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sguardimora · 12 hours
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Beatrice Botticini Bianchi e Giovanni Careccia in residenza a Longiano con With love
15 Aprile 2024 - 29 Aprile 2024 
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A Longiano è iniziata la residenza creativa per la ricerca e la composizione del nuovo spettacolo di Beatrice Botticini Bianchi e Giovanni Careccia.
Gli autori, spinti dalla necessità di indagare il tema del conflitto all’interno delle relazioni umane, hanno ideato un dispositivo poliedrico, versatile e multidisciplinare. With love è una ricerca composta da laboratori e atti performativi. Ogni incontro prevede l’analisi e lo sviluppo di materiali connessi alla tematica, che vengono poi integrati in una performance in continuo divenire, malleabile e plasmata dagli avvenimenti contemporanei e dai contenuti espressi dal pubblico, in un’ottica di creazione co-partecipata.
Vorrei fare con te quello che la primavera fa con i ciliegi #1
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Beatrice Botticini Bianchi, danzatrice, performer e autrice, classe ‘98. Diplomatasi nel 2020 presso l’Accademia Susanna Beltrami – Dancehaus, prosegue la sua formazione artistica approfondendo i linguaggi coreutici tra Italia ed estero. Lavora come interprete per Susanna Beltrami, Paola Stella Minni e Kostantinos Rizos (Futur Immoral), Erato Zavara, Christine Ellison e per la compagnia Escape Project. L’apertura verso le arti performative nella loro totalità la porta ad approfondire l’aspetto teatrale; viene selezionata come performer in produzioni del Teatro Franco Parenti e del Piccolo Teatro di Milano e d’Europa. Nel 2022 si laurea all’Università degli Studi di Milano con una tesi in Sociologia, materia che continua a indagare nei suoi primi approcci come autrice. Nel 2023, durante il Corso di Alta Formazione per Attori-Creatori di Residenza I.DRA., crea il suo primo solo performativo Mannequin in cui esplora le dinamiche di potere dello sguardo e della femminilità. Nello stesso anno viene ammessa al Corso di Alta Formazione per coreografi e danzautori I corpi e le voci della danza. Attualmente prosegue nella sua ricerca autoriale, condividendo processi anche con artisti nazionali e internazionali.
Giovanni Careccia, artista, dancemaker e performer freelance classe ‘93. Si diploma presso ArteMente, Centro di Alta Formazione per la Danza. Negli ultimi anni la sua attenzione si sposta sulla danza d’autore partecipando al progetto sostenuto dal MiC, C.I.M.D. – Incubatore per futuri coreografi e frequentando il Corso di Alta Formazione I Corpi e le Voci della Danza sostenuto dalla regione Emilia-Romagna. Dal 2019 collabora attivamente con il dramaturg Christian Consalvo e altre figure artistiche che completano e arricchiscono le sue performance. Danza per Daniele Ninarello, Silvia Gribaudi, Sofia Nappi e la compagnia Lost Movement. Le sue creazioni sono selezionate per diversi festival, rassegne ed eventi culturali nazionali. Nel 2021 con la performance After Allpartecipa alla Vetrina della giovane danza d’autore – Anticorpi XL. I suoi lavori ad oggi sono supportati da Sanpapié, Organismo di Produzione, Centro ArteMente, Organismo di Promozione, e FLIC – Festival Lanciano in Contemporanea, Festival Multidisciplinare, riconosciuti dal Ministero della Cultura.
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sguardimora · 2 months
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𝗜 𝗖𝗢𝗥𝗣𝗜 𝗘 𝗟𝗘 𝗩𝗢𝗖𝗜 𝗗𝗘𝗟𝗟𝗔 𝗗𝗔𝗡𝗭𝗔 - 𝘴𝘦𝘤𝘰𝘯𝘥𝘢 𝘦𝘥𝘪𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦
Corso di alta formazione per autori e autrici della scrittura corporea e delle performing arts
Lo studio della creazione coreografica autoriale si realizzerà soprattutto in percorsi curati e seguiti da maestri della scena performativa e coreutica contemporanea quali 𝗔𝗹𝗲𝘀𝘀𝗮𝗻𝗱𝗿𝗼 𝗦𝗰𝗶𝗮𝗿𝗿𝗼𝗻𝗶, 𝗗𝗲𝘄𝗲𝘆 𝗗𝗲𝗹𝗹 / 𝗧𝗲𝗼𝗱𝗼𝗿𝗮 𝗖𝗮𝘀𝘁𝗲𝗹𝗹𝘂𝗰𝗰𝗶, 𝗔𝗴𝗮𝘁𝗮 𝗖𝗮𝘀𝘁𝗲𝗹𝗹𝘂𝗰𝗰𝗶, 𝗩𝗶𝘁𝗼 𝗠𝗮𝘁𝗲𝗿𝗮, 𝗗𝗲𝗺𝗲𝘁𝗿𝗶𝗼 𝗖𝗮𝘀𝘁𝗲𝗹𝗹𝘂𝗰𝗰𝗶, 𝗖𝗼𝗹𝗹𝗲𝘁𝘁𝗶𝘃𝗢 𝗖𝗶𝗻𝗲𝘁𝗶𝗰𝗢 / 𝗙𝗿𝗮𝗻𝗰𝗲𝘀𝗰𝗮 𝗣𝗲𝗻𝗻𝗶𝗻𝗶, 𝗗𝗮𝗻𝗶𝗲𝗹𝗲 𝗡𝗶𝗻𝗮𝗿𝗲𝗹𝗹𝗼 e altri studiosi, studiose e docenti del linguaggio contemporaneo.
Hai tempo 𝗳𝗶𝗻𝗼 𝗮𝗹 𝟮𝟱 𝗺𝗮𝗿𝘇𝗼 per inviare la tua candidatura.
Per partecipare è necessario inviare una mail all’indirizzo 𝗳𝗼𝗿𝗺𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲@𝗰𝗿𝗼𝗻𝗼𝗽𝗶𝗼𝘀.𝗶𝘁 contenente il modulo d’iscrizione scaricabile al sito www.cronopiosformazione.it e tutti i documenti richiesti.
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𝗖𝗼𝗿𝘀𝗼 𝗳𝗶𝗻𝗮𝗻𝘇𝗶𝗮𝘁𝗼 𝗰𝗼𝗻 𝗿𝗶𝘀𝗼𝗿𝘀𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗣𝗿𝗼𝗴𝗿𝗮𝗺𝗺𝗮 𝗿𝗲𝗴𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲 𝗙𝗼𝗻𝗱𝗼 𝘀𝗼𝗰𝗶𝗮𝗹𝗲 𝗲𝘂𝗿𝗼𝗽𝗲𝗼 𝗣𝗹𝘂𝘀 𝟮𝟬𝟮𝟭-𝟮𝟬𝟮𝟳 (𝘖𝘱𝘦𝘳𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘙𝘪𝘧. 𝘗𝘈 2023-20195/𝘙𝘌𝘙, 𝘢𝘱𝘱𝘳𝘰𝘷𝘢𝘵𝘢 𝘤𝘰𝘯 𝘥𝘦𝘭𝘪𝘣𝘦𝘳𝘢 𝘥𝘪 𝘎𝘪𝘶𝘯𝘵𝘢 𝘙𝘦𝘨𝘪𝘰𝘯𝘢𝘭𝘦 𝘯. 2096 𝘥𝘦𝘭 04/12/2023 𝘦 𝘤𝘰𝘧𝘪𝘯𝘢𝘯𝘻𝘪𝘢𝘵𝘢 𝘤𝘰𝘯 𝘳𝘪𝘴𝘰𝘳𝘴𝘦 𝘥𝘦𝘭 𝘍𝘚𝘌+ 2021-2027 𝘦 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘙𝘦𝘨𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘌𝘮𝘪𝘭𝘪𝘢-𝘙𝘰𝘮𝘢𝘨𝘯𝘢)
Soggetti attuatori:
Cronopios Eventi, L'arboreto - Teatro Dimora di Mondaino, Cantieri Danza, Corpoceleste/Alessandro Sciarroni, CodedUomo Choreography and Research/ Daniele Ninarello, CollettivO CineticO/ Francesca Pennini, Dewey Dell/Teodora Castellucci, Agata Castellucci, Vito Matera, Demetrio Castellucci
Partner promotori:
ATER Fondazione, ERT - Emilia Romagna Teatro Fondazione, Santarcangelo Festival dei Teatri, Associazione Culturale Festival Danza Urbana Bologna, Ravenna Teatro Soc. Coop, Fondazione Teatro Comunale di Ferrara, La Corte Ospitale - Teatro Herberia, Associazione Culturale masque teatro APS, Gender Bender International Festival / Cassero Lgbtqia+ Center, Attitudes spazio alle arti APS, ALCHEMICO TRE APS, Teatri di Vita
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sguardimora · 3 months
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ERetici_Le strade dei teatri
V edizione
Si è aperto il bando Eretici_Le strade dei teatri. Il progetto artistico selezionato sarà accompagnato in ognuna delle cinque residenze da 𝘁𝘂𝘁𝗼𝗿 𝗰𝗿𝗶𝘁𝗶𝗰𝗶 𝗲 𝗮𝗿𝘁𝗶𝘀𝘁𝗶𝗰𝗶 che metteranno a disposizione saperi e competenze, esperienze e servizi per condividere gli interrogativi dei processi di ricerca con gli artisti.
