Ultima notte a Soho
Edgar Wright è uno dei miei registi preferiti, ma ammetto che - perlomeno a mio avviso - “Ultima notte a Soho” soffre di qualche problemino.
Quando ho letto una recensione in cui si lamentavano “colpi di scena telefonatissimi” credevo che l’autore volesse solo darsi un tono, ma in effetti ce ne sono due: il secondo funziona abbastanza bene ed è scusabile, il primo crea la classica situazione imbarazzante in cui tutti hanno risolto l’arcano da una buona mezz’ora e l’unica a brancolare ancora nel buio è la protagonista; non aiuta il fatto che il perno di questo “malinteso” continui a sciorinare affermazioni forzatamente ambigue per tanto, troppo tempo.
Seconda cosa (e a tal proposito si sono pronunciati in molti): nel secondo tempo il film soffre effettivamente di un accumulo di “scene di spavento”, che a tutti gli effetti non mettono ansia e non spaventano perché finiscono per risultare ripetitive, se non gratuite. Vuoto esercizio stilistico? In questo caso non sono d’accordo. Credo semplicemente che il regista non puntasse sul fattore SHOCKKK, ma volesse piuttosto creare una sorta di coreografia da musical - descrittiva e consapevolmente “figurativa” - per dipingere, anche con un certo distacco, l’orizzonte emotivo della protagonista e la sua discesa nel lato oscuro di un’epoca d’oro. Argento fa lo stesso nelle sue opere più riuscite, in cui si respira un’atmosfera quasi teatrale - e quelle opere sono diventate dei cult.
Ultimo appunto: in moltissimi thriller (e non) c’è il cliché della “macchina che quasi investe il/la protagonista, evidentemente troppo distratto/a e sconvolto/a per prestare attenzione a dove cazzo guarda”. Qui l’espediente è sfruttato fino al parossismo. Va bene una volta. Già alla seconda ti domandi se la ragazza non soffra di labirintite. Quando poi un altro personaggio finisce addirittura ammazzato da una macchina in corsa ti domandi se Ellie non sia la reincarnazione di Jessica Fletcher, per quanto porta sfiga. Magari è un riferimento interno - Wright va pazzo per quella roba -, resta il fatto che risulta un po’ ridicolo. Voleva essere ridicolo? Troppi dubbi.
Ci sarebbe pure quella faccenda legata al confronto finale con l’assassino...
SPOILER SPOILER SPOILER
Fatemi capire bene. Gli “spettri” vogliono afferrare Ellie e trascinarla chissà dove (magari all’Inferno), nell’ultimo atto addirittura la immobilizzano con grande dispiegamento di forze... e poi le chiedono di ammazzare la vecchia Sandie?
Decidetevi, la volete tutta per voi o vi serve per portare a termine la vostra vendetta? Detesto i fantasmi indecisi.
Altra domanda: quello che succede nei “flashback” ha ripercussioni fisiche nella realtà, come prova il succhiotto che Ellie si ritrova sul collo. Questo significa che tutti gli abusi fisici e psicologici subiti da Sandie nell’arco di anni si ripercuotono anche sulla psiche e sul corpo di Ellie? Perché in quel caso, mi pare abbastanza improbabile che in sede di chiusura la ragazza riesca anche solo a reggersi in piedi, figuriamoci terminare l’anno di studi. Poi magari sono solo uno stronzo che pensa male e lei è più coraggiosa di tutti i medici della Croce Rossa messi insieme. Chi se ne frega, amo un buon lieto fine come chiunque.
FINE SPOILER
Come ho detto più volte, esprimere a parole ciò che non ci piace richiede molti più sforzi - e più spazio, e più tempo - di quanto non lo sia manifestare apprezzamento.
E il film a me è piaciuto.
Ha dalla sua due protagoniste in ottima forma, un buon ritmo (e il solito montaggio geniale di Wright), una componente audiovisiva eccezionale, e una certa sovrabbondanza di sequenze “da pelle d’oca” in cui si confondono piacere e ribrezzo, appannaggio esclusivo di tutte le opere con un loro perché.
Per me è più che sufficiente.
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Cari lettori occasionali, io amo l’autunno.
Lo amo nonostante non esista più un autunno vero, divenuto nient’altro che un’umidiccio strascico di estate. (Tranne quest’anno. Quest’anno fa freschino. Freddino. Okay, fa freddo. Ma a me piace così.)
Lo amo nonostante sia il periodo in cui proliferano gli insetti che più odio sulla faccia della terra: cimici e cavallette. (Anche voi le odiate, vero? Perché non può esistere un essere umano che non ne sia infastidito. Mi rifiuto di crederlo!)
Lo amavo nonostante fosse il periodo in cui iniziava la scuola. (Perché in fondo a me iniziare la scuola piaceva!)
Lo amo ora perché finalmente, dopo l’odioso caldo estivo, ci si può mettere addosso un maglione e le ciabatte e si può dormire con addosso una coperta e tutto diventa più bello.
