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#città d’arte
marcogiovenale · 1 year
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oggi, 13 ottobre, al mlac (roma): l'art brut al centre pompidou
OGGI, venerdì 13 ottobre, alle ore 17:00 MLAC – Museo Laboratorio di Arte Contemporanea Città Universitaria, Sapienza Università di Roma, Palazzo del Rettorato – Roma, Piazzale Aldo Moro 5 – L’Art Brut al Centre Pompidou. Approccio storico e analisi di un’attualità prospettica Intervengono: Cristina Agostinelli, storica dell’arte, Museo nazionale d’arte moderna, Centre Georges Pompidou,…
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Io sono un uomo antico, che ha letto i classici, che ha raccolto l’uva nella vigna, che ha contemplato il sorgere o il calare del sole sui campi, tra i vecchi, fedeli nitriti, tra i santi belati; che è poi vissuto in piccole città dalla stupenda forma impressa dalle età artigianali, in cui anche un casolare o un muricciolo sono opere d’arte, e bastano un fiumicello o una collina per dividere due stili e creare due mondi. Non so quindi cosa farmene di un mondo unificato dal neocapitalismo, ossia da un internazionalismo creato, con la violenza, dalla necessità della produzione e del consumo.
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fashionbooksmilano · 6 months
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Seta Oro Cremisi
a cura di Chiara Buss
Segreti e tecnologia alla corte dei Visconti e degli Sforza
SilvanaEditoriale, Cinisello Balsamo 2009, 192 pagine, 23x28cm, 200 ill.a colori e 10 b/n, ISBN 9788836614912
euro 45,00
Primo volume della collana Seta in Lombardia, il volume accompagna una raffinata mostra proposta dal Museo Poldi Pezzoli di Milano, dedicata ai tessuti in oro e seta che, quale bene di lusso per eccellenza, hanno contraddistinto la signoria dei Visconti e degli Sforza durante l’età rinascimentale.
Veri capolavori, che conferiscono ulteriore rilevanza all’esposizione poiché testimoni dei sorprendenti risultati di uno studio – mai fino ad ora così completo ed esaustivo - dedicato ai tessuti auro-serici lombardi del XV secolo. Un’appassionante ricerca, progettata dall’ISAL (Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda) e condotta in collaborazione con nove istituzioni europee, che per la prima volta ha documentato con chiarezza l’eccellenza delle tecniche di lavorazione ed è pervenuta al riconoscimento di reperti tessili esistenti che mai nessuno aveva individuato.
A Milano infatti l’arte della seta nacque dalla volontà del duca Filippo Maria Visconti che fece chiamare, nel 1442, due setajoli – rispettivamente da Firenze e da Genova – i quali portarono in città le maestranze, i macchinari e le materie prime per dare avvio a una vera e propria “industria della seta”: nel volgere di un quarto di secolo, con una rapidità dunque sorprendente, tale produzione raggiunse i livelli di quelle veneziane, genovesi e fiorentine, considerate le migliori in Occidente.
Questa esposizione – attraverso sessanta oggetti tra tessuti, vesti, ricami ma anche gioielli, ritratti e opere d’arte applicate – offre dunque l’opportunità di far conoscere lo sfarzo della corte milanese, la più ricca e potente della penisola italiana nella seconda metà del Quattrocento, ma anche di illustrare le ricerche effettuate su alcuni preziosi esemplari esistenti, che, per la prima volta, hanno fornito una serie di dati estremamente interessanti tanto sui materiali usati (seta, kermes, indaco, cocciniglie, zafferano, oro, rame e argento) quanto sulle tecniche di filatura.
Il catalogo accoglie numerosi saggi che illustrano le scoperte di laboratorio e d’archivio, in una panoramica a tutto tondo che, oltre alla storia politica e artistica del ducato e alla qualità della vita a corte, esemplifica le profonde conoscenze scientifiche che accompagnavano la questa particolare produzione e, non ultimo, l’aspetto sociale della struttura artigiana milanese.
Milano, ottobre 2009 - febbraio 2010
14/04/24
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megabif · 6 months
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Richard Serra
Tilted Arc
Nel 1979 il General Service Administration (GSA), un’agenzia indipendente del governo degli Stati Uniti, in accordo con il National Endowment for the Arts (NEA), decide di commissionare una scultura all’artista Richard Serra. È destinata alla Federal Plaza di New York. Dieci anni dopo, la scultura, chiamata Tilted Arc, viene smantellata, segata a pezzi, i suoi resti immagazzinati a Brooklyn. Nel mezzo accade di tutto. L’affaire Serra ridefinirà il concetto di site specificity di una scultura inserita nel tessuto urbano. In effetti, c’è qualcosa di radicale in questo artista che fin dagli inizi della sua carriera aveva deciso di utilizzare acciaio e piombo come materia espressiva. Nelle Lettere a Miranda Quatremère de Quincy si poneva domande riguardo allo spostamento delle opere d’arte italiane. All’epoca, la Rivoluzione francese aveva appena fatto il suo corso. Due secoli dopo la questione resta: distratta dal suo contesto l’opera perde il suo valore? “Rimuovere l’opera significa distruggere l’opera” afferma Richard Serra. La Street Art pone problemi simili.
