Tumgik
#Il castello di Arco nei secoli
iannozzigiuseppe · 2 years
Text
Come d’Arco scocca: Il castello di Arco nei secoli in 13 racconti – AA.VV. – a cura di Giancarlo Narciso – Borderfiction Edizioni
Come d’Arco scocca: Il castello di Arco nei secoli in 13 racconti – AA.VV. – a cura di Giancarlo Narciso – Borderfiction Edizioni
Come d’Arco scocca Il castello di Arco nei secoli in 13 racconti a cura di Giancarlo Narciso Borderfiction Edizioni Come d’Arco scocca. Perché, innanzitutto, questo titolo dalle evidenti assonanze con la celebre frase Senza cozzar dirocco con cui il Vate volle celebrare il Genio di uno dei più significativi personaggi della Storia di Arco, il pioniere dell’aeronautica Gianni Caproni? Perché…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
aki1975 · 2 months
Text
Tumblr media
Napoli - Francesco Laurana - Maschio Angioino - Arco trionfale - 1479
Fondata dai Greci di Cuma, i sovrani che nei secoli si sono susseguiti sul trono di Napoli sono stati:
i Normanni:
- Ruggero I d’Altavilla conquistò la Sicilia nel 1091;
- Ruggero II (1130 - 1154): fu il primo re di una Sicilia multietnica e multireligiosa avendo accorpato in un unico regno tutti i possedimenti normanni nell’Italia Meridionale conquistando Napoli nel 1137;
- Guglielmo I (1154 - 1166)
- Guglielmo II (1166 - 1189): eresse il Duomo di Monreale;
- Tancredi (1189 - 1194)
- Guglielmo III (1194)
- Costanza d’Altavilla (1194 - 1197)
gli Svevi:
- Federico II (1198 - 1250) Stupor Mundi: a Napoli istituì l’università nel 1224;
- Corrado (1250 - 1254): dovette confrontarsi con il potere del fratellastro Manfredi;
- Corradino (1254 - 1258): fu sconfitto nella battaglia di Tagliacozzo e fatto imprigionare a Castel dell’Ovo e decapitare da Carlo d’Angiò nella piazza del mercato a Napoli, poi sepolto nella vicina Chiesa del Carmine. La dinastia degli Svevi scomparve con la morte di Manfredi nel 1266.
gli Angioini:
- Carlo I (1266 - 1285): fratello di Luigi IX il Re Santo, Conte d’Anjou, ricevette in vassallaggio la Sicilia e Napoli dal Papa che difese dagli Hohenstaufen. Edificò il Maschio Angioino, con uno stile che richiama il castello di Avignone, nel 1282;
- Carlo II (1285 - 1309): dovette rinunciare al trono di Sicilia dopo la rivolta dei Vespri Siciliani nel 1302;
- Roberto I (1309 - 1343): figlio di Maria d’Ungheria sepolta nella Chiesa di Donnaregina, fu apprezzato da Petrarca e amante della cultura e delle lettere;
- Giovanna I (1343 - 1382): fu fatta assassinare dal ramo di Durazzo degli angioini e le succedette
- Carlo (1382 - 1386)
- Ladislao (1386 - 1414)
- Giovanna II (1414 - 1435)
- Renato I (1435 - 1442)
gli Aragonesi:
- Alfonso I d’Aragona (1442 - 1458): sconfisse Renato d’Angiò e unì il tono di Napoli a quello di Sicilia e ai possedimenti della Sardegna e della Spagna occidentale. Combattè contro Milano e Genova e dotò il Maschio Angioino dell’attuale arco di trionfo;
- Ferdinando I detto Ferrante (1458 - 1494): all’inizio del suo regno dovette fronteggiare la rivolta angioina e successivamente sedò la rivolta dei baroni e si alleò con gli Sforza contro il re di Francia Carlo VIII d’Angiò. Del suo tempo la Chiesa del Gesù Nuovo;
- Alfonso II: sposò Ippolita Maria Sforza, ma dovette abdicare a causa della calata di Carlo VIII;
- Ferrandino (1494 - 1496)
- Federico I (1496 - 1503) durante il cui regno vi fu la conquista e poi la cacciata di Luigi XII re di Francia;
- Ferdinando III (1504 - 1516) dopo il quale il Regno di Napoli fu incluso in quello di Spagna prima sotto la casata degli Asburgo (con la breve parentesi della Repubblica di Masaniello fra il 1647 e il 1648) poi sotto quella dei Borbone (1700 - 1713) ed ancora sotto quella degli Asburgo d’Austria (1713 - 1734).
i Borboni:
- Carlo I (1734 - 1759): già Duca di Parma, conquistò e riunificò il Regno delle Due Sicilie anche grazie alla madre Elisabetta Farnese, seconda moglie del re di Spagna, che da Madrid influenzò la prima parte del suo regno. Riformò con Bernardo Tanucci l’amministrazione, promosse la musica (fondò il Teatro di San Carlo nella patria di Paisiello e Pergolesi), l’arte (promosse la ceramica di Capodimonte, fece costruire al Vanvitelli la reggia di Caserta del 1751 e quella che oggi è Piazza Dante oltre alla Reggia di Capodimonte dove installò la collezione Farnese) e sostenne gli scavi a Pompei ed Ercolano che iniziarono nel 1738);
- Ferdinando (1759 - 1799 e 1816 - 1825): sposò una figlia di Maria Teresa d’Austria, Maria Carolina che lo allontanò dall’influenza spagnola di Bernardo Tanucci, promosse la Marina Militare (nel 1787 fu fondata la Nunziatella), ma dovette subire una rivoluzione filo-francese (Eleonora Fonseca Pimentel, Mario Pagano, …) nel 1799 contrastata dal Cardinale Ruffo e da Fra Diavolo e la conquista napoleonica che insediò Giuseppe Bonaparte dal 1806 al 1808 e Gioacchino Murat dal 1808 al 1815 prima di diventare, con il Congresso di Vienna, Re delle Due Sicilie ed essere sepolto al Monastero di Santa Chiara;
- Francesco (1825 - 1830)
- Ferdinando II (1830 - 1859): fondò la prima ferrovia d’Italia (1839), ma fu reazionario e soprannominato il Re Bomba per come represse i moti rivoluzionari del 1848 a Messina;
- Francesco II (1859 - 1861): era figlio di Ferdinando II e di Maria Cristina di Savoia e sposò la sorella di Sissi, Maria Sofia di Baviera.
Con l’Unità, Napoli confluì nel Regno d’Italia: ecco perché la statua di Vittorio Emanuele II è presente a Palazzo Reale.
0 notes
Photo
Tumblr media
Nuovo post su http://www.fondazioneterradotranto.it/2018/12/14/ceramiche-botteghe-e-vasai-a-nardo/
Ceramiche, botteghe e vasai a Nardò
Vasaio al tornio, 1390 ca, miniatura da Translation et exposition de la Cité de Dieu di S. Agostino, Parigi, Bibliothèque Nationale. La ruota del tornio (una ruota da carro fissata orizzontalmente) è mossa dal vasaio tramite un bastone, a sinistra ci sono alcuni oggetti modellati e a destra pani di argilla da utilizzare.
  Definizione, origine ed evoluzione nei secoli del mestiere di vasaio a Nardò
di Riccardo Viganò
È abbastanza noto l’importante ruolo che ebbe in Terra d’Otranto la città di Nardò, specialmente dal Cinquecento, nella produzione di maioliche. Una prima notizia circa l’esercizio dell’attività ceramica in Nardò è fornita da Benedetto Vetere che in una sua indagine sul patrimonio fondiario posseduto nel Medioevo dalla Chiesa neretina pubblica un documento del XIV secolo riguardante i beni del convento di S Chiara e che colloca come “prope lutificulos”[1] la chiesa di san Giovanni Battista.
Tuttavia, non è sufficiente solo quest’attestazione per confermare la presenza dell’attività manifatturiera o, comunque, di produzioni fittili legate all’argilla con addetti specializzati nella loro fabbricazione e, pertanto, la ricerca di un’ulteriore documentazione è resa necessaria perché potrebbe far attestare Nardò tra i più antichi centri di produzione della provincia di Lecce.
La notizia più remota e documentata, nella quale la definizione di ‘vasaio’ è certa, è presente nei ‘ capitoli della Bagliva’ (1558) il cui contenuto è richiamato in un atto notarile redatto nel 1650 dal notaio galateo Sabatino De Magistris[2]. In questo documento i produttori o venditori di ceramica sono denominati ‘stazzonari’ o anche ‘Stazionari’’[3]; termine col significato di ‘cretaio’ o ‘figulo’ diffuso anche in Sicilia[4] e, capillarmente registrato, anche in documenti riguardanti altri centri produttivi come quelli del periodo 1564-1597 di Laterza e quelli del 1576 di Grottaglie.
Nello stesso lasso di tempo, con l’arrivo di manodopera specializzata immigrata dalla Calabria legata alla famiglia Bonsegna, accanto alla definizione ‘stazzonaro’, appare quella di ‘scodellaro’[5].
Accanto a questi, nello stesso arco temporale e per la durata di una generazione, compaiono dei tecnonimi legati alla lavorazione della ceramica come quello di Mastro Antonello Vernai detto “Fornaci”[6].
Circa un sessantennio dopo, invece, in un frammento ormai scomparso della “Numerazione dei fuochi” del 1658 riguardante la città di Nardò, un membro di seconda generazione della famiglia Bonsegna sarà definito “piattaro”[7]; titolo, anche questo, comune in altri centri del Salento come, ad esempio, a Lecce e Cutrofiano.
È ipotizzabile che l’evoluzione della terminologia con la quale sono indicati i produttori di ceramiche sia allo stesso tempo significativa delle produzioni alle quali essi erano dediti e, perciò, non sarebbe errato ipotizzare che un “piattaro” è tale perché specializzato nella fabbricazione di ceramica da mensa smaltata.
A differenza degli altri centri salentini specializzati nella produzione di ceramica d’uso, nella documentazione archivistica di Nardò non sono menzionate le categorie lavorative alle quali appartenevano figuli e, in genere, i lavoratori d’argilla ossia nomi quali: ‘caminaru’, ‘cotimaro’ (anche nelle varianti codemaru, cutumaru), ‘capasunaru’, ‘ficolo’ ‘lavorator di crete’, ‘pignaturu’, ‘orsolaru’[8].
Nel secolo successivo anche qui, come in altri centri di Terra d’Otranto, il diffondersi del termine “faenzaro” sostituisce quello di “piattaro” che, di conseguenza, scompare definitivamente[9].
  Note
[1] Vetere, Vicino ai figuli, in «Città e Monastero. I segni urbani di Nardò (Sec. XI-XV)», Congedo Ed., Galatina 1981, p. 104; L’area produttiva era posta in quella che ora è via Angelo delle Masse..
[2] Archivio di Stato Lecce, Protocolli notarili Galatone, 39/2 notaio De Magistris Sabatino, anno 1650, ff. 131-152; P. Salamac, La bagliva di Nardò, Adriatica Ed. Salentina, Lecce 1986, p. 87; Le “Disposizioni” disciplinano i rapporti tra gli abitanti di Nardò e la signoria degli Acquaviva in materia di esazioni fiscali, riscossioni di diritti e ammende esigibili nello stesso feudo.
[3] G. Rholfs, Vocabolario dei dialetti salentini (terre d’Otranto), II, Congedo Ed., Galatina 1976, p. 69: «”Stazzonaro”, sec. XVI a Grottaglie: Cretaio, Figulo. Derivazione dall’antico italico: “Stazzone” = Bottega, dal lat. statione». Viganò, Per uso della sua professione di lavorar faenze. Storia delle fornaci e delle manifatture ceramiche a Nardò tra la seconda metà del XVI e gli inizi del XIX secolo, Ed. Esperidi, Lecce 2013, p. 21: per Nardò, probabilmente, la parola è indicativa e relazionabile con membri delle principali famiglie legate alla produzione fittile come la Manieri e i Dello Castello o “de Castelli” le quali, negli stessi anni della redazione delle “Disposizioni”, risultavano attive in questo campo lavorativo oltre a possedere botteghe per lo svolgimento di tale attività.
[4] Pansini, Ceramiche Pugliesi dal XVIII al XX secolo, MIC Faenza 2001, p. 56.
[5] compare con evidente accezione in riferimento a Jacopo Antonio Bonsegna immigrato da Bisignano, centro della provincia di Cosenza..Viganò 2013, op. cit., p. 22 .
[6] ASL, protocolli notarili,Nardò,n 66/1,notaio Fontò Francesco anno 1775, c176.
[7] Vacca, La ceramica salentina,Tip. La Modernissima, Lecce 1954, p.84.
[8] Tutti questi termini sono desumibili dalla documentazione archivistica e, in particolare, dagli atti notarili rogati nei principali centri produttori di ceramica.
[9] Pansini, op. cit., p. 56: dalla lettura dei catasti del periodo, difatti, il Pansini rileva che «non si verifica mai la coesistenza delle due dizioni in un medesimo onciario». Tuttavia, anche se questa nuova definizione sembra specializzare l’opera dei ceramisti, non conferma l’esistenza di specifiche produzioni di ceramica smaltata.
Tratto da:
1 note · View note
wdonnait · 4 years
Text
Ostuni, la città bianca in provincia di Brindisi
Nuovo post pubblicato su https://www.wdonna.it/ostuni-la-citta-bianca-in-provincia-di-brindisi/107515?utm_source=TR&utm_medium=Tumblr&utm_campaign=107515
Ostuni, la città bianca in provincia di Brindisi
Tumblr media
Ostuni è uno dei borghi più belli della Puglia, situato in provincia di Brindisi.
Comunemente, molti conoscono Ostuni come la città bianca. Questo perché gran parte delle case e delle strutture del centro storico, sono caratterizzate dalla calce.
Alcune strutture realizzate con tale materiale, risalgono all’epoca medievale. La calce infatti, era facile da reperire ma allo stesso tempo era in grado di dare quel tocco di luminosità, specialmente nei vicoli più stretti e bui.
Oggi Ostuni risulta essere una delle località pugliesi più amate dai turisti, i quali provengono da ogni parte del mondo.
Ostuni cosa visitare
A questo punto ci si chiede: cosa visitare ad Ostuni?
In questo magico borgo, è possibile scovare una serie di strutture religiose secolari, come ad esempio:
La Basilica Minore di Ostuni, risalente alla fine del XV secolo.
Tuttavia, ciò che la caratterizza è principalmente la facciata nello stile tardo gotico. Inoltre, il rosone della chiesa si piazza al secondo posto come il più grande d’Europa.
Poi, c’è il Monastero delle Carmelitane, risalente al Settecento. Entrando all’interno della struttura, vi accorgerete della presenza del monumento funebre di Cono Luchino Del Verme (1747) e gli altari in stile barocco di Francesco Morgese (1763).
Successivamente, troviamo la Chiesa di San Giacomo di Compostela, detta anche dei Santi Cosma e Damiano, nata intorno al 1423 e la Chiesa di San Francesco d’Assisi.
Quest’ultima, ha origini medievali ma ha subito numerose rinnovazioni stilistiche. Infatti, la facciata è del 1882.
Tuttavia, all’interno si ha modo di ammirare il dipinto Mosè che spezza le tavole della legge, il busto di San Giuseppe con bambino Gesù le statue lignee dell’Immacolata di Giacomo Colombo e di Sant’Agostino.
