testo e Foto: Franco Checchi
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elbafishingblog · 3 years
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La pesca a legering: introduzione
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Cosa significa pescare a legering, quando e come farlo. Un percorso attraverso la storia, le attrezzature e gli approcci più caratteristici.
Con tutta la letteratura a disposizione di certo questa serie di post non ambisce al premio di guida definitiva. Né potrebbe riconoscendo ad altri — non pochi — il ruolo di veri esperti del settore. Fatta questa doverosa premessa posso dedicare con una certa serenità un po’ di tempo e spazio ad una delle tecniche che preferisco e lo farò seguendo un filo logico probabilmente molto personale. Ma, alla fine, è ciò che ci si aspetta da un blog. Un punto di vista. È legering dunque, ma anche un modo di intenderlo, senza la pretesa di saper tutto ed aver ragione su tutto. Il che sarebbe alquanto sciocco, togliendo peraltro la parte più bella della pesca, che sta proprio nello scoprire ogni giorno sempre qualcosa di nuovo, che non conoscevamo, che ci era sfuggito.
Cosa significa pesca a legering
Volendo dare una risposta secca potremmo dire che con il termine legering (o ledgering) si va ad indicare la generica pesca a fondo. Un insieme di tecniche che quindi si contrappone all'altra grande famiglia che è quella della pesca al colpo. Da una parte abbiamo dunque un’esca che viene presentata in maniera statica grazie ad una zavorra che la tiene ben ancorata sul fondale (poi vedremo che nel legering non è sempre così), dall'altra un’esca sospesa o comunque la cui posizione è determinata da un elemento che galleggia sulla superficie dell’acqua. È diverso anche il sistema di segnalazione delle abboccate, la vetta della canna o il filo nel legering, il galleggiante nella pesca al colpo. Nel famoso libro “A Book on Angling – Being a complete treatise on the art of angling in every branch” (prima ed. 1867) Francis Francis descrive la montatura da legering in questo modo: “Il ledger (leger) è costituito da un piombo forato, di solito a forma di proiettile e di discrete dimensioni oppure da un piombo piatto a forma di losanga (se la corrente è così forte da far rotolare il primo); la lenza è libera di scorrevi all'interno e un pallino è fissato sulla lenza, circa due piedi a monte dell'amo, per evitare che il piombo finisca per scivolare in basso”. Questo è lo schema della montatura (che ho ridisegnato sulla base di quella presente nel libro per farvela vedere meglio).
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Riproduzione di una storica montatura da legering in corrente di tipo inline
Noterete la somiglianza con le classiche montature da fondo dei nostri nonni ma anche con le moderne montature inline (in linea) utilizzate da molti agonisti di oggi. Su questo ci torneremo. Come detto all'inizio il legering è sì una pesca a fondo ma nel tempo si è evoluta e perfezionata dando vita a tante discipline, in alcuni casi nettamente distinte o comunque facilmente distinguibili, tanto che a ciascuna di esse è stato poi attribuito un nome ben preciso. A volte il termine crea un po’ di confusione e l’esempio forse più calzante è quello relativo al beach ledgering, che è stretto parente più del surfcasting che del classico legering di origine anglosassone. Sono tutte pesche a fondo ma le condizioni, la tecnica, gli spot e le attrezzature sono completamente diversi. Molti pescatori non amano porre troppi paletti e imprigionare il legering dentro confini ben definiti — e parliamo anche di personaggi autorevoli — tuttavia se da un verso pur hanno validissimi argomenti a supporto della loro posizione dall'altro si finisce facilmente per fare di tutta l’erba un fascio generando confusione in coloro che per la prima volta si affacciano a questo stile di pesca.
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Un tentativo (per quanto incompleto e non inclusivo di tutte le varianti) di classificare il legering per meglio evidenziare le differenze tra le varie tipologie di pesca a fondo sebbene in diversi casi i margini risultino abbastanza sfumati e vi possa essere un certo grado di sovrapposizione
Fermo restando che le classificazioni sono spesso personali, per orientarsi è comunque necessario avere dei punti di riferimento. Il legering classico di origine anglosassone, come trattato in molti libri storici (praticamente tutti) e in svariate riviste d’oltremanica, è una tecnica assolutamente ben codificata che nasce in acqua dolce e trova qui la sua massima espressione e sviluppo. Un approccio orientato da sempre alla precisione e per lo più alla leggerezza, che quasi nella totalità dei casi si associa alla pasturazione, divenuta nel tempo una vera e propria arte. Ed è proprio da questa associazione e dalla necessità di portare la pastura esattamente laddove si colloca l’esca, nelle sue immediate vicinanze, che nasce il feeder.
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A sinistra un cage feeder (pasturatore a gabbia), conosciuto anche come groundbait feeder. A destra un piombo a forma di bomba o proiettile (bomb lead). Nel legering viene usata un’ampia gamma di piombi e feeders anche molto diversi a seconda del tipo di approccio e della tipologia di pastura utilizzata.
Il feeder è dunque una forma di legering in cui il piombo viene sostituito con un pasturatore. L'intuizione e la storia dei bigodini la conoscerete tutti ma indipendentemente da come sia nata l’idea il pasturatore ha senz'altro rivoluzionato l’approccio. Ma fate attenzione: il feeder non ha superato il legering classico (straight lead, bomb fishing, link legering), piuttosto ha iniziato un percorso che viaggia su due binari paralleli. Legering classico e feeder, piombo e pasturatore, sono le due facce di una stessa medaglia e non di rado due approcci che vengono messi in campo in una medesima sessione di pesca. Su questo e molto altro ci soffermeremo in rivista.
Come si pesca a legering
Questa domanda ha tante risposte ma senza ombra di dubbio la migliore è: con la giusta attrezzatura. E non pensate che sia poi così banale, perché se ne vedono di tutti i colori. Innanzitutto deve essere chiara la distinzione tra legering classico e specialistico. Le discipline che si sono specializzate nella pesca a fondo di particolari specie o in particolari condizioni (due esempi tipici sono il carpfishing ed il surfcasting) fanno uso di attrezzature specifiche tanto che nel parlare comune non ci si riferisce più ad esse con il termine di legering.  Oggi ancora più che in passato per legering come tecnica — e non come definizione generica — si intende un approccio ben distinto che può essere praticato sia con il pasturatore (feeder fishing) che con il solo piombo (straight lead fishing). A seconda del tipo di pasturatore la pesca a feeder può prendere anche nomi diversi (es. method feeder fishing, pellet feeder fishing, ecc.) come a seconda del tipo di piombo (es. bomb fishing, link legering). In ogni caso la canna da legering/feeder è a innesti, di varie misure ed è una canna specifica. Nella stragrande maggioranza dei casi è una quivertip nel senso che monta diverse vette (2-3) a differente sensibilità (misurata in once) dette appunto quiver-tip (tradotto alla lettera “punte che tremano” a richiamare il tremolio classico di molte mangiate e a distinguerle dagli swing-tip che le hanno precedute).
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Un esempio di canna da legering/feeder in tre pezzi e dotata di tre quiver-tip (nell’astuccio) di diversa sensibilità
Le vette di una canna da legering sono l’equivalente di un galleggiante per chi pesca al colpo. Rappresentano il segnalatore di abboccata ed ogni loro movimento ha un preciso significato, come l’affondare o lo starare appunto di un galleggiante. Vengono scelte in base a molti fattori (pesce, condizioni ambientali, setup della lenza, ecc.) e con grande attenzione. Ne viene che la canna sbagliata, con le vette sbagliate, porta ad un approccio sbagliato. Senza se e senza ma. Il paragone tra vetta e galleggiante è certamente il migliore per comprendere l’importanza dei quiver e allo stesso tempo l’essenza più profonda del legering classico.
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I quiver-tip di diversa sensibilità sono paragonabili a galleggianti diversi
Immaginate, pescando al colpo, di voler insidiare un pesce che richiede un approccio molto leggero. Utilizzereste quindi ami piccoli, fili sottili, galleggianti molto sensibili, di bassa portata e chiaramente una canna adatta, che vi consenta di lanciare perfettamente e di ammortizzare le fughe del pesce per non gravare troppo su lenza e terminale. Lo stesso vale nel legering. Dovreste dunque utilizzare la canna giusta e la vetta (quiver) idonea per visualizzare anche le tocche più delicate. È ovvio che quando le condizioni sono tali da richiedere un approccio più strong vale il ragionamento opposto andando pian piano a far prevalere la potenza sulla sensibilità. Se ciò vi è ben chiaro il resto sono quasi dettagli.
Quando e perché pescare a legering
Un tempo in campo agonistico ma non solo (parliamo circa della metà del secolo scorso) il legering rappresentava per lo più un’alternativa alla pesca al colpo da prendere in considerazione laddove le condizioni rendessero molto difficile se non addirittura praticamente impossibile pescare con il galleggiante. Le prime canne furono delle float/match rod “rimaneggiate” cui veniva applicata una vetta più resistente. Poi vennero le canne più moderne e specifiche, dapprima con gli swing-tip ed infine con i quiver-tip.
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Lo Swing Tip (vetta oscillante) oggi non viene quasi più utilizzato. La posizione di riposo era con l’anello apicale rivolto verso il basso. Con la mangiata e la messa in tensione del filo la vetta, grazie alla porzione flessibile, veniva sollevata posizionandosi quasi parallela alla superficie dell’acqua.
Senza annoiarvi con troppa storia e nomi, benché alcuni divenuti vere e proprie leggende della pesca a legering, quel che mi preme sottolineare sin da subito è il legame — almeno dal mio punto di vista — che esiste tra legering classico e pesca al colpo. Un legame ben più forte di quello che questa disciplina presenta con altre tecniche di pesca a fondo che pur vantano un’origine comune. Dunque la risposta al perché e al quando pescare a legering è straordinariamente semplice se vista in quest’ottica. Feeder, straight lead, bolognese e inglese per me è come fossero i lati di un quadrato, il perimetro di un’approccio globale alla pesca sportiva, tecniche che stanno tra loro in un rapporto di continuità. È così il momento, sono le condizioni che fanno preferire l’una all’altra. E quasi non c’è spot in cui ho pescato che non mi abbia visto una volta farlo al colpo ed una a legering.
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Il concetto di legering classico come una disciplina in rapporto di continuità con la pesca al colpo
Molti dei pesci con cui ci confrontiamo sia in mare che in acqua dolce mangiano in prossimità del fondo. A questo livello possiamo insidiarli anche con il galleggiante ma non è detto che la presentazione dell’esca ed il suo rapporto con la pasturazione risultino sempre ottimali. Talvolta le prede preferiscono collocarsi a distanze non raggiungibili con la canna fissa o la bolognese e pur potendo optare per l’approccio all’inglese (con i bodied wagglers per intenderci) la distanza può rendere la lettura delle mangiate (affondare o starare dell’antenna) un vero e proprio problema in certi contesti. Per farla breve ci sono insomma momenti e condizioni in cui si rende chiaramente evidente che l’approccio a legering ha una marcia in più se non addirittura rivelarsi irrinunciabile.
Dove pescare a legering
Dunque, se si escludono quei posti in cui necessariamente occorre pescare sollevati dal fondo, in tutti gli altri il legering — nelle sue molteplici forme — consente di catturare pesci e di farlo in maniera straordinariamente efficace. Sia in acqua dolce che in mare, che si tratti di un fiume, di un canale, di un lago, di un porto, di una scogliera o di una spiaggia. Che si tratti di affrontare acque profonde come molto basse, dal sotto riva fino alla medio-lunga distanza. Ci sono tuttavia, come in tutte le discipline, delle limitazioni. Il legering classico per quanto appena detto è una pesca che si basa principalmente sulla lettura dei movimenti del quiver, una pesca molto dinamica e al pari di quella al colpo legata spesso ad una forma di pasturazione, che sia questa manuale o affidata alla presenza di un pasturatore. Non è una generica pesca a fondo, non è surfcasting o carpfishing, che sono tecniche specialistiche e che si svolgono in contesti specifici, con attrezzature e approcci altrettanto specifici. Non che nel legering classico non vi sia specificità, intendiamoci. Vedremo come ogni diverso approccio (dal feeder al link legering) giovi di attrezzature particolari. Tuttavia tra loro il livello di similitudine è comunque maggiore rispetto a quello con le discipline specialistiche. Insomma non si pesca a feeder con una canna da carpfishing o da surfcasting e viceversa. A legering si può pescare dalla spiaggia o si può impostare la sessione alla ricerca di carpe, intendiamoci, ma lo si fa in maniera differente. È proprio  un’altra filosofia, un altro stile. Vi faccio questi esempi — e continuo ad insistere su questi concetti — perché troppo spesso mi sento fare domande che evidenziano non poca confusione a riguardo. Per lo più sono pescatori di mare, abituati ad un certo tipo di pesca a fondo che con la diffusione del feeder hanno dato vita a chimere, approcci misti difficilmente inquadrabili nell’una o l’altra tecnica. Nella pesca non c’è niente di sbagliato quando si prendono pesci ed ognuno è libero di far ciò che vuole, di sperimentare. Ci mancherebbe. Però non chiamiamo pesca a feeder un pasturatore lanciato a cento metri nel mare mosso e lasciato morire lì per mezz’ora. E, perdonatemi se vi sembro demodé, ma sono allergico alla batteria di canne posizionate in attesa che la vetta si incurvi e parta la frizione. Chi fa così pesca a fondo e non a legering come tecnica in sé, o almeno non per come la intendo io e per quella che è la sua tradizione. Peschereste mai con due bolognesi contemporaneamente? No, ecco, e allora non potete farlo a legering. A legering potete pescare praticamente ovunque possiate praticare il vero legering, con la sua attrezzatura e le sue regole. Dove possiate agire con precisione, giovare di un approccio dinamico e sempre orientato alla massima leggerezza possibile, pasturare e leggere i movimenti della vetta come si trattasse di un libro che vi racconta cosa sta accadendo sott'acqua, quali pesci sono interessati alla vostra esca e alla vostra pastura. Il resto è un’altra storia.
