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#Residenz-Atelier
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Residenz Atelier (Wien) :: Role-portrait of Tilla Durieux (1880–1971), 1905 © Leopold Museum, Wien
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alina-walter · 1 year
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This time I'm sharing words instead of movement. @tanzart_kirschau @tanznetzdresden @villawigman Die Residenz/Veranstaltung findet im Rahmen des Programms „TANZPAKT in residence“ statt, initiiert vom Verein Villa Wigman für Tanz und dem TanzNetzDresden. »TANZPAKT in residence« wird gefördert von TANZPAKT Stadt-Land-Bund aus Mitteln der Beauftragten der Bundesregierung für Kultur und Medien, sowie kofinanziert durch das Staatsministerium für Wissenschaft, Kultur und Tourismus und der Landeshauptstadt Dresden, Amt für Kultur und Denkmalschutz. Diese Maßnahme wird mitfinanziert durch Steuermittel auf der Grundlage des vom Sächsischen Landtag beschlossenen Haushaltes. #poetry #dream #reflection #water #art #resonance #schönheit #frequenz (hier: Tanzart Atelier) https://www.instagram.com/p/CmW7OsRNuxn/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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septembergold · 1 year
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Copyright Manfred Thumberger. Residenz Atelier Wien / Porträt Tilla Durieux, 1905 (Detail) Leopold Museum, Wien, Foto: Leopold Museum, Wien
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tarditardi · 5 months
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Let'stART: l'8 novembre al Palazzetto Tito (Venezia), la Presentazione degli artisti e del programma degli studi della Bevilacqua La Masa
Mercoledì 8 novembre alle ore 16.00 presso Palazzetto Tito, la Fondazione Bevilacqua La Masa presenterà al pubblico gli artisti vincitori degli atelier per l'anno 2023-2024 insieme al programma formativo a loro dedicato, curato quest'anno da Cristina Beltrami, storica dell'arte, docente e curatrice indipendente, alla quale è stato conferito l'incarico di curare il programma annuale di residenze artistiche: «È una nomina che mi riempie di gioia; inizio quest'incarico con entusiasmo e con una grande curiosità verso il lavoro di questi quindici artisti, tutti talentuosissimi e tutti con anime profondamente differenti. Mi sto muovendo per instaurare con loro uno scambio reciproco e proficuo nella volontà di portarli a una mostra finale di soddisfazione e all'altezza della tradizione e del nome della Fondazione Bevilacqua La Masa».
L'incontro, che segna l'avvio di uno dei più antichi programmi di formazione per giovani artisti, sarà la prima occasione di confronto e dialogo con il pubblico per conoscere gli assegnatari dei prestigiosi spazi della Giudecca, nel Chiostro di SS Cosma e Damiano, e a Palazzo Carminati, ovvero: Stefano Stoppa, Giovanni Sambo, Matilde Sambo, Elsa Scagliarini, Giuseppe Lo Cascio, Alexander Koch, Rebecca Ganima Michelini, Eric Pasino, Pierluigi Scandiuzzi, Jacopo Zambello, Nadezda Golysheva, Chiara Peruch, Matteo Rattini, Carlo Negro, Enrico Loquercio.
Quest'anno il programma degli Atelier e la mostra finale con i lavori degli artisti vedrà il sostegno dell'azienda TABU di Cantù, nello storico distretto lombardo del mobile. TABU dal 1927 è "sartoria del legno": produce piallacci di legno naturale tinto e multilaminare e superfici decorative in legno di ultima generazione. L'anima dell'azienda risiede nello sviluppo della tecnologia tintoria applicata al legno, rendendo possibile ogni colore all'infinito: TABU è nota presso architetti, designer e creativi di tutto il mondo per la sua natura di avanguardia, per il rispetto della natura (dalle certificazioni forestali alla neutralità carbonica), per lo slancio educativo verso le nuove generazioni di progettisti e creativi attraverso il contest IDEAS4WOOD. Con TABU verrà realizzato il progetto specifico "Wood Drawing Wood Thinking" che metterà in relazione la qualità della progettazione e produzione dell'azienda con la creatività degli artisti.
Come ogni anno, al termine della presentazione, sarà possibile visitare gli atelier di Palazzo Carminati per un open studio che coinvolgerà anche Katharina Goeppert e Marcel Mrejen, i due artisti ospiti della Fondazione per il progetto Nuovo Grand Tour promosso dall'Ambasciata di Francia in Italia e dall'Institut Français Italia, alla luce del Trattato del Quirinale siglato tra i due Paesi nell'autunno 2021.
Katharina Goeppert e Marcel Mrejen hanno avuto la possibilità di vivere e lavorare a Venezia per un mese, nelle foresterie di Palazzo Carminati della Fondazione Bevilacqua La Masa, condividendo gli spazi, nell'ultimo periodo, con i nuovi assegnatari degli atelier. A pochi giorni dalla loro partenza, presentano al pubblico il risultato della loro permanenza in laguna, attraverso un open studio che vedrà esposti i loro progetti e un dialogo aperto con il pubblico. Il progetto Nuovo Grand Tour è rivolto ad artisti francesi e tedeschi di meno di trent'anni, a cui viene offerta l'opportunità di essere ospitati in Italia, in diverse residenze partner. Tale proposito nasce dal desiderio di promuovere una forma contemporanea della pratica avviata nel diciottesimo secolo e mira al dialogo tra le culture, alla contaminazione artistica, nonché a un significativo e costruttivo confronto. Su questo progetto ha collaborato Catalina Golban come curatrice per la Fondazione Bevilacqua La Masa .
Sempre a Palazzo Carminati seguirà un drink di saluto a partire dalle 19.30
L'ingresso è libero fino ad esaurimento posti a sedere.
Per informazioni: www.bevilacqualamasa.it, [email protected] 041 5207797
Con il supporto di TABU - I Colori del legno
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sounds-right · 5 months
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Let'stART: l'8 novembre al Palazzetto Tito (Venezia), dalle 16.00, la Presentazione degli artisti e del programma degli studi della Bevilacqua La Masa
Mercoledì 8 novembre alle ore 16.00 presso Palazzetto Tito, la Fondazione Bevilacqua La Masa presenterà al pubblico gli artisti vincitori degli atelier per l'anno 2023-2024 insieme al programma formativo a loro dedicato, curato quest'anno da Cristina Beltrami, storica dell'arte, docente e curatrice indipendente, alla quale è stato conferito l'incarico di curare il programma annuale di residenze artistiche: «È una nomina che mi riempie di gioia; inizio quest'incarico con entusiasmo e con una grande curiosità verso il lavoro di questi quindici artisti, tutti talentuosissimi e tutti con anime profondamente differenti. Mi sto muovendo per instaurare con loro uno scambio reciproco e proficuo nella volontà di portarli a una mostra finale di soddisfazione e all'altezza della tradizione e del nome della Fondazione Bevilacqua La Masa».
