Tumgik
#c ho i capelli bianchi
altrovemanonqui · 1 year
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Non penso mai ai miei capelli bianchi finché non me li fanno notare. Sono le donne in transizione, la vivono come una scelta di campo, politica, brava…
In verità tutta questa presa bene mi pare eccessiva.
Coprire i capelli bianchi non è mai stata un’opzione per me. Non ho grandi meriti quindi.
Si sappia che sono bianca per caso, non per politica, non è una decrescita o ricrescita felice, è crescita e basta. E mi sento bene, vivo bene, nonostante gli sguardi o i commenti dei delusi.
Noooo ti invecchia ti dicono alcuni. Non è che mi invecchi…è che io sto invecchiando, quindi al massimo non tingermi mi fa assomigliare a me stessa. Ma poi vi siete abituati a tutta un’altra serie di difetti perché non dovreste abituarvi ai miei ricci bianchi?
Tra i detrattori i miei preferiti sono quelli che ti guardano come se ti fossi dimenticata di andare dal parrucchiere. A quel punto la demenza senile sarebbe più grave del mero problema estetico. O forse no? 😂
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vecchiorovere-blog · 3 years
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Non è facile invecchiare con garbo. Bisogna accertarsi della nuova carne, di nuova pelle, di nuovi solchi, di nuovi nei. Bisogna lasciarla andare via, la giovinezza, senza mortificarla in una nuova età che non le appartiene, occorre far la pace con il respiro più corto, con la lentezza della rimessa in sesto dopo gli stravizi, con le giunture, con le arterie, coi capelli bianchi all’improvviso, che prendono il posto dei grilli per la testa. Bisogna farsi nuovi ed amarsi in una nuova era, reinventarsi, continuare ad essere curiosi, ridere e spazzolarsi i denti per farli brillare come minuscole cariche di polvere da sparo. Bisogna coltivare l’ironia, ricordarsi di sbagliare strada, scegliere con cura gli altri umani, allontanarsi dal sé, ritornarci, cantare, maledire i guru, canzonare i paurosi, stare nudi con fierezza. Invecchiare come si fosse vino, profumando e facendo godere il palato, senza abituarlo agli sbadigli. Bisogna camminare dritti, saper portare le catene, parlare in altre lingue, detestarsi con parsimonia. Non è facile invecchiare, ma l’alternativa sarebbe stata di morire ed io ho ancora tante cose da imparare. (C.  Resio)
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s-gobetti · 3 years
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intossicat* dai vapori
« Uno strano fenomeno vecchio ormai di un cinquantennio è il culto fanatico tributato negli ambienti omosessuali maschili alle grandi dive del cinema. Una moda del genere non ha riscontro fra le lesbiche, che in America sembrano interessate, come gruppo, piuttosto al softball che non all’arte o alle pose artificiose. La grande diva è una dea, una madre-padre universale. Le parodie cabarettistiche delle grandi dive eseguite da uomini ne sottolineano immancabilmente i tratti androgeni. MAE WEST, MARLENE DIETRICH, BETTE DAVIS, EARTHA KITT, CAROL CHANNING, BARBRA STREISAND, DIANA ROSS, JOAN COLLINS, JOAN RIVERS: tutte sono femmine di successo dalla fredda volontà maschile, che presentano sottili ambiguità sessuali nell’aspetto e nei modi. JUDY GARLAND suscitava fra gli omosessuali maschi attacchi di isteria collettiva. Le cronache riferiscono di urla disumane, assalti in massa al palcoscenico, lanci incessanti di fiori. Tali erano i riti orgiastici degli eunuchi presso il sacrario della dea. Vi sono foto che mostrano uomini in posa mentre mimano un ingresso trionfale nel luccicante costume di scena della Garland, esattamente come nel travestitismo dei devoti dell’antica Grande Madre »
Camille Paglia, Sexual Personae
Che tipo di relazione c'è fra dive, capelli ossigenati e omosessuali? È mia intenzione mettere vicino, accostare per tentativi una serie di cose trovate un pò come i pezzi di vetro levigati dal mare sulla spiaggia, per poi conservarli in dei barattoli, sempre di vetro, che pigramente riposano su mensole nella casa. Le dive, fra le dive, sono di un biondo platino, glaciale quanto preciso, pungente e definito che ci riporta ad una conversazione avuta pochi giorni fa:
c: mi fai venir voglia di riossigenare
f: la smania delle frocie
f: assurdo che tutte ci ossigeniamo ad un certo punto della nostra vita
f: come un bar mitzvah
Questo rito di passaggio, di pulizia, si ritrova nell’ossessione del pittore David Hockney per il bleach (candeggiare) dei suoi capelli quanto nella parrucca di Andy Warhol, paragonabile ad un turbante. Il medesimo artista che nel suo linguaggio unisce questi simboli riproducendoli attraverso lo strumento della comunicazione pubblicitaria, dell'epoca, la serigrafia: drag queen e Marilyn Monroe sono trattati nello stesso modo, con la stessa noia ed indifferenza, di come la stella dell'arte contemporanea tratta tutto, ma in particolare un prodotto messo su uno scaffale del supermercato: -un barattolo di zuppa Campbell grazie! Similmente questo accade nello sbiancamento operato da Madonna al Vouging che di fatto pulisce l’immaginario emerso da una cultura fatta di corpi di immigrat, non bianch, non ricch e sexworkers attraverso un elenco di icone -che sempre bionde sono- hollywoodiane, riprendendo le distanze della comunità gay di New York composta principalmente da maschi bianchi rispetto ad alcune personalità presenti all’interno della lotta per la liberazione del desiderio omosessuale: le STAR (Street Transvestites Action Revoluctionary).
« Beauty’s where you find it (move to the music)
Greta Garbo e Monroe,
Dietrich and DiMaggio
Marlon Brando, Jimmy Dean
On the cover of a magazine »
Madonna, Vogue
Trasportando la questione nel campo della rappresentazione, volendo indagare il mondo del fenomenico, quindi interrogando ciò che appare come appare agli occhi e mantenendo una particolare attenzione alla percezione riprendo le considerazioni sul guardare di John Berger. Il quale osservava come la figura della donna venga dalla più tenera età in-formata dallo sguardo che le si posa addosso, abituata quindi a dover controllare il proprio apparire e a doverlo renderlo piacevole, subendo quindi lo sguardo dell’uomo. Questo sguardo disincarnato sembrerebbe coincidere con il punto di vista, la posizione teorica propria a quell'occhio occidentale, che Camille Paglia vede nascere all’alba della nostra cultura. Ed è proprio in questo rito di detersione che le divinità dell'antico Egitto che ancora conservano parte del loro legame con la natura (ctonia) vengono coinvolte. Le sembianze animali non vengono accettate ai vertici del monte Olimpo e come ricorda il fregio del Partenone: il classico, il bianco, l'ordine si impostano sullo sterminio di creature ambigue, mezze umane mezze animali: i centauri, le amazzoni e i giganti. Nella mitologia greca queste battaglie, sono combattute da Apollo che vaga uccidendo i vari serperti -un pò come San Giorgio lo si trova sempre impegnato ad uccidere un drago- e le immagini delle divinità olimpiche vengono così lavate presentando delle figure completamente antropomorfe. Questo sguardo ritrova forza nel Rinascimento che infatti viene contrapposto ad un periodo di buio, fatto di ombra, il Medioevo. Prendendo adesso le considerazioni di Marshal McLuhan sulla Galassia Guttenberg: nascita dell'uomo tipografico (1962) dove associa l'introduzione in Europa della stampa a caratteri mobili (1455) con l'inizio del dominio del visivo, e quindi dell'occhio sugli altri organi di senso (naso, bocca, orecchie e pelle). Inaugurando così una lineare, progressiva, cronologica, Storia accompagnata da una sempre più luminosa società. La luce in effetti come ci insegnano praticamente quasi due secoli di sperimentazione nell'arte (George Seurat, Josef Albers, Lucio Fontana, Dan Flavin, etc..) è un medium che spesso viene letteralmente piegato per prendere significati, basti pensare alle insegne fatte con i neon, dove la tautologia si compie, la luce prende la forma di una parola. Ma cosa ci potrebbe dire per esempio una lettura del cambiamento dell'illuminazione nell'ambiente domestico? e del mondo dello spettacolo? quale pensiero si può trovare dietro la cecità per eccesso di luce? Dopo il libro diviso per capitoli, stampato e non trascritto o dettato (trasmesso quindi per via orale), l'altro strumento da indagare è la prospettiva che trova fortuna proprio nello stesso periodo (Leon Battista Alberti, De Pictura, 1434-1436) e che David Hockney associa alla necessità della chiesa cattolica di fissare una certa idea, rappresentata da un cristo in croce alla fine di una navata, che sarà proprio uno dei temi formali affrontati dall'architettura nel rinascimento: che forma ha una chiesa cattolica? Ah la fissità! Quale orrore, la cristallizzazione di sé stessi e la coerenza con la persona che si era ieri, che terribili gabbie, autoimposte, performate e ripetute. Ma che centra il dominio, l’autorità, il lineare, il progressivo, il dritto, con noi creature queer? E soprattutto cosa centra tutto questo con i capelli ossigenati? Come ultima testimonianza presenterò qualcosa che ho riesumato dalla cultura televisiva italiana, tipica del pomeriggio Rai di quando ero piccola, l’episodio diciannove della prima serie di Popular, (Ryhan Murphy, 1999), biondo è bello, uscito in Italia nel luglio del 2003 dove una regista frocia mette in scena il ribaltamento dei ruoli sociali attraverso il rito della decolorazione, l’ottenimento dunque di privilegi attraverso un elisir di potere dettato dal capello color dell’oro: Britney, Cristina, Pink, Paris Hilton, quanto Anna dello Russo, Donatella Versace e Lady Gaga che a colpi di I'm so fab. Check out, I'm blonde, I'm skinny, I'm rich And i'm a little bit of a bitch! portano avanti una vera e propria crociata conservatrice, ricca e bianca. Con una chiarezza tale, da brillare come un diamante, una prigione geometrica, una macchina perfetta dove tutti gli ingranaggi funzionano a tempo e con ritmo, una parete completamente bianca (il moderno in architettura), una attrazione ai vincoli e all'autorità tale da portare alla morte chi ricerca il bello. L'uomo occidentale annega quindi nel suo specchio e come ammette Bernadette in Priscilla regina del deserto (Stephan Elliott, 1994) di nero vestita, in rigoroso lutto, per la morte del suo compagno:
« non è scivolato, si stava di nuovo ossigenando i capelli ed è rimasto intossicato dai vapori »*
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merrowloghain · 4 years
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07.08.76 Loghain’s Mansion
(...) stava giusto li, infilandosi l`abito che la Madre ha scelto per lei senza darle minimamente informazioni sull`evento o sugli ospiti di quella sera, apparendo a coloro che entrano con la veste d`un bianco candido, che pare della stessa sfumatura nivea della pelle candida, priva di qualsivoglia imperfezione o neo. Sta dando le spalle all`entrata, rimanendo vicino al sontuoso baldacchino dai colori verde bottiglia, blu scuro, oro e fatto in legno d`ebano nerissimo: i colori della famiglia dei Mastini, ritrovandosi mezza nuda all`arrivo della genitrice e di quel ragazzino che lei inquadra in un primo momento con fare totalmente allarmato. La schiena ancora da coprire con la chiusura dell`abito, le maniche in pizzo ed il tessuto che pare seta a scenderle aderente alle forme esili di quella ragazzina alta come una donna adulta, la cui chioma sciolta è stata momentaneamente tolta dalle spalle e portata sul davanti, forse in procinto di sollevare la cerniera.
Come dovrebbe sentirsi ora che sta per essere effettivamente presentato a Merrow? Non lo sa nemmeno lui, tant`è che balbetta qualcosa di poco comprensibile mentre la donna senza troppi convenevoli apre la porta della stanza della figlia, facendolo passare per primo « Cia` » a mo` di saluto che però gli muore in gola, nell`osservare la cugina mezza svestita « Cosa? » ripete, sorpreso, forse convinto di non aver sentito bene quando la zia prima propone che aiuti Merrow a chiudere il vestito e poi si dilegua. Perciò, rimasto solo con la cugina, il quasi-dodicenne ingoia un groppo di saliva per poi puntare gli occhi scuri sulla ragazzina « Io sono Eoin, il figlio di Fergus, il fratello di zio Angus » una presentazione spicciola, mentre un vago rossore gli tinge le gote pallide « E non ti aiuterò mai a finire di vestirti. » ci tiene a specificare, non sia mai l`altra prenda sul serio il consiglio di Ondine « Però se ci tieni, sposto lo sguardo. » che ragazzino magnanimo, ma al momento non lo fa.
Gli occhi dallo sguardo tagliente, si puntano senza il minimo timore sul viso dai tratti così familiari, del Cugino «E` un piacere.» genuina ma non entusiasta, mentre si muove in sua direzione, portando la chioma nera e mossa come un mare in tempesta, oltre le spalle adesso semi scoperte da quell`oblò che il pizzo crea sulle sue braccia. Passi misurati, in una camminata a schiena ritta in posa marziale, mentre i fianchi ondeggiano leggermente in maniera ferale, prima che un`ondata di Pepe nero e Cannella, invada le narici dell`ignaro Eoin, proprio mentre mani dal candore perfetto, cercherebbero le sue giovani spalle per stringerle brevemente, avvicinandosi con il viso al suo: è un secondo, in cui il collo esile e lungo si piega, con lei che pare mirare verso la sua guancia sinistra, muovendosi all`ultimo in direzione delle sue labbra, avvicinando le proprie in un contatto che cercherebbe morbidamente, a stampo e decisamente privo d`alcun tipo d`apparente malizia.
« Ti ho vista quest`anno a Hogwarts » (...) « Sì, un piacere » ripete dopo un po`, annuendo appena « Anche per me » (...) resta lì ad osservarla, mentre come una fiera in gabbia si muove per la sua stanza. E` questione di attimi e si ritrova il viso della cugina a pochi centimetri dal suo, mentre le stampa quel bacio sulle labbra. Da queste parti ci si saluta così ma di certo non se lo aspettava. La sua calma disarmante rimane, ma viene un po` infranta dagli occhi spalancati e da un piccolo passetto indietro che fa, finendo per sbattere di schiena sulla porta. Ed è forse quel tonfo ad infastidirlo di più, tanto da voltarsi prima verso la porta e poi tornare su Merrow. « Diamine » esala in un sussurro, le guance nuovamente tinte di rosso. « Saluti tutti baciandoli così? Che ragazza sfrontata. Zia Ondine lo sa? » che amore di ragazzino, che punta al sarcasmo per dissimulare il suo fastidio.
A quel "ti ho vista quest`anno ad Hogwarts" il passo che ha verso di lui, rallenta per un istante appena, riprendendo poi con la medesima carica di prima mentre il Cugino ciancia di una sorella di cui al momento, non deve preoccuparsi, forse perchè non le è piombata in camera mentre si stava vestendo. Non replica a niente, almeno finchè non raggiunge le sue labbra con quel morbidissimo contatto breve, che finisce per farlo indietreggiare con quel tonfo sull`ebano pesante, scatenando un sorriso asimmetrico tutto canini bianchi, sul viso spigoloso della Loghain. Gli occhi brillano d`una luce poco sana, mentre osservano quel rossore sulle guance altrui che pare darle un non così sotterraneo senso di soddisfazione «Perchè, tu credi d`esser capitato qui nel momento giusto, solo per tua fortuna?» della serie che se non fosse stato per Ondine, tutto ciò non sarebbe mai accaduto. (...)  torna quindi verso il letto, soffermandosi sulla piccola panchetta foderata di velluto blu notte e dalle zampe leonine dorate a sorreggerla, mentre la Grifondoro prende posto in una maniera così composta ed aggraziata, da poter risultare quasi aliena «Non ti ho visto a scuola.» accusa? Gli occhi si assottigliano appena «Cosa sai di me?» semplice, diretta e schietta, nel domandare di quell`anno osceno che ha passato, in una richiesta d`informazioni che non perde tempo alcuno. Accavalla le lunghe gambe chilometriche, accuratamente nascoste sotto la seta ed il pizzo di quell`abito, mostrando soltanto metà d`un piede affusolato cinto da un sandaletto argenteo e raffinato. Mani che si portano leggermente all`indietro, a sostenere il busto inclinato. Saranno anche entrambi in gabbia, ma c`è da capire chi sia stato chiuso li dentro con chi.