Recandosi verso la zona più moderna di Ostuni si può ammirare:
La Chiesa dei Cappuccini (nota anche come Santa Maria degli Angeli), nata nel 1585, dove è presente una tela di scuola napoletana del ‘600;
Poi, la Chiesa dell’Annunziata, messa su nel 1196 e rinnovata nel ‘600, attraverso lo stile barocco.
La Chiesa della Madonna del Pozzo collocata nella zona del tradizionale mercato cittadino che si svolge ogni sabato viene instaurato il mercato cittadino.
La Chiesa di San Luigi Gonzaga, presente in zona centrale e più precisamente in via Carlo Alberto. Questo luogo religioso, risulta essere una delle parrocchie più grandi della città bianca.
Tra le altre chiese da citare, troviamo la chiesa di Santa Maria la Nova, il santuario di Sant’Oronzo e la chiesetta di San Biagio in Rialbo.
Ostuni luoghi storici
Oltre alle chiese, ad Ostuni è possibile trovare anche:
La Conceria del Tabacco. Si tratta di una struttura costruita intorno agli anni venti del ‘900.
All’epoca, era un edificio davvero molto importante, in quanto era sede di tutto il tabacco volto alla creazione di sigarette per la popolazione.
All’interno è possibile scovare la presenza del montacarichi, utile per trasportare le merci da un piano all’altro. Attualmente l’edificio è inabitato, a seguito di un tragico evento avvenuto intorno agli anni ’60.
Molto importanti sono anche le mura aragonesi, le quali cingono la città vecchia e il borgo antico, il quale presenta una serie di aspetti pittoreschi.
Inoltre, ci sono diverse dimore signorili, tra cui
Il barocco palazzo ducale Zevallos;
Il palazzo Siccoda (1575) situato in via Cattedrale n 35;
Inoltre, nella piazzetta della Cattedrale è possibile trovare i settecenteschi edifici del Palazzo Vescovile e del vecchio Seminario, i quali risultano essere collegati attraverso un effetto pittorico, attraverso un arco
Il portale di palazzo Falgheri, i portali del palazzo Ghionda-Pomes e della casa Molendino e il portale rococò del palazzo Bisantizzi.
Masserie e siti archeologici
Ostuni è ricca di masserie, ossia delle strutture rurali tipiche della Puglia. 
Esse conservano un notevole patrimonio storico, racchiudendo una serie di tradizioni che vanno avanti da secoli, da generazione in generazione.
Tra le più note, possiamo trovare:
La masseria Santa Caterina, situata sulla strada statale 16 Adriatica in direzione Carovigno
Masseria fortificata Lo Spagnulo
La masseria Carestia, ricca di interessanti elementi architettonici e decorazioni scultoree
La masseria Ottava, caratterizzata da una torre fortificata del ‘500.
Masseria Cappuccini, costituita da un insieme di trulli, ossia le classiche strutture coniche della regione Puglia
La masseria Ferri, composta da numerosi trulli, decorazioni scultoree e una chiesa medievale.
La masseria Tolla.
E tante altre ancora…
Ad Ostuni inoltre, si ha modo di visitare i seguenti siti archeologici:
Il dolmen di Montalbano
Il Parco archeologico e naturalistico di Santa Maria D’Agnano la Torre San Leonardo (ossia una torre di avvistamento antisaracena).
Il Castello di Villanova e il porto di Villanova (luogo molto amato dai turisti, vista la bellezza paesaggistica)
Ostuni curiosità
Ogni 3 Febbraio, Ostuni celebra il suo santo patrono, ossia Sant’Oronzo.
In occasione della festa, il paese si riempie di luci, decorazioni e bancarelle, dove si ha modo di comprare dolciumi, frutta secca e tante altre specialità della regione.
E proprio a tal proposito, nel borgo è possibile scovare il monumento simbolo, ossia la Guglia di Sant’Oronzo. La statua è alta 20.75 metri ed è stata realizzata nel 1771 grazie a Giuseppe Greco.
Dal punto di vista stilistico, riprende il tema barocco e vede la presenza di altre 4 statue, ossia quella dei Santi Biagio, Lucia, Irene e Gaetano.
Poi, per chi non lo sapesse, Ostuni costituì il “background” per una serie di produzioni cinematografiche, tra cui:
Anni ruggenti nel 1962
Il Saprofita nel 1974
Palermo Milano solo andata nel 1995
Figli di Annibale nel 1998
Il grande botto nel 2000
Un difetto di famiglia nel 2002
2061 – Un anno eccezionale nel 2007
Mia madre nel 2010
Ostuni cucina
Ad Ostuni sono presenti tantissimi locali (ristoranti, trattorie, rosticcerie ecc) in cui è possibile assaggiare gran parte delle pietanze tipiche della cucina pugliese.
Tra i piatti più gettonati, troviamo:
Le orecchiette con cime di rape e con il ragù
Le fave con le cicorie (il più tradizionale per eccellenza)
Le pucce e i calzoni
Le pettole
Le cozze fritte
I lampascioni al forno
I polipetti in pignata
La focaccia di Ostuni (diversa dalla classica barese, in quanto richiede l’aggiunta di mozzarella)
Le friselle, i taralli
E tante altre specialità semplici e di origine contadina…
Insomma, Ostuni si rivela un borgo da visitare assolutamente, sia per il patrimonio storico, culturale e paesaggistico che per la cucina simbolo di tradizioni secolari.
0 notes
freedomtripitaly · 4 years
Photo
Tumblr media
La città di Andria è una delle mete più incantevoli nella Puglia centrale. Ricca di storia e di arte è conosciuta anche come la “Città dei tre campanili”, oltre che “Città Federiciana” per il suo profondo legame con Federico II di Svevia. Simbolo della città è Castel del Monte, che rappresenta anche uno dei complessi architettonici più noti della Puglia, che si erge su una collina poco fuori dall’abitato, nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia, uno dei Patrimoni dell’Umanità UNESCO. Ecco alcuni consigli per esplorare ed immergervi nella suggestiva città di Andria. Andria: cosa vedere La città sorge sul pendio inferiore delle Murge, a 151 metri sul livello del mare e a 10 km dal mare Adriatico. Le prime tracce di insediamenti nel territorio di Andria risalgono al Neolitico. Colonizzata dagli Ellenici, la città entrò a far parte dei possedimenti normanni e nel XIII secolo fu parte del dominio svevo e residenza del re Federico II, che fece costruire il famoso Castello, sul sito della precedente abbazia benedettina normanna. È forte l’influenza dell’Imperatore, con monumenti giunti fino a noi, come l’Arco di Federico I, ma non solo. Oggi nel suggestivo centro storico di Andria, è possibile ammirare anche le chiese e le torri risalenti al periodo angioino e aragonese, come la Torre dell’Orologio e la Chiesa di San Domenico. Andria e Castel del Monte Castel del Monte è una fortezza del XIII secolo fatta costruire dall’imperatore del Sacro Romano Impero Federico II, nell’odierna frazione omonima del comune di Andria, a 17 km dalla città. Uno dei siti più visitati in Italia e scelto come simbolo per la moneta da 1 centesimo di euro coniata nello stato italiano. Luogo intriso di fascino e mistero, set scenografico per numerosi film come Il nome della rosa, Il racconto dei racconti, King Arthur – Il potere della spada etc… Da sempre ha solleticato le fantasie di racconti e leggende. L’edificio è a pianta ottagonale e su ognuno degli otto spigoli si innestano otto torri della stessa forma nelle cortine murarie realizzate in pietra calcarea. Il cortile, di forma ottagonale, è contraddistinto, come tutto l’edificio, dal contrasto cromatico proveniente dall’utilizzo di breccia corallina, pietra calcarea e marmi. In passato vi erano collocate anche antiche sculture. Oggi è giunta sino a noi solo la lastra che simboleggia il Corteo dei cavalieri ed un frammento di figura antropomorfa. Le forme architettoniche e le sculture negli interni del castello ottagonale, risentono delle influenze dell’edilizia francese e di quella cistercense. Le decorazioni negli interni riproducono creature mitologiche e motivi vegetali. Tutto l’edificio è intriso di simbolismi che nei secoli e ancora oggi continuano ad appassionare gli studiosi. L’ottagono rappresenta l’infinità del cielo, mentre sulle due colonne che fiancheggiano il portale di ingresso sono presenti due leoni, che raffigurano il solstizio d’estate e d’inverno. La pianta della costruzione rappresenta una corona le cui punte toccano il cielo, un ottagono in pietra la cui altezza lo eleva a 540 metri sul mare, una bellezza architettonica di rilevanza storica, realizzata con rigore matematico ed astronomico. Un connubio simbolico di forme armoniche che uniscono gli elementi culturali del nord Europa, a quelli del mondo islamico a quelli dell’antichità classica e nello stesso tempo, un esempio tipico e iconico di architettura del Medioevo. Visitare Andria e dintorni Andria offre un centro storico complesso e ricco, dove, tra i luoghi di fede affascinanti e caratteristici, ricordiamo la Chiesa di Sant’Agostino, costruita nel XIII secolo dai Cavalieri templari, che passò in seguito ai Benedettini ed infine agli Agostiniani. Degno di nota il portale gotico realizzato nel XIV secolo e l’interno barocco. La Cattedrale di Santa Maria Assunta è il più importante luogo di culto cattolico della città. Fu realizzata per volere di Goffredo d’Altavilla, signore di Andria, tra la fine dell’XI secolo e l’inizio del XII secolo. Punto ideale per accedere al centro storico di Andria è porta S. Andrea, o Arco di Federico II, l’unica porta ancora in piedi dopo l’unità d’Italia quando vennero demolite tutte le altre. Nelle vicinanze è situata la chiesa di S. Francesco costruita tra il XIII e XIV secolo, rivisitata e ristrutturata nel ‘700 in stile barocco. È nota la bellezza del suo campanile. Molto rappresentativo, il Palazzo Comunale, edificato dopo il ritorno di Federico II di Svevia dalla sesta crociata, nel 1230. Dal 1813 su decreto di Gioacchino Murat, Re delle due Sicilie divenne l’attuale sede del comune di Andria. A pochi chilometri dal centro cittadino, sospesa tra uliveti e vigneti si trova la chiesa di Santa Maria dei Miracoli, costruita nel ‘500 sulla grotta dedicata a Santa Margherita, utilizzata dai monaci basiliani. Il suo interno è rinascimentale con volte in legno dorato. Nella cripta è presente un affresco di Madonna con Bambino che appartiene al XIV secolo. Sempre nei dintorni del centro cittadino di Andria, nelle campagne, risiede la cripta di S. Croce, scavata nel tufo. Suddivisa in due navate riporta ancora alle pareti degli affreschi in stile bizantino. Una visita ad una città sospesa nel tempo come Andria è d’obbligo quando si arriva in Puglia! Tra il suggestivo Castello, il centro storico e la campagna che riporta testimonianze di edifici secolari. https://ift.tt/2SFR2dS Andria, in Puglia: cosa vedere di questa affascinante città La città di Andria è una delle mete più incantevoli nella Puglia centrale. Ricca di storia e di arte è conosciuta anche come la “Città dei tre campanili”, oltre che “Città Federiciana” per il suo profondo legame con Federico II di Svevia. Simbolo della città è Castel del Monte, che rappresenta anche uno dei complessi architettonici più noti della Puglia, che si erge su una collina poco fuori dall’abitato, nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia, uno dei Patrimoni dell’Umanità UNESCO. Ecco alcuni consigli per esplorare ed immergervi nella suggestiva città di Andria. Andria: cosa vedere La città sorge sul pendio inferiore delle Murge, a 151 metri sul livello del mare e a 10 km dal mare Adriatico. Le prime tracce di insediamenti nel territorio di Andria risalgono al Neolitico. Colonizzata dagli Ellenici, la città entrò a far parte dei possedimenti normanni e nel XIII secolo fu parte del dominio svevo e residenza del re Federico II, che fece costruire il famoso Castello, sul sito della precedente abbazia benedettina normanna. È forte l’influenza dell’Imperatore, con monumenti giunti fino a noi, come l’Arco di Federico I, ma non solo. Oggi nel suggestivo centro storico di Andria, è possibile ammirare anche le chiese e le torri risalenti al periodo angioino e aragonese, come la Torre dell’Orologio e la Chiesa di San Domenico. Andria e Castel del Monte Castel del Monte è una fortezza del XIII secolo fatta costruire dall’imperatore del Sacro Romano Impero Federico II, nell’odierna frazione omonima del comune di Andria, a 17 km dalla città. Uno dei siti più visitati in Italia e scelto come simbolo per la moneta da 1 centesimo di euro coniata nello stato italiano. Luogo intriso di fascino e mistero, set scenografico per numerosi film come Il nome della rosa, Il racconto dei racconti, King Arthur – Il potere della spada etc… Da sempre ha solleticato le fantasie di racconti e leggende. L’edificio è a pianta ottagonale e su ognuno degli otto spigoli si innestano otto torri della stessa forma nelle cortine murarie realizzate in pietra calcarea. Il cortile, di forma ottagonale, è contraddistinto, come tutto l’edificio, dal contrasto cromatico proveniente dall’utilizzo di breccia corallina, pietra calcarea e marmi. In passato vi erano collocate anche antiche sculture. Oggi è giunta sino a noi solo la lastra che simboleggia il Corteo dei cavalieri ed un frammento di figura antropomorfa. Le forme architettoniche e le sculture negli interni del castello ottagonale, risentono delle influenze dell’edilizia francese e di quella cistercense. Le decorazioni negli interni riproducono creature mitologiche e motivi vegetali. Tutto l’edificio è intriso di simbolismi che nei secoli e ancora oggi continuano ad appassionare gli studiosi. L’ottagono rappresenta l’infinità del cielo, mentre sulle due colonne che fiancheggiano il portale di ingresso sono presenti due leoni, che raffigurano il solstizio d’estate e d’inverno. La pianta della costruzione rappresenta una corona le cui punte toccano il cielo, un ottagono in pietra la cui altezza lo eleva a 540 metri sul mare, una bellezza architettonica di rilevanza storica, realizzata con rigore matematico ed astronomico. Un connubio simbolico di forme armoniche che uniscono gli elementi culturali del nord Europa, a quelli del mondo islamico a quelli dell’antichità classica e nello stesso tempo, un esempio tipico e iconico di architettura del Medioevo. Visitare Andria e dintorni Andria offre un centro storico complesso e ricco, dove, tra i luoghi di fede affascinanti e caratteristici, ricordiamo la Chiesa di Sant’Agostino, costruita nel XIII secolo dai Cavalieri templari, che passò in seguito ai Benedettini ed infine agli Agostiniani. Degno di nota il portale gotico realizzato nel XIV secolo e l’interno barocco. La Cattedrale di Santa Maria Assunta è il più importante luogo di culto cattolico della città. Fu realizzata per volere di Goffredo d’Altavilla, signore di Andria, tra la fine dell’XI secolo e l’inizio del XII secolo. Punto ideale per accedere al centro storico di Andria è porta S. Andrea, o Arco di Federico II, l’unica porta ancora in piedi dopo l’unità d’Italia quando vennero demolite tutte le altre. Nelle vicinanze è situata la chiesa di S. Francesco costruita tra il XIII e XIV secolo, rivisitata e ristrutturata nel ‘700 in stile barocco. È nota la bellezza del suo campanile. Molto rappresentativo, il Palazzo Comunale, edificato dopo il ritorno di Federico II di Svevia dalla sesta crociata, nel 1230. Dal 1813 su decreto di Gioacchino Murat, Re delle due Sicilie divenne l’attuale sede del comune di Andria. A pochi chilometri dal centro cittadino, sospesa tra uliveti e vigneti si trova la chiesa di Santa Maria dei Miracoli, costruita nel ‘500 sulla grotta dedicata a Santa Margherita, utilizzata dai monaci basiliani. Il suo interno è rinascimentale con volte in legno dorato. Nella cripta è presente un affresco di Madonna con Bambino che appartiene al XIV secolo. Sempre nei dintorni del centro cittadino di Andria, nelle campagne, risiede la cripta di S. Croce, scavata nel tufo. Suddivisa in due navate riporta ancora alle pareti degli affreschi in stile bizantino. Una visita ad una città sospesa nel tempo come Andria è d’obbligo quando si arriva in Puglia! Tra il suggestivo Castello, il centro storico e la campagna che riporta testimonianze di edifici secolari. Andria è un’affascinante cittadina pugliese ricca di storia, edifici religiosi e monumenti di grande interesse come il misterioso Castel del Monte.
