Tumgik
#Xavier Bassas
anadelacalle · 8 months
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Rancière, el filósofo que piensa lo político desde la igualdad de las inteligencias. El Pais.
En estos momentos en los que estamos urgidos a pensar sobre la inteligencia artificial, sería propicio atender a la misma concepción de la inteligencia humana y cómo desde perspectivas jerárquicas de ésta se han justificado estructuras de dominio. Os dejo un artículo publicado en el periódico EL PAÍS, España, que puede ser un incentivo para replantear las democracias mismas. pdf-ranciereDescarga
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Vagone Prefetti;
« Hanno detto che è questo, no?, il vagone dei favolosi? » sbatte un po’ le palpebre per guardare l’interno del famoso “vagone prefetti” uno dei vagoni in cui non ha mai avuto accesso fino ad ora, ma spoiler: è uguale agli altri se non fosse per la dicitura sulla porta.
«a quanto pare siamo tutte facce conosciute» con un piccolo cenno di sorriso «e se siete qui, vuol dire che il preside e il corpo docente ha pensato che siete adatti per ricoprire questo ruolo» e lancia un’occhiata dubbiosa a XAXA che però nasconde benissimo dietro a una maschera tranquilla «penso che sappiate i compiti che vi attendono, ma è meglio ricordare che siete coloro che devono essere il punto di riferimento per i propri concasati e non» e qui non ci dovrebbero essere problemi «il vostro dovere odierno è quello di pattugliare i corridoi del treno per evitare eventuali disordino e di fornire indicazioni ai nuovi arrivati una volta arrivati a Hogwarts» semplice come bere un bicchiere d’acqua. Ma poi si volta proprio verso XAVIER che dovrebbe dire essere partecipe in quella prima parte della mattinata «vuoi continuare tu?» gli domanda che è anche un invito a dire la sua, visto che è un ex prefetto. Siamo tutte orecchie, dear.
« Uff ma dai, non c’è bisogno di fare subito i seriosi con queste cose da bolidi addosso.. E poi c’abbiamo da salutare prima tutti gli amici, poi semmai si fa anche la ronda del treno eccetera, no? Tra l’altro non ci sono ancora nemmeno i tuoi sottoposti, non li avrai già messi a lavoro, tipo. » guardando ALYCE che subito parte in quarta con tutti gli obblighi, doveri, rogne varie che da adesso in poi, con quella spilla appuntata sul petto, parlando comunque dei prefetti di Grifondoro. « Ce l’avrai anche tu gli amici, tipo, no? » glielo chiede tranquilla, ma potrebbe essere anche un commento cattivo, chi può dirlo, Charlotte d’altro canto le sorride come fa sempre con tutti, perciò… sta alla malizia degli altri.
Non che commenti, no, lascia fare agli altri e a LOTTIE, che dopo quell’ultima domanda, qualunque fosse la sua intenzione iniziale, se lo ritroverà abbastanza vicino per sussurrarle all’orecchio un`unica parola, nella sua intenzione appena udibile dagli altri. « fa-vo-lo-sa » ecco.
«non ho detto che non potete salutare i vostri amici» precisa con tranquillità «e non ti preoccupare, non appena si faranno vedere i miei….. sottoposti» ripete la sua stessa parola di lei «farò loro lo stesso discorso che ho fatto a voi» quindi, tranquilla che nessuno sfugge da Alyce «si, ho degli amici» e istintivamente conduce lo sguardo su JEREMY piegando le labbra in leggero sorriso «che ovviamente saluterò per bene al termine del nostro incontro» ma rimane vaga con la risposta in quanto è sempre stata un pochino criptica. E in attesa di ascoltare la voce di XAVIER, lei riprende a parlare «ho solo un’ultima raccomandazione voglio farvi prima di essere schiantata da voi» tira un profondo respiro «cercate di non abusare mai del vostro ruolo…. non siamo solo coloro che mettono in punizione in caso di infrazione delle regole» e arriccia il naso infastidita di essere sempre stata vista come colei che vuole togliere il divertimento «ma dovere anche essere coloro che si mettono a disposizione per aiutare il prossimo» e la sua indole altruista si palesa in tutta la sua chiarezza «e soprattutto cerchiamo di lasciare da parte le antipatie e le divergenze per collaborare per il bene della scuola» e li guarda tutti in viso.
« Cioè è giusto visto che tra noi non esistono capi, cioè, bene ricordare a tutti tutto. » arriccia il naso, piegando un pochino la testina di lato, per fare in modo poi che possa andare contro la spalla di TRISTAN. « Tranqui, non mi stai antipatico. » comunica a STAN con voce bassa, con un mezzo sorrisetto, per riprendere ironicamente il discorso di poc’anzi.
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sofabsocharlotte · 4 years
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best friend;
Da quando è entrata tiene la mano destra nascosta dietro la schiena, ma, una volta raggiunto il letto in cui l`amica è distesa, la distende davanti a sé, rivelando il muffin che tiene nel palmo. Lo porge in silenzio a Charlotte, prima di mormorare, con una scrollata di spalle «Sei andata via prima di prendere il dolce, mi pare» tace un altro po` la guarda aggrottando un po`la fronte, come se tentasse disperatamente di vedere i pensieri che vorticano nella mente della povera concasata, ma poi sospira sconsolata, rinunciando alla lettura del pensiero e passando a un più diretto «Come ti senti?»
« AAAAHHHH TIAAAAAA!!!! » come se fosse vittima di una possessione demoniaca, o quasi. Dondola un po’ nel materasso mentre la guarda avvicinarsi allora si tira su a sedere in modo che possa guardarla meglio, con le gambette incrociate. « OH! » e vede anche il muffin che le viene porto. « Waaaa grazieeee, sei la migliore amica del mondooo! » prendendo tra le mani il dolcetto e facendole cenno di sedersi sul suo letto, insieme a lei: c’è spazio per tutti, anche per Tia. Con le manine prova a spezzettare piano piano il muffin e lo tiene in mezzo a loro, eventualmente ne voglia un pezzo anche la concasata. « Un sacco strana. » ammette stringendosi nelle spalle, come se non sapesse nemmeno lei descrivere cosa prova. E ci prova. « È che Xavier è tanto carino, okay, però.. io non sono mica capace di dargli un bacio, e lui me l’ha dato e io… ohmmiosalazaaar che vergognaaaa. » portandosi le mani verso le guance, dove in una stringe poi un pezzetto di muffin che dopo poco mette in bocca. « E poi cioè, non lo so.. io non… uff. » 
« Comunque devo imparare davvero. » ecco, perché sennò come fa poi? « Cioè, mi ha detto Octavia che i baci veri si fanno con la lingua. » eew.
«Come vuoi fare a esercitarti? Ti serve un maschio che si faccia baciare?» Chiede come se stessero cercando di progettare chissà che piano bellico «o una femmina» aggiunge perplessa. Poi, a voce più bassa, spiega «Una volta ho visto due femmine che si baciavano» e fin qui tutto okay «Con la lingua!»
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From Fake Lovers To Friends...- Pt.4
E’ il weekend e questo significa una sola cosa: tempo di scazzo completo, assoluto, totale. E cosa si fa quando non si è abbastanza stanchi per dormire ma non abbastanza svegli per scrivere cose serie? Si mema. E quindi, eccoci qua. Sono Milena e sono qui per portarvi nella magica terra degli equivoci e delle battute da poracci. Sempre che questa cazzo di au vi interessi ancora perché secondo me ormai vi ho frantumato gli zebedei
Vi ricordo che potete trovare la parte uno due e tre qui (e non le saltate, sennò non capite un cazzo) Buona lettura!
Fabrizio passa tutto il tempo del viaggio a dormire.
E non a dormire pacificamente appoggiato al sedile con la testa appena reclinata e la bocca socchiusa e la guanciotta appena schiacciata come un tenero putto di qualche sdolcinata statuina che ti fa fare aw quando lo guardi, no. 
Dorme come un burino, con le gambe stese dritte e tutto il corpo storto come un albero cresciuto annaffiato con lo scotch, che solo da ubriaco avrebbe potuto venir su così, e lo fa con il mento tirato verso il basso, la bocca aperta che lascia scendere un filo di basa sul mento e un ronzio cupo che somiglia a quello di un’aspirapolvere rotta che gli esce dal petto, a tratti più forte e a tratti più tenue.
Russa.
Russa costantemente e, per la verità, in maniera maledettamente rumorosa.
Calcolando che sono in macchina e che il rumore del traffico e della radio-tenuta bassa ma non troppo, perché Ermal voleva sentire la musica ma, al contempo, non voleva svegliare Fabrizio. Meglio vederlo dormire che parlarci-non riescono a coprire il suo ronfare, Ermal già immagina che dovrà dormire con dei tappi infilati nelle orecchie, magari andandoli a racimolare da qualche sua compagna instagrammer che deve farsi il pisolino di bellezza e quindi si mette anche la mascherina di Hello Kitty, e la testa sotto al cucino.
Così magari si soffoca nel sonno da solo e non deve subire quel tormento (io ancora non ci sono morta dopo anni che dormo in un modo in cui la logica suggerisce che io non possa respirare, ma hey, magari con Ermal funziona)
Insomma, sarà un’agonia. 
Una di quelle lunghe, lente, che sembrano senza fine e nemmeno con le luci dell’alba fuori dalla finestra riuscirà a vedere la fine di quel tormento, la cosiddetta luce in fondo al tunnel nel quale, per la verità, vorrebbe abbandonare Fabrizio per poi scappare nelle più oscure profondità della Terra e non farsi mai più rivedere
Ermal lo osserva di sottecchi per tutto il viaggio, facendo delle piccole smorfie di disgusto. In quel momento, nemmeno la prospettiva di dormire con Francesco, che quando è in fase shutdown non si shutta manco per il cazzo e parla e ride-una volta, Ermal gli aveva chiesto come fosse possibile e lui aveva risposto che evidentemente nemmeno il sonno poteva vincere il suo essere un bambino iperattivo e logorroico anche alla veneranda età di un giovane adulto- e sembra star girando karate kid da quanto si rotola e agita sotto alle coperte mentre tira calci e si abbarbica e che una volta l’aveva perfino spinto giù dal letto, sembra poi così male in confronto a quello.
In confronto all’idea che, insomma, Fabrizio potrebbe sbavargli addosso.
Cioè c’è la concreta possibilità che si svegli e si trovi una chiazza umida sul pigiama proveniente dalla bocca altrui. E che schifo cazzo.
Beh, potrebbe pur sempre decidere di fingersi sonnambulo e andare a dormire in corridoio sostenendo poi di averlo fatto nel sonno. Ma la scusa non avrebbe retto per due notti di fila, in fondo. 
Oppure potrebbe scegliere direttamente di andare a dormire per strada con qualche barbone, che tanto mal che vada crepa di ipotermia dato che è Febbraio.
Oppure può soffocarci Fabrizio, con il cuscino.
Dopo averci rimuginato per un bel pezzo di strada, nessuna di quelle opzioni gli sembra davvero realizzabile, per cui decide che cercherà su Google come far smettere qualcuno di russare. In caso non trovasse nessuna cosa che risulti efficace, il cuscino rimane sempre un metodo valido.
Alla fine, Fabrizio si sveglia di soprassalto quando Ermal frena bruscamente nel parcheggio dell’hotel e si tira su, balbettando qualcosa senza senso, confuso. 
Gli rivolge uno sguardo interrogativo, gli occhi lucidi e ancora pieni di sonno che sembrano quasi teneri mentre lo scrutano timidamente in cerca di una spiegazione
“Siamo arrivati” replica solo Ermal, spegnendo la macchina. Apre la portiera, rabbrividendo quando una folata di vento freddo lo colpisce: il riscaldamento aveva creato nella macchina un piacevole torpore che gli era sceso fin nelle ossa, rilassandolo un pochino e facendogli pesare addosso una sonnolenza leggera, derivata da tutte le ore di sonno perse durante gli ultimi mesi tra lezioni e esami.
Il pensiero che la mattina dopo potrà prendersela comoda e dormire qualche ora in più sembra quasi un miraggio ed effettivamente si ricorda che lo è dato che il russare di Fabrizio gli impedirà di fare anche quello. 
E che due coglioni però #pieno
Ad ogni modo, si avvia a recuperare la propria roba e, quando Fabrizio gli si avvicina per fare lo stesso, gli rivolge un sorrisino ironico. 
“Spero che tu abbia dormito bene” dice, ironico 
Fabrizio, però, scrolla le spalle, sbadigliando “Mah, mica tanto sai. Me fa male tutto” 
E ti credo, dato che hai dormito nella posizione di uno che ha una crisi epilettica in corso pensa, ma non lo dice. “Mi spiace” replica solo, anche se il tono con cui gli esce la frase è piatto e incolore.
Afferrano i loro zaini e quando poi Ermal chiude il bagagliaio, non si stupisce di vedere Fabrizio che gli offre la mano.
La osserva un istante, le dita tese verso di lui e alla fine si costringe in viso un sorriso-che sa somigliare più a una smorfia-e gliela afferra, intrecciando le dita con le sue
Quelle di fabrizio sono calde, ruvide, appena più corte delle sue, ma riempiono perfettamente lo spazio tra le proprie. Combaciano, come dei pezzi di puzzle, e Fabrizio gli sorride davvero quando accetta quel gesto
“Ecco” dice, soddisfatto, annuendo “Andiamo” annuncia, trascinandoselo dietro, seguendo le altre coppiette che trotterellano verso il loro nido amoroso alloggio tubando romanticamente. Ha già il voltastomaco, Ermal.
Probabilmente prima della fine di quella indegna vacanza, che chiamare tale è un insulto alle vacanze, svilupperà una forma fulminante di diabete che, si spera, lo ucciderà prima che qualcuno capisca della farsa e si renda conto che lui e Fabrizio non hanno passato la notte a buttarselo allegramente scorrendosi le mani addosso e toccandosi e baciandosi e mordendosi a vicenda per ore, recuperando così il tempo perso e rubandone altro al già loro esiguo riposo.
No, quella non è una vacanza.
Quella malsana e illogica idea che ha avuto si sta trasformando in un test a lungo termine della sua pazienza, un campo minato che deve attraversare indenne mentre è bendato, una partita a prato fiorito fatta da una persona incapace di contare. E’ una lunghissima partita a risiko dove i dadi che lanciano sono in realtà i suoi coglioni che rotolano sul pavimento e i carri armati sono rappresentati dalle domande che Eleni sa già che gli farà, a tradimento e non, e c’è solo da capire se periranno insieme sotto i suoi colpi o se Fabrizio in quella guerra farà, volontariamente o involontariamente, l’Italia,  passando dalla parte del nemico e tradendolo o facendolo inavvertitamente affondare come il Titanic sparando fuoco amico, tipo Magneto con Charles Xavier.
Sente i suoi neuroni che sembrano già stressati come i concorrenti di Masterchef- o come cazzo si chiama quel programma di cucina che a Francesco piace tanto e che lo obbliga a vedere-durante il pressure test e si chiede se saranno in grado di reggere la tensione proveniente da entrambe le parti-da un lato, i suoi compagni che non vedono l’ora di metterlo con le mani nel sacco e sa benissimo che faranno di tutto per metterlo sotto scacco, e dall’altro Fabrizio che spera non inizierà a provarci mettendolo ancora più in difficoltà-o se si daranno al seppuku anche loro.
Chi vivrà vedrà.
Quindi magari non lui.
Dio, forse Francesco ha ragione e dovrebbe davvero accettare almeno una scopata da lui, così almeno si rilassa.