Se siete arrivati fin qui
Probabilmente se siete giunti alla fine di questa breve introduzione, che non ha svelato segreti, né mostrato pesci o montature, l’argomento ha destato un certo interesse. O almeno è quello che ci auguriamo. Dedicheremo a questo stile di pesca altri articoli nelle prossime settimane scendendo più nello specifico per quanto riguarda le attrezzature, gli approcci, la pasturazione, gli spot e quant'altro possa risultare utile a praticare una disciplina estremamente affascinante e tecnica qual’è il legering classico. Vi invitiamo dunque a rivisitare presto il blog e vi ricordiamo che la nostra pagina Facebook è a vostra disposizione per chiarimenti, letture, novità e discussioni sulla pesca sportiva.
Testo e foto: Franco Checchi
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elbafishingblog · 4 years
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Trattenuta all’inglese
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Pesca all’inglese ai margini in trattenuta bloccata con ovetto piombato. Attrezzatura, montatura e azione di pesca.
Primo articolo post-quarantena. Primo articolo dopo cinque mesi in cui la pesca è stata solo teorica. Si riparte da qui, dal tratto di foce e dalle sue prede più ricercate, anche se un po’ fuori stagione. «Il meglio ce lo siamo perso». La frase esce priva di labiale da dietro una mascherina chirurgica. È il primo pescatore che incontro e quasi verrebbe da abbracciarlo anche se non lo conosco. Invece ci concediamo solo due chiacchiere a distanza di sicurezza. Ci siamo persi il meglio della stagione, è vero, ma già sembra un miracolo essere sulla sponda del fiume. Come fosse la fine di una guerra. Si riparte da qui dicevo, ma con un approccio nuovo o meglio adattato. Voglio poter pescare ai margini come a distanza, in passata come in trattenuta bloccata. Non voglio perder tempo o aver problemi di vento e di corrente. C’è solo una strada da percorrere ed è quella dell’inglese.
La canna
Per queste sessioni ho scelto un classico, la Shimano Aernos Match da 15 piedi, inglese affidabile dal costo non esagerato (ad oggi l'ultima versione si trova intorno ai 100 euro o poco più) in grado di gestire anche prede di grossa taglia con terminali relativamente sottili.
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Per la pesca in trattenuta ai margini i 15 piedi servono tutti quindi sconsiglio misure minori. In queste acque channel di qualche chilo e carpe rientrano nello spettro delle prede possibili quindi la canna deve essere performante e capace di sostenere combattimenti anche impegnativi. Non adiamo, insomma, troppo sul delicato.
Il mulinello
Che se ne dica, ritengo lo Zartan un buon prodotto di casa Colmic. Ne abbiamo già parlato in passato e non passa anno che dimostri le sue qualità. Non l’ho scelto per un motivo particolare se non per il fatto che era tra quelli che non avevo ancora pulito e riposto durante la quarantena.
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Bobina sovradimensionata — come richiesto da chi pesca a waggler o a feeder — una frizione impeccabile (con guarnizione in gomma), dieci cuscinetti e antiritorno. Non gli si può chiedere di più a fronte di un prezzo veramente onesto. In bobina uno 0.18 affondante e a bassa elasticità è la scelta migliore, coprendo praticamente l’intera gamma di utilizzi, dalla pesca con bodied a lunga distanza fino a quella con straight in corrente.
La postazione
Come abbiamo avuto modo di dire, nello streetfishing peso ed ingombro sono da evitare. In questa stagione ho eliminato uno dei due tripodi e realizzato un comodissimo feeder arm con un picchetto in allumino ed un doppio morsetto che lo fissa alla gamba dell’unico tripode che porto con me.
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Come potete vedere la soluzione offre una stabilità accettabile ed un ulteriore risparmio di spazio, peso e tempo. La postazione è dunque fatta del classico sgabello pieghevole e il sistema di appoggio per la canna. Immancabile il materassino in EVA per la slamatura e il guadino con manico in carbonio e testa pieghevole.
Perché la tre pezzi?
La pesca in trattenuta è solitamente praticata con canne bolognesi talvolta, a seconda degli spot, anche molto lunghe. L’inglese potrebbe sembrare la scelta meno opportuna tuttavia, vuoi per le caratteristiche dello spot che per il fatto che una disciplina ha sempre un campo di applicazione più vasto di quel che si è portati a pensare, la resa è sovrapponibile.
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In rivista ne parleremo più nel dettaglio, qui basti dire che la tre pezzi consente sia di pescare sulla distanza — sul posto o in passata a seconda della corrente — sia in trattenuta ai margini. Quel che cambia, tra i due approcci, è il galleggiante e questo è sostituibile semplicemente sganciando una girella con moschettone. Immaginate dunque il gran numero di opportunità che abbiamo potendo pescare fino ed oltre mezzo fiume come a pochi metri dalla sponda. Se l’approccio classico, con gli wagglers, non permette una trattenuta costante o molto pronunciata, ai margini questa si può effettuare utilizzando un classico ovetto piombato. L’ovetto infatti, pur essendo un “bottom-only”, non affonda sotto trazione.
Ovetto in trattenuta
L’attacco del galleggiante è lo stesso del waggler. Si notino i tre stopper in gomma (due a valle ed uno a monte) e la girella con moschettone. A differenza del waggler l’ovetto, pur rimanendo derivato, è molto compatto e l’astina vicina alla lenza madre.
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Ciò ne determina la minor tendenza ad affondare quando trattenuto. Particolarità, rispetto ai classici galleggianti da bolognese, è che l’ovetto tende ad inclinarsi con l’antenna di segnalazione che piega nel verso della corrente. La segnalazione dunque lavora al rovescio e le mangiate tendono, oltre che a far affondare il galleggiante, a far ruotare l’antenna verso monte.
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Lo schizzo sopra semplifica un po’ quanto appena detto. La corretta inclinazione della lenza si legge dall'angolo che il filo (lenza madre) forma con la superficie dell’acqua che, di solito, si aggira intorno ai 45°. L’antenna di segnalazione con la superficie forma un angolo opposto. Se la mangiata toglie peso (tende a starare) l’antenna ruota controcorrente e l’ovetto viene a disporsi in verticale. Altrimenti affonda e la vetta della canna si piega, come pescassimo a legering.
La lenza
Dunque la lenza viene realizzata su uno 0.16 connesso alla lenza madre (0.18-0.20) con nodo di sangue o asola-asola. La piombatura consiste di quattro pallini del n.6 (0.1 gr), un pallino del n.4 (0.2 gr) ed un pallino BB (0.4 gr) equidistanti o a scalare in distanza (se c’è meno corrente e si desidera un po’ più di morbidezza nella parte bassa). Per i BB utilizzo del piombo molto morbido (quello che si stringe con le sole dita) così da poterli spostare, aggiungere e rimuovere a seconda delle necessità. Ricordo che in trattenuta è quasi sempre necessaria una certa sovrataratura e che la corrente cambia di intensità continuamente.
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Per il terminale occorre non andare troppo per il sottile, quindi la misura minima è lo 0.13 (0.128 o 0.125 sono comunque misure valide). Scendere non ha senso per vari motivi: torbidità, corrente, channel e carpe di grossa taglia, anguille e via dicendo. La lunghezza varia da 40 a 60 cm. Amo Colmic N500 nel numero 18 con uno o due bigattini.
Pasturazione
La prima operazione da fare è sondare la profondità a livello dell’amo e ragionare in piedi (1 piede equivale a circa 30 cm). Mettiamo che la profondità sia 7 piedi. Essendo la lenza in trattenuta inclinata più o meno a 45°, la distanza tra galleggiante ed amo dovrà essere maggiore, diciamo approssimativamente una volta e mezzo (circa una decina di piedi, comunque da aggiustare in corso d’opera).
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In corrente i bigattini affondano in diagonale. Non possiamo dunque pasturare sul galleggiante altrimenti l’esca si troverebbe fuori pastura. Il punto di ingresso dei bigattini va spostato quindi a monte del galleggiante. Ma quanto a monte? Questa è la domanda più assillante e la risposta richiede un po’ d’occhio e la classica serie di tentativi e relative correzioni.
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Un’idea, giusto per iniziare, possiamo farcela osservando la distanza percorsa in una decina di secondi dai bigattini lanciati in acqua. Considerando una velocità di affondamento media di un piede (circa 30 cm) ogni 10 secondi e ammettendo che la corrente sia costante (cosa che non è, ma ne parleremo meglio in rivista) le larve dovrebbero raggiungere il fondo in un punto, rispetto a quello di ingresso, pari a circa la distanza trasversale percorsa in 10 secondi moltiplicata per il numero di piedi corrispondenti alla profondità misurata a sonda. Attenzione però al fatto che la nostra lenza lavora, sempre teoricamente, a 45 gradi e ammettendo che l’angolazione rimanga costante (anche questo non è vero ma avremo modo di riparlarne) in linea d’aria l’esca si troverà più lontana rispetto al galleggiante di una distanza pari alla profondità misurata a sonda (si noti che la diagonale a 45 gradi è quella di un quadrato). Dunque se i bigattini in dieci secondi percorrono ad es. 1 metro e la profondità è di 7 piedi (circa 2 metri) le larve andrebbero lanciate 5 metri più a monte del galleggiante (7 metri meno due di profondità) Da qui si parte, certi di non averla azzeccata al primo colpo, valutando la risposta dei pesci in base alla posizione del galleggiante. Se le mangiate si registrano più in lontananza (basta fare una serie di passate interrotte da trattenute) abbiamo pasturato troppo a valle. Se invece le mangiate si registrano più vicino abbiamo pasturato troppo a monte.
La prima fase
In genere le prime ad entrare in pastura sono le ragnole più piccole. Peccano di troppa voracità ed eccessiva ingenuità, un mix poco raccomandabile. Fortuna vuole che il bravo pescatore le tratti con la massima attenzione, non dopo avergli rubato lo scatto di rito, la cui doppia finalità è immortalarne la bellezza e prendere nota dell’orario. Occorre capire sia il tempo di entrata in attività — quanto dopo l’inizio della pasturazione — nonché la relazione con vari parametri su cui non vi annoio e che ben conoscete.
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Anche il numero di mangiate e la frequenza di cattura sono importanti e, in corrente, vanno messi in relazione con la pasturazione, sia da un punto di vista spaziale che quantitativo. Lo spazio si riferisce alla distanza tra punto di ingresso della pastura in acqua (un tot a monte) e ingresso della lenza (più a valle); lo scopo è quello di trovare il giusto equilibrio, spaziale appunto, che garantisca la presentazione dell’esca laddove pastura e pesci si concentrano maggiormente. Dal punto di vista quantitativo si cercherà di regolare la pasturazione in modo tale da non eccedere (finendo in overfeeding) e, anzi, ridurla quando le mangiate si susseguono a ritmo costante con lo scopo di creare una certa competizione.
Gli esemplari di taglia maggiore
Più astuti e meno precipitosi se ne stanno un po’ in disparte lasciando il grosso della pastura alle giovanissime ragnole. Se la quantità di pastura non si riduce sono meno inclini a farsi avanti perché qualcosa certamente non gli torna e comunque i bigattini continuano ad arrivare rendendo inutile il rischio.
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Parliamo comunque di esemplari ancora giovani ma di peso superiore al mezzo chilo. Uno step successivo insomma. Voglio ricordare che di spigole molto grosse ve ne sono in queste acque ma difficilmente si lasciano ingannare con il bigattino, preferendo quantomeno un bel coreano se non (meglio) un’esca viva quale la classica alborellina, che rappresenta la principale fonte di nutrimento insieme alle piccole anguille (il cui prelievo è severamente vietato). La taglia media, pescando a bigattini, oscilla intorno ai settecento grammi con possibilità di arrivare sul chilo e qualcosa ma non oltre. 
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La cattura di questi esemplari un po’ sopra la media (pur sempre piccoli rispetto al peso massimo che una spigola può raggiungere) è funzione di tanti fattori. Non tutti sono sotto il nostro controllo e quindi dipende da noi solo in parte. Certo è che un’attenzione particolare alla pasturazione aiuta non poco in quanto, al di là degli accorgimenti su lenze e profondità di pesca, molto gira intorno alla competizione cui prima abbiamo accennato.
Alternative
Abbiamo parlato della pesca ai margini in trattenuta costante con la tre pezzi ma modificare approccio, qualora i margini non rendessero, è un gioco da ragazzi. Può capitare infatti che i pesci, per le loro ragioni, preferiscano stare un po’ più a distanza, su una linea che non consenta di agire in trattenuta. I cambiamenti da fare al setup sono sostanzialmente due: sostituire l’ovetto con un waggler e alleggerire/adeguare la piombatura. In genere basta rimuovere un po’ di peso (ricordate che i BB sono in piombo morbido) e ridistribuire i pochi pallini rimasti per poter operare una passata soddisfacente.
Testo e foto: Franco Checchi. Con il contributo di Filippo Carli.
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elbafishingblog · 4 years
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Spigole autunnali all’inglese
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La pesca alla spigola all’inglese nel tratto di foce. Spot, maree, montature e considerazioni generali.