Una volta che Merrow si allontanata, portandosi dietro quel suo profumo così forte, finalmente il ragazzino può tornare a respirare normalmente e soprattutto a perdere quel vago rossore in favore del suo naturale colorito fin troppo pallido. Muove qualche passetto verso sinistra, non per avvicinarsi a lei, ma quasi per prendere le misure di quella stanza osservando svogliatamente le suppellettili. « Nah » risponde a quella provocazione, per quanto sia piccolo sa bene anche lui come funzioni « E` tutto un piano, lo so anch`io » quando parla non la guarda, anzi ha perfino fermato il suo incedere, mentre si rigira tra le mani uno qualsiasi dei soprammobili che ha trovato in giro, prima di rimetterlo a posto. « Ma a me non importa. Sorriderò, dirò a zia Ondine quanto tu sia adorabile così sarà contenta e poi tornerò a casa mia. » continua ma il tono di voce ha preso una tonalità vagamente più forte, meno monocorde di prima « Infondo è tutto su di te, non su di me. » e questo, almeno per il momento, sembra leggermente rallegrarlo. (...) «Troppo impegnata, suppongo. » continua, sentendo l`altra affermare che non si sia accorta di lui a scuola. Il tono torna ad essere quello di prima, monocorde ma sporcato da una vaga vena sarcastica. A quella sua domanda diretta, smette di aggirarla e sposta la sua attenzione dai soprammobili a lei, seduta in posa plastica sulla panca. La osserva nella sua interezza, prima di tornare sul suo viso. « Quello che mi ha detto mio Padre, quello che sta sull`araldica e quello che ho visto a scuola » se la domanda di Merrow era piuttosto diretta, la risposta di Eoin è alquanto fumosa, per non dire criptica « quindi poco. Ma sei mia cugina, la figlia del fratello di mio padre, Merrow. E tanto basta. » termina, mentre gli occhi scuri si illuminano appena di un luccichio d`orgoglio familiare che cozza un po` col tono di voce sempre particolarmente spento. La mancina viene quindi passata tra i capelli, andando a ravvivare quei riccioli scuri da troppo tempo costretti in ordine.
Non nasconde il suo interesse nei confronti altrui, allungando il leggero sorriso di circostanza che aveva preso possesso delle labbra voluttuose, in favore d`uno stiracchiarsi più sghembo, ma anche più sincero, soddisfatta nemmeno si stesse leccando i baffi da bravo felino, al suo accenno di mentire alla propria Madre. Il piede si muove appena in un dondolio leggero, sospinto appena da quella gamba accavallata «Tutto su di me.» replica, come a chiedere d`approfondire, o forse no, continuando a rimirarlo mentre lui posa una piuma color borgogna dall`aria particolarmente pregiata e costosa, dal proprio scrittoio. Incassa quell`insinuazione sui suoi impegni, replicando con voce calda e bassa «O forse eri tu a non voler venire da me.» perchè quell`opzione non le è sfuggita, dato che senza dubbio lei sia più visibile dell`altro, al Castello: squadra di Quidditch, club Pozionanti, diverse punizioni ed un Gramo costante che l`accompagna. Insomma, non passa di certo inosservata, sebbene suo malgrado. Non le sfugge nemmeno quell`accenno a cosa abbia visto lui a scuola, recependo con sguardo vivo, la nebulosità delle sue parole «Tanto basta, appunto.» e dal modo in cui quelle parole le si srotolano via dalla lingua, la conclusione le piace alquanto «Facciamo un patto:» eccolo, il vero animo mercanteggiante dei Loghain «io ti aiuto in qualunque cosa possa servirti a scuola, come una complice di cui non dovrai mai temere la fedeltà...» ovviamente, visto che sono Loghain, e non soltanto parenti «e tu continui a ripetere a tutta la nostra famiglia, quanto io sia adorabile anche tra le mura di Hogwarts.» una mano tesa, metaforica ovviamente, nonostante le biglie luminose che sono i suoi occhi, cominciano a scivolare con lo sguardo sulla figura intera del Cugino, quasi lo vedesse davvero per la prima volta, come se improvvisamente, qualcuno nella sua vita, avesse davvero un valore intrinseco, a prescindere dal rapporto con lei.
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Al contrario di Merrow che sembra abbastanza interessata nei suoi confronti, lui invece non sembra pervaso dalla stessa curiosità. Forse è perché al contrario dell`altra, lui ha passato un anno a studiarla da bravo stalker. Per Eoin lei non è una novità, di come lui potrebbe essere per Merrow. Per questo giocherella coi soprammobili, piuttosto che guardarla. « Mmmh » mugugna, rigirandosi tra le mani quella costosa penna color borgogna, prima di riposarla sullo scrittoio. « Perché non era... mh » una piccola e breve pausa, mentre soppesa le parole per rispondere al fatto che lui non abbia fatto un passo per avvicinarsi a lei durante il suo primo anno ad Hogwarts «appropriato. » conclude, guardandola. Non era tra le cose che Fergus gli aveva detto di fare, probabilmente. Perciò resta molto criptico nell`esprimere ciò che ha visto o non visto di lei a scuola. A quella proposta di fare un patto, assottiglia un po` gli occhi scuri, corrugando la fronte. « Mh, sentiamo » acconsente, infondo qua lei non è l`unica con l`animo da mercante Loghain, per quanto lui lo tenga nascosto sotto una coltre di scazzo e indifferenza. Lascia la sua postazione presso lo scrittoio, muovendo qualche passo in sua direzione. « Non mi sembra un patto così equo » eccolo, infondo è un Serpeverde e deve sempre guadagnarci qualcosa « Per la tua reputazione andrò dicendo quanto sei adorabile, ma » e si ferma, inclinando la testa da un lato « Io ci guadagno un alleato per qualsiasi cosa? Quello dovrebbe essere scontato. Infondo everyone who isn`t us is an enemy, giusto? » domanda retorico, per poi esalare un leggero sospiro. « Ma non importa, avrai il tuo patto. Ma non aspettarti che mi spertichi in chissà quali lodi per te. » ecco, sì che va bene tutto ma non ci allarghiamo. La fedeltà alla sua famiglia comporta che sia naturalmente portato ad accettare quel patto ma allo stesso tempo, non sembra convintissimo su cosa ci guardagni lui. Eppure ha comunque accettato, sangue chiama sangue, c`è poco da fare.
«Appropriato.» e sorride, perchè quel termine, per un Loghain, ha un sapore quasi del tutto sconosciuto. Comincia a mordicchiarsi leggermente il labbro inferiore, abbassando appena le palpebre in un languore non meglio specificato, mentre è palese tutta la miriade di considerazioni silenziose che le si stanno accavallando nella mente. Espone il suo patto, dopo quell`acconsentire verbale di lui che precede il suo avvicinarsi «Se non ti sembra equo è solo perchè non sai il valore dell`avermi come alleata.» piuttosto che nemica, piuttosto che indifferente. Annuisce in un moto di fierezza, sollevando appena il mento non appena quella frase sulla famiglia viene pronunciata, concordando pienamente alla sua retorica «Essere alleati però, non è come essere "solo" parenti.» come se due Loghain potessero essere "solo" parenti, poi «Ci sono molte cose che non sai: del castello, degli studenti che lo abitano, dei professori. Un mucchio d`informazioni a cui potrai accedere senza riserve..» solleva la mancina, sorreggendo il busto solo con la destra mentre porta la mano adornata al mignolo da una fedina in oro bianco, sopra il petto, indicandosi con delicatezza, in uno sfiorare di polpastrelli sul vestito «... da me.» niente popò di meno che. Lentamente quindi si sporge in avanti, disaccavallando le gambe chilometriche ed innalzandosi nuovamente nel suo quasi metro e settanta, per avvicinarsi a lui con quella particolare camminata che la contraddistingue, lasciando la sua scia di pepe nero e cannella, mentre la destra va a spostare la riga laterale e scomposta della folta chioma, dalla parte opposta «Siamo sangue, pelle, ossa, fatti della stessa sostanza.» gli arriverebbe di fronte in un piegare di collo simile a quello che ha avuto lui in precedenza «Siamo le viscere tra cui gli Arùspici determinano il futuro. E tu sei *Mio*» calca con forza quel possessivo, in un accendersi d`animo che è fiamma pura, malsana e soffocante «tanto quanto io sono *Tua*» reciprocità concessa per diritto di nascita, per qualcosa contro cui nemmeno lei può combattere. E` il loro motto, il loro vanto, e la loro maledizione, in una famiglia che si prende tutto, mescolando anime in un unico calderone incandescente «Non voglio lodi. Tieni solo la bocca chiusa.» calda ed intima, risulta la voce «E non finirai rinchiuso nel bagno di Mirtilla Malcontenta a testa in giù, dopo il banchetto d`inizio anno.» e nonostante sia una minaccia seria, presente, forte, il tono è quanto di più vellutato esista, richiamando quella musicalità che appartiene alla Madre e che lei sporca con il torbido animo ereditato dal Padre «Credo che io e te, andremo molto d`accordo, Eoin.» gli sorride, proprio come potrebbe fare una leonessa ad un leone, prima di cercare d`insinuare la sua destra al braccio sinistro del Cugino, in un tocco serpeggiante ed intimo «Ed ora da bravo, scortami di sotto, e fammi sentire quanto sono adorabile.» leggero ridacchiare, cupo ma genuino, in una complicità che sente viva, sotto quel sibilo diffidente che è il loro atteggiamento reciproco.
Ha accettato quel patto senza quasi battere ciglio, il richiamo del sangue è stato più forte della diffidenza verso qualcuno che conosce a malapena, eppure non sembra poi così convinto della convenienza di questo patto. « Su questo non posso darti torto. » infondo sul fatto che Merrow ne sappia di più non può certo controbattere, lei a settembre inizierà il suo quarto anno e per forza di cose ne sa di più di uno che ha solo appena finito il primo. Eppure c`è sempre un "ma" lasciato muto, come se per lui mancasse qualcosa. Però è facile incantarlo, soprattutto se ti chiami Ondine o se sei sua figlia. Per questo la osserva muoversi, irrigidendosi appena quando si fa più vicina, memore dell`ultima volta. Per questo la osserva con quei suoi grandi occhi scuri spalancati, mentre gli rivolge parole che ha già sentito, che sente da tutta la vita. Parole pregne di significato. Si ritrova ad annuire, specchiandosi negli occhi chiari dell`altra. « Sì. » annuisce, imbambolato quasi come solo un ragazzino di dodici anni potrebbe esserlo al cospetto di una ragazza più grande « Per sempre. » che lui sia suo e lei sia sua, e questo non cambierà mai. Così è e sarà sempre, in una pesante eredità a cui non possono sottrarsi. « Non l`avrei fatto comunque. » sperticarsi in lodi, ovviamente. Stiracchiando appena un sorrisetto sulle labbra carnose, mentre glissa elegantemente sulla minaccia di ritrovarsi la testa nel cesso. Perciò la cugina cerca di aggrapparsi al suo braccio e lui la lascia fare senza resistenze, perdendo parte di quella rigidità acquisita in precedenza, quando l`altra si è avvicinata. E poi è stato educato per essere un perfetto cavaliere, perciò raddrizza la schiena per ritrovare la postura adeguata per condurre una giovane dama a cena. « Bene, miss, mostriamo a tutti quanto tu possa essere adorabile. » perciò farebbe per andare verso la pesante porta d`ebano, non prima di aver aggiunto « E che meraviglioso cavaliere sia il sottoscritto. » soprattutto poco modesto, oltre che di poche parole. Però comunque la condurrebbe effettivamente al piano di sotto, per la gioia di Ondine che li ritroverà sottobraccio e adorabilmente in sintonia. Un`adorabile finzione.
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Non è facile invecchiare con garbo.
Bisogna accertarsi della nuova carne, di nuova pelle,
di nuovi solchi, di nuovi nei.
Bisogna lasciarla andare via, la giovinezza, senza
mortificarla in una nuova età che non le appartiene,
occorre far la pace con il respiro più corto, con
la lentezza della rimessa in sesto dopo gli stravizi,
con le giunture, con le arterie, coi capelli bianchi all’improvviso,
che prendono il posto dei grilli per la testa.
Bisogna farsi nuovi ed amarsi in una nuova era,
reinventarsi, continuare ad essere curiosi, ridere
e spazzolarsi i denti per farli brillare come minuscole
cariche di polvere da sparo. Bisogna coltivare l’ironia,
ricordarsi di sbagliare strada, scegliere con cura gli altri umani, allontanarsi dal sé, ritornarci, cantare, maledire i guru,
canzonare i paurosi, stare nudi con fierezza.
Invecchiare come si fosse vino, profumando e facendo
godere il palato, senza abituarlo agli sbadigli.
Bisogna camminare dritti, saper portare le catene,
parlare in altre lingue, detestarsi con parsimonia.
Non è facile invecchiare, ma l’alternativa sarebbe
stata di morire ed io ho ancora tante cose da imparare.
(C. Resio)
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cremedivenere · 4 years
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Sapote: quell'ingrediente che non ti aspetti.
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Personalmente da poco ho scoperto questo sconosciuto ingrediente cosmetico. Un frutto con tantissime potenzialità, dimostrate in test realizzati dall'Università Federico II di Napoli: il Sapote. Conosciamolo oggi un pò più da vicino. "Beato chi non si aspetta nulla, perché non resterà mai deluso." (Alexander Pope)
SAPOTE: CARATTERISTICHE.
Il nome scientifico di questa pianta è Pouteria Sapota, ma si ritiene che la parola "sapote" derivi dal "tzapotl" azteco, un termine generale applicato ai frutti dolci. Chiamato anche sapote black, caco nero o kaki cioccolato a seconda della specie di appartenenza. LE FOGLIE. L'albero di Sapote è un albero dal fusto eretto, spesso può giungere ad un'altezza che varia dai 18 ai 40 m. Presenta un tronco con uno spessore mediamente di 1 metro, con una corona stretta o allargata, corteccia bianca con presenza di lattice gommoso. LE FOGLIE. Le foglie sempreverdi o decidue, raggruppate in corrispondenza delle punte del ramo, sono disposte su piccioli lunghi in gruppi da 3/4, sono obovate, lunghe da 10 a 30 cm e di largheza da 4 a 10 cm, appuntite ad entrambe le estremità. I FIORI. I piccoli fiori bianchi a 5 petali di colore giallo pallido emergono in gruppi da 6 a 12, in mezzo alle foglie lungo tutti i rami. IL FRUTTO. Il frutto può essere rotondo, ovoidale o ellittico, spesso appuntito bruscamente all'apice, varia dai 7,5 ai 22,8 cm di lunghezza e con un peso da 227 g a 2,3 kg . Ha una superficie ruvida, marrone scuro, soda, coriacea, semi-legnosa o crosta spessa circa 1,5 mm, con colore da rosa salmone a rosso intenso. La polpa del Sapote è morbida, sapore dolce e simile alla zucca, e presenta da 1 a 4 semi grandi, lisci, a forma di fuso, appuntiti, duri, di colore marrone lucido, con un osso biancastro e leggermente ruvido. Il grosso nucleo è oleoso, amaro e ha un forte odore di mandorla amara. HABITAT. Il Sapote si presenta naturalmente a basse quote dal sud del Messico al nord del Nicaragua. È molto coltivato fino a 600 metri e occasionalmente è possibile trovarlo anche ad altezze di 1.500 metri in alcune aree dell'America Centrale e Sud America tropicale. È abbondante in Guatemala. Nelle Indie occidentali, è piantato in misura limitata da Trinidad a Guadalupa, e a Puerto Rico, Haiti e Giamaica, ma principalmente a Cuba dove viene spesso coltivato nei giardini di casa e lungo le strade. Viene coltivato solo occasionalmente in Colombia, Ecuador, Venezuela e Brasile. I giovani esemplari sono altamente sensibili al freddo e le grandi foglie dell'albero non tollerano i venti freddi. Prospera in regioni con piogge moderate (178 cm all'anno) ed è intollerante alla siccità prolungata. Anche un breve periodo di siccità può indurre lo spargimento di foglie. L'albero predilige terreni pesanti - argilla profonda e terra argillosa - del Guatemala, ma cresce comunque anche su terreni sterili o sabbia porosa. Inizialmente si credeva inadatto ai terreni calcarei della Florida meridionale. Tuttavia, con adeguati accorgimenti durante la semina, ha dimostrato di essere longevo e fruttuoso nella contea di Dade. L'albero non prospera dove c'è scarso drenaggio, una falda acquifera o un sottosuolo impermeabile che limita lo sviluppo delle radici.