Anche le 𝗳𝗶𝗴𝘂𝗿𝗲 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗻𝗲 𝗮𝗹𝗹𝗲 𝘀𝘁𝗿𝘂𝘁𝘁𝘂𝗿𝗲 𝗱𝗶 𝗿𝗲𝘀𝗶𝗱𝗲𝗻𝘇𝗮 appoggeranno il loro sguardo sul processo di ricerca. Per L’arboreto - Teatro Dimora di Mondaino ci sarà 𝗙𝗮𝗯𝗶𝗼 𝗕𝗶𝗼𝗻𝗱𝗶, 𝗣𝗮𝗼𝗹𝗼 𝗕𝗿𝗮𝗻𝗰𝗮𝗹𝗶𝗼𝗻, 𝗙𝗿𝗮𝗻𝗰𝗲𝘀𝗰𝗮 𝗚𝗶𝘂𝗹𝗶𝗮𝗻𝗶, 𝗠𝗮𝘀𝘀𝗶𝗺𝗼 𝗙𝗮𝗯𝗯𝗿𝗶 e per La Corte Ospitale 𝗚𝗶𝘂𝗹𝗶𝗮 𝗚𝘂𝗲𝗿𝗿𝗮, 𝗠𝗮𝗻𝘂𝗲𝗹𝗮 𝗦𝗲𝗰𝗼𝗻𝗱𝗼, 𝗟𝘂𝗰𝗮 𝗦𝗰𝗼𝘁𝘁𝗼𝗻.
Candida il tuo progetto artistico entro il 𝟭𝟵 𝗳𝗲𝗯𝗯𝗿𝗮𝗶𝗼 𝟮𝟬𝟮𝟰 compilando il form Google ➜ https://bit.ly/3QsYPd6
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sguardimora · 3 months
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ℝ𝔼𝕊𝕀𝔻𝔼ℕℤ𝔼 𝔻𝕀𝔾𝕀𝕋𝔸𝕃𝕀 𝟚𝟘𝟚𝟜
𝘝 𝘦𝘥𝘪𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦
Aperto il bando che supporta 𝕝’𝕖𝕤𝕡𝕝𝕠𝕣𝕒𝕫𝕚𝕠𝕟𝕖 𝕕𝕖𝕝𝕝𝕠 𝕤𝕡𝕒𝕫𝕚𝕠 𝕕𝕚𝕘𝕚𝕥𝕒𝕝𝕖 come ulteriore o diversa declinazione della ricerca di artisti ed artiste delle performing arts.
Ai 𝗾𝘂𝗮𝘁𝘁𝗿𝗼 𝗽𝗿𝗼𝗴𝗲𝘁𝘁𝗶 𝘃𝗶𝗻𝗰𝗶𝘁𝗼𝗿𝗶 sarà garantito un contributo di 𝟰.𝟱𝟬𝟬 𝗲𝘂𝗿𝗼 + 𝗶𝘃𝗮 ciascuno, il sostegno di 𝗾𝘂𝗮𝘁𝘁𝗿𝗼 𝘁𝘂𝘁𝗼𝗿 esperti della creazione digitale e dei suoi linguaggi e la messa a disposizione dell’alloggio e di uno spazio di lavoro per un eventuale periodo di residenza in presenza.
Candida il tuo progetto artistico entro 𝗴𝗶𝗼𝘃𝗲𝗱ì 𝟮𝟮 𝗳𝗲𝗯𝗯𝗿𝗮𝗶𝗼 𝟮𝟬𝟮𝟰 tramite il portale www.ilsonar.it
𝘙𝘦𝘴𝘪𝘥𝘦𝘯𝘻𝘦 𝘋𝘪𝘨𝘪𝘵𝘢𝘭𝘪, 𝘨𝘪à 𝘧𝘪𝘯𝘢𝘭𝘪𝘴𝘵𝘢 𝘢𝘭 𝘗𝘳𝘦𝘮𝘪𝘰 𝘙𝘦𝘵𝘦 𝘊𝘳𝘪𝘵𝘪𝘤𝘢 2021, è 𝘶𝘯 𝘱𝘳𝘰𝘨𝘦𝘵𝘵𝘰 𝘥𝘦𝘭 Centro di Residenza della Toscana (Armunia – CapoTrave/Kilowatt Festival), in partenariato con l'Associazione Marchigiana Attività Teatrali AMAT, il Centro di Residenza Emilia-Romagna (L’arboreto - Teatro Dimora │ La Corte Ospitale - Teatro Herberia), l’Associazione ZONA K di Milano, Fondazione Piemonte dal Vivo – Lavanderia a Vapore, CURA Centro Umbro Residenze Artistiche, Centro di produzione di danza e arti performative Fuorimargine di Cagliari e l’Associazione Quarantasettezeroquattro (Festival In\Visible Cities - Contaminazioni Digitali - Festival urbano multimediale) di Gorizia.
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sguardimora · 4 months
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Nel dispositivo scenico di Tilia Auser per Tre Voci #GenerazioneScenario
Alcuni giorni fa, ospiti del Teatro Lavatoio di Santarcangelo, abbiamo assistito alla prova aperta di uno dei lavori menzionati dal Premio Scenario di quest’anno: si tratta di Tre Voci di Tilia Auser, studio scenico per un radiodramma in versi di Silvia Plath.
La poetessa scriveva Three Women quando aveva da poco dato alla luce il secondo figlio e si era appena separata dalla relazione con il poeta inglese Ted Hughs. Siamo nel 1962 e solo un anno dopo, a trent’anni si toglierà la vita. Questo testo rappresenta forse l'unico caso di cosciente ingresso nel filone della letteratura al femminile. Sganciandosi da una cultura letteraria di tradizione maschile, Plath sperimenta la letteratura delle madri e riesce così ad affrontare un tema tradizionale come quello della maternità in modo personale, liberandolo dal simbolismo positivo della fecondità femminile che fa emergere la cultura maschile, per sottolineare invece la trama di angosce e dolori che si mescolano con la gioia del dare la vita. È un “dramma per ciechi” quello che immagina la Plath, scrivendo questo radiodramma dentro al quale lei stessa si riconosce nelle sfaccettature di quelle tre voci.
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Tilia Auser sceglie allora una scena che ospita una figura femmine a dar voce e corpo alle tre donne del dramma, accompagnata e sostenuta dai suoni distorti di una chitarra elettrica, suonata da un’ombra maschile che incombe, a volte minuscola più spesso gigantesca, dietro un velatino. Le tre figure senza nome, che Plath immagina come tre maschere che portano ognuna un’idea della maternità, incarnate da Sara Bertolucci, si muovono delineando tre livelli sulla scena e tre differenti grammature di voce: c’è la donna feconda, la moglie che aspetta un bambino, che si muove in piedi a centro scena e parla chiaramente al microfono; la segretaria sterile che non riesce ad avere figli che striscia a terra e la cui voce si distorce negli effetti elettronici; e la donna ribelle, la studentessa universitaria che decide di partorire e non riconoscere la figlia che sta più spesso seduta e la cui voce è emessa da un registratore a mangianastri.
Non c’è il reparto di maternità del radiodramma; c’è piuttosto una sorta di serra, riconoscibile dai materiali utilizzati per la scena, ad ospitare il dramma delle tre donne che Plath descrive attraverso metafore naturali. 
PRIMA VOCE: Sono lenta come il mondo. Sono molto paziente, compio il mio ciclo, soli e stelle mi guardano con attenzione.
Sono muta e bruna. Sono un seme prossimo a spaccarsi.