L'incontro, che segna l'avvio di uno dei più antichi programmi di formazione per giovani artisti, sarà la prima occasione di confronto e dialogo con il pubblico per conoscere gli assegnatari dei prestigiosi spazi della Giudecca, nel Chiostro di SS Cosma e Damiano, e a Palazzo Carminati, ovvero: Stefano Stoppa, Giovanni Sambo, Matilde Sambo, Elsa Scagliarini, Giuseppe Lo Cascio, Alexander Koch, Rebecca Ganima Michelini, Eric Pasino, Pierluigi Scandiuzzi, Jacopo Zambello, Nadezda Golysheva, Chiara Peruch, Matteo Rattini, Carlo Negro, Enrico Loquercio.
Quest'anno il programma degli Atelier e la mostra finale con i lavori degli artisti vedrà il sostegno dell'azienda TABU di Cantù, nello storico distretto lombardo del mobile. TABU dal 1927 è "sartoria del legno": produce piallacci di legno naturale tinto e multilaminare e superfici decorative in legno di ultima generazione. L'anima dell'azienda risiede nello sviluppo della tecnologia tintoria applicata al legno, rendendo possibile ogni colore all'infinito: TABU è nota presso architetti, designer e creativi di tutto il mondo per la sua natura di avanguardia, per il rispetto della natura (dalle certificazioni forestali alla neutralità carbonica), per lo slancio educativo verso le nuove generazioni di progettisti e creativi attraverso il contest IDEAS4WOOD. Con TABU verrà realizzato il progetto specifico "Wood Drawing Wood Thinking" che metterà in relazione la qualità della progettazione e produzione dell'azienda con la creatività degli artisti.
Come ogni anno, al termine della presentazione, sarà possibile visitare gli atelier di Palazzo Carminati per un open studio che coinvolgerà anche Katharina Goeppert e Marcel Mrejen, i due artisti ospiti della Fondazione per il progetto Nuovo Grand Tour promosso dall'Ambasciata di Francia in Italia e dall'Institut Français Italia, alla luce del Trattato del Quirinale siglato tra i due Paesi nell'autunno 2021.
Katharina Goeppert e Marcel Mrejen hanno avuto la possibilità di vivere e lavorare a Venezia per un mese, nelle foresterie di Palazzo Carminati della Fondazione Bevilacqua La Masa, condividendo gli spazi, nell'ultimo periodo, con i nuovi assegnatari degli atelier. A pochi giorni dalla loro partenza, presentano al pubblico il risultato della loro permanenza in laguna, attraverso un open studio che vedrà esposti i loro progetti e un dialogo aperto con il pubblico. Il progetto Nuovo Grand Tour è rivolto ad artisti francesi e tedeschi di meno di trent'anni, a cui viene offerta l'opportunità di essere ospitati in Italia, in diverse residenze partner. Tale proposito nasce dal desiderio di promuovere una forma contemporanea della pratica avviata nel diciottesimo secolo e mira al dialogo tra le culture, alla contaminazione artistica, nonché a un significativo e costruttivo confronto. Su questo progetto ha collaborato Catalina Golban come curatrice per la Fondazione Bevilacqua La Masa .
Sempre a Palazzo Carminati seguirà un drink di saluto a partire dalle 19.30
L'ingresso è libero fino ad esaurimento posti a sedere.
Per informazioni: www.bevilacqualamasa.it, [email protected] 041 5207797
Con il supporto di TABU - I Colori del legno
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scenariopubblico · 5 months
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è HUMUS ma non si mangia!
Perché è il blog di Scenario Pubblico/Compagnia Zappalà Danza, di nuovo fortemente voluto per creare uno spazio dedicato alla narrazione collettiva di ciò che succede all’interno del nostro Centro di Rilevante Interesse Nazionale per la Danza.
L’humus è quell’insieme di sostanze organiche presenti nel suolo che hanno un’importanza primaria per la nutrizione di alberi e piante. Mentre l’hummus, com’è noto, è una pietanza medio orientale.
Solo una lettera, in più o in meno, definisce due cose totalmente diverse che in comune hanno solo la caratteristica di essere cibo.
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Il nome del nostro blog è stato scelto proprio con l’idea di voler creare - attraverso le parole – un’ alimentazione attraverso
le parole
che custodiscono
la memoria,
a partire dagli eventi che vengono vissuti.
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Spettacoli, incontri, percorsi di formazione, progetti speciali, laboratori di movimento, FIC Fest sono l'Humus che trova qui uno spazio d’approfondimento apposito per essere testimoniato, conservato con cura, abilitato a dare nutrimento.
Vogliamo creare un piccolo archivio dell’immateriale attraverso tre sezioni:
Dialoghi, dove troverai le interviste-incontro con i protagonisti e le protagoniste della nuova stagione 2023/2024 Sp*rt! e le coreografe e i coreografi che durante l’anno creeranno nuovi lavori durante le residenze artistiche;
Visioni, in cui gli spettacoli e le performance saranno raccontati attraverso gli occhi dei giovani danzatori del secondo anno del percorso di formazione Modem Atelier;
Attraversamenti dove racconteremo le processualità di residenze, progetti speciali, attività, laboratori e percorsi di formazione.
Ogni martedì verrà pubblicato un nuovo contenuto inserito nella sezione più pertinente.
A martedì, con la prima intervista e visione della stagione Sp*rt!