E poi ci sono il mio compleanno e Halloween, due dei miei momenti preferiti dell’anno nonostante quasi non festeggi il primo e il secondo sia essenzialmente una scusa per addobbare tutta la camera di arancione e comprare chincaglierie a tema inutili ma assolutamente imprescindibili.
Ma insomma, perché siamo qui? Perché voglio proporvi la versione scritta di un tag che ho visto nel canale di Erika (thediaryofabibliophile) e che voglio riproporre anche in versione video.
Come avrete intuito dal titolo, si tratta di un tag ispirato all’autunno, e per tutti i motivi di cui sopra non potevo esimermi dal proporvelo. Quindi ecco qua.
Pronti? Via.
1) In autunno l’aria è fresca e croccante: un libro con un’ambientazione molto vivida.
Se vi dico “Parigi a volo d’uccello”, cosa vi viene in mente? Esatto, Victor Hugo e il suo “Notre Dame de Paris”.
Il romanzo in sé è un capolavoro della letteratura e un’opera che ho amato moltissimo ma il motivo per cui l’ho scelto è che Hugo si prende la briga e il tempo di inserire all’interno della narrazione capitoli interi chiamati appunto “Parigi a volo d’uccello”, che sono lunghissime e dettagliatissime descrizioni di Parigi vista dall’alto. Ora, “Notre Dame de Paris” ha molti altri pregi, ma sfido chiunque a leggerlo e a non percepire quasi sotto le suole ogni singolo ciottolo delle strade della città.
Un altro esempio di romanzo in cui l’ambientazione è molto vivida è senza dubbio “Profumo” di Patrick Süskind.
Qui, è tutto molto più strano, perché il protagonista, Jean Baptiste Grenuille ha il dono di un olfatto straordinario che lui utilizza per capire il mondo intorno a sé. Quindi l’intera narrazione, l’intero mondo di Jean Baptiste, è filtrato attraverso gli odori che emana e per me, che per via di un problema al naso gli odori riesco a sentirli solo a tratti, “Profumo” ha un fascino incredibile.
2) La natura è meravigliosa ma sta anche morendo: un libro meravigliosamente scritto ma che tratti anche di argomenti pesanti, come la perdita o la morte.
Il libro che mi è venuto in mente appena ho letto questa domanda è stato “Sette minuti dopo la mezzanotte”, di Patrick Ness e Siobhan Dowd. Ne ho già scritto una recensione, che potrete leggere cliccando qui.
3) L’autunno segna anche il ritorno a scuola: un libro di non fiction che ti ha insegnato qualcosa.
Non sono una gran lettrice di non-fiction (quindi di saggistica o di biografie o comunque di libri che raccontano storie realmente accadute) perché ne sono parzialmente spaventata, perché ho la convinzione (pregiudizievole, lo so, e dettata da una cronica insicurezza, ma pur sempre presente) di non essere in grado di capire o di affrontare con la dovuta concentrazione il contenuto di questi libri.
Ovviamente ho dovuto leggerne parecchi per l’università, per la tesi e per interessi personali che volevo approfondire, ma qui ve ne cito due, piuttosto leggeri e piacevoli, che mi hanno stupita e in parte aiutata.
Il primo ve lo citai già in un tag precedente e si tratta di “Omicidio a Road Hill House” di Kate Summerscale.
In questo caso, l’autrice sfrutta un fatto di cronaca realmente accaduto, l’omicidio del piccolo Seville Kent ad opera di sua sorella, per raccontare l’ascesa della divisione investigativa della polizia inglese. I primi “detectives”.
Il secondo è “Big magic” di Elizabeth Gilbert.
Ne ho già scritto una recensione, che potrete leggere cliccando qui.
Questo libro, all’apparenza niente più che un manuale di self-help, ha giocato un ruolo fondamentale nei mesi precedenti alla mia decisione di immolare il mio racconto sull’altare dell’editoria. Avevo questo manoscritto finito, bastava apporre qualche correzione e sarebbe stato abbastanza buono da essere preso in considerazione. Forse. Ero indecisa, come al solito mi dicevo che nessuno mi avrebbe presa in considerazione, perché è quello che mi succede sempre. E leggere questo libro mi ha dato una spinta, mi ha fatto capire che invece valeva la pena buttarsi e che dire, è andata bene.
4) Il miglior modo di tenersi caldi è stare con le persone che si amano: una famiglia/casata/gruppo di amici (di finzione) di cui vorresti fare parte.
Niente Harry Potter per me (comunque, entrerei in Serpeverde, la mia gloriosa casa), niente Game of Thrones (dove comunque non tengo per nessuna famiglia in particolare, se non forse i Lannister) e niente campi di allenamento per mezzosangue o distretti, eccetera.
Se dovessi far parte di un “gruppo” letterario, farei parte della sgangheratissima famiglia Hazard, ovvero l’involutissima e genealogicamente complessa stirpe da cui hanno avuto origine le gemelle Nora e Dora Chance, protagoniste di “Figlie sagge” di Angela Carter.