No, sarebbe ignobile: non può cedere dopo aver messo ben in chiaro a fabrizio che non ha intensione di farsi toccare. Potrebbe, forse, rivalutare l’idea dei baci in pubblico, ma deve vedere come si mette la situazione.
E allora, che la partita a scacchi uno e mezzo contro tutti abbia inizio.
Finalmente, giungono nella hall, l’aria calda che è un sollievo sulle loro guance congelate. Ermal si sente le dita intirizzite, ma non lascia la mano a Fabrizio.
Alla fine, dopo qualche attimo di confusione riescono a farsi dare le camere e vanno tutti a depositarci gli zaini.
Sono tutti sullo stesso piano, ed Ermal non trattiene una smorfia quando vede che la porta accanto alla loro è la camera di Eleni.
“Oh che bello” dice lei, sorridendo “siamo vicini di stanza” 
Il modo in cui lo dice lo fa sembrare una minaccia e Ermal si chiede se è il caso di preoccuparsi anche di quello. Già se la vede, Eleni, seduta in ginocchio con un bicchiere rubato al ristorante premuto sul muro e contro al proprio orecchio, concentrata come un ladro che tenta di aprire una cassaforte con uno stetoscopio mentre cerca il minimo rumore o l’assenza di esso, indice della loro fruttuosa o mancata attività sessuale.
E dal modo in cui sorride come una leonessa pronta a sbranare la sua preda che giocherella ignara vicino allo stagno mentre Fabrizio dice “me fa piacere che siamo vicini” crede proprio che sì, potrebbe anche farlo. 
Legge già il trionfo sulla sua faccia mentre, la mattina dopo, lo squadra al tavolo della colazione, mettendo nella propria testa una spunta per ogni voce dell’elenco “questo significa che Ermal non ha scopato” che gli vede addosso
Mentre le sorride e infila la chiave per aprire la porta, si maledice malamente per quella volta in cui ha accettato di andare a letto con lei e Gent.
Beh, quelle volte.
Si era divertito, certo, ma a detta della ragazza il suo stato post sesso era identico a quello post esame universitario da 12 crediti per cui aveva studiato 50 slide e due manuali, ovvero lo stesso che potrebbe avere qualcuno di ritorno dal Vietnam dopo un congedo con onore e più traumi che anima, solo che la sua spossatezza era quella di qualcuno che aveva raggiunto l’iperuranio ed era in pace con il mondo che Dalai Lama scansate proprio
L’avrebbe di certo notato se a colazione fosse stato pronto a scattare come qualcuno seduto su un letto di chiodi
Niente succhiotti
Niente capelli scompigliati
Niente di niente
Si sarebbe visto lontano un miglio e se anche può mettersi le mani tra i ricci e farli diventare un ammasso informe e coprirsi il collo più che può, questo non toglie che non puo’ fingersi riposato e senza stress addosso quando è chiaramente teso come una corda di violino sul punto di rompersi
Forse avrebbe davvero dovuto fare Yoga come Francesco gli aveva suggerito tempo addietro, così invece di farsi aprire il culo da Eleni non nella maniera bella e simpatica che tanto gli piace, avrebbe potuto aprire i chakra e vaffanculo.
Entra nella stanza sospirando e quando Fabrizio si chiude la porta alle spalle, si volta a guardarlo
E incredibilmente l’altro, davanti alla sua occhiata, scoppia a ridere, scuotendo appena la testa.
“Cazzo ti ridi?” sbotta, indignato, lanciando lo zaino in un angolo e sedendosi sul letto-matrimoniale, certo-sul lato più lontano dalla porta, incrociando le braccia al petto e guardandolo male mentre si tiene una mano sulla pancia e si contorce come un vermiciattolo sotto un’acquazzone
Quella è una situazione tragica, altro che, e lui ride.
Il punto è che Fabrizio, come noi, vede il lato comico della questione, ovvero la disperazione testarda di Ermal a voler rimanere casto come una verginella puritana quando basterebbe concedergli di allungare le mani e risolvere tutti i suoi problemi dato che possono anche fingere di stare insieme per quei tre giorni, si, ma una sana scopata non è mai male per nessuno e pomiciare fino a prova contraria non ha mai causato morti istantanee e se crede che fisicamente non sia attratto da lui non solo è stupido ma ha pure gli occhi foderati di prosciutto cotto dato che è dal giorno del bar che lo guarda come se volesse appiccicarlo al muro come se fosse un imbianchino e lui la vernice.
E lo farebbe, davvero, senza alcuna pretesa di relazione da parte sua.
Solo sesso, fine.
E comunque, Ermal non è indifferente alla sua presenza: l’ha visto, come lo guarda, e può dire di no, fingere che non sia così, e dichiarare che lo odia e questo può anche essere vero per motivi a lui sconosciuti, ma si vede che è attratto da lui
Quindi, non capisce quale sia il suo problema
L’ha capito benissimo da solo che è più facile che gli altri arrivino alla verità se non si mettono d’impegno, eppure vuole comunque giocarsela camminando bendato sul bordo di un burrone.
 E il perché, lo sa solo lui.
Fabrizio, di rimando, lo osserva per un istante con le lacrime agli occhi non appena si è calmato, ed è tossicchiando che si avvicina, squadrandolo divertito
“Hai paura, eh?” gli chiede, beffardo ed Ermal arrossisce violentemente all'affermazione.
“Ma di chi, di te?” domanda, alzando il naso verso l’altro con fare temerario, anche se poi lo vede scuotere la testa e fare un cenno verso il muro alle sue spalle
“Di Elena” “Eleni” “Fa uguale. Lei. Te la stai facendo sotto, ammettilo. M’hai guardato come se fossi la tua unica salvezza cinque secondi fa, stavi proprio...” e fa una smorfia esageratamente terrorizzata, spalancando appena gli occhi.
Lo sa che ha paura di essere scoperto: non sarebbe di certo una bella cosa passare per il cazzaro che non solo si è inventato di avere il ragazzo, ma ha pure costretto uno sconosciuto a fingersi tale.
Forse lui potrebbe uscirne con qualche risata e qualche presa di culo, ma più o meno indenne, insomma
Per Ermal, invece, sarebbe un massacro.
“Ma smettila” ribatte lui “io non faccio così” borbotta, offeso.
“No, me ‘o so sognato che te stavano a casca gli occhi per la fifa” ride Fabrizio, cosa che lo fa imbestialire ancor di più. Ma come si permette di ridere di una situazione tanto delicata?
“Vabbeh, regazzì” dice l’altro, sedendosi accanto a lui “Tu ‘a devi smettere de farte probbbblemi, capito? Non è che so un cretino, non ti faccio scoprire”
“Dobbiamo ripassare” pigola Ermal, severo, guardandolo “la storia di cosa fai tu, cosa faccio io. Come ci siamo conosciuti, tutte queste cose. Dobbiamo ripeterle e stare attenti. Capito?” insiste, osservandolo
“Ho capito” ribatte Fabrizio, roteando gli occhi al cielo “ma te la devi prendere con calma. Siamo al mare, no? In vacanza. E goditela, invece de stare li a farti tutte ste macchinazioni nel cervello, sennò poi si vede che stai scazzato” dice, scompigliandogli i ricci, gesto a cui Ermal si ritrae in automatico, sbuffando
“Smettila di toccarmi!” sibila, non alzando troppo la voce per non farsi sentire “In questa camera, non sono il tuo ragazzo. Sono uno sconosciuto, e ho i miei spazi come tu hai i tuoi. Quello è il tuo lato del letto, questo è il mio. Il mio comodino, il tuo comodino” dice, indicandoli “Niente doccia insieme, niente toccare la mia roba, niente toccare me. E spero che tu sia uno che sta fermo, mentre dorme, perché già russi ed è fastidioso. Chiaro?”
Fabrizio alza le mani, annuendo con un sospiro “Ho capito, si. Scusa” ribatte, prima di leccarsi appena le labbra secche
“Senti” dice “Perché questo ripasso non lo facciamo fuori? Ti offro il pranzo” propone “in segno di pace” in terra agli uomini di buona volontà amen e quantomeno Fabrizio la buona volontà che la sta mettendo aggiunge poi, notando già lo sguardo truce che Ermal gli stava rivolgendo “Chiacchieriamo e me dici un po’ de cose e intanto mangiamo. Così stiamo lontani dagli altri e ti rilassi prima de annà a cena tutti insieme” propone
Ermal lo squadra un istante e prima che possa replicare il suo stomaco da in un brontolio, segno che sì, effettivamente è tempo di metterci del cibo. 
Per cui, annuisce, sospirando. Va bene. Deve dargli almeno il beneficio del dubbio, o si troverà solo in quella battaglia.
“D’accordo” annuncia “andiamo a pranzo insieme” e poi, sorride appena “E dopo andiamo al mare. Andata?” soffia, tendendogli la mano
Fabrizio annuisce, sorridendo e alzandosi per afferrargli la mano, stando di fronte a lui “Andata” conferma
Si tira fortunatamente indietro senza cercare di tirarlo su e strappargli un bacio, cosa che Ermal apprezza mentre si mette in piedi e recupera il portafoglio.
Non si sono nemmeno tolti la giacca per cui è rapida la loro uscita dalla stanza
“Comunque” dice Fabrizio, poggiandosi al muro mentre lo osserva chiudere la porta e intascarsi la chiave “‘o so che russo, ma se sono abbastanza stanco e rilassato nun lo faccio” dice, ridacchiando e facendogli un’occhiolino scherzoso, senza però mettere troppa malizia nel tono, ed Ermal alza gli occhi al cielo, quasi divertito mentre mormora un “Porco” a mezza voce che fa sorridere Fabrizio mentre gli tende di nuovo la mano
La guarda, sospirando prima di prenderla, ignorando il suo sorrisino soddisfatto “non ci fare l’abitudine” bisbiglia, stringendosi appena a lui mentre iniziano a scendere le scale.
“No, tranquillo, non ho intenzione di staccarti il braccio e portarmelo a casa” ribatte lui, ironico, cosa che lo fa ridere leggermente
Forse non è male, Fabrizio. Forse possono provarci, ad andare d’accordo, dopotutto.
E’ proprio mentre mettono piede sul pianerottolo che sentono un “Ermal, Fabrizio! Aspettate!” allegro alle loro spalle
Si voltano, inorriditi, vedendo sbucare un sorridente Gent a braccetto con Eleni
Povero Gent. Ermal ha sempre pensato che era troppo ingenuo e infatti sembra genuinamente felice di vederli insieme e anzi, li guarda come guarda qualsiasi coppietta, con il faccino roseo e sorridente e gli occhi inteneriti a cuoricino. Inguaribile romantico, probabilmente non ha la più pallida idea del fatto che la sua ragazza lo vuole usare come aiuto per smascherarli dato che, anche se a prima vista non sembrerebbe, Gent è anche un gran chiacchierone. Non un pettegolo, no, perché le cose se le tiene per se, ma sotto la patina di pacata timidezza c’è un vulcano di energia e chiacchiere che Ermal conosce anche fin troppo bene. Avevano suonato anche insieme, qualche volta. Ma questo era stato prima che Eleni richiamasse la loro attenzione in altri tipi di attività.
Erano un ragazzino carino Eugent
Educato, dolce.
Ciò non toglieva che a letto fosse un animale, ma a parte questo era riservato e un buon ascoltatore, cosa che l’aveva avvicinato immediatamente a Ermal
Erano andati subito d’accordo e gli dispiaceva che, ultimamente, il rapporto tra loro tre si fosse incrinato e guastato
Perché sì, quando Eleni si era inserita nel loro duetto, l’avevano accolta felicemente e, in verità, all’inizio quando lei e Gent si erano messi insieme non era cambiato poi più di tanto, anzi, era come se fossero, in fin dei conti, come una coppia di cui lui era il + uno, l’aggiunta che però era parte del duo e che non poteva essere tolta
Erano, in fin dei conti, un trio
E nessuno si era fatto problemi quando, una sera, mentre Ermal suonava stravaccato sul loro divano, lei si era avvicinata e l’aveva baciato e non ne erano sorti nemmeno quando l’aveva trascinato nella camera da letto ridendo
Eppure, le cose erano cambiate
Nel tempo, in un modo in cui non aveva nemmeno capito e senza quasi che se ne accorgesse
Pian piano, si era ritrovato tagliato fuori da quel tipo di intimità che usavano avere tutti e tre inseme
Si era chiesto, per la verità, se fosse stata colpa sua o se, forse, i loro incontri a tre dietro alla porta della camera non avessero fatto più del male che del bene alla  coppietta ma ripensandoci non si erano mai separati in malo modo. Si erano sempre trovati al tavolo della colazione o direttamente del pranzo allegri e sorridenti, chiacchierando degli esami e della vita come se niente fosse, senza che il disagio o l’astio si insinuassero tra di loro in alcun modo
Da parte sua, non c’erano mai stati dubbi sul fatto che loro fossero gli innamorati e che lui fosse, in parole povere, superfluo da quel punto di vista nel rapporto romantico.
C’era perché si volevano bene e se anche ogni tanto erano lui e Eleni a battibeccare come due piccioncini o lui e Gent ad accoccolarsi sul divano, nessuno aveva mai messo in dubbio i legami di nessuno
E lo capiva, se ad un certo punto da quel punto di vista lui aveva iniziato ad essere di troppo, per loro
Capiva che non lo volessero più nel loro letto e capiva che volessero avere più intimità da loro due, ma era come se anche la loro amicizia ne avesse risentito
Particolarmente quella tra lui e Eleni
Certo, ancora si trovavano a studiare e lui e Gent qualche volta avevano suonato insieme o erano andati al cinema o a cena, ma ormai le uscite a tre a parte i percorsi in metro a volte o lo stare allo stesso tavolo alla mensa dell’univerisità o in biblioteca, gli incontri a tre erano sospesi e se con il ragazzo poteva ancora avere una sorta di amicizia, con lei ormai non aveva un rapporto che andasse oltre qualche messaggio e fuori dalle mura di scuola
E la cosa, per la verità, l’aveva fatto soffrire
Per quanto lui e Eleni fossero inclini ai battibecchi anche piuttosto accesi dato che avevano ambedue un caratterino non da ridere ed erano, ammettendolo, piuttosto permalosi e testoni, si volevano bene
Ed Ermal, per la verità, gliene voleva ancora 
Quando era arrivato a Roma, loro due erano stati i primi a cui si era legato e se anche Gent era stato il primo, in Eleni aveva trovato un’amica fidata e una confidente sincera
Certo, lei non lesinava dal rimproverarlo se esagerava o se si buttava giù e lui faceva lo stesso, ma gli mancavano i pomeriggi passati insieme a commentare qualche film o a studiare e gli mancava quello che avevano prima
E la verità era che non capiva nemmeno perché lo avesse perso e non sapeva nemmeno come riavvicinarla
Era come se tra di loro si fosse creato un muro invalicabile, che non si sapeva come si era creato, ma che faceva sentire la propria presenza e quella storia della gita non aveva fatto altro che riaccendere la scintilla del loro ultimo battibecco, quello ancora incomprensibile per lui, che li aveva fatti lasciare in malo modo e che, pur sembrando risolto, alla fine aveva rotto tutto e niente era più tornato come prima
Non gli sta facendo bene quella storia, nemmeno un po’ e questa è la verità: ha tirato fuori tutto per farle uno sfregio, ferito dalle sue parole, ma forse si rende conto che ci era rimasto così male proprio perché era stata lei a pronunciarle.