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pikasus-artenews · 11 months
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Vedersi da fuori. Vedersi da dentro Gli artisti degli Atelier 2022-2023
Cosa ha lasciato nel pensiero e nello sviluppo della ricerca artistica il tempo trascorso a Venezia nelle residenze d’artista di Bevilacqua La Masa
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lamilanomagazine · 1 year
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Milano, “Il cielo stellato” riportato in terra con la mostra di Caterina Erica Shanta
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Milano, “Il cielo stellato” riportato in terra con la mostra di Caterina Erica Shanta.    Dal 25 gennaio al 17 marzo 2023 Careof presenta la mostra “Il cielo stellato” di Caterina Erica Shanta (1986, Germania), artista e regista che ricorre al video e al linguaggio del cinema documentario per investigare le immagini prodotte da altri in determinati contesti. A cura di Marta Cereda, “Il cielo stellato” è un progetto artistico e cinematografico incentrato sulla festa della Madonna della Bruna di Matera, caso studio analizzato dall’artista come evento sempre più raccontato dalle immagini che la documentano e testimonianza dei grandi cambiamenti storici, sociali e tecnologici. L’inaugurazione si terrà martedì 24 gennaio alle ore 19.00 presso gli spazi della Fabbrica del Vapore a Milano.   “Nell’affollatissima piazza principale, smartphone e macchine fotografiche sopra le teste del pubblico sono puntate sull’imminente ‘strazzo’ del Carro Trionfale” racconta Caterina Erica Shanta. “L’aria è elettrica, nell’attesa del momento cruciale della festa. Il Carro in cartapesta sopraggiunge trainato da muli in corsa. La piazza si contrae e si lancia, il gigante scompare sotto gli occhi di tutti, diviso in migliaia di frammenti. Nell’attimo prima della sua evanescenza, la piazza costellata di dispositivi ha inconsapevolmente astratto e duplicato il grande artefatto. È una nube di punti, una fotogrammetria composta da vettori luminosi nello spazio nero virtuale: il terzo cielo stellato”. In mostra, negli spazi all’interno di Fabbrica del Vapore a Milano, il mediometraggio prodotto da Careof e da Invisibile Film che analizza e racconta proprio questo fenomeno, accompagnato da una serie di materiali d’archivio raccolti dall’artista nei mesi di lavoro in Basilicata e da un ciclo di immagini realizzate con la tecnica della fotogrammetria, una tecnologia in grado di generare modelli tridimensionali a partire da fotografie realizzate attorno a un soggetto centrale. In questo senso, Caterina Erica Shanta ha raccolto per anni, attraverso open call, le fotografie scattate dal pubblico con il proprio cellulare nella piazza principale di Matera durante il momento cardine della festa, ovvero la distruzione - o ‘strazzo’ - del carro trionfale a opera della popolazione. Nel momento in cui il carro sparisce demolito da migliaia di braccia, altrettante scattano fotografie: inconsciamente realizzano una fotogrammetria a 360° quasi perfetta del soggetto centrale ormai distrutto. Indagando il rapporto tra l’essere umano, il soggetto dello sguardo e la sua dematerializzazione virtuale mediata dalle immagini, il progetto “Il cielo stellato” testimonia così come l’atto fotografico sia divenuto parte integrante di un comportamento rituale dell’essere umano odierno, che da osservatore passivo di un evento in pieno svolgimento si trasforma nell’autore di una nuova narrazione. Il progetto è realizzato anche grazie al contributo di Galleria Indice.   Biografia Caterina Erica Shanta Caterina Erica Shanta (1986, Germania; vive e lavora a Pordenone, Italia), artista e regista, si forma a Venezia dove nel 2014 ottiene un Master in Arti Visive all’Università IUAV. Il video è il suo principale mezzo di indagine. Investiga immagini prodotte da altri per esplorare come queste siano relazionate a particolari contesti. Usa montaggi e re-mixaggi di video, footage, e immagini d’archivio come media principale. La sua ricerca si focalizza sulla ridefinizione delle immagini propria del linguaggio del cinema documentario. Shanta ha preso parte a numerosi programmi di formazione dedicati alle immagini in movimento, residenze artistiche - Atelier Fondazione Bevilacqua la Masa, CAREOF Art Residency - organizzazione no-profit per la ricerca artistica contemporanea, Dolomiti Contemporanee, e programmi per artisti come VISIO - European Program on Artists' Moving Images a Lo Schermo dell'arte Film Festival. Attualmente collabora con l’archivista e fotografo Rawsht Twana al progetto TWANA ARCHIVE, sostenuto da Italian Council, Direzione Generale Creatività Contemporanea, Ministero della Cultura.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Festival delle Associazioni Culturali
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Una rassegna con oltre 30 eventi e più di 40 realtà culturali coinvolte, tra visite guidate, concerti, cinema, teatro e conversazioni su arte, letteratura e storia, in 34 luoghi inconsueti e affascinanti della città. Si terrà dall’8 al 30 settembre a Firenze la seconda edizione del Festival delle Associazioni Culturali, l’iniziativa organizzata da Centro Associazioni Culturali Fiorentine APS. In programma un calendario fitto di appuntamenti che offrirà ai partecipanti la possibilità di scoprire spazi di immenso valore storico e artistico, di cui molti apriranno le porte in via straordinaria per l’occasione. Non solo: dal 1 al 19 ottobre in programma una selezione di proposte fuori festival. La manifestazione è realizzata grazie al contributo di Estate Fiorentina, Comune di Firenze, Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, sponsor tecnico Unicoop (ingresso gratuito, info e prenotazioni su www.associazioniculturalifirenze.org). Associazioni Culturali, il festival alla sua seconda edizione Elemento distintivo del festival sono i luoghi che lo ospitano: da spazi iconici della cultura fiorentina – tra gli altri il Teatro della Pergola, l’Istituto Francese, la Biblioteca delle Oblate, il Giardino delle Rose, la Basilica della SS Annunziata e la Villa Medicea La Petraia, Villa Bardini e il Museo Stibbert – a spazi che deviano dagli itinerari consueti – come Piazza del Limbo, il Cimitero agli Allori, il Parco della Rimembranza e la Certosa di Firenze – fino a palazzi, chiese e residenze e istituzioni private normalmente chiusi al pubblico, che per un giorno riveleranno i propri tesori: la Casa del Mutilato, per un viaggio tra architettura, opere d'arte e arredi dal XIV secolo al primo Novecento; Villa Tornabuoni Lemmi, dove si parlerà della Villa Medicea di Careggi e della poco conosciuta Loggia Platonica posta sulle rive del Terzolle; l’archivio storico del Maggio Musicale e la sua inestimabile collezione di documenti, bozzetti originali di grandi maestri della pittura contemporanea e del 900, maquettes di scena, costumi, manifesti e fotografie; Casa Museo Schlatter, atelier del pittore mistico Carlo Adolfo Schlatter; Villa Il Palmerino, dimora della poetessa e scrittrice Vernon Lee; e ben sei antichi oratori sconosciuti anche agli stessi fiorentini. Teatro della Pergola Inaugurazione giovedì 8 settembre al Saloncino del Teatro della Pergola, con un doppio concerto su brani di Johannes Brahms, Ludwig van Beethoven, Claudio Monterverdi, Henry Purcell, Gaetano Donizetti, Francesco Paolo Tosti, Charles Gounod, Georges Bizet e Manuel de Falla. A seguire Ottavia Piccolo sarà protagonista di “Cosa nostra spiegata ai bambini”: un’attrice, un ensemble di voci, la scrittura di Stefano Massini e la storia di una donna, Elda Pucci, eletta sindaco della città di Palermo, la cui abitazione saltò in aria due