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STORIA DEL SAPOTE. Originario del Messico, dell'isola di Pasqua, del Guatemala e del Belize (sulla costa orientale dell'America centrale) il Sapote venne esportato dai colonizzatori spagnoli un pò in tutto il mondo. Dapprima lo portarono nelle Filippine da dove poi si diramò nel resto dell'Asia, ed infine in India alla fine del XIX secolo. In India, il Sapote è coltivato in molti stati: Karnataka, Gujarat, Maharashtra, Tamil Nadu, Bengala occidentale e Andhra Pradesh. Per inciso, il Karnataka è noto per essere il più alto coltivatore di frutti, seguito dal Maharashtra. Le varietà del frutto in India hanno nomi divertenti: Kali Patli, palla da cricket, Baramati, Pili Patli, Dwarapudi, Chhatri e tanti altri. CURIOSITÀ. Vi sono molte curiose notizie relative a questo frutto, scopriamole insieme! Al Sapote si è attribuito il compito di aver sostenuto Cortez e il suo esercito nella storica marcia da Città del Messico all'Honduras. Il frutto è così importante per gli indiani dell'America centrale e del Messico che di solito lasciano questo albero in piedi quando preparano la terra per realizze piantagioni di caffè. In genere mangiano il frutto fuori mano o con il cucchiaio dal mezzo guscio. Nelle aree urbane, la polpa viene trasformata in marmellata o congelata come sorbetto. A Cuba, solo i frutti più fibrosi sono riservati alla trasformazione. Un importante caseificio di Miami ha importato per molti anni la polpa di sapote dall'America centrale per preparare e distribuire commercialmente come "sorbetto spagnolo". A Cuba, una fitta riserva chiamata "crema de mamey colorado" è molto popolare. La polpa viene talvolta impiegata come riempitivo nella preparazione del formaggio guava.I semi decorticati, chiamati zapoyotas, sapuyules o sapuyulos, appesi a bastoncini o corde, sono commercializzati nell'Istmo di Tehuantepec, in Messico e in America Centrale. Il kernel viene bollito, arrostito e mescolato con il cacao nella preparazione del cioccolato, alcuni dicono per migliorarne il sapore, altri dicono per aumentare la massa, nel qual caso è in realtà un adulterante. Intorno a Oaxaca, nel sud del Messico, il nocciolo tritato viene mescolato con mais arido, farina di mais, zucchero e cannella e preparato come bevanda nutriente chiamata "pozol".All'inizio del XIX secolo, i semi furono usati in Costa Rica per stirare la biancheria fine inamidata.Era usato in tempi antichi per fissare i colori su zucche dipinte e altri articoli di artigianato.
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PRINCIPI ATTIVI. Questa pianta è ricchissima innanzitutto di vitamina A e vitamina C, ed acidi grassi. Ma non solo, il Sapote contiene una quantità di elementi veramente elevata, come è possibile notare dalla seguente tabella: Elementi nutritivi per 100 gg di prodotto: Calorie114.5Acqua55.3-73.1 gProteine0.188-1.97 gGrassi0.09-0.25 gCarboidrati1.41-29.7 gFibre1.21-3.20 gCacio28.2-121.0 mgFosforo22.9-33.1 mgFerro0.52-2.62 mgCarotene0.045-0.665 mgTiamina0.002-0.025 mgRiboflavina0.006-0.046 mgNiacina1.574-2.580 mgAcido Ascorbico8.8-40.0 mgAminoacidi:Triptofano19 mgMetionina12 mgLisina90 mg SAPOTE: PROPRIETÀ CURATIVE. Scopriamone proprietà ed indicazioni: l'olio di Sapote contrasta la caduta dei capelli determinata dalla dermatite seborroica;lenitivo;antinfiammatorio;utile nel contrastare il colesterolo;anti fungino;altamente energetico;lassativo, contrasta i problemi di costipazione;antiossidante;grazie all'elevato contenuto di minerali mantiene in buono stato le ossa;regolarizza la pressione sanguigna;ricco di elettroliti, vitamina A e carboidrati, risultano utili per le madri in attesa e durante l'allattamento. Il Sapote riduce la nausea mattutina e le vertigini;aumenta la produzione di collagene;regolarizza il metabolismo e riduce la ritenzione idrica;detossina l'organismo. CONTROINDICAZIONI. Si consiglia di non strofinare gli occhi dopo aver maneggiato il frutto verde a causa della linfa che trasuda dal gambo tagliato o rotto. La linfa lattiginosa dell'albero è altamente irritante per gli occhi e caustica e vescicante sulla pelle e le foglie sono velenose. SAPOTE E COSMESI: QUALE IL NESSO. Il Sapote viene utilizzato nella produzione di diversi preparati cosmetici e per la realizzazione di prodotti per l'igiene personale. Promuovendo la produzione di collagene previene la crescita di rughe profonde, per cui è possibile trovarla in creme e sieri.
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Ma non solo, essendo altamente antinfiammatoria e dermo-lenitiva può essere contenuta in saponi, bagno doccia, creme corpo ed oli per il corpo per prevenire dermatite seborroica ed eczemi. Utile nel reidratare anche le pelli più secche. Facilita la ricrescita dei capelli qunado la causa è data dallla dermatite pertanto può essereinserita in shampoo e lozioni. L'olio o la polpa centrifugata è l'ingrediente perfetto per impacchi e maschere per capelli. D'altronde se quegli antichi, folli, visionari degli aztechi lo utilizzavano un motivo ci sarà, o no? 😘 Conoscevi questo frutto? Particolare vero... Hai qualche altro ingrediente particolare da portare alla nostra attenzione? Lasciaci un messaggio qui sotto! Read the full article
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sciatu · 5 years
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Piccoli Fiori e Serlone
This Nouvelle is dedicated to Kimmie66 one of my oldest follower.
Si svegliò d’improvviso con la paura nel cuore. Si guardò intorno e vide solo le tre pareti della sua gabbia e quella in rete metallica che dava sul corridoio su cui si affacciavano tutte le gabbie del canile e dove c’era la porta anch’essa in rete metallica. Testa Chiara non c’era. Lei era buona, gli grattava sempre la schiena dove Lupo gli aveva quasi staccato la carne. Guardò la porta sdraiato in un angolo della gabbia, in un punto dove il sole non arrivava e li si sentiva sicuro. Mosse il naso a destra e sinistra cercando di sentire se c’era qualche odore noto ma non percepì niente. Sentì dei rumori e si mise seduto aspettando. Apparve Occhi Grandi, con quegli occhi larghi e piatti e con il suo profumo di umido. “Serlone, vieni – gli disse agitando qualcosa che sapeva di secco – guarda…. C’è un biscotto, prendilo…” Lui non si mosse. Si fidava solo di Testa Chiara. Lei lo aveva preso “nell’altro posto”, dove c’erano Lupo, il Grigio e il Padrone, e lo aveva curato, parlandogli, e imboccandolo perché non aveva più forza e con le ferite dei morsi che si erano infettate, non riusciva neanche a stare in piedi. Occhi Grandi alla fine capi che lui non gli avrebbe dato alcuna confidenza e sospirando se ne andò. Nell’aria smossa da Occhi Grandi sentì l’odore degli altri cani e la cosa lo riempì di rabbia perché odiava tutti i suoi simili; non poteva farci niente, era stato addestrato per questo. Ma ora non voleva combattere, gli mancava Testa Chiara, voleva le sue carezze e le sue coccole. Si sdraio di nuovo, chiudendo gli occhi ed aspettando.
Si sveglio d’improvviso con la paura nel cuore. Si guardò intorno vedendo solo le pareti della sua camera da letto e la porta che dava sul corridoio su cui si affacciavano tutte le altre porte della sua piccola casa. Si guardò intorno fermandosi ad osservare la cornice d’argento dove c’era la foto di quando si era sposata. Aveva ritagliato la foto di suo marito e dopo averla strappata in piccoli pezzi li aveva buttati nel cesso. Era per questo che odiava tutti i suoi simili: perché erano pronti a tradire. Tutti. Si alzò lentamente perché la cicatrice nel petto le dava fastidio. Andò in bagno e si sciacquò la faccia, guardandosi allo specchio. Si vedeva vecchia, con i capelli dove si notava la ricrescita e le borse sotto gli occhi. Vide anche un principio di quelle macchie che vedeva sulla mani di sua madre quando veniva a trovarla in ospedale. Doveva uscire, non poteva restare li. Fece tutto di fretta, come quando doveva andare al lavoro, si lavò, si vestì ed usci prendendo la macchina. Guidò per mezzora senza una meta, poi uscì dalla nazionale che portava da Messina a Catania ed entrò in una strada secondaria che saliva verso l’alto, in collina, voleva fermarsi in un punto panoramico e osservare lo stretto come quando, finito il liceo, doveva scegliere cosa fare. Voleva tenersi occupata, per non pensare a quello che le faceva paura e schifo, per dimenticare quello che sapeva di non poter dimenticare. Mentre andava vide sul bordo di cemento a lato della strada una scritta “Solo chi ama sopravvive” Sorrise scettica. Anche lei aveva dato una grande importanza all’amore, tanto che tutta la sua vita, con il matrimonio in età giovanissima ne era sta influenzata e ora distrutta. “Basta parlare d’ amore e altre cazzate del genere, se per sopravvivere bisogna amare allora io mi considero già morta” Si disse sconsolata perché non solo non amava nessuno, ma odiava ingiustamente anche se stessa per aver vissuto sempre sulla superfice delle cose, tradita dai suoi buoni sentimenti e dalla fiducia nella vita e in chi amava, che per buona parte del suo tempo, erano stati purtroppo la stessa cosa. Continuò sulla strada che invece che restare di fronte al mare entrava verso l’interno costeggiando un vallone. Stava quasi per tornare indietro ma di fronte ad un cancello sul lato della strada, vide una Land Rover gialla ricoperta di fiori rossi. Frenò di colpo. “Marisa! – si disse stupita – solo lei è così pazza da avere una macchina simile” E sorrise pensando alla sua vecchia compagna di classe famosa per il suo amore per la natura e gli animali. Accostò e scese dalla macchina seguendo un sentiero che partiva poco dopo la Land Rover. Arrivò ad una masseria da cui sentiva abbaiare dei cani. Entrò. L’abbaiare si moltiplicò. L’interno della masseria era diviso in tanti box che seguivano il perimetro, ed in ogni box c’erano due o tre cani di grossa taglia. Vide una ragazza con un enorme paio di occhiali stava accarezzando un grosso Bulldog e avvicinandosi le chiese sorridendo. “ciao per caso c’è Marisa? Sono una sua vecchia amica” La ragazza l’osservò attraverso gli occhiali grandi e spessi che le ingrandivano gli occhi “Ah ciao è in ambulatorio, la terza porta sulla destra.” Si diresse verso la porta indicata ed entrò dopo aver bussato velocemente. Entrata vide una donna in camice bianco con i capelli completamente bianchi, malgrado avesse la sua età. Quando entrò la donna con il camice si girò, tralasciando per un minuto un cane che messo su un tavolo ricoperto da una stoffa verde, la guardava tremando. Marisa strinse gli occhi per osservarla e una volta focalizzato chi era, allargando le braccia le andò incontro sorridendo “Questa si che è una bella sorpresa – disse felice e commossa – pensavo di non rivederti più” e mentre la stringeva continuò “ero venuta in ospedale quando ti hanno operata, ma eri sotto anestesia e non mi hai vista – poi si staccò e guardandola negli occhi continuò costernata – ho saputo di tuo marito e di Marta! Mi dispiace! Come hanno potuto fare quello che hanno fatto mentre eri tra la vita e la morte! È incredibile!” “Che vuoi fare- rispose lei – forse pensavano come tutti che sarei morta sotto i ferri, ed hanno incominciato a festeggiare troppo presto!” “È terribile! stavi con lui dalle superiori, siete cresciuti insieme… “ “infatti, forse da troppo tempo – poi volle cambiare discorso – e tu che fai qua?” “Questo era un canile clandestino, quando i carabinieri lo hanno scoperto, hanno trovato decine di cani morti buttati in un fosso qua vicino. Organizzavano incontri tra i cani dove il vincitore uccideva il perdente, c’era un giro di scommesse controllato dalla malavita. Ogni cane  qui dentro ha cicatrici ovunque, nel corpo e nell’anima” “un po' come me” penso lei “Lo hanno affidato alla nostra organizzazione per recuperare i cani ed affidarli a qualcuno. – continuò Marisa - hanno un istinto fortissimo ad uccidere i loro simili e noi cerchiamo si trasformarli in cani normali. Vieni te ne mostro qualcuno, a te i cani sono sempre piaciuti vero?” “si, ma ne mio padre ne mio marito ne volevano uno, in questo mi devo ancora emancipare” “magari te ne puoi prendere qualcuno: un cane non tradisce mai” “Allora è meglio degli uomini” rispose sorridendo e chissà perché gli venne in mente la scritta sul muro. “in questo non c’è dubbio” fece seria Marisa. Girarono tra i box per una diecina di minuti. Appena si avvicinavano alla rete su cui c’era la porta, gli ospiti del box si avvicinavano felici, cercando carezze e sguardi. Ve ne erano di tutti i tipi, da grossi alani a piccoli beagle e tutti avevano fame di affetto come le spiegava Marisa. “I cani più grossi erano addestrati per diventare campioni, i più piccoli servivano per allenarli ad essere feroci e ad uccidere” “Ma è terribile, come hanno potuto fare una cosa del genere” “Gli uomini sai, sono gli animali più spietati” “E’ vero - rispose lei e pensò subito a suo marito – magari me ne prenderò uno piccolo, uno facile da gestire” e pensò subito a un cucciolotto da stringere ed accarezzare quando era triste. Arrivarono in fondo al corridoio dove vi era una gabbia nascosta nell’oscurità; Marisa neanche la considerò tirando dritta come se non esistesse. Lei invece passando vide che dentro c’era qualcosa e si fermò a guardare, mentre Marisa proseguiva continuando a parlare, senza rendersi conto che lei era rimasta indietro. Nel buio in cui era immersa la gabbia vide due occhi marroni che la guardavano.
Aveva sentito Testa Chiara arrivare e aveva alzato la testa sperando che si fermasse, invece lei aveva continuato la sua strada senza far caso a lui. Qualcuno però si fermò e due occhi scuri fissarono i suoi. Lui annusò l’aria e senti un profumo di quei fiori piccoli e bianchi che nascevano quando c’era tanto caldo. Senti anche un altro odore. Era l’odore della carne che si cicatrizzava, lo stesso odore che sentiva lui sul suo corpo dopo ogni lotta, quando le sue ferite dovevano rimarginarsi. Si concentrò sugli occhi che lo guardavano . Erano senza cattiveria e senza paura. Sentì che chi era arrivato con Testa Chiara era simile a lui e l’osservo con maggior curiosità.