Lei che l’aveva allontanato e poi aveva insinuato che fosse normale che fosse solo e la cosa aveva bruciato molto più di quanto avrebbe fatto normalmente.
Comunque, Gent gli sorride, e li squadra “State andando a pranzo?” chiede
“Si” dice Fabrizio “no” dice Ermal in panico. 
Si guardano, e Ermal si sforza di sorridere quando Fabrizio dice “Cioè...sì. Mo andiamo a pranzo e dopo al mare” spiega.
Gent annuisce, Eleni che al suo fianco ha già un sopracciglio inarcato che sembra dire ah cinque minuti che siamo qui e già si capisce che non sapete che cazzo state combinando insieme
“Perfetto! Anche noi stiamo andando a pranzare! Vi dispiace se ci uniamo?” chiede
E non è una domanda, Ermal lo sa: è un tranello senza via d’uscita perché dire di no è impossibile. Osserva Fabrizio, che a sua volta lo guarda, in attesa della sua approvazione, ed è con il suo sorriso più falso che annuisce
Non hanno ripassato niente, non hanno stabilito quasi nulla. Sarà un salto nel vuoto, un tentativo di correre a zigzag evitando una raffica di spari, ma che altro possono fare? Diversamente, di certo, no. 
Improvviseranno, come gli alunni chiamati all'interrogazione che non hanno studiato. Per forza di cose.
Sono due musicisti, come troverebbero il modo di combinarsi con le chitarre senza aver mai suonato insieme, ascoltandosi e aiutandosi, dovranno farlo anche fingendo di stare insieme nella vita vera anche se non lo sono mai stati.
“Ma certo. Nessun problema” annuisce, mettendosi ben dritto e facendogli cenno di passare per primi “Prego” offre
Eleni gli sorride mentre passa, un sorriso gelido che non le illumina gli occhi, accesi solo da una flebile fiamma di trionfo che è pronta a divampare
Gent invece batte le mani, entusiasta “Che bello, sarà come fare un’uscita a quattro” ride, mentre Eleni annuisce, senza badare troppo al fatto che lui è sincero da parte sulla nella sua contentezza
Li guarda scendere e oltrepassare la porta, seguendoli e stringendosi appena a Fabrizio quando varcano anche loro la soglia dell’hotel, ritrovandosi fuori, sotto al vento freddo.
Si va in scena, pensa, guardando le loro schiene e deglutendo rumorosamente mentre si appresta a seguirli quando Eleni dice “Conosco un posto” e Fabrizio replica “Bene, fate strada”.
Si incamminano, lanciandosi un’occhiata.
Che lo spettacolo abbia inizio.
E quindi, eccoci qui! Insomma, si sono eviscerate un po’ di robine e chi lo sa cosa è successo? Tutti i nodi verranno al pettine? E sopratutto come si risolverà questo dannato pranzo che ho messo solo perché sono stronza e non potevo lasciarli in pace? Insomma, vedete un po’ se lo volete sapere o meno. Anche se so curiosa, ditemelo, rispondetemi! Cosa pensate che sia successo tra Ermal e Eleni e sopratutto, perché cazzo ad Ermal Fabrizio sta sulle palle così tanto? Perché ve giuro che un motivo...diciamo che in parte c’è.  Alla prossima!
P.s. Trovate tutti i miei hc qui 
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Capitolo 1: Lo straniero
   Tutto ebbe inizio il diciassettesimo giorno dopo il Solstizio d’Estate, quando in uno di quei graziosi villaggi del Paese del Sole capitò un uomo coperto da un pesante mantello color ebano. Aveva un aspetto misterioso: era alto, magro, e il volto velato dall’ombra del cappuccio gli dava un’aria ancor più sinistra.
   Era un forestiero.
   Fu Dago, un vivace bimbetto dal viso paffuto, ad accorgersi per primo del suo arrivo. Smise di giocare con i sassolini colorati e, spaventato alla vista di quella mesta figura, corse ad avvisare l’intero villaggio. Ben presto si formò un capannello di curiosi attorno all’inatteso visitatore. Un mormorio indistinto si levò tra la folla: quello sconosciuto aveva un aspetto assai tristo che contrastava con i cangianti colori del loro meraviglioso Paese del Sole.
   Wynohgal, il Vecchio Capo Saggio dalla lunga barba bianca, si fece largo tra la folla e si fermò pacificamente di fronte al forestiero. Sollevò il palmo della mano in segno di saluto e disse: – Benvenuto, straniero. Perdona la diffidenza della mia gente, non è abituata a ricevere visite. I viandanti capitano così di rado da queste parti... – Nella breve pausa che seguì, il vecchio scrutò attentamente il nuovo arrivato attraverso le sopracciglia cespugliose. Si umettò le labbra. – Chi sei? Quale buon vento ti ha condotto qui?
   L’uomo chinò penosamente il capo. – Non ha alcuna importanza – disse rivelando una voce bassa e sibilante. – Ho fatto un lungo viaggio, sono sfinito e affamato. Vorrei fermarmi un po’, se mi è concesso.
   Gli abitanti del villaggio si fissarono sgomenti. Nessuno, prima d’ora, aveva mai risposto in quel modo a un Capo Saggio e mai, a memoria d’uomo, un forestiero aveva celato la propria provenienza o, quanto meno, la propria identità.
   Tuttavia, Wynohgal annuì. – Naturalmente sei il benvenuto. Intanto possiamo offrirti un pasto caldo e un comodo giaciglio.
– Sarete ampiamente ricompensati.
– Non è necessario, forestiero. Siamo gente ospitale. Puoi restare quanto desideri.
   Lo straniero lo ringraziò. Non aveva alcuna intenzione di trattenersi a lungo. Se tutto fosse andato come previsto, l’indomani, sul far del mezzogiorno, si sarebbe rimesso in cammino.
      Wynohgal chiamò la vecchia cuoca e le ordinò di preparare qualcosa di sostanzioso da mettere nello stomaco. – Portaci anche una caraffa di sidro, Sila, e – la sua voce divenne un sussurro – fammi avere una manciata di foglie di frassifaggio.
   Sila lo fissò sorpresa. In pochi conoscevano il potere di quelle foglie e, fra questi, ancora in meno avevano il coraggio di utilizzarle. La cuoca gettò una fugace occhiata alla folla che si stava disperdendo, poi si accostò al Capo Saggio, preoccupata.
   – Frassifaggio, signore? Ma… perché? Cosa ne volete fare?
   – Ho intenzione di farlo parlare, Sila. Quell’uomo non mi convince affatto… Ti prego, fa come ti dico e… non parlarne con nessuno.
   La donna corrugò la fronte. Conosceva Wynohgal da una vita. Aveva giocato con lui all’epoca in cui erano ancora due cuccioli spensierati; nessuno meglio di lei poteva leggere che cosa si celasse dietro il suo sguardo profondo. “Ha percepito qualcosa di grave. Non è da lui ricorrere a espedienti così pericolosi per avere informazioni su qualcuno. È perfettamente in grado di leggere nella mente di chiunque, come un libro aperto…”
   – Vi ricorderete sicuramente, signore, che le foglie di frassifaggio danno l’effetto desiderato soltanto se tenute a macerare al buio completo per tutte le Ore del Sonno…
   Il vecchio sospirò. – Lo so, Sila. Aspetterò tutto il tempo necessario, ma ora va’! Non farti vedere, mi raccomando.
   La donna chinò il capo in segno di assenso e si avviò verso la sua piccola capanna, svelta quanto glielo consentiva la sua andatura claudicante.
   Il Vecchio Capo Saggio raggiunse quello strano uomo. – Ti prego di seguirmi nella mia umile dimora – disse sollevando la pesante tenda variopinta che fungeva da porta.
   Lo fece accomodare su un tappeto di lana presso il fuoco scoppiettante e, sedutosi di fronte a lui a gambe incrociate, prese ad osservarlo attentamente. Il forestiero non si tolse il pesante mantello e seguitò a tacere. Sembrava davvero molto provato per il lungo viaggio. Aveva gli occhi grigi e stanchi, vitrei e immobili; il volto cinereo era solcato da una fittissima ragnatela di rughe.
   Era davvero un innocuo viaggiatore, oppure sotto l’aspetto cencioso si nascondeva qualcos’altro?
   Quell’uomo lo turbava nel profondo: mai prima di allora al vecchio Wynohgal era capitato di non riuscire a scrutare nei meandri della mente umana. Suo malgrado, anch’egli si sentì vittima dello stesso turbamento che aveva scosso l’animo della sua gente pochi minuti prima. Cercò di superarlo, dicendosi che lui era una Mente Suprema, un uomo dotato di straordinarie capacità che lo avvicinavano alla chiaroveggenza, e riportò la calma nel suo animo.
   Per lunghi istanti entrambi fissarono le fiamme, finché il silenzio si fece insopportabile. Il vecchio inspirò profondamente di fronte all’ennesimo tentativo fallito di penetrare nel pensiero del forestiero. Decise, quindi, di rompere il ghiaccio. – Ignoro il motivo che ti ha spinto in queste terre, ma… buon uomo, perché ti rifiuti di rivelarmi il tuo nome?
   – E voi perché volete saperlo? – ribatté l’altro. – In fondo sono solo di passaggio. Mi sono fermato in altri villaggi e nessuno ha mai insistito tanto per avere informazioni su di me.
   Wynohgal gli rivolse un’occhiata pensierosa. “Se è stato dalle altre parti del Paese del Sole lo saprei, quest’uomo non passa inosservato. Di sicuro proviene da un altro Mondo.”
   Lo straniero piegò le labbra esangui in un lieve sorriso sarcastico. – Vi basterebbe sapere che ho attraversato le Vie di Mezzo? Molti figli d’uomo sono morti lì dentro, risucchiati dalle Correnti Buie che portano dritte nelle fauci del Grande Vuoto.
   – Hai dovuto superare una grandissima prova. Le Vie di Mezzo sono quanto di peggio possa capitare ad un essere vivente, persona o animale che sia… Persino gli spiriti le evitano, se possono.
   Wynohgal sapeva che le Vie di Mezzo non erano l’unico modo per passare da un Mondo all’altro. C’erano molte strade meno pericolose che permettevano il transito. Alle vie si accedeva solo in due modi: per errore o… scelta estrema. Se l’uomo senza nome vi fosse precipitato accidentalmente l’avrebbe ammesso senza alcuna reticenza. Il vecchio era più che mai convinto che la sua fosse stata una scelta: quell’uomo doveva essere per forza un fuggiasco.
   Da cosa fuggiva? Da chi? Da dove?
   Un dubbio s’insinuò nella mente del Capo Saggio. Quell’uomo poteva anche avere una missione da compiere.
   Wynohgal si stropicciò gli occhi acquosi. Quasi gli girava la testa. Desiderava arrestare il vortice dei pensieri, ma era impossibile scacciare il tarlo cha aveva cominciato a scavare dentro di lui.
   “E se c’entrasse qualcosa con l’antica Profezia?”
   Il vecchio guardò fuori della finestra, oltre i campi dorati, dove cielo e terra si fondevano in un unico colore. “No, per tutti i Soli del Mondo, non può essere. Non sono ancora trascorsi mille anni dall’ultima battaglia… Abbiamo ancora secoli di pace prima che tutto si ripeta!”
   – La cena è pronta!
   Il rimuginare del Capo Saggio fu bruscamente interrotto dall’ingresso di un uomo ancora giovane che reggeva su un fianco una grossa padella fumante, mentre con l’altra mano portava in precario equilibrio un vassoio con una brocca e due boccali di corno. – Ecco una bella porzione di zuppa! – esclamò il giovanotto, mentre Wynohgal gli venne incontro per reggergli il vassoio. – Mettetevi comodo, signore, ci penso io a servirvi! Sbaglio, o le scodelle sono in quella credenza?
   Senza attendere riposta, spalancò le ante e cominciò a preparare l’occorrente per il desinare.
   – Non badate se sono tutto sporco di fango, signori miei. I fratelli Yuk hanno avuto la brillante idea di scavare una buca vicino al fosso del mio campo e l’hanno nascosta con delle frasche… Ci sono cascato dentro, proprio come un pollo!
   Il Capo Saggio rise figurandosi la scena: Xavier che usciva dalla trappola e si metteva a rincorrere quelle piccole pesti urlando a squarciagola e i fratelli Yuk, ovviamente, si saranno ben guardati dal farsi acciuffare!
   – Quei bambini sono davvero adorabili – commentò il vecchio. – Mi ricordano tuo figlio quand’era piccolo… A proposito, come sta? Quando torna?
   – Oh sta bene, signore! Siete gentile a chiederlo. Purtroppo non riesce a tornare in tempo per la festa. Troppo lavoro, ma dovrebbe rincasare domani. Comunque da piccolo il mio Kismet non faceva scherzi così sciocchi…
   – È un bravo ragazzo – constatò Wynohgal rivolgendosi all’ospite che non si era mai intromesso nella loro conversazione. Aveva già ingoiato la sua porzione di minestra e ora si stava versando un po’di sidro. – Più tardi ci sarà il Falò del Ringraziamento in onore degli dèi che anche quest’anno sono stati molto generosi con noi. Armonia, Pace e Prosperità sono i pilastri sacri della nostra vita. Se dovessero crollare, gli uomini non avrebbero più una briciola di umanità nel loro cuore. Tutto andrebbe perduto, forse per sempre.
   – Che discorso triste! – proferì Xavier senza prenderlo troppo sul serio. – E perché mai dovrebbe accadere una cosa simile? A meno che non spunti Shadow in carne, ossa e spirito e si metta a far baccano! – Si rivolse al forestiero. – Sono tutte leggende che ci hanno tramandato quei buontemponi dei nostri antenati…
   Il Vecchio Capo Saggio lo guardò scandalizzato. – Giovanotto, porta un po’di rispetto verso i nostri avi – lo redarguì. – E non credere che le cose che ci sono state dette siano tutte campate in aria!
   Xavier chinò il capo, contrito. – Chiedo scusa, signore. Non volevo offendere. C’è… c’è qualcos’altro che posso fare per voi?
   – Sì, ­mio caro Xavier, in effetti qualcosa di saggio lo potresti fare. Innanzitutto dovresti imparare a chiudere la bocca e riflettere bene prima di parlare.
   – Avete ragione, signore – Xavier fece spallucce – Se non vi dispiace adesso vado a casa. Mia moglie mi aspetta, dobbiamo prepararci per il falò.
   Né lui né il vecchio notarono l’occhiata significativa che il forestiero lanciò a Xavier. Era soddisfatto: in così poco tempo aveva trovato ciò che gli serviva. Ora non gli restava altro che agire.
      Lo straniero si muoveva veloce tra i tavoli imbanditi, completamente insensibile alla melodia dei flauti e dei tamburelli, indifferente al profumo dell’arrosto che si disperdeva nell’aria, e impassibile al tepore delle fiamme del falò che ardevano al centro della radura. Non provava il minimo interesse per quella festa che non gli apparteneva e il lungo discorso tenuto da Wynohgal durante il rito cerimoniale lo aveva annoiato. Fremeva, invece, dalla voglia di raggiungere il suo obiettivo. Più si sbrigava e meglio era per lui.
   Superò un gruppo che danzava e passò dietro una ventina di bambini che assistevano divertiti ad uno spettacolo di giochi di prestigio, dove un tale dalla faccia dipinta e travestito da spaventapasseri stava facendo sparire una pannocchia dentro un sacco di tela grezza per poi materializzarla da sotto il proprio cappellaccio di paglia. La lanciò in aria ed essa scoppiettò, cadendo sopra le teste dei bambini in una pioggia di scintille arancioni.