anni più tardi. La Piccolo e i Solisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo tornano a confrontarsi con le parole di Massini, dando struttura a un teatro civile in cui il racconto passa attraverso la voce di coloro che spesso non l’hanno, in collaborazione con Fondazione Teatro della Toscana. Architettura e beni culturali della città Tra gli eventi da non perdere occasioni per conoscere o riscoprire gioielli d’arte, architettura e beni culturali della città: il 12 settembre a Villa Tornabuoni Lemmi, oggi sede istituzionale INAIL, un tempo importante centro umanistico nella Firenze del ‘400, il simposio “Un luogo della memoria del Rinascimento a Firenze: la Villa Medicea e la Loggia Platonica a Careggi dal XV secolo ad oggi”, che ripercorrerà la storia della Villa Medicea di Careggi e della sua Accademia Neo-Platonica; mentre il 18 settembre “La verde collina di San Miniato”, itinerario fra giardini e luoghi della memoria con tre diverse visite guidate: una mattinata al Giardino delle Rose con le sculture di Folon,che comprenderà laboratori per famiglie e un momento musicale; il pomeriggio presso il Parco della Rimembranza, e conclusione da EdV a Garden with a View, un singolare giardino contemporaneo in cui si uniscono bellezza e sostenibilità. Il 19 settembre sarà poi possibile approfondire la conoscenza della Basilica della SS Annunziata in un pomeriggio scandito da due appuntamenti: una visita guidata che comprenderà straordinariamente anche la Cappella di San Luca, restaurata di recente, e una serie di interventi su potere e devozione nella famiglia Medici. Associazioni culturali: storia di Firenze E ancora: alla storia di Firenze sarà dedicato il convegno in programma per il 22 e 29 settembre tra l’Auditorium al Duomo e Villa Il Palmerino dal titolo “L’idea di Firenze. Relazioni fra la cultura fiorentina e quella europea nel XIX e XX secolo”. Luogo principe di cultura europea, Firenze ha attratto artisti, poeti, scrittori di ogni parte del mondo che, nei decenni a cavallo fra Otto e Novecento, l’hanno eletta loro residenza. I relatori invitati spazieranno dalla presenza di Giovanni Verga nei caffè cittadini all’epoca di Firenze capitale al cosmopolitismo di Frederick Stibbert, dall’ internazionalità delle famiglie fiorentine al racconto delle donne venute da lontano che hanno trovato riposo nel Cimitero agli Allori. Architettura e arte delle fortificazioni saranno al centro della conferenza organizzata il 25 settembre presso la Certosa di Firenze; mentre una giornata su studi d’artista, libri e cultura nel quartiere di San Lorenzo, e in particolare in via Panicale tra Otto e Novecento sarà convocata il 27 settembre presso l’Auditorium Fondazione Cassa di Risparmio. Inoltre, per l’occasione, sarà illustrato il progetto di rigenerazione urbana “Custodi del Bello per San Lorenzo”. Read the full article
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gartenhausat · 2 years
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Hier ist, warum Sie den Kauf eines Containerhaus in Betracht ziehen sollten
Planen Sie den Bau eines zusätzlichen Hauses innerhalb Ihrer Residenz? Wenn Sie bereit sind, das Projekt einfach und sofort fertigzustellen, sollten Sie darüber nachdenken, ein fertiges Haus aus Versandcontainern zu kaufen. Wenn Sie keine Ahnung haben, was ein solches Produkt ist oder wie Sie es bekommen, finden Sie hier alles, was Ihnen helfen kann, das Ganze zu verstehen:
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Containerhäuser bestehen aus gebrauchten und recycelten Schiffscontainern, die nicht mehr verwendet werden können. Jedes Jahr werden mehrere solcher Schiffscontainer für weitere Transporte als ungeeignet erklärt. In einem Versuch, unsere liebe Erde vor der Last des Abfalls zu retten, wurde diese Initiative, Häuser aus diesen gebrauchten Containern zu bauen, von den renommierten Verkäufern von vorgefertigten Holzhäusern des Landes ergriffen. Wenn Sie also in ein so einzigartiges Produkt investieren, tragen Sie auch dazu bei, unsere Umwelt zu schonen und die Erde gesünder zu machen.
Da ein solches Containerhaus aus gebrauchten Seecontainern besteht, kann es einige Gebrauchsspuren aufweisen. Aber das schmälert seine optische Attraktivität nicht. Und bei richtiger Pflege können diese Häuser ein Leben lang halten. Die Container werden nicht zerstört, sondern zu diesen Häusern umgeformt.
Diese Häuser sind bekannt für ihre vielfältigen Nutzungsmöglichkeiten. Sie können Ihr Containerhaus als Atelier, Gästezimmer, Gartenlounge, Arbeitszimmer, Büro, Ferienhaus und vieles mehr nutzen.
Einige zusätzliche Details zu einem solchen Containerhaus sind:
 Außenverkleidung aus Sibirischer Lärche
Türen und Fenster mit schwarzen PVC-Rahmen und mit Argon gefülltem doppelt gehärtetem Glas
Zur Isolierung wird geschlossenzelliger Polyurethanschaum verwendet
Innenverkleidung aus skandinavischer Fichte
Wärmegedämmter Eichenboden
LED-Deckenleuchten im gesamten Tiny House
Eine Außenlampe
Drei Außensteckdosen
Sechs Innensteckdosen
Die Lieferung erfolgt innerhalb von sechs bis sechzehn Wochen ab Bestell- und Zahlungsdatum. Der Versand erfolgt österreichweit. Für weitere Details besuchen Sie bitte jetzt die offiziellen Websites der Verkäufer.
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Residenz-Atelier :: Asta Nielsen i patomimen Prins Harlekins Død | Asta Nielsen in the Patomime Prince Harlequin's Death, 1913. | src Royal Museum Library, Denmark
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fashionbooksmilano · 4 years
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Lisar
realizzazioni e progetti - realizations and projects - Realisierungen und Entwurfe
introduzione Alessandro Mendini, profilo aziendale Mario Fabris
coordinamento redazionale Massimo Caiazzo
progetto grafico Atelier Mendini : Massimo Caiazzo, Fulvia Mendini
fotografie Studio Torreggiani, Peter Aaron, Esto Photographics, Alberto Ferrero, Beppe Caggi, Ezio Prandini, Damiani, Spativum, Carrieri, Walter Prina, Luca Luca, Andrea Zani, Studio Azzurro
Lisar, Milano 2001, 144 pagine
euro 40,00
email if you want to buy [email protected]
Lisar è specializzata nella progettazione e realizzazione di arredi interni su misura per aziende e grandi clienti di livello internazionale. Grazie al know-how maturato in oltre 40 anni di storia, siamo in grado di affiancare il cliente e i suoi professionisti di fiducia in tutte le fasi del progetto, dall’idea al rilievo con scansione 3D, dalla progettazione alla scelta dei materiali, dalle lavorazioni all’allestimento, fino alla consegna “chiavi in mano”. La qualità, l’innovazione e la possibilità di mettere a disposizione del cliente un’intera squadra per risolvere anche agli aspetti più marginali del progetto, quali la burocrazia, i permessi e la logistica sono i punti d’eccellenza dell’azienda.  Boutique d’alta moda, grandi magazzini, headquarter internazionali, hotel e residenze private che richiedono precisione, tempestività e accuratezza, trovano in Lisar il perfetto interlocutore.
14/09/20
orders to:     [email protected]
ordini a:        [email protected]
twitter:@fashionbooksmi
instagram:         fashionbooksmilano, designbooksmilano  tumblr:                fashionbooksmilano, designbooksmilano
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creativemorningstrn · 4 years
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MOTOElastico è uno Space Lab fondato a Seul dagli architetti Simone Carena e Marco Bruno, impegnato su progetti di architettura, interni, mostre e installazioni artistiche. Il progetto è nato a Torino dove Marco e Simone si sono conosciuti e laureati per specializzarsi in California e poi radicarsi in Corea del Sud dal 2001.