Lei allungò la mano come a porgere qualcosa “Ciao piccolo, come stai?” gli disse sorridendo. “No, non lo fare !!” gridò spaventata Marisa tornata di corsa su i suoi passi “Cosa” “Mettere la mano li dentro: Serlone non è cattivo, ma a volte attacca senza motivo e la mano te la potrebbe staccare” “Serlone? ma che nome gli avete dato?” rispose lei incurante, non poteva credere con un cane con gli occhi così buoni potesse essere cattivo “Non ti ricordi, il professore di storia mentre ci raccontava della battaglia di Geraci quando Sir Serlone con trenta cavalieri Normanni attaccò tremila cavalieri arabi e li mise in fuga….” Lei si ricordò il vecchio professore che con un lungo righello in mano mimava la lotta tra Serlone ed i nemici, dicendo che era il più valoroso dei cavalieri del Grande Conte Ruggero ed esaltato dall’ epica storia aggiungeva particolari poco realistici,  fino a che il loro compagno Alfio, in fondo alla classe, non gli gridò “Fozza professuri ci rumpissi i corna a s’arabi docu….” E il professore, arrabbiato per la presa in giro, diede cinque pagine di versione per il giorno dopo. Lo ricordò a Marisa e si misero a ridere “Si è per questo che l’ho chiamato Serlone perché come quel conte normanno lui non ha paura di lottare anche quando nessuno potrebbe credere nella sua vittoria. Lui è un incrocio di Pitt-Bull di taglia piccola e qualche altro cane. Gli hanno rotto i denti davanti perché non ferisse i campioni che allenava. Da ogni allenamento usciva mezzo distrutto ma non si arrendeva mai, anche ferito combatteva sempre fino alla fine, fino a che non lo rimettevano in gabbia più morto che vivo. I carabinieri mi hanno fatto vedere dei filmati strazianti di lui lotta contro due cani enormi, un lupo Cecoslovacco e un mastino napoletano grigio. Ma non si è mai arreso e non è mai stato ucciso: ha sempre lottato senza paura. Questa è stata la sua sfortuna.” “Un po' come me - fece lei triste – anch’io ho tante ferite e ho avuto la sfortuna di sopravvivere a tutte le mie disgrazie. Alle volte un punto è quello che da senso a tutta una frase! Come vedi abbiamo molto in comune.” Marisa non si arrese “Serlone non è il tipo che accetta un padrone qualsiasi – disse con sicurezza - Prova a chiamarlo, non verrà da te. Diffida di tutti: è qualcuno che degli altri ha conosciuto solo il lato peggiore. Chiamalo, se si alzasse e venisse da te, cosa che non credo, allora te lo puoi portare a patto che non lo fai avvicinare da nessun cane: anche senza denti, un cane comune non sopravvivrebbe contro di lui” Apri la porta della gabbia lasciò l’amica sull’ingresso. Lei si abbassò ed allungo la mano “Vieni piccolo, usciamo fuori da questo posto orribile ed andiamocene lontano, dove non ci sono uomini cattivi che ti usano e appena possono ti tradiscono….” Serlone la guardò. Gli arrivò l’odore dolce dei piccoli fiori e l’odore della carne offesa. Gli piaceva la sua voce e penso che doveva essere morbida. I suoi occhi dicevano che doveva essere dolce anche se lui sentiva che vi era dentro una tristezza simile alla sua. Si alzò lentamente. Restò a guardarla odorando l’aria con il suo muso pieno di cicatrici come quello di un vecchio pugile, poi si avvicinò a lei con un passo lento e deciso, da gladiatore. Annuso la sua mano e questa l’accarezzò sulla testa e poi lo grattò dietro all’orecchia. La cosa era piacevole e lui si strusciò contro di lei. Le sue mani ora gli accarezzavano le cicatrici e la cosa gli piacque moltissimo, si strusciò di più sentendo che era morbida come l’aveva pensata. Sarebbe stato volentieri con Piccoli Fiori, gli piaceva, sentiva che non gli avrebbe mai fatto del male. Era diversa dagli altri: aveva sofferto quanto aveva sofferto lui e allora voleva dire che verso tutti aveva una diffidenza e un bisogno che chi era stato sempre felice, non poteva capire. Lei guardò Marisa e sorrise mentre grattava la pancia di Serlone. “Ha scelto” disse stupita Marisa e osservò Serlone non capendo come mai si fosse comportato in quel modo. Andarono nello studio di Marisa con Serlone che la seguiva passo passo, guardandosi intorno curioso ma tornando sempre a cercare i suoi occhi, forse timoroso e preoccupato di quel mondo che non conosceva. Marisa le diede un sacco di croccantini, la coperta su cui il grosso cane si sdraiava per dormire, un pupazzetto verde che doveva essere una rana, due ciotole in acciaio, un collare ed una corda grossa un dito come guinzaglio
“Qui ci sono i suoi documenti, ha fatto tutti i vaccini ma forte com’è, resisterebbe a qualsiasi malattia. Non gli fare avvicinare nessun cane. Sono stati addestrati a non muoversi fino a quando non possono attaccare e quando attaccano lo fanno per uccidere. Non ti illudere quindi se non si muove, sta solo preparandosi a lottare fino alla morte. Ti prego stai attenta, Serlone ha sofferto tantissimo,  se ti ha scelto e se ti segue vuol dire che crede in te: non deluderlo Lei la guardò “io non ho mai tradito nessuno” Disse sottolineando  inutilmente “io”. Così usci con il cagnone e tutta la mercanzia che le avevano dato. Arrivati alla macchina mise tutto nel portabagagli e messa la coperta sul sedile posteriore disse decisa “Sali!” Lui la guardò seduto accanto la portiera aperta “ho detto Sali!” ripeté Ma Serlano non si mosse osservando con un’aria ancor più interrogativa Lei gli prese le zampe davanti e le appoggiò sul sedile posteriore, poi lo spinse da dietro. Serlone capì cosa voleva e con un agile balzo sali di dietro, accomodandosi pacificamente. Lei si mise al volante ed incominciò a dirigersi verso casa con Serlone seduto dietro che la guardava. “Allora – incominciò lei– patti chiari e amicizia lunga: non devi fare la pipì sulle mie rose in giardino, non devi scavare nell’orto, non devi abbaiare di notte, non devi mordere i mobili e soprattutto non devi leccarti le palle quando ci sono ospiti…! Io vi conosco bene a voi maschi, pensate solo a fare i comodi vostri e ve ne fregate della decenza e del rispetto!” Lo disse seccata e seria, tanto che Serlone osservando lo sguardo severo e sentendo il tono di voce perentorio, penso che avesse qualche problema, così saltò sul piccolo sedile davanti dove si accoccolò alla meno peggio; appoggiò il testone sulla coscia di lei e la guardò, come a dire “non ti preoccupare, ci sono io” e poi chiuse gli occhi come a sonnecchiare. Lei lo guardò stupita da quello che aveva fatto ed osservò gli occhi di lui semichiusi per guardarla anche se riposava. “Ho esagerato?” chiese a se stessa. Aveva messo i puntini sugli i ancora prima di scrivere la frase. Forse doveva rilassarsi. Serlone aveva già sofferto, non c’era bisogno di mettergli una museruola anche quando non abbaiava. Forse, se con il marito avesse fatto lo stesso, lui non l’avrebbe tradita. Sentì qualcosa di umido sulla mano. Era Serlone che ad occhi chiusi le leccava la mano che gli grattava la testa. “Va bene -  gli disse -  non faccio la vittima. Lui era uno stronzo e basta. Capitolo chiuso, ora devo pensare solo a me. Hai ragione!” Serlone sbuffò, come per chiudere l’argomento.
Il resto della giornata finì con lei che mostrava a Serlone la piccola casa dove ora viveva. Per fortuna c’era un giardino abbastanza grande da contenere un patio dove si tenevano le grigliate festive ed un grande orto con diversi alberi da frutto. L’orto era il risultato di anni di fatica di suo padre per cui, anche se lei non ne capiva molto e suo padre non c’era più, pagava un vecchio vicino perché mantenesse l’orto com’era sempre stato. Serlone la seguiva dovunque andasse segnando qua e la il territorio. Le piaceva la sua voce, la sua mano che l’accarezzava appena lui si avvicinava. Lui non capiva molto di quello che diceva, ma la sua voce e il suo profumo, insieme alla sua presenza e al suo continuo parlargli, lo facevano stare bene. Poi quel posto era pieno di odori nuovi che lo incuriosivano anche se alla fine, quello che sentiva e seguiva era solo quello di lei, ed era quello che dava senso a tutto, senza quel profumo tutti gli altri non contavano. Dopo mangiato gli mise la sua coperta in cucina, dicendogli che doveva dormire li e dopo che lui si sdraiò sulla coperta lo salutò. Quando lei andò in camera da letto, e chiuse la porta, lui si alzò e si sdraiò sul divano in salotto. In fondo era più comodo ed era pieno del profumo di lei. Appoggiò la testa contro il bracciolo che era morbido e caldo come la coscia di lei e, con la pancia all’aria si disse che Piccoli Fiori aveva proprio una bella cuccia e che li sarebbe stato bene.
Lei si svegliò al solito verso le quattro. Questa volta non perché stava sognando di morire mentre suo marito la guardava seccato con indifferenza. Si era svegliata per abitudine. Si mise a pensare a quello che era successo, a Marisa, al canile, alla lotta tra cani e a Serlone. Forse aveva sbagliato a prenderlo. Al massimo doveva prendere un cucciolotto, qualcuno di tenero che guardasse il mondo tremando dalle sue braccia. Non quel cagnone che era un killer e che si muoveva come un lottatore. Forse doveva riportarlo indietro. Si ricordò che aveva detto che lei non aveva mai tradito, e si vergognò  della sua presunzione e arroganza. Marisa forse avrebbe capito se lo avesse riportato, in fondo lo aveva lasciato andare con un po' di dispiacere. Si aveva sbagliato ancora una volta, non era adatto a lei, era fuori misura per un’imbranata come lei. Era un altro sbaglio che aveva fatto, la prova che la sua vita era un insieme caotico di sbagli. Incominciando da suo marito, passando per il male che aveva avuto e che aveva sottovalutato per arrivare a Serlone. Si mise a piangere, compatendosi e vergognandosi perché si comportava in quel modo debole e irrazionale da bambina viziata, ma si sentiva sola e doveva affrontare tutto il mondo che c’era la fuori e la sofferenza che gli dava. Come poteva farcela…..? Sentiva le lacrime scendere e bagnare la federa del cuscino ed i suoi singhiozzi volare nel buio della stanza. Aveva sempre sbagliato tutto, non riusciva a capire come girava il mondo; aveva pensato di ribellarsi al passato adottando Serlone. Ma cosa voleva fare? Sostituire un marito con un cane? Sentirsi indipendente perché aveva fatto quello che suo padre e suo marito le avevano sempre proibito? Alla fine aveva solo fatto il solito casino con l’aggravante di confermare la sua incapacità di vivere ed essere autonoma e di far del male a qualcuno che non aveva colpe e che era un povero cane. La porta della camera da letto si aprì e apparve il grosso cane. Si avvicinò con la sua andatura dondolante ed i muscoli che nella penombra si gonfiavano ad ogni passo. Arrivato vicino al letto si appoggiò con le zampe davanti sul letto e si alzò mostrandosi. “Serlone che fai?” gli chiese preoccupata. Poi vide che in bocca aveva il suo giocattolino, il pupazzo con la forma di rana. Lui lo appoggiò delicatamente accanto a lei e poi scese dal letto osservandola. Lei guardò il vecchio pupazzo sbavato e mezzo rotto prendendolo con due dita e tenendolo di fronte a lei e a Serlone. “Mi ha sentito piangere e ha pensato che ero triste, così mi ha portato il suo giocattolo per coccolarlo.” si disse. Lo guardò negli occhi.
“Piccoli Fiori non serve essere triste – penso lui – se ti stringi a Coso ti passerà tutto. Quando sono triste io gioco sempre con Coso. Se lo prendi tra i denti e lo butti all’aria vedrai che ti passa tutto….”
“Ho capito – disse lei a voce alta – non piango più. Vieni che ti coccolo” e incominciò a grattargli la testa. Lui si sdraio accanto al letto, dove la mano di lei arrivava a grattargli la pancia e si assopì. “Non lo riporto indietro – si disse lei -  lui ha sempre lottato contro tutti ed io farò come lui. Non mi ingabbierò nella paura. Devo avere coraggio, il suo coraggio e non arrendermi. Posso farcela da sola.” Mentre grattava la testa a Serlone si addormentò senza accorgersene e sognò che si stava preparando alla festa grande del paese, e che era felice. Il mattino dopo fecero colazione e lei decise di portare Serlone sulla spiaggia dove poteva fare i suoi bisogni senza rovinare le zucchine nell’orto. Lo prese e mettendogli la grossa corda al collo, attraverso la strada e si infilò nei vicoli delle case basse dei pescatori che arrivavano fino all’inizio della spiaggia. Una volta in spiaggia, visto che non c’era nessuno liberò Serlone che fino a quel momento le era venuto dietro preoccupato per tutti quegli odori strani che sentiva. Odori forte come la spazzatura sugli angoli della strada che doveva essere raccolta, l’odore intenso del sangue e delle interiora dei pesci lasciati dai pescatori, l’odore di urina di gatti e di cani che non aveva mai sentito. Sulla spiaggia Serlone rimase un po' sconcertato e lo preoccupò il fatto che lei lo liberasse, interrompendo quel continuo contatto che fino ad allora avevano avuto. Incominciò a camminare sentendo gli odori in quella terra morbida in cui le sue zampe affondavano. Poi si accorse che quel posto era enorme, vi era un sacco di spazio a destra e a sinistra e davanti aveva un enorme distesa di qualcosa che aveva un odore strano di acqua. Incominciò a correre senza sapere dove andare, solo perché ora si sentiva libero.
“Guarda Piccoli Fiori, guarda -  abbaiò -  è una gabbia tanto grande che non vedo nemmeno le pareti “ Arrivò in riva al mare ed osservò un’onda arrivare e scomparire in un rigoglio gioioso di schiuma “E’ acqua… , è acqua… – le abbaio – ma non si può bere. Vieni Piccoli Fiori, vieni che corriamo….” Lei lo osservava stupita per la gioia che provava nel correre in quell’enorme spazio. Lei non andava mai in spiaggia per la paura di trovare qualcuno che poteva chiederle del marito. Quella grande distesa la immalinconiva ed impauriva. La faceva sentire troppo sola, abbandonata a se stessa. Per lui era invece un mondo meraviglioso dove sentirsi libero e felice. “Era questa la differenza tra di loro: lui non aveva paura, non aveva paura a sbagliare e soffrire, per lui soffrire era naturale – si disse lei stupita - non era la sofferenza a definire la qualità della sua vita di cui lui vede solo le opportunità che scopriva oppure quanto gli dava un’emozione. Era per questo che si erano scelti, perché ognuno dava all’altro il senso della vita”. Serlone andava avanti e indietro, a volte si fermava a scavare una buca e subito rincominciava a correre abbaiando, oppure entrava in acqua e ne usciva di corsa correndo sulla spiaggia dove ad un certo punto si sdraio grattandosi la schiena, restò fermo a pancia all’aria qualche secondo e poi incominciò a correre di nuovo allontanandosi e tornando a cercarla in un andirivieni senza fine. “Serlone vieni qua” Lui la sentì e le corse incontro, poi vide un grosso ramo ed afferrandolo se lo portò dietro trascinandolo sulla sabbia. “Guarda Piccoli Fiori, guarda com’è grosso, vediamo se me lo prendi, dai prova a prenderlo” Le abbaiava seduto sulla sabbia come una sfinge con il ramo davanti a lui. “Ser, lascialo stare, dai vieni qua…” Lui si irrigidì. Davanti a lui, a meno di un centinaio di metri, apparve un cagnolino, un piccolo bastardino che stupito di vederlo, si fermò anche lui con una zampetta alzata. “Serlone – grido più forte lei - vieni qua , vieni …. Serlone”
Lui non le faceva caso, guardava solo il cagnolino, già immaginando di prenderlo di dietro per il collo, di sbatterlo a destra e sinistra per spezzargli il collo e poi di buttarlo in alto per piombargli addosso appena toccava terra. Lei si mise a correre nella speranza di raggiungerlo prima che lui si avventasse contro il piccolino. “Serlone, Serlone vieni qua, subito…” Ma lui sembrava non sentirla. Attendeva come il Padrone gli aveva insegnato che l’altro cane si avvicinasse abbastanza da non avere più scampo. Dietro al cagnolino apparve un uomo che osservò stupito Serlone pronto a scattare e a lei che correva per prenderlo. “Lo prenda in braccio -  gli gridò lei – prenda il suo cane in braccio se no il mio lo sbrana…” L’uomo sembrava non capire, ma guardando lei che correva concitata, si abbassò e con il braccio prese il cagnolino. “Serlone …. Serloneeee “ Gridava con tutto il poco fiato che aveva, affannata perché era la prima volta che correva negli ultimi quaranta anni e sentiva ancora addosso la debolezza dell’intervento. Le mancò la terra sotto i piedi. Qualcuno aveva scavato un canale e di fronte a lei c’era solo un metro di vuoto dentro a cui cadde a peso morto gridando.