1 note · View note
mezzopieno-news · 5 years
Text
IL CASTELLO COSTRUITO IN UNA GROTTA: RECORD DI INGEGNO
Tumblr media
Il più grande castello costruito in una grotta al mondo. Il Predjamski grad è una grande struttura rinascimentale all'interno di una grotta situata nel centro-sud della Slovenia a circa 11 chilometri dalla città di Postojna.
Il castello fu menzionato per la prima volta nel 1274 quando il patriarca di Aquileia lo costruì in stile gotico, sotto un arco roccioso naturale per rendere difficile l'accesso agli assalitori. In seguito fu acquisito e ampliato dalla nobile famiglia Luegg, conosciuta anche come i Cavalieri di Adelsberg.
Il castello fu attaccato molte volte nei secoli ma la sua ardita posizione lo rese inespugnabile. Sede del cavaliere Erasmo di Luegg nel 15 ° secolo, il figlio del governatore imperiale di Trieste. Erasmo fu ucciso dopo un lungo assedio, secondo una leggenda popolare, tradito da uno dei suoi uomini e colpito da un colpo di cannone nel suo gabinetto, l’unico punto debole di tutta la costruzione.
Dopo l'assedio e la distruzione del castello originale, le sue rovine furono acquisite dalla famiglia Oberburg e nel 1570 l'attuale castello fu costruito in stile rinascimentale, all'interno della roccia verticale sotto l'originale fortificazione medievale. Il castello è rimasto in questa forma, praticamente invariato, fino ai giorni nostri ed è stato inserito tra i Guinness dei primati come la struttura più grande mai costruita all'interno di una grotta.
__________________
Fonte: Postojnska Jama; Guinness World Record - 11 ottobre 2019
✔ Buone notizie cambiano il mondo. Firma la petizione per avere più informazione positiva in giornali e telegiornali https://www.change.org/p/per-avere-un-informazione-positiva-e-veritiera-in-giornali-e-telegiornali
0 notes
colospaola · 6 years
Text
Sulle verdi colline dell’Oltrepò Pavese, il piccolo borgo di Zavattarello, dominato dal suo castello, ha una storia antichissima da raccontare.
La leggenda racconta che Zavattarello sia stato il rifugio di alcuni disertori romani fuggiti dalla battaglia del Trebbia, vinta da Annibale nel 218 a. C., come conferma il ritrovamento di una necropoli romana, anche se altri reperti più antichi suggeriscono che il luogo fosse già abitato in precedenza.
Si dice anche che, in tarda età romana e nel Medioevo, lavorassero nel paese molti calzolai, anzi, lo stesso nome di Zavattarello deriverebbe da un termine locale dell’epoca molto somigliante al moderno “zavaltée”.
L’importanza di Zavattarello nell’Alto Medioevo, soprattutto in ambito religioso, è evidente in un episodio del 929 quando, durante il viaggio per condurre le spoglie di S. Colombano a Pavia, i monaci di Bobbio sostarono per la prima notte  nella chiesa di San Paolo, che in quell’occasione viene definita Pieve.
Si deduce quindi che la chiesa esistesse in epoca molto antica, proprio nel sito di un antico santuario pagano dedicato a Saturno e  da questo luogo di culto deriverebbe secondo alcuni il nome del paese in uso fino all’inizio del Basso Medioevo, Sarturanum.
Alla fine del X secolo risale l’edificazione del nucleo originario del castello, che fu un possedimento del vescovo di Bobbio fino al 1169, quando, durante le lotte tra Pavesi e Piacentini, fu conquistato da questi ultimi.
Nel 1209, su ordine dell’imperatore Ottone IV, Zavattarello ridivenne possedimento del vescovo di Bobbio, in un periodo di lotte tra due fazioni piacentine: quella ghibellina capitanata dalla famiglia Landi e quella guelfa guidata dalla casata degli Scotti.
Le alterne vicende belliche e diplomatiche permisero ai Landi di tenere Zavattarello sino all’approssimarsi dell’era viscontea.
L’affermazione dei Visconti segnò l’arrivo della famiglia Dal Verme, infatti nel 1390 il vescovo di Bobbio attribuì il feudo a Jacopo Dal Verme, originario di Verona, celebre condottiero e fondatore di una scuola militare conosciuta in tutta Europa, che fu il primo della casata Dal Verme ad avere possedimenti nell’Oltrepo Pavese. 
Nel 1485 Lodovico il Moro fece avvelenare il conte Pietro Dal Verme, che non aveva eredi, e si impadronì di Zavattarello e lo infeudò a Galeazzo Sanseverino, conte di Caiazzo.
Nel 1499 Lodovico il Moro fuggì da Milano di fronte all’avanzata dell’esercito francese comandato dal milanese Gian Giacomo Trivulzio e si rifugiò in Germania, insieme al Sanseverino, mentre  Bernardino della Corte, che si trovava nel Castello di Milano, si arrese ai Francesi per denaro e venne ricompensato proprio col feudo di Zavattarello e con altri beni che erano appartenuti ai Dal Verme.
Gli eredi dei Dal Verme però continuavano a reclamare i propri diritti e nel 1512, alla morte della Corte, riebbero Zavattarello, mentre il Sanseverino si alleò ai Francesi e nel 1520 riottenne il feudo da Francesco I.
Le lotte tra il Sanseverino e i Dal Verme terminarono solo con la morte del primo nella battaglia di Pavia nel 1525 e così i Dal Verme rimasero padroni incontrastati del feudo fino all’arrivo di Napoleone.
Nel 1817 Zavattarello passò dalla Diocesi di Bobbio a quella di Tortona e nel 1923, con Bobbio, venne aggregato alla provincia di Piacenza ma le proteste, sfociate nella marcia su Bobbio del dicembre 1924, costrinsero le autorità a organizzare un plebiscito che nel 1925 decretò il ritorno del centro alla provincia di Pavia.
Con la seconda guerra mondiale, Zavattarello fu uno dei principali teatri delle vicende belliche dell’Oltrepò, tanto che i Nazisti diedero alle fiamme il castello il 23 novembre 1944 come monito per i Partigiani della zona.
Nel 1975 i figli e la moglie del Conte Giuseppe Dal Verme firmarono l’atto di donazione del castello al Comune di Zavattarello, che n’è ancora oggi il proprietario e che si è occupato dei restauri che rendono oggi il maniero un polo di attrazione turistica e culturale in continua crescita.
Il piccolo paese di Zavattarello può riservare piacevoli sorprese ai turisti, con il suo borgo duecentesco, ricco di musei e chiese, tutte bellezze artistiche cariche di storia e di fascino, senza dimenticare la natura, il cuore di queste terre.
Via Marconi, partendo da Piazza Dal Verme, si ricollega a Via Carlo Dal Verme, che conduce al castello, in un viaggio nella storia del paese, che in queste vie pare come sospesa nel tempo, regalando emozioni eterne che sembrano sprigionate da ogni singola pietra. Gli Zavattarellesi chiamano questa parte del paese Su di Dentro dato che  si accede dalla piazza principale attraversando un arco in pietra, con al di sopra la torre che permetteva il controllo degli accessi: una prima linea di difesa contro gli invasori.
Anticamente, tutto il borgo era fortificato e ancora oggi ci sono parti delle mura medievali.
Completamente costruito in pietra, con uno spessore murario fino a 4 metri, il Castello Dal Verme di Zavattarello è un formidabile complesso architettonico medievale che ha resistito a numerosi assedi e che prende il suo nome alla famiglia che per ben sei secoli ha segnato la storia del castello.
Dalla terrazza e dalla torre si gode un panorama mozzafiato, tra le verdi campagne, i freschi boschi, le colline con gli altri castelli della zona, Montalto Pavese, Valverde, Torre degli Alberi, Pietragavina.
L’imponente rocca sovrasta il borgo medievale abbarbicato sulla collina ed è circondata da un parco di circa 79 ettari ricco di pace e silenzio, in cui si possono scoprire angoli fiabeschi. Eventi, cerimonie, mostre, feste, conferenze animano queste sale, dove antico e moderno si fondono, creando un piccolo mondo davvero unico.
Nelle sale del Castello Dal Verme di Zavattarello dal 2003 si trova una collezione di arte contemporanea in continua crescita ed evoluzione, che è una delle tante attrattive offerte ai visitatori che ogni anno salgono a visitare la rocca medievale, con opere dell’arte italiana dalla seconda metà del XX secolo a oggi, oltre a quadri più antichi dipinti dal Conte Giuseppe dal Verme, proprietario del Castello all’inizio del Novecento.
E’ proprio all’artista Conte Giuseppe dal Verme e alla moglie Titina Gavazzi è intitolato il Museo, come atto di omaggio al grande amore per l’arte e per questa rocca del conte.
Ogni anno le sale del castello ospitano anche numerose mostre temporanee per la manifestazione Estate in Arte, tra  personali e collettive di artisti emergenti e celebri, con un occhio di riguardo al rapporto con il territorio.
Ci sono due chiese e un cimitero di grande valore artistico e storico nel centro storico di Zavattarello da vedere, oltre il castello.
La chiesa patronale di San Paolo già citata nel 929, in occasione della sosta a Zavattarello dei monaci di Bobbio, fu rimaneggiata a più riprese nei secoli successivi, poi riconsacrata nel 1520 dal vescovo di Piacenza Pietro de Reconda, dopo che era stato ampliato nel 1500.
La facciata fu sovrapposta nel XVIII secolo a quella originaria e ha visto subito un restauro in occasione del Giubileo nell’anno 2000.
Nell’abside è custodita una grande pala d’altare del primo seicento in legno dorato riccamente scolpito con al suo interno un dipinto ad olio del XV secolo che raffigura la Madonna con il Bambino e il Diavolo. 
L’oratorio di San Rocco, che venne edificato nel XIV secolo,  era originariamente parte di un monastero cistercense, purtroppo ora scomparso.
L’altare maggiore è in legno dorato, con una grandiosa decorazione tardo barocca che Ambrogio Corona, nel suo saggio Zavattarello perla dell’Oltrepò, definì “un capolavoro dell’arte barocca”.
Nella chiesa si trova conservata una statua del XVI secolo che mostra  la Madonna del Rosario con il Bambino, oltre alle quindici tele della Via Crucis degli artisti della scuola di Tintoretto.
La costruzione del cimitero ottagonale di Zavattarello iniziò nel 1689, quando fu costituita la confraternita del Pio Suffragio con una bolla emanata da papa Innocenzo XI, ma venne terminato solo  due secoli più tardi, al tempo di Carlo Alberto di Savoia, grazie alle oblazioni e ai lasciti degli iscritti al sodalizio.
Nell’affascinante struttura, oltre a molte tombe antiche e moderne, ci sono anche le tombe di famiglia dei Conti Dal Verme. 
Zavattarello nel verde dell’Oltrepò Pavese Sulle verdi colline dell’Oltrepò Pavese, il piccolo borgo di Zavattarello, dominato dal suo castello, ha una storia antichissima da raccontare.
0 notes
Text
  (adsbygoogle = window.adsbygoogle || []).push({});
    Castello Estense a Ferrara
l’esterno, le sale
e le opere di abbellimento
seconda parte
    Facciata nord-ovest del Castello Estense
    Quattro torri, a nord dei Leoni, a ovest quella di Santa Caterina, San Paolo a sud e la Marchesana a est, delimitano il quadrilatero che forma il Castello Estense, il materiale da costruzione usato, è il mattone rosso intervallato con elementi in pietra bianca delle cave del veronese e istriane, due materiali utilizzati anche per le costruzioni in tutta la città.
Il mattone rosso era l’unico disponibile nel territorio e le costruzioni vennero alleggerite e impreziosite con cornici alle finestre, nei balconi o con elementi architettonici in pietra bianca, lavorata e scolpita, materiali che vennero in sostituzione all’intonaco grigio e freddo, che originariamente coprivano le costruzioni cittadine.
    Tour virtuale del Castello Estense
    Lungo la facciata a nord, a destra della Torre dei Leoni, troviamo il grande “Rivellino” del settecento, una fortificazione indipendente a difesa della porta del Castello Estense.
Costruita come ampliamento del primo piano dell’appartamento del cardinale Scipione Borghese, ha sulla facciata il balconcino in legno coperto, da dove il cardinale poteva assistere ai giochi e alle corse dei cavalli, momenti di distrazione per i cittadini di Ferrara.
Sulla sinistra la grande mole della Torre dei Leoni, con il manufatto raffigurante i due leoni rampanti, e la scritta Wor Bas, il motto scritto sui cartigli, riportati ora all’originaria simmetria, dopo che si era persa a seguito di un intervento, che si presume sia stato compiuto tra il XVIII e il XIX secolo.
Le due parole scritte fra i due leoni, sormontati da un imponente elmo raffigurante l’aquila, che rappresentano Nicolò, a destra e Alberto, a sinistra, simboleggia il motto dei due Este.
  (adsbygoogle = window.adsbygoogle || []).push({});
  Torre dei Leoni
    La Torre che diede inizio all’incastellamento di Ferrara, già presente lungo le mura trecentesche della città, era posta a difesa della Porta del Leone, mentre un ampio canale, scorreva lungo le mura a nord e poi,  si collegava al sistema fluviale del Po.
La città in quel periodo si distendeva lungo la riva sinistra del ramo principale del grande fiume e in quel punto, si apriva verso oriente in un grande delta.
Dalla semplice Torre di guardia, che era, con base quadrata e uniforme nella sua altezza, si passò ad una piccola rocca, assai più larga alla base e con larghi spalti al primo piano, dove venivano alloggiate le nuove tecniche di difesa, raggiungibili tramite una rampa, adatta al camminamento degli animali da soma, adibiti al trasporto di armi, artiglieria e munizioni.
Al piano terra e primo, della Rocca, le sale erano dedicate agli alloggi e postazioni per il corpo di guardia, mentre i sotterranei erano sede delle tetre e umide prigioni.
Tre arcate cieche e posizionate al centro di ogni lato della Rocca, facevano sì che i quattro spigoli, con muratura di maggior spessore, assomigliassero ad altrettante piccole torri, mentre un fossato circondava l’intero perimetro, permettendo l’attracco a piccole imbarcazioni per il collegamento con la Porta del Leone, da un lato, e alle mura della città, dall’altro lato, con ponti levatoi.
In seguito Girolamo da Carpi, sempre nell’intento di ampliamento del Castello Estense, trasformò gli spalti del primo piano in due logge laterali, chiuse e tra loro un balcone frontale.