Dicono marco e Simone: “Utilizziamo l'architettura per progettare esperienze memorabili nello spazio”. In tutti i suoi progetti @motoelastico usa l'ironia per sfidare criticamente e celebrare giocosamente i costumi e comportamenti locali; il progetto Hanok nel cuore di Samcheong-dong, per esempio, molto riconoscibile e peculiare,  è apparso su diverse riviste e programmi televisivi in Corea e all'estero. 
Molti progetti riguardano ristrutturazione di spazi privati, ma MOTOElastico ha anche sviluppato, tra gli altri, un edificio commerciale multipiano, un teatro privato e una struttura ricreativa del parco ai margini di un campus universitario coreano. Attualmente lavorano alla trasformazione di una vecchia fabbrica di mattoni italiana in un complesso multifunzionale che combina produzione industriale, strutture culturali e residenze.
Nel 2015 MOTOElastico è stato nominato Designer of the Year 2015, Designer’s Choice Award da Design House, Corea; nel 2017 l'iconico atelier MOTOElastico è diventato la sede ufficiale della prima Biennale di architettura e urbanistica di Seoul. Le opere di MOTOElastico sono state incluse in:  Anyang Public Art Project, Museo di arte moderna e contemporanea di Seoul, Padiglione italiano alla Biennale d'arte di Venezia, Padiglione coreano alla Biennale di architettura di Venezia (Leone d'oro), Biennale d'arte di Marrakech, Biennale di architettura e Urbanistica di Seoul e Biennale Biennale di Architettura e Urbanistica di Shenzen
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carmenvicinanza · 2 years
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Charlotte Perriand
https://www.unadonnalgiorno.it/charlotte-perriand/
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Charlotte Perriand, architetta e designer francese è stata una figura fondamentale della storia del moderno design. Ha creato pezzi iconici tuttora in produzione.
Nonostante abbia avuto una lunga e articolata carriera, troppo spesso viene ricordata soltanto per la sua fortunata collaborazione con Le Corbusier e Pierre Jeanneret, a cui a lungo sono stati attribuiti pezzi d’arredo concepiti invece da lei.
Si è occupata di design di mobili, arredo e architettura di interni, influenzando anche le forme architettoniche costruite.
Charlotte Perriand nacque a Parigi il 24 ottobre 1903, si è diplomata nel 1925 all’École de l’Union Centrale des Arts Décoratifs e, nello stesso anno, ha presentato una collezione di oggetti e arredi all’Esposizione parigina di Arti Decorative.
Dal 1927 al 1937, in maniera continuativa, ha lavorato nello studio di Le Corbusier realizzando mobili entrati nella storia del design e condividendo la visione dell’arredo come parte di un sistema che sfrutta le grandi potenzialità di nuovi materiali e tecniche di lavorazione e produzione in serie.
Uscita dal famoso atelier, ha continuato il suo sodalizio con Pierre Jeanneret e l’architetto giapponese Junzo Sakakura, mantenendo viva l’etica dello studio (l’interesse per il lavoro di gruppo e per l’integrazione tra architettura e progetto degli spazi interni).
Affascinata dalla cultura industriale, utilizzava i nuovi materiali (acciaio, alluminio, vetro) per forme e prodotti messi al servizio del miglioramento della vita quotidiana.
Nel 1929 è stata co-fondatrice dell’U.A.M. (Union des Artistes Modernes) e nel 1933 è stata una delle rare donne al IV Congresso del CIAM (Congrès Internationaux d’Architecture Moderne) di Atene.
Ha svolto un ruolo da protagonista nel movimento di rinnovamento dell’architettura e della cultura del secolo scorso.
Ad arricchire e ispirare la sua grande creatività furono sicuramente anche le importanti esperienze in giro per il mondo.
Ha lavorato in Unione Sovietica, in Giappone, in Vietnam, in Brasile, vantando prestigiose collaborazioni con commesse private e pubbliche, compresi gli uffici di Air France nel mondo, le residenze diplomatiche franco-nipponiche, e la riprogettazione degli interni del Palazzo delle Nazioni Unite a Ginevra nel 1961.
È stata sempre affascinata dall’Oriente e dal Giappone, in particolare, dove rimase per tutto il periodo della Seconda Guerra Mondiale, perché impossibilitata a rientrare in patria, e di cui studiò tradizioni e materiali adattandoli a vari pezzi di design suoi e di altri. Tenne varie esposizioni nell’impero del Sol Levante e, nel 1942, scrisse anche il libro Contatto con il Giappone.Vi fece ritorno più volte, creando occasioni di incontro e di scambio, scrivendo e traducendo una parte dello spirito giapponese nel proprio modo di progettare e interpretare le cose del mondo.Cinquanta anni più tardi, nel 1993, ebbe anche l’occasione di realizzare una Casa del Tè all’interno del Festival Culturale del Giappone organizzato a Parigi dall’UNESCO per sviluppare il dialogo tra culture al fine di creare un luogo universale di scambio. Un invito a celebrare il rito dell’ospitalità, il piacere della creatività, la ricchezza del dialogo multiculturale. Tra le numerose opere di design e di architettura di Charlotte Perriand si ricorda anche la stazione sciistica Les Arcs in Alta Savoia (1967-1982), che la vide coordinatrice di un team composto da architetti, ingegneri e urbanisti. Il progetto nacque con l’inetnto di offrire in tempi brevi e a costi accettabili strutture adeguate per il tempo libero e lo sport di massa. Un omaggio ben riuscito all’altra sua grande passione, la montagna.
Charlotte
Perriand
è stata una professionista che è riuscita a emanciparsi in un ambiente quasi esclusivamente maschile, come ha raccontato nella sua autobiografia
Io Charlotte, tra Le Corbusier, Léger e Jeanneret
del 1998.Le sue scelte e il suo stile di vita andarono di pari passo con la sua pratica progettuale, capelli tagliati a zero, gioielli fatti con cuscinetti a sfera così come l’investimento personale nello sport e nei viaggi. Nell’ultima parte della vita rallentò l’attività ma mantenne sempre aperto il suo atelier. Ha Ricevuto numerose onorificenze e le sono state dedicate diverse mostre retrospettive.Si è spenta a Parigi il 27 ottobre 1999.
Responsabile dell’archivio di Charlotte Perriand a Parigi è oggi Pernette Perriand, sua figlia che per più di 20 anni le ha fatto da assistente.
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rcvandenboogaard · 5 years
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Seks in een nerveuze wereld
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 Merkwaardig hoe na meer dan een eeuw, en de alomtegenwoordigheid van seksuele afbeeldingen in onze tijd, veel werk van Egon Schiele (1890-1918) toch de beschouwer van vandaag nog schokken kan. Zó schokken in ieder geval, dat de reclamebureaus die de Londense ondergrondse bedienen, het vorig jaar nodig vonden om posters voor een tentoonstelling van Schiele’s werk in Wenen, te censureren. Die rauwe presentatie van geslachtsdelen, die diep ongeluk en innerlijke kwelling suggererende afbeelding van broodmagere lijven, die expressie van niet zozeer lust als wel ongemakkelijkheid - ze lijken nog volop actueel. In het werk van Gustav Klimt, Schiele’s grote voorbeeld in het Wenen van vóór de Eerste Wereldoorlog, is meestal nog wel het streven bespeurbaar het model een soort glamour te geven, de rauwheid (soms letterlijk) te vergulden. Schiele doet daar niet aan. 