SECONDA VOCE: Sono accusata. Sogno massacri. Sono un giardino di supplizi neri e rossi. Li bevo, odiandomi, odio e ho paura.
TERZA VOCE: Sono una montagna adesso, in mezzo a donne-montagna.
A dominare nei versi e nelle parole intonate da Sara sono “paradigmi naturali, corredati da immagini di fiori, piante ed uccelli, che costituiscono una delle principali nervature della narrazione. Essi si ramificano nell'abbondanza rigogliosa della gioia feconda nella 1a voce, si riducono numericamente nella seconda voce, rattrappendosi nel gelo di un inverno sterile per sopravvivere solo in minima parte nel rifiuto della 3a voce, diversificandosi, a seconda della prospettiva dei personaggi, in elementi di natura 'solare' o 'lunare'” (Russo, 1998).
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Pur condividendo questa scena scura e notturna le figure non si incontrano mai e Sara scivola nei panni dell’una e dell’altra senza soluzione di continuità, portando il groviglio emotivo di ognuna e tenendosi addosso l’ombra a tratti un po’ ingombrante della Plath stessa. È un teatro musicale contemporaneo quello che mette in scena Tilia Auser innescando un meccanismo lirico d’effetto che tesse sapientemente le parole dette e cantate, quelle distorte o registrate ed emesse da un vecchio mangianastri con le melodie post rock suonate dal vivo da  Riccardo Ferri Succimarra.
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[ph. Chris Mazzoncini]
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Rif.
Russo, C. (1998). La maschera a tre voci. Studi Urbinati, B-Scienze umane e sociali, 68, 403-435.
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sguardimora · 4 months
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*waiting for Tilia Auser in Tre voci studio scenico per un radiodramma in versi di Sylvia Plath
Three Women
The poem “Three Women” by Sylvia Plath presents the interior dialog of three women as they experience pregnancy and childbirth in three very different contexts: the first voice is a woman with a wanted pregnancy, the second is a woman who is experiencing a miscarriage, and the third is a woman with an unwanted pregnancy who is giving the baby up for adoption. The poem is very powerful in its deep examination of the multiple ways motherhood comes to us (or doesn’t come), and the joy and pain it brings in turn. It is worth a careful reading in its entirety, which can be found here. For the purposes of this repository, I want to reproduce the lines spoken by the first voice, which begin during her pregnancy, carry through the ordeal of labor, and into the early postpartum period.
Excerpts from “Three Women,” The First Voice by Sylvia Plath
I am slow as the world.  I am very patient, Turning through my time, the suns and stars Regarding me with attention. The moon’s concern is more personal: She passes and repasses, luminous as a nurse. Is she sorry for what will happen?  I do not think so. She is simply astonished at fertility.
When I walk out, I am a great event. I do not have to think, or even rehearse. What happens in me will happen without attention. The pheasant stands on the hill; He is arranging his brown feathers. I cannot help smiling at what it is I know. Leaves and petals attend me.  I am ready.
….
I am calm.  I am calm.  It is the calm before something awful: The yellow minute before the wind walks, when the leaves Turn up their hands, their pallors.  It is so quiet here. The sheets, the faces, are white and stopped, like clocks. Voices stand back and flatten.  Their visible hieroglyphs Flatten to parchment screens to keep the wind off. They paint such secrets in Arabic, Chinese!
I am dumb and brown.  I am a seed about to break. The brownness is my dead self, and it is sullen: It does not wish to be more, or different. Dusk hoods me in blue now, like a Mary. O color of distance and forgetfulness!– When will it be, the second when Time breaks And eternity engulfs it, and I drown utterly?
I talk to myself, myself only, set apart– Swabbed and lurid with disinfectants, sacrificial. Waiting lies heavy on my lids.  It lies like sleep, Like a big sea.  Far off, far off, I feel the first wave tug Its cargo of agony toward me, inescapable, tidal. And I, a shell, echoing on this white beach Face the voices that overwhelm, the terrible element.
….
There is no miracle more cruel than this. I am dragged by the horses, the iron hooves. I last.  I last it out.  I accomplish a work. Dark tunnel, through which hurtle the visitations, The visitations, the manifestations, the startled faces. I am the center of an atrocity. What pains, what sorrows must I be mothering?
Can such innocence kill and kill?  It milks my life. The trees wither in the street.  The rain is corrosive. I taste it on my tongue, and the workable horrors, The horrors that stand and idle, the slighted godmothers With their hearts that tick and tick, with their satchels of instruments. I shall be a wall and a roof, protecting. I shall be a sky and a hill of good:  O let me be!
A power is growing on me, an old tenacity. I am breaking apart like the world.  There is this blackness, This ram of blackness.  I fold my hands on a mountain. The air is thick.  It is thick with this working. I am used.  I am drummed into use. My eyes are squeezed by this blackness. I see nothing.
….
Who is he, this blue, furious boy, Shiny and strange, as if he had hurtled from a star? He is looking so angrily! He flew into the room, a shriek at his heel. The blue color pales.  He is human after all. A red lotus opens in its bowl of blood; They are stitching me up with silk, as if I were a material.
What did my fingers do before they held him? What did my heart do, with its love? I have never seen a thing so clear. His lids are like the lilac-flower And soft as a moth, his breath. I shall not let go. There is no guile or warp in him.  May he keep so.
….
What is it that flings these innocent souls at us? Look, they are so exhausted, they are all flat out In their canvas-sided cots, names tied to their wrists, The little silver trophies they’ve come so far for. There are some with thick black hair, there are some bald. Their skin tints are pink or sallow, brown or red; They are beginning to remember their differences.
I think they are made of water; they have no expression. Their features are sleeping, like light on quiet water. They are the real monks and nuns in their identical garments. I see them showering like stars on to the world– On India, Africa, America, these miraculous ones, These pure, small images.  They smell of milk. Their footsoles are untouched.  They are walkers of air.
Can nothingness be so prodigal? Here is my son. His wide eye is that general, flat blue. He is turning to me like a little, blind, bright plant. One cry.  It is the hook I hang on. And I am a river of milk. I am a warm hill.
….
How long can I be a wall, keeping the wind off? How long can I be Gentling the sun with the shade of my hand, Intercepting the blue bolts of a cold moon? The voices of loneliness, the voices of sorrow Lap at my back ineluctably. How shall it soften them, this little lullaby?
How long can I be a wall around my green property? How long can my hands Be a bandage to his hurt, and my words Bright birds in the sky, consoling, consoling? It is a terrible thing To be so open:  it is as if my heart Put on a face and walked into the world.
….
Dawn flowers in the great elm outside the house. The swifts are back.  They are shrieking like paper rockets. I hear the sound of the hours Widen and die in the hedgerows.  I hear the moo of cows. The colors replenish themselves, and the wet Thatch smokes in the sun. The narcissi open white faces in the orchard.
I am reassured.  I am reassured. These are the clear bright colors of the nursery, The talking ducks, the happy lambs. I am simple again.  I believe in miracles. I do not believe in those terrible children Who injure my sleep with their white eyes, their fingerless hands. They are not mine.  They do not belong to me.
I shall meditate upon normality. I shall meditate upon my little son. He does not walk.  He does not speak a word. He is still swaddled in white bands. But he is pink and perfect.  He smiles so frequently. I have papered his room with big roses, I have painted little hearts on everything.
I do not will him to be exceptional. It is the exception that interests the devil. It is the exception that climbs the sorrowful hill Or sits in the desert and hurts his mother’s heart. I will him to be common, To love me as I love him, And to marry what he wants and where he will.
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sguardimora · 4 months
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Tilia Auser in residenza creativa per "Tre Voci"
04 Dicembre 2023 - 15 Dicembre 2023 
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Da oggi fino al 15 dicembre 𝗧𝗶𝗹𝗶𝗮 𝗔𝘂𝘀𝗲𝗿, il gruppo di lavoro composto da Sara Bertolucci e Riccardo F. Scuccimarra, sarà in residenza presso il 𝗧𝗲𝗮𝘁𝗿𝗼 𝗜𝗹 𝗟𝗮𝘃𝗮𝘁𝗼𝗶𝗼 𝗱𝗶 𝗦𝗮𝗻𝘁𝗮𝗿𝗰𝗮𝗻𝗴𝗲𝗹𝗼 per la ricerca e composizione della nuova opera 𝗧𝗿𝗲 𝗩𝗼𝗰𝗶, 𝘀𝘁𝘂𝗱𝗶𝗼 𝘀𝗰𝗲𝗻𝗶𝗰𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝘂𝗻 𝗿𝗮𝗱𝗶𝗼𝗱𝗿𝗮𝗺𝗺𝗮 𝗶𝗻 𝘃𝗲𝗿𝘀𝗶 𝗱𝗶 𝗦𝘆𝗹𝘃𝗶𝗮 𝗣𝗹𝗮𝘁𝗵, con cui si è aggiudicato la 𝗦𝗲𝗴𝗻𝗮𝗹𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝘀𝗽𝗲𝗰𝗶𝗮𝗹𝗲 𝗣𝗿𝗲𝗺𝗶𝗼 𝗦𝗰𝗲𝗻𝗮𝗿𝗶𝗼 𝟮𝟬𝟮𝟯.