  (adsbygoogle = window.adsbygoogle || []).push({});
  Le prigioni
    Nei sotterranei della Torre dei Leoni, a livello del fossato, si trovano le prigioni, di uso “non comune”, i prigionieri comuni venivano detenuti presso le carceri del Palazzo della Regione, qui invece venivano messi in stato di detenzione quelli che dovevano avere “un occhio di riguardo”, personaggi d’alto rango o comunque prigionieri per cui occorreva una particolare sorveglianza, quelli che subivano la paranoia del Signore di Ferrara del momento, in alcune celle è ancora possibile riconoscere alcune tracce lasciate dai reclusi, come ad esempio delle scritte graffite sui mattoni della parete.
queste cominciavano da una sala attigua alle Cucine, attraverso un grande arco si accede alla Torre dei Leoni, da dove per uno stretto corridoio e un angusta scaletta si scende nei sotterranei della Torre e alle prigioni.
#gallery-0-15 { margin: auto; } #gallery-0-15 .gallery-item { float: left; margin-top: 10px; text-align: center; width: 33%; } #gallery-0-15 img { border: 2px solid #cfcfcf; } #gallery-0-15 .gallery-caption { margin-left: 0; } /* see gallery_shortcode() in wp-includes/media.php */
Accesso alle prigioni del Castello Estense
Le prigioni del castello Estense
porta della prigione di don Giulio
Qui videro la tragica fine, Ugo Aldobrandino e Parisina Malatesta, il figlio di primo letto e la seconda moglie del Marchese Nicolò III, i due giovani amanti vennero scoperti e ordinata la loro decapitazione, condotti al patibolo, in fondo alla Torre Marchesana, dove per un riconducibile gesto di pietà, forse del  marchese Nicolò III, sul luogo dell’esecuzione capitale venne realizzato un affresco di soggetto sacro, una Madonna con il Bambino tra i santi Giacomo e Antonio, il “Trittico della decapitazione”.
Altri ospiti illustri delle prigioni della Torre dei leoni, furono i fratelli di Alfonso I, rinchiusi e condannati a morte, per aver attentato alla vita del duca  e dell’altro fratello, il cardinale Ippolito.
Don Giulio e don Ferrante, ebbero commutata la pena nel carcere a vita, da scontarsi nelle prigioni del Castello, don Ferrante vi trovò la morte dopo trentaquattro anni di reclusione, mentre don Giulio fu graziato, all’età di 81 anni.
Altro ospite da non dimenticare, fu Gigliolo Giglioli, brillante esperto di diritto e consigliere del marchese Nicolò III, di cui godeva dei più alti favori e capitano di Reggio, fu improvvisamente messo agli arresti con l’accusa di tradimento, venne condotto nella più orrida delle prigioni, all’interno della Torre Marchesana detta di San Michele, da cui prenderà il titolo l’operetta o “comediola” Michaelida, che Gigliolo compose nei tredici anni passati nel “fundo di torre”.
  (adsbygoogle = window.adsbygoogle || []).push({});
  La facciata est del Castello Estense
    Rivolta verso il centro cittadino, il Duomo e la Piazzetta, la facciata est del Castello Estense, mette in mostra la Loggia delle Duchesse o Giardino degli Aranci, ricavato sopra la struttura sporgente delle Cucine Ducali.
    Il Giardino degli Aranci
    Considerato il luogo tra i più ricchi di memorie estensi, questo terrazzo evoca la presenza della Corte, voluto dalla Duchessa Eleonora d’Aragona, dopo il suo insediamento a castello e nell’opera di ingrandimento e abbellimento.
Il Giardino degli Aranci nel Castello Estense
Il giardino nei secoli subisce diverse sistemazioni, da giardino pensile con vialetti, terreno riportato e coltivazione in aiuole di piante annuali, durante il periodo della Duchessa Eleonora,  agli aranci, durante il periodo di Alfonso I, piantati in grandi mastelli di legno che nella stagione invernale venivano riparati nella loggia utilizzata come serra, ancora oggi i grandi vasi vengono spostati ad ogni cambio di stagione.
Inizialmente allestito sul tetto del rivellino, per poi abbellirlo con muretto in cotto, perimetrale fornito di merlatura, in modo che i cittadini non potessero vedere al suo interno ma fornito di piccole aperture che consentono ampie vedute sulla città sottostante.
  (adsbygoogle = window.adsbygoogle || []).push({});
  Le Cucine Ducali
    Costruite nei primi anni del Cinquecento, con l’ampliamento dell’ala est del Castello e poggiate sulle fondamenta dell’antica e ormai distrutta Porta del Leone, delle grandi Cucine Ducali, è arrivato ai giorni nostri la documentazione dell’intonacatura, mai portata a termine, la particolare pavimentazione con visibili le aperture per gli scoli degli antichi acquai, mentre lungo il lato nord della sala era collocato un camino che copriva tutta la parete, testimoniato dalle due finestrelle quadrate che fungevano da prese d’aria.
La spasmodica attività delle cucine era dovuta ai leggendari banchetti di corte, con le innumerevoli portate, preparate dai grandi “scalchi”, i cuochi abilissimi e cerimonieri, che inframezzavano le portate con rappresentazioni sceniche e intrattenimenti musicali.
Le Cucine Ducali al Castello Estense
A ricordo, uno dei più grandi fu Cristoforo di Messisbugo, al servizio di due duchi estensi, Alfonso I ed Ercole II.
Ritenuto geniale regista di tanti fastosi ricevimenti, Messisbugo concepiva il banchetto come “una festa magnifica, tutta ombra, sogno, chimera, mettafora et allegoria”.
La facciata est prosegue con la lunga balconata in pietra bianca, che collega con Torre Marchesana.
  (adsbygoogle = window.adsbygoogle || []).push({});
  Torre Marchesana angolo nord-est del Castello Estense
  Torre Marchesana, probabilmente fatta costruire in onore del fratello di Nicolò III, Alberto fondatore dell’Università di Ferrara e si narra che nelle fondamenta, durante la posa della prima pietra, venne depositato un Ducato d’oro, nella facciata della Torre è presente l’orologio, che precedentemente faceva sfoggio presso la Torre del Rigobello, che fu distrutta.
Al primo piano di Torre Marchesana, si trova la Sala delle Geografie o Marchesana, questa presenta un soffitto a volta, monocromatico e a cassettoni, con forma rotonda, quadrata e ottagonale, al centro spicca un affresco rappresentante la figura alata della Poesia, con corona d’alloro intorno la testa, nell’atto di scrivere il nome dell’Ariosto su una pergamena sorretta da un puttino alato, decretando così come massimo rappresentante e maestro, il poeta Ludovico Ariosto, tra i letterati della città.
Il soffitto della sala delle Geografie
Ai quattro angoli del quadrato, con in mezzo la raffigurazione della Poesia, si trovano quattro dipinti interni a cassettoni circolari, raffiguranti altri putti alati, con in mano pergamene con i nomi di altrettanti poeti ferraresi.
Nei primi del ‘700, le pareti vennero decorate dal quadraturista Anton Felice Ferrari, su disegni del cartografo e agrimensore Giuseppe Tomaso Bonfadini, il cui nome appare in un cartiglio retto da un puttino nell’angolo inferiore sinistro della parete ovest, dove è rappresentato all’antica il fiume Po, personificato dalla canonica maestosa figura maschile appoggiata a una giara da cui esce acqua.
Due lapidi nella Sala delle Geografie, ricordano la visita al Castello Estense di Giuseppe Garibaldi e del re Vittorio Emanuele III.
La Sala delle Geografie
Il lato est prosegue scavalcando il fossato con la cosiddetta Ala Prolegati, che altro non è che il vecchio ponte levatoio in legno, rifatto in muratura e coperto, sopraelevato che collegava e collega tuttora il Castello Estense a Palazzo Ducale, oggi sede del Municipio.
L’Ala Prolegati fu a più riprese sopraelevato e in corrispondenza del primo piano del Castello vi si trovano i famosissimi camerini di Alabastro, studioli di Alfonso I, qui vi sono raccolti pregevoli pezzi d’arte della collezione Estense, tra cui opere di Tiziano, al quale viene attribuito il disegno del balconcino dell’Ala Prolegati che si affaccia sull’attuale piazza Savonarola.
Sul Lato ovest del castello si apre l’ultimo accesso, tramite il Rivellino a fianco di Torre Santa Caterina, munito di ponte levatoio in legno.
All’interno del Castello, il cortile presenta un lato con loggiato ad archi sorretti da colonne in pietra bianca e al centro del cortile, un pozzo con vasca profonda sette metri per il filtraggio dell’acqua piovana, sempre dal cortile si aprono gli accessi agli scaloni che portano ai piani superiori del Castello, quello che più desta interesse è lo scalone elicoidale, che dà accesso al porticato e che consentiva anche l’utilizzo delle cavalcature, proseguiva poi per il primo piano fino al Salone degli Stemmi.
  (adsbygoogle = window.adsbygoogle || []).push({});
  Le sale del Castello Estense
    Il Camerino dei Baccanali
    Partendo dalla Loggia degli Aranci ed entrando nel corpo del Castello, si passa dal Camerino dei Baccanali, originariamente studiolo del signore di Ferrara, dove soleva ritirarsi, con la sola compagnia dei libri e degli oggetti più idonei a conciliare l’attività intellettuale.
La saletta è decorata con una parete ad affresco detto dei Baccanali, suddiviso in tre quadri separati da motivi architettonici.
Affresco dei Baccanali nel Camerino dei Baccanali
Quello a sinistra rappresenta il Trionfo di Arianna, con la donna, attorniata da satiri e baccanti, seduta su di un carro trainato da felini, quello centrale è una Scena di Vendemmia, satiri e ninfe, raccolgono e trasformano l’uva in vino, l’ultimo quadro è conosciuto come il Trionfo di Bacco, un corteo di elefanti e cammelli accompagna il carro di Arianna, mentre Bacco ubriaco tenta di cavalcare un leone sotto lo sguardo di Giove che sbuca tra le nuvole.
    La cappella di Renata di Francia
    Adiacente il Camerino dei Baccanali, si trova la Cappella Ducale o di Renata di Francia, figlia del re di Francia e moglie di Ercole II d’Este, di convinta fede calvinista, fece costruire il tempietto in legno, sotto le volte dell’attiguo salone, oggi sala del Consiglio Provinciale.
L’affresco della volta della Cappella di Renata di Francia o Cappella Ducale
Le pareti non presentano nessuna effige sacra, dato che questa dottrina non accetta questo tipo di immagini, marmi policromi racchiusi in un raffinato disegno di cornici, prendono il loro posto e il soffitto con gli affreschi riportano le immagini dei quattro Evangelisti, tra medaglioni recanti l’aquila estense, questi non incrinavano tale convincimento, perché ritenuti opera del pittore ottocentesco Giuseppe Tamarozzi.
  (adsbygoogle = window.adsbygoogle || []).push({});
  La Sala dell’Aurora
    All’interno della Torre dei Leoni, è di forma quadrata ed è parte, insieme alla Sala dei Giochi e a alla Saletta dei Giochi, dell’appartamento privato dei duchi.
Nella Sala dell’Aurora la volta è suddivisa in quattro comparti, rappresentanti metaforicamente la vita umana, che ruotano intorno all’immagine centrale del Tempo.
L’affresco della Sala dell’Aurora
L’Aurora, il Giorno, il Tramonto e la Notte, il primo l’Aurora è raffigurata mentre trattiene i quattro cavalli del carro del marito Tritone, il Giorno con il carro di Apollo, preceduto dall’Aurora con in mano due fiaccole, il Tramonto, dove Apollo sferza i cavalli stanchi mentre alle sue spalle delle figure portano le fiaccole, l’ultimo la Notte è raffigurata da Diana, che scende dal carro aiutata da Orione.
    La Saletta dei Giochi
    Ambiente di collegamento tra la Sala dell’Aurora e il Salone dei Giochi, riprende i temi sviluppati nelle decorazioni delle sale adiacenti.
Il motivo centrale delle quattro stagioni, idealmente connesso ai quattro momenti della giornata rappresentati nella Sala dell’Aurora, viene ripreso anche il tema delle arti ed esercizi ginnici, già ampiamente trattato nel Salone dei Giochi e qui ripreso e completato con dei putti impegnati nel gioco dei birilli e della trottola.
Altri affreschi rappresentano le competizioni sportive in uso all’epoca, il gioco degli otri, l’antico pugilato, mentre più legate all’atletica militare sono le scene proposte all’estremità della volta, a est il telesiaco, esercizio saltatorio eseguito in armi per sviluppare la destrezza negli scontri, a ovest il combattimento gladiatorio.
#gallery-0-16 { margin: auto; } #gallery-0-16 .gallery-item { float: left; margin-top: 10px; text-align: center; width: 33%; } #gallery-0-16 img { border: 2px solid #cfcfcf; } #gallery-0-16 .gallery-caption { margin-left: 0; } /* see gallery_shortcode() in wp-includes/media.php */
La Sala degli Stemmi
La volta della Saletta dei Giochi
Salone dei Giochi
Altre magnifiche sale compongono il Castello Estense, il già citato Salone dei Giochi, l’appartamento Borghese del cardinale, purtroppo non visitabile come pure l’appartamento del Prefetto e l’ala dei cardinali legati.
La Camera della Pazienza, l’Anticamera della Galleria, la sala della Galleria, la sala di Ettore e Andromaca, la Sala dei Comuni, la saletta dei Veleni, Sala Città di Ferrara, le bonifiche, la torre di San Paolo, l’anticamera del Governo, la sala del Governo, la sala della Devoluzione, la sala dei Paesaggi, la sala delle Geografie o Marchesana, la sala degli Stemmi, sono le bellissime sale del castello tutte da visitare, per la magnificenza dei dipinti e per il pezzo di storia italiana, che fa parte delle nostre radici.
    window.dataLayer = window.dataLayer || []; function gtag(){dataLayer.push(arguments)}; gtag('js', new Date());
gtag('config', 'UA-83041422-1');
Castello Estense viaggio virtuale Castello Estense a Ferrara l’esterno, le sale e le opere di abbellimento seconda parte Quattro torri, a nord dei Leoni, a ovest quella di Santa Caterina, San Paolo a sud e la Marchesana a est, delimitano il quadrilatero che forma il Castello Estense, il materiale da costruzione usato, è il mattone rosso intervallato con elementi in pietra bianca delle cave del veronese e istriane, due materiali utilizzati anche per le costruzioni in tutta la città.
0 notes
iannozzigiuseppe · 2 years
Text
Come d'Arco scocca: Il castello di Arco nei secoli in 13 racconti - AA.VV. - a cura di Giancarlo Narciso - Borderfiction Edizioni
Come d’Arco scocca: Il castello di Arco nei secoli in 13 racconti – AA.VV. – a cura di Giancarlo Narciso – Borderfiction Edizioni
Come d’Arco scocca Il castello di Arco nei secoli in 13 racconti a cura di Giancarlo Narciso Borderfiction Edizioni Come d’Arco scocca. Perché, innanzitutto, questo titolo dalle evidenti assonanze con la celebre frase Senza cozzar dirocco con cui il Vate volle celebrare il Genio di uno dei più significativi personaggi della Storia di Arco, il pioniere dell’aeronautica Gianni Caproni? Perché…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
idrotermica-blog · 7 years
Text
10 cose da fare a Verona, nei fine settimana Verona
La facciata in mattoni, divisa verticalmente in tre sezioni corrispondenti alle navate interne, è solenne e impressionante. Zeno. Piazza Bra è la più grande piazza di Verona.