De seks in zijn werk fascineert wel, maar heeft niets aantrekkelijks. Misschien dat daarom de activisten die een tijdje geleden pleitten voor het weghalen van een schilderij van Balthus uit een Amerikaans museum, aan Schiele nog niet zijn toegekomen, bij mijn weten. Je kunt trouwens ook niet zeggen dat Balthus het bij zijn ontluistering in het bijzonder op vrouwen heeft voorzien - zijn mannen zijn  net zo mager en zo verontrustend fysiek aanwezig.
Slechts 28 jaar is hij geworden, voordat hij - na een bestaan leven van geldnood en antiburgerlijk liefdeleven - in Wenen stierf aan de Spaanse griep. Hij schilderde en tekende niet alleen, maar schreef ook gedichten, lees ik in Ich ewiges Kind, een aardige maar wel erg zakelijk uitgevallen biografie van de Oostenrijkse journalist Gregor Mayer. Er bestaat, begrijp ik uit het boek, een uitgebreide onderzoekswereld rond Schiele - zoals past bij een kunstenaar wiens werk tegenwoordig voor miljoenen verhandeld wordt. (En bij zijn leven voortdurend platzak was,, in tegenstelling tot de bij zijn leven al goed in de markt liggende Klimt). 
Voor mij is het allemaal nieuw, het voorrecht van de dilettant-lezer. Schiele’s kunst past precies van het beeld dat je hebt van de nerveuze cultuur van Wenen rond 1900, vol van twijfel over de betekenis van het individu, de waarde van de rationaliteit, de walging voor hetzelfde burgerdom dat de stad doet leven en de kunst een materiële basis geeft. Maar deze dilettant-lezer was, ik zal het eerlijk bekennen, toch het meest nieuwsgierig naar het seksuele leven van Schiele zelf - hoe raakt iemand zo bedreven in de ontluistering, en dan ook nog met de pretentie dat hier een expressie in hogere orde van de mens te vinden is?
Nu, over dat liefdeleven komen we in deze biografie redelijk veel te weten. In Wenen was het vrij gewoon dat kunstenaars met naaktmodellen werkten. Vaak waren dat prostituees op zoek naar een kleine bijverdienste. Of eigenlijk is dat teveel gezegd: net als in andere grote Europese steden rond 1900 (Parijs, Berlijn, ja zelfs Amsterdam) was de grens tussen het ‘gewone’ leven en de prostitutie voor veel vrouwen uit de lagere klasse eigenlijk onduidelijk. Menige verkoopster, industriearbeidster, serveerster etc. verdiende bij in de lichte zeden, om niet in bittere armoede af te glijden. 
In deze sfeer komt in 1911 de 16-jarige Wally Neuzil in Schiele’s leven (zelf is hij dan 21). Zij wordt behalve zijn favoriete model ook zijn levensgezellin, huisvrouw en zaakwaarnemer. Schiele’s erotische kunst levert geen problemen met de overheid op - tenslotte is het geen pornografie die wil behagen. Tenminste - zolang het paar in Wenen actief is, waar men van kunstenaars wel wat gewend is. Het is anders wanneer Schiele de hoofdstad Wenen wil ontvluchten en inspiratie zoekt in de provincie van de Oostenrijks-Hongaarse Dubbelmonarchie. In 1911 moet Schiele het stadje Krumau in Bohemen voortijdig verlaten, als de plaatselijke gemeenschap aanstoot neemt aan Schiele’s gewoonte bij goed weer de achtertuin als atelier te gebruiken en daar lokale meisjes te laten poseren.
Een jaar later komt het in Neulengbach tot een heuse strafzaak tegen Schiele, aangespannen door de vader van ene Tatjana von Morsig, die van huis was weggelopen en enkele dagen bij het artistieke paar onderdak had gevonden. Daarbij was, bleek uit het politieonderzoek, niets onwelvoegelijks gebeurd. Maar de plaatselijke koddebeiers die bij Schiele thuis onderzoek deden, namen wel tientallen ‘aanstootgevende’ schetsen in beslag, alsmede een schilderij dat in de woonkamer hing. De rechter beoordeelde tekeningen en schilderij weliswaar als ‘kunst’ en daarom niet strafbaar. Maar dat de jonge meisjes die voor Schiele model hadden gestaan, dat schilderij hadden zien hangen, vormde toch een schennis van de eerbaarheid. Schiele moest 28 dagen zitten, wat op hem een diepe indruk gemaakt schijnt te hebben.
In 1914 achtte Schiele de tijd gekomen om te trouwen. Daartoe versierde hij twee zusters die in Wenen bij hem aan de overkant woonden, Adèle en Edith Harms - tegelijkertijd, wel te verstaan. Met Edith, de jongste van de twee, trouwde hij, met de andere schijnt hij tot aan zijn dood een verhouding te hebben gehad. Wally moest het veld ruimen. Edith stierf in 1918 als eerste aan de Spaanse griep, Egon volgde na enkele dagen. Niets wees er op dat moment nog op, dat een van de reuzen van de XXste-eeuwse kunst was heengegaan. Laat staan dat diens werk een eeuw later, in een minstens zo nerveuze tijd, zoveel actualiteit zou uitstralen.
Gregor Mayer: Ich ewiges Kind. Das Leben des Egon Schiele. Residenz Verlag, Salzburg, Wien 2018. 
Afbeelding boven: gecensureerde posters voor een Schiele-tentoonstelling,  in de Londense ondergrondse. Afbeeldingen onder: Mädchen mit schwarzem Haar, 1911; Foto uit 1914; Selbstbildnis mit Pfauenweste, 1911.  
In de Fondation Vuitton in Parijs is tot 14 januari 2019 een overzicht van Schiele’s werk te zien. Een tentoonstelling van tekeningen van Schiele en Klimt, uit de collectie van het Albertina Museum in Wenen, staat tot 3 februari in de Royal Academy, Londen. 