In un articolo precedente abbiamo introdotto le basi per la pesca all’inglese in corrente. In questa sede prendiamo in considerazione la stessa tecnica ma con un lenza un po’ diversa, non perché le precedenti non siano valide ma per il fatto che di approcci ve ne sono un’infinità (relativa) e pian piano è utile osservali tutti (o comunque quelli principali). Lo spot è ancora il tratto cittadino dell’Arno Pisano, luogo ideale per delle sessioni di street fishing con la pesca al colpo come protagonista. In autunno, prima della stagione delle piogge che ingrossano il fiume e generano correnti più marcate, la pesca all’inglese trova qui le condizioni ideali per la sua applicazione e l’assenza di vento ci consente di mettere in campo lenze leggermente più elaborate, come sono ad esempio le spallinate a scalare.
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Le ore migliori per insidiare gli amati moronidi, neanche a parlarne, sono quelle a cavallo dell’alba e del tramonto, possibilmente durante la fase di marea crescente. Esca principe è il bigattino. Ottimi risultati si ottengono anche con il verme francese ma l’approccio è molto diverso dato il peso dell’esca e la generale assenza di pasturazione quindi ci riserviamo di parlarne più avanti.
Lo spot
Vi sono alcune considerazioni da fare. La giusta distanza di pesca in questo tratto di foce è entro una ventina di metri circa da riva o, per utilizzare una misura pratica, entro le “quattro canne” (prendendo come riferimento la match rod che utilizzeremo). In questo periodo di inizio autunno la corrente del fiume è molto lenta e risente in maniera notevole del flusso di marea tanto che nella fase di massima spinta (in salita) il galleggiante procede a velocità molto bassa verso valle e subito sotto riva addirittura inverte la sua corsa potendo a tratti dirigersi a monte. Non è peraltro raro trovarsi in momenti in cui l’acqua risulti apparentemente ferma o che vi sia una doppia corrente, con gli strati superficiali dell’acqua che scendono a foce e quelli più profondi che sotto la spinta della marea invece risalgono.
Setup generale della lenza
In queste condizioni le lenze sono ancora molto semplici, com’è nello spirito della pesca all’inglese, ma un numero di pallini leggermente superiore permette variazioni di distribuzione che aumentano la capacità di adattamento alle variabili correnti che possiamo incontrare. A questo proposito consiglio di stringere delicatamente i pallini (comunque di tipo morbido), in modo da poterli spostare e adattare così la montatura prontamente e senza particolare stress per il filo. La profondità, nella zona di pesca è indicativamente sui 2.5-3 mt. Non si può pescare appoggiati sul fondo in quanto è assai irregolare, pieno di ostacoli e formazioni calcaree. Occorre stare quindi sollevati quel tanto che basta per evitare incagli.
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La lenza madre come sempre è dello 0.18 in filo affondante o fluorocoated. La spallinata viene invece realizzata su uno spezzone dello 0.16 che può essere collegato alla lenza madre tramite un nodo di sangue o una microgirella. Benché io preferisca il nylon, per il terminale in casi come questo conviene valutare l’uso di un fluorine oppure di un fluorocarbon morbido: il fondale nel tratto di fiume preso in considerazione è ad alto rischio di abrasione (fondo a pietre non di rado cosparse di tubi calcarei). La misura media per il finale è lo 0.12 potendo però salire allo 0.14 o scendere anche allo 0.10. Dipende dal livello di torbidità dell’acqua, dalla corrente, dalla taglia dei pesci (che comunque qui si attesta generalmente sotto il chilo e mezzo), ecc. I galleggianti sono i classici straight wagglers da acque lente o comunque di corrente moderata. Si utilizzano quelli già piombati e dotati di porta starlight.
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Relativamente alla distribuzione dei pallini si opta per una spallinata aperta del tipo 3x3 (tre pallini del numero 8, tre del 7 e tre del 6). Si pone il primo pallino del numero 8 subito sopra la giunzione con il finale e poi si scala di due centimetri alla volta (quindi secondo pallino a 20 cm dal primo, terzo pallino a 18 cm dal secondo e così via fino all’ultimo pallino per una lunghezza globale di più o meno un metro). Il peso totale della distribuzione è, a seconda della marca dei pallini, di circa 0.8 gr, così possiamo utilizzare uno straight waggler come un classico 3 o 4+1. Riservatevi ovviamente di aggiungere qualche pallino di taratura se necessario. Le distanze tra i pallini sono indicative, non prendetele come un vangelo. Questa è una classica lenza a scalare in distanza e peso che deve essere modificata al variare della corrente.
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Nove (o più) pallini possono essere distribuiti in tanti modi diversi quindi non abbiate il timore di sperimentare. A seconda delle necessità la lenza si può aprire ulteriormente, si può accorciare, si può invertire (chiudere verso il basso), ecc. Ovviamente il consiglio è di non operare cambiamenti a casaccio ma secondo una logica dettata dalle condizioni del momento che sono sia fisiche (marea, correnti) quanto legate all'abitudine momentanea delle prede (pesci che preferiscono talora mangiare più in prossimità del fondo, talora più a mezz’acqua).
Azione di pesca
L’azione di pesca è quella classica. Lo scopo è ovviamente quello di presentare l’esca “in pastura” che questa cali lentamente verso il fondo in modo abbastanza verticale (acque lentissime, quasi ferme) oppure scenda in diagonale (presenza di corrente). Nel primo caso pescheremo più o meno in un punto abbastanza preciso, nel secondo opereremo una passata. Intuire la corretta discesa delle larve (tempo e direzione) è fondamentale e la lenza dovrà assicurare la massima naturalezza della presentazione. Occorre fare attenzione ad una possibile doppia corrente che dopo un percorso diagonale verso valle (strati più superficiali dell’acqua) potrebbe spingere le larve indietro (strati più profondi). Questo può verificarsi in maniera incostante in certi momenti (e in certi punti) durante la salita della marea.
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Nonostante le maree vengano rappresentate per approssimazione con una curva continua di tipo simil-sinusoidale, le variazioni dei livelli idrometrici avvengono in realtà a “zig-zag”. Infatti osservando l’acqua entro i primi metri da riva si può notare come in una stessa fase di marea vi siano momenti in cui la corrente può mutare anche con un certa evidenza. Osservare questo comportamento, qualora si verifichi, può essere di aiuto e può spiegare perché talvolta il punto in cui si registra il maggior numero di mangiate possa variare. Quanto alla pasturazione questa non deve essere mai esagerata e vale la regola d’oro delle piccole quantità a ritmo costante. Particolare attenzione va fatta circa il rapporto tra punto di ingresso in acqua delle larve sfuse e collocazione della lenza ricercando, come detto prima, la massima corrispondenza tra la discesa dei bigattini e il movimento dell’esca. Un po’ di esperienza, un goccio di intuito e una manciata di “trial and error” sono gli ingredienti base della ricetta. Il resto è variabile e non sempre, e necessariamente, nelle mani del pescatore.
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Testo e foto: Franco Checchi 2017. Articolo aggiornato il 4 marzo 2020
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elbafishingblog · 4 years
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Wagglers regolabili: conosciamoli a fondo
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Gli wagglers piombati regolabili. Caratteristiche e manutenzione.
Tra i vari tipi di galleggiante inglese (waggler) i modelli con piombatura passiva regolabile (Adjustable Loading Wagglers) sono in diversi scenari i più pratici da utilizzare. Il motivo risiede nel fatto che generalmente il loro collegamento alla lenza madre non richiede piombature accessorie e il rapporto tra peso alla base del galleggiante e quello in lenza può essere variato rapidamente. Vediamoli in dettaglio.
Gli wagglers in generale
Gli wagglers sono galleggianti di tipo “bottom only”, il che significa che il loro collegamento alla lenza madre non avviene come nei classici galleggianti da bolognese (top and bottom) ma esclusivamente tramite la base. Risultano quindi derivati rispetto all’asse maggiore della lenza.
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Il classico galleggiante inglese viene tenuto in posizione grazie a dei pallini di piombo ai lati dell’attacco la cui funzione non è solo quella di bloccarlo ma soprattutto di conferire stabilità sia in volo che in acqua. Come conseguenza della piombatura alla base (che deve rappresentare la maggior parte del peso necessario alla sua taratura) le lenze sono necessariamente molto semplici e richiedono solitamente pochi pallini come piombatura attiva. In oltre un secolo di sviluppi siamo giunti agli wagglers che conosciamo oggi e che possiamo dividere i due grandi categorie: non piombati (unloaded) e piombati (loaded). I primi sono privi di qualsiasi peso alla base e necessitano, come abbiamo appena visto, di pallini di piombo ai due lati dell’attacco. I secondi hanno già del piombo incorporato alla loro base.
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Nella foto sopra le due tipologie: un Preston in penna di pavone non piombato (quello blu) ed un Drennan di tipo piombato. In genere nei modelli piombati la piombatura è parziale nel senso che per la taratura completa del galleggiante manca ancora qualcosa, il peso che andremo a collocare in lenza. Per questo motivo molti modelli sono indicati come 2+1, 3+1 ecc. (che significa due, tre grammi alla base e uno ancora da applicare).
Gli wagglers piombati (loaded)
Se prendiamo ad esempio un waggler piombato del tipo 3+1 dovremo applicare un grammo in lenza per tararlo completamente. Come questo grammo venga distribuito non importa, sempre di un grammo in pallini si tratta. Esistono tuttavia degli waggler piombati che vengono definiti regolabili (adjustable) in cui la piombatura alla base è costituita da un attacco avvitabile ed una serie di dischetti removibili.
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In questi wagglers il rapporto tra piombatura passiva (necessaria esclusivamente alla taratura del galleggiante) e attiva (necessaria in parte alla taratura e in parte a conferire la dinamica alla lenza) può essere regolato più agevolmente. Ogni dischetto ha infatti un peso preciso (se non è indicato vi consiglio di misurarlo con una bilancia di precisione) che sottratto o aggiunto alla base può essere rispettivamente aggiunto o sottratto in lenza. Questa tipologia di aggiustamenti si possono chiaramente effettuare anche con gli wagglers non regolabili ma risultano più laboriosi.
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Il vantaggio principale dei regolabili è dunque quello di poter apportare variazioni alla montatura (rapporto tra piombatura passiva e attiva) il più rapidamente possibile. Il che, posso assicurarvi, è molto comodo, quasi indispensabile. Finora abbiamo visto gli straight/inser waggler ma anche i bodied (galleggianti con bulbo da lunga distanza) sono prodotti in versione regolabile. Un esempio tra tanti sono i Colmic Sinflex Jet (sotto), dotati di dischi di diverso peso. Il modello da 12 grammi presenta quattro dischi da 1 gr e due dischi da 0.5 gr per una regolazione fino a 5 grammi totali.
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In questo caso possiamo regolare il waggler ogni 0.5 gr (5, 4.5, 4, 3.5, ecc). Se dunque volessimo inserire un grammo in più in lenza basterebbe rimuovere un disco da 1 alla base, se volessimo inserire 1.5 gr rimuoveremmo un disco da 1 e uno da 0.5 e così via.
Conoscere il waggler regolabile
I regolabili chiaramente non sono tutti uguali e guai se lo fossero. Alcuni nascono già completamente tarati per cui, a meno di non voler pescare quasi senza piombo, occorre rimuovere del peso alla base per poterlo inserire in lenza. Altri sono solo parzialmente tarati e rientrano nella categoria X+Y, come è il caso dei Sinflex Jet. Un Colmic Sinflex Jet da 12 grammi richiede comunque almeno un grammo e mezzo in lenza per la taratura completa e lo potremmo definire dunque un 10.5+1.5. Infatti l’attacco a vite pesa quasi 5.5 gr, i dischi nel totale pesano 5 gr e mancano 1.5 gr ad arrivare a 12.
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Conoscere il proprio waggler vuol dire sapere quali sono tutte le sue caratteristiche: la portata, l’esatto peso alla base, il peso dei dischi removibili, lo scarto di taratura (+Y). Questa conoscenza è fondamentale nella scelta del galleggiante e aiuta notevolmente sia nella costruzione che nelle variazioni in corso d’opera (durante la sessione di pesca) della lenza.
Manutenzione
Ebbene sì, anche i galleggianti necessitano di manutenzione. Nei regolabili, specie pescando in mare, è fondamentale che l’attacco a vite e i dischi di regolazione non si ossidino. Se ciò avviene c’è il rischio che l’attacco non si sviti più e si debba ricorrere a prodotti e strumenti che potrebbero compromettere l’integrità del galleggiante (CRC, pinze, ecc.).
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Conviene dunque utilizzare della comune vasellina tecnica (oppure olio di silicone) nei punti sensibili. Evitiamo oli e sbloccanti aggressivi (WD40, CRC, ecc.) in quanto a lungo andare compromettono la struttura del galleggiante agendo anche sulle vernici e sulle colle.
Testo e foto: Franco Checchi 2016. Articolo aggiornato il 3 marzo 2020
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elbafishingblog · 4 years
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Inglese in corrente
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Attrezzatura, montature e principi nella pesca in corrente con gli straight wagglers.  
Si va per esclusione. Quando il feeder non è praticabile per il tipo di fondale occorre valutare l’approccio con il galleggiante. Se dobbiamo pescare ad una certa distanza, magari in presenza di vento e si cerca la maggior naturalezza possibile non rimane che ricorrere alla pesca all’inglese. Nel tratto di foce c’è tuttavia il problema della corrente, ideale per passata e trattenuta classica ma più difficile da gestire con gli wagglers, che essendo galleggianti “bottom only” non consentono di trattenere.
