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frankdeejay · 3 years
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La musica per me non è mai stata una religione. Ho sempre ascoltato altro, a parte la musica che accompagnava naturalmente i miei dettami stilistici in fatto di guardaroba. Fin dagli albori della musica, se non ci fosse stata una ricerca verso il nuovo, saremmo ancora, innaturalmente, ai cilindri di cera, affascinanti, ma largamente superati. Si usavano tecnologie per creare qualcosa di nuovo - il rock’n’roll stesso è anche frutto di tecnologie usate all’uopo, oltre a un’evoluzione stilistica della musica americana. Il discorso serve a introdurre un personaggio musicale a me caro: Raymond Scott, nato a Brooklyn, NY, nel 1908 e scomparso nel 1994. Egli, oltre che musicista, fu un vero innovatore e, tra le altre cose, scrisse il classico brano ‘Powerhouse’ (1937), divenuto, a metà del XX° secolo, un vero e proprio classico tra le orchestre americane. La raccolta che vedete in foto, contenente molte incisioni dal 1937 al 1940, uscì dapprima nel 1992 e fu ristampata in Olanda 6 anni dopo,: la acquistai ad Amoeba Records a San Francisco, un posto dove, se si amano i dischi, si diventa matti perchè non si sa da dove iniziare, vista l’immensità del luogo. Questo ed altri CD caddero nel mio carrello, per un totale di circa 100 dollari e alla cassa mi regalarono, come bonus, due manciate di spillette del negozio. Raymond Scott con la sua Orchestra si adoperò per musicare molti cartoni animati Looney Tunes (e non solo), e in seguito scrisse e musicò anche svariati jingles pubblicitari innovativi tra gli anni ‘50 e ‘60, mentre parallelamente la sua attività di inventore di strumenti musicali non accennava a rallentare. La riscoperta di massa di questo artista avvenne dopo la sua morte, e furono, nel tempo, pubblicate molte compilations di sue composizioni, che oggi vanno sotto titoli quali “Soothing Sounds For Babies” o “Microphone Music”, ed anche riedizioni di suoi album degli anni ‘50 e ‘60. Nel 2010 il regista Stanley Warnow produsse un film documentario a lui dedicato intitolato “Deconstructing Dad”. Non nascondo che mi piacerebbe suonare in un combo che fa cose di questo genere.
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frankdeejay · 3 years
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Sanford Clark è scomparso ieri, 4 luglio: ho sempre avuto ammirazione per i suoi pezzi, specialmente quelli di questo album uscito per la ACE nel 1983: non so quante volte l’ho ascoltato. Negli anni ‘80 ci si prestava i dischi, e un giorno un amico mi prestò questo. Mi incuriosì la sua vociona vellutata, e la varietà di brani che aveva inciso negi anni ‘50 - da “Ooo Baby”, frenetico rock’n’roll a “Darlin’ Dear”, soave ballata, da “The Fool”, canzone per il quale è maggiormente ricordato tra i fans del rockabilly a “The man who made an angel cry”, fino a “Loo Be Doo” e “The Glory of Love”. La Bear Family ha completato l’opera nei tardi anni 80 e primi ‘90 pubblicando varie compilation di sue incisioni anni ‘50 e, nel 1993, riabilitando anche le sue registrazioni dal 1960 al 1982 in un album intitolato “Shades”. La copertina che vedete per me rimane iconica.
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frankdeejay · 3 years
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L’album in foto è una compilation che la tedesca Bear Family pubblicò nel 1978: riguarda un artista minore del panorama anni ‘50 americano, un puro teen-idol, che smise con la carriera musicale nel 1965 per dedicarsi allo studio e alla sua aspirazione di essere un Professore (cosa che oggi, a quasi 80 anni, è ancora). Robin Luke era noto ai commercianti di dischi italiani grazie ad alcuni 45 giri stampati su London, tra i quali “My Girl” e il suo successo “Susie Darlin’“. Fu il primo, ‘My Girl’, che mi capitò tra le mani negli anni ‘80, e mi piacque al punto da ricercare altro su questo artista, quindi ordinai alla casa tedesca, nel 1989, questo album: oggi comprare un disco all’estero è semplice, vai su un sito, compri, paghi con carta di credito (che oggi hanno tutti) e ti arriva a casa il disco. Questo, invece, andai a ritirarlo allo Smistamento Pacchi delle Poste di Milano Cordusio, che era un ufficio che poi chiuse e fu sostituito dall’attuale Starbucks Roastery. Non prima di aver pagato con bonifico estero la mia ordinazione tipo due settimane prima, che comprendeva 5 o 6 LP, tra i quali, appunto, quello di Robin Luke. A parte “My Girl” e “Susie Darlin’“ di lui non conoscevo altro. Appena misi su il disco partì “Well Oh, Well Oh (Don’t You Know)”, datata 1960, pezzo gradevole che mi fece capire che Luke non fu una meteora degli anni ‘50, ma fece qualcosa anche nei ‘60. E capii che la musica anni ‘60, rispetto a quella del decennio precedente, aveva orchestrazioni maggiori, un senso della stereofonia avanzato e comunque una gradevolezza di contenuti simili a ciò che ascoltavo solitamente. Neitardi ‘80 mi ero tuffato anima e corpo nella musica anni ‘50, partecipando attivamente a svariati festival europei, prima come spettatore, in seguito come co-protagonista sui palchi eurpei, ma Robin Luke non lo incontrai mai (a differenza di molte altre stelle di quel decennio), sebbene di tanto in tanto, secondo alcune cronache, si conceda ancora al pubblico, per ricordare che quella canzone dedicata a sua sorella, “Susie Darlin’“, lo portò a una notorietà Internazionale.
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frankdeejay · 3 years
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La canzone che dà il titolo a tutto l’album del 1980 di George Benson. Benson lo conobbi grazie a questa canzone, è uno dei capisaldi miei e di molti, immagino, giacchè questo album fu il suo successo commerciale. Questo è il 45 giri, con la versione da 3 minuti e 52 secondi, ma quella dell’album è lunga 5 minuti, che si apriva con la magnifica “Love X Love”. Da qui ho iniziato ad amare la chitarra jazz
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frankdeejay · 6 years
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