Serlone sentì il suo grido. “Piccoli Fiori…” Pensò istintivamente voltandosi, ma non vedendola, si mise a correre verso la direzione dove l’aveva vista l’ultima volta. “Piccoli Fiori... “ abbaiava inquieto fino a che la vide accucciata in una fossa con un po' di sangue che le usciva dalla fronte che aveva battuto. Entro di corsa nel canale e con le zampe le sali addosso leccandola “Serlone, sto bene sto bene “ diceva lei mentre con un fazzoletto tamponava la fronte e lo stringeva agganciando la corda alla sua pettorina. Lui era felice che fosse li. L’aveva persa un’ attimo e si era preoccupato, ora si faceva stringere da lei leccandole le mani ed il collo. “Dai andiamo, aiutami ad uscire” fece lei alzandosi e guardando preoccupata il bordo del canalone. Lui non ci penso due volte e piantando i piedi incominciò a risalire il canalone tirandosela dietro a forza. Arrivati in cima trovarono davanti il signore con il cagnolino che li osservava stupito “Va tutto bene?” “Si, si - rispose lei sbrigativamente – tenga lontano il suo cucciolo che il mio cane è un killer” L’uomo guardando gli occhi di Serlone che fissavano il suo cagnolino con intenzioni omicida lo allontano da lui e precisò “Non è il mio cane. Me lo ha dato mia figlia per tenerlo una settimana mentre è in ferie. Io non sono pratico. Si è fatta male?” “No, niente di particolare “ “Le posso offrire qualcosa? un caffè così magari si tira su? io ne ho bisogno a vedere la sua corsa mi sono preoccupato” “La ringrazio” fece lei dolorante e indecisa. “Ci dev’essere un bar qui vicino, ci andavo sempre con mia moglie. In effetti volevo passarci per ricordare quando andavo li con lei. Ora purtroppo è mancata ed è la prima volta che torno qui da anni.” Lei lo guardò sott’occhi. Capì che per lui quella spiaggia era quello che era stata per lei la prima volta che Serlone si era messo a correre: un luogo dove sentirsi soli e abbandonati. Ed anche l’invito che lui gli aveva fatto, non era per farsi perdonare una colpa che non aveva, voleva solo darle quanto per lui contava moltissimo, come il ricordo di un giorno felice; aveva fatto come Serlone con il pupazzetto, le aveva dato qualcosa che per lui era importantissimo anche se per lei non aveva alcun valore. Anche lui era come loro. Solo che non aveva ancora capito che nella vita non devi aver paura di soffrire; ogni momento è una lotta e non bisogna arrendersi per la paura di farsi male. Questo aveva capito quando Serlone nella gabbia si era alzato al suo richiamo. Se fosse vissuto nella malinconia e nella paura del fallimento come viveva lei prima di incontrarlo, sarebbe rimasto nascosto nel suo angolo buio. Lui però era un lottatore e aveva capito che se qualcuno può meritare la tua fiducia, non devi aver paura a dargliela anche se questo potrebbe voler dire soffrire. Era questo che le aveva insegnato. “Magari un caffè – disse lei sorridendo - così mi pulisco la ferita. Tenga il suo cane però in braccio, il mio potrebbe fare il birichino” “Non si preoccupi – disse lui sorridendo – sta tremando dalla paura. È una femmina” “Allora forse la può far scendere, perché Serlone attacca solo i maschi. Ma faremo la prova più tardi” Fu lui a sorridere pensando che ci sarebbe stato un “più tardi”, perché in fondo aveva paura a restare solo in quella spiaggia. “Va bene – fece contento - dovrebbe essere da quella parte” Lei lo seguì chiedendogli il nome e lui rispose sorridendo mentre la cagnetta nelle sue braccia seguiva curiosa i movimenti di Serlone. Lei pensò che quell’uomo era un tipo troppo diverso da lei perché venisse fuori qualcosa, ma a veder Serlone per strada avrebbe detto che non sarebbe mai stato il suo cane; forse bisognava vedere e giudicare le persone per quello che avevano dentro, non per quello che sembrano. Aveva fatto così con il suo cagnone, erano stati i suoi occhi a dirgli che era il cane giusto per lei. Ormai il tempo della paura era finito, Serlone le aveva dato la sua forza e lei sentiva che poteva essere ancora felice come a lui quando correva sulla spiaggia. Serlone vide che si muovevano e si mise dietro di loro seguendoli sicuro, legato al guinzaglio con la sua andatura dinoccolata da lottatore, come fa un vero capobranco quando il suo branco si muove.
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giotanner · 6 years
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Ciao, sono l'anon fissata con la mermam AU. Ti avevo mandato un prompt, non so se è arrivato o se si è perso nei meandri di tumblr ma oggi me n'è venuto in mente un altro. Allora in pratica Ermal viene venduto e Fabrizio non può fare niente per salvarlo, dopo qualche anno Bizio sente parlare di un tipo che per guadagnare esibisce la sua sirena al pubblico (tipo freak show), andando ad uno degli "spettacoli" Bizio scopre che la sirena del tipo è Ermal
Ciao anon! No, non mi era arrivato nessun prompt, quindi grazie per avermene mandato uno ♥ (plus è BELLISSIMO. Io avevo in mente altre cose, ma si sono c a n c e l l a t e) quindi scrivo sssubito awh
MERMAID AU 1 parte |
La nave mercantile sarebbe stata al Porto di Genova per una quindicina di giorni e Fabrizio ne approfittò per ricominciare a pisciare dritto (vi giuro in ogni libro di navi e oceani e pirati che ho letto c’è sempre ‘sto particolare. Porelli) per rifocillarsi, spendere qualche soldo in giro per i locali e mettere più distanza possibile dagli altri marinai.
Una sera incuriosito (ed ebbro di vino rosso, ma non ubriaco), fu trascinato da una folla che urlacchiava per l’imminente show che solo la prima serata sarebbe stato aperto al pubblico, mentre nei giorni successivi vi sarebbe stato il biglietto con solita tariffa da circo.
Non vi erano trapezisti, clown, elefanti, puledri ben addestrati poiché il presentatore era un tipo tutto particolare, con i capelli argentati/bianchi di nome Morgan
Si autodefiniva un collezionista e difatti nel suo circo c’erano delle vere peculiarità. Fabrizio al contrario di tanti altri aveva solcato il mare e visto tante stranezze, quindi ciò che al pubblico destava orrore, raccapriccio e curiosità, per lui era solo un’alzata di spalle.
Alzata di spalle che si fermò non appena il respiro gli si mozzò in gola
già
perché iniziò un chiacchiericcio pruriginoso fra la folla non appena Morgan presentò il pezzo forte della sua collezione: “Signori e signore questa sirena potrà disinibire e stimolare ogni vostra pulsione sessuale, sì! Avete sentito bene! Ho nella mia collezione una autentica sirena! Certo, gli manca qualche squama qua e là, ma ehi, a fine spettacolo a chi lascerà la più lauda offerta per lo Show potrà divertirsi con la sirena! Lasciate dei soldi allo Show, solo il meglio per il mio pubblico!”
Fabrizio stava sinceramente tremando
Perché il pensiero correva sempre ad Ermal e alla sua figura spigolosa, bella, dai capelli ricci e il volto dallo sguardo duro, mai arreso, privo di fiducia nei confronti degli umani, curioso, ma infinitamente guardingo seppur determinato e ostile a lasciar trapelare le sue emozioni
e come alla fine di quei due mesi in mare aperto fosse invece solo un urlo appallottolato, la pelle chiara priva del sole e gli occhi piangenti, mentre i marinai lo avevano seviziato più di una volta nella cella fredda e Fabrizio lo curava e lo carezzava invaghendosi di lui e di una voce melodiosa che cantava soltanto per lui.
Gli aveva stretto la nuca forte, non si era azzardato a baciarlo mai sulle guance, gli aveva ripulito la pelle dai rossori e dalle escoriazioni, gli aveva insegnato a dire qualcosa nella sua lingua umana
e di rimando Ermal cantava mentre Fabrizio scriveva il diario di bordo e scribacchiava poesie. Gli regalava il suono della sua voce e Fabrizio pezzi delle sue poesie.
Poi tutto era finito: scesi dalla nave mercantile due estati fa Ermal era stavo venduto ad un altro commerciante di terra che aveva contrattato con il capo della nave a cui apparteneva Fabrizio.
Ermal e il suo sguardo da combattente fu l’ultima cosa che Fabrizio vide.
E gli straziò il cuore.
Ma ritorniamo al presente
Ecco insomma il ricordo era sempre lì e quindi ogni volta che Fabrizio sentiva nominare una sirena ovviamente gli si stringeva lo stomaco in una morsa
Quello che però non era pronto a vedere era che stretto da catene ai polsi e preso di peso e portato al centro del palco da due uomini gemelli con delle barbe lunghissime…
(Quello che NON avrebbe mai voluto vedere in realtà sperando sempre che “se non sai, magari stai meglio”=
Era che la figura dal capo basso e le gambe snelle senza catene era proprio…
“Ermal” il nome scivolò dalla labbra di Fabrizio senza che potesse fare alcunché, il corpo già proteso in avanti e la schiena curvata.
Ermal che fu inizialmente fischiato dalla folla al grido “VOGLIAMO LA SIRENA! VOGLIAMO LA SIRENA!” mentre quello che gli era davanti era un ragazzo nudo che non alzava la testa.
Fabrizio scavalcò le file davanti e prese a camminare a passo sostenuto verso la ressa delle prime file
Il presentatore riapparse e insieme ai due uomini buttarono un secchio d’acqua ciascuno sul corpo di Ermal dopodiché fecero entrare una vasca trasparente piena d’acqua.
Ermal iniziò a divincolarsi, le gambe si tramutarono sotto lo sguardo attonito e impressionato di tutti in una coda da sirena bellissima, priva di alcune squame, ma di un colore vivido come l’oceano.
“Non c’è inganno, non c’è trucco! Prima di far rimanere un po’ a mollo il nostro bel pesciolino volevo dar la prova al mio meraviglioso pubblico che la sirena fosse davvero una sirena! Sono un uomo di parola, io!”
Ermal non respirava e non poteva avere l’acqua necessaria per vivere: sconquassato continuava a cercare di bere l’acqua che cadeva dal suo corpo sul pavimento del palco, agitando i pugni in direzione della sua gola, soffrendo e tossicchiando. Si agitava e piangeva, era una tortura perché in forma umana poteva respirare, ma sotto forma di sirena in cui si era appena ritrasformato aveva urgentemente bisogno di acqua.
Lo spettacolo per il pubblico era davvero divertente: tutti ridevano vedendo quella sirena strusciare il suo corpo nudo sul pavimento come un pesciolino fuori dalla boccia e le parole di scherno del presentatore non facevano altro che contribuire all’ilarità generale.
Dopo minuti interminabili prima che Ermal potesse ritrasformarsi in umano per tornare a respirare fu buttato nella vasca al grido di “NUOTA, NUOTA”
Fu solo un infinitesimo secondo, ma Fabrizio arrivò alle transenne e alzò lo sguardo
Ermal fece altrettanto, lo faceva sempre quando non era così stanco e sfinito dalle torture
E si guardarono
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pangeanews · 5 years
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“Essere voluti dal destino. E nient’altro. Dentro una foresta di farfalle”: il racconto a puntate di Giorgio Anelli, “Mirabilia Dei!
PSICHIATRIA. 5
Sul letto della mia stanza, con la chitarra suono i Doors. Un ragazzo si avvicina, mi osanna. Tira urla opache contro se stesso. Occhi stralunati, occhiaie novizie. Le mie o sue ‒ a seconda dell’occasione ‒ guardie del corpo, lo allontanano. Ha i capelli neri, e ricci. Chissà perché è qui anche lui? La stanza del refettorio è enorme. Mangio all’inverosimile. In un angolo di un’altra stanza, un’esile infermiera dai capelli bianchi taglia le unghie dei piedi a un paziente non certo giovane. Quella stessa infermiera che un giorno, in un battibaleno, mi ha portato nella chiesetta dell’ospedale e mi ha detto di salutare la madonnina. Ho saputo che, prima di trasportarmi sull’ambulanza, ho composto con le sigarette la parola ‘Maria’, davanti alla statua della Madonna, nel cortile del parroco. La sera, invece, gioco per il corridoio a tirare calci con una pallina di carta insieme a Laura. Laura è giovane, ed è bella. Ha la pelle del mare. Ed è la sera mundial. Sta giocando l’Italia. Gli infermieri sono incollati alla tv. Laura vuole scoparmi. Me lo fa capire con lo sguardo, mentre smorfie maliziose le piegano il viso. La sua voglia malata è anche mia. Voglio che mi prenda la nerchia e se la strofini in bocca. Interviene l’infermiere. La festa è finita.
*
Sono stato fortunato. Dopo il licenziamento da quella ditta, stavo giù parecchio. C, mi ha rivoluto in cooperativa. Perché c’era del lavoro da svolgere. E io, in passato, quel lavoro l’avevo svolto veramente bene. Mi ha chiamato. Ha cercato proprio me. Pur sapendo, che di lì a breve avrebbe lasciato la cooperativa. G, nemmeno di lei si scorderà.
Ero fortemente depresso, ma non feci un giorno di assenza. Ero abbattuto. Lavoravo accanto a quel dirigibile di collega, il quale non faceva altro che sparare cavolate tutto il giorno. Non mi assentai mai. Quel lavoro, fu la mia salvezza. Lì ho capito che quel luogo e quelle persone, nonostante qualsiasi fatica o antipatia avversa, a poco a poco mi stavano facendo sentire come a casa.
*
Avere un disturbo bipolare dell’umore, è come ricevere una sorpresa inaspettata da scartare lentamente negli anni. In uno dei miei deliri bevevo la notte scura, dallo scorrere di una fontana di montagna, in pieno inverno a milleottocento metri di altezza. Quella fonte fu il mio argento. Rendermi immortale nella vita fustigata dal reale, era il compito inconscio quanto precipuo. Tutto quello che toccavo, corrompevo. Il mio corpo, si disfaceva in mille costumi. Amori malati. Umori, presunti. Lune infuocate. Dove siete?, ripetevo a me stesso. Io non ho donne, ho solo incanti.
*
In un altro dei miei deliri, invocavo il tuo nome, Dio mio… Non so come ho fatto a resistere. A guidare come un matto a tutta velocità, rimanendo vivo. A urlare per quella valle ghiacciata, notti e notti intere, senza essere arrestato. A Milano con Chiara ‒ eh, Chiara… ‒ ci andò bene. Guidavo di sera con gli occhiali da sole. Un’auto ci ha leggermente toccato dentro. Chiara ha gridato, come quando una zingara si accorge che le stanno portando via il figlio. Andavo in giro per la città, sputando contro le serrande e le vetrine dei negozi. Non ero più io. Eppure, ero pur io. Straniato. Estraniato.
Sembra facile non lavorare quando ci si trova in una situazione del genere. Certo, certo! Invece, è l’unica condizione possibile per poter guarire. Il tempo dilatato, che ha bisogno di tempo, affinché tu possa ritornare padrone del tempo. E dentro quel tempo, lotti. La depressione o l’eccitamento, hanno tempi dispari. Sembra di stare in un’altra dimensione, di vedere tutto sotto un’altra ottica, che spesso è quella del timore, della sonnolenza, dell’inedia. Altrimenti, fai cose assurde. Non legittimate o giustificate, certo. Però le fai! Sono entrato in un cinema. Durante la proiezione, ogni tanto mi muovevo nella sala buia. Meno male che eravamo in quattro gatti. Poi, ho iniziato a masturbarmi. E la donna in ultima fila, dannazione, si è accorta eccome. Sono riuscito a scamparla per un pelo.
*
Quindi, nonostante tutto, sarei una meraviglia. E di Dio, per giunta! Che cos’è una meraviglia? Di meraviglioso conosco solo la poesia. Non ho mai pensato a me, in tal modo. Dio, poi… Con Nostro Signore ho sempre avuto un rapporto sinusoidale. Sono un uomo di grande fede, al punto tale che sono arrivato fino a bestemmiare. Aveva ragione don Ugo, a milleottocento metri, nel dirmi, sorridendo, che non è nient’altro che una giaculatoria. Dovrei imparare a lamentarmi un po’ meno. Comunque sia ‒ tempo, medicine, famiglia, amori, amici, lavoro, cura, passioni, destino ‒ aiutano eccome. La cosa più importante però è il destino. Voglio dire: vivere il tuo destino secondo destino. Essere voluti dal destino. E nient’altro. Poi, c’è lei. Lei, chi? La mia voce silenziosa. Perché, silenziosa? Perché la sento solo io. E non è che la sento sempre. Ogni tanto bussa, e mi parla. Per esempio, arriva all’improvviso come adesso e mi dice: ‒ Che fai, G?
Chi sei?
‒ Come, chi sono? Lo sai chi sono, G.
Dimmelo tu.
‒ Sono venuta a ricordarti che sei mio. Non ti sbarazzi di me.
E così com’è venuta, svanisce. Che sia la malattia, la mia ombra, o persino la coscienza, non saprei dire. Però c’è, e a volte mi fa compagnia. Anzi. So cos’è! È la voce di tutte le persone care che ho perso. A turno bussano, inaspettatamente. E io, follemente, ascolto la loro voce. Come una foresta di farfalle danza nel grido siderale della cascata.
Giorgio Anelli
*In copertina: Luca Longhi, “La dama e l’unicorno” (possibile ritratto di Giulia Farnese)
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redarling-blog · 6 years
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Tu sei quella persona alla quale posso dire le cose speciali: come le bestemmie quando alle nove di sera mi ricordo che ho finito gli assorbenti, o alla quale posso fare i nomi di tutti i santi quando mi ritrovo fuori casa perché ho dimenticato le chiavi. Tu sei quella persona che posso prendere in giro fino alla morte, con la quale voglio  travestirmi da unicorno, con la quale posso ubriacarmi anche allora di pranzo, ed entrare a casa e senza chiedere permesso, svuotarti tutta la dispensa, senza pietà. Tu sei quella persona che voglio accanto a me, perché capace di capirmi quando ho bisogno di vivere la vita a c***o, ma sopratutto quando ho bisogno di una spalla sui cui trovare la forza di ricominciare. Tu sei quella persona con la quale posso ballare e cantare con la consapevolezza di non saper fare nessuna delle due cose. Tu sei la prima a cui dirò, dei mie primi capelli bianchi, delle mie conquiste e i miei scleri, da menopausa e non. Tu sei quella persona che so che  troverò, quando mi sentirò sola, quando l’amore mi farà le corna, ma tu saprai che per farmi stare bene, ho bisogno di una montagna di sushi un mondo di pizza e altrettanta nutella. Perché tu sei quella persona con la quale io posso condividere la nutella ma voglio condividere molto di più.