Anche se cerchiamo di standardizzare quanto più possibile la verità è che nella pesca non ci sono regole fisse. Piuttosto ci sono regole valide ma mutevoli a seconda di spot e condizioni. Insomma la parola d’ordine è: adattamento. La raccomandazione è dunque di prendere quanto segue come indicazione generale, sulla quale poi introdurre tutte le variazioni che intuito e contesto vi suggeriscono.
Attrezzatura
L’attrezzatura è costituita da una match rod da 15ft (circa 4.50 m) abbinata ad un mulinello a bobina ampia e relativamente poco capiente (bobina match) caricato con del filo specifico per pesca all’inglese (quindi affondante e a bassa elasticità) o del fluorocoated dello 0.18. La capacità del filo di affondare nel tempo viene in ogni caso garantita da periodici sgrassamenti benché in alcune situazioni sia forse più conveniente che il filo rimanga in superficie anziché sott’acqua.
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Mentre nella pesca in acque ferme il fine è quello di mantenere l’esca in un determinato punto (quello in cui pasturiamo con precisione), in presenza di corrente l’esca dovrà comportarsi come una particella di cibo che da questa viene trasportata in modo naturale. Parliamo comunque di correnti abbastanza moderate, tipiche dei fiumi nei mesi tardo primaverili ed estivi, tali da poter essere affrontate con straight wagglers talvolta anche dotati di insert. In questo periodo i cefali e le spigole che frequentano il tratto di foce tendono a sostare/cacciare abbastanza in superficie e sono visibili a vista per salti, attacchi e movimenti dell’acqua che ne dimostrano inequivocabilmente la presenza. Benché questo comportamento dia l’impressione di pescare in un vivaio — e in effetti spesso la presenza di pesce è notevole — portare a termine una cattura è meno semplice di quanto possa sembrare.
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Questo, tra gli altri, il motivo per cui conviene utilizzare un filo in bobina di diametro relativamente sottile (0.16) che consente di lanciare più agevolmente galleggianti leggeri oltre a tagliare meglio la corrente superficiale offrendo a questa meno resistenza. Come dicevamo i galleggianti sono degli straight wagglers (classici inglesi senza bulbo) con antenna di segnalazione intercambiabile (porta starlight) da 4.5 mm. Per praticità (e non complicarvi la lettura) vi consiglio quelli già piombati (loaded) in cui la maggior parte del peso necessario alla taratura è incluso alla base. I motivi sono diversi. Gli wagglers con porta starlight sono fondamentali in caso si peschi al crepuscolo e si abbia quindi bisogno appunto della starlight. Di giorno l'antenna può essere poi sostituita con una di colore diverso a seconda dei riflessi sull'acqua (a tal proposito portatevi sempre dietro anche un pennarello nero indelebile) e addirittura variata in diametro (vi sono antenne con adattatore da 4.5 a 3 mm). Il peso alla base, specie se il waggler è di tipo regolabile (a dischetti), rende infine la montatura più semplice e più versatile (facilmente adattabile al cambio di condizioni).
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Volendo consigliare dei modelli il Tubo intercambiabile Vincent da 4.5 è tra i miei preferiti (sopra nella foto) e racchiude tutte le caratteristiche appena descritte. Se volete affiancarlo ad un modello da acque particolarmente lente (nel tratto di foce vi sono momenti in cui la corrente è veramente debole) potete farlo acquistando anche degli Insert Dura Wag Adjustable Loading dell’azienda Preston (foto sotto). Piombatura passiva regolabile, diverse antenne in dotazione e ottimi materiali per dei galleggianti che si inseriscono senza dubbio tra i migliori in circolazione.
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La particolarità dei Preston è l’insert in carbonio che in condizioni di acque quasi ferme conferisce una sensibilità incredibile al galleggiante, consentendo di registrare perfettamente anche le mangiate in starata.
Montatura e azione di pesca
Nel'organizzare la distribuzione della piombatura vale affidarsi in questo caso, come minimo,  alla regola del 3 a 1 (piombatura passiva pari almeno a tre volte quella attiva). Pescando con un waggler da 4 grammi quindi tre o più dovrebbero trovarsi alla base del galleggiante e solo un grammo (o anche meno) viene distribuito sulla lenza. In corrente misurare il fondo a distanza è abbastanza complicato in quanto sonda e galleggiante non si troveranno mai allineati verticalmente: mentre la sonda di un certo peso scende rapidamente verso il fondale e vi si adagia, il galleggiante viene portato via dalla corrente e la linea di filo che li congiunge risulterà diagonale. Fortunatamente le specie insidiate (cefali e spigole) in questa stagione sostano prevalentemente tra la superficie e il mezzo fondo quindi conviene stimare una misura di mezz’acqua e poi regolarsi aumentando o diminuendo l’altezza fino ad intercettare quella più produttiva.
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Relativamente alla gestione del filo e del galleggiante i casi da prendere in considerazione sarebbero diversi ma possiamo provare a ridurli a due soltanto. Se non c’è vento oppure vento e corrente hanno la stessa direzione (downstream) occorre lanciare leggermente a valle e affondare il filo. Il lancio dunque non avviene di fronte a noi (A) ma puntando in direzione della corrente (B). Tanto più verso valle quanto forte è il vento. Lo scopo è quello di ridurre al massimo la pancia di filo (bow) e fare in modo che questa non preceda mai il waggler. Infatti la corrente, agendo sul filo, farebbe procedere il waggler troppo velocemente compromettendo la presentazione dell’esca. Si dovrà mantenere una linea di pesca (BC) parallela alla riva cedendo progressivamente filo. La linea è la stessa che viene seguita dalla pastura (tipicamente bigattini sfusi) e la sua lunghezza dipende dalla nostra valutazione (ipotetico percorso effettuato dalla pastura in discesa e punto dove si avverte il maggior numero di mangiate). Terminato il percorso si recupera, si pastura di nuovo (a monte e qualche metro più verso riva rispetto al punto di lancio), si rilancia, si affonda il filo (riportando il waggler sulla linea di pastura) effettuando così una pesca in “passata” lungo la scia delle larve in discesa.
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Se vento e corrente non hanno la stessa direzione è invece utile non affondare il filo. La pancia che si forma, specie in caso di vento contrario alla corrente (upstream) non avanza oltre il galleggiante, trascinandolo via. In questo caso è sufficiente alzare la canna sollevando il filo “spanciato” e correggerne la curva cercando di mantenerlo quanto più in linea con il galleggiante. Anche in questo caso si lancia sempre un po’ a valle della nostra posizione e si fa percorrere al waggler la passata prima descritta (cedendo filo quando necessario). La ferrata in questi casi va sempre effettuala lateralmente nel senso della pancia (in direzione della corrente e quindi della convessità formata dalla lenza) mai in senso contrario. Il motivo è abbastanza ovvio: una ferrata contro corrente incontra maggior resistenza introducendo un ritardo e sforzando inutilmente l’attrezzatura.
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Si tratta di una pesca molto dinamica, praticata talvolta anche stando in piedi piuttosto che seduti, così da avere maggior controllo sul filo e sul galleggiante. La montatura è semplice e alcune regole di base ci aiutano a capire come organizzarla. In primo luogo all’aumentare della corrente va aumentata la portata del galleggiante e di conseguenza la piombatura (sia passiva che attiva), inoltre tanto più è necessario affondare il filo tanto più il waggler deve essere lungo, il che consente un'immersione maggiore della lenza madre. Gli waggler regolabili consentono aggiustamenti più rapidi del rapporto tra piombatura passiva e attiva e di conseguenza opteremo per un attacco realizzato con tre stopper in gomma (uno a monte e due a valle). Se si utilizzano wagglers a piombatura fissa (es. 3+1) lo snodo deve essere bloccato in posizione con dei pallini di piombo di peso variabile a seconda di quanto è presente in lenza. Si può fare ma gli aggiustamenti sono un tantino più laboriosi. Lo schema sottostante si riferisce dunque agli wagglers regolabili.
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Ho cercato di riassumere tutto in un solo disegno (che non è in scala) anche se come sempre non ne basterebbero cento per prendere in considerazione tutte le variabili. Partiamo dall’alto. Lo snodo (attacco) per il waggler è costituito, in serie, da uno stopper in gomma a monte, una girella piccola con moschettone e due stopper in gomma a valle. Vi fa seguito una microgirella (peso quasi insignificante, circa 0.04 gr) che rende più comoda la giunzione con il basso lenza e aiuta a ridurre qualche torsione. Si può tuttavia eliminare ed utilizzare un nodo di sangue, a voi la scelta. La spallinata è realizzata su un filo di diametro inferiore rispetto alla lenza madre (scarto di circa 0.02 mm) il che aiuta a distribuire meglio l’elasticità lungo il sistema pescante. In genere con l’inglese si preferiscono spallinate più semplici rispetto alla bolognese e questo per una serie di motivi tutti molto validi. Se la corrente è abbastanza lenta si sta più leggeri e più aperti (es. 4 pallini del n.6 e uno del n.8 equidistanti). Man mano che aumenta si raggruppa un po’ e infine si passa a dei pallini leggermente più grandi. Ovviamente parliamo di correnti non esagerate. Con il waggler regolabile basta togliere una o più rondelline e sostituire il peso mancante come piombatura attiva.
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Si possono così utilizzare lenze che nella parte attiva arrivano fino ad un grammo, peso che quando è concentrato regge correnti “tranquille”. In caso di correnti importanti occorre passare a galleggianti diversi dagli straight e zavorre più generose, ma è un tipo di pesca che prevede modifiche anche alla pasturazione e che qui non prenderemo in considerazione. Alla spallinata fa seguito il terminale, di misura ancora inferiore (sempre uno scarto di 0.02, massimo 0.04 mm) la cui lunghezza è variabile in funzione di diversi parametri ma che vede nei 60 cm una via di mezzo accettabile. Quella nello schema è una montatura adatta per pescare su una colonna d’acqua come minimo di 180-200 cm e in presenza di corrente lenta o moderata.
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Con i diametri conviene stare bassi ma non troppo. Il finale in nylon specifico per terminali (meglio) o in fluorine dello 0.14 è quello che si è dimostrato in grado di garantire un certo numero di catture di buona taglia consentendo di forzare il pesce al bisogno. Con lo 0.10 si vedono più mangiate (specie di branzini) ma di forzare non se ne parla. I cefali oppongono una resistenza maggiore delle spigole di pari peso e quando di una certa misura impegnano il pescatore in combattimenti che posso rivelarsi relativamente lunghi, specie in corrente. Più lungo è il combattimento maggiore è la possibilità di recare disturbo agli altri pesci in pastura e anche questa è una valutazione da fare con attenzione. Occorre poi valutare il tipo di fondale. Se non vi sono strutture “pericolose” (sassi e quant’altro possa essere di intralcio o porre il rischio di abrasione) e le mangiate sono poche conviene giocarsi la carta del diametro capillare. Altrimenti meglio qualche mangiata in meno ma qualche pesce in più nel guadino.
Testo e foto: Franco Checchi 2017. Articolo aggiornato il 3 marzo 2020.
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elbafishingblog · 4 years
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Numero 2019 Online!
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EFB NEWSletter - Anno V° Numero Unico, 2019 Rivista digitale di pesca da terra. Formato PDF
Il 9 dicembre è uscita la nostra pubblicazione per l’anno 2019. Tanta pesca in mare, centocinque pagine senza pubblicità, schemi di montature in formato vettoriale e fotografie in alta definizione. Questo quinto anno di attività viene celebrato con un numero unico in cui tuttavia non ci siamo risparmiati. Affatto. Mantenere una pubblicazione gratuita di questo tipo, senza fondi, senza sponsor e potendo contare solo ed unicamente sulle nostre forze non è affatto facile. Portiamo però a casa un altro bel risultato anche se abbiamo dovuto ridurre il numero delle riviste (prima erano due all'anno) e restringere l’invio gratuito ai soli iscritti attivi prima della data di pubblicazione senza poter fare eccezioni. Purtroppo anche il gratis ha il suo prezzo e sta nel dover porre dei limiti. Per questo motivo, se siete interessati al nostro lavoro, la raccomandazione è di non rimandare l’iscrizione così da non perdere il prossimo numero.
Per informazioni sulla modalità di iscrizione/abbonamento e la politica editoriale fate riferimento alla pagina dedicata. Per ulteriori informazioni non esitate a contattarci scrivendo a: [email protected]
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elbafishingblog · 5 years
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Pellet Waggler in mare
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La pesca all'inglese in mare con il pellet. Quando, dove e perché. Tipologie di pellets, attrezzatura, montature, innesco tramite bait band e azione di pesca.
Prima di iniziare a parlare di tecnica occorre fare il punto sull’uso del pellet in mare. Il pellet non è concettualmente diverso da una pallina di pastella, un cubetto di formaggio, un fiocco di pane o un tocchetto di petto di pollo crudo. Si tratta di elementi estranei all’ambiente marino, cioè non naturalmente presenti, ma che esercitano capacità attrattiva nei confronti dei pesci in virtù del fatto che rilasciano aromi graditi e che rappresentano del cibo ricco di costituenti importanti (carboidrati, oli, proteine, ecc.). Ciascuno ha le sue proprietà organolettiche e fisiche (consistenza e tenuta all’amo) e può essere utilizzato a seconda del target, della stagione e delle condizioni meteomarine. Spesso si è sostenuto (e non manco all’appello) che il pellet rende meglio in spot prossimi ad impianti di itticoltura, per via dell’occasionale fuga di pesci abituati a cibarsene, tuttavia ciò non significa che il suo utilizzo sia limitato a questi contesti. Vedremo infatti come in spot “selvaggi”, tipicamente le scogliere naturali lontane da detti impianti, porti, foci e canali, il pellet se ben dosato e utilizzato possa risultare un arma micidiale.