Il portale in legno è rivestito con 48 preziose formelle bronzee, con scene di # 8217; Vecchio e Nuovo Testamento e Miracoli di San Il ponte fu costruito tra il 1354 e il 1356 sotto il dominio di Cangrande II della Scala, al fine di garantire la fortezza di Castelvecchio costruenda una fuga verso il Tirolo, nel caso ci fosse stato un tripudio, evitando così che il fiume è diventato una barriera insuperabile. A all'inizio del XIX secolo iniziò la devastazione degli ex edifici dell'abbazia. Il lato ovest, quello più piccolo, è chiuso dal barocco Palazzo Maffei, ornata da numerose statue dei greci: Giove, Ercole, Minerva, Venere, Mercurio e Apollo.
3) Basilica di San Zeno Maggiore Accanto alla Basilica, si trova l # 8217; alto campanile che risale come la torre merlata nel 1045. La Torre dei Lamberti detiene il primato storico edificio più alto della città di Verona, seguito dal campanile bianco del Duomo, alto 74,9 metri. La piazza di fronte al palazzo si può avere un ampio panorama sulla città.
Questi tra il 1852 e il 1856 ha realizzato la caserma militare che possiamo ancora ammirare. 4) Chiesa di Sant # 8217; Anastasia Il monastero fu soppresso dalla Repubblica di Venezia nel 1770. Situato in una piccola piazza, che si trova alla fine del # 8217; durante lo stesso nome, la basilica medievale di San
Sulla facciata spicca il bel rosone. Nel 1954 ha avuto luogo nella chiesa del funerale del futuro San Giovanni Calabria. Il ponte crollata ripetutamente nel 1007, 1153, 1232, nel 1239 e nel 1503. La piazza è fiancheggiata da numerosi edifici di grande importanza storico-artistico. Tra il IX e il XIII secolo, l'abbazia fu il monastero più ricco e potente di Verona.
Ponte di pietra si trova in uno dei più suggestivi punti panoramicamente di Verona. La Cattedrale di Santa Maria Matricolare è il principale luogo di culto cattolico in città e sede vescovile. La piazza è stato creato nel medioevo dallo sviluppo di palazzi Scala, e assume fin dall'inizio # 8217; inizio di politica, amministrativa e di rappresentanza.
L'allargamento della Bra ha cominciato a trasformarsi in piazza solo nella prima metà del XVI secolo, quando il # 8217; architetto Michele Sanmicheli concluso il palazzo di Honorij Questo edificio è stato quello di delimitare il lato occidentale della futura piazza. In epoca romana un tempio è stato costruito alla fine del trecento un maniero signorile costruita dai Visconti e rinforzata durante la dominazione veneziana. E 'legittimo data prima 89 aC un primo manufatto costruito a cavallo dell'Adige, tra la riva destra e la riva sinistra. Anastasia è la più grande chiesa di Verona.
5) Castel San Pietro e il piazzale Il 25 aprile 1945 il ponte fu minato dai tedeschi in ritirata, è stato fatto saltare in aria rimase in piedi solo il primo arco sulla destra. Nel 1295 ci sono stati collocati due campane: la Marangona suonava l'ora della fine del lavoro per gli artigiani e ha dato l'allarme in caso di incendio, mentre Rengo riunito il Consiglio ha ricordato i cittadini in caso di pericolo per la città di armi. Molte case sono resti di affreschi. Così qui riportiamo la 10 cose che dovete vedere a Verona. ma se avete un po 'più di tempo, cogliere questa opportunità e scoprire anche le altre 999 cose da non perdere.
E 'una torre medievale, alta 84 metri, che domina piazza Erbe. E 'anche non è facile racchiudere le cose da fare a Verona in soli 10 punti. Procolo e una statua in marmo policromo di San Zeno, detta "San Zeno a ridere", del XII secolo. La struttura attuale si trova sul luogo dove è stato costruito nel IV secolo la prima chiesa cristiana in città. Si trova nel lato sud della Casa dei Mercanti (o Domus Mercatorum) a ricordare l'antica funzione di centro politico e commerciale della piazza.
Questo è stato inizialmente utilizzato come caserma dagli austriaci, divenne, a causa di # 8217; l'annessione di Venezia al Regno d # 8217; L'Italia, il municipio della città di Verona. 1) Piazza delle Erbe La Gran Guardia, iniziata dai Veneziani nel XVII secolo e completata dagli austriaci nel # 8217; XIX secolo, è andato a delineare il lato meridionale della piazza, mentre nel 1836 il # 8217; l'architetto Giuseppe Barbieri ha progettato il bordo orientale, dove hanno demolito un ospedale, alcune case e una chiesa, al posto del quale è sorto il Gran Guardia Nuova, meglio conosciuto come Palazzo Barbieri. Il Castel San Pietro è un ex edificio militare di Verona. La basilica a lui dedicata è uno dei capolavori dell'arte romanica in Italia.
San Zeno è stato l'ottavo vescovo di Verona. Piazza dei Signori, conosciuta anche come Piazza Dante, si trova nel centro storico, vicino a Piazza delle Erbe. 8) Torre dei Lamberti SHARE IL POSTO Il lato nord è occupato da # 8217; vecchio edificio della città, la Torre dei Lamberti, la Casa dei giudici e le case Mazzanti.
Nonostante le difficoltà e subito le ristrutturazioni, rimane uno dei più grandi monumenti della Verona romana. Castelvecchio, originariamente chiamato Castello di San Martino in Aquaro, è un castello a Verona, attualmente utilizzato per ospitare il museo, è il più importante monumento militare della Scaligera. La costruzione di una nuova cattedrale fu iniziata solo nel 1120, e si è concluso in # 8217; 1187 anni.
L # 8217; edificio sorge sul colle di San Pietro, su un altopiano dove, in epoca romana, c'era un tempio legato al teatro romano. 7) Castelvecchio e Ponte Scaligero 9) Piazza dei Signori
10 cose da fare a Verona
Il soggetto di Verona in poche parole. Nel 1957 fu posta la prima pietra per la ricostruzione degli archi distrutti e, infine, 7 marzo 1959, il ponte è stato inaugurato, a coronamento di una ricostruzione fedele. E 'la più antica piazza di Verona e sorge sopra # 8217; area dell'antico foro romano, il centro della vita politica ed economica. I lavori per la costruzione della Basilica iniziata nel 1290 e proseguita con alti e bassi per quasi due secoli la chiesa fu consacrata nel 1471. Il castello Visconti ha continuato a dominare la collina fino a marzo 1801, quando le truppe di Napoleone ha fatta esplodere prima di consegnare la città agli austriaci. Nella chiesa superiore, notano la statua di San Condividi su Facebook Condividi
**********
Verona La maggior parte delle belle cose da fare e da visitare
Una volta che il mercato ortofrutticolo (erbe) in realtà, un po '# 8216; come a Mantova, ma also in Padova e Venezia, oggi stiamo vendendo un po '# 8217; di tutto: ricordi, polli arrosto, arrosto ...
Un fine settimana in ... Verona - Il tuo italiano
AVANTI CRISTO. L'edificio è dominato dalla torre dei Lamberti, eretta nel 1172 da # 8217; famiglia Righi seguendo il tipico stile romanico # 8217; era ed ancora visibile nella parte inferiore, fatto ...
10 cose da fare a Verona - In viaggio con Liz
La piazza ospita la fontana di Madonna Verona. Verona un po 'come Venezia, nascondere piccole meraviglie agli occhi di chi superficiale, ma li rivela a coloro che attento e curioso ....
Verona, cose da fare e da vedere a Verona
San Zeno, con le sue origini africane, è stato l'ottavo vescovo di Verona (circa 362-380) e trasformato la città al Cristianesimo. Biglietto: ingresso libero con la pasta piselli e fagioli. Nei mesi di luglio, agosto ...
Verona Cose da fare - Attrazioni - Must See
Attraversare il ponte Ponte Pietra a piedi dove il ponte è stato in piedi fin dall'epoca romana. Smarter viaggio per Verona Cose da fare # 8211; attrazioni # 038; deve vedere Romeo e Giulietta aren # 8217; t ...
Visita Verona in 2 giorni per il vostro week-end, VeronaBooking
Voglia di shopping? A sinistra inizia via Mazzini. la prima via pedonale di Verona, per quasi un secolo, dedicato esclusivamente alla moda e dello shopping. ancora una volta attraversato il ponte di pietra ...
Cose da fare a Verona, Italia settentrionale - s Hidden Gem
I paesaggi di sole, cibo fresco e di montagna sono una vacanza in sé e per sé. Può sembrare strano, ma è assolutamente deliziosa, con una profondità di sapore che rivaleggia con qualsiasi altro tipo di salsa ...
Verona, un week-end nella città degli innamorati, Heather nei suoi viaggi
Ho sicuramente bisogno di fermare la prossima volta in estate # 8211; esso # 8217; s divertente vederli abbattere e impostazione del lavoro quotidiano. Piazza dei Signori a Verona, Italia dopo il nostro tour di casuale ...
Un week-end guide a Verona, Twins che il viaggio
Una volta a Verona, ci # 8217; s molto poco bisogno per il trasporto pubblico come la città è piccola e facile da coprire a piedi. Il treno era veloce, pulito e incredibilmente viene eseguito dalle prime ore del mattino per ...
10 luoghi da visitare a Verona, il blog di Verona
Cliccando sul link presente in queste dieci proposte di cui sopra si avrà ancora più notizie su ogni argomento trattato e di più, fornito da gruppo Guide Veneto guida Asso di Verona. da cui ...
Visitare Verona su Segway 
  Ciao, siamo Segway Verona una società innovativa istituito dalla giovane per tutti. Usiamo nuovo veicolo chiamato Segway / Ninebot che è auto-bilanciamento e elettrico per muoversi in città e permettere a tutti chi ha poco tempo per vedere gran parte della città.
Si tratta di un servizio di noleggio assistita, uno dei nostri ragazzo sarà il vostro accompagnatore lungo una pianificata percorso che può tak una o due ore, in aggiunta si può anche fermare per scattare qualche foto anche con l'aiuto del vostro accompagnatore.
Abbiamo scelto di inviare con voi una terza persona per una maggiore sicurezza, sia vostro che il nostro avendo qualcuno locale che sa come trattare con strade affollate di Verona è una certezza in più, oltre che agirà per l'aumento di qualsiasi difficoltà. Tutto questo per garantire un'esperienza indimenticabile.
www.segwayverona.com
0 notes
iannozzigiuseppe · 2 years
Photo
Tumblr media
Come d’Arco scocca: Il castello di Arco nei secoli in 13 racconti – AA.VV. – a cura di Giancarlo Narciso – Borderfiction Edizioni
0 notes
iannozzigiuseppe · 2 years
Photo
Tumblr media
Come d'Arco scocca: Il castello di Arco nei secoli in 13 racconti - AA.VV. - a cura di Giancarlo Narciso - Borderfiction Edizioni
0 notes
Photo
Tumblr media
Nuovo post su https://is.gd/W7YmqQ
Urbanistica in Terra d'Otranto. Il caso di Francavilla e le sue porte urbiche
di Mirko Belfiore
Durante la sua secolare storia, l’abitato di Francavilla poté contare sulla realizzazione di ben tre cinte murarie. La prima, con molta probabilità, fu costruita durante la seconda metà del XIV secolo dopo che, nel 1364, la città ottenne, dal principe di Taranto Filippo II d’Angiò (1329-1374), una concessione per la costruzione di nuove mura, ma di questo tracciato, purtroppo, non rimangono testimonianze.
Alcuni tempi dopo, quando a governare la città giunse il nuovo principe Giovanni Antonio del Balzo Orsini (1401-1463), ritenendo Francavilla non adeguatamente provvista di una perimetrazione difensiva, ordinò la costruzione di una nuova cerchia. Quest’ultima è riconducibile alla descrizione che ne fa l’abate Giovan Battista Pacichelli (1641-1695) il quale, facendo tappa a Francavilla, durante il suo soggiorno nel Regno di Napoli. fra il 1683 e il 1694, ci racconta di come l’impianto urbano fosse organizzato entro mura, torri e sei porte urbiche: “Al numero concorso delle genti, che dalle convicine, e remote parti vennero a farli novelli Cittadini di Francavilla, si formo la Terra circondata da Mura, e Torri, alle qualu furono distribuite sei Porte, tre picciole e tre maggiori, le maggiori furono la prima chiamata Porta grande, hoggi detta Porta della Piazza; la seconda la Porta di Sant’Antonio Abbate, hoggi del Castello; terza, che fu l’ultima a farsi, La Porta Nuova; le tre picciole, la prima fu detta Porta D’Elia, hoggi di San Sebastiano, la seconda Porta di San Carlo, hoggi la Rucirella, e la terza la Porta di S. Nicolò, hoggi detta dal volgo il Cravotto”.
1. Giovan Battista Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva, 1703.
  2. Veduta di Francavilla, da Giovan Battista Pacichelli, 1703
  Con i secoli a venire la città non smise di crescere e anzi, sotto l’impulso dei nuovi feudatari giunti da Genova e del ruolo raggiunto dalla stessa Francavilla in Terra d’Otranto, si giunse al superamento della cinta muraria cinquecentesca. La conseguente spinta edilizia incentivò la realizzazione di nuovi quartieri abitativi, congiuntura che spinse il principe Michele III Imperiale a farsi promotore fra il XVII e XVIII secolo, della realizzazione di una nuova cerchia muraria: la terza.
3. Ritratto di Michele III Imperiali Seniore (Anonimo, XVIII secolo, olio su tela, Francavilla Fontana, Castello-residenza).
  Quest’ultima, oltre a difendere il numero sempre più crescente di una popolazione che ormai raggiungeva il migliaio di fuochi, raggruppò le nuove borgate nate a Sud, Est ed Ovest dell’antico agglomerato quattro-cinquecentesco.
Percorrendo l’asse Sud che, dall’antica piazza del Foggiaro, oggi piazza Umberto I, prosegue attraverso il Burgo Grande, si erge in tutta la sua monumentalità la mole architettonica della Porta del Carmine, eretta intorno alla metà del XVII secolo e situata all’imboccatura di Via Roma (già Via del Carmine), una delle arterie cittadine fra le più scenografiche della città, sulla quale si andranno a inserire i più importanti ed eleganti palazzi della nobiltà francavillese.
4. Porta del Carmine, XVII secolo, prospetto principale.
  Ad una prima occhiata, si può notare subito la particolarità del suo prospetto, conforme ai canoni dei trattati cinquecenteschi del Serlio e del Palladio e innalzata quasi a voler imitare gli antichi archi di trionfo d’epoca romana. La struttura, deteriorata nella superficie tufacea dall’erosione degli agenti atmosferici, si presenta articolata in tre fornici, tutte contraddistinte da arcate a tutto sesto e fiancheggiate da semicolonne, quest’ultime poggianti su alti plinti e coronate da pregevoli capitelli compositi. Quattro dadi sporgenti e un cornicione aggettante caratterizzano la trabeazione, mentre due ricche cornici rettangolari, poste in asse coi portali laterali, realizzate forse con lo scopo di accogliere scritte mai eseguite, arricchiscono il prospetto principale.
5. Porta del Carmine. Prospetto interno
  La facciata interna, invece, presenta le medesime modanature ma, in alternativa alle semicolonne, si articola di alcune lesene finemente decorate da festoni floreali.