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mich-senpai · 4 years
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vorrei un sacco farmi i capelli bianchi ma ho paura che si rovinino :c
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impauritadallamore · 7 years
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94 Milano-Pavia, h. 9:39
Sono alla fermata del pullman, c'è una nebbia così fitta da non riuscire a vedermi i piedi. Ci sono 13°C e il tasso di umidità è altissimo, sono le 9:25 e ho 15 minuti di attesa per il pullman. Con me alla fermata c'è un vecchietto vestito di tutto punto: giacca blu a righine verdi e azzurre, pantaloni in tinta, camicia e gilet sotto, scarpe laccate. Il tutto coronato da un profumo di anziano, quello tipico dei nonni. Capelli bianchi coperti da un basco blu e baffoni curati coronano il viso pieno di rughe. Ha delle occhiaie da far spavento. D'improvviso mi chiede se il pullman passi alle 9:39, io confermo e iniziamo a parlare. Mi fa notare che sta andando a Pavia a prendere una macchina nuova, poiché sabato ha fatto un incidente. Soffre di insonnia, dovuta ad anni un cui ha curato la moglie, scomparsa nel 2015, malata di Alzheimer e diabete. Mi racconta di come lui ogni notte si svegliasse al minimo rumore con la paura che lei cadesse dal letto, o che avesse un attacco, che da allora la notte dorme pochissimo. Mi racconta che amava tanto la moglie. 49 anni sono rimasti sposati. Ne avrebbero fatti 50 nel 2016. Da qui mi racconta di come l'ha conosciuta, e la loro storia mi ha fatto pensare. Lui lavorava in un centralino per le telefonate internazionali, poiché parlava 3 lingue, lei un giorno ha sbagliato numero e ha chiamato li. Lui, furbo e mosso da un sesto senso, si segnò il suo numero. E la richiamò più avanti. E la loro storia inizia così, nel lontano 1965. All'epoca viveva a Roma, in quelle case famiglia dove per farsi il bagno ogni giorno "bisognava pagare una sovratassa al padrone di casa, era un lusso". Lei abitava vicino a Cremona, viveva col padre e il fratello. Per un anno sono andati avanti a sentirsi al telefono, si sono dati appuntamento diverse volte e si sono piaciuti subito. Nel '66 muore il padre di lei e lui fa una proposta avventata, le chiede se può salire a Cremona e vivere con lei e il fratello, considerando che i soldi erano pochi e cose del genere all' epoca erano la normalità. Così lui andò a vivere con loro. Si conoscevano e frequentavano da un anno abbondante. Una sera, mentre lei lavava i piatti e lui stava seduto in poltrona e la guardava lavorare le chiese l'impensabile :"Maddalé, e se ci sposassimo?" lei, inizialmente spalancò gli occhi e si mise a ridere pensando che lui scherzasse, poi vedendo che era serio, nonostante lei avesse 10 anni più di lui, cosa impensabile all'epoca, accettò. Vissero 49 anni insieme. Litigando, ma continuando ad amarsi tantissimo. Viaggiarono per tutta Europa, affrontarono mille problemi insieme. Nel 2012 lei si ammalò di Alzheimer, dipendeva da lui, anche se a volte non lo riconosceva. Si amavano a dismisura. L'uomo, con gli occhi lucidi mi racconta che la sua "Maddalé" ha aspettato che lui andasse a Roma per un funerale, per morire. Lo amava così tanto che anche se non lo riconosceva, ha preferito risparmiargli quella sofferenza. La sera prima, mi racconta infine, lei lo aveva chiamato e una frase di lei gli rimase impressa nel cuore "Sai, sono contenta di aver passato la mia vita così, quella chiamata è stato l'errore più bello della mia vita"
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giancarlonicoli · 5 years
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17 DIC 2019 15:23
''ERA TUTTO TRUCCATO, MA BANKITALIA È DALLA NOSTRA PARTE'' - INTERCETTAZIONI FRESCHE FRESCHE DALLA POPOLARE DI BARI, CON L'AD DE BUSTIS E IL PRESIDENTE GIANNELLI CHE PRENDONO LA PAROLA IN UNA RIUNIONE CON I MANAGER. ''NON C'È RISCHIO DI COMMISSARIAMENTO, ENTRO NATALE LA BANCA SARÀ SALVA''. TRE GIORNI DOPO IL GOVERNO LI RIMUOVE - ''GREEN BOND? CHE MI FREGA DEL VERDE, VOGLIO FARE ASSISTENZA ALLE IMPRESE CERCANDO DI NON ASSORBIRE IL PATRIMONIO E PORTARE I SOLDI A CASA''
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Francesco Cancellato per https://www.fanpage.it/
“Non c’è rischio di commissariamento. Entro Natale la banca sarà salva”. È il 10 dicembre quando Gianvito Giannelli e Vincenzo De Bustis, rispettivamente presidente e amministratore delegato della Banca Popolare di Bari prendono la parola in una riunione con i manager della banca pugliese. Tre giorni prima del Consiglio dei Ministri del 13 dicembre che ha deciso per il commissariamento dell’istituto, cinque prima di quello che ha deciso per il salvataggio della banca attraverso un esborso complessivo di 900 milioni di euro.
Nella registrazione di quell’incontro, che Fanpage.it pubblica in esclusiva, i due parlano a ruota libera ai dipendenti di quel che sarà il futuro prossimo della banca, e ostentano un’insolita tranquillità nel delineare gli scenari, quasi davvero non si aspettassero l’intervento a gamba tesa Consiglio dei Ministri: “Ci appoggia il mondo politico, e ci appoggia anche la vigilanza”, continua Giannelli.
“Bontà loro, e per ragioni strategiche altissime, qualcuno ha deciso che la banca debba sopravvivere”,  gli fa eco De Bustis. Loro, per la cronaca, sono il Ministero del Tesoro e Bankitalia, che attraverso l’iniezione di capitale di 1 miliardi di euro attraverso il Mediocredito Centrale e il Fondo interbancario di tutela dei depositi avrebbero dovuto mettere in sicurezza il patrimonio dell’istituto. Gli stessi che daranno il via libera al commissariamento, meno di 72 ore dopo.
“Li sfondate”
Resta da chiedersi come mai, quindi Giannelli e De Bustis fossero così sicuri del loro, tanto da esporsi personalmente coi manager della banca. Addirittura, l’amministratore delegato delinea una road map che passa dall’assemblea dei soci del 18 di dicembre, quella in cui la Popolare di Bari diventerà una Spa – dopo la quale «non ci sono più le regole: si funziona come una spa, contano solo i risultati» – sino a un nuovo piano industriale in cui la banca dovrà aumentare notevolmente i ricavi attraverso politiche commerciali aggressive.
Su questo De Bustis è più che didascalico: “La banca diventerà molto forte dal punto di vista patrimoniale, avrà lo Stato dietro – istruisce i suoi direttori di filiale -, quindi potrete dire che la Popolare di Puglia e Basilicata ‘sta un po’ così’, che la Banca Popolare Pugliese traballa, che i soldi vi conviene darli a noi che c’abbiamo lo Stato dietro. Li sfondate, se c’avete la forza e l’energia commerciale”.
Curioso, al pari, che quegli stessi direttori di filiali che De Bustis sferza ad andare dai clienti “col coltello tra i denti”, e ai quali imputa “qualcosa come 6-7 miliardi di raccolta che mancano”, siano gli stessi che lo stesso amministratore delegato, pochi minuti dopo, accusa di aver truccato i conti della banca per anni: “Quando sono arrivato la prima volta (De Bustis è già stato direttore generale dell’istituto barese tra il 2011 e il 2015, ndr) c’era un signore coi capelli bianchi a capo della pianificazione e controllo, a cui chiesi di vedere i dati delle filiali. Tutti truccati. Truccavate persino i conti economici delle filiali. Taroccati. Chiesi anche di vedere la lista delle prime 50 aziende affidatarie e non me l’hanno mai portata. Quell’epoca è finita. Su queste cose i nuovi padroni vi faranno l’esame del sangue”, sembra quasi minacciarli.
“Un taglio degli organici molto importante”
Nella sua disamina, De Bustis sorvola l’ultima delle indagini in cui è stato coinvolto – di cui si è avuta notizia il 5 dicembre, cinque giorni prima dell’incontro registrato -, indagine relative all’emissione di un bond da 30 milioni di euro, sottoscritto dalla società maltese Muse Ventures Ltd con un capitale di soli 1.200 euro. Un’operazione di cui De Bustis informerà il consiglio d’amministrazione a fine 2018, dandola per conclusa, ma che salterà pochi giorni dopo quando l’istituto di credito coinvolto nell’emissione dei titoli, Bnp Paribas, rileverà problemi di trasparenza, di rispetto delle regole e di gestione dei rischi finanziari.
Al contrario, l’amministratore delegato di PopBari è molto loquace e diretto quando si tratta di parlare dei tagli del personale e dei nuovi strumenti finanziari della banca: “Il piano di ristrutturazione prevede un taglio degli organici molto importante”, racconta, facendo eco ad interviste in cui parla di 800 uscite, senza licenziamenti. Prepensionamenti, quindi, ma anche in questo caso il De Bustis privato alimenta dubbi, anziché fugarne: “Si va a tagliare i rami secchi e i rami secchi sono fatti di numeri. Non ci sono giovani e vecchi, figli e figliastri. Sono i risultati a parlare”, spiega. Parole che paiono preludere a licenziamenti, più che a prepensionamenti.
“Che c… me ne frega del verde?”
Anche relativamente a nuovi strumenti finanziari come i green bond De Bustis è molto diretto: “Perché ho rotto tanto le scatole per lanciare questo green bond? Mica per il verde! A me che cazzo me frega del verde? Niente! Per carità è un settore importante, ma è la tecnica che mi interessa tantissimo, è il capital light. Cioè di fare assistenza alle imprese cercando di non assorbire il patrimonio e portare i soldi a casa – spiega ai suoi manager – Certo, abbiamo cominciato con una cosa un po’ sofisticata, che è quella del verde, perché abbiamo un problema di reputazione della banca”.
Ed è qui, in fondo, il cuore di tutto: come può una banca che ha perso il 90% del valore delle sue azioni in pochi anni, che ha truccato i conti delle filiali, che ha fatto comprare ai propri correntisti obbligazioni e azioni della banca in cambio di credito, fidi e mutui – esattamente come accadeva per le banche venete – e che da anni provano invano a vendere quei titoli e che ha il management e la proprietà, al netto della vicenda del bond maltese, sotto inchiesta per associazione per delinquere, truffa, ostacolo all’attività della Banca d’Italia, false dichiarazioni, mobbing e minacce, a salvarsi dal proprio enorme problema di reputazione?
“È stato veramente irresponsabile quello che è successo negli ultimi tre, quattro anni. Questa banca è un esempio di scuola di cattivo management, irresponsabile, esaltato”, conclude De Bustis. E dargli torto, in questo caso, è davvero difficile.
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orgogliocorvonero · 7 years
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Punto della situazione - Ottobre
21:01 16/10 Aurora_Halliwell (Campo da Quidditch | Sabato 14, tarda mattina) Ha fatto mettere una data congeniale che non li facesse alzare all’alba per quelle selezioni. Poi dite che è cattiva mh?! Fatto sta che superati gli spogliatoi e fatto l’accesso al Campo potranno notare gli stendardi e i colori di Corvonero in ogni dove, lungo tutte le tribune perché se prenoti il campo per un evento come quello lo devi fare in grande. Soprattutto se fai Halliwell di cognome. Quindi tutto lì trasuda di Cosetta e i suoi figli e se non è l’arredamento del Campo a lasciare un po’ tutti a bocca aperta magari ci penserà la stessa Aurora lì in piedi ad attenderli vestita nella sua vecchia uniforme da Cheerleader che è composta da un pezzo unico a fasce bronzo che s’intrecciano sopra un tessuto blu che scende fino a un gonnellino che arriva a metà coscia. Pare strano vederla comunque con i tacchi ma sono lì piantonati sul terreno verde. I capelli sono stati legati in una coda di cavallo alta legata da un nastro blu. Lo sguardo freddo in netto contrasto con il sorriso è lì su di loro mentre accedono al campo e - immagino - si posizioneranno lì davanti. A terminare l’arredamento, a fianco alla Sestina, c’è un tavolo con un drappo di seta blu a nascondere cosa ci sia messo lì sotto «Bene bene…» si vi sta guardando e se quelle due parole vi ricordano Malefica che accede alla sala del trono durante il battesimo della sua omonima, non sbagliate «Sorpresi?» allargando le mani per poi intrecciare le mani tra loro poggiate all’altezza gonnellino «Vista la prematura dipartita di Emma» e da come lo dice si può capire quanto si dispiaccia, tanto che aggiunge «Un vero peccato mh?!» continuando con «Eileen mi ha detto che la squadra è in bilico sul baratro del disfacimento» shame su tutti voi, shame shame shame con tanto di suora e campana «Per questo ho valutato la possibilità di prendere l’impegno del capitanato» senza però lasciar tempo loro di ribattere «Almeno fin quando non sarete uniti e ben avviati, poi potrei farmi da parte e rimanere come… Mmmmh…» socchiudendo un occhio come a farsi pensierosa «Finanziatrice? Sostenitrice? Qualunque termine vogliate usare va’ bene» il senso è che potrebbe rimanere di supporto «Preoccupati?» ci scherza anche sopra visto che sa di essere la degna eredi di Morgana «Volete già mollare?» che li stia sfidando lo si capisce dal sorrisetto tagliente che mette su.
21:24 16/10 Eileen_Walker (Campo di Quidditch, 15.10, dopo Herbology Society) Si sente tanto Giuda Iscariota in questo momento. Anche se a malincuore e con il cuore gocciolante di sangue in mano. Pronto con il coltello per essere pugnalata. Vuole morire o sperare in qualche baratro che magicamente si apra sotto i suoi piedi e la inghiottisca per intero. Ma a male estremi, estremi rimedi. Il fatto che abbia venduto, figurativamente parlando, l’anima a Morgana (il prefetto Halliwell) per il bene della squadra non la fa sentire meglio. Anche se si trova davanti la suddetta Malefica con tacchi a spillo sull’erba e il gonnellino corto. La domanda che sorge spontanea è se i pettegolezzi riguardo la mancanza di un certo indumento siano veri o falsi. Spera vivamente che il vento non si alzi per rispondere alla domanda. Rimane in silenzio, mentre tortura l’orlo elastico della felpa che le copre la figura minuta. Le gambe sono fasciate in un paio di leggins. Ai piedi un paio di scarpe da tennis, mentre i capelli sono raccolti in una tiratissima coda di cavallo che raccoglie tutti i capelli che ci sono in testa, così da non avere ciocche davanti agli occhi grigi, che stanno bassi, che non incrociano quelli delle compagne di squadra neanche per sbaglio. «Faunya ha anche ricevuto le divise» apre la bocca prima che scoppi la quarta (quinta? Qui si è perso il conto) guerra magica. Poi ritorna a cercare di mimetizzarsi con l’ambiente, mentre la bomba esplode.