Pellet duro: tipologia e trattamento
Come abbiamo già avuto modo di dire, nella pesca con il pellet occorre utilizzare pellettati di vario diametro. I diametri minori sono destinati alla pasturazione mentre quelli maggiori all’innesco.
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Pellets da allevamento duri, misure 8, 6 e 4 mm
In particolare io uso i 4 ed i 6 mm come pastura (in mix al 50%) e gli 8-9 mm come esca. Tutti vanno bagnati preventivamente e poi scolati. Si utilizzano dei contenitori dotati di tappo e si ricopre il pellet con acqua (del luogo è meglio). Dopo un tempo variabile in base al diametro (diciamo un minuto per millimetro) si scolano. A questo punto si mixano i 6 e 4 mm mentre gli 8-9 mm si tengono da parte.
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Pellets bagnati, scolati e pronti all’uso. Piccole misure per la pasturazione e quelli più grandi per l’innesco.
Perché? In primo luogo la bagnatura ammorbidisce la parte esterna del pellet così che, una volta in acqua, rilasci immediatamente microparticelle e oli altamente attiranti. Il resto lo fanno i piccoli pesci mordicchiandone la superficie parzialmente ammorbidita. I pellet di piccolo diametro attirano e distraggono i piccoli pesci, che vi creano una nuvola intorno, mentre quelli più grandi e assai resistenti all’attacco della minutaglia rimangono a disposizione per i pesci più grandi. Già così va bene. Vi sono comunque degli accorgimenti come l’aggiunta di sangue e olio di sarda e la preparazione di un fondo che possono accelerare il richiamo dei pesci, ma ne parleremo nella prossima rivista.
Quando, dove e perché
Premesso che con il pellet potete pescare sempre e ovunque (il che non è decisamente male) in mare io lo utilizzo prevalentemente in tarda primavera e in estate, da scogliera naturale. I pellet da allevamento alla farina di pesce sono molto graditi ai saraghi, alle orate, alle occhiate e alle spigole. Tutti pesci che frequentano la scogliera ai cambi di luce (meglio all’alba). In questo periodo i porti li conoscete e poi, se posso, i pesci di scogliera vivono in tutt'altro ambiente così se dovete mangiarne uno siete tranquilli.
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Particolare di scogliera naturale nella bella stagione. Nonostante la profondità si riesce a vedere il fondo. Occorre rimanere nascosti durante l’azione di pesca.
In questa stagione i bigattini sono l’esca peggiore a mio avviso, per via dell’attacco che subiscono dai pescetti, con conseguenze negative sia sulla pasturazione che sulla durata dell’innesco. Per non parlare della conservazione. Altre esche subiscono sorte analoga. In scogliera naturale, dove subito sotto scoglio vi sia una buona profondità, i pesci pascolano e cacciano quasi radenti alla riva, come fosse la banchina di un porto. L’acqua è cristallina quindi troviamo una postazione che ci consenta di stare al riparo, di non proiettare sagome e ombre (ne abbiamo parlato a lungo in un vecchio numero della rivista) e limitiamoci a pasturare a pochi metri.
Attrezzatura
Quando si parla di Pellet Waggler in realtà ci si riferisce ad una tecnica specifica utilizzata nelle fisheries. Qui utilizziamo il termine per indicare sempre una pesca all’inglese ma adattata al mare. Comunque sempre pellet e di wagglers si tratta. La canna è la classica inglese in tre pezzi di 15 piedi (circa 4.50 mt). Potete utilizzare anche una bolognese? Sì. È uguale? No. Non stiamo ora a spiegare le differenze, basti dire che l’inglese per questa pesca è più indicata in quanto più precisa e reattiva.
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Classica impostazione nella pesca all’inglese da scogliera naturale. Di solito basta un tripode telescopico per posizionare la canna correttamente.
Se non l’avete il mio consiglio è di acquistarne una. Non occorre spendere una fortuna. Lasciate perdere i mille discorsi e ricordatevi che siete in mare e non a fare gare in un canale. Io ho canne di tutte le fasce e all’Elba, dove purtroppo in questi anni pesco di rado, ho lasciato quelle più economiche. Vi dico che vanno benissimo e intorno ai 100 euro potete acquistare sia canna che mulinello. Per quest’ultimo optate per una taglia 3000-4000 da imbobinare con uno 0.18 affondante. Non occorre salire di diametro con il filo perché pescheremo a corta distanza ed utilizzeremo pesi ridotti.
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Varie tipologie di waggler.
Per i galleggianti è bene averne di diversa tipologia. Vorrei descriverli in dettaglio ma c’è da dire tante cose e lo spazio è poco. Rimandiamo il tutto alla rivista. Basti che in scogliera pescheremo su fondali abbastanza importanti e che la montatura sarà scorrevole, c’è poi da tener conto del possibile moto ondoso così avremo a disposizione wagglers non piombati o regolabili o con margine di almeno +2, di cui alcuni con forma particolare (si notino i due in basso a corpo spostabile lungo l’asse).
Montatura
Il pellet da 8-9 mm non è un bigattino. L’inglese non è la bolognese. Dunque lasciamo perdere le corone di pallini e concentriamoci sui pesci che vogliamo insidiare. Saraghi e orate mangiano in prossimità del fondo, spigole e occhiate a mezz’acqua e spesso in calata. Opteremo quindi per un terminale relativamente sottile (tra 0.12 e 0.13 mm), in nylon, privo di piombo e molto lungo (3 mt). Subito sopra, sulla lenza madre dello 0.18, avremo il bulk di taratura (dai 2 ai massimo 4 grammi in 2-4 pallini) e il galleggiante inglese scorrevole.
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Questa montatura, semplicissima, ci consentirà di pescare nei primi tre-quattro metri della colonna d’acqua sfruttando il solo peso del pellet oppure in vicinanza del fondo. È solo questione di spostare il nodo di stop superiore. In ogni caso avremo sempre tre metri di terminale libero di fluttuare e calare lentamente. Se dovessimo pescare a distanza avremmo bisogno di qualche piccolo accorgimento per ridurre possibili grovigli durante il lancio ma nel sottoriva (massimo 10 metri) basta fare un po’ di attenzione. Eliminiamo quindi trecce e piombature addizionali che avrebbero troppo impatto dal punto di vista visivo e dinamico. Tratterò comunque le lenze molto più in dettaglio nel prossimo numero della rivista. Se l'argomento vi interessa non perdetela.
Azione di pesca
L’innesco prima di tutto. Chi pesca in acque dolci ben conosce l’hair rig e i rapporti tra esca e amo. Mi permetto di dire che in mare le cose a mio avviso sono un po’ diverse. In primo luogo i pesci mordono e non aspirano, poi l’acqua è molto più chiara e le nostre prede ci vedono benissimo. Nella mia esperienza le ho provate un po’ tutte e ritengo che l’amo debba essere leggermente sottodimensionato e che le bait band (gli anellini in lattice) appuntati siano meglio di quelli della Stonfo (che hanno il doppio anello, uno per l’amo e l’altro per l’esca).
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Particolare del pellet da innesco (8 mm) e dell’amo utilizzato.
Con i pellets da 8 mm io preferisco utilizzare i Gamakatsu LS-Serie 8GP del numero 16. La bait band viene appuntata sull’amo così che questo risulti a contatto con l’esca benché rimanga pur sempre esterno alla stessa.  L’insidia è nascosta al pesce, date le dimensioni maggiori del pellet e l’innesco rimane discreto anche se il pellet viene morso dai piccoli pesci: pur riducendo il volume del pellet il rapporto tra quantità rimanente e amo si mantiene a lungo ottimale.
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Innesco del pellet tramite bait band.
Nel 90% dei casi, quando il pesce morde l’esca l’amo penetra nel labbro e questo ha diversi vantaggi. In primo luogo facilita il rilascio con una slamatura veloce e relativamente indolore, sicuramente priva di conseguenze importanti per la salute della preda. Poi non si rischia che i denti del pesce taglino il terminale o le placche/molari rompano l’amo.
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Sarago fasciato. Si noti dove generalmente va a penetrare l'amo.
Le prede più difficili in tal senso sono gli sparidi, tutti dotati di una dentatura formidabile e in grado di triturare (saraghi e orate) e tagliare (occhiate e salpe) in modo incredibile. Vale tuttavia anche per le spigole, benché il loro apparato boccale sia diverso e straordinariamente ampio.
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Spigola. Si noti ancora la collocazione dell’amo nel labbro superiore.
Per il resto, innesco a parte, l’azione di pesca si svolge in modo simile a quella con i bigattini. Giunti sullo spot si lanciano un paio di manciate di pellets (mix al 50% di 4 e 6 mm) poi si prosegue al ritmo di una decina di pellets ogni cinque minuti circa. In rivista mi soffermerò su alcune particolarità tuttavia per le spigole l’azione di pesca si svolge a poco più della metà della colonna d’acqua (es. quattro metri su un fondo di sette), per i saraghi e le orate a circa un metro dal fondo. Dipende dal tipo di fondale comunque in scogliera si fa una media piuttosto che indicare una misura precisa (per via degli alti e bassi).
Conclusioni
La pesca all’inglese con il pellet in mare è una tecnica relativamente semplice ed estremamente efficace. Richiede pochissima attrezzatura e non comporta problemi di conservazione e preparazione delle esche e della pastura. Pur essendo praticabile tutto l’anno ed in qualsiasi spot rappresenta la soluzione ideale nella stagione calda, quando l’attività dei piccoli pesci è massima e così la loro azione di disturbo.
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Una bella spigola di scogliera.
Le prede principali sono rappresentate da sparidi e spigole pur potendo avere la possibilità di interessare anche specie diverse come i cefali di taglia, benché questi ultimi preferiscano in genere esche più morbide. Per i pellets consiglio quelli duri da allevamento (Veronesi o Skretting) che molti negozi di pesca vendono sciolti a peso (intorno alle 3 euro al chilo). Altre tipologie di pellets, più costose, non danno migliori risultati.
Testo e foto: Franco Checchi
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elbafishingblog · 5 years
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Running rig avanzato
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Running rig con quick change bead e settori intercambiabili. Schema della montatura e realizzazione degli antitangle.
Questo articolo fa seguito a quello dedicato agli elementi di base (di cui si consiglia la lettura). Come abbiamo già avuto modo di dire un running rig (montatura da feeder scorrevole) si può realizzare in almeno una decina di modi diversi a partire dai kit già pronti (molto belli) fino a versioni più spartane. No vi sono a mio avviso differenze abissali — se non dal punto di vista estetico — quando la montatura, comunque sia costruita, presenta le due caratteristiche fondamentali: buona scorrevolezza del feeder e bassa tendenza a generare grovigli durante il lancio. Quindi perché parlarne ancora? Per mettere l’accento su un aspetto a me molto caro negli ultimi tempi, la versatilità.
Running rig a settori
Ogni montatura, anche la più semplice, è scomponibile in diversi settori (segmenti). In genere quando si parla di modifiche si pensa al pasturatore (tipologia e peso) o al terminale (lunghezza e diametro) ma in alcuni casi può crearsi uno squilibrio con il resto della costruzione (gli altri settori appunto) se non addirittura con la canna. Una montatura che sia realmente versatile deve in primis mantenere le sue caratteristiche fondamentali, permettere cambiamenti nel minor tempo possibile e infine rispondere adeguatamente alle mutate esigenze. Nel caso del running rig ciò si ottiene senza particolari grattacapi. Sulla lenza madre (o shock leader) scorre la girella con moschettone per l’attacco al feeder. La sua corsa verso il basso viene fermata da una perlina quick change. La stessa perlina a sgancio rapido è connessa a valle ad un segmento (settore) antitangle cui fa seguito il terminale (collegamento loop to loop, tramite girella, sgancio rapido o microgancio a seconda dei casi).
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Schema della montatura. Si noti come sia l’antitangle che il terminale risultino rapidamente sostituibili.
I pro di questa montatura sono diversi. Il blocco della corsa del pasturatore è sicuro (ben più di quello determinato dai gommini che si mettono in altre varianti) e il terminale è facilmente sostituibile così come il segmento antitangle. Se, ad un certo punto, decidessimo di passare ad un rig di tipo elastico potremmo tranquillamente rimuovere il segmento antitangle e sostituirlo con una treccia in feeder/power gum già pronta. Se invece decidessimo di pescare senza segmento antitangle potremmo connettere direttamente il terminale alla perlina. E tutto in pochi secondi. Capite che il punto forte di questo setup sta nella versatilità estrema, la possibilità di variarne velocemente gli aspetti essenziali.
L’antitangle in dettaglio
Concettualmente si tratta di un segmento a rigidità maggiore che svolge una funzione antigroviglio. A seconda del materiale utilizzato può svolgere anche la funzione di ammortizzatore elastico. A monte il segmento è sempre dotato di un’asola per l’attacco al connettore della quick change. A valle vi è un sistema di collegamento al terminale (asola, girella, sgancio rapido o microgancio).
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Tre esempi di antitangle di diverso materiale e diversa connessione al terminale.
Non staremo qui a descrivere tutte le possibilità e tutti i materiali ma ci limiteremo a tre casi tipici. Capito il senso siete poi liberi di sperimentare soluzioni differenti. L’antitangle più semplice in assoluto è quello realizzato con uno spezzone di monofilo di diametro generoso (es. 0.40). Il nylon (o fluorocarbon) di buon diametro è rigido e trasparente. Viene dotato di due asole: quella a monte per connetterlo alla quick change e quella a valle per connetterlo al terminale (loop to loop). Si realizza in meno di un minuto ed ha un costo irrilevante.