   – E con questo, bambini miei, lo spettacolo giunge al termine! – Lo spaventapasseri fece un inchino profondo, accompagnato da un esagerato svolazzo della mano sopra la testa. – Con permesso, il signor Chicco Di Grano, alias il vostro beneamato mago, leva le tende, ma prima d’ogni cosa si aspetta un grande, grandissimo applauso!
   Fra gli applausi e il giubilo dei bambini non mancò qualche gridolino di protesta. Per alcuni lo spettacolo doveva continuare, ma lo spaventapasseri aveva esaurito tutte le sue brillanti idee ed era rimasto a gola secca per il gran cianciare. – Continueremo un’altra volta, cari bambini! Il vostro Chicco Di Grano ha bisogno di una fresca sorsata di sidro!
   Il mago spaventapasseri si allontanò a grandi passi dal teatrino, si liberò del travestimento e si sciacquò il viso.
   – Finalmente ti ho trovato, Xavier. È tanto che ti cerco e mi chiedevo dove fossi finito. Eri irriconoscibile con quella buffa faccia gialla. E quei vestiti… Spaventapasseri! – Seguì una risatina forzata.
   Il giovanotto si girò piano, mentre si asciugava il viso con un canovaccio ruvido, sorpreso nel trovarsi a tu per tu con l’uomo giunto da lontano. – Oh… salve! – Posò il canovaccio sullo steccato, fermandosi ad osservare quella figura nera. Fece spallucce. – Sai, non sembri poi così poco socievole, amico. Ora mi rinfresco la gola: ti va di farmi compagnia?
   Xavier notò sua moglie che, poco lontano, passava a distribuire il sidro tra i tavoli collocati all’aperto. La chiamò con un fischio e lei arrivò con due boccali pieni. Sorrise cordialmente allo straniero, ma riservò un’occhiata dubbiosa al marito. – Non stare da solo con lui – gli sussurrò in un orecchio, quando finse di dargli un bacio.
   – Grazie, Jenda. – Il marito la congedò con una pacca affettuosa sulla spalla. Bevve una lunga sorsata e si passò il dorso della mano sulle labbra. – Allora, amico, volevi dirmi qualcosa?
   Lo straniero posò il boccale ancora pieno su una botte di legno. – Sembri diverso dagli altri… credo proprio di potermi fidare di te. Ma, Xavier, dovrai prestare molta attenzione a quanto sto per dirti perché ti renderà partecipe di un grande segreto.
   – Quale segreto?
   – Shh, non farti sentire! Posa quel boccale e mettiamoci un po’più in là, vicino a quel mucchio di fieno… Vieni, amico… Ecco, sediamoci… Così va meglio, molto meglio!
   – Cosa sono tutti questi misteri? Cosa succede? – chiese impaziente Xavier.
   – Calma, giovanotto, calma! Prima di tutto devi imparare la pazienza. È una lunga storia la mia, e riguarda anche te.
– Cosa c’entro io? Neppure ti conosco!
    Lo straniero annuì. – Neanch’io, Xavier, ma ho bisogno di qualcuno di cui fidarmi ciecamente. Cos’altro potrebbe fare un fuggiasco come me?
    A quel punto Xavier era tutt’orecchi; la curiosità lo stava divorando con la voracità di un tarlo. Si obbligò a rimanere in silenzio, in attesa di conoscere i particolari della storia.
   – Comincio da te, giovanotto. Sei stato tu il primo a nominare Shadow e a burlarti dei tuoi antenati. Non credi a quella brutta storia, vero?
   – In effetti è così assurda! Chi mai crederebbe a simili fandonie? Sono storielle di pessimo gusto, fatte su misura per impressionare i bambini.
   – Non esistono storielle per impressionare i bambini. – La voce del forestiero divenne un sussurro e il giovanotto dovette avvicinarsi un po’ per sentirlo. – Commetti una leggerezza molto grave, Xavier. La sola cosa da dire sulle “storielle” tramandate dai vostri cari antenati è che sono assolutamente vere.
   Il giovanotto lo guardò, ammutolito.
   – Per questo fuggo. Sono solo. Non ho riposo, non posso fermarmi a lungo in alcun luogo, non posso liberarmi di questo peso che diviene ogni giorno sempre più insopportabile. – Scosse miseramente il capo. – Sono stanco, molto stanco. – Gli posò la mano scheletrica e fredda sull’avambraccio nudo e Xavier rabbrividì. – Desidero un po’di tregua, quel tanto che basta per avere un po’di respiro. Tu puoi fare davvero qualcosa per me, sei ancora giovane e forte…
   Xavier, profondamente turbato, farfugliò qualcosa di incomprensibile. Non riusciva a capire nulla. D’altronde, il discorso del forestiero era completamente senza senso. Senza ombra di dubbio, quel poveretto aveva qualche rotella fuori posto e gli faceva solo perdere tempo. Meglio tornare alla festa. – Senti, vado a versarmi ancora un po’ di sidro – disse infine, evasivo.
   Le dita del forestiero si chiusero in una morsa gelida attorno al suo avambraccio impedendogli di allontanarsi.
   – Ho bisogno del tuo aiuto, Xavier. Ho bisogno che tu mi creda, te lo chiedo in ginocchio!
   – Così mi spaventi! Non capisco… cosa vuoi da me?
   Il forestiero si guardò intorno con fare circospetto e, accertatosi che nessuno li osservasse da lontano, scostò un lembo del mantello per mostrargli una piccola urna dai riflessi argentati. Sul coperchio luccicante erano scolpite incisioni misteriose, minuscoli disegni in rilievo che rappresentavano figure sinistre di esseri tutt’altro che umani.
   – La vedi questa? – gli disse. – Racchiude l’inimmaginabile. È ciò che Shadow sta cercando. È ciò che devo proteggere ad ogni costo! Ma pesa, Xavier! Non ho quasi più forze… – Gli mise l’oggetto tra le mani. – Custodiscila e me ne andrò via senza più il peso di questo fardello. Non avrai conseguenze, perché Shadow continuerà a credere che la porto sempre con me. Ma bada! Non deve saperlo nessuno, capito? Nessuno! Neppure il Vecchio Capo Saggio e le persone a te più care, tua moglie o tuo figlio. Giuramelo sulla tomba dei tuoi avi, Xavier! Giurami che non mi tradirai!
   Xavier era troppo sbalordito e confuso per ragionare e annuì. Istintivamente soppesò l’urna passandosela da una mano all’altra. Era leggerissima, sembrava addirittura vuota. “Pover’uomo,” pensò. “Affidarmi un’urna! Conterrà le ceneri di sua moglie o di suo figlio! O di entrambi! Il dolore causato da questa perdita deve essere stato così lacerante da togliergli il senno!”
   Lo straniero scosse il capo, l’indice puntato contro il suo viso, e scandì le seguenti parole: – So cosa stai pensando, Xavier. Quella – spostò l’indice sull’urna – non contiene cenere e ti assicuro che io – roteò lentamente l’indice verso se stesso – non sono pazzo.
   Il giovanotto seguitò a fissarlo imbambolato; le sue mani strinsero l’urna fino a quando le nocche gli diventarono bianche.
   Il forestiero gli scrollò la spalla. – Allora?
   – V-va bene, io… Scusami.
   – Sei un brav’uomo, Xavier. Sapevo di non essermi sbagliato su di te. Ora ascoltami attentamente, poiché non ripeterò due volte ciò che sto per dirti. Tuo malgrado, ti sei dovuto ricredere sulle leggende tramandate dai tuoi antenati, perciò sai già tutto senza che io perda tempo prezioso a raccontare quella brutta storia dal principio. Sono un fuggiasco desideroso di liberarmi di questo fardello, voglio ingannare il primordiale nemico… Shadow. Per il mio bene e per l’incolumità di tutti coloro che si imbattono sulla mia strada non posso rivelare il mio nome. Questo è il mio segreto. Ma c’è dell’altro: l’urna. Preziosissima, non solo per il materiale di cui è fatta – argento puro – piuttosto per ciò che contiene: forza e ricchezza inimmaginabili. È chiusa da un sigillo che mai e poi mai nessuno dovrà spezzare.
   – Mai?
   – Mai! Nascondila, Xavier! Custodiscila! Proteggila con tutta la gelosia di cui sei capace! Dal momento in cui l’hai presa, l’urna è diventata tua.
   Xavier lo fissò imbarazzato. – Mia?
   – Sì, sì! Capisci cosa significa questo, Xavier? Non appena ti sei fatto carico del suo peso, sei diventato custode della sua infinita ricchezza e del suo immenso potere. Nessuno potrà togliertelo, se non sarai tu stesso a volerlo cedere. Io l’ho fatto volentieri, ormai sono troppo debole per sopportarli entrambi… Tu, invece, sei ancora giovane e forte! Ora posso dirti addio.
   Xavier lo fissò sbalordito. – Come? Te ne vai via così, senza salutare nessuno? – protestò. – E il Capo Saggio…?
   – Importa qualcosa, forse? Mi avete dato ospitalità, non lo nego. Ma mi rendo perfettamente conto quando la gente mi guarda con diffidenza. Io, misero mortale senza fissa dimora e senza pace, condannato dalla malasorte a fuggire senza tregua, ho portato inquietudine tra la tua gente. Ma che colpe ho per il mio aspetto? Ho forse scelto io di essere tanto brutto da provocare il ribrezzo altrui? O il disprezzo? Non ho fatto del male a nessuno, eppure tutti mi evitano come se fossi un lebbroso! Tutti tranne te, giovanotto. Sei stato l’unico a comportarti da vero amico. Ora è meglio che mi rimetta in viaggio… Mi sono trattenuto fin troppo. Addio, Xavier, che gli dèi ti proteggano!
      Quando la festa giunse al termine, Wynohgal guardò la grande clessidra di cristallo posta tra due olmoquercioli dalle foglie lisce e scintillanti. Mancavano pochi granelli al sopraggiungere del nuovo giorno. Quando tutti cominciarono ad avviarsi verso le proprie dimore, il vecchio si alzò dalla sedia aiutandosi col lungo bastone e s’incamminò in direzione della bottega di Sila. Entrò senza bussare e trovò la donna intenta a filtrare e imbottigliare il decotto di frassifaggio.
   – L’elisir è pronto, signore. Una sola sorsata e otterrete l’effetto desiderato. È indispensabile la mia presenza?
   Wynohgal scosse piano il capo. – Ti ringrazio, Sila. Preferisco arrangiarmi.
   – Come volete, signore. Buona fortuna.
   – Grazie, ne avrò bisogno.
   Facendosi coraggio, il vecchio uscì con la bottiglietta nascosta sotto un lembo della tunica. Si avviò verso la propria capanna, e si stupì trovandola vuota. Aveva incrociato fra la gente lo straniero solo un paio di volte durante il falò poi, dopo averlo visto parlare con Xavier, era convinto che si fosse ritirato per riposare. Il giovanotto era stato il solo ad aver conversato con lui. “Sicuramente”, pensò, “Xavier sarà in grado di dirmi dove può essere andato”.
   Fece appena in tempo a fare qualche passo, quando vide Jenda corrergli incontro. Non gli piacque l’espressione della donna: i suoi occhi color nocciola tradivano una certa inquietudine.
   – Scusatemi se vi disturbo a quest’ora. La festa è appena terminata e mi rendo conto che sarete stanco – esordì la donna cercando di padroneggiare la voce tremante. – Ma c’è una cosa che mi preme vediate immediatamente.
   – Jenda, io…
   – Si tratta di Xavier. Venite, vi prego.
   – Lo stavo giusto cercando, mia cara. Spero che non sia accaduto nulla di grave.
   – Questo me lo dovete dire voi, signore. Ho trovato una cosa nascosta nel mio fienile.
   Al Vecchio Capo Saggio bastò un attimo per rivedere, attraverso la mente della giovane donna, come avesse seguito Xavier senza farsi notare, insospettita dal suo strano comportamento, e lo avesse visto estrarre una sorta di piccolo vaso dalla tasca del vestito e nasconderlo sotto una balla di fieno.
   – Accompagnami – disse infine, prendendo Jenda per un braccio.
   Giunti al fienile adiacente alla capanna di lei, oltre il recinto dove riposavano le capre, arrivarono nel punto in cui Xavier aveva nascosto l’oggetto misterioso. Quando lo vide per la prima volta, il vecchio si sentì trafiggere la testa da mille aghi e trasalì, soffocando a malapena un gemito nel palmo della mano.
   – State bene, signore? – chiese la donna, allarmata. – Siete impallidito…
   Wynohgal recuperò l’autocontrollo. Aveva capito tutto troppo tardi, inclusa l’identità del forestiero che se n’era ormai andato. L’elisir di frassifaggio non gli sarebbe servito più; svitò il tappo della bottiglietta, e disperse il contenuto sotto le occhiate interrogative di Jenda. Biasimò se stesso per non essere stato più avveduto, ma non perse tempo a piangere sul latte versato. Sapendo di non poter rimediare al proprio errore, cercò in fretta un’altra soluzione: doveva seppellire l’urna in un luogo più appropriato affinché nessun altro la vedesse. Solo in seguito e con la dovuta cautela avrebbe pensato a un modo per distruggerla.
   – Jenda – la voce del vecchio era ferma, quasi dura, – sai dov’è tuo marito adesso?
   – Prima l’ho visto allontanarsi verso il fiume. Sarà andato a rinfrescarsi, come sempre – rispose la donna. – Riconoscete l’oggetto?
   – Qualsiasi cosa sia non porterà nulla di buono. Assicurati che Xavier resti in casa, quando torna, in modo che tu possa controllarlo mentre sarò impegnato a mettere al sicuro questa cosa. È un bene che tu non l’abbia fissata troppo a lungo. Sei stata brava, cara, credimi. Ora lasciami solo.
   Jenda si allontanò con i brividi sulla pelle.
   Prima di raccogliere l’urna, il Vecchio Capo Saggio mormorò a fior di labbra una preghiera e creò una sorta di scudo energetico tra i palmi delle proprie mani. L’oggetto conteneva qualcosa di sensazionale, palpitava di vita propria, emanava una corrente di energia misterica. Si accorse di quanto fosse pesante e seppe subito anche il perché. Pensò di rivestire l’urna con una protezione che impedisse la fuoriuscita del suo contenuto, ma per farlo aveva bisogno delle ossa magiche. Nascose l’urna sotto il lembo della tunica e, appoggiandosi al lungo bastone, si avviò verso la sua capanna. Faticò parecchio: il peso di quell’oggetto divenne più gravoso ad ogni passo e il vecchio Wynohgal fu costretto a fermarsi spesso per riprendere fiato.
   La Sfera di Fuoco brillava ormai con tutto il suo splendore e al Capo Saggio mancava davvero poco per raggiungere la sua capanna, quando l’urna gli sfuggì di mano. Nel tentativo di riafferrarla, il vecchio inciampò nei suoi stessi piedi e cadde gemendo. Con orrore, osservò l’urna rotolare nella polvere e fermarsi vicino a un gruppo di contadini che si avviava ai campi. Due di loro si affrettarono ad aiutare Wynohgal a rimettersi in piedi, mentre un altro fece per raccogliere l’urna.
   – Che nessuno la tocchi! – urlò il vecchio spaventandoli a morte. Il suo gridò richiamò l’attenzione della gente che uscì dalle case. Nessuno prima d’ora aveva mai udito la voce del Capo Saggio intrisa di terrore.