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NAPOLI A MODO NOSTRO               PAUSILYPON: PAUSA DAL DOLORE          la nuova rubrica del lunedì                               a cura della redazione di Storia dell’Arte
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Napoli non è soltanto tradizioni e leggende, ma anche scorci di paesaggio e luoghi giustamente famosi in tutto il mondo per la loro bellezza, dal Vesuvio a via Caracciolo e tra questi Posillipo occupa un posto di rilievo. nel dipinto costiera napoletana di Thomas Miles Richardson, un raffinato acquarellista inglese dell’ottocento innamorato della città, possiamo ammirare un paesaggio purtroppo scomparso, distrutto dallo scempio edilizio che si è abbattuto sulla collina di Posillipo. l’autore visse a Napoli per alcuni anni a cavallo dell’ottocento, ove trovò ispirazione per alcuni acquerelli molto belli, rarissimi a trovarsi sul mercato antiquario, perché gran parte della sua produzione è conservata all’estero nel Victoria and Albert Museum, nelle gallerie di Dublino, Glasgow e Leicester e nei musei di Liverpool, Melbourne e Sydney. Lo stesso mare una volta limpidissimo, da cui il nome di Marechiaro, dato alla località, è ora ridotto a poco più che una cloaca a cielo aperto. Una volta era possibile scorgere i fondali e gli stessi pesci che sguazzavano felici, mentre la città all’orizzonte, con l’imponente mole del Castel dell’Ovo, sembrava un mondo lontano ed estraneo al piccolo ambiente dei pescatori e delle massaie intente alle loro faccende domestiche, dando l’impressione di vivere in un loro paradiso terrestre. Un’atmosfera caratteristica della Napoli dell’ottocento, giustamente famosa in tutto il mondo per la sua bellezza ed oggi scomparsa sotto l’incalzare del progresso… Posillipo già dal significato del nome, di origine greca: "Pause" e "Lypon", ovvero cessazione dei dolori, infonde serenità e dolcezza, accoppiando le bellezze naturali al lavorio dell’uomo, la feracità della terra alla varietà dello scenario, il mistero del mito ai ricordi storici. l’ultimo grande cantore di Napoli, Salvatore di giacomo, ha espresso nel modo più alto il fascino di questo splendido promontorio nella sua canzone A Marechiare, i cui versi immortali ci fanno assistere al sorgere della luna su di un mare pervaso da un senso panico di amore e di gioia:
Quanno sponta la luna a Marechiare Pure li pisce fanno all’ammore, se revoteno ll’onne de lu mare, pe’la priezza cagneno culore, quanno sponta la luna a Marechiare…
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(in foto:  Thomas Miles richardson, Costiera di Posillipo, napoli collezione della Ragione) in questo canto dolcissimo, ammaliante come quello antichissimo delle sirene omeriche, è tutto il meraviglioso incantesimo della costa e del mare di Posillipo. Un mare che ha visto il suo orizzonte solcato da navi appartenenti a tante civiltà diverse: dalle triere greche alle poliremi romane, dai vascelli corsari alle galee, dalle fuste alle caracche, dalle caravelle ai galeoni ed alle fregate, fino agli anni più vicini quando la prima domenica di maggio, tra le baie del Cenito e Mergellina, gli equipaggi dei circoli nautici si contendevano in una tiratissima volata la prestigiosa coppa lysistrata, la più antica del canottaggio italiano. In pochi chilometri di costa si reperiscono tutti i tipi di confine con il mare: dalle spiagge stabili a quelle mobili, in preda ai capricci del bradisismo e delle maree, dalle rocce a picco sul mare, che penetra invadendo le grotte, fino alle piattaforme di tufo che si accoppiano con le onde in tempesta. la flora ricca e ben conservata associa i pini mediterranei ai lecci maestosi, le palme agli acanti, le agavi selvagge e carnose ai cespugli ubiquitari di fico d’india. I silenziosi banchi di tufo videro, dopo le dimore romane, le case dei pescatori e le ville dei ricchi, gli edifici degli ordini religiosi, le residenze sfarzose dei signori rinascimentali, dei viceré, della nobiltà borbonica, fino all’arrivo di facoltosi stranieri che verso la fine del Settecento cominciarono a giungere numerosi, attratti dallo splendore dei luoghi e dalla mitezza del clima in una sorta di ideale prosecuzione del gran Tour. Questi stranieri contribuirono all’affermarsi delle più diverse correnti architettoniche, che trovarono esempi tra le dimore di Posillipo: dal neoclassico al neogotico, dal neoromantico al neorinascimentale fino al liberty. anche la nascita della Scuola di Posillipo, un’espressione pittorica di grande fama, fu propiziata dalla presenza di un nucleo cospicuo di stranieri, tutti appassionati delle bellezze artistiche e paesaggistiche del luogo. Fu il Van Wittel nei primi anni del Settecento ad introdurre per primo a Napoli un modo di dipingere non più ispirato al paesaggio fantastico, bensì alla rappresentazione realistica dei luoghi, ripresa en plein air con il contatto diretto tra l’artista e la veduta. Successivamente fu il Pitloo a dare inizio alla Scuola di Posillipo, che vide tra i suoi adepti artisti del calibro di giacinto gigante e Vianelli, Duclére e Consalvo Carelli. Molti di questi pittori abitarono a Posillipo ed avevano, come suol dirsi, casa e bottega, panorama da riprendere e clienti stranieri pronti ad acquistare i loro prodotti. 
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(in foto:  gonsalvo carelli, Veduta di Napoli da Posillipo, Napoli collezione della Ragione)
Le ricchezze archeologiche sono in gran parte sconosciute ai napoletani. Quanti di essi conoscono la misteriosa grotta di Seiano o hanno mai sentito parlare del grandioso teatro della Gaiola? Solo di recente la grotta restaurata è stata restituita ai napoletani che hanno cominciato a visitarla, scoprendo stupefatti l’intatta bellezza della cala di Trentaremi, la suggestione del percorso nella penombra della cripta fino alla luce della verdeggiante valletta della Gaiola, la imponente mole del teatro, il paesaggio straordinario del golfo che si domina dal porticato accanto all’odeon. Posillipo potrebbe costituire con i suoi panorami mozzafiato, con i suoi luoghi antichi, con le sue strade larghe e senza traffico una valvola di sfogo, anche per poche ore, per i napoletani, incattiviti dal contatto con il centro caotico della città, degradato ed imbarbarito, violento e rumoroso. La parte alta di Posillipo, corrispondente a via Manzoni, è quella che più ha subito l’attacco dell’uomo, che l’ha in parte trasformata in una periferia del Vomero. Ma il fascino del luogo era tale che, nonostante le numerose edificazioni, la vivibilità si è conservata più alta che nel resto della città. Via Manzoni si snoda tra la veduta del Vesuvio e quella di Pozzuoli e dei campi Flegrei. all’inizio della strada vi è Villa Patrizi, nella quale si trova un teatro che costituisce il più importante esempio di sala di spettacolo privata del Settecento in Italia meridionale, purtroppo di recente danneggiata da un incendio, mentre nel suo parco troneggiano, secolari, alcuni cipressi cantati da August von Platen. Proseguendo nel casale di Villanova vi è la chiesa di Santa Maria della consolazione dalla spettacolare pianta esagonale, realizzata nel 1737 dal Sanfelice, regno incontrastato per oltre cinquanta anni del