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In questa montatura il segmento antitangle è rappresentato da uno spezzone in nylon dello 0.40 a doppia asola di lunghezza 10 cm.
In alternativa, leggermente più laborioso, è quello realizzato con una treccia in nylon. L’asola derivante dalla brillatura viene sempre utilizzata per la connessione alla quick change mentre a valle viene incluso un sistema di connessione (girella, microgancio o sgancio rapido) e il nodo di chiusura ricoperto da un tubicino (silicone o termorestringente). Se vogliamo che l’antitangle svolga anche la funzione di ammortizzatore la treccia, anziché in nylon, viene realizzata con il feeder/power gum. Ma abbiamo proprio bisogno di ammortizzatori elastici con le moderne canne da feeder? La risposta alla domanda è: dipende. Mettiamo il caso di dover utilizzare una canna potente, il trecciato in bobina e comunque di aver la necessità di presentare l’esca su terminali abbastanza sottili. Io un ammortizzatore elastico lo metterei.
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In questa montatura il segmento antitangle è rappresentato da una treccia in feeder gum.
Come già detto il vantaggio più importante di questa montatura è la versatilità. Preparate vari segmenti antitangle di diversi materiali e lunghezze (attenzione che se il pasturatore è derivato lungo anche l’antitangle dovrà avere lunghezza maggiore) e sarete in grado di rispondere ad ogni esigenza in men che non si dica.
Altri running rigs
Dai kit già pronti alla nota versione con gommini e brillatura della lenza madre a svolgere il ruolo di antitangle. Tutte soluzioni validissime ma si può sostenere che siano anche altrettanto versatili? In questi ultimi anni, segnati da sessioni di pesca in contesti urbani e spot naturali faticosi da raggiungere credo di averle provate quasi tutte. Dato che in questi casi difficilmente avremo a disposizione più di una canna (se ci riuscite beati voi) poter compensare le naturali limitazioni dell’attrezzatura con pochi cambiamenti al volo (tip, antitangle e terminale) è fondamentale. Così laddove ci siano pesci diversi che richiedono approcci diversi, su distanze e fondali diversi (perdonate la ripetizione) una montatura ampiamente adattabile è in grado di svolgere un ruolo determinante. Se poi avete tempo a disposizione e la possibilità di raggiungere comodamente il vostro spot il discorso cambia. Anche se questo rimane, senza dubbio, un ottimo rig.
Testo e foto: Franco Checchi
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elbafishingblog · 5 years
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L'attrezzatura da pesca essenziale
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Consigli su come organizzare sessioni di pesca brevi. Condizioni, attrezzatura, esche e pasture. Street fishing e oltre.
Alle sei di mattina ci sono molte persone che si concedono una corsa prima di andare a lavoro. Io vado a pesca. Si tratta di due attività molto diverse ma concettualmente non c’è molta differenza. Ci alziamo tutti molto presto, rubiamo un paio d’ore al riposo notturno, facciamo un’attività sportiva, poi una doccia e infine iniziamo la solita giornata. Avere il mare o il fiume a pochi passi è fondamentale, come anche una certa resistenza alla carenza di sonno, ma non bastano. Perché il sistema funzioni, contesto favorevole a parte, vale una sola regola: ottimizzare. Ottimizzare le attrezzature e di conseguenza i tempi. Per intenderci, entrare in pesca non deve richiedere più di dieci minuti, così come il chiudere tutto. A questo punto ogni finestra di un paio d’ore è valida e può essere sfruttata.
Street fishing e oltre
Lo street fishing è quello che significa, pescare all’interno di un contesto urbano indipendentemente dalla tecnica praticata. La disciplina che va per la maggiore è lo spinning ed è anche quella che più delle altre consente di ridurre l’attrezzatura da pesca veramente al minimo. Ma non facciamo l’errore di pensare che per la bolognese, il ledgering e il feeder (cito giusto quelle di cui si parla in questo blog) non vi possa essere spazio.
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Breve sessione di pesca a ledgering in città.
Fuori dal contesto urbano o ai margini di questo piccole spiagge, scogliere, porticcioli e qualsiasi riva in generale offrono innumerevoli opportunità di praticare la pesca sportiva anche se il tempo a disposizione è limitato. Basta sapersi organizzare per sfruttarlo al meglio.
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Breve sessione di pesca all’inglese in mare.
Ovviamente che si parli di street fishing o meno la distanza dall’acqua è un fattore limitante. Lo spot, qualunque esso sia, deve essere rapidamente raggiungibile altrimenti c’è poco da fare.
Esche e pasture
Dimentichiamo gli sfarinati e tutto ciò che implica volume, peso, una lunga preparazione o problemi di conservazione. Consideriamo poi che se abbiamo poco tempo dobbiamo essere in grado di richiamare i pesci velocemente altrimenti entrano in attività, forse, quando siamo già sulla via del ritorno. Nella maggior parte dei casi, sia in mare che in acqua dolce, due soluzioni valide sono pellet e bigattini.
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Pellets duri di vario diametro. È buon regola pasturare con i diametri più piccoli ed innescare pellets di qualche millimetro più grandi.
Entrambi sono utilizzabili sia come esca che come pastura e dopo un paio di uscite sapete perfettamente quanti portarne per coprire l’arco di tempo che avete a disposizione. Volume ridotto e peso del trasporto solo qualche centinaio di grammi. Ma alla scopo vanno bene anche vermi coreani (ci sono state mattine che sono uscito a bolognese con soli tre anellidi) o altre esche che non richiedano una pasturazione e che possano essere terminate nell'arco della sessione. Un piccolo consiglio sui pellets: se decidete di utilizzarli bagnateli prima di uscire così da averli già pronti una volta raggiunto il luogo di pesca.
Postazione
Come già detto tante volte le brevi sessioni (come le lunghe camminate) richiedono il trasporto di pesi non eccessivi, così la postazione si compone di un leggero sgabello pieghevole (consiglio un’altezza di seduta di 45 cm ed una portata di venti chili superiore al vostro peso) e di due tripodi in alluminio. Quanto basta per star comodi e posizionare la canna correttamente. Relativamente ai tripodi assolutamente quelli con boccola filettata per l’attacco dei rod/butt rest. Dopo averne provati tanti a mio avviso la soluzione ideale è l’utilizzo di un rod rest con intaglio scorrifilo sul tripode anteriore e di un butt rest regolabile sul tripode posteriore.
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Korum Y Rest. Semplice, resistente, adatto a qualsiasi tipologia di canna.
Il rod rest con intaglio è il più versatile. Ottimo sia che peschiate a feeder, come all'inglese o a bolognese in trattenuta. Di piccole dimensioni, una volta avvitato non crea ingombro nella sacca e potete lasciarlo tranquillamente connesso al tripode durante il trasporto. Poi è questione di gusti e potete optare anche per un rod rest diverso.
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Butt rest regolabile a vite.
Per il butt rest la mia scelta va sui regolabili. Potete adattarli ad ogni manico e basta un leggero appoggio perché l’attrito tra sughero e gomma impedisca alla canna di scivolare in avanti, consentendovi di alzarla prontamente al momento della ferrata. Nel complesso avete un sistema di appoggio abbastanza stabile (tanto sia che peschiate a feeder o all’inglese o a bolognese siete seduti a pochi centimetri e con la mano pronta ad afferrare la canna) e che una volta chiuso occupa pochissimo spazio.
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I tripodi disposti in serie consentono praticamente qualsiasi inclinazione della canna.
Il peso globale (sgabello pieghevole e tripodi) è intorno ai 3 chili. Considerate che solo un paniere leggero ne pesa almeno 5. Inoltre i tripodi possono trovare spazio nella sacca portacanne e lo sgabello chiuso può essere portato a spalla. Avete così le mani libere.
Guadino
Per il manico a voi la scelta. Telescopico o a innesti, in carbonio o composito. Oggi se ne trovano di leggeri e di buona qualità anche a prezzi accettabili e comunque non è mai una spesa inutile: chi pesca da solo sa quanta forza ci vuole a guadinare un pesce con una sola mano. La testa invece può essere di un solo tipo: pieghevole. E non pensate che questo ne pregiudichi la robustezza, perché una buona testa di guadino pieghevole rimane una buona testa di guadino. Punto.
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Testa di guadino pieghevole della Korum. Molto leggera. Una volta chiusa occupa pochissimo spazio.
Ormai da alcuni anni per me esiste solo quella della Korum. Mare, fiume e pesci di alcuni chili ne hanno testimoniato l’indiscussa qualità. Poi ce ne saranno anche altre ma non la cambio e la consiglio vivamente. Comunque deve poter entrare nella sacca portacanne occupando poco spazio.
Canna e mulinello
Non c’è molto da dire, anche perché senza non si può pescare. Ma le sessioni sono brevi quindi ne basta una. La canna deve esser già montata, altrimenti perdiamo tempo inutilmente. Le montature nella bolognese e nell’inglese vengono fatte prima, con intelligenza e aprendo alla possibilità di rapide modifiche in loco. Nel feeder si utilizza il sistema del trave: alla lenza madre (o shock leader) viene legata una girella con moschettone e poi in loco ci limiteremo a connettere il rig preparato in precedenza a casa. Io porto giusto un avvolgilenza multiplo, di quelli a incastro, dove all'esterno avvolgo le montature e all'interno i terminali di scorta.
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Avvolgilenza in EVA di tipo rotondo ad incastro.
Ricordiamoci, sempre relativamente al feeder, che i terminali si accorciano ma non si allungano. Quindi prepariamoli lunghi che poi a tagliarli e fare un’asola ci vuole un secondo.
Tutto in una sacca
Canna e mulinello, testa e manico del guadino, tripodi e, sì, anche le esche devono poter trovare spazio nel fodero portacanne. Non serve essere prestigiatori per fare la magia, basta scegliere il fodero giusto, di volume e numero di tasche adeguati allo scopo.
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Per questo utilizzo i foderi morbidi ed estensibili sono la scelta migliore.
Sembra incredibile ma con un po’ di occhio e organizzazione c’è addirittura spazio per un eventuale, piccolo, materassino da slamatura (ultima esigenza dopo l'occasionale cattura di alcune carpe nel tratto di foce). L’unica cosa che dobbiamo trasportare a parte è lo sgabello pieghevole, ma basta dotarlo di una tracolla e metterlo su una spalla.
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«Less is more». Un principio che spesso vale anche per l’attrezzatura da pesca.
Dunque, facendo di nuovo il conto, abbiamo circa tre chili tra sgabello e tripodi cui aggiungiamo un altro paio di chili di canna, guadino ed esche. Volume e peso ridotti ai minimi termini, trasportabilità eccellente e mani libere.
Minuteria, fili e altro
In questo caso è buona cosa portarsi dietro solo quello che è stato utilizzato per fare le montature, oltre che gli attrezzi utilizzati come un paio di forbici, una pinza, ecc. Slamatori indispensabili. Solitamente entra tutto nelle tasche del gilet, senza neanche troppo ingombro.
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Tutto l’essenziale può trovare spazio nelle tasche. Se non bastano concedetevi massimo un marsupio.
Se provate a farlo con impegno vi renderete conto di quante cose inutili siamo soliti portarci appresso. Ricordiamoci che si tratta di sessioni brevi e difficilmente ci sarà tempo per introdurre chissà quale variazione. Insomma o la va o la spacca.
Conoscere lo spot
Serve per capire ciò che serve. Non è un mero gioco di parole ma influisce sul fattore tempo. Dato che ci porteremo dietro solo lo stretto indispensabile occorre avere chiaramente in mente come affrontare la sessione. Le condizioni del fiume o del mare quale approccio e attrezzatura richiedono? Se saremo in grado di rispondere con esattezza tutto il tempo sarà a disposizione per l’azione di pesca, altrimenti ne spenderemo la maggior parte in aggiustamenti, talvolta addirittura inutili.
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Le condizioni meteo e marine vanno sempre analizzate con cura.
Non parlo di teorie ma di vere e proprie condizioni ambientali. Pioggia, vento, marea, moto ondoso e tutto ciò che possa influire sulla scelta del “come” e “con che cosa” è di fondamentale importanza.  Per il fiume ad esempio, i dati pluviometrici del bacino (l’accumulo di pioggia nei giorni precedenti) e quelli idrometrici (portata e livelli) aiutano a prevedere altezza, torbidità e corrente. I dati meteo classici come il vento contribuiscono a perfezionare la scelta. Se poi è anche disponibile una webcam in alta risoluzione diventa quasi un gioco da ragazzi. Acque lente, relativamente chiare e in assenza di vento fanno preferire un approccio leggero con la bolognese o a light feeder. Se invece c’è un po’ di vento si può prendere in considerazione l’inglese. La corrente che inizia a spingere con una certa forza porta a valutare un feeder più pesante e così via. Lo stesso vale per il mare, benché i parametri siano in parte diversi. Un’ultima considerazione, generale, riguarda l’esperienza. Per me vale la regola che non si cambia spot finché non lo si conosce alla perfezione. Sarebbe come leggere un libro saltando le pagine. Solo quando lo sentirete casa vostra saprete come affrontarlo in ogni condizione, anche se avete poco tempo. A quel punto si può anche pensare di guardare altrove.
Testo e foto: Franco Checchi
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elbafishingblog · 5 years
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Cage-Pellet feeder, una soluzione “fai da te”
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Come costruire un pasturatore derivato per la pesca a feeder con pellet di vario diametro. Una soluzione "fai da te" da utilizzare in situazioni e condizioni particolari.