   L’uomo che stava per raccogliere l’urna si fermò, la mano a mezz’aria, gli occhi sgranati per lo spavento. – Non faccio nulla di male, mio signore – balbettò.
   – Non toccarla! – replicò il vecchio. Inevitabilmente i presenti si avvicinarono allo strano oggetto per osservarlo meglio e videro le inquietanti incisioni sul coperchio d’argento. Ne percepirono la forza magnetica e ne rimasero profondamente colpiti.
   – No! – Wynohgal avanzò facendosi disperatamente largo tra la piccola folla che si era stretta attorno all’urna. – Nessuno la tocchi! Non sollevate quel coperchio, non rompete il suo sigillo! È rivestita di una bellezza che abbaglia i vostri occhi, ma ottenebra la vostra saggezza e manda in tumulto i vostri cuori! Sento il flusso energetico che esala… In essa risiedono poteri sconosciuti, forze ancestrali governate da un’oscura Mente Suprema che ha saputo crearle per scopi malvagi. Rappresenta un serio pericolo per tutti noi, uomini di pace, perciò vi ripeto: non toccatela!
   Dalla folla si levò un mormorio confuso. Le donne presero in braccio i figli più piccoli e si allontanarono con i rispettivi mariti, mentre gli altri rimasero lì, estasiati e al medesimo tempo intimoriti dalla malia dell’urna.
   – Non sappiamo cosa contiene, mio signore – disse Bàrio, il mugnaio.
   Il vecchio lo trafisse con una gelida occhiata. – Abbiamo forse bisogno di saperlo?
   – Voi stesso avete parlato di poteri misteriosi… Quell’oggetto potrebbe contenere qualcosa di valore inestimabile!
   – Ti sbagli, Bàrio! Chiunque la pensi come te, sbaglia! Vi ricordo che siamo un popolo pacifico che vive in un Paese dove i raggi della Sfera di Fuoco che brilla perpetua nel cielo terso si riversano sulla terra fertile e si riflettono sulle limpide acque dei Grandi Laghi. Raggi di Luce Divina illuminano le vaste distese verdi, filtrano attraverso le foreste più fitte, ci rischiarano gli occhi e ci riscaldano il cuore. Siamo dotati di grandi doni e cerchiamo di farne buon uso. Quale elemento ritenete più inestimabile delle inebrianti meraviglie che ci circondano?
   – Avete ragione, mio signore – ammise un uomo sulla quarantina con una cintura di cuoio ornata di lunghe piume colorate. – Non abbiamo bisogno di ricchezze più grandi.
   – Giusto! – esclamò un ragazzo allampanato che indossava un paio di calzebrache rosse legate al farsetto con dei lacci. – La vera ricchezza vive dentro di noi!
   – Cosa ne facciamo dell’urna? – chiese un altro uomo dalla voce cavernosa.
   – Va distrutta, ma con la dovuta cautela e solo da chi ne ha le facoltà – rispose il Vecchio Capo Saggio appoggiandosi al suo lungo bastone.
   – Ma è un oggetto bellissimo – ribadì Bàrio, noncurante delle occhiate preoccupate di sua moglie. – Che male può farci?
   Il vecchio rispose: – Un male immenso, che nessuno immaginerebbe. Aprendolo, sprigionerebbe la forza che vi è racchiusa. Il flusso energetico degli elementi che compongono il suo contenuto è oscuro. Lì dentro non vi è nulla di tutto ciò che è Luce. Lo seppellirò in un posto segreto… Farò in modo che non possa nuocere a nessuno di noi. Ora rientrate nelle vostre case, uomini di Pace. Un compito non facile mi attende.
   Rimasto solo, raccolse l’urna e zoppicò fino alla sua capanna. Fuori, di fronte all’ingresso, piantò un bastone di legno di quercianoce, affinché chiunque capisse che in quel momento non doveva essere disturbato per nessuna ragione. Non ci mise molto a scoprire che le ossa magiche non sortivano alcun effetto sull’oggetto. Esso era troppo potente e il vecchio non era in grado di trovare una soluzione per contrastarlo.
   Si mise le mani tra i capelli.
   “Che debbo fare? Che debbo fare?” pensò camminando irrequieto intorno alla stanza, i pugni serrati, la fronte bagnata di sudore. Si fermò davanti alla finestra. In lontananza si stagliava il Bosco di Betulle, solitamente poco frequentato perché, da qualche parte nei suoi spiazzi, si materializzavano gli strappi d’aria che davano accesso alle temutissime Vie di Mezzo. Wynohgal rivalutò questo aspetto negativo del Bosco di Betulle, quindi decise che proprio lì avrebbe nascosto l’urna.
   Poco dopo fu di nuovo in cammino, l’urna sottobraccio. Attraversò il Villaggio Acqua d’Ambra con passo affrettato, ne varcò le mura ricoperte di edera dorata che lo delimitavano, percorse una strada fiancheggiata da un torrente e da prati fioriti, finché giunse ai margini del bosco dove si fermò un poco per riprendere fiato. Il cuore gli batteva forte, il sudore si raccoglieva nei capelli canuti e le membra stanche gli tremavano, mentre l’urna diventava sempre più pesante.
   “Devo resistere,” pensò il vecchio. “Potrò liberarmi di questo fardello solo dopo averlo gettato nel cuore della terra”.
   Fece per riprendere il cammino, quando un’improvvisa folata di vento ululò tra le fronde.
   Wynohgal sussultò, si guardò cautamente alle spalle e… lo vide.
   Una sagoma avanzava verso di lui, controluce. Man mano che si avvicinava, la figura si faceva sempre più distinta.
   Il Vecchio Capo Saggio riconobbe Xavier. – Perché sei qui? – gli chiese nascondendo l’urna nei risvolti della tunica. – Dov’è tua moglie?
   – Sapete bene perché sono qui – ribadì il giovanotto. – Avanti, ditemi: con quale diritto avete sottratto una cosa che mi appartiene?
   – Questa cosa non è tua! Sta’ lontano, Xavier! Se non fai attenzione sarà lei ad avere te!
   Il giovanotto scoppiò a ridere. – Che stupidaggini! Voi stesso la volete nascondere. Significa che contiene davvero qualcosa di sensazionale. Quel forestiero aveva ragione. Di certo non era un povero pazzo!
   – Qualunque cosa ti abbia detto quella creatura, dimenticala! – lo implorò il vecchio. – Dimenticala!
   Xavier neppure lo udì. Era più che mai convinto che l’urna contenesse qualcosa di veramente eccezionale, ricchezze mai viste, d’inestimabile valore.
   L’inimmaginabile.
   Cominciò ad avanzare verso Wynohgal, lo sguardo velato dalla stessa misteriosa brillantezza che riluceva negli occhi tenebrosi del forestiero.
   Il Vecchio Capo Saggio indietreggiò all’istante. – Xavier, fermati! Non vorrai…
   – Rendetemi ciò che è mio! – Gli saltò addosso e si impossessò dell’oggetto, mandando il Capo Saggio a rotolare nella polvere.
   – Finalmente saprò cosa contiene! – esclamò animato da una bramosia sfrenata. Ruppe il sigillo e aprì il coperchio.
   La delusione gli trasfigurò il volto.
   L’urna non conteneva nulla di paragonabile alle impareggiabili ricchezze del paradisiaco Paese del Sole, ai doni e alle virtù con i quali Colui Che Crea La Vita aveva gratificato gli uomini.
   Non conteneva null’altro che cenere.
   – Cosa hai fatto, sciagurato? – gridò il vecchio. – Rimetti subito quel coperchio al suo posto!
   Neppure stavolta Xavier poté udirlo. Fissò l’urna che stringeva spasmodicamente tra le mani. Da lì fuoriuscì un potentissimo getto di energia che sparse in aria i granelli di cenere, facendoli fluttuare come un nugolo di insetti impazziti.
   Poi i granelli si raccolsero in quel vortice inarrestabile, formarono immagini nebulose e presto assunsero sembianze meno sfocate di figure inquietanti che si dibatterono come stendardi nel vento impetuoso.
   In ogni figura si profilò un oscuro volto dai lineamenti deformi, apparvero orbite e si spalancarono fauci dalle quali sgorgarono i più spaventosi suoni primordiali della Terra. Nubi apocalittiche inghiottirono la Sfera di Fuoco, si accesero i lampi e il cielo fu solcato dai fulmini. Il vento soffiò sempre più forte e le fluttuanti creature delle Tenebre si moltiplicarono come cellule sprigionando il loro inesauribile flusso che scatenò il Caos.
   Xavier avvertì dentro di sé l’odio crescere a dismisura. Gettò l’urna per terra e si avvicinò al Capo Saggio che indietreggiò, inorridito.
   “È la fine!” pensò Wynohgal.
   Un urlo selvaggio si levò nell’aria intrisa di un sentore di morte, riverberò nel tumulto e si mescolò ai fragori del cielo.
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Emanuela S.
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aion-rsa · 4 years
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Spring Reads Guide
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Spring has not yet sprung, but we’re getting ready for it. Between the new fiction coming from long-established speculative fiction masters to the debut books coming from some exciting new voices on the scene, there’s lots to look forward to if you are a love of science fiction and fantasy. In anticipation, we’ve compiled a list of the new books we’re most looking forward to in spring 2021…
Star Wars: The High Republic: Light of the Jedi by Charles Soule Publisher: Del Rey Out now
Two centuries before The Phantom Menace, The High Republic is Star Wars’ latest canon expansion, exploring a pre-Empire golden age. Comics writer Soule’s inaugural installment follows Jedi Avar Kriss and comrades as a hyperspace disaster illuminates a new threat. Follow-up novels and comics come from Daniel José Older, Justina Ireland, Cavan Scott, and Claudia Gray (Into the Dark is also out now).
True Believer: The Rise and Fall of Stan Lee by Abraham Riesman Publisher: Crown Out now
New York Magazine journalist Riesman’s exhaustive comics knowledge and nuanced touch guide this origin story of the late Marvel Comics luminary (and frequent MCU cameo-er) Stan Lee, f.k.a. Stanley Lieber. Interviews and archival material allow Rieseman to examine Lee’s storied legacy without shying away from tarnishing details like accounts of fraud, grift, and stolen credit.
A Desolation Called Peace by Arkady Martine Publisher: Tor Books March 2
The sequel to Martine’s Hugo-winning astropolitical space opera A Memory Called Empire expands its scope to a reckoning between empires, as the conquering Teixcalaanli negotiate with an encroaching inhuman threat. Between the two interstellar powers are independent ambassador Mahit Dzmare and Teixcalaan cultural liaison Three Seagrass—along with plenty of new characters—who will need more than poetry to save Teixcalaan’s legacy.
Klara and the Sun by Kazuo Ishiguro Publisher: Knopf March 2
Ishiguro’s first novel since his Nobel Prize returns to a dystopian near-future reminiscent of Never Let Me Go. But instead of clones, it’s a solar-powered Artificial Friend who longs for the joy of a human owner, only to be transplanted into a grieving family. As Klara realizes her intended purpose, she proves her heart is far stronger than any human’s.
Women and Other Monsters: Building a New Mythology by Jess Zimmerman Publisher: Beacon Press March 9
Electric Literature editor-in-chief Zimmerman wryly, intellectually, personably analyzes a dozen mythical she-monsters including Medusa, Harpies. and the Sphinx. Unpacking why female ambition, hunger, and rage often become grotesque, Zimmerman bestows heroic qualities of courage and fortitude onto these women, connecting to modern feminism’s pitfalls and triumphs. A must-read for “mythology stans” but also for those who fear women’s power.
Peaces by Helen Oyeyemi Publisher: Riverhead Books April 6
All aboard for a fabulistic journey from the author of Gingerbread: When newlyweds Otto and Xavier (and pet mongoose) are gifted a non-honeymoon on former tea-smuggling train The Lucky Day, they embark on an extraordinary journey. From impossible compartments containing art galleries and bazaars, to a many-named stranger who knows every passenger, this is a ride like no other.
Folklorn by Angela Mi Young Hur Publisher: Erewhon Books April 27
Elsa Park is an experimental physicist stationed at the South Pole to study “ghost particles,” yet also to outrun her immigrant family’s generational trauma. But when her childhood imaginary friend appears at the end of the world, Elsa must confront the specter of mental illness, as inevitable and unalterable as the Korean folklore her now-catatonic mother used to tell her.
Son of the Storm by Suyi Davies Okungbowa Publisher: Orbit Books May 11
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Nigerian author Okungbowa’s epic fantasy series, inspired by pre-colonial West African empires, invites readers to the flourishing city of Bassa. Scholar Danso enjoys privilege and security, so long as he obeys strict familial and political obligations. But upon encountering the skin-changing warrior Lilong—a woman who shouldn’t exist—they journey to the Nameless Islands and beyond the borders of Bassai lore itself.
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ginnyoceane · 4 years
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🅖🅘🅝🅝🅨 & 🅧🅐🅥🅘🅔🅡 🄿🄰🅁🄲🄾 🄰🄱🄱🄰🄽🄳🄾🄽🄰🅃🄾 #Ravenfirerpg
(❄️ ― ‘‘  I nostri personaggi giocano nella neve.  ‚‚)
Non aveva mai conosciuto nessuno amante dello scherzo quanto lo era Ginny. Fu proprio in quel momento in cui decise di proporle un gioco, approfittando della prima nevicata in quei giorni gelidi. Raven aveva assunto un aspetto diverso, molto piacevole, e molto caratteristico. Xavier non era mai stato un fan della città, ma dicembre era certamente il suo periodo preferito per via delle nevicate ed anche perché da bravo sportivo, avrebbe sicuramente come ogni anno praticato un po' di snowboarding. Approfittò della distrazione dell' amica per raccogliere fra le mani quanta più neve possibile, modellandola fino a farla diventare una palla da football e quando la soglia di attenzione di Ginny era ormai troppo bassa per rendersi conto di quello che sarebbe successo di lì a poco, Xavier abilmente sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi ed anche uno strepitoso lancio col suo unico braccio sano, visto che l'altro era ancora ingessato e dolorante. La palla di neve a sua volta finì direttamente in faccia a Ginny, in modo un po' brutale.
« Colpita e affondata. »
Disse quasi strillando, come un bambino al suo primo tiro a canestro.
Ginny R. Océane Lagarce
Era stranissimo come lo stesso luogo potesse apparire in modo così diverso a seconda della condizione climatica che ci fosse. Aveva sempre avuto una sorta di timore nei confronti di quel luogo, il parco abbandonato sembrava sempre un poco inquietante durante l'anno, eppure con le prime nevicate diveniva un luogo perfino divertente. Aveva seguito l'amico fino a raggiungere la radura al di sotto della ruota panoramica, e la neve sembra coprire ogni dove quando improvvisamente fu colpita in pieno volto. Fece tempo a voltare di scatto la testa, ma la neve colpì inevitabilmente il lato sinistro sul suo viso facendole finire parte della nelle anche all'interno del suo maglione. Un urlo, seguito da un sorriso contagioso si dipinse sulle di lei labbra osservando l'artefice a cui presto l'avrebbe fatta pagare. « Non ci credo... » Bonfonchiò la veggente prima di scuotere il capo e rimanere ferma per un attimo quando sentì pezzetti di neve scivolare lungo il corpo e facendola rabbrividire. Assottigliò poi lo sguardo ma senza mai far scomparire quel sorriso giocoso che sembrava essere ciò di cui avesse bisogno. « Vuoi la guerra? E guerra sia... Dio, sento ancora la neve scivolare lungo la schiena! » Si ritrovò perfino a saltellare in quel momento ma poi, presa dalla foga del gioco, Ginny si mise a correre per allontanarsi dall'amico, si accovacciò per raccogliere un po' di neve e con un colpo secco lanciò quella era la più grande palla di neve che potesse fare. Era semplicemente felice di fare qualcosa di così semplice.