21:43 16/10 Evanna_Winchell ( Campo di Quidditch | 15.10, dopo Herbology Society ) Oggi c`è la prima riunone/selezione delle cheers, anche se effettivamente la squadra rischia di cadere nel baratro con solo mezzo anno di vita e nessun nuovo iscritto alle porte. O almeno in teoria. Ha seguito Eileen giù per il campo ignara della sorpresina che la sis per eccellenza ha voluto fare a tutte loro, povere vittime spaesate. Vestita molto simile alla compagna ma con i colori di casata ben in evidenza, raggiunge il campo soffermandosi subito sugli addobbi appariscenti messi da niente popo di meno che il prefetto Aurora Halliwell aka erede di Morgana assicurata. L`espressione che assume subito dopo averla notata è di puro stupore con un pizzico di confusione - forse - ma niente rabbia o altri sentimenti negativi in vista. E` però ad Eileen che lancia un`occhiata eloquente in cerca di spiegazioni vista la sua espressione non poi così tanto sorpresa. Anche perché qualcuno deve aver organizzato la cosa e qualcosa le suggerisce che qui c`è lo zampino della compagna d`anno. In ogni caso, ad Aurora rivolge un sorriso ascoltando la breve spiegazione della sua presenza in campo, sopratutto con indosso la vecchia divisa delle cheerleader. E` proprio la stessa Aurora che poi conferma la presenza di Eileen in tutta questa faccenda che, però, sembra voler evitare il suo sguardo e quello di tutti, comunque. E` rimasta senza parole per l`arrivo della Halliwell e la sua voglia di prendere il comando di tutta la baracca, un senso di nostalgia verso Emma le pizzica la gola. « Forse dovremmo discuterne prima di prendere decisioni affrettate su chi deve essere il capitano » lei non vuole candidarsi di certo, sicuramente non può neanche farlo. Ma ci sarebbe Aconite che ha tutte le carte in regola e forse anche Faunya. « Nessuno vuole mollare » scuote la testa sicura. Il tono è leggero e neutro, sta ancora studiando la situazione ma non c`è fastidio nella sua voce. E` solo curiosa di vedere come si evolveranno le cose questo pomeriggio visto che i piani sembrano essere leggermente cambiati. 21:49 16/10 Faunya_Florent | domenica pomeriggio / » centrocampo | Faunya ha ricevuto le divise, già. Lo confermano il sorriso radioso col quale è entrata negli spogliatoi e l`abito fresco di sartoria magica col quale ne è uscita, avventurandosi sul manto erboso del campo da Quidditch ignara di ciò che la attende. Un mantello corvino le drappeggia le spalle, semi-nascondendo un body celeste con passamaneria in bronzo sulle maniche lunghe ed una gonna in chiffon, più corta sul davanti, incantata di modo da ondeggiare sinuosa intorno alle gambe allenate della ragazza. Stringe la bacchetta in una mano di modo da poter mantenere sollevato dietro di sé uno scatolone, che presumibilmente contiene le restanti divise, ed ha acconciato i capelli in uno chignon alto un filo spettinato, dettato dalla fretta. Aggrotta la fronte nell`avvedersi nuovamente di AURORA, ospite inattesa che viene accolta con un «Oh» a fior di labbra ed una supposizione bisbigliata dalle parti di ACONITE «Vuole partecipare alle selezioni?», serbando un atteggiamento tutto sommato bendisposto almeno fino a quando la sestina non fa l`errore... di parlare. Faunya sgrana gli occhi e senza interromperla le sfugge un sottile ammonimento «Eileen!» voltandosi a cercare di incrociare, inutilmente, lo sguardo della suddetta compagna per manifestarle apertamente la sua delusione «Non siamo sul... baratro del disfacimento» parafrasa, scuotendo il capo come se non concordasse con questa versione dei fatti; e nel momento in cui EILEEN si decide finalmente a pronunciare qualcosa, a lei sfugge uno sbuffo un po` sarcastico dalle narici, commentando «Sì, e sono bellissime» ma non è questo il punto, sebbene si attardi un secondo a scostare il mantello per mettere meglio in mostra la nuova uniforme. Osserva la HALLIWELL, ne sostiene a lungo lo sguardo per farle capire che non è spaventata, ma sebbene non le sia piaciuta l`improvvisata di Leen non pare ancora in vena di arrivare, metaforicamente, alle bacchette «Grazie per la disponibilità, Aurora» esordisce, il tono misurato e calmo «Ma non abbiamo bisogno del tuo aiuto» fa spallucce e con un cenno del capo le indica EVANNA che ha appena parlato «Puoi tornare in squadra, se vuoi, ma il capitano sta a noi votarlo» non c`è ostilità nella sua voce, tuttavia è categorica in questo.
22:00 16/10 Aconite_McNiadh  (Campo da Quidditch | Domenica 14, tarda mattina) Mancano pochi minuti all`appuntamento della riformata squadra Cheerleader Corvonero, dopo la prematura dipartita di Emma (cit). Orario piuttosto tardo rispetto alle quotidiane alzatacce mattutine cui questo gruppetto di ragazzine ( più David) è abituato. Nonostante i buoni propositi di essere sul luogo per prima, o quasi, si ritrova ad attraversare il Campo da Quidditch alcuni minuti più tardi rispetto a EILEEN e a qualche altro INTRUSO. Un paio di leggins neri fascia le gambe della quintina, insieme a un paio di calzini bianchi di cotone lunghi fin sopra il ginocchio e che hanno la pretesa di fungere da scaldamuscoli, scomparendo in delle scarpe da ginnastica grigie. Una felpa blu col cappuccio, priva di zip sul davanti, completa la tenuta da allenamento. I capelli sono stati raccolti in due semplicissime trecce laterali, dalle quali sfugge già qualche ciuffo più corto degli altri. Del resto il monotono grigio del cielo scozzese e l`erba sdrucciolevole a causa dell`umidità mattutina annuncerebbero una normalissima domenica autunnale, se non fosse per quei colori decisamente bronzoblù che invadono spalti e tribune. «Ma che bolide...?» Borbotta volgendo la testa su tutti quegli stendardi appesi «Oggi non è mica il compleanno di Cosetta!» Ma questo è poco più che un pensiero ad alta voce, sostituito quasi subito da un`epsressione di palese sorpresa, corredata di bocca semiaperta e occhi sgranati, nel mentre che procede verso il tavolo accanto al quale sostano Aurora e Eileen.Una FAUNYA la precede prima che possa catapultarsi all`assalto diretto. Le bisbiglia un «No, è venuta a rompere i bolidi» a denti stretti, prima di raggiungerle nel più totale silenzio, entrambe le mani cacciate dentro le tasche della felpa«Scusate» Detto a tono piuttosto alto, gli occhi che saettano fra le due bionde per poi posarsi a guardare Aurora direttamente negli occhi. «Deve esserci stato un errore» Nonostante si presenti abbastanza calma nel complesso, la voce vibra di una nota d`alterazione palpabile. «Prima di tutto Emma non se l`è portata via il Gramo, come invece sembra da come lo hai detto» Il fatto che si sia trasferita «Secondo» Dalla tasca sinistra estrae un paio di fogli di pergamena ripiegati a dovere « La squadra non è MAI STATA sull`orlo del disfacimento» Le iridi saettano a cercare Eileen, fulminandola con un`occhiataccia che la trafiggerebbe, se potesse. «Terza e più importante cosa» Spiegazza i fogli per sventolarli direttamente davanti agli occhi di Aurora, il braccio alzato in modo da colmare la notevole differenza di altezza che intercorre fra le due.«Sono io il capitano, Emma ha lasciato il posto a me» Spiega, la lingua che schiocca contro il palmo come a sottolineare bene quel concetto. « Ben che meno siamo allo sbaraglio, perché qui, come puoi leggere.» E va a indicare con l`indice della mano libera la fitta scrittura che ricopre la pergamena « Emma ci ha lasciato delle linea guida per gli allenamenti. E` tutto programmato» Adesso l`attenzione va a EVANNA e FAUNYA, che indica con un cenno della testa. «Se poi vogliono qualcun`altro come Capitano, spetta a loro decidere. Se poi ti interessa tanto entrare nella squadra puoi fare le selezioni. Siamo qui apposta» Il braccio si abbassa con studiata lentezza, rivelando adesso a Aurora il volto accigliato della (mezza) nanerettola che le sta di fronte. «...o ci vuole l`illuminazione di Cosetta per capire una cosa così semplice?»
22:10 16/10 Aurora_Halliwell (Campo da Quidditch | Domenica 15, post Herbology Society) Ovviamente ostilità e malcontento se le aspettava, tanto che comunque una volta fatto il discorsetto di apertura le lascia sfogare per quanto osservi EILEEN con un sopracciglio alzato come a chiedere “Serio?” perché a quanto pare EVANNA e FAUNYA disegnano qualcosa di ben diverso dalla bozza espressa dalle parole della compagna di squadra e dalla situazione che vede «Metà ottobre e nemmeno il post delle selezioni, a forza di discuterne, sempre che lo abbiate fatto tutto questo tempo» perché lei non stava lì a sentirle, può pure essere «Arriva il 2074 e con esso, dopo un periodo di sabbatico in cui bisogna discutere e valutare, passa anche la voglia» indicandole una ad una «Quattro e nessun nuovo innesto… Non dico che sta crollando a picco ma siamo lì» sospirando «Senza nulla voler togliere al vostro impegno» ed è calma anche quando ACONITE irrompe in tutta la sua ira pacata contro di lei. La lascia anche sfogarsi, far svolazzare i fogli davanti al suo nasino arricciato, farla parlare di ruoli e rivolgendosi alle altre tre «Quindi avete già un capitano… Ma mi pare che non lo sapevate nemmeno voi» questo è il livello della squadra e mentre parla proverebbe anche a prendere quei fogli che le vengono sventolati vicini al naso, tenterebbe con un gesto rapido provando poi a tenerli distanti, nel caso riuscisse e ACONITE provasse a riprenderglieli la lascerebbe anche fare ma accennando un «Emma vale poco meno di niente» guardandosi intorno «Tu la vedi da qualche parte?» tornando su ACONITE sempre sorridendo «E quanto è stata gloriosa e brava a mettervi a una dieta estenuante e a farvi fare degli allenamenti massacranti la mattina prima che il sole vi salutasse?» giusto per «Mi state fraintendendo ragazze e se mi date un attimo per spiegare… Io non voglio rubare il posto a nessuno, vorrei solo organizzare meglio il tutto visto che sono stata una Cheerleader prima di tutte voi» sempre cercando di sorridere e risultare calma, forse fredda «Una volta avviata ben bene la squadra possiamo valutare a chi andrà il capitanato… Sto cercando di farvi un favore per la squadra» per quanto guardi in maniera piuttosto torva ACONITE «Fatti illuminare da Cosetta Aconite, perché se siete qui è solo grazie a me e al mio manifesto o a quest’ora passava Ottobre e nessuna di voi quattro avrebbe preso e messo su le selezioni» si la sta guardando ancora in maniera alquanto intensa «Quindi prima di parlare aziona il cervello e dimostra che il Cappello Parlante non era ubriaco di Incendiario quando è stato piazzato sulla tua testa» che poi lei non è nemmeno paziente quanto i Tassorosso, porta pazienza. Inclina il capo a guardare invece FAUNYA «Beh, bella è bella… Ma mi sembra poco pratica per gli esercizi» senza offesa, l’alta moda si fa in passerella.
22:29 16/10 Evanna_Winchell ( Campo di Quidditch | 15.10, dopo Herbology Society ) L`arrivo di ACONITE porta con sè una tensione palpabile impossibile da ignorare con tutte quelle personalità orgogliere presenti in campo. E se Evanna e FAU la prendono con più filosofia e mantengono la calma, ACO è già pronta a tirar fuori gli artigli e mettere subito le cose in chiaro. « Presto o tardi, la pergamena è stata affissa » alza le spalle « Poi, se c`è poco interesse ad entrare in squadra quello può anche essere normale. Infondo, abbiamo rimesso su il club da poco » e ci sta. Non tutti sono capaci di buttarsi a capofitto su una cosa nuova, bisogna saper interessare le persone e magari, con un po` di organizzazione, ci riusciranno. « Questo incontro serviva per decidere cosa fare all`interno della squadra: scegliere il capitano e vedere in che direzione indirizzare la squadra » si sente in dovere di specificare lasciando poi spazio ad ACO per chiarire meglio la situazione visto che, in teoria, è lei il loro ipotetico capitano. « Cosa proponi tu? » proviamo a sentire un po` cosa ci suggerisci. 22:47 16/10 Aconite_McNiadh  (Campo da Quidditch | Domenica 14, tarda mattina) Aurora inizia a ribattere a tutti i suoi interrogativi e lei se ne sta ferma con le braccia incrociate di fronte a lei, squadrandola ripetutamente dall`alto in basso con le dita che si stringono sempre di più sui fogli, creando visibili pieghe che non si decide a mollare. Le nocche sono praticamente bianche dalla forza che ci sta mettendo, a differenza delle dita arrossate. «Volevamo organizzare le cose per bene dopo che Emma ha DOVUTO trasferirsi, è stata una cosa improvvisa e nemmeno lei praticamente lo sapeva» E questo dovrebbe bastare a rispondere anche alle seguenti frecciatine di AURORA nei confronti di una Emma che li avrebbe abbandonati di punto in bianco «Di certo a noi non passerebbe la voglia neanche se una banda di Troll smerdasse il campo da Quidditch e dovessimo ripulirlo tutto senza magia» E` però incredibilmente composta mentre lo dice, il tono che si stabilizza su una nota più neutra rispetto al modo in cui ha da poco apostrofato la studentessa più grande. «Cinque» Non le darebbe neanche il tempo di concludere la frase, mostrandole pure le cinque dita di una mano. «Abbiamo un quinto elemento piuttosto forte. Il più forte dopo Emma» Le parla addirittura sopra o poco ci manca, aggiungendo subito dopo «Quinto elemento che al momento è assente perché ha avuto un problema intestinale.» Non si volta verso il resto della squadra per chiedere conferme ma la fermezza con cui snocciola quella frase dovrebbe bastarle a non avere voci che dicano il contrario. Lascerebbe poi ad Aurora un minuto appena per leggere le pergamene, allugando dopo questo lasso di tempo la manina sinistra e toglierglieli dall grinfie, senza però strapparglieli proprio di mano. «Potrai essere stata nel club prima di noi ma questo non ti da il diritto di prendere decisioni. Ufficialmente non ci sei più. E essere un Prefetto non ti da certi poteri» Nel caso se lo stesse chiedendo. «SCUSA PREGO?» Il mezzo passo che compie in avanti viene accompagnato dall`alzarsi delle sopracciglia. «Avevamo detto ad EILEEN di appenderlo» Ed ecco guarda ancora la ragazzina, il petto che si gonfia visibilmente al pari di un Ippogrifo orgoglioso. « Aziona tu il cervello, Aurora!» Sbotta di colpo, alzandosi di un paio di centimentri sulle punte dei piedi. «Se ti interessasse tanto della squadra ne faresti ancora parte e, cosa più importante, non verresti a ficcare il naso in faccende che non ti riguardano» Un paio di passi indietro prima di sbottare verso EVANNA «Ah! A questo punto io non lo so, dato che c`è qualcuno fra di voi che non si fida abbastanza per confrontarsi apertamente invece di andare a elemosinare aiuto in giro» 22:52 16/10 Faunya_Florent | domenica pomeriggio / centrocampo | Nel corso dell`invettiva di ACONITE si ritrova ad annuire in diverse occasioni, manifestando il suo essere d`accordo sui contenuti pur non condividendo del tutto i toni usati. Rimane poi in silenzio, lasciando che le due compagne più grandi si fronteggino alla stregua di Blair Waldorf e Georgina Sparks, ma più che guardare loro il suo sguardo continua a gravare sulle spalle della povera Eileen. Punta la bacchetta contro allo scatolone intento a levitare ad un passo da sé, mormorando qualcosa che evidentemente non ottiene effetto al primo tentativo. Sospira, rinsaldando la presa sulla bacchetta, e dopo aver scollegato il cervello da quella spinosa situazione si sforza di cavar fuori un «Finìtus» che risuona spento proprio come il suo attuale umore. La scatola casca dunque sul terreno con un piccolo tonfo, lì nelle sue vicinanze e quelle di EVANNA che, se volesse, potrebbe allungare il collo per sbirciare al suo interno le divise nuove accuratamente piegate ed impilate l`una sull`altra. Faunya nel frattempo rinfodera la bacchetta all`interno del mantello, piano, studiando AURORA come farebbe con l`esemplare di una Creatura sconosciuta «Sono sicura che avrà avuto i suoi motivi per non dircelo prima» si mostra comprensiva nei confronti di ACONITE, sebbene poi ruoti il capo per scoccare alla quintina uno sguardo eloquente «Ma nemmeno tu, né lei» e con un cenno del capo fa riferimento ad Eileen «L`avete fatto» fa notare, suonando un poco risentita per tutte queste carrambate. Stringe un pugno nel segreto del suo mantello, riuscendo a stento a dominare la voce «Non ci costringeva...» per difendere l`operato di Emma, voltandosi poi velocemente a scrutare EVANNA come a domandare la sua opinione a riguardo. Non si scompone, invece, sui commenti sull`uniforme che indossa, regalando alla HALLIWELL l`ombra di un sorriso prima di annunciare «Ha un Incantesimo Anti-inciampo» attaccando a piroettare sul posto, una, due volte, mostrandole il modo in cui la gonna eviti di intralciarle i movimenti «Ed anche uno Riscaldante» si pavoneggia una volta ferma, neanche l`avesse castato lei in persona. Ad ogni modo c`è una cosa che le preme far notare, a TUTTE quante, intanto che la sua voce assume un`intonazione cupa ed enigmatica «Stanno capitando cose molto più gravi...» aggrotta la fronte, esitando cogli occhi sul volto di AURORA; ed è strano, poiché per un secondo pare quasi la stia incolpando di qualche cosa «Non voglio litigare per un club scolastico» mette le mani avanti ma poi, con solenne rassegnazione, dichiara «Però non posso accettarti dal nulla come mio Capitano, Aurora» stringendosi nelle spalle.