leggendario parroco Giuseppe Capuano, morto in odore di santità. Verso l’incrocio con via Petrarca, poco dopo un albero plurisecolare del quale i movimenti della terra hanno messo a nudo le enormi radici, si trova la cinquecentesca Torre Ranieri, eretta a presidio del golfo dalle incursioni turche ed in riferimento strategico con il castello di Baia, che si intravede all’orizzonte. Sulla destra un castelletto neogotico dove soggiornò Enrico Caruso e per un tempo il podestà di Napoli. Via Manzoni è strada relativamente moderna, ma non priva di attività artistiche e culturali. la prima è costituita dallo studio di Jacques, estroso personaggio, creatore a Napoli della foto artistica, che tanto successo ed imitatori ha avuto negli anni successivi. Attraverso un procedimento segreto che egli ci accenna nel suo slang misto di italiano, napoletano, francese, inglese, tedesco ed olandese che contraddistingue la sua figura cosmopolita, riesce ad infondere alle sue foto su tela di grande formato l’aspetto di un quadro che, con tanto di cornice, il cliente può appendere alla parete del salotto, certo di fare bella figura con gli amici e di arredare elegantemente un ambiente. La tranquillità della strada, con il suo panorama che tiene costantemente desta l’ispirazione, ha favorito negli ultimi decenni il lavoro artistico di Maurizio Valenzi, più noto come ex sindaco che come pittore, ma in questa veste abilissimo e negli ultimi anni, libero dagli impegni politici, egli ha intensificato il suo lavoro di artista sperimentando anche nuove tecniche. “Napoli è nel mio cervello dalla mattina alla sera” confidò Valenzi “il golfo è la dietro i vetri delle mie finestre, ho visto mutare le sue luci, cambiare lentamente il panorama, ma la cosa che più mi attrae è la gioia di una regata. la mattina quando mi alzo e passo davanti alla stanza dove sono i colori e le tele mi viene una maledetta voglia di chiudermi dentro e dimenticare tutto il resto”. Nel salotto troneggia un quadro dal quale l’artista non si è voluto dividere a nessun prezzo perché raffigura il figlio Marco, temibile giocatore di scacchi, intento a risolvere una posizione ostica ed intricata. Poco più avanti, in una splendida dimora, vi era la casa atelier di un’altra promessa della pittura napoletana, Vito Brunetti, classe 1914, specialista in paesaggi e nelle atmosfere sfumate alla maniera degli impressionisti, molto curato nell’aspetto cromatico reso sulla tela con grande sensibilità e notevole vivacità. nella ritrattistica era insuperabile nell’abbozzare con poche e rapide pennellate il carattere della persona raffigurata, dopo un’accurata introspezione psicologica. la sua cifra stilistica era l’attitudine a cogliere, quasi a sorprendere i tratti distintivi di un volto, riuscendo da una traccia anche piccola a scoprire, con un’analisi minuziosa e spietata, il mistero del personaggio, come si evince dal suo capolavoro: il ritratto sornione e malizioso dell’adorato nipote Gian Filippo. Sulle ultime curve di via Manzoni sorge uno splendido maniero in stile neogotico, un falso architettonico potrebbe obiettare qualche purista, senza dubbio, ma il castello de Vita, dal nome degli attuali proprietari, possiede un fascino misterioso e ben si sposa con l’atmosfera bucolica che impronta questo ultimo tratto di strada, poco prima dell’incrocio con la storica Torre Ranieri. Poco distante vi è il viale Virgiliano, il lungo stradone disseminato di pini maestosi che dà accesso al Parco delle rimembranze, il quale pochi sanno che fu voluto e realizzato in breve tempo da un celebre cavaliere. no, non si tratta di Berlusconi, bensì del più celebre cavaliere Benito Mussolini. Da tempo è divenuto, da luogo di romantiche passeggiate di teneri fidanzatini, teatro di abusi e di diatribe: dall’infinita querelle del mercatino del giovedì, agognato dalle finte signore affezionate allo shopping a basso costo, chiuso, riaperto, sequestrato, dissequestrato; al piccolo luna park sigillato perché il proprietario aveva eseguito una serie di edificazioni abusive. E siamo all’ultima tappa di questo itinerario artistico: la fonderia gemito di piazza San luigi di proprietà di un pronipote, per parte di madre, del celebre artista, dove in una suggestiva caverna scavata nel tufo, di generazione in generazione, si tramandano le tecniche che produssero tanti capolavori. circondati da un ampio giardino popolato di gatti, gli artigiani lavorano alacremente, utilizzando calchi originali. il lavoro d’equipe presuppone una divisione dei ruoli: abbiamo così l’operaio formatore, il fonditore ecc., con tutte le difficoltà di ricambio per la perenne crisi delle vocazioni artigianali e per la circostanza che l’istituto d’arte a Napoli trascura l’insegnamento della tecnica a cera persa e predilige la lavorazione dell’argilla. 
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(in foto:  Voltaire, Villa della Gaiola, Malibù Paul Jetti Museum.)
La fonderia oltre al bronzo lavora anche l’argento ed i suoi prodotti trovano il loro sbocco preferenzialmente negli Stati Uniti e nel Giappone, dove irradiano la fama di colui che fu il nostro più grande scultore dell’ottocento: Vincenzo Gemito. Concludiamo con la breve descrizione di un luogo mitico il Canalone, del quale molti napoletani hanno sentito parlare, pochi sanno localizzarlo, quasi nessuno lo ha mai percorso: una calata di gradoni quasi a picco che collegava, e collega, la via del Marzano (parallela di via Manzoni) a via Posillipo in pochi minuti. Un inveterato oblio è calato su questa antica discesa, al punto che lo stesso volume “Napoli per le scale” della professoressa Ada Sibilio Murolo, esaustiva silloge di calate, discese, gradini, gradoni, rampe e salite napoletane, si è dimenticato di descrivere questo antico collegamento, denominato per l’anagrafe salita Villanova. Un percorso bucolico, costeggiato purtroppo da arboree erbacce, ma senza siringhe abbandonate, perché nemmeno i drogati lo conoscono, il quale sbuca all’improvviso su via Posillipo in un antro scavato nel tufo, che chissà quante volte avete osservato curiosi percorrendo quella strada e chiedendovi dove portasse. Per me esso era leggendario perché mia madre, da bambina, siamo negli anni Venti del secolo scorso, lo scendeva e saliva ogni giorno, col suo carico di libri e quaderni, timorosa di arrivare tardi, per andare a scuola, cosa impensabile oggi che non facciamo un passo per nessun motivo, condannandoci anzi tempo ad obesità ed arteriosclerosi. Questo tortuoso tragitto mette in comunicazione via Manzoni con via Posillipo, attraversando da sotto via Petrarca all’altezza della chiesa dei gesuiti. Il primo tratto è a gradoni, che dolcemente scendono a valle, costeggiando lussureggianti giardini dove il tempo pare si sia fermato, il secondo è una serie di ripidi scalini, che in un battibaleno conducono all’arrivo. Per tutta la passeggiata, che dura non più di quindici minuti, scorci di panorama mozzafiato ed angoli bucolici inaspettati. Bisogna però tollerare un po’ di rovi ed un po’ di spazzatura portata dalla pioggia, ma di monnezza, almeno in questi ultimi tempi, forse ne troviamo altrettanta nella elegante e centralissima via dei Mille.
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