Xavier Elijah Hampton 
Si notava perfettamente la spensieratezza che vi era fra i due, il modo in cui giocavano felice sulla neve rievocava tantissimo un'infantilità che spesso quando si raggiunge una certa età si perde, o meglio si tende a nascondere perchè la società ci impone sempre di immetterci il prima possibile nel mondo degli adulti. Questo non stava accadendo fra i due, dove liberi e col sorriso stampato sulle labbra continuavano a fronteggiarsi come se fosse una vera battaglia. « Posso chiederti una tregua? » Domandò Xavier all'amica, scoppiando a ridere subito dopo.
Ginny R. Océane Lagarce
Neve gelata continuava a scivolare lungo la schiena della veggente che in quel momento sembrava essere dominata dalla frenesia. Rideva come non le accadeva da tempo, con quella spensieratezza che aveva perfino dimenticato nell'ultimo periodo che comunque aveva sempre fatto parte di lei. Dietro quel sorriso, dietro quei capelli sempre perfetti, si nascondeva una giovane donna con i suoi drammi interiori e in quel momento era ciò di cui necessitava. Scrollò il capo per un momento prima di rabbrividire e tirare un lungo sospiro di sollievo. « Okay, time out ma giuro che te la farò pagare... Quando meno te lo aspetti, mio caro. » Commentò la Lagarce ridacchiando. Tanti erano i pensieri che affollavano la di lei mente in quel periodo, e trascorrere un po' di tempo con l'amico di sempre era rigenerante. « Hai deciso che cosa farai per Natale? »
Xavier Elijah Hampton
Xavier si stava divertendo davvero tanto, proprio come un bambino spensierato e felice. Ma gli serviva riprendersi un po', aveva iniziato una guerra dove l'amica stava rispondendo fin troppo egregiamente... « Che farò a Natale? Semplice, andrò dai miei. Costretto a passare tutte le dannate feste con loro, forse se sono fortunato ci sarà anche mio fratello. » Xavier non parlava mai bene della sua famiglia, per lui quelle persone erano degli estranei. Detestava suo parere e sua madre, e rimproverava sempre Jasper per non essergli stato troppo accanto, ma di averlo anche lui considerato di troppo. « Tu che farai per Natale?» Domandò a Ginny, sforzandosi di fare un sorriso, nonostante sentisse un forte peso addosso.
Ginny R. Océane Lagarce
Era trascorso ormai un mese da quando era uscita dall'ospedale, le ferite orami s'erano cicatrizzate e ciò che aveva affrontato sembrava un lontano ricordo. Eppure qualche ombra negativa a volte s'affacciava ancora nella mente della veggente, ed ecco perché sperava che trascorrere un po' di tempo con l'amico di sempre potesse essere una buona idea. Lanciò di sfuggita un'occhiata all'amico. Sapeva che il rapporto con la sua famiglia non era dei migliori, ma sapeva anche che a Natali tutti avrebbero fatto qualche sacrificio per la propria famiglia. « A volte bisogna semplicemente porgere l'altra guancia. » Commentò con una leggera scrollata di spalle senza tuttavia addentrarsi nel discorso. Era un loro momento di spensieratezza e non voleva in alcun modo rovinarlo da stupide teorie che Xavier poteva o meno condividere. « Starò con la mia famiglia, l'idea non mi alletta, ma è diventata quasi una tradizione... Ora però basta discorsi seri, vieni andiamo dentro, beviamo qualcosa di caldo! » Il sapore del Natale si sentiva in ogni dove, anche al gelo a fare palle di neve e i due ragazzi erano semplicemente troppo orgogliosi per ammettere che quello sarebbe stato un momento che avrebbero custodito.
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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vudutv · 4 years
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¿Por qué trabajamos? | Soy Cámara
“Iban al colegio, luego treinta años en el mercado laboral, dos años de jubilación y caían muertos”, dice Guy Standing. ¿Por qué trabajamos? ¿Para ganarnos la vida o para perderla? En este capítulo del Soy Cámara, Yann Moulier Boutang nos adentra en la historia del trabajo, de la explotación y de la dominación disciplinaria del capitalismo; Guy Standing aborda el precariado (concepto desarrollado por él mismo) y la alienación laboral contemporánea, y Judy Wajcman nos alerta sobre el riesgo de la aceleración en el trabajo. Si la mayoría de la gente está molesta con su trabajo, ¿por qué seguimos confiando en él? ¿Qué nos dicen las nuevas formas de trabajo sobre las nuevas formas de dominación social? La pregunta “¿Por qué trabajamos?” fue el tema de las VI Jornadas Filosóficas de Barcelona, coordinadas por Xavier Bassas y Felip Martí-Jufresa en el CCCB, el Arts Santa Mónica y el Instituto Francés del 14 al 16 de octubre de 2015. Las entrevistas a Yann Moulier-Boutang y Cristina Carrasco fueron posibles en el marco de estas mismas jornadas.
Dirección, guión y montaje: Fèlix Pérez-Hita
Producción, documentación, entrevistas: Ingrid Guardiola, Andrés Hispano, Fèlix Pérez-Hita
Cámara y sonido: Juan Carlos Rodríguez, José Antonio Soria
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aniolc · 7 years
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Rànquing dels diputats catalans a Twitter
Avui 1 de març, coincidint amb dia de ple al Parlament de Catalunya m’he decidit a fer un anàlisi de la presència de tots els diputats i diputades de la cambra a Twitter.
Fa uns dies que busco rànquings interactius a Twitter però com que no n’he trobat cap que actualitzi automàticament les xifres de seguidors de determinats usuaris cada mes actualitzaré la taula mostrant l’increment o decreixement de followers. En les properes setmanes, a més, aprofondiré en cada partit.
Aquesta és la radiografia a data d’avui:
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1
Posició
Seguidors
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Demarcació
2
1673.025CarlesPuigdemont@KRLSJxCATBarcelona
3
2523.592OriolJunqueras@junquerasERCBarcelona
4
3395.819InésArrimadas@InesArrimadasC'sBarcelona
5
4285.881CarmeForcadell@ForcadellCarmeERCBarcelona
6
5285.323RaülRomeva@raulromevaERCBarcelona
7
6173.046MartaRovira@martaroviraERCBarcelona
8
7103.867JordiTurull@jorditurullJxCATBarcelona
9
893.190JosepRull@joseprullJxCATBarcelona
10
982.507MiquelIceta@miquelicetaPSCBarcelona
11
1082.286RogerTorrent@rogertorrentERCGirona
12
1168.768XavierDomènech@XavierDomenechsCECPBarcelona
13
1266.755ToniComín@toni_cominERCBarcelona
14
1365.718XavierGarcía Albiol@Albiol_XGPPBarcelona
15
1458.094JordiSànchez@jordialapresoJxCATBarcelona
16
1557.104ErnestMaragall@ernestmaragallERCBarcelona
17
1655.844AndreaLevy@ALevySolerPPBarcelona
18
1736.825DolorsBassa@dolorsbassacERCGirona
19
1832.072ElsaArtadi@elsa_artadiJxCATBarcelona
20
1931.200CarlesRiera@carlesralCUPBarcelona
21
2029.986Fernando dePáramo@ferdeparamoC'sBarcelona
22
2127.166JosepCosta@josepcostaJxCATBarcelona
23
2223.297LauraBorràs@LauraBorrasJxCATBarcelona
24
2320.260Joan JosepNuet@NUETCECPBarcelona
25
2417.230AntoniCastellà@CastellaToniERCBarcelona
26
2516.131CarlosCarrizosa@carrizosacarlosC'sBarcelona
27
2615.147RubenWagensberg@wagensbergERCBarcelona
28
2714.385EduardPujol@PujolBonellJxCATBarcelona
29
2814.034MatíasAlonso@malonsocsC'sTarragona
30
2912.747JennDíaz@JnnDiazERCBarcelona
31
3012.299AlbaVergés@albavergesERCBarcelona
32
3112.264QuimTorra@QuimTorraiPlaJxCATBarcelona
33
3212.056VidalAragonés@VidalAragonesCUPBarcelona
34
339.714AlbertBatet@albertbatetJxCATTarragona
35
349.355GerardGómez del Moral@gerardgomezfERCBarcelona
36
359.260SergiSabrià@sergisabriaERCGirona
37
369.082FerranCivit@CivitiMartiERCTarragona
38
378.635EvaGranados@Eva_GranadosPSCBarcelona
39
388.551LluísSalvadó@LlSalvadoERCTarragona
40
398.475MariaSirvent@MariaSirvntCUPBarcelona
41
408.319José MaríaEspejo@jmespejosaavC'sBarcelona
42
417.984SoniaSierra@SoniaSierra02C'sBarcelona
43
427.084MartaMadrenas@MartaMadrenasJxCATGirona
44
436.965IgnacioMartín@NmartinblancoC'sBarcelona
45
446.938MartaRibas@martaribasfriasCECPBarcelona
46
456.904ElisabethAlamany@ElisendalamanyCECPBarcelona
47
466.808RamonEspadaler@Ramon_EspadalerPSCBarcelona
48
476.576Carmen deRivera@CarmendeRiveraC'sBarcelona
49
485.995Francesc deDalmases@francescdJxCATBarcelona
50
495.589LluísGuinó@lluisguinoJxCATGirona
51
505.525AuroraMadaula@Aurora_MadaulaJxCATBarcelona
52
515.482JosepRiera@PepRieraFontJxCATBarcelona
53
525.333LorenaRoldán@LroldansuC'sTarragona
54
535.297EusebiCampdepadrós@ECampdepadrosJxCATTarragona
55
544.891DavidCid@CiddavidCECPBarcelona
56
554.782AlíciaRomero@aliciarllPSCBarcelona
57
564.735FerranPedret@FerranPedretPSCBarcelona
58
574.695JéssicaAlbiach@jessicaalbiachCECPBarcelona
59
584.627DavidPérez@davidpscPSCBarcelona
60
594.483SantiRodríguez@santirodriguezPPBarcelona
61
604.285ÒscarPeris@oscarperisERCTarragona
62
614.165NatàliaSànchez@NataliadippCUPGirona
63
624.038EstherNiubó@eniuboPSCBarcelona
64
633.908Noemí de laCalle@Noemi_delaCalleC'sBarcelona
65
643.896JordiTerrades@jterradesPSCBarcelona
66
653.857SusanaBeltran@susanabeltrangaC'sBarcelona
67
663.838RaúlMoreno@raulmorenomPSCBarcelona
68
673.531GemmaGeis@GemmaGeisJxCATGirona
69
683.435JorgeSoler@jsolerCsC'sLleida
70
693.427MontserratFornells@mfornellsERCLleida
71
703.404JeanCastel@GironaJeanC'sGirona
72
713.197NajatDriouech@najat_driouechERCBarcelona
73
723.118MarcSolsona@solsona_marcJxCATLleida
74
733.116CarlesCastillo@CarlesTgnaPSCTarragona
75
743.007AlejandroFernández@alejandroTGNPPTarragona
76
752.954PolGibert@polgibertPSCBarcelona
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762.946MònicaSales@mncslsJxCATTarragona
78
772.937BernatSolé@bernatsoleERCLleida
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782.755JoanGarcía@joansabadellC'sBarcelona
80
792.702SergioSanz@sergiobarcelonaC'sBarcelona
81
802.690AssumptaEscarp@aescarpPSCBarcelona
82
812.677FranciscoDomínguez@fjdominguez8C'sTarragona
83
822.654LauraVílchez@LauraVilchezSC'sBarcelona
84
832.613AdrianaDelgado@adrianadelgadohERCBarcelona
85
842.404AnnaGeli@geli_annaJxCATLleida
86
852.281DavidRodríguez@david_drgERCLleida
87
862.257DimasGragera@dimasciudadanoC'sBarcelona
88
872.250DavidMejía@davidmejiayraC'sBarcelona
89
882.189JordiMunell@jordimunellJxCATGirona
90
892.014AntonioEspinosa@aespiceC'sBarcelona
91
902.004ÒscarOrdeig@oscarordeigPSCLleida
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911.755AlfonsoSánchez@asancfisacC'sGirona
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921.625MaríaValle@mariavalle7C'sBarcelona
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941.556ElisabethValencia@evalmimC'sBarcelona
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951.548CarlosSánchez@CarlosSM_CsC'sTarragona
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961.535AnnaCaula@anna_caulaERCGirona
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99
981.501Josep MariaJové@jmjovelladoERCBarcelona
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1011.450MònicaPalacín@monicapalacin29ERCBarcelona
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1021.444FrancescTen@ftencJxCATGirona
104
1031.393Rosa MariaIbarra@ROSA_M_IBARRAPSCTarragona
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1041.373EvaBaró@evabarorERCBarcelona
106
1051.298FerranRoquer@tionroquerJxCATGirona
107
1061.243BeatrizSilva@BeaSilva9PSCBarcelona
108
1071.226MuniaFernández-Jordán@muniafjC'sBarcelona
109
1081.212MartínBarra@_martinbarraC'sBarcelona
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1091.204ManuelRodríguez@MRodriguez_CsC'sBarcelona
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1101.132RutRibas@RutRibasERCBarcelona
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1111.103TeresaPallarès@mtpallaresJxCATTarragona
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1121.070Josep MariaForné@JosepMForneJxCATLleida
114
113990MartaMoreta@MartaMoretaPSCBarcelona
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114968AntoniMorral@MorralToniJxCATBarcelona
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115935XavierQuinquillà@xaviquinquillaJxCATLleida
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116919José MaríaCano@JoseMaria_CsC'sBarcelona
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117861RafelBruguera@rafelbrugueraPSCGirona
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118802GemmaEspigares@GemmaEspigaresERCLleida
120
119723SusannaSegovia@susannasegoviaCECPBarcelona
121
120646FrancescViaplana@xescoviaplanaERCLleida
122
121581HéctorAmelló@Hector_AmelloC'sGirona
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122543YolandaLópez@YolandaPodemCECPTarragona
124
123428MarinaBravo@MarinaBS_CsC'sBarcelona
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124345JavierRivas@jrivasescamillaC'sLleida
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125311DavidBertran@dbertranromanC'sLleida
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126285IreneFornos@IreneFornosERCTarragona
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127258IsabelFerrer@MtnezdeBreaJxCATBarcelona
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128227
María del Camino
Fernández@CaminoFernndezC'sGirona
130
129205Blanca VictoriaNavarro@blanca_vicC'sBarcelona
131
130134NarcísClara@narcis_claraJxCATGirona
132
13170MaialenFernández@MaialenfdezC'sTarragona
133
132-MontserratMacià-JxCATLleida
134
133-María LuzGuilarte-C'sBarcelona
135
134-LluísFont-JxCATBarcelona
136
135-SalouaLaouaji-JxCATBarcelona
function posObj(sheet, id, row, col, x, y) { var rtl = false; var sheetElement = document.getElementById(sheet); if (!sheetElement) { sheetElement = document.getElementById(sheet + '-grid-container'); } if (sheetElement) { rtl = sheetElement.getAttribute('dir') == 'rtl'; } var r = document.getElementById(sheet+'R'+row); var c = document.getElementById(sheet+'C'+col); if (r && c) { var objElement = document.getElementById(id); var s = objElement.style; var t = y; while (r && r != sheetElement) { t += r.offsetTop; r = r.offsetParent; } var offsetX = x; while (c && c != sheetElement) { offsetX += c.offsetLeft; c = c.offsetParent; } if (rtl) { offsetX -= objElement.offsetWidth; } s.left = offsetX + 'px'; s.top = t + 'px'; s.display = 'block'; s.border = '1px solid #000000'; } }; function posObjs() { }; posObjs();
Com podem veure dels 135 diputats del Parlament de Catalunya n’hi ha un total de 4 que no tenen compte a aquesta xarxa social, tres són de Junts per Catalunya i l’altre de Ciutadans. El que més m’ha sorprès, però, és que David Pérez (@davidpsc) del PSC i Josep Maria Jové (@jmjovellado) d’ERC tenen un compte privat i per tant només els poden veure els tweets aquells usuaris que ells autorizin com a seguidors! Realment el contrari del que s’hauria d’esperar d’un diputat amb perfil a aquesta xarxa.