6. Ritratto di Michele IV Imperiale Juniore – (Anonimo, XVIII secolo, olio su tela, trafugato).
  Lungo la direttrice Sud-Est che, sempre dalla piazza del Foggiaro, procede lungo l’attuale via Regina Elena e insieme a viale Capitano Di Castri crea quell’arteria viaria che mette in comunicazione il centro della città con il Complesso conventuale di Maria S.S. della Croce, fuori le mura, si posiziona la struttura classicheggiante della Porta della Croce (o di Cagnone).
  7. Porta della Croce, 1714, Davide De Quarto e Goisuè Pozzerrese, prospetto principale.
  Costruita secondo le fonti intorno al 1714, dai maestri Davide De Quarto e Giosuè Pozzerrese, essa si caratterizza di un prospetto lapideo a bugnato, composto da una serie di pietre squadrate poste a raggiera che, ricoprendo tutta la facciata, evidenzia gli archivolti dell’arcata a tutto sesto e incornicia in chiave di volta lo stemma feudale dei committenti: gli Imperiale. Le modanature continuano in senso orizzontale lungo tutto il resto del prospetto, venendo interrotte solo dalle due semicolonne, unico elemento verticale. Quest’ultime, incoronate da due corpi lievemente aggettanti e poggianti su semplici basamenti quadrati, concorrono come elementi decorativi a creare un gioco chiaroscurale sulla superficie continua dei pilastri. Il medesimo effetto chiaroscurale si accentua nella doppia modanatura posta a metà della costruzione, da cui parte l’impostazione dell’arco, ripresa nella parte rastremata dalle colonne e conclusa da un capitello dorico.
8. Porta della Croce. Prospetto interno
  La facciata interna, più sobria, presenta alcune profilature che percorrono in senso verticale i fianchi dell’arcata e in senso orizzontale la trabeazione.
Infine, lungo la direttrice Nord-Ovest posta in posizione diametralmente opposta alla Chiesa dello Spirito Santo, in origine Complesso conventuale dei Frati minori cappuccini, trova posto Porta Cappuccini, già Porta Nuova.
9. Porta Nuova, XVIII secolo, Frà Liborio da Manduria, prospetto principale.
  Essa, secondo le fonti coeve, fu costruita durante la seconda metà del XVIII secolo e fu con molta probabilità realizzata dallo stesso artefice della chiesa antistante, fra’ Liborio da Manduria. Porta Nuova, rispetto a quella della Croce, si presenta con linee curve e superfici rotondeggianti, frutto di un’interpretazione del barocco più sobria e misurata. La sua struttura imponente è costituita da un’arcata, sempre a tutto sesto, due semicolonne ai lati, poggianti su un alto basamento e coronate da capitelli compositi, e due ali leggermente rientranti arricchite da un fine arriccio al vertice. La trabeazione è sormontata da un frontone, dai profili curvi e rettilinei, mentre la parte sommitale è caratterizzata da un coronamento dalle spigolature aggettanti e un timpano a mezzaluna.
10. Porta Nuova. Prospetto interno
  Sulla parete interna, l’arco ribassato è mascherato da un arco a pieno centro poggiante su due pesanti lesene. Come per la Porta della Croce, anche questo accesso al borgo seicentesco si presenta oggi isolato e poco valorizzano dalle costruzioni limitrofe, ma contribuisce a rimarcare la teatralità che le porte urbiche francavillesi prospettavano ai viandanti che si apprestavano a varcare le soglie.
A queste architetture civili, vanno aggiunte le ormai scomparse Porta Paludi, Porta Pazzano (o di San Vito), Porta San Lorenzo e Porta San Carlo (o Porta Roccella).
Porta Paludi, situata nel quartiere omonimo e posizionata all’angolo fra via Simeana e la direttrice extramurale di via San Francesco d’Assisi, fu demolita nel 1925 perché: “Oltre a rappresentare uno sconcio evidente, (è)… causa grave di pericolo per la pubblica incolumità, date che, nei tempi di pioggia, quel tratto di strada resta del tutto allagato […] e le acque che là si raccolgono, vanno a formare dei pantani immensi”.
Porta Pazzano invece, posizionata a Nord-Est dell’abitato seicentesco, sulla strada che collega Francavilla a San Vito dei Normanni, venne demolita nel 1952. Tramite un’istantanea dell’epoca, possiamo ricostruirne solo il prospetto Sud, semplice nelle linee e nella mole, se paragonato alle precedenti. Quest’ultimo, composto da un arco a tutto sesto leggermente ribassato e una trabeazione rettangolare coronata da un piccolo cornicione aggettante, presenta alcune modanature distribuite lungo tutta la facies, le quali, nell’insieme, contribuiscono ad aggiungere un po’ di dinamismo al prospetto, altrimenti essenziale.
Di Porta di Brindisi (o di San Lorenzo), situata a cavallo fra le attuali via San Lorenzo e via Francesco Baracca, costruita dai già citati Davide De Quarto e Giosuè Pozzerrese nel 1714 e Porta Roccella, indicata nella veduta del 1643 come Porta San Carlo, quest’ultima posizionata alle spalle del convento dei Padri Redentoristi sull’attuale via Barbaro Forleo, non abbiamo più tracce; forse danneggiate dal terremoto del 1743, ma ancora presenti in una pianta ottocentesca della città, subirono probabilmente la stessa sorte di Porta Pazzano e Porta Paludi e quindi smantellate.
12. Pianta dell’abitato di Francavilla, con il circuito murario degli Imperiale e le porte di città, pianta del XIX secolo.
  Presso queste porte urbiche, poste sulle arterie viarie che dagli agglomerati limitrofi confluivano verso il centro di Francavilla, stazionavano i gabellieri. Quest’ultimi, preposti al controllo delle merci sia in entrata che in uscita, oltre che applicare i dazi preposti, sorvegliavano il flusso e il deflusso degli abitanti, impedendone l’ingresso agli indesiderati. L’importanza di queste strutture era tale che persino la larghezza dei traini era regolamentata seguendo l’ampiezza dei varchi.
Spettatrici di avvenimenti quotidiani quanto di fatti cruenti e sanguinosi, le porte urbiche furono testimoni anche di momenti di giubilo: il 29 marzo del 1740, fra due ali festanti, varcò la soglia di Porta del Carmine, il corteo proveniente da Roma con la principessa Eleonora Borghese, nuova consorte del principe Michele IV Juniore: “con lo tiro a sei, da 40 carrozze a un solo tiro, con una bellissima cavalcata di duecento para di cavalli avanti, con una Infanteria di Libardieri, […]appresso poi da 200 contadini armati sotto lo capitano Scilazza, Alfredo Carlo Di Noi, ricevendola dalla Porta sino alla piazza, sotto una bella e sontuosa Archiata fatta da Core di Donna”.
  BIBLIOGRAFIA
V. Basile, Gli Imperiali in terra d’Otranto. Architettura e trasformazione urbane a Manduria, Francavilla Fontana e Oria tra XVI e XVIII secolo, Congedo editore, Galatina 2008.
F. Clavica e R. Jurlaro, Francavilla Fontana, Mondadori Electa, Milano 2007.
G.D. Oltrona Visconti, Imperialis Familia, con la collab. di G Di Groppello, Piacenza 1999.
G.B. Pacichelli, Del Regno di Napoli in prospettiva diviso in dodici province, Parrino e Muzio, Napoli 1703, ristampa anastatica a cura di R. Jurlaro, Forni, Bologna 1999.
D. Camarda, Il terremoto del 20 febbraio 1743 a Francavilla e nell’area del basso Ionio, Francavilla Fontana 1997.
V. Ribezzi Petrosillo, F. Clavica, Guida di Francavilla Fontana. La città degli Imperiali, Galatina, Congedo editore, Lecce 1995.
G. Galasso, Alla periferia dell’impero. Il Regno di Napoli nel periodo spagnolo (XVI-XVII secolo), UTET, Torino 1994.
R. Poso, F. Clavica, Francavilla Fontana. Architettura e Immagini, Congedo editore, Galatina 1990.
A.P. Coco, Francavilla Fontana nella luce della storia, Taranto 1941, ristampa fotomeccanica Galatina 1988.
M.C. Forleo, Da quelle antiche voci: Francavilla Fontana. I suoi uomini, la sua cultura, Schena editore, Fasano 1988
G. Martucci, Carte topografiche di Francavilla Fontana, Oria e Casalnuovo del 1643 e documenti cartografici del principato Imperiali del secolo XVII, S.E.F., Francavilla Fontana 1986.
F. Argentina, La città natia, Schena editore, Fasano 1970.
P. Palumbo, Storia di Francavilla Fontana, Lecce 1869, ristampa anastatica, ed. Arnaldo Forni, 1901.
0 notes
freedomtripitaly · 4 years
Photo
Tumblr media
Alle porte di Dublino, a meno di un’ora di strada dalla città, ci sono diversi luoghi che vale assolutamente la pena visitare. La Contea di Meath, nell’Ireland Ancient East, è una delle più storiche dell’Irlanda, ma spesso poco frequentata dai visitatori che preferiscono fermarsi in città o puntare dritti verso le più celebri mete turistiche. Una zona che ruota intorno alla Boyne Valley, scavata dall’omonimo fiume, che ha fatto da sfondo a numerosi eventi che hanno fatto dell’Irlanda l’isola che è oggi. Siti celtici, come Brú na Bóinne, che risale a 5000 anni avanti Cristo, e il tumulo di Knowth, il luogo dove è nato Halloween. Castelli Normanni, come quello di Trim, dove è stata scritta la storia d’Irlanda. Luoghi talmente famosi da essere apparsi al cinema e alla Tv. Antichi villaggi dalle case colorate e tradizioni gastronomiche che ci riportano indietro nel tempo. Ecco dieci luoghi che si possono visitare in giornata partendo da Dublino. Knowth, il più grande sito di Brú na Bóinne Il tumulo di Knowth è il più ampio del sito archeologico di origine pre-celtica di Brú na Bóinne datato 5000 anni avanti Cristo. Di questo sito fanno parte anche il più celebre Newgrange e Dowth. Con il suo diametro di 95 metri, Knowth si estende su una superficie di circa 5 chilometri quadrati. Si tratta di una serie di 18 colline di varie misure e altezze immerse tra i verdissimi prati irlandesi, anch’esse ricoperte di erba. Alcune sono collegate al tumulo principale che ha due passaggi, ognuno dei quali conduce a due camere funerarie separate. Attorno alle entrate vi sono grosse pietre scolpite con graffiti dalle forme geometriche e astratte il cui significato è tutt’oggi sconosciuto. Dentro i tumuli si svolgevano cerimonie e venivano riposti i resti cremati dei defunti. Nelle epoche successive, sulle colline vennero costruiti persino dei villaggi. È uno dei siti archeologici da non perdere nell’Ireland Ancient East. La crociera di “Game of Thrones” sul fiume Boyne Un giorno Ross Kennay, proprietario della Boyne Boats, riceve la telefonata da una persona che chiede di poter girare alcune scene di una serie Tv lungo i canali intorno al fiume Boyne, a bordo di alcune vecchie e tipiche imbarcazioni irlandesi di legno chiamate “currach” ormai in disuso, ma che Ross possedeva ancora. Si trattava del produttore di “Game of Thrones” che, durante le riprese della settima stagione della pluripremiata serie televisiva, era alla ricerca di un set che rappresentasse al meglio il “Mare Stretto” in cui fare navigare Theon Greyjoy diretto ad “Approdo del Re”. È così che sono iniziati i “Game of Thrones Boat Tours” a bordo di vecchie imbarcazioni lungo i canali del fiume Boyne, nella Valle del Boyne che, non solo ripercorrono i luoghi di alcune scene della serie, ma anche luoghi storici, legati alla celebre battaglia del Boyne, e ad alcune leggende irlandesi. Slane Castle, il castello del Conte Rock Alle porte di Slane – una cittadina della Contea di Meath che vale una visita – si trova uno dei luoghi più famosi d’Irlanda, il Castello di Slane. Non soltanto è un bellissimo maniero, tuttora abitato dalla famiglia Conyngham (di origine scozzese e insediata in Irlanda nel 1611), le cui sale sono visitabili e dove si organizzano matrimoni e feste varie, ma è famoso perché, ogni estate, da trent’anni, vi si tiene un mega concerto con una star del rock. Nel parco, che può ospitare fino a centomila persone, si sono esibiti gli U2, Bruce Springsteen, i Rolling Stones, Madonna e i più grandi nomi delle musica internazionale. Il Conte Harry, soprannominato “Earl Rock”, ribelle fin da giovane a tutte le convenzioni che il titolo gli imponeva, fin dagli Anni ’70 frequentava Bono, Bruce e compagni ed ebbe la brillante idea di aprire le porte del castello ai suoi amici cantanti e musicisti. Nel 1984 gli U2 vissero sei mesi nel castello per registrare l’album “The Unforgettable Fire” e il salotto venne trasformato in studio di registrazione. La bellissima sala da ballo, dove incombe un gigantesco ritratto di Giorgio IV, fu il set del videoclip del singolo “Pride”. Il ritratto del monarca non è casuale: pare, infatti, che avesse una love story con un’antenata della Conyngham e, per questo motivo, fece aprire una strada diretta da Dublino al castello, strada che tutt’oggi collega le due località che distano 48 km. Trim Castle, il leggendario castello di “Braveheart” Affacciato sulla riva del fiume Boyne si trova il castello normanno più grande d’Irlanda, il Castello di Trim. Un imponente mastio di pietra ormai annerita dai secoli e dalle battaglie da cui si è dovuto difendere. Eretto poco dopo la battaglia di Hastings (1066), fu ampliato, modificato, fortificato più volte nel corso dei secoli successivi. Oggi il castello, restaurato e reso agibile, è magnifico e vale assolutamente una visita. Talmente iconico da essere stato scelto da Mel Gibson per girarvi alcune scene del film “Braveheart” nel 1995 di cui fu produttore e protagonista nelle vesti di William Wallace, un eroe scozzese del XIII secolo. Per rappresentare la Scozia dell’epoca, però, l’Irlanda sembrò più adatta, racconta Jimmy che, da volontario, accompagna i turisti alla scoperta del castello che domina una verde vallata attraversata dal fiume alle porte della deliziosa cittadina di Trim. Drogheda, la città Normanna sul fiume Boyne A una cinquantina di chilometri da Dublino, Drogheda è un’antica cittadina Normanna attraversata dal fiume. Un tempo era una città fortificata, tra le più grandi mai esistite. Oggi delle antiche porte d’accesso alla città resta solo l’imponente St Laurence’s Gate, con le torri circolari ai lati di un arco. Delle antiche mura resta solo un’altra porzione nella vicina Featherbed Lane. Ma Drogheda ha un altro luogo che vale la pena visitare: la St Peter’s Church. Ospita il santuario – e la testa mozzata – dell’arcivescovo irlandese St Oliver Plunkett, perseguitato da Oliver Cromwell nel XVII secolo. Per il Paese è una figura importantissima. Negli ultimi anni molti “dubliners” si sono trasferiti a Drogheda per la bellezza della cittadina, per la qualità delle vita e per la vicinanza con Dublino, collegata da treni e pullman. Anziché cercare un b&b a Dublino conviene alloggiare qui per risparmiare. Athboy, dove è nato Halloween Non tutti sanno che Halloween è una festa irlandese. È a Hill of Ward, un sito nei pressi di Athboy che sono stati ritrovati i resti di fuochi risalenti all’era pre-Cristiana che venivano accesi per la festa di “Samhain”. Per i Celti questa festa, che iniziava all’ora del tramonto del 31 ottobre e durava fino al calar del sole dell’1 novembre, rappresentava un rito importante che segnava il passaggio dalla luce all’oscurità, in quanto coincideva con la fine del raccolto e l’inizio dell’inverno. Per celebrare le origini (vere) di Halloween, nel 2019 è nato il Púca Festival, che si tiene proprio ad Athboy, una festa che dura tre giorni con parate per le strade cittadine, cene nel vicino castello di Slane e musica all’aperto. Proprio per la vicinanza ad alcuni luoghi simbolici irlandesi, la cittadina di Athboy, nella Contea di Meath, è un ottimo punto di partenza per visitare alcuni dei luoghi più famosi dell’Ireland Ancient East. Il luogo della battaglia del Boyne È stata la guerra più importante combattuta in Irlanda e, chi desidera fare un viaggio in questo Paese, dovrebbe assolutamente conoscerne la storia e visitare il sito dove si svolse la battaglia del Boyne nel 1690, a una cinquantina di chilometri da Dublino. Fu la battaglia che vide da una parte James II Stuart, che voleva riconquistare l’Inghilterra, e dall’altra