In questi anni abbiamo realizzato diversi pasturatori a partire da materiali semplici, facilmente reperibili e dal costo ridotto. Le diverse soluzioni proposte nel tempo erano orientate essenzialmente alla costruzione di cage feeders classici. Oggi proponiamo una versione migliorata sotto due aspetti, il primo è quello costruttivo (semplicità e rapidità) e il secondo è quello funzionale. Si tratta infatti di “cage-pellet feeders” ossia pasturatori derivati a gabbia che hanno lo scopo di veicolare pellets. Ne descriveremo dapprima la realizzazione passo per passo poi, in articoli successivi, il loro utilizzo in diversi scenari.
Feeder classici
I pasturatori derivati a zavorra basale (cage, block-end, window feeder) hanno sostanzialmente tre caratteristiche che li distinguono dagli altri, il comportamento in volo, la tendenza a disporsi in verticale sul fondo (ripeto “tendenza”) e quella di alzarsi prima (o strusciare meno) al momento del recupero. Per questi motivi vengono utilizzati prevalentemente nella pesca a lunga distanza, in presenza di corrente lenta o assente e in caso di fondali a particolare rischio di incaglio. I pellet feeders invece, tipologia particolare di pasturatori inline la cui funzione è quella di veicolare i pellet, ricordano vagamente una sassola semichiusa (o una ciabatta se vogliamo) e si adagiano sul fondo in orizzontale. Si utilizzano sulla corta o media distanza in associazione a terminali di pochi centimetri.
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In foto, da sinistra, cage feeder con piombo basale, window feeder e pellet feeder.
Benché il gran numero di pasturatori ad oggi sul mercato consenta di coprire quasi tutte le necessità del feederista c’è sempre il caso particolare che costringe il pescatore ad introdurre delle piccole modifiche. Il nostro è quello di dover combinare entrambe le caratteristiche per poter veicolare correttamente i pellets senza al contempo essere obbligati ad utilizzare montature inline o perdere pasturatori a causa dei frequenti incagli.
Pellet feeder “homemade”
Le caratteristiche del nostro feeder dovranno essere essenzialmente due: poter veicolare efficacemente i pellets e disporsi tendenzialmente in verticale per limitare gli incagli. Essendo poi un feeder derivato anziché inline, potremmo utilizzare le classiche montature come l’elicottero, il paternoster e il running rig. Vediamo come realizzarlo. La struttura di base è il solito bigodino adesivo in velcro con anima in plastica. Ve ne sono di diverso diametro ma quello da 32 mm diciamo che rappresenta la misura standard. Avremo poi bisogno di un piombo a saponetta che abbia circa la stessa circonferenza (di solito è quello da 45 grammi), una pinza tronchese, un taglierino ed una pistola per colla a caldo.
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Bigodino in velcro da 32 mm e piombo a saponetta da 45 gr.
La prima operazione è togliere il velcro dal bigodino aiutandoci con il taglierino dopodiché modelliamo il piombo con la tronchese, rimuovendo i bordi in eccesso, finché non si adatta perfettamente alla base della struttura plastica.
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Il piombo deve incastrarsi e dobbiamo lasciare qualche millimetro di struttura come margine per la colla.
Una volta che il piombo è ben posizionato andiamo ad applicare un contorno di colla a caldo la cui funzione è quella di assicurare ulteriormente la zavorra alla struttura. Se il piombo è ben incastrato non si muove ma concediamoci comunque un margine di sicurezza in più.
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Non eccedere con la colla e tagliare via con il taglierino eventuali eccessi che potrebbero compromettere il posizionamento della base su fondo.
A questo punto abbiamo un cage feeder da long range, con piombo alla base. Se dovessimo pasturare con gli sfarinati andrebbe già bene poiché questi potrebbero uscire dalla griglia (e in parte anche diffondersi dall’apertura apicale). Ma se si tratta di pellet no. Nel caso (sperato) che il pasturatore assuma una posizione verticale il pellet rimarrebbe imprigionato come fossero cubetti in un bicchiere. Risolviamo il problema creando delle ampie finestre nella griglia così che, una volta in acqua e ridotta l'iniziale coesione delle particelle dovuta alla pressione delle dita nel caricamento, il pellet possa scivolare fuori.
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Creazione delle finestre laterali. Lasciare sempre qualche millimetro di bordo sia sopra che sotto.
È lo stesso concetto che sta alla base dei pellet feeder classici. Non rimane infine che portare la struttura alla dimensione desiderata (può essere necessario eliminare qualche millimetro in altezza), renderla mimetica con qualche spruzzata di smalto acrilico ed applicare un filo di connessione (deriva).
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Il filo di connessione (deriva) può essere in nylon o power gum. Si lega al bordo superiore con due nodi Clinch e vi si include una girella.
Il nostro pasturatore è pronto per essere utilizzato. Come potete vedere non differisce da quelli commerciali, svolge una nuova funzione (veicolare i pellets) ed ha un costo di produzione assai ridotto.
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Cage-Pellet feeder terminato. Si notino il corretto posizionamento del piombo alla base, le due ampie finestre laterali, i bordi superiore ed inferiore, infine il filo di connessione (deriva) con girella incorporata.
Utilizzando un bigodino da 32 mm il piombo basale, come detto, è intorno ai 45 grammi e le aperture consentono la fuoriuscita di pellets fino a 6 mm. Ovviamente siete liberi di utilizzare strutture di diametro superiore o inferiore, così come di variabile altezza e grammatura. Il metodo di costruzione rimane comunque il medesimo.
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Tre cage-pellet feeders. Deriva in power gum e nylon.
L’utilizzo dei cage-pellet feeders può essere utile in svariate circostanze. Più avanti parleremo del loro uso in vari scenari, sia in acqua dolce che in mare.
Considerazioni finali
Come per ogni pasturatore occorre prenderci la mano in quanto a caricamento e verifica dello scarico. Questo è funzione di vari fattori come la dimensione dei pellets, il loro grado di bagnatura, la compressione esercitata, la loro tipologia (costituzione), il loro diametro, il numero e l’ampiezza delle finestre laterali
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Cage-pellet feeder a finestra singola per pellets da 4 mm.
Il consiglio è di creare più di una versione di feeder (finestra singola, doppia, ampia, più stretta, asimmetrica, ecc.) così da avere un set di pasturatori che possano adattarsi alle varie esigenze in primis il tipo di pellet utilizzato.
Testo e foto: Franco Checchi
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elbafishingblog · 5 years
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Tratto di foce e lenze dinamiche
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La pesca a bolognese nel tratto di foce con il coreano e la tremolina francese. Maree, correnti e lenze dinamiche (montature modificabili in peso e distribuzione).
Il “tratto di foce” è quella parte di corso fluviale che dalla foce vera e propria (sbocco a mare) si estende fin dove risale il cuneo salino e la marea esercita i suoi effetti in maniera rilevante. Spesso negli articoli e nei post ci siamo riferiti a questo tratto con il termine di “acque di transizione” identificandolo quindi per le sue caratteristiche di salinità intermedia (ma assai variabile in base a numerosi fattori), una zona in cui l’acqua dolce e quella salata si incontrano determinando la mescolanza di specie diverse, alcune tipiche delle acque dolci (es. carpe, breme, cavedani e pesci gatto) e altre delle acque marine (orate, cefali e spigole). Ovviamente in questo tratto, a seconda che ci si collochi più a monte o più a valle, le percentuali delle singole specie tendono a variare.
Le maree e le correnti di marea
L’acqua salata, più densa, tende a scorrere in prossimità del fondo del tratto di foce mentre quella dolce si colloca nella porzione più superficiale. Al confine tra i due strati abbiamo una zona di acqua salmastra. L’acqua dolce procede verso valle, quella salata in base all'entità della marea si spinge verso monte con forza variabile e comunque sempre minore man mano che aumenta la distanza dalla foce assumendo la forma a cuneo (si parla infatti di “cuneo salino”).
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A seconda delle stagioni, di quanto ha piovuto (che influenza la portata del fiume), della fase lunare, delle condizioni meteorologiche (mare e vento in foce), ecc. le componenti dolce e salina sono soggette a notevoli variazioni così come tendono a variare le correnti che ci troveremo ad affrontare di volta in volta. La pesca nel tratto di foce è quindi assai dinamica e veramente, in questo caso, uno stesso spot può richiedere lenze anche molto diverse a seconda dei giorni e addirittura delle ore di uno stesso giorno.
Il coreano e la tremolina
Esche generiche la cui selettività aumenta notevolmente spostandoci dal mare al tratto di foce. Lo abbiamo detto diverse volte e il motivo è chiaro: poco appetite dai pesci di acqua dolce, che preferiscono i bigattini (e altro ovviamente), sono invece oggetto di estrema attenzione da parte di branzini, muggini e orate. Quindi se questo è il nostro target e vogliamo limitare il disturbo di altri pesci sono la nostra prima scelta.
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La tremolina ha una marcia in più in quanto naturalmente presente, ma pecca nella conservazione. Il coreano rende bene ed ha una conservazione piuttosto lunga. A voi la scelta secondo le esigenze. Cambia anche la consistenza, con la prima molto più delicata e morbida e il secondo più tenace e resistenze. Quando i pesci sono diffidenti può essere un aspetto che contribuisce a fare la differenza.
Presentazione
Le tremoline si trovano sul fondo quindi generalmente è da lì che si parte. I coreani, non presenti in natura dalle nostre parti, possono mimare un anellide naturale (specie quelli verdi e di piccole dimensioni) o anche un’anguillina (quelli molto grandi). Anche in questo caso è bene iniziare la presentazione nei pressi del fondale.
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Gli inneschi possono variare dall’anellide appena appuntato per la proboscide, libero di muoversi e fluttuare in corrente, al verme parzialmente infilato con l’ago. Dipende da come mangiano i pesci in quel dato momento. Per la tremolina ed i coreani piccoli, pescando appoggiati sul fondo, sono validi entrambi, mentre i coreani più corposi è meglio farli lavorare in corrente sospesi a 10-20 cm dal fondo e appuntandoli sottopelle solo per la testa. 
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Le varie specie attaccano poi l’esca in modo diverso, con il cefalo che “puppa e sputa”, l’orata che spesso mima la minutaglia e la spigola che oggi si avventa a mezz’acqua e domani grufola sul fondo. Proviamo dunque varie soluzioni se la risposta non è quella desiderata.
Lenze “dinamiche”
Per quanto appena detto la montatura deve potersi adattare alle mutevoli condizioni di corrente che possono manifestarsi non solo tra un giorno ed un altro ma più volte nell'arco di una stessa uscita.  Nella pesca con la tremolina e il coreano, partendo con il presentare l’esca a livello del fondo, le lenze hanno una distribuzione del pesco raccolta. Ricordiamo inoltre che si tratta di esche pesanti (un coreano può arrivare anche a due grammi di peso) e ha poco senso fare lunghe e morbide corone utilizzando decine di pallini dal peso farmaceutico (come faremmo con il bigattino).
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Non stiamo a disegnare schemi, che a poco servono in questo caso, ma esprimiamo un concetto di base: si parte con pochi pallini (es. 4) equidistanti e un raggruppamento subito sopra, il tutto in 25-30 cm. Il peso globale dipende dalla profondità e dalla corrente. A meno che non vi sia una corrente decisa e non si peschi in trattenuta bloccata (che è una tecnica specifica), il bulk (gruppo di pallini più o meno ravvicinati) è preferibile alla torpilla in quanto ci consente di modificare la presentazione aprendo e chiudendo la distribuzione, adattandola in sostanza per far fronte alle variazioni della corrente. Imperativo è non stringere troppo i pallini, così da poterli spostare senza particolare stress per la lenza. Uno dei tanti metodi per applicarli è quello del doppio filo: si affianca uno spezzone di nylon di maggior diametro (es. 0.20) alla lenza (es. 0.16) e vi si stringe il pallino, dopodiché si sfila lo spezzone e il pallino rimane sulla lenza facilmente spostabile. Una lenza di questo tipo può essere aperta fino a lasciare ampia libertà di affondamento e movimento all’esca oppure chiusa fino a stabilizzarla sul fondale.
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Sono i due casi estremi della corrente lenta e della corrente più veloce.  Cambiano anche i galleggianti ma rimane l’idea di montarli sostituibili. Una goccia che va bene in acque ferme o lente non si comporta altrettanto bene in trattenuta accentuata (in quanto tende a scivolare fuori dall’acqua). 
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Quindi lenze dinamiche sia come piombatura ma anche come tipo di segnalazione ci consentono di affrontare i tanti e mutevoli scenari che il tratto di foce offre.
Teorie e andamento delle maree
Se c’è un ambiente dove la teoria solunare sembra avere un certa validità è il tratto di foce. In questi mesi abbiamo registrato tutte le catture ed evidenziato coincidenze interessanti (con le dovute eccezioni, si intende). I risultati sono abbastanza in linea con quelli pubblicati in una newsletter di un po’ di tempo fa tuttavia sessioni di pesca più lunghe hanno fatto registrare improvvisi aumenti di attività anche in corrispondenza dei transiti lunari. Talvolta si passava dal non vedere neanche una tocca a catture in serie anche se, va detto, chissà cos'altro ha influito.
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Pescando di tanto in tanto non ci si fa caso. Le molteplici variabili possono rendere una giornata che sulla carta era propizia una vera e propria tragedia. Pescando quasi tutti i giorni si riescono tuttavia a cogliere delle coincidenze che fanno riflettere, fermo restando l’opinione che più che un singolo fattore è la concomitanza di più fattori a determinare la maggior o minor attività dei pesci in certe giornate ed orari. La marea crescente frena il defluire del fiume, ne aumenta il livello, crea correnti di fondo più intense, innalza e spinge più a monte il cuneo salino. Si assiste e ci si confronta con il fenomeno della doppia corrente.