La mitjana de seguidors dels diputats de la cambra és de 28.362 usuaris, tot i que si calculem la mediana aquesta xifra es redueix a 3.838. De fet si ens fixem en la distribució de seguidors veurem que hi ha uns pocs diputats que acumulen grans números de followers i després venen tota la resta.
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L’usuari més seguit, com era de preveure, és el president de la Generalitat Carles Puigdemont (@KRLS). En segon lloc i a una distància de 150.000 usuaris trobem el vicepresident Oriol Junqueras (@junqueras). A uns 125.000 seguidors ja trobem a la cap de l’oposició, Inés Arrimadas (@InesArrimadas). Més enrere queden Raül Romeva i Carme Forcadell que entren al TOP 5 a molt poca distància entre ells.
La mitjana de seguidors de la demarcació de Barcelona és de 28.362 seguida per la demarcació de Girona 9.084 amb l’important ajuda del President Roger Torrent (@rogertorrent) i la consellera Dolors Bassa (@dolorsbassac), Lleida és que la puntua més baix amb 1.624 i finalment trobem Tarragona amb 3.663.
Espero que les dades puguin ser d’utilitat, properament aniré tractant-les des de més punts de vista!
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laplaylistes · 5 years
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La única tribu de blancos de África
https://www.bloggia.es/la-unica-tribu-de-blancos-de-africa/
La única tribu de blancos de África
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Haz click aquí para consultar este artículo en ElPeriodico TV.
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Concursos infumables, restos de series que se compran de saldo, repeticiones a saco, espumas baratas para rellenar las parrillas… ah! en agosto las cadenas procuran gastarse lo mínimo. Saben que es el mes de menor consumo televisivo del año. Pero dentro de tanta gaseosa y palangana, a veces surge una rareza que merece comentarse. Hablo de Lokus Day (TV-3), un programa de sketchs humorísticos ideado por Xavier Bertran aquel hilarante Lo Cartanyà  arropado por Cesc Casanovas (Polònia) y con la colaboración de Beatriu Castelló, Emma Bassas y Karla Ramos. Es un ejercicio despendolado, extravagante, esbojarrat… No llega al surrealismo, se queda en astracanada. Y, no obstante, alberga chispazos. El Papa cubano Chim Pum, por ejemplo, que siempre sale bailando con unas maracas. El tarorista Toni, que a todos los que le llaman desesperados les aconseja el suicidio como única solución viable. El Maestro Shaolín, ex meteorólogo, que cuando el Pequeño Saltamontes le pide que le instruya le contesta: No se puede subir al Aneto dando saltitos sobre la punta del nabo.
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anadelacalle · 3 years
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Presentación del libro "33 conceptos para disolver las medidas político-sanitarias en la pandemia" Terra Ignota Ediciones.
Presentación del libro “33 conceptos para disolver las medidas político-sanitarias en la pandemia” Terra Ignota Ediciones.
En esta nueva Presentación de ’33 conceptos para disolver las medidas político-sanitarias en la pandemia’ (Terra Ignota, 2021) hemos contado con tres grandes pensadorxs actuales: Cesar Candiotto, Xavier Bassas y Carolina Meloni. Y cada uno de ellos junto con Jordi Riba y Ricardo Espinoza Lolas (los editores del Libro) ha mostrado de una forma interiorizada y única lo que ha sido la Pandemia en…
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charlotte charleston;
Descrizione Fisica
I'm a slytherin because I'm ambitchous — Tutti i giorni la stessa storia, si guarda allo specchio e si dice: chi è 'sta favolosa? Proprio Charlotte. I suoi capelli, castani e poco ramati, sono un suo grande vanto: li spazzola sempre prima di andare a dormire e li acconcia sempre in modi favolosi. Sguardi furbi ma anche teneri quelli dei suoi occhi grandi e chiari, che trovano complicità nelle lentiggini sul naso e su quelle guancine dolci. Ha un broncio adorabile che sfoggia per ingraziarsi il prossimo e intenerire anche un dissennatore. Probabilmente la più bassa della sua classe, ma ormai l’adolescenza ha trovato dimora anche in lei, dandole il corpo e le forme di una vera signorina. Spende galeoni in vestitini favolosi e costosi e prodotti per la skincare per essere sempre al top.
Temperamento
If you want to achieve greatness, stop asking for permission — Non nasconde pregi e difetti di chi è nato agiato in una società di purosangue. Dispensa sorrisi, atteggiamenti favolosi e dolcezza, condizionata però dalla compagnia dei suoi amici che la portano a dire spesso parolacce che sfuggono dalla sua bocca. La maggior parte del tempo, però, è davvero una signorina aggrazziata che mai si pente di dire e fare cattiverie, specie se prima ha mezzo zizzania come solo lei sa fare. È tutta un predire cose con i suoi oggetti favolosi per la divinazione, ed ha un carattere da leader in via di sviluppo da risultare d'impatto verso chi la circonda. Serpeverde le ha dato il dono dell’ambizione che ha scelto di riversare in ben poche cose, ma soprattutto sul campo di Quidditch.
Relazioni Sociali 
What doesn't kill you only makes you more complacent — Le piace un sacco quando Sir Goltraighe le prende i fianchi e solleva per aria, e passerebbe tutta la giornata con Wesley a fare divinazioni favolose. Non può più fare a meno di Niall, anche solo per sentirsi dire quanto Freyja lei può essere. A fine giornata cerca sempre Stan per poggiare la testa sulle sue gambe, o viceversa, confidandosi con lui anche più del dovuto. Nel dormitorio vige la regola della favolosità, insieme alla favolosa Tia che è la sua best friend forever, e con Tasha come alleata, Miley la convince poco. La squadra di Quidditch è un sacco importante, specie Helios. La crush per Xavier e Daemon ormai è cosa nota anche ai ritratti incantati appesi lungo le scale.
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freedomtripitaly · 5 years
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Quando d’estate gli italiani intasano le autostrade che portano al mare, prendete la direzione opposta e vi troverete benissimo. Non lontano dalle città del Nord Italia, come Milano, Bergamo, Brescia, Verona, Trento, Venezia, c’è una zona poco conosciuta e frequentata dal turismo di massa che nasconde specchi d’acqua favolosi. Prendere il sole, fare il bagno, rilassarsi, fare delle belle passeggiate e, perché no, anche delle belle mangiate. Nulla di diverso di quanto non si farebbe sulla riviera ligure. La zona è quella compresa tra la Valle Trompia e la Valle Sabbia, due valli verdissime in provincia di Brescia, ancora piuttosto selvagge, dove le montagne, ricoperte di pinete intoccate, si innalzano improvvisamente fino a superare i mille metri. Tra una montagna e l’altra si nascondo dei laghi, alcuni piccoli laghi di montagna, altri più grandi navigabili, che sono un vera scoperta. Piccolissimo e dalle acque color smeraldo è il laghetto di Bongi, un lago artificiale creato da una diga sul torrente Tovere, che si trova nel comune di Pertica Alta, proprio al confine delle due valli. Circondato da un bellissimo prato, è il luogo ideale dove trascorrere una giornata in famiglia. Chi ha la passione per la pesca può portare con sé la propria canna. Chi, invece, desidera esplorare i dintorni, da qui parte un sentiero ombreggiato in mezzo al bosco lungo circa 9 chilometri che, come un anello, fa il giro del lago e tocca alcuni luoghi molto interessanti. E soprattutto inaspettati. Il lago di Bongi Come il forno fusorio, dove fino all’arrivo degli austriaci veniva prodotto il carbone, la grotta dei partigiani e l’albero delle farfalle, che svolazzano a migliaia. Da fare a piedi, a cavallo o a dorso di asino. Si può pranzare nell’unico bar estivo che sorge sulle sponde del lago, mentre chi desidera pernottare, può farlo nell’agriturismo Le Fratte, che organizza anche cene in famiglia e, d’estate, le suggestive cene nel bosco (le prossime sono il 3 e il 24 agosto). Una valle magica, questa, detta anche Valle delle fate e degli gnomi perché, secondo gli abitanti del posto, è facile fare “strani incontri”. Un bellissimo specchio d’acqua ai piedi delle Alpi è anche il lago d’Idro, in un territorio naturale incontaminato, circondato da piccoli borghi, come Bagolino, dove si svolge ogni anno un celebre carnevale, e Lavenone, un paese di 500 abitanti che, per ripopolarlo, ha messo in campo un’operazione di ospitalità che coinvolge ragazzi con disabilità di tutta la zona. È stato aperto un ostello interamente gestito da loro e il bar solidale della cooperativa sociale Co.ge.ss sulla via principale del paese, mentre Airbnb si è presa carico di un appartamento, Casa Maer, che ha trasformato in residenza di design e che va letteralmente a ruba. Il lago d’Idro – Wikimedia Commons @Les Meloures Il lago, di origine glaciale, si trova già al confine con il Trentino e, sui suoi circa 11 km quadrati, si può nuotare, ma anche praticare surf, kitesurf, SUP, vela, canoa e pesca sportiva. Tutt’intorno sono tantissime le attività che si possono fare, a partire dal trekking alla mountain bike su percorsi sterrati, nei boschi, tra le malghe e le alte vie di montagna. Come i tracciati che attraversano le Pertiche, un antichissimo percorso tra Valle Trompia e Valle Sabbia, che comprende le località di Pertica Alta e Pertica Bassa. Lungo i diversi percorsi ci si imbatte in luoghi dal grande significato storico: santuari (come quello di Barbaine), chiese e musei, come il Museo della Resistenza e del Folklore Valsabbino e un’installazione vegetale completamente immersa in uno scenario naturale con abeti, rocce e sculture chiamata Arca del pensér. Il borgo di Lavenone – Wikimedia Commons @Xavier Caré La Valle Trompia e la Valle Sabbia sono entrate a far parte del progetto Valli Resilienti, interessate dal Programma AttivAree di Fondazione Cariplo, un territorio periferico, che si sta spopolando e che, negli ultimi anni, ha perso la capacità di attrarre turisti, ma che ha moltissimo da offrire in termini di ospitalità, di itinerari e di bellezze naturalistiche. Entrambe si trovano proprio nella zona dei laghi lombardi, alla giusta distanza anche da bacini più famosi e più frequentati, come il lago di Ledro, in Trentino, famoso per le sue acque verdi smeraldo, e il lago di Garda. Ma questo è un altro viaggio. Andateci prima che ci arrivino tutti. https://ift.tt/2M8XS8P I laghi più belli e meno frequentati della Lombardia Quando d’estate gli italiani intasano le autostrade che portano al mare, prendete la direzione opposta e vi troverete benissimo. Non lontano dalle città del Nord Italia, come Milano, Bergamo, Brescia, Verona, Trento, Venezia, c’è una zona poco conosciuta e frequentata dal turismo di massa che nasconde specchi d’acqua favolosi. Prendere il sole, fare il bagno, rilassarsi, fare delle belle passeggiate e, perché no, anche delle belle mangiate. Nulla di diverso di quanto non si farebbe sulla riviera ligure. La zona è quella compresa tra la Valle Trompia e la Valle Sabbia, due valli verdissime in provincia di Brescia, ancora piuttosto selvagge, dove le montagne, ricoperte di pinete intoccate, si innalzano improvvisamente fino a superare i mille metri. Tra una montagna e l’altra si nascondo dei laghi, alcuni piccoli laghi di montagna, altri più grandi navigabili, che sono un vera scoperta. Piccolissimo e dalle acque color smeraldo è il laghetto di Bongi, un lago artificiale creato da una diga sul torrente Tovere, che si trova nel comune di Pertica Alta, proprio al confine delle due valli. Circondato da un bellissimo prato, è il luogo ideale dove trascorrere una giornata in famiglia. Chi ha la passione per la pesca può portare con sé la propria canna. Chi, invece, desidera esplorare i dintorni, da qui parte un sentiero ombreggiato in mezzo al bosco lungo circa 9 chilometri che, come un anello, fa il giro del lago e tocca alcuni luoghi molto interessanti. E soprattutto inaspettati. Il lago di Bongi Come il forno fusorio, dove fino all’arrivo degli austriaci veniva prodotto il carbone, la grotta dei partigiani e l’albero delle farfalle, che svolazzano a migliaia. Da fare a piedi, a cavallo o a dorso di asino. Si può pranzare nell’unico bar estivo che sorge sulle sponde del lago, mentre chi desidera pernottare, può farlo nell’agriturismo Le Fratte, che organizza anche cene in famiglia e, d’estate, le suggestive cene nel bosco (le prossime sono il 3 e il 24 agosto). Una valle magica, questa, detta anche Valle delle fate e degli gnomi perché, secondo gli abitanti del posto, è facile fare “strani incontri”. Un bellissimo specchio d’acqua ai piedi delle Alpi è anche il lago d’Idro, in un territorio naturale incontaminato, circondato da piccoli borghi, come Bagolino, dove si svolge ogni anno un celebre carnevale, e Lavenone, un paese di 500 abitanti che, per ripopolarlo, ha messo in campo un’operazione di ospitalità che coinvolge ragazzi con disabilità di tutta la zona. È stato aperto un ostello interamente gestito da loro e il bar solidale della cooperativa sociale Co.ge.ss sulla via principale del paese, mentre Airbnb si è presa carico di un appartamento, Casa Maer, che ha trasformato in residenza di design e che va letteralmente a ruba. Il lago d’Idro – Wikimedia Commons @Les Meloures Il lago, di origine glaciale, si trova già al confine con il Trentino e, sui suoi circa 11 km quadrati, si può nuotare, ma anche praticare surf, kitesurf, SUP, vela, canoa e pesca sportiva. Tutt’intorno sono tantissime le attività che si possono fare, a partire dal trekking alla mountain bike su percorsi sterrati, nei boschi, tra le malghe e le alte vie di montagna. Come i tracciati che attraversano le Pertiche, un antichissimo percorso tra Valle Trompia e Valle Sabbia, che comprende le località di Pertica Alta e Pertica Bassa. Lungo i diversi percorsi ci si imbatte in luoghi dal grande significato storico: santuari (come quello di Barbaine), chiese e musei, come il Museo della Resistenza e del Folklore Valsabbino e un’installazione vegetale completamente immersa in uno scenario naturale con abeti, rocce e sculture chiamata Arca del pensér. Il borgo di Lavenone – Wikimedia Commons @Xavier Caré La Valle Trompia e la Valle Sabbia sono entrate a far parte del progetto Valli Resilienti, interessate dal Programma AttivAree di Fondazione Cariplo, un territorio periferico, che si sta spopolando e che, negli ultimi anni, ha perso la capacità di attrarre turisti, ma che ha moltissimo da offrire in termini di ospitalità, di itinerari e di bellezze naturalistiche. Entrambe si trovano proprio nella zona dei laghi lombardi, alla giusta distanza anche da bacini più famosi e più frequentati, come il lago di Ledro, in Trentino, famoso per le sue acque verdi smeraldo, e il lago di Garda. Ma questo è un altro viaggio. Andateci prima che ci arrivino tutti. Non lontano dalle città del Nord Italia c’è una zona poco frequentata dal turismo di massa che nasconde specchi d’acqua favolosi.