Tilia Auser Tre voci studio scenico per un radiodramma in versi di Sylvia Plath
con Sara Bertolucci, Riccardo F. Scuccimarra ideazione, drammaturgia, composizione vocale Sara Bertoluccidisegno sonoro e musiche originali Riccardo F. Scuccimarra direzione tecnica e disegno luci Jacopo Cenniconsulenza progettuale Antonino Leocata
‘What is that bird that cries with such sorrow in its voice? I am young as ever, it says. What is it I miss?’ Il foglietto spiegazzato del cadavere squisito giunge a noi da Sylvia Plath e dal suo ‘Three Women. A Poem for Three Voices’: un radiodramma in versi liberi mandato in onda dalla BBC nel 1962. Tre personaggi femminili intrecciano i loro soliloqui dentro la stessa cornice del reparto maternità in cui sono ricoverate: la prima per dare alla luce un bambino, la seconda condotta da un aborto spontaneo, la terza per liberarsi della gravidanza indesiderata. Non si incontrano mai: solo gettano parola poetica tra i corridoi dell’ospedale, interrogando il corpo fecondato che si piega, si ferisce, si lascia abitare. Versi che nascono per essere detti ad alta voce, ma percorsi anche da un canto sotterraneo non scritto: così le ‘tre donne’ sono divenute ‘tre voci’ di un corpo solo, e la parola parlata un componimento trasversale e musicale. Una sola identità femminile sulla scena si muove tra i tre destini possibili, accompagnata dal disegno sonoro dal vivo della chitarra elettrica. Cosa significa generare? Di cosa si nutre la promessa che portiamo? Cosa spacca in due, anzi in tre, il nostro tempo e la nostra voce?
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Tilia Auser è pseudonimo e contenitore di pratiche performative in germinazione. Porta sulla scena una ricerca in limine tra voce, parola poetica e suono, coniugando spazi e saperi teatrali a incursioni site-specific e studio sul paesaggio. Auser è il ramo antico di un fiume che non esiste più.
Sara Bertolucci (Lucca, 1994) è diplomata alla Scuola di Teatro di Bologna e si è perfezionata all’Istituto di Ricerca di Arte Applicata Socìetas. Ha dedicato gli ultimi anni alla ricerca vocale e alla sua integrazione nella pratica teatrale.
Riccardo F. Scuccimarra (Reggio Emilia, 1993) è musicista, compositore e attore. Formato in chitarra elettrica blues e jazz, ha all’attivo un progetto cantautorale e compone musiche per la scena. È diplomato alla Scuola di Teatro di Bologna.
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sguardimora · 5 months
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𝗗𝗮𝗹 22 𝗮𝗹 26 𝗻𝗼𝘃𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲 𝟮𝟬𝟮𝟯
𝗟𝗮 𝘀𝗲𝘁𝘁𝗶𝗺𝗮𝗻𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗥𝗲𝘀𝗶𝗱𝗲𝗻𝘇𝗲 𝗗𝗶𝗴𝗶𝘁𝗮𝗹𝗶 – 𝘲𝘶𝘢𝘳𝘵𝘢 𝘦𝘥𝘪𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦
Quattro progettualità artistiche sperimentali che hanno trovato nello spazio digitale il loro habitat
𝗖𝗜𝗧𝗜𝗭𝗘𝗡𝗦 di 𝗦𝗜𝗠𝗢𝗡𝗘 𝗩𝗘𝗥𝗗𝗨𝗖𝗜 / Ariella Vidach Aiep
Un progetto di arte performativa e partecipativa immaginato per lo spazio virtuale che, ripercorrendo la definizione di eterotopia enunciata da Foucault, trova nel corpo stesso dello spettatore il motore dell'opera
𝗔𝗜 𝗟𝗢𝗩𝗘, 𝗚𝗛𝗢𝗦𝗧𝗦 𝗔𝗡𝗗 𝗨𝗡𝗖𝗔𝗡𝗡𝗬 𝗩𝗔𝗟𝗟𝗘𝗬𝗦 di 𝗠𝗔𝗥𝗔 𝗢𝗦𝗖𝗔𝗥 𝗖𝗔𝗦𝗦𝗜𝗔𝗡𝗜 
"Possiamo innamorarci di una Ai (intelligenza artificiale) e poi decidere di lasciarla?" L’obiettivo dell'azione di Mara Oscar Cassiani è narrare e dare una dimostrazione performativa dell'esistenza di un rapporto tra l'Ai e l’impatto sulla presenza del corpo e sul nostro comportamento dell’uso dei device come tramite comunicativo
𝗧𝗘𝗔𝗧𝗥𝗢𝗣𝗢𝗦𝗧𝗔𝗚𝗚𝗜𝗢 di 𝗚𝗜𝗔𝗖𝗢𝗠𝗢 𝗟𝗜𝗟𝗟𝗜Ù
"Cosa succede se si utilizza lo shitposting per 'schiantare' i paradigmi drammaturgici?" Giacomo Lilliù (ideazione e curatela performativa) e Pier Lorenzo Pisano (curatela drammaturgica) hanno selezionato cinque tra i più interessanti creatori di contenuti memetici e li hanno invitati a creare nuovo materiale insieme a quattro attori professionisti. Per la Settimana delle Residenze Digitali, il percorso di ricerca troverà attuazione sull’applicazione di chat Telegram, con una performance in bilico tra dadaismo, oscenità e nichilismo semantico
𝗛𝗨𝗠𝗔𝗡𝗩𝗘𝗥𝗦𝗘 di 𝗠𝗔𝗥𝗧𝗜𝗡 𝗥𝗢𝗠𝗘𝗢
Martin Romeo porta avanti una ricerca sul post-umano che considera tutti gli attori presenti come parte di un ecosistema: elementi fisici, non fisici, digitali, virtuali e phigital
Ora è il momento di immergerti nelle frontiere digitali attraverso le loro restituzioni in un festival diffuso che accadrà nello spazio virtuale e in alcuni speciali appuntamenti in presenza da mercoledì 22 fino a domenica 26 novembre.
Scorpi il programma e prenota sul sito https://www.residenzedigitali.it/
* All'acquisto del biglietto, ti verranno comunicate le istruzioni per la fruizione dell'opera
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𝗥𝗲𝘀𝗶𝗱𝗲𝗻𝘇𝗲 𝗗𝗶𝗴𝗶𝘁𝗮𝗹𝗶
𝘶𝘯 𝘱𝘳𝘰𝘨𝘦𝘵𝘵𝘰 𝘪𝘥𝘦𝘢𝘵𝘰 𝘦 𝘱𝘳𝘰𝘮𝘰𝘴𝘴𝘰 𝘥𝘢𝘭 Centro di Residenza della Toscana (Armunia - CapoTrave / Kilowatt Festival
𝘪𝘯 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘯𝘢𝘳𝘪𝘢𝘵𝘰 𝘤𝘰𝘯 l’Associazione Marchigiana Attività Teatrali AMAT, il Centro di Residenza Emilia-Romagna (L’arboreto – Teatro Dimora │ La Corte Ospitale - Teatro Herberia), ZONA K, Fondazione Piemonte dal Vivo – Lavanderia a Vapore, C.U.R.A. – Centro Umbro Residenze Artistiche (La MaMa Umbria International – Gestioni Cinematografiche e Teatrali/ZUT – Centro Teatrale Umbro – Micro Teatro Terra Marique – Indisciplinarte) e Teatro Comunale Città di Vicenza
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sguardimora · 5 months
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Meme, shitposting e performing arts approdano su Telegram: è Teatropostaggio di Giacomo Lilliù 
In attesa della Settimana delle Residenze Digitali che si terrà come ogni anno nel mese di novembre, dal 22 al 26, abbiamo intervistato Giacomo Lilliù/COLLETTIVO ØNAR che ci ha raccontato come si sta sviluppando il processo creativo per Teatropostaggio, uno dei quattro progetti sostenuti dalla quarta edizione del bando Residenze Digitali. Il progetto interroga la natura dello shitposting e del meme con la sua dialettica tra immagine e testo per assimilarla a quella tra palco e parola. Cosa succede se si utilizza lo shitposting come meteora impazzita, per schiantare i paradigmi attoriali e drammaturgici? da questa domanda parte la ricerca creativa di Giacomo (ideazione e curatela performativa)  in collaborazione con Pier Lorenzo Pisano (curatela drammaturgica) prima e i meme creator e attori selezionati poi come ci spiega nell'intervista Lilliù.