Willliam III che vinse astutamente la battaglia e rispedì James in Francia. Il Battle of the Boyne comprende il terreno di battaglia, attraversato dal fiume Boyne, e un Visitor Centre all’interno del quale si trova il museo. L’esposizione permanente è ospitata in un antico edificio, la Oldbridge House costruita nel 1740. Visita alla Slane Irish Whiskey Distillery Il whiskey irlandese è famosissimo. E il terreno fertile e le acque pure della Valle del Boyne rendono questo territorio perfetto per la distillazione. In passato, molte distillerie si erano stabilite in questa regione, ma poi sono state chiuse tutte. Ecco perché nelle vecchie scuderie del Castello di Slane, a una cinquantina di chilometri da Dublino, qualche anno fa è stata aperta una distilleria di whiskey. A volerla, il proprietario del castello, Harry Conyngham. Ogni giorno si organizzano tour di un’ora alla scoperta del processo di produzione con tanto di degustazione finale. È meglio prenotare la visita. Ne fa parte anche un locale, aperto tutto il giorno, dove servono pasti e bevande, e lo shop dove acquistare l’whiskey e diversi gadget. La distilleria fa parte del castello e vale assolutamente la pena visitare anche l’edificio una volta giunti qui. Una curiosità: quello irlandese si scrive con la “e” (mentre quello scozzese è senza ovvero “whisky”) per via della tripla fermentazione e del diverso metodo di preparazione. La storica cittadina Trim La cittadina di Trim è famosa soprattutto per il castello, una meravigliosa fortezza di origine Normanna scelta da Mel Gibson per ambientarvi alcune scene del film ”Braveheart” nel 1995. Nel Medioevo Trim era una delle città inglesi più importanti. In quello che un tempo era il palazzo civico (la “town hall”) oggi è stato aperto un Visitor Centre che ospita anche una sala museo che racconta la storia della città e conserva alcuni reperti ritrovati in città, spade, armature, elmi e diversi oggetti indossati dai cavalieri nel periodo medievale. Una curiosità: prima che diventasse un museo, questo edificio ospitava band musicali che si esibivano per il piacere dei cittadini. Tra questi, anche gli U2, prima che diventassero così famosi. Trim è attraversata dal fiume Boyne. Da qui partono diversi sentieri lungo il fiume da fare a piedi o in bicicletta e la ”Blueway”, un itinerario di 35 chilometri sull’acqua da fare con la canoa o con lo stand up paddle. La Listoke Distillery, dove creare il proprio gin In Irlanda non ci sono solo il whiskey e la birra Guinness. A un’ora di strada a Nord di Dublino, nei pressi della cittadina di Drogheda, nella Contea di Meath, Bronagh e Dave hanno aperto pochi anni fa un’originalissima distilleria di gin dove ogni visitatore può creare il proprio gin e portarselo a casa. I visitatori vengono accolti nella loro casa con un fantastico gin tonic. Dopo un tour guidato per capire il processo di distillazione si prende parte alla “Gin School”: in un’aula vengono messi a disposizione dei partecipanti decine di ingredienti, dalle spezie ai fiori, che si possono mischiare tra loro fino a ottenere un distillato assolutamente personalizzato. Una volta distillato il proprio gin, viene imbottigliato. E il gioco è fatto. Ma prima di ripartire, un altro giro di gin accompagnato da prodotti locali della Valle dei Boyne, dai formaggi ai salumi. Una vera scoperta. Per raggiungere Dublino, la compagnia di bandiera irlandese, Aer Lingus, opera 40 voli giornalieri diretti da nove aeroporti italiani. Si può bloccare la prenotazione del volo per 24 ore pagando 5 euro, che verranno poi detratti in caso di acquisto del volo entro le 24 ore. Inoltre, consente di effettuare il check-in con un mese d’anticipo, scegliendo così con tutta calma il proprio posto a sedere. Si possono anche acquistare dei Voucher regalo, un bellissimo dono per gli amanti dell’Irlanda. Altre informazioni sul sito del Turismo irlandese. https://ift.tt/32zj6Bm I 10 luoghi da vedere a meno di un’ora da Dublino Alle porte di Dublino, a meno di un’ora di strada dalla città, ci sono diversi luoghi che vale assolutamente la pena visitare. La Contea di Meath, nell’Ireland Ancient East, è una delle più storiche dell’Irlanda, ma spesso poco frequentata dai visitatori che preferiscono fermarsi in città o puntare dritti verso le più celebri mete turistiche. Una zona che ruota intorno alla Boyne Valley, scavata dall’omonimo fiume, che ha fatto da sfondo a numerosi eventi che hanno fatto dell’Irlanda l’isola che è oggi. Siti celtici, come Brú na Bóinne, che risale a 5000 anni avanti Cristo, e il tumulo di Knowth, il luogo dove è nato Halloween. Castelli Normanni, come quello di Trim, dove è stata scritta la storia d’Irlanda. Luoghi talmente famosi da essere apparsi al cinema e alla Tv. Antichi villaggi dalle case colorate e tradizioni gastronomiche che ci riportano indietro nel tempo. Ecco dieci luoghi che si possono visitare in giornata partendo da Dublino. Knowth, il più grande sito di Brú na Bóinne Il tumulo di Knowth è il più ampio del sito archeologico di origine pre-celtica di Brú na Bóinne datato 5000 anni avanti Cristo. Di questo sito fanno parte anche il più celebre Newgrange e Dowth. Con il suo diametro di 95 metri, Knowth si estende su una superficie di circa 5 chilometri quadrati. Si tratta di una serie di 18 colline di varie misure e altezze immerse tra i verdissimi prati irlandesi, anch’esse ricoperte di erba. Alcune sono collegate al tumulo principale che ha due passaggi, ognuno dei quali conduce a due camere funerarie separate. Attorno alle entrate vi sono grosse pietre scolpite con graffiti dalle forme geometriche e astratte il cui significato è tutt’oggi sconosciuto. Dentro i tumuli si svolgevano cerimonie e venivano riposti i resti cremati dei defunti. Nelle epoche successive, sulle colline vennero costruiti persino dei villaggi. È uno dei siti archeologici da non perdere nell’Ireland Ancient East. La crociera di “Game of Thrones” sul fiume Boyne Un giorno Ross Kennay, proprietario della Boyne Boats, riceve la telefonata da una persona che chiede di poter girare alcune scene di una serie Tv lungo i canali intorno al fiume Boyne, a bordo di alcune vecchie e tipiche imbarcazioni irlandesi di legno chiamate “currach” ormai in disuso, ma che Ross possedeva ancora. Si trattava del produttore di “Game of Thrones” che, durante le riprese della settima stagione della pluripremiata serie televisiva, era alla ricerca di un set che rappresentasse al meglio il “Mare Stretto” in cui fare navigare Theon Greyjoy diretto ad “Approdo del Re”. È così che sono iniziati i “Game of Thrones Boat Tours” a bordo di vecchie imbarcazioni lungo i canali del fiume Boyne, nella Valle del Boyne che, non solo ripercorrono i luoghi di alcune scene della serie, ma anche luoghi storici, legati alla celebre battaglia del Boyne, e ad alcune leggende irlandesi. Slane Castle, il castello del Conte Rock Alle porte di Slane – una cittadina della Contea di Meath che vale una visita – si trova uno dei luoghi più famosi d’Irlanda, il Castello di Slane. Non soltanto è un bellissimo maniero, tuttora abitato dalla famiglia Conyngham (di origine scozzese e insediata in Irlanda nel 1611), le cui sale sono visitabili e dove si organizzano matrimoni e feste varie, ma è famoso perché, ogni estate, da trent’anni, vi si tiene un mega concerto con una star del rock. Nel parco, che può ospitare fino a centomila persone, si sono esibiti gli U2, Bruce Springsteen, i Rolling Stones, Madonna e i più grandi nomi delle musica internazionale. Il Conte Harry, soprannominato “Earl Rock”, ribelle fin da giovane a tutte le convenzioni che il titolo gli imponeva, fin dagli Anni ’70 frequentava Bono, Bruce e compagni ed ebbe la brillante idea di aprire le porte del castello ai suoi amici cantanti e musicisti. Nel 1984 gli U2 vissero sei mesi nel castello per registrare l’album “The Unforgettable Fire” e il salotto venne trasformato in studio di registrazione. La bellissima sala da ballo, dove incombe un gigantesco ritratto di Giorgio IV, fu il set del videoclip del singolo “Pride”. Il ritratto del monarca non è casuale: pare, infatti, che avesse una love story con un’antenata della Conyngham e, per questo motivo, fece aprire una strada diretta da Dublino al castello, strada che tutt’oggi collega le due località che distano 48 km. Trim Castle, il leggendario castello di “Braveheart” Affacciato sulla riva del fiume Boyne si trova il castello normanno più grande d’Irlanda, il Castello di Trim. Un imponente mastio di pietra ormai annerita dai secoli e dalle battaglie da cui si è dovuto difendere. Eretto poco dopo la battaglia di Hastings (1066), fu ampliato, modificato, fortificato più volte nel corso dei secoli successivi. Oggi il castello, restaurato e reso agibile, è magnifico e vale assolutamente una visita. Talmente iconico da essere stato scelto da Mel Gibson per girarvi alcune scene del film “Braveheart” nel 1995 di cui fu produttore e protagonista nelle vesti di William Wallace, un eroe scozzese del XIII secolo. Per rappresentare la Scozia dell’epoca, però, l’Irlanda sembrò più adatta, racconta Jimmy che, da volontario, accompagna i turisti alla scoperta del castello che domina una verde vallata attraversata dal fiume alle porte della deliziosa cittadina di Trim. Drogheda, la città Normanna sul fiume Boyne A una cinquantina di chilometri da Dublino, Drogheda è un’antica cittadina Normanna attraversata dal fiume. Un tempo era una città fortificata, tra le più grandi mai esistite. Oggi delle antiche porte d’accesso alla città resta solo l’imponente St Laurence’s Gate, con le torri circolari ai lati di un arco. Delle antiche mura resta solo un’altra porzione nella vicina Featherbed Lane. Ma Drogheda ha un altro luogo che vale la pena visitare: la St Peter’s Church. Ospita il santuario – e la testa mozzata – dell’arcivescovo irlandese St Oliver Plunkett, perseguitato da Oliver Cromwell nel XVII secolo. Per il Paese è una figura importantissima. Negli ultimi anni molti “dubliners” si sono trasferiti a Drogheda per la bellezza della cittadina, per la qualità delle vita e per la vicinanza con Dublino, collegata da treni e pullman. Anziché cercare un b&b a Dublino conviene alloggiare qui per risparmiare. Athboy, dove è nato Halloween Non tutti sanno che Halloween è una festa irlandese. È a Hill of Ward, un sito nei pressi di Athboy che sono stati ritrovati i resti di fuochi risalenti all’era pre-Cristiana che venivano accesi per la festa di “Samhain”. Per i Celti questa festa, che iniziava all’ora del tramonto del 31 ottobre e durava fino al calar del sole dell’1 novembre, rappresentava un rito importante che segnava il passaggio dalla luce all’oscurità, in quanto coincideva con la fine del raccolto e l’inizio dell’inverno. Per celebrare le origini (vere) di Halloween, nel 2019 è nato il Púca Festival, che si tiene proprio ad Athboy, una festa che dura tre giorni con parate per le strade cittadine, cene nel vicino castello di Slane e musica all’aperto. Proprio per la vicinanza ad alcuni luoghi simbolici irlandesi, la cittadina di Athboy, nella Contea di Meath, è un ottimo punto di partenza per visitare alcuni dei luoghi più famosi dell’Ireland Ancient East. Il luogo della battaglia del Boyne È stata la guerra più importante combattuta in Irlanda e, chi desidera fare un viaggio in questo Paese, dovrebbe assolutamente conoscerne la storia e visitare il sito dove si svolse la battaglia del Boyne nel 1690, a una cinquantina di chilometri da Dublino. Fu la battaglia che vide da una parte James II Stuart, che voleva riconquistare l’Inghilterra, e dall’altra Willliam III che vinse astutamente la battaglia e rispedì James in Francia. Il Battle of the Boyne comprende il terreno di battaglia, attraversato dal fiume Boyne, e un Visitor Centre all’interno del quale si trova il museo. L’esposizione permanente è ospitata in un antico edificio, la Oldbridge House costruita nel 1740. Visita alla Slane Irish Whiskey Distillery Il whiskey irlandese è famosissimo. E il terreno fertile e le acque pure della Valle del Boyne rendono questo territorio perfetto per la distillazione. In passato, molte distillerie si erano stabilite in questa regione, ma poi sono state chiuse tutte. Ecco perché nelle vecchie scuderie del Castello di Slane, a una cinquantina di chilometri da Dublino, qualche anno fa è stata aperta una distilleria di whiskey. A volerla, il proprietario del castello, Harry Conyngham. Ogni giorno si organizzano tour di un’ora alla scoperta del processo di produzione con tanto di degustazione finale. È meglio prenotare la visita. Ne fa parte anche un locale, aperto tutto il giorno, dove servono pasti e bevande, e lo shop dove acquistare l’whiskey e diversi gadget. La distilleria fa parte del castello e vale assolutamente la pena visitare anche l’edificio una volta giunti qui. Una curiosità: quello irlandese si scrive con la “e” (mentre quello scozzese è senza ovvero “whisky”) per via della tripla fermentazione e del diverso metodo di preparazione. La storica cittadina Trim La cittadina di Trim è famosa soprattutto per il castello, una meravigliosa fortezza di origine Normanna scelta da Mel Gibson per ambientarvi alcune scene del film ”Braveheart” nel 1995. Nel Medioevo Trim era una delle città inglesi più importanti. In quello che un tempo era il palazzo civico (la “town hall”) oggi è stato aperto un Visitor Centre che ospita anche una sala museo che racconta la storia della città e conserva alcuni reperti ritrovati in città, spade, armature, elmi e diversi oggetti indossati dai cavalieri nel periodo medievale. Una curiosità: prima che diventasse un museo, questo edificio ospitava band musicali che si esibivano per il piacere dei cittadini. Tra questi, anche gli U2, prima che diventassero così famosi. Trim è attraversata dal fiume Boyne. Da qui partono diversi sentieri lungo il fiume da fare a piedi o in bicicletta e la ”Blueway”, un itinerario di 35 chilometri sull’acqua da fare con la canoa o con lo stand up paddle. La Listoke Distillery, dove creare il proprio gin In Irlanda non ci sono solo il whiskey e la birra Guinness. A un’ora di strada a Nord di Dublino, nei pressi della cittadina di Drogheda, nella Contea di Meath, Bronagh e Dave hanno aperto pochi anni fa un’originalissima distilleria di gin dove ogni visitatore può creare il proprio gin e portarselo a casa. I visitatori vengono accolti nella loro casa con un fantastico gin tonic. Dopo un tour guidato per capire il processo di distillazione si prende parte alla “Gin School”: in un’aula vengono messi a disposizione dei partecipanti decine di ingredienti, dalle spezie ai fiori, che si possono mischiare tra loro fino a ottenere un distillato assolutamente personalizzato. Una volta distillato il proprio gin, viene imbottigliato. E il gioco è fatto. Ma prima di ripartire, un altro giro di gin accompagnato da prodotti locali della Valle dei Boyne, dai formaggi ai salumi. Una vera scoperta. Per raggiungere Dublino, la compagnia di bandiera irlandese, Aer Lingus, opera 40 voli giornalieri diretti da nove aeroporti italiani. Si può bloccare la prenotazione del volo per 24 ore pagando 5 euro, che verranno poi detratti in caso di acquisto del volo entro le 24 ore. Inoltre, consente di effettuare il check-in con un mese d’anticipo, scegliendo così con tutta calma il proprio posto a sedere. Si possono anche acquistare dei Voucher regalo, un bellissimo dono per gli amanti dell’Irlanda. Altre informazioni sul sito del Turismo irlandese. La Contea di Meath, nell’Ireland Ancient East, è una delle più storiche dell’Irlanda, con molti siti e villaggi da visitare.