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fotopadova · 5 years
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Fotografia astratta: ma dove, ma quando? Il caso Alfred Ehrhardt (e altri)
di Carlo Maccà
-- In un recente post (http://www.fotopadova.org/post/183446144383), commentando una interessantissima mostra a Torre di Mosto (tuttora visitabile) si affermava, a proposito dell'Astrazione in fotografia, che qualsiasi opera (fotografia, pittura, grafica, scultura) in cui c'è forma significante, per quanto immaginaria o ingannevole rispetto alla realtà materiale, possieda una concretezza in ragione della quale non possa essere considerata astratta. è un'opinione del tutto personale, forse paradossale, che penso pochi siano disposti a condividere, per quanto riguarda le forme d'arte in generale. Nulla da eccepire all'uso del termine Astrattismo quando ci si riferisce al movimento artistico in senso storico. Ma quello che non convince è l’attribuire il carattere di astrazione a ogni opera d'arte (o meno) che l'osservatore ha difficoltà ad interpretare di primo acchito mediante un riferimento immediato ad una realtà comunemente e materialmente visibile.
Il dubbio sulla qualifica di astrazione mi sembra particolarmente fondato quando si tratta di un'opera fotografica, tanto più di fotografia diretta, straight [Nota 1]. Non è condivisibile il qualificare come astratta, come di solito avviene, qualsiasi fotografia della quale l'osservatore inconsapevole non sia in grado di riconoscere il soggetto reale pur gustandone la bellezza formale. Esemplare è il caso della microfotografia, generalmente usata a scopo scientifico, che deve svelare una realtà tangibile anche se invisibile ad occhio nudo.
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Corrugamenti trasversali e longitudinali   -    Strie nella sabbia 
A sostenere la mia affermazione mi sembra probante l'esempio del fotografo tedesco Alfred Ehrhardt (1901-1984), apprezzato nel mondo, ma in Italia noto molto meno di quanto meriti, nonostante che a lui sia dedicata una pagina in Fotografi A-Z di Hans-Michael Koetze (Taschen Editore), manuale di riferimento nella biblioteca di ogni fotografo, e il suo libro Das Watt sia stato incluso fra i più importanti libri fotografici da Martin Parr e Gerry Badger in The photobook. A history. Volume 1 (2004).
Proprio Das Watt, riedito in un raffinato facsimile nel 2013 (èditions Xavier Barral) viene spesso classificato fra le testimonianze di fotografia astratta. In effetti Ehrhardt era stato allievo, collega ed amico di docenti del Bauhaus di Dessau, culla fra l'altro dell'Astrattismo storico. Nel sito (https://www.alfred-ehrhardt-stiftung.de/index.php?start-deutsch) della Alfred Ehrhardt Stiftung di Berlino sono visibili alcune opere pittoriche e grafiche della sua attività artistica giovanile. In queste l'artista mi sembra vicino, più che alle concezioni formali di Vassilij Kandinskij, iniziatore e teorico dell'Astrattismo, a quelle di Klee (che storicamente fu aderente al movimento astrattista, ma fu soprattutto lo studioso della ratio della forma in tutti i suoi aspetti, ricercatore, ideatore e sperimentatore di forme significanti, non prive di afflati lirici).
Costretto dal regime nazista a lasciare l'impiego in istituti d'arte e tecnici a causa della sua adesione ai princìpi "degenerati" del Bauhaus, Ehrhardt si dedicò alla fotografia e alla cinematografia documentaria, che furono la sua professione per il resto della vita. Das Watt fu la prima opera fotografica pubblicata in volume (1937). Das Watt, malamente traducibile in Italiano con Battigia, è tipicamente l'estesa zona di marea delle limacciose spiagge tedesche del Mare del Nord, che separa per un'ampia distanza la terraferma vera e propria dal mare ed è percorsa e plasmata dal va e vieni delle acque marine con dislivelli fino a 6 metri fa alta e bassa marea [Nota 2]. Per quattro anni Ehrhardt l'aveva percorsa con al collo una Zeiss 6x9 a soffietto fotografando a mano libera (l'unica maniera sicura per sé e per l'apparecchio) le forme create sul terreno dal salire e scendere delle maree.
Tutti i commentatori recenti non rinunciano a parlare di immagini astratte. Nella edizione originale del 1937, ripubblicata in pregevolissimo fac-simile nel 2013, la parola abstrakt compare solo marginalmente nell'introduzione del Dr. Kurt Dingelstedt per segnalare in alcune fotografie "motivi così astratti da ricordare rilievi decorativi" [Nota 3]. Nessun accenno all'astratto, invece, nella breve presentazione che Ehrhardt fa della propria opera. Tutt'altro. Dopo considerazioni che definirei di "metafisica della battigia", trenta sole righe spiegano lo scopo, lo spirito e il modo di tutto il lavoro: rappresentare l'insieme organico attraverso il dettaglio. Cioè isolare il significativo dal contesto, estrarre l'essenziale dal superfluo, senza cambiarne la sostanza e il significato. Estrazione, non astrazione. Il succo senza le scorie.
Si potrebbe obiettare che a quel tempo affermare una volontaria ricerca di astrazione, quindi un'esplicita adesione all'Astrattismo, avrebbe immediatamente condannato al rogo libro, fotografie e negativi, come avvenne per il motivo opposto (eccesso di realismo non confacente all'Ideale Germanico) per Antlitz der Zeit di Sander. Ma che non sia questa la ragione è confermato con coerenza dall'insieme delle immagini, che, seguendo l'occhio selettivo del fotografo, a mano a mano che l'angolo di ripresa si allontana dalla verticale rispetto al terreno fino ad includere la linea dell'orizzonte e, in qualche caso, anche lontane figure umane o un faro, negano la presunta astrazione.
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Flusso di sabbia - La marea sale - Delta largo e poco profondo.
 Andrebbe letta la mezza pagina di testo, una vera lezione di fotografia. Qui bastino le righe che manifestano la concezione alla base tutta l'opera fotografica e cinematografica di Ehrhardt: dare la preferenza alla realtà, all'aspetto visivo (optische) che trova nell'occhio dell'osservatore la giusta interpretazione in termini di spazio e di dimensione. I lavori pubblicati successivamente, dedicati via via alle dune di sabbia della costa orientale della Prussia, ai cristalli, alla microfotografia, alle conchiglie, ai coralli, ad opere di scultura medioevale della Germania settentrionale ed infine al paesaggio di vari paesi europei, dimostrano e dichiarano una rigorosa ricerca della forma non in se stessa, ma in funzione di una indagine sull'anima della natura e delle opere dell'uomo. Ma non si tratta soltanto di anima; per esempio, in Das Watt il soggetto fotografato manifesta tutta la sua consistenza materiale, con un effetto tattile.
Nell'intento di isolare la forma primaria dal superfluo, Ehrhardt, in piena indipendenza, si trovava già in buona compagnia. Nel 1928 era uscito in Germania il primo, fondamentale libro fotografico di Karl Blossfeldt (1865-1932) Urformen der Kunst (Forme primigenie dell'arte), Il libro riuniva una selezione delle fotografie che l'Autore, ausiliario e poi insegnante di scuole tecnico-artistiche, aveva realizzato a scopo didattico lavorando per decenni alla riproduzione, con ingrandimenti fino a 40 volte nell'immagine finale, di parti di elementi vegetali selezionati, potati e ripuliti. Un lavoro di ricerca e studio delle forme prime dalla natura. Un secondo libro, pubblicato l'anno della sua morte, era intitolato Wundergarten der Natur (Giardino delle meraviglie della natura). A giudicare dalle immagini che vengono più frequentemente riprodotte, anche Blossfeldt correrebbe il rischio di essere considerato dedito all'astrazione: lo salva forse il fatto di essere stato subito cooptato sia dal movimento della Neue Sachlichkeit (la Nuova Oggettività tedesca), sia (colla mediazione critica di Walter Benjamin) dal Surrealismo francese. Nella qui sotto figura due sue immagini pseudo-astrattiste sono messe a confronto con una di Ehrhardt.
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©Karl Blossfeldt: Cucurbita pepo - Equisetum hiemale. / ©Alfred Ehrhardt: Rara forma di ondulazioni sinuose simmetriche.
 Dovunque esiste ricerca della forma non c'è vera, totale astrazione. A confortare questa affermazione si può invocare un altro artista tedesco, Hans Hartung, pittore, grafico e fotografo. Hartung viene comunemente considerato uno dei più raffinati astrattisti, anche se personalmente ha sempre rifiutato qualsiasi classificazione compresa quella in questione. Tanto da dichiarare: Amo verificare colla fotografia che quello che dipingo esiste realmente (1960).
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 ©Hans Hartung. Senza titolo, 1959; L108, 1963.
E ancora: Ho fotografato tutto ciò che nel mondo mi interessava: persone, nuvole, acqua, montagne, screpolature, macchie, effetti di luce ed ombra: che, talvolta, hanno una relazione più o meno diretta colla mia pittura (1982). La fondazione a lui dedicata possiede circa 30,000 suoi negativi, in gran parte nemmeno sviluppati. Evidentemente lo scopo dichiarato dall'Autore di identificazione pittura/realtà era raggiunto al momento dell'inquadratura, e so scatto rappresentava soprattutto un click nella memoria.
Gli esempi sopra discussi aiutano a giustificare l'affermazione che, almeno in fotografia diretta, non sia legittimo parlare di fotografia astratta nemmeno quando la ricerca formale coll'uso di strumenti meramente fotografici sia spinta fino ad ostacolare l'immediata identificazione del soggetto. Se poi gli interventi sono di altra natura, l'immagine finale diventa pittura o altro, e il discorso si complica.
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Nota 1. Ma forse nemmeno quando la fotografia è stata elaborata per farla sembrare qualcosa di diverso rispetto al soggetto fotografato: qualcosa dì astratto non è una contraddizione in termini?.
Nota 2. "La striscia di terra che fascia le coste della Germania sul Mare del Nord è un vasto spazio, né terraferma né mare, fatto d'immense distese spoglie, dominate dal flusso e riflusso, dal vento e dalla tempesta, dal sole, dalla bruma..... . Qui tutte le forze elementari della natura operano da migliaia d'anni per dare forma a un paesaggio di cui l'ampiezza, la maestà e la solitudine fanno pensare ai primi giorni della creazione": ben altro che i pochi metri o qualche decametro della nostra battigia.
Nota 3. Il commentatore appare invece molto più impegnato sul fronte del sostegno alla fotografia come forma d'arte (dignità ancora fortemente contestata a quel tempo), capace di rivelare bellezze non accessibili alle arti figurative tradizionali.
Nota 4. Esempi sono riprodotti nel catalogo (con testi in tedesco e inglese) della mostra 100 years of bauhaus I: Alfred Ehrhardt – Painting, Drawing, Prints, 12 gennaio - 18 aprile 2019, presso la Alfred Ehrhardt Stiftung, Berlino:
Alfred Ehrhardt - Fotografien, Hg. von Christiane Stahl und Stefanie Odenthal für die Alfred Ehrhardt Stiftung, Berlin 2019, ISBN 978-3-00-061051-6
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Una selezione di immagini, opera di Alfred Ehrhardt è riportata nel sito Fotopadova Immagini  di cui al seguente link:
 http://immagini.fotopadova.org/post/184337425786/fotografia-astratta-ma-dove-ma-quando-il-caso
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Le opere di Alfred Ehrhardt sono state riprodotte per gentile concessione della ©Alfred Ehrhardt Stiftung, Berlino.
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latinboxsports · 6 years
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@xavier_a_martinez Martinez Sculpt his perfect performance Lightweight Xavier Martinez (13-0, 9 KO’s) from Sacramento, CA. blasted Colombian journeyman Deivi Julio Bassa (20-8, 12 KO’s) by ways of 5th round KO win. Fight Safe. Win Safe no question Martinez implemented a great game plan breaking down Bassa as Promoter Floyd Mayweather, Jr. was ringside rooting on the quick puncher Martinez. It appeared Bassa put forth a great effort but fell short as Martinez closed the show in the fifth sending Bassa down with a explosive shot that ended his night. #DavisRuiz Gervonta Davis vs. Hugo Ruiz pits the WBA Super Featherweight World ChampionDavis against the former world champion Ruiz in the main event of SHOWTIME CHAMPIONSHIP BOXING ‪on Saturday, February 9‬ from Dignity Health Sports Park, formerly StubHub Center, in Carson, California and presented by Premier Boxing Champions. @mayweatherpromotions @floydmayweather @leonardellerbe @showtimeboxing @shosports @tgbpromotions @sampsonboxing @premierboxing @swancomm @swansonpr Report/Photos: @damongonzalez_ @latinboxsports https://www.instagram.com/p/BtwMoA7BAnX/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=gqtf8bbk3kyi
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vudutv · 4 years
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¿Por qué trabajamos?  Soy Cámara.
“Iban al colegio, luego treinta años en el mercado laboral, dos años de jubilación y caían muertos”, dice Guy Standing. ¿Por qué trabajamos? ¿Para ganarnos la vida o para perderla? En este capítulo del Soy Cámara, Yann Moulier-Boutang nos adentra en la historia del trabajo, de la explotación y de la dominación disciplinaria del capitalismo; Guy Standing aborda el precariado (concepto desarrollado por él mismo) y la alienación laboral contemporánea, y Judy Wajcman nos alerta sobre el riesgo de la aceleración en el trabajo. Si la mayoría de la gente está molesta con su trabajo, ¿por qué seguimos confiando en él? ¿Qué nos dicen las nuevas formas de trabajo sobre las nuevas formas de dominación social? La pregunta “¿Por qué trabajamos?” fue el tema de las VI Jornadas Filosóficas de Barcelona, coordinadas por Xavier Bassas y Felip Martí-Jufresa en el CCCB, el Arts Santa Mónica y el Instituto Francés del 14 al 16 de octubre de 2015. Las entrevistas a Yann Moulier-Boutang y Cristina Carrasco fueron posibles en el marco de estas mismas jornadas.
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Dirección, guion y montaje: Fèlix Pérez-Hita Producción, documentación, entrevistas: Ingrid Guardiola, Andrés Hispano, Fèlix Pérez-Hita Cámara y sonido: Juan Carlos Rodríguez, José Antonio Soria
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Para ilustrar las entrevistas se han utilizado en diversas ocasiones imágenes del proyecto (in progress) de Antje Ehman y Harun Farocki:  Labour in a Single Shot http://www.labour-in-a-single-shot.ne -  is a project that we – Antje Ehmann and Harun Farocki – started in 2011. We have initiated video production workshops in 15 cities worldwide. From February 2013 on we are also setting up a series of exhibitions that will show selected workshop results in a larger context.  --- http://www.harunfarocki.de/home.html
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También un fragmento de un vídeo de Adam Magyar. https://vimeo.com/adammagyar http://www.magyaradam.com/
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