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[ph. AFFERMAZIONI]
Come è nata e si è sviluppata l'idea di questo nuovo progetto performativo per Teatropostaggio?  Di che cosa tratta il lavoro?
Giacomo Lilliù: Teatropostaggio nasce quando ho scoperto che l’ideatore di una delle pagine di meme che seguivo con più interesse, avocado_ibuprofen - una pagina Instagram che fa, a suo modo,  meme-essays, cioè meme-saggi, piccole escursioni filosofiche che hanno uno stile ben riconoscibile - era stato coinvolto come dramaturg da una compagnia di danza. Da lì ho pensato che potesse essere interessante innescare altri processi simili: se un dramaturg può venire dal mondo memetico, cosa può succedere con la nostra scena memetica italiana se apriamo un accesso alle arti performative? Sono stato accompagnato prima di tutto nell'ideazione da Pier Lorenzo Pisano, un drammaturgo, regista e autore che mi dà man forte soprattutto dal punto di vista del coordinamento drammaturgico del progetto. Insieme a lui abbiamo identificato i profili di memer che potevano essere adatti a questo gruppo di ricerca - ci siamo sempre definiti come un gruppo di ricerca sulla traduzione disciplinare tra composizione memetica e composizione teatrale. Da lì poi abbiamo scelto i cinque creator parte del progetto e i quattro attori con cui misuriamo il materiale composto. Tra le ispirazioni del progetto c’è una pagina web storica, The million dollar home page, in cui ogni pixel poteva essere comprato per un dollaro, diventata un mosaico di annunci pubblicitari di case, siti porno, concerti... Questo arazzo in cui le cose sono messe insieme seguendo l'ordine casuale del libero mercato ci ha ispirato. È nata così l'idea che il nostro progetto potesse essere un patchwork iridescente non di pubblicità ma di contenuti memetici. Sicuramente il gruppo è nato anche grazie a Fondo, il network di Santarcangelo tramite la cui fellowship il progetto è stato sostenuto. Fondo, in particolare, sostiene la traduzione verso il palcoscenico, ma trattandosi di un gruppo di ricerca, ci è parso giusto esplorare tutte le possibilità. Ed è con questo spirito che abbiamo applicato alla call per Residenze Digitali: volevamo vedere come, parallelamente a questo attraversamento per il teatro, si poteva ritornare al digitale; con quali strumenti, con quali informazioni si poteva usare il contesto di partenza in maniera trasfigurata.
Hai accennato a come si è innescato il processo di commistione tra shitposting memetico e scrittura drammaturgica ma, andando più nello specifico, come state lavorando con i meme creator e con gli attori?
Giacomo Lilliù: Il progetto Teatropostaggio è nato prima di Residenze Digitali come percorso di ricerca. Da gennaio 2023 abbiamo identificato i 5 content creators: Giulio Armeni, Davide Palandri, piastrellesexy, Daniele Zinni, Loren Zonardo. Con loro abbiamo iniziato a fare una call al mese in cui chiedevamo di produrre nuovi materiali o condividerne alcuni che avevano nel cassetto e che potevano essere interessanti rispetto alla consegna del progetto, senza essere troppo stringenti dal punto di vista delle tematiche o del contenuto perchè ci piaceva che loro ci portassero le loro istanze e i loro stili. Mese dopo mese si è andato a costituire un materiale molto eterogeneo e anche abbastanza vasto perché sono stati parecchio prolifici. Ad agosto abbiamo deciso di smettere di produrre nuovo materiale e concentrarci sulle possibilità di sviluppo di quello che avevamo accumulato. Una delle complessità di questo progetto, che riproduce le meccaniche dello shitposting, è che gli stimoli sono ovunque, qualsiasi cosa potrebbe potenzialmente arricchirsi di strati e diventare qualcosa di inseribile all'interno di questo percorso. A questo punto sono iniziate le residenze: ne abbiamo avuta una a Polverigi presso Inteatro, un'altra ad agosto a FabbricaEuropa e una ancora a cavallo tra luglio e agosto curata da Zona K. Da una parte, quindi, ci sono questi incontri da remoto una volta al mese con i content creators dall’altra sono iniziate le occasioni di residenza, momenti in cui gli attori possono incontrarsi dal vivo e lavorare sui materiali creati, a volte anche insieme ad alcuni dei creators. La prima residenza a Polverigi è servita a introdurre a tutti questo mondo che, come tutte le sottoculture, è altamente sfaccettato, per cui si è reso necessario un percorso di avvicinamento. Per quanto tutti sappiamo cos'è un meme, l'iceberg è molto profondo rispetto a quelle che sono le ramificazioni del fenomeno e tutte le varie declinazioni, in particolare, per quanto riguarda lo shitposting: a differenza dei meme, infatti, lo shitposting è il modo in cui vengono non-organizzati dei meme all'interno di un contesto che può essere una conversazione su un gruppo Facebook, una condivisione di contenuti con l'obiettivo di cercare di far deragliare la conversazione, cercare di conversare in modo linguisticamente sorprendente, non seguendo la scaletta del discorso ma cercando sempre nuovi modi per deviare il linguaggio, facendo comunque sì che il discorso proceda. Con i meme si crea un sottolinguaggio imprevedibile e mutante ed è questa la dimensione più affascinante dello shitposting. Quando abbiamo introdotto gli attori a questa dimensione, loro hanno fatto i loro passi di avvicinamento e di ricerca personali. Pian piano stiamo componendo con loro delle drammaturgie possibili. Ci interessa anche un’ipotesi di performer-come-memer, quindi stiamo trovando delle condizioni per permettergli di improvvisare consapevolmente. Trattandosi di un gruppo di ricerca, la sperimentazione sta anche nel vedere cosa non funziona e cosa sì, muovendosi senza troppo giudizio. Per il momento siamo molto orientati sulla fascinazione che ci regala questo mondo, avvicinandoci per prove ed errori. Nella presentazione del progetto ho usato la parola "pionieristico": al di là delle esagerazioni, il senso per noi è questo. Ci diverte, ci stiamo dentro e cerchiamo di non farci troppo mangiare dalle logiche produttive. Vogliamo stare dentro la tessitura degli spunti e delle ispirazioni per vedere cosa ne viene fuori naturalmente e organicamente.
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[@LACANYEWEST]
Quali sono state, se ci sono state, le sfide o le criticità nell’incontro tra la scrittura drammaturgica e la scrittura memetica, da una parte e dall'altra tra l’interpretazione degli attori e questo nuovo linguaggio?