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Nel tratto di foce l’altezza idrometrica varia con un andamento pressappoco sinusoidale che ricalca quello della marea. Tra i picchi vi possono essere decine di centimetri di differenza e questo impone un frequente controllo della profondità con la sonda per esser certi di pescare sempre alla giusta altezza. La risalita dell’acqua di mare genera una corrente che procede da valle a monte mentre il flusso dell’acqua dolce superficiale una corrente da monte a valle. In alcuni casi questo fenomeno si evidenzia con una tipica disposizione del galleggiante che si comporta come se la lenza dragasse sul fondo (deriva rivolta a monte e antenna rivolta a valle). Pescando con i bigattini dobbiamo tenerne conto in fase di pasturazione poiché le larve, dopo aver percorso un certo tratto verso la foce “rientrano” (tornano indietro) una volta che incontrano la corrente di fondo. Nella pesca con la tremolina e il coreano generalmente non si pastura ma è bene aver comunque presente questo aspetto. Dal picco di alta a quello di bassa la corrente si fa invece più uniforme come verso e spinge quindi in un unica direzione.
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Al di là del ragionamento sulla pasturazione (dove convenga, a seconda delle correnti, lanciare le larve), che qui non prendiamo in esame, sono anche le lenze a doversi adattare. Una cosa è pescare con marea crescente, acque apparentemente lente, maggior altezza idrometrica e doppia corrente e un’altra è farlo con marea calante, minor altezza idrometrica ed una corrente che spinge con forza verso valle. Nel primo caso si pesca quasi fermi in un punto, nell’altro in trattenuta (con passate più o meno brevi). Gli anellidi, lo ripetiamo, sono esche relativamente pesanti e le variazioni della lenza incidono meno rispetto a quelle sulle lenze da bigattino. Ma incidono comunque. Si tratta in altre parole di modifiche più grossolane, fatte di aperture, chiusure e concentrazioni del peso in vari punti alla ricerca della presentazione migliore per quel dato tipo di corrente. Non vi sono “leggi”, anche perché i corsi d’acqua e la loro riposta alle maree sono diversi, e si tratta per lo più di un insieme tra osservazione, logica e fortuna (che non guasta mai e non di rado gioca un ruolo determinante). Lo si può chiamare senso dell’acqua, intuito o come volete e sovente, quando siamo in due a pescare, uno tenta una presentazione mentre l’altro prova una diversa alternativa così da capire prima “come vogliono l’esca”. In genere, bene o male, nel giro di poco ci si arriva. Tranne i giorni in cui non c’è proprio verso. In quel caso il pescatore più bravo è con buone probabilità anche il più fortunato. Diciamolo ogni tanto.
Testo e foto: Franco Checchi
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elbafishingblog · 5 years
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Spigole a bolognese in trattenuta bloccata
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Al momento in cui scrivo questo post il nuovo numero della rivista è fresco di pubblicazione. Abbiamo parlato della pesca a bolognese in trattenuta bloccata (costante) e dei suoi principi di base. Un argomento che per “esigenze editoriali” e numero di pagine non è possibile riportare per intero sul blog. Per coloro che non sono iscritti alla newsletter e che magari si trovano a passare dal sito voglio comunque lasciare qualche riga e alcuni consigli, spero utili anche a chi ha letto l’articolo originale.
La pesca in trattenuta bloccata
Si effettua in fiumi e canali che sfociano a mare, fin dove si spinge il cuneo salino e risalgono i branzini. La presenza di corrente è l’elemento chiave in quanto necessario per effettuare la trattenuta della lenza e presentare l’esca fluttuante ad una certa profondità. Gli scenari che ci troveremo ad affrontare variano a seconda delle caratteristiche dello spot (tipo di fondale e profondità) e della corrente (intensità e verso). Inutile dire che la marea influenza questo tipo di approccio in modo considerevole. In base ai fattori di cui sopra potranno essere necessarie attrezzature differenti (bolognesi di diversa lunghezza e galleggianti di variabile portata e tipologia) così come sarà necessario adattare le montature alle particolari condizioni da affrontare nonché alle esche impiegate (bigattini, tremolina francese e coreano necessitano ciascuna la sua presentazione).
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A differenza della pesca in passata qui l’azione si svolge a canna per lo più poggiata su un supporto: l’esca quindi non scorre per un certo tratto ma fluttua in un determinato punto (fermo restando che potremo decidere anche di introdurre passate corte in casi particolari o brevi rilasci della trattenuta per generare movimenti verticali dell’innesco).
Le attrezzature
In primo luogo occorre una bolognese di lunghezza adeguata alle caratteristiche dello spot. Dipende quindi da quanto distante dalla riva dovrà trovarsi il galleggiante (in pratica è come se pescassimo con una canna fissa) e quale profondità dobbiamo affrontare (che sarà sempre maggiore di quella misurata a sonda). Nel mio spot, per chiarire, a tre metri da riva ci sono tre metri di fondo quindi una bolognese di sei metri è sufficiente. Se dovessi pescare più lontano o in presenza di profondità molto maggiori dovrei utilizzare una sette, otto metri, ecc.
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Il mulinello ha per lo più la funzione di contribuire alla gestione della preda quindi l’affidablità (frizione, antiritorno, rapporto di recupero, fluidità) prevale sulle indicazioni di taglia. Nonostante ciò io preferisco mulinelli abbastanza grandi e, in questo caso specifico, di un certo peso. Questo perché come supporto utilizzo picchetti e tripodi e voglio una canna che sia leggermente sbilanciata a livello del manico, così da poterla far sporgere al massimo. È una mia esigenza, non un'indicazione. In bobina carico in genere uno 0.16. Nella pesca con il coreano uno 0.18. Il diametro della lenza madre non tiene conto delle necessità di lancio (di fatto non si lancia) ma dell’elasticità progressiva di tutto il sistema pescante, dalla lenza madre al terminale. In poche parole non utilizziamo uno 0.18 in bobina se poi il terminale è dello 0.10. Facciamo in modo che i segmenti di lenza abbiano una differenza intorno allo 0.02, senza salti bruschi (es. lenza madre dello 0.16, spallinata dello 0.14, terminale dello 0.12). Occhio ai carichi di rottura (che siano ugualmente progressivi).
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A meno di non dover affrontare correnti esagerate i galleggianti sono del tipo a pera rovesciata, più a spalle larghe e raccolti tanto è maggiore la corrente, più affusolati (a carota) quanto è minore.
Azione di pesca
La canna viene posizionata parallela alla superficie dell’acqua e il galleggiante tenuto in trattenuta costante. Sia la tecnica di lancio che l’impostazione ricordano vagamente la pesca con la fissa. L’azione si volge in punta di canna con una distanza tra puntale e galleggiante tale da far si che la lenza si disponga parallela alla riva senza avvicinarvisi troppo.
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Come indicazione di base la trattenuta è corretta quando emerge solo l’astina e questa forma con la superficie dell’acqua un angolo di circa 45°. Questa sarà anche l’inclinazione di buona parte della lenza e il motivo per il quale dobbiamo avere un sistema pescante più lungo della profondità reale (misurata a sonda e quindi verticale) se vogliamo far lavorare l’esca nei pressi del fondale.
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Perché il galleggiante in corrente lavori a 45° deve essere sovratarato, il che significa che rilasciando la trattenuta questo ovviamente affonda. La scelta della portata del galleggiante e della sovrataratura è funzione della corrente. Per fare un esempio un galleggiante da 1 grammo può essere sovratarato utilizzando una lenza da 3 grammi. Dobbiamo trovare un equilibrio tra peso della piombatura, sovrataratura e portata del galleggiante evitando sovratarature eccessive (es. se servono 6 grammi inutile insistere con il galleggiante da un grammo e passiamo ad uno di portata superiore). L’importante è avere una disposizione in acqua corretta. All’inizio della pescata, prima di sovratarare la lenza, prendiamo il fondo a sonda sull’amo.
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Utilizziamo una sonda pesante, così che la corrente non falsi la lettura. Preso il fondo reale (verticale) e applicata la sovrataratura necessaria, dato che la lenza si disporrà in diagonale, dobbiamo aumentare l’altezza di pesca fino a una volta e mezzo. Facciamo un esempio per intenderci: se il fondo reale è di tre metri e la lenza è a 45° potranno essere necessari anche quattro metri e mezzo (distanza amo-galleggiante) perché l’esca lavori in prossimità del fondo. Ma la corrente non è mai costante per un lungo periodo e varia nel tempo per intensità, talvolta anche più volte nell'arco di un’ora.
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Capiterà così di dover ridurre la sovrataratura, di aumentarla, di cambiare il galleggiante e di accettare di dover far lavorare la lenza temporaneamente con un angolo più ampio e prossimo ai 90 gradi (acque che diventano molto lente). In quest’ultimo caso ricordiamo sempre che tanto maggiore è l’angolo (tanto più vicino ai 90°) tanto più la lunghezza della lenza (tratto dal galleggiante all’amo) dovrà avvicinarsi alla profondità reale misurata a sonda (verticale). Si tratta dunque di un approccio molto più dinamico di quanto si possa immaginare, fatto di osservazioni e aggiustamenti continui e finalizzato a presentare l’esca sempre in modo ottimale. Con il galleggiante in sovrataratura il rilascio della lenza provoca un suo affondamento con spostamento nel senso della corrente. Questa azione può essere utilizzata per introdurre, durante la trattenuta, dei brevi movimenti verticali dell’esca che in certi casi invitano la preda all’attacco.
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Il grafico sopra, molto semplificato, ci aiuta a capire. La maggior parte del tempo noi siamo in trattenuta bloccata con l’esca che oscilla (fluttua) intorno ad un altezza costante, che per esempio è 20 cm dal fondo. Non è proprio vero ma prendiamolo come tale. Se ad un certo istante (esempio al tempo t=3) rilasciamo la lenza, il sistema affonda (il galleggiante è sovratarato) e l’esca tende ad avvicinarsi al fondo. Se dopo qualche secondo (esempio al tempo t=5) riprendiamo a trattenere, il sistema si risolleva dal fondo (l’astina del galleggiante riaffiora) e l’esca si alza disponendosi nuovamente all'altezza iniziale (circa 20 cm). Questo scendi e sali, determinato dalla sequenza di trattenuta-rilascio-trattenuta, è l’invito. Introdurlo di tanto in tanto rende la presentazione in corrente più interessante e non di rado vi fa seguito una mangiata.
Montature
In newsletter abbiamo pubblicato degli schemi di esempio, qui basti dire che con il bigattino si utilizzano spallinate a coda di topo, tanto leggere, lunghe e aperte quanto minore è la corrente. Se c’è più corrente si accorcia e si aumenta il peso (per evitare che l’esca si sollevi troppo). I terminali sono piuttosto lunghi (120-150 cm). Con il coreano si utilizzano lenze abbastanza “impiccate”, con la piombatura per lo più concentrata in un bulk o una torpilla (meglio se intercambiabile). Il terminale è di 80-100 cm. Per la sovrataratura ci si affida ad un bulk o una serie di pallini ravvicinati posti sopra la distribuzione scelta. Nel caso di torpilla intercambiabile la si sostituisce con una più pesante. Attenzione al fatto che i coreani hanno un peso non trascurabile (varia con le dimensioni e può superare anche i due grammi) e dobbiamo tenerne conto.
Consigli
Il galleggiante è preferibile sia applicato in modo sostituibile, con quattro tubicini in silicone: uno sull’antenna di segnalazione e tre sulla deriva. Non facciamo passare il filo attraverso l’anellino o il canale interno. In questo modo saremo in grado di cambiare galleggiante (forma e portata) senza dover tagliare la lenza.
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I pallini di piombo vanno stretti sulla lenza il minimo indispensabile, così da poterli spostare (cambiare dinamica) o rimuovere a seconda delle necessità (variazioni della corrente e quindi della sovrataratura). Scegliamo quindi quelli in piombo tenero e teniamo sempre a portata di mano una pinza levapiombo. Due nodi di stop (in cotone o nylon) vengono realizzati uno immediatamente sopra e uno subito sotto il galleggiante fisso. La loro funzione è unicamente quella di segnale per il fondo reale (verticale). Sono molto utili come punto di riferimento dato che durante l’azione di pesca sarà necessario variare la profondità e provare diverse altezze.
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Quando aggiusteremo la profondità per stare in trattenuta più nei pressi del fondo sposteremo in alto il galleggiante con il nodo superiore mentre il nodo inferiore ci indicherà di quanto ci siamo discostati dalla profondità reale. Viceversa se vorremo provare a pescare più in superficie sposteremo il galleggiante ed il nodo inferiore verso il basso con il nodo superiore come riferimento di profondità verticale. Questo ci consente di non dover risondare tutte le volte che variamo l’altezza di pesca e vogliamo tornare a quella precedente. Se per qualsiasi ragione dobbiamo rimisurare il fondo reale a sonda dopo aver sovratarato la lenza non facciamoci prendere dal panico e non pensiamo di togliere i pallini di sovrataratura: basta sostituire temporaneamente il galleggiante con uno di portata superiore al peso globale in lenza. In ultimo: con il coreano come esca non si pastura, con il bigattino sì. Attenzione a lanciare le larve a monte, tanto più quanto forte è la corrente. Non c’è niente di peggio che concentrare i pesci in un punto e pescare troppo corti o troppo lunghi.
Testo e foto: Franco Checchi
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