Poi in verità se facessi davvero parte di quella famiglia, probabilmente sarei figlia di mia cugina e sposerei il mio fratello gemello che in realtà credo essere il garzone del lattaio… but still. Sono una grande, squinternata famiglia e io li adoro.
5) Le coloratissime foglie che si ammucchiano sul terreno: mostra una pila di libri con copertine dai colori autunnali.
Qui mi faccio un po’ autoreferenziale e vi sparo una galleria di foto artistiche ad opera di me medesima.
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Natura morta con libri o l’artista che cerca di imitare una bookstagrammer americana ma quelle ci hanno i set professionali e sembra non facciano altro nella vita che scattare foto perfette dei loro libri.
6) L’autunno è il momento perfetto per raccontare storie attorno al fuoco: un libro dove qualcuno racconta una storia.
Di getto mi verrebbe da dire “Cuore d’inchiostro”, di Cornelia Funke, ma ponderando un po’ più attentamente la questione sono approdata su altri due libri.
Il primo è nientemeno che “Il racconto dell’ancella” di Margaret Atwood. Infatti, il libro è narrato in prima persona da June, la nostra protagonista, che a quanto pare ha inciso la sua storia su delle audiocassette. Quindi, a tutti gli effetti, c’è qualcuno che sta raccontando una storia.
Il secondo è “Dell’amore e di altri demoni” Gabriel Garcia Marquez. Qui la storia raccontata è quella di Sierva Maria De Todos Los Angeles, una ragazzina dai lunghi capelli rossi, rinchiusa in un convento contro la sua volontà e creduta indemoniata e l’occasione è quella del ritrovamento della sua tomba e del suo piccolo scheletro a cui non hanno mai smesso di crescere i capelli. Un romanzo di una bellezza sopraffina, malinconico ma anche graffiante.
7) Le notti sono più buie: un libro noir, oscuro e inquietante.
Sicuramente “L’incubo di Hill House” di Shirley Jackson, parecchio conosciuta qui nell’Internet principalmente per via di “Abbiamo sempre vissuto nel castello”. In entrambi i casi abbiamo un thriller-horror psicologico, che gioca con gli stilemi del genere allo scopo principale di scavare all’interno della mente umana.
Utilizza l’espediente narrativo della casa infestata anche “I custodi di Slade House”, di David Mitchell, lo stesso autore di Cloud Atlas. In questo, gli spettri di due gemelli infestano una casa e la sfruttano per attirare persone e nutrirsi delle anime dei vivi. L’atmosfera è tesa, inquietante e l’ho apprezzato molto.
Il terzo romanzo è il libro per ragazzi più sinistro che abbia mai letto e sto parlando di “Coraline” di Neil Gaiman.
Dubito che abbia bisogno di presentazioni. In ogni caso, si tratta della storia della piccola Coraline, una ragazzina appena trasferita in una nuova casa e che si sente trascurata dai genitori. Un giorno, scopre una porcina e al di là, un mondo bellissimo dove una replica dei suoi genitori la tratta in modo amorevole e le lascia fare tutto quello che vuole. Coraline vorrebbe rimanere lì, in quel mondo perfetto. L’unica cosa che deve fare è scambiare i propri occhi con dei bottoni…
Come scritto nella prefazione del libro stesso, Coraline è in grado di provocare due tipi di reazioni, a seconda del pubblico che lo legge: i ragazzini sono convinti che la protagonista non corra alcun rischio e percepiscono tutto ciò che le accade come prove da superare per vincere, come nel più classico dei viaggi dell’eroe, mentre gli adulti si attiva un ansiogeno senso di allerta perché essi percepiscono e si rendono conto dei pericoli che corre la protagonista e di quanto in effetti sfiori la morte. Consigliato anche il film, sempre estremamente inquietante.
8) Le giornate si fanno più fredde: un libro corto che scalda il cuore.
Per quanto sia una scelta strana, dico “Una cosa divertente che non farò mai più” di David Foster Wallace.
Perché? Perché mi ha fatta sentire meno sola nel mio essere un pochettino (molto) asociale. Tutto qui. Un libro non è solo il suo contenuto ma anche quello che fa provare a un lettore, giusto? E questo è quello che ho provato io. Period.
9) L’autunno fortunatamente torna ogni anno: uno dei tuoi libri preferiti che vorresti tornasse presto.
Questa domanda è un po’ truffaldina e non si capisce bene cosa intenda. Da quanto ho capito io, si riferisce a un libro che ti è piaciuto e vorresti vedere rivisitato in qualche modo oppure ristampato. Io invece la interpreto in un altro modo e la intendo come: un autore che vorresti scrivesse un nuovo libro. Io dico Angela Carter. Quanto vorrei che quella donna potesse scrivere dei giorni nostri. Ne andrebbe pazza, senza dubbio.
10) Condividi la gioia autunnale e tagga qualcuno!
Io passo la patata bollente a:
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