Giacomo Lilliù: Le categorie che vengono più in conflitto nel nostro percorso, anche rispetto a quello che abbiamo riscontrato durante una prova aperta fatta nei giorni scorsi con tutor e partner del progetto, sono due: la “cascata” e la “cornice”. Da una parte c'è sempre stata la fascinazione - e soprattutto questo lo propone Pisano sentendo che la cascata di contenuti può celare qualcosa di veramente deflagrante - riguardo alla proposta di contenuti non filtrati. Nel caso di Residenze Digitali possono essere contenuti che si susseguono senza soluzione di continuità mentre lo spettatore può tessere le proprie trame. In quel caso, il nostro compito non sarebbe neanche proporre una trama nascosta all'interno dei contenuti ma semplicemente mettere in condizione i performer di esprimersi come in una sorta di jam session linguistica tra tutti gli stimoli accumulati che si presentano al momento. Mentre la creazione del meme può essere più o meno performativa, nel senso che può anche essere un’operazione più ragionata dietro le quinte e condivisa dopo mesi di preparazione proprio come se fosse un'opera d'arte visuale, lo shitposting, configurandosi come linguaggio, ha per forza una componente performativa, sul momento: se tu mi posti qualcosa io ti devo rispondere con qualcos'altro e in questo scambio immediato ed estemporaneo noi cerchiamo di attaccarci con le dinamiche performative, teatrali, attoriali. Da una parte quindi c’è la “cascata”, questa tempesta di contenuti che arrivano uno dopo l'altro in maniera libera, de-pensata. Dall'altra c’è la “cornice”: tracciare dei confini drammaturgici e operativi, cenni narrativi o programmatici che permettano di comunicare meglio. È come se fornissimo una guida su che tipo di percorso stiamo per compiere, per preparare lo spettatore a quello che sta per vedere, per addolcire l'esperienza e fornire una vaga chiave d'interpretazione o quantomeno delle strutture di ricezione - una sorta di  foglietto illustrativo. Quindi da una parte siamo tentati di andare all-in con questa modalità a cascata, dall'altra comunque il teatro è sempre un po' un fare ordine di tutte le cose, per cui sentiamo che a volte potrebbe essere utile adottare una configurazione a cornice, per quanto poi tutte le volte che passiamo per la cornice sentiamo che stiamo un po' smorzando il potenziale sovversivo dello shitposting. Stiamo ancora calibrando queste due possibilità. Ci interessa che questa sia un'azione performativa e non solo la replica di una pagina di meme. Però comunque c'è una libertà nello shitposting data da contesti che nascono dal basso e non hanno niente da dimostrare se non la propria sussistenza per il piacere di sopravvivere in un ambiente in cui le regole stanno a zero. Riuscire a recuperare quella autenticità per me è molto importante anche all'interno di un discorso più vasto, anche rispetto al modo di intendere il momento performativo tout court.
Andando più nello specifico della piattaforma che avete scelto, Telegram, come ci state lavorando, quali le criticità e le opportunità che avete trovato nel dialogo con le sue grammatiche?
Giacomo Lilliù: La scelta di Telegram non è stata immediata perché lo shitposting e i meme viaggiano su canali multipli, piattaforme come Reddit, e soprattutto i social, in cui i contenuti arrivano agli utenti mediati attraverso algoritmi. Sarebbe stato rischioso quindi aprire un gruppo Instagram o Facebook perché saremmo già stati costretti ad agire all'interno di logiche di trasmissione dei contenuti con cui si può fare poco. Ci serviva uno strumento che ci permettesse una condivisione più protetta e autonoma. Tra le opzioni rimanevano Discord e Telegram, in entrambi i casi gruppi di scambio di messaggi. Discord risulta più dispersivo perché nasce come supporto a gruppi di gioco, e presuppone una specie di conoscenza pregressa. Noi volevamo essere più sincretici e ripiegare tutto su una stessa piattaforma. Telegram può essere gestito come una specie di social a senso unico, che bypassa gli algoritmi mantenendo comunque la possibilità di moderare gli interventi degli utenti. Se il punto di partenza dello shitposting è sempre una conversazione, Telegram è il luogo in cui questa può avvenire con più malleabilità da parte di chi propone la performance. Inoltre io credo in uno squilibrio tra le parti, tra il pubblico e i performer. Il performer deve essere messo in condizione di poter manipolare le possibilità di ascolto del pubblico e questo Telegram lo permette perchè possiamo scegliere, quanta condivisione e interazione consentire. Dal punto di vista della riproduzione della conversazione Telegram ci è dunque sembrata la scelta migliore per una conversazione ingegnerizzata, sperimentale. Rimane la difficoltà che Telegram è una piattaforma pensata principalmente per dispositivi portatili, per cui il livello di immersività è basso rispetto a una performance che può andare in onda in streaming sul computer o una performance immersiva tramite visore. Questo non è necessariamente un elemento che mi disturba in sè, mi piace l'idea che la performance sia letteralmente nelle mani del fruitore, a sua volta libero di decidere quanto farla entrare nel proprio quotidiano. Però è un elemento su cui dobbiamo ancora riflettere per avere più polso della situazione, perché dobbiamo chiarificarci come cavalcare questa fruizione frastagliata. Il rischio è di diventare un po' solipsistici, di fare le nostre cose senza avere troppo la cognizione della risposta che c'è dalla parte del pubblico.
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[ph. AFFERMAZIONI]
Come state immaginando il rapporto con il pubblico? Che cosa si deve aspettare il pubblico della settimana delle Residenze Digitali dalla prova aperta?
Giacomo Lilliù: Abbiamo già fatto degli esperimenti in cui il pubblico era libero di commentare, e questo ci ha destabilizzato perché abbiamo sottovalutato la tentazione ad intervenire in un contesto come quello della nostra performance. Per questo ora immaginiamo che da un punto di vista pratico ci siano solo una o due finestre all'interno delle quali si chieda esplicitamente al pubblico di intervenire, non perché vogliamo censurarlo ma semplicemente per rendere l'esperienza più intensificata ed esteticamente coerente e per non disperdere l'energia di risposta. Rispetto al lavoro del 2021 - si tratta di Woe - Wastage of events progetto creativo di Giacomo Lilliù/Collettivo Onar e Lapis Niger - in cui potevamo permetterci di stare in ascolto del lavoro e attraverso l'ascolto del lavoro ascoltare il pubblico, ora avremo un pubblico più distante. In più abbiamo effettivamente molto da fare: c'è da gestire un atto creativo costante e imprevedibile su cui stare molto concentrati e anche questo pone un filtro in più tra noi e gli spettatori. Inoltre Telegram, per come viene usato comunemente, è una piattaforma multitasking, non la possiamo rendere una piattaforma immersiva. Dobbiamo riuscire a semplificare il più possibile il tipo di dinamica che vogliamo instaurare con il pubblico e avere chiarezza sugli spazi di intervento. In generale il potenziale del meme e dello shitposting è abbastanza dirompente da tutti i punti di vista. C'è un grosso rischio: quello del meme che viene utilizzato come ritrovato per una comunicazione efficace. Abbiamo superato la fase in cui il meme poteva servire come oggetto di artivismo e hacktivismo. Adesso sempre più persone si misurano con la ricerca del meme dank (ovvero, diciamo, all'avanguardia), ma principalmente come strumento di posizionamento dentro la loro community e di credibilità per la loro maschera/personaggio. Siamo in una fase in cui il meme ha ancora colpi da sparare nel momento in cui, piuttosto che venire strumentalizzato per fini utilitaristici, trova ambienti in cui essere accolto, come per esempio quello delle performing arts, per farli saltare in aria. Ci auguriamo che l'esperienza di Teatropostaggio, che immaginiamo possa arrivare a degli spettatori che provengono da una cultura teatrale, sia anche straniante. Teniamo sempre un occhio sul potenziale dinamitardo del meme cercando di conservarlo il più possibile. È un’alchimia tra quanto ci possiamo permettere di spaventare chi si collega senza farlo scappare a gambe levate. Stiamo cercando di fare qualcosa che abbia senso dal punto di vista dell'integrità della proposta, il che non vuol dire che debba essere un’opera ombelicale che dia soddisfazione solo a noi. Se riuscissimo a trovare un pubblico predisposto alla sorpresa, ci piacerebbe innescare un percorso in cui anche il pubblico entri tanto nel gioco da diventare un ulteriore partecipante alla dinamica dello shitposting, un pubblico che possa memare insieme a noi creando una conversazione in cui tutti i termini saltano, come avviene appunto nello shitposting. Altra cosa interessante sarebbe mischiare i pubblici come abbiamo fatto con WOE, dove l'obiettivo era portare dentro l’esperienza anche gente che fruiva quotidianamente di Twitch. Se su Telegram porteremo gente a cui interessa la creazione memetica a incrociare anche i linguaggi performativi, allora sarà un successo. Poniamo le basi per l'incontro, ma il contesto deve per forza apparire creativamente fertile. Se il teatro, al di là di Residenze Digitali, ritrova il suo ruolo di luogo in cui è possibile fare delle cose allora stiamo lavorando nella direzione giusta.
Francesca Giuliani, Chiara Mannucci
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sguardimora · 6 months
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[ph. Chiara Mannucci]
Il 10 ottobre ho assistito al lavoro di Alessandro Marzotto Levy per IRENE, il suo nuovo spettacolo, selezionato dall'azione DNA appunti coreografici, che debutterà al Festival Romaeuropa il prossimo 22 ottobre 2023. In residenza con lui Flavia Passigli alla composizione musicale, Alice Consigli / PHYSALIA all'assistenza artistica e produzione e Camila Chiozza al disegno luci.