23:22 16/10 Aurora_Halliwell (Campo da Quidditch | Domenica 15, post Herbology Society) «Sia lode a Morgana» ACONITE, riferito al trasferimento di Emma che riposi in pace, grazie e prego, fa tutto lei, con tanto di sospiro di sollievo e sguardo verso il cielo come a irrorarsi della luce della Strega più famosa e nominata del mondo «Però ci vuole anche poco eh?! Non è che dicendo così mi hai impressionato» a dire che questo fantomatico quinto membro con la dissenteria sia più forte di Emma «L’essere un Prefetto ti obbliga a portare rispetto e abbassare i toni ACONITE, ti è chiaro questo?» schioccando le dita davanti al suo viso «E a rigare dritto per non incorrere in eventuali ripercussioni, Cosetta non me ne voglia» una piccola e velata minaccia per rimetterla in riga, tutto qui. Scoppiando in una risata quando si parla di quel manifesto «Facile dirlo visto che è mio» perché scusa ma il player alza la mano davanti alla sua iniziativa grafica non commissionata da nessuno e quindi sorry ma quello che c’è in bacheca non è stato appeso da EILEEN sotto ordine di qualcuno che non sia lei stessa, cercando di ritrovare una calma che sta venendo meno per questo socchiude gli occhi e prende un respiro «Ho mollato perché Isobel l’ha sciolta e l’anno scorso ho dato la priorità ai G.U.F.O.» ma non si deve giustificare tanto, accenna giusto a quello per poi ribattere nuovamente verso ACONITE «Vi ho viste stanche e nervose l’anno scorso… Probabilmente l’alimentazione sbagliata, forse gli allenamenti estenuanti» per quanto FAUNYA accenni al fatto che non le costringeva nessuno «Però se vi trovavate bene così» battendo le mani tra loro e distendendo un sorriso alle ultime parole della quartina «Beh, vi ho riunite no?!» indicandole con l’indice una ad una «Anche se ne manca uno» sentite il tono di dispiacere anche qui «Potete discutere e far partire il club scolastico» scuote anche il capo «Non volevo litigare o farvi litigare FAUNYA, erano solo buone intenzioni» mettendo mano al drappo blu per tirarlo via e mostrare un ricco assortimento - e per ricco s’intende corposo e pagato comprandosi quasi tutto il negozio - di tutti i dolci di Mielandia «Questo per calibrare al meglio le energie, al contrario della best friend forever di ACONITE» aka Emma «Sono sicura che per un buon allenamento servano energie e carboidrati, si smaltiscono facile facile proprio con gli esercizi e non rischiate di stramazzare al suolo» prendendo una confezione di cioccorane e lanciandola verso ACONITE stessa ma senza astio o rabbia «Perché non fate merenda discutendo di quanto ACONITE saprà comandarvi grazie ai dettami della sua amica?» con tanto di occhiolino mentre prende un cioccocalderone addentandolo «Giusto a farvi vedere che non sono avvelenati» muovendo i primi passi mentre la mano sembra sgranchirsi le dita «Regalate sogni di gloria alla squadra di Quidditch con il vostro tifo, sicuramente saprete fare un buon lavoro» dando loro le spalle «Nel caso però non sia così, il primo che viene a piangere da me finisce a lavare i pavimenti con la lingua fino alla fine dell’anno» perché si è scomodata anche troppo per loro a quanto pare «Bye bye» poi oddio, qualcuno con l’udito molto sopraffino, quasi da mannaro potrà anche aver sentito un sospirato “Sfigate” ma forse è il vento che gioca brutti scherzi.
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Ricordi (Fred Weasley x Lettore)
A/n:  (T/c)= tuo cognome. Scusa tantissimo se ci ho messo secoli a scrivere questo, ma non riuscivo a renderlo come volevo. Fammi sapere se ti è piaciuto, ci tengo tanto!  💗💗
Avvertimenti: nessuno
Richiesta: sì. Ciao,posso chiederti un favore?potresti fare una storia Fred Weasley× lettore,te ne sarei grata 💗
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-(T/n) non c’è nulla di cui preoccuparsi. Guardati, sei stupenda.- disse Ginny mentre le sistemava i capelli.
(T/n) era terrorizzata ed estatica al tempo stesso. Le mani le tremavano e sentiva un intero zoo danzarle nello stomaco. Non poteva credere che stava per sposarsi. Con Fred Weasley, l’ultima persona sulla terra che pensava potesse rubarle il cuore. 
“Le tue labbra sono talmente belle che dovrebbero stare al Louvre”. (T/n) arrossì e nascose il pezzo di carta sotto il libro di pozioni. Da qualche giorno aveva iniziato a trovare dei foglietti, scritti in una grafia a dir poco illeggibile, ovunque: nei libri, nella sua borsa, nel budino perfino! Era il terzo biglietto del genere che riceveva quella settimana. Come i precedenti era firmato “il tuo ammiratore segreto”, il che la faceva impazzire. Aveva tentato di tutto pur di scoprire da chi venissero quei messaggi tanto snervanti, ma non era riuscita a cavare un ragno dal buco.
-Signorina (T/c), ha deciso che il soffitto della classe è più interessante della lezione?- la voce monotona e tagliente di Piton la strappò dai suoi pensieri e (T/n) si ritrovò ad arrossire incontrollabilmente. –Cinque punti in meno a Corvonero. Magari adesso si deciderà a prestare attenzione.
(T/n) gridò frustrata tra sé e sé. Non solo stava permettendo a questo seccante “ammiratore” di distrarla, ma anche di far perdere punti alla sua casa. Se avesse scoperto di chi si trattava gliene avrebbe dette quattro.
 (T/n) era in biblioteca a leggere dopo aver studiato tutto il pomeriggio, trattenendo le lacrime a stento. Era stata una lunga giornata, ma almeno lì si sentiva al sicuro. Dal suo ammiratore, dal resto della scuola, da tutti.
Da piccola era sempre stata una bambina vivace e allegra, sempre orgogliosa di quante capitali del mondo ricordasse o di quanti sinonimi di “promiscuo” conoscesse. Poi, crescendo, aveva scoperto che alla gente la sua intelligenza dava fastidio e si era chiusa in se stessa. Alla gente non importava quanti libri di Dickens aveva letto e quanti aveva effettivamente apprezzato, no. La bellezza importava più di tutto. Ma (T/n) non era tagliata per quel genere di cose, così aveva deciso che, tutto sommato, stare da sola non sarebbe stato così terribile.
Si era sbagliata enormemente. Non avere amici con cui parlare, con cui sfogarsi, la uccideva dentro. Era sola, e per sua scelta. Voleva terribilmente tornare ad essere quella di una volta, più di ogni altra cosa, ma sapeva di non potercela fare.
Un foglietto entrò svolazzando nella biblioteca e si posò sul libro che (T/n) stava leggendo, risvegliandola dal torpore dei suoi pensieri.
“Sei così bella quando leggi che mi fai venir voglia di trasformarmi in un libro” firmato FW. Il suo cuore mancò un battito. Sì, in un primo momento aveva trovato quei messaggi snervanti, ma lì, con le lacrime che minacciavano di cadere, si sentì lusingata e anche un po’ grata nei confronti di FW, chiunque fosse. Almeno c’era qualcuno a cui importava di lei.
 -Sei quasi pronta, devo solo sistemarti il velo.- disse Ginny, strappando (T/n) dai suoi ricordi. La ragazza sorrise riconoscente all’amica. (T/n) si guardò allo specchio. L’abito bianco le abbracciava le curve perfettamente. I fiori bianchi che aveva tra i capelli le illuminavano il viso. Si sentiva bella, eterea come un ninfa, come una dea.
Era cambiata così tanto dai suoi anni ad Hogwarts che quasi non si riconosceva più. Si sentiva più forte, più importante, più bella. E tutto grazie all’esuberante, vivace, meraviglioso Fred Weasley.
 Quando (T/n) aveva scoperto l’identità del suo ammiratore era rimasta scioccata. Non si sarebbe mai aspettata che potesse trattarsi di Fred Weasley, il ragazzo più popolare, insieme al gemello George, di tutta Hogwarts. Era anche spaventata. Terrorizzata. Non era nemmeno minimamente alla sua altezza. Eppure lui non sembrava pensarla allo stesso modo e aveva insistito incessantemente per avere un appuntamento con lei e (T/n), sebbene riluttante, aveva acconsentito, un po’ per farlo smettere di infastidirla, un po’ perché lui forse le piaceva.
L’aveva portata al campo di Quidditch e l’aveva fatta salire sulla sua scopa.
-Ti conviene tenerti- disse Fred sporgendosi da sopra la spalla. (T/n) si perse nei suoi occhi. Da quella distanza poteva vedere esattamente dove il verde si mescolava con il marrone, poteva contare le lentiggini che gli spruzzavano il naso e poteva sentire il suo profumo, insieme a quello di erba appena tagliata, invaderle le narici. Le sorrideva, anche se quasi impercettibilmente, come non aveva mai sorriso a nessuno. (T/n) avvolse le braccia intorno al torso del ragazzo e si strinse ancora di più a lui quando si diede la spinta per volare. Anche se sperava che non si capisse, le piaceva stargli vicino. La faceva sentire più coraggiosa, più audace. Voleva restare lì all’infinito, con Fred vicino, il castello sotto di sé e il vento impetuoso tra i capelli. In quel momento tutti i suoi problemi parvero sparire, troppo piccoli per essere notati da quell’altezza.
Prima che se ne accorgesse erano già atterrati e Fred la stava guardando negli occhi, i capelli rossi completamente scompigliati dal vento indomabile e uno sguardo ribelle. (T/n) lo trovava bellissimo.
-Allora?- disse alzando un sopracciglio e scendendo dalla scopa.
(T/n) non rispose, alla ricerca di parole adatte per descrivere come si era sentita. Ma i suoi pensieri furono interrotti da un paio di labbra morbide sulle sue. Il bacio sapeva di tramonto e di erba appena tagliata, di vento e di abbracci.
-Non vedo l’ora di rifarlo- mormorò (T/n) con un vero sorriso sulle labbra per la prima volta in molto tempo, prima di baciare nuovamente Fred.
 I metri che separavano l’ingresso della chiesa all’altare non le erano mai sembrati così tanti. Ma alla fine del lungo corridoio c’era lui ad aspettarla e (T/n) sapeva che per Fred avrebbe fatto qualsiasi cosa, affrontato qualsiasi sfida, rinunciato alla sua stessa vita. Nel momento in cui i loro sguardi s’incrociarono e il sorriso commosso di Fred si allargò ancora di più, entrambi seppero di star ripensando allo stesso preciso momento.
 Il mondo magico non era più lo stesso. I negozi chiudevano presto, le persone non si fermavano più per strada, la voglia di ridere e di gioire sembrava essere sparita nel nulla, sostituita dal terrore. Il tipo che ti faceva mangiare le unghie fino alla carne, che non ti faceva dormire né mangiare, che ti faceva temere persino la tua stessa ombra. La guerra era vicina.
(T/n) fissava fuori dalla finestra in una sorta di trance, tendando di trovare un motivo per mantenere la gioia viva dentro di sé. Sentì qualcuno avvicinarsi e, battendo gli occhi, si girò. Senza una parola Fred le mise un braccio intorno alle spalle e la strinse a sé.
-So a cosa stai pensando- mormorò contro la testa della ragazza. (T/n) sospirò.
-Tutto è cambiato così in fretta, senza che potessimo farci nulla.
-Lo so.
(T/n) alzò lo sguardo verso il fidanzato. Non poteva che pensare a come doveva sentirsi Harry. Aveva il peso dell’intero mondo sulle spalle e aveva appena diciassette anni. E nello sguardo di Fred vide la sua stessa tormentata preoccupazione.
-(T/n)…- cominciò il ragazzo con voce incerta.
-Fred- lo imitò lei, cercando di strappargli un sorriso. –Fred- ripeté, addolcendo il tono.
-So che… forse questo non è il momento più adatto, ma non posso più aspettare.- disse e s’inginocchiò davanti a lei. (T/n) trattenne il fiato e sentì le lacrime pizzicarle gli occhi.
-Dopo che tutto questo sarà finito, quando la guerra non sarà più una minaccia, mi vorrai sposare?- chiese tirando fuori un anello piuttosto semplice, ma bellissimo.
(T/n) era senza parole.
-Sì. Sì, certo che ti vorrò sposare, Fred.- disse piangendo e ridendo allo stesso tempo. Il ragazzo le fece scivolare l’anello al dito e le baciò la mano prima di alzarsi e abbracciarla. (T/n) sentì le ossa sciogliersi a contatto con il corpo di Fred, caldo, familiare, rassicurante. Era così che voleva sentirsi per tutta la vita.
-(T/n) (T/c), vuoi tu prendere in sposo il qui presente Fred Weasley?
Gli sguardi dei due giovani s’incollarono l’uno all’altro, attratti come due calamite. Si parlarono, durante quei pochi secondi. Si raccontarono il loro amore solo con la dolcezza nei loro occhi. (T/n) strinse la mano del quasi-marito per un attimo, prima di rispondere.
-Sì, lo voglio.
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SEGRETI
CAPITOLO 1
jasper si alzo dal suo letto, come tutte le mattine iniziò a prepararsi.mise una maglietta, un paio di pantaloni e le scarpe. La sua stanza era molto grande, almeno per gli occhi di un bambino di dieci anni.si incammino' e non appena provo' a uscire di "casa" venne bloccato da due guardie. Guardia1; principe non possiamo farla uscire di casa. Jasper;ieri ho avuto il permesso di mio padre di uscire Guardia2;ci sono stati degli attacchi di demoni ultimamente, dobbiamo tenerla al sicuro. Jasper;ma io devo andare a scuola. Guardia2;ci dispiace principe ma oggi non potete uscire. Jasper era molto scocciato ma sapeva già cosa fare, torno in camera sua e sposto la un piccolo mobile dove dietro vi era una porticina. Non sarebbe mai stato in casa, sopratutto con sua madre. Uscì da "casa" lasciandosi il palazzo alle spalle, gli piaceva stare fuori, in quei momenti non era il principe degli angeli ma sono un bambino comune che dei pochi comuni capelli bianchi e lunghi. Velocemente Jasper si diresse a scuola e trascorse una normale giornata a studiare e divertirsi, come tutti i bambini della sua età dovrebbero fare. Al ritorno da scuola Jasper che per tutti era jas inizio ad ascoltare una conversazione da lontano. Persona; hai sentito? Persona2;cosa? Persona;il. Secondo genito del re é morto Persona2; si, chi è che non lo sa? Ora cosa vorranno fare? Persona; andrà come deve, andrà al primo genito. Persona 2; come mai non é andato direttamente a lui il trono? Cioè di solito va al primo genito Persona; secondo il re' era meglio così, il secondo genito era più adatto e il primo possiede un enorme potere magico. Poi la regina a quanto pare odia il suo primo genito. Jas sentiva ormai da quasi una settima questa cosa, tutte le persone ne parlavano, parlavano di quanto sua madre lo odiasse e lo volesse morto, il piccolo non aveva mai capito perché ciò, tutti i giorni provava a farsi piacere almeno un po' dalla madre regalandole fiori e oggetti, ma ormai da qualche tempo il padre aveva fatto si che lui e la madre non stessero' mai vicini . Jas era stato iniziato per essere un soldato e in fondo sentiva che sarebbe stata quella la sua strada, ma a quanto pare non sarebbe stato quello il suo Destino. Ma non era quello di qui preoccuparsi, perché non appena jas entro in casa il suo problema era un altro, il suo problema era sua madre, con un coltello in mano. Jasper;m...madre...?c..cosa volete fare con quello? Madre ; io non ho dato alla luce un abominio come te! Jas cerco' di scappare ma fu preso dalla donna che inizio a colpiro in vari punti del corpo, il bambino urlava di dolore e cercando aiuto.imploro' la donna di lasciarlo finché delle Guardie riuscirono' a fermarla e a portare il più velocemente jas a essere curato,il bambino perse i sensi nel tragitto. Quando riapri gli occhi era nel suo letto pieno di fasciature, con il padre seduto al suo fianco. Jasper;p... Papà cosa ho fatto alla mamma? Padre;tranquillo Jasper non la vedrai più, riposa. Jas;o.. Ok. Il padre Diede un piccolo bacio sulla fronte e sene andò, subito dopo jass si riaddormento
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