0 notes
freedomtripitaly · 4 years
Photo
Tumblr media
Il lago ha sempre un certo fascino, ma l’atmosfera che si respira a Varenna è davvero particolare. Il paesino, uno dei più belli della regione, è un luogo molto romantico e suggestivo, affacciato com’è sulle acque del Lario. In Lombardia, è forse la meta più adatta se volete concedervi un fine settimana alternativo. Dove si trova Varenna Varenna, poco più di 700 abitanti, è un borgo situato nella provincia di Lecco, a circa 20 minuti dalla città. Raggiungerlo è semplicissimo: tra le varie vie di collegamento, una delle più pittoresche è senza dubbio quella che attraversa il lago: sulla riva opposta svetta Bellagio, uno dei paesini più belli di tutti i tempi, a cui Varenna dà però molto filo da torcere. E se anche decidiate di non approfittare del battello per arrivare in questo fantastico borgo, vi consigliamo comunque un bel tour sulle acque del lago di Como, per ammirare il panorama da un punto di vista diverso. Varenna – Ph. yasonya (123rf) La storia di Varenna Uno dei primi riferimenti a questo paesino risale al 769, dove si parla di un piccolo villaggio di pescatori. Nei secoli seguenti visse periodi alterni, e dal 1200 accolse coloro che fuggivano dall’Isola Comacina, le cui tracce si ritrovano ancora oggi in alcune delle architetture di Varenna. Ben presto quest’ultimo divenne uno dei borghi più ricchi e fiorenti dell’intera regione. Sotto il dominio dei Visconti e successivamente degli Sforza, il suo centro storico fiorì e si arricchì di quello che oggi è il suo splendido patrimonio artistico. Cosa vedere a Varenna Il cuore pulsante del borgo è la sua piazza centrale, sulla quale si affaccia la Chiesa di San Giorgio. L’edificio, risalente al XIII secolo, venne costruito sulle fondamenta di un antico tempio romano ed è uno splendido esempio di architettura medievale lombarda. A pochi passi di distanza, sul lato opposto della piazza, possiamo ammirare la Chiesa di San Giovanni Battista, risalente addirittura al XI secolo. Entrambi gli edifici religiosi conservano, al loro interno, preziosi affreschi e alcuni frammenti pittorici di antiche origini. Villa Monastero e i suoi giardini botanici – Ph. Janos Gaspar (123rf) Percorrendo le viuzze che si diramano dal centro storico di Varenna, arriviamo a ridosso del lago e rimaniamo affascinati da Villa Monastero: suggestivo complesso architettonico del ‘500, un tempo fu convento di monache cistercensi. Oggi è una delle attrazioni turistiche principali, con la sua casa museo e i giardini botanici che accolgono tantissime specie vegetali. Nei pressi sorge anche Villa Cipressi, testimonianza del periodo del tardo rinascimento. Con le sue terrazze che digradano verso il lago, offre la location perfetta per ammirare il panorama. Ma il luogo più romantico di Varenna è senza dubbio la Passeggiata degli Innamorati: una breve passerella di metallo ad arco, ricoperta di piante rampicanti che, nei periodi caldi, si trasforma in un tripudio di colori e di odori. La struttura, fissata nella roccia, è a strapiombo sul lago e conduce sino all’imbarcadero. Da qui, il paesaggio offerto dal piccolo borgo è splendido, e alle sue spalle possiamo ammirare anche il Castello di Vezio, con la sua torre quadrata. La Passeggiata degli Innamorati – Ph. stevanzz (123rf) https://ift.tt/2WkMTfu Varenna, il borgo lombardo degli innamorati sul lago di Como Il lago ha sempre un certo fascino, ma l’atmosfera che si respira a Varenna è davvero particolare. Il paesino, uno dei più belli della regione, è un luogo molto romantico e suggestivo, affacciato com’è sulle acque del Lario. In Lombardia, è forse la meta più adatta se volete concedervi un fine settimana alternativo. Dove si trova Varenna Varenna, poco più di 700 abitanti, è un borgo situato nella provincia di Lecco, a circa 20 minuti dalla città. Raggiungerlo è semplicissimo: tra le varie vie di collegamento, una delle più pittoresche è senza dubbio quella che attraversa il lago: sulla riva opposta svetta Bellagio, uno dei paesini più belli di tutti i tempi, a cui Varenna dà però molto filo da torcere. E se anche decidiate di non approfittare del battello per arrivare in questo fantastico borgo, vi consigliamo comunque un bel tour sulle acque del lago di Como, per ammirare il panorama da un punto di vista diverso. Varenna – Ph. yasonya (123rf) La storia di Varenna Uno dei primi riferimenti a questo paesino risale al 769, dove si parla di un piccolo villaggio di pescatori. Nei secoli seguenti visse periodi alterni, e dal 1200 accolse coloro che fuggivano dall’Isola Comacina, le cui tracce si ritrovano ancora oggi in alcune delle architetture di Varenna. Ben presto quest’ultimo divenne uno dei borghi più ricchi e fiorenti dell’intera regione. Sotto il dominio dei Visconti e successivamente degli Sforza, il suo centro storico fiorì e si arricchì di quello che oggi è il suo splendido patrimonio artistico. Cosa vedere a Varenna Il cuore pulsante del borgo è la sua piazza centrale, sulla quale si affaccia la Chiesa di San Giorgio. L’edificio, risalente al XIII secolo, venne costruito sulle fondamenta di un antico tempio romano ed è uno splendido esempio di architettura medievale lombarda. A pochi passi di distanza, sul lato opposto della piazza, possiamo ammirare la Chiesa di San Giovanni Battista, risalente addirittura al XI secolo. Entrambi gli edifici religiosi conservano, al loro interno, preziosi affreschi e alcuni frammenti pittorici di antiche origini. Villa Monastero e i suoi giardini botanici – Ph. Janos Gaspar (123rf) Percorrendo le viuzze che si diramano dal centro storico di Varenna, arriviamo a ridosso del lago e rimaniamo affascinati da Villa Monastero: suggestivo complesso architettonico del ‘500, un tempo fu convento di monache cistercensi. Oggi è una delle attrazioni turistiche principali, con la sua casa museo e i giardini botanici che accolgono tantissime specie vegetali. Nei pressi sorge anche Villa Cipressi, testimonianza del periodo del tardo rinascimento. Con le sue terrazze che digradano verso il lago, offre la location perfetta per ammirare il panorama. Ma il luogo più romantico di Varenna è senza dubbio la Passeggiata degli Innamorati: una breve passerella di metallo ad arco, ricoperta di piante rampicanti che, nei periodi caldi, si trasforma in un tripudio di colori e di odori. La struttura, fissata nella roccia, è a strapiombo sul lago e conduce sino all’imbarcadero. Da qui, il paesaggio offerto dal piccolo borgo è splendido, e alle sue spalle possiamo ammirare anche il Castello di Vezio, con la sua torre quadrata. La Passeggiata degli Innamorati – Ph. stevanzz (123rf) A pochi minuti da Lecco, il paesino di Varenna è una piccola perla che si riflette sulle limpide acque del lago di Como. Ed è la destinazione perfetta per un weekend fuori porta.
0 notes
freedomtripitaly · 5 years
Photo
Tumblr media
C’è un posto, racchiuso nel cuore del Salento, in cui la popolazione parla ancora un’antica lingua straniera. Uno dei paesini che sorge nell’area della Grecia salentina è il piccolo borgo di Sternatia, un gioiello di origine romanica. Il centro abitato sorge in un avvallamento tufaceo, delimitato dalle dolci pendenze delle serre salentine e, dal versante opposto, da distese di terre rosse. Ed è qui che risiedono gli ultimi eredi dell’antica civiltà Magno-greca che, tantissimi anni fa, aveva colonizzato l’Italia meridionale. Per questo motivo, alcuni degli abitanti conoscono ancora il griko, l’idioma ellenico diffuso ormai solamente nella penisola salentina e in un’altra piccola regione della Calabria. Ma la storia di Sternatia è ancora più antica: fino ai primi anni del’900, in questa zona si potevano ammirare diversi menhir, simbolo di un lontanissimo insediamento risalente al neolitico. Nei secoli, il borgo ha vissuto vicende alterne: l’improvviso sbocciare della civiltà durante il periodo dell’impero romano, la caduta nelle mani dei bizantini (che portarono l’uso della loro lingua) e poi la fortificazione della città con l’arrivo dei normanni. E ancora, Sternatia diventò un feudo e vide innumerevoli passaggi da un proprietario all’altro, fin quando non ottenne la propria indipendenza. Il centro storico di Sternatia Palazzo Granafei – Ph. Lupiae (Wikimedia) Perdersi tra le stradine di Sternatia è un’esperienza gradevole e confortante. Il suo centro storico possiede un fascino dal sapore antico, e sono evidenti sul suo territorio i segni di un passato in cui era ancora un’importante fortificazione. Di quella che in origine era la cinta muraria del paese si trova ancora traccia nella Porta Filia, dominata da un suggestivo arco a tutto sesto. È questa l’ultima superstite delle quattro porte d’accesso che, nel ‘500, vennero costruite lungo le mura che circondavano Sternatia. Poco distante, all’ingresso del centro storico, possiamo ammirare l’antico frantoio ipogeo risalente al XV secolo, l’unico ancora fruibile dell’ampia rete di ben 19 edifici simili, tutti collegati a livello sotterraneo. Un tempo il frantoio apparteneva alla famiglia Granafei, la quale nel ‘700 ordinò la costruzione dell’omonima residenza baronale edificata secondo i dettami dello stile del barocco salentino ancora oggi splendidamente conservato. Palazzo Granafei sorge sulle ceneri di un vecchio castello fortificato di origine bizantina, e si dispone su tre lati. Al loro interno, la corte privata presenta tutt’oggi dei silos ipogei scavati nella roccia, dove venivano conservati i cereali. Addentrandoci nel cuore di Sternatia, non possiamo fare a meno di rimanere estasiati di fronte alla magnificenza della Chiesa Maria Santissima Assunta, costruita sulle fondamenta di un preesistente edificio religioso nel XVIII secolo. All’interno della struttura, sono ancora conservati alcuni resti della chiesa che dovette lasciare spazio a quella che oggi adorna il centro storico. Molto suggestivo, infine, il convento dei Domenicani fondato verso la fine del ‘400, al cui fianco sorge una splendida chiesa in stile barocco e rococò. Oggi è sede del comune. Il convento dei Domenicani – Ph. Lupiae (Wikimedia) https://ift.tt/2mcccCZ Sternatia, la piccola Grecia italiana nel cuore del Salento C’è un posto, racchiuso nel cuore del Salento, in cui la popolazione parla ancora un’antica lingua straniera. Uno dei paesini che sorge nell’area della Grecia salentina è il piccolo borgo di Sternatia, un gioiello di origine romanica. Il centro abitato sorge in un avvallamento tufaceo, delimitato dalle dolci pendenze delle serre salentine e, dal versante opposto, da distese di terre rosse. Ed è qui che risiedono gli ultimi eredi dell’antica civiltà Magno-greca che, tantissimi anni fa, aveva colonizzato l’Italia meridionale. Per questo motivo, alcuni degli abitanti conoscono ancora il griko, l’idioma ellenico diffuso ormai solamente nella penisola salentina e in un’altra piccola regione della Calabria. Ma la storia di Sternatia è ancora più antica: fino ai primi anni del’900, in questa zona si potevano ammirare diversi menhir, simbolo di un lontanissimo insediamento risalente al neolitico. Nei secoli, il borgo ha vissuto vicende alterne: l’improvviso sbocciare della civiltà durante il periodo dell’impero romano, la caduta nelle mani dei bizantini (che portarono l’uso della loro lingua) e poi la fortificazione della città con l’arrivo dei normanni. E ancora, Sternatia diventò un feudo e vide innumerevoli passaggi da un proprietario all’altro, fin quando non ottenne la propria indipendenza. Il centro storico di Sternatia Palazzo Granafei – Ph. Lupiae (Wikimedia) Perdersi tra le stradine di Sternatia è un’esperienza gradevole e confortante. Il suo centro storico possiede un fascino dal sapore antico, e sono evidenti sul suo territorio i segni di un passato in cui era ancora un’importante fortificazione. Di quella che in origine era la cinta muraria del paese si trova ancora traccia nella Porta Filia, dominata da un suggestivo arco a tutto sesto. È questa l’ultima superstite delle quattro porte d’accesso che, nel ‘500, vennero costruite lungo le mura che circondavano Sternatia. Poco distante, all’ingresso del centro storico, possiamo ammirare l’antico frantoio ipogeo risalente al XV secolo, l’unico ancora fruibile dell’ampia rete di ben 19 edifici simili, tutti collegati a livello sotterraneo. Un tempo il frantoio apparteneva alla famiglia Granafei, la quale nel ‘700 ordinò la costruzione dell’omonima residenza baronale edificata secondo i dettami dello stile del barocco salentino ancora oggi splendidamente conservato. Palazzo Granafei sorge sulle ceneri di un vecchio castello fortificato di origine bizantina, e si dispone su tre lati. Al loro interno, la corte privata presenta tutt’oggi dei silos ipogei scavati nella roccia, dove venivano conservati i cereali. Addentrandoci nel cuore di Sternatia, non possiamo fare a meno di rimanere estasiati di fronte alla magnificenza della Chiesa Maria Santissima Assunta, costruita sulle fondamenta di un preesistente edificio religioso nel XVIII secolo. All’interno della struttura, sono ancora conservati alcuni resti della chiesa che dovette lasciare spazio a quella che oggi adorna il centro storico. Molto suggestivo, infine, il convento dei Domenicani fondato verso la fine del ‘400, al cui fianco sorge una splendida chiesa in stile barocco e rococò. Oggi è sede del comune. Il convento dei Domenicani – Ph. Lupiae (Wikimedia) Immerso nelle campagne salentine, il piccolo borgo di Sternatia è un dedalo di viuzze che nasconde alcune pregevoli architetture di epoca antica.
0 notes