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[ph. Chiara Mannucci]
Il palco è una distesa di paglia, un'orizzonte senza confini, vuoto e fuori dal tempo. Alessandro Marzotto Levy entra e attraversa questo spazio con i piedi nudi, ripercorre passi, riscrive gesti che subito riconosce.
La memoria riaffiora mentre appaiono oggetti e canzoni, una luce particolare che illumina la scena, un frammento di coreografia: il corpo agisce e le immagini tornano alla mente, il corpo si veste e le parole iniziano a prodursi sottili, in ogni movimento e gesto qualcosa di più si svela.
L'atmosfera s fa via via più rarefatta, si odono frasi ora soffocate ora sussurrate finché una rabbia quasi primitiva sembra attraversare quel corpo spingendolo a una metamorfosi ferina.
In questo dispositivo coreografico e scenico è la danza che si fa veicolo per attivare la memoria e il ricordo. Il corpo si muove e dal presente in cui si trova si affaccia sul passato riattivandolo in piccoli gesti e segni, in brevi azioni.
Non c'è timore in questo che potremmo definire passaggio di stato, non c'è tristezza; c'è piuttosto una danza magnetica, a tratti festosa e un luogo invaso da una presenza che si fa sempre meno evanescente mentre la musica si ferma e le voci nitide si odono dal silenzio.
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[ph. Chiara Mannucci]
Giovedì 12 ottobre, ore 21 Prova aperta Ingresso libero, prenotazione consigliata
IRENE di Alessandro Marzotto Levy
a seguire, incontro con l’artista a cura di Francesca Giuliani nell’ambito di Il pane quotidiano | Moltiplicazione degli sguardi, percorso di cura e dialogo tra gli artisti in residenza e le comunità di cittadini, spettatori e abitanti dell’Arboreto
a seguire, piccolo buffet
Si consiglia la prenotazione alla mail [email protected] indicando nome, cognome, numero di telefono e n di posti oppure telefonando al 0541 624003 / 331 9191041
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sguardimora · 7 months
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Alessandro Marzotto Levy in residenza per "Irene"
02 Ottobre 2023 - 13 Ottobre 2023 
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Inizia oggi la residenza creativa per la ricerca e la composizione del nuovo spettacolo di Alessandro Marzotto Levy. Irene è il titolo del progetto, selezionato da DNAppunti coreografici 2022 – progetto di sostegno per giovani coreografi e coreografe under 35, che si trova oggi nell'ultima tappa di residenza prima del debutto a Romaeuropa Festival.
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Irene
ideazione e coreografia Alessandro Marzotto Levy composizione musicale Flavia Passigli assistenza artistica e produzione Alice Consigli / PHYSALIA disegno luci Camila Chiozza costumi Lisa Mobilio produzione TIR Danza partner Teatro Solare ph. Bianca Batistini
Progetto di residenza condiviso da CRID Centro di Rilevante Interesse nell’ambito della Danza Virgilio Sieni, Operaestate Festival / CSC Centro per la Scena Contemporanea del Comune di Bassano del Grappa,L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino, Fondazione Romaeuropa, Gender Bender Festival di Bologna, Triennale Milano Teatro
IRENE affronta la perdita. Attraversa lo spazio creato dalla mancanza. Il corpo sente, rivela, stabilisce un contatto con l’assenza che attraverso la danza torna presente. La danza è il tentativo di relazionarsi con l’invisibile, di affrontare il tempo. Sembra assurdo ricostruire il senso di un passato di gioia, follia, rabbia che tornano e sconvolgono. In un istante IRENE si slega dalla linearità per intraprendere un percorso caotico che diventa celebrazione.
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sguardimora · 7 months
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Il 14 settembre ho assistito a una prova aperta di  SUITE, il nuovo progetto artistico di Club Alieno, una Compagnia di danza, musica e performance nata all’interno di Cuore 21, Cooperativa che si occupa di attività educative ed inserimenti lavorativi di persone con disabilità intellettive.
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La scena si apre su una stanza che mostra differenti ambienti in uno stesso luogo: un salotto con un divano, una sala da pranzo con un tavolo e quattro sedie, e un tavolinetto da cucina sul fondo. Al centro c'è un corpo steso su un tappeto con un lampadario che gli è crollato addosso; tutt’attorno i resti di una festa che sembrerebbe finita male.
Entra un maggiordomo e, come se nulla fosse successo, inizia a pulire e sistemare lo spazio fino a trasportare fuori scena il corpo morto avvolgendolo in un tappeto.
Il silenzio domina questo primo quadro. La scena si è ricomposta e come se il tempo fosse stato riavvolto vediamo ciò che è accaduto prima. I danzatori e le danzatrici entrano, la scena si anima, il musicista inizia a suonare e prendono corpo le azioni coreografiche, ideate da Valeria Fiorini e Eleonora Gennari: ora la festa può iniziare.
Lo spazio visivo cambia totalmente e, grazie ad un sapiente gioco di luci (disegnate da Antonio Rinaldi), siamo catapultati in una delle stanze dipinte da Hopper, illuminate da quelle luci magiche che proiettano ombre oblique che sembrano finestre stagliate sullo sfondo mentre la scena viene illuminata da bagni di colore che cambiano tonalità a seconda della temperatura emotiva dell’azione coreografica in svolgimento. Il musicista dal vivo compone i brani che danno supporto alle azioni sceniche rendendo più nitide immagini e movimenti. 
Il tavolo da pranzo è il luogo della danza, dove si dipanano le azioni coreografiche: sopra, sotto e intorno ad esso si muovono i corpi dei danzatori e delle danzatrici tessendo linee che raccontano di incontri e abbandoni, di solitudini e lievi tocchi, cadute e sollevamenti. 
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Poi il mistero di una figura femminile che nasconde un segreto si svela in un abbraccio che avvolge il suo stesso corpo, si coccola e si accoccola fino a strisciare per raggiunge i compagni e le compagne attorno al tavolo. Loro sono immobili, come in uno scatto fotografico che all’arrivo della danzatrice inizia a prendere vita. 
La luce da verde si fa tendente al rosso e una nuova coreografia svolta da un duo ha luogo intorno allo spazio del divano. Intanto attraversa il palco, per la seconda volta, il maggiordomo che trascina un pesante sacco nero della spazzatura.
È come se le figure fossero collassate in una bolla temporale e si intrecciassero così vari pezzi di una storia con i personaggi che appaino e scompaiono in frangenti temporali sovrapposti.
Infine come al rallentatore si muove l’ultima scena e ci riporta lentamente all’immagine iniziale di quella stanza disfatta.
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Suite è un lavoro coreografico sapiente che si sviluppa attraverso differenti quadri che mostrano frangenti di vita, a tratti tragici, a tratti ironici, di questo microcosmo di figure che sapientemente e con una forte presenza scenica abitano lo spazio.
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sguardimora · 7 months
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[ph. Compagnia Club Alieno]
Alcune immagini dalla residenze creativa della compagnia Club Alieno per SUITE.
SUITE
ideazione e coreografia: Eleonora Gennari, Valeria Fiorini musiche originali: Kino, Vàstago luci e scene: Antonio Rinaldi
In musica, la suite (in francese successione) è un insieme di brani, per uno strumento solista, un complesso da camera o un’orchestra, correlati e pensati per essere suonati in sequenza. Oppure può indicare un tipo particolare di camera d’albergo avente le caratteristiche di un appartamento. La nostra Suite è un microcosmo che racchiude gli eventi, a volte felici, altre volte tragici che ci si trova ad affrontare durante la propria esistenza. Ogni Suite ha un colore diverso a seconda di ciò che accade, una diversa tonalità, un diverso andamento, proprio come nell’esecuzione musicale.
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sguardimora · 7 months
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Compagnia Club Alieno in residenza per "Suite"
08 Settembre 2023 - 15 Settembre 2023 
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Proseguirà fino al 15 settembre la residenza creativa per la ricerca e la composizione del nuovo spettacolo della compagnia Club Alieno.
Club Alieno è una Compagnia di danza, musica e performance nata all’interno di Cuore 21, Cooperativa che si occupa di attività educative ed inserimenti lavorativi di persone con disabilità intellettive. Club Alieno è uno spazio non fisico di sperimentazione, di fluidità, di incontro. Non ha limiti di età, di genere, di etnia perché parla un linguaggio universale, che è quello della visione, dell’immaginazione. Il Club è composto da un numero variabile di performer, danzatori e musicisti con e senza disabilità intellettive. E’ un luogo di ricerca coreografica, di sperimentazione musicale, di trasmissione di un nuovo linguaggio attraverso la creazione di spettacoli, performance dal vivo e di video-art che perseguono l’intento di lasciare un dubbio, un’interpretazione, una visione sull’essere umano, sul genere, sulla possibilità, sulla bellezza, sull’amore.
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sguardimora · 8 months
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Nei giorni scorsi ho assistito a una prova aperta di The Garden, il nuovo lavoro di Gaetano Palermo, con Sara Bertolucci e Luca Gallio, che quest’anno è stato selezionato per la quarta edizione di ERetici_le strade dei teatri, il progetto di accoglienza, sostegno e accompagnamento critico, ideato e curato dal Centro di Residenza dell’Emilia Romagna.
In scena una black box ospita al suo interno un unico fermo immagine che solo alla fine si smaterializza lasciando lo spazio vuoto. Una donna, vestita con una sottoveste rosso mattone, è riversa a terra sul fondo destro del palcoscenico e lì resterà immobile, mossa solo da un respiro lento e profondo.
 La dimensione immaginifica e di spaesamento che si crea per lo spettatore è dettata dalla drammaturgia sonora, che ad ogni cambio di brano amplia l’immaginario in nuove visioni, e dall’impianto luminoso, che resta statico dopo una prima accensione a lampi di neon. Per rifarci al titolo ci troviamo davanti a una natura morta, che fa però permeare di vita quell’immagine statica in ogni attimo che passa.
Fotografia o cinema? Teatro o dj set? Installazione o durational performance? O tutto questo insieme? L’impianto del lavoro è decisamente teatrale: come si diceva in principio, c’è una scena nera che si illumina quasi cinematograficamente per restare così, con la stessa tonalità di colore e luce, fino alla fine. Poi c’è la drammaturgia sonora che è ciò che da movimento a un’immagine altrimenti immobile e fa sì che lo spettatore proceda nella giustapposizione di immaginari e di significati. 
Il dispositivo che il collettivo artistico mette in opera viene così definito da un crash mediale che fa collasse il cinema nel teatro, il teatro nel dj set, la fotografia nell’installazione e così via. Questo meccanismo inoltre sembra operare su quel piano di reinvenzione del medium di cui parla Rosalind Krauss (2005): facendo collassare sulla scena molteplici media il collettivo porta lo spettatore dentro il processo stesso, rendendo percettibile, grazie alla ripetizione all’infinito della stessa immagine, la finzione della rappresentazione e il funzionamento dell’immaginazione. 
La mente così vaga tra le immagini della memoria: da un’apparizione lynchiana a una classica vittima del cinema di Hitchcock, da un corpo collassato durante un rave party al corpo a terra di Babbo Natale nella clip de La Verità di Brunori sas, dai corpi della cronaca nera a quello di Aylan riverso sulla spiaggia greca e così via, continuamente si creano e distruggono immagini nella mente di chi guarda.
In questa pratica mediante la quale si crea un ibrido, per restare anche nella metafora naturale, che incrocia più media, si assiste a una sorta di Iconoclash (Latour, 2005): accade allora che chi guarda si ritrova in una sorta di terra di mezzo, di indecisione dove non sa l’esatto ruolo di un’immagine, di un azione perché, nel caso di The Garden, questo si modifica non appena viene assimilato dell’occhio di chi guarda; e su questa scena ciò che accade è proprio questo: lo spettatore è messo davanti ad un’immagine iconica che cambia costantemente di significato e senso, passando dal sentimento del tragico a quello del comico fino a dissolversi svanendo ironicamente, rompendo il quadro della rappresentazione.
Una delle caratteristiche fondamentali delle immagini è, sempre per Bruno Latour, la loro capacità di scatenare passioni ed è proprio su questo meccanismo che sembra lavorare il collettivo guidato da Palermo che a settembre presenterà al pubblico una prova aperta di questo lavoro presso la Corte Ospitale di Rubiera dove si chiuderà il progetto ERetici.
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*Krauss, R. (2005). Reinventare il medium. Cinque saggi sull'arte d'oggi, a cura di Grazioli E., Mondadori, Milano. 
* Latour, B. (2002). What is iconoclash? Or is there a world beyond the image wars. Iconoclash: Beyond the image wars in science, religion, and art, 14-37.
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sguardimora · 8 months
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Gaetano Palermo in residenza per “The Garden”
02 Agosto 2023 - 12 Agosto 2023 
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Terzo periodo di residenza creativa per la ricerca e la composizione del nuovo spettacolo di Gaetano Palermo in collaborazione con Sara Bertolucci e Luca Gallio
tutoraggio e accompagnamento critico per questa terza tappa Alessandro Sciarroni
progetto selezionato da Chiamata Pubblica ERetici. Le strade dei teatri percorso di accoglienza, sostegno e accompagnamento critico  per giovani artisti under 28 del panorama nazionale – quarta edizione
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sguardimora · 10 months
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Gaetano Palermo in residenza per “The Garden”
12 Giugno 2023 - 21 Giugno 2023
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E’ iniziato lunedì 12 giugno e proseguirà fino al 21 giugno il primo periodo di residenza creativa per la ricerca e la composizione del nuovo spettacolo di Gaetano Palermo in collaborazione con Sara Bertolucci e Luca Gallio. Il progetto selezionato dalla Chiamata Pubblica ERetici. Le strade dei teatri percorso di accoglienza, sostegno e accompagnamento critico  per giovani artisti under 28 del panorama nazionale – quarta edizione sarà seguito in questa fase dal tutoraggio e accompagnamento critico del professor Gerardo Guccini.
In questa fase di lavoro gli artisti incontreranno per la prima volta anche il gruppo di dieci giovani spettatori dell’Emiila-Romagna, selezionati dallo stesso bando come Custodi delle Residenze che vivranno per un week end in residenza all’Arboreto seguendo e partecipando al processo creativo in corso, seguiti e stimolati alla visione dal percorso pensato per loro da Silvia Ferrari - La Corte Ospitale e Michele Montolli - L’Arboreto Teatro Dimora.
***************************************************************** The Garden, con la regia di Gaetano Palermo, la drammaturgia vocale e performance di Sara Bertolucci, tecnica audio/luci e sound-design a cura di Luca Gallio, è il giardino delle delizie ricercate, delle aspirazioni proibite, un paradiso artificiale tutto da fare. Secondo una parabola rabbinica assai amata da Benjamin, nel regno messianico le cose sono come sulla terra, ma appena un po’ spostate. La performance intende indagare la misura e il senso di questo spostamento attraverso una coreografia del gesto e delle posture su cui si innesta una partitura vocale scritta per e in collaborazione con Sara Bertolucci.Parte fondamentale della ricerca drammaturgica è il Kulning, canto della tradizione svedese e nordeuropea praticato dalle donne non solo per richiamare gli animali e sfuggire alle belve selvatiche ma anche per comunicare alla natura i propri timori, desideri e amori. Questo canto, di cui Sara è interprete specialista, viene ripreso e reinterpretato a scopi espressivi e non filologici e viene utilizzato come leitmotiv dell’intero lavoro, per la sua capacità di evocare il vuoto e la distanza, nonché la fragilità e la potenza della condizione umana nella sua solitudine e gettatezza.Il movimento ma anche la voce diventano strumenti di indagine del sentimento umano dell’angoscia, della tensione costante tra mania e sfinimento, erotismo e noia, desiderio e deiezione. E lo fanno a partire da una prospettiva non logocentrica ma centrata sul corpo e, in particolare, sul corpo femminile, rispetto alla cui rappresentazione si adotta una prospettiva critica e di messa in discussione di modelli socioculturali precostituiti.Sul piano coreografico, infine, l’idea centrale è quella della reiterazione fino all’estenuazione dell’azione e del gesto, su livelli ritmici “naturalistici” per lo più diffusi e piani ma in costante crescendo. Il riferimento principale non è alla danza come movimento a sé stante e astratto ma alla danza intesa concettualmente come articolazione di un dato di movimento attinente al reale e alle sue funzioni quotidiane, come il camminare, il mangiare o il dormire. Questa attinenza al reale del movimento ritorna nel rapporto con gli oggetti, i quali non solo lo influenzano ma anche lo determinano, divenendo quasi soggettività autonome capaci di relazione e dialogo, in una tensione con la performer che rasenta la personificazione e porta con sé i toni impalpabili dell’assurdo.
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