Nel 1979, quando viene scelto dal GSA, Serra è già conosciuto, apprezzato. Nel 1970 aveva piazzato una struttura circolare in acciaio nel manto stradale di una via del Bronx (To Encircle Base Plate Hexagram Right Angles Inverted). L’anno successivo, piazza il St. John’s Rotary Arc nei pressi della rotatoria dell’Holland Tunnel. Certo, finché si tratta di una strada del Bronx, o di una rotatoria, nessuno fiata. Ma quando ti trovi di fronte il Federal Bureau of Investigation o una sede della corte di giustizia, è difficile farla franca.
Tilted Arc viene inaugurato nel 1981. Una linea di acciaio color ruggine di quaranta metri, alta quattro, leggermente curva e inclinata, taglia in due la piazza. Apriti cielo. La struttura “teatrale” del sito viene alterata, ciò di cui Serra era ben conscio. I cittadini si ritrovano proiettati dentro un nuovo contesto ambientale, ridefinito dalla scultura. È come se lo stesso concetto di “temporalità” subisse una torsione. Chi cammina sulla piazza è costretto a costeggiare l’opera. In un sito percorso usualmente di fretta, per motivi di lavoro, Serra costringe i passanti a rallentare, a lambire e “sentire” l’opera. Grazie a questo taglio in acciaio lo spazio viene ora sovvertito. Questa linea funge da contrappunto ambientale. È l’opera che ora definisce, impone il proprio territorio.
Ne succedono di tutti i colori. Un giudice protesta. Pone problemi di sicurezza. Finisce come in una lite condominiale, ma su larga scala. C’è chi pone questioni di decoro. La gente vi urina sopra (intervistato dal New York Times, che gli domanda quale sia il suo luogo favorito in città, Matthew Barney risponde: “Urinare riverentemente su Tilted Arc”). C’è chi vi aggiunge graffiti. Alcuni tirano in ballo il Muro di Berlino. Si tengono pubbliche udienze. Autorevoli critici d’arte difendono il lavoro di Serra. Nel 1985 la sede di Washington della GSA chiede che all’opera venga trovato un altro spazio. Serra avvia una causa per difendersi. La causa viene rigettata. Nel 1987 la NEA dichiara Tilted Arc “site specific”, e per questo inamovibile. Serra intanto va in appello. Nel 1989, dopo che Ronald Reagan ha firmato la Berne Convention, legge in difesa dei beni letterari e artistici, Tilted Arcviene smantellato. Per qualche tempo, una specie di cicatrice sulla pavimentazione funziona da indice dell’opera. Ora, restano solo fotografie, più la documentazione, gli atti di questa battaglia espressiva.
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schizografia · 10 months
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Finis Italiae
Si è parlato di una fine dell’Europa, se non dell’Occidente, come dell’evento che segna drammaticamente l’epoca che stiamo vivendo. Ma se c’è in Europa un paese in cui alcuni dati permettono di certificare con sobria precisione la data della fine, questa è l’Italia. I dati in questione sono quelli della demografia. Tutti sanno che il nostro paese conosce da decenni un declino demografico che lo classifica come il paese europeo con il più basso tasso di natalità. Ma pochi si rendono conto che questo significa che il perdurare di questo declino condurrebbe in sole tre generazioni il popolo italiano verso l’estinzione.
È per lo meno singolare che ci si continui a preoccupare di problemi economici, politici e culturali senza tenere conto di questo dato, che li vanifica tutti. Evidentemente come non è facile immaginare la propria morte, così non si ha voglia di immaginare una situazione in cui non ci saranno più italiani. Non mi riferisco ai cittadini dello Stato italiano, che un po’ più di un secolo fa non esisteva e la cui sparizione in fondo non mi preoccupa più di tanto. Mi rattrista piuttosto la possibilità perfettamente reale che non ci sia più nessuno per parlare italiano, che la lingua italiana divenga una lingua morta. Che, cioè, nessuno possa più leggere la poesia di Dante come una lingua viva, come Primo Levi la leggeva ad Auschwitz al suo compagno Pikolo. Questo mi rattrista infinitamente di più che la scomparsa della Repubblica italiana, che del resto ha fatto tutto quello che poteva per condurre a quella fine. Resteranno, forse, le meravigliose città, resteranno, forse, le opere d’arte: non ci sarà più il «bel paese là dove ‘l sì suona».
11 dicembre 2023
Giorgio Agamben
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gothsoulvi · 4 months
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A giugno voglio troppo andare ad una mostra d’arte che stanno facendo qui nella mia città.🥺
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scorcidipoesia · 10 months
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Un treno corre nella notte. Attraversa un paese, lo unisce, lo compagina. Dalle mura di antichi castelli circondati di uliveti, fonti e scalinate, a una città del nord fredda, con pochi colori e molte persone che camminano su marciapiedi disegnando mondi ed etnie. Il treno attraversa colli, città, profumi nell’aria, venti. Una foglia lotta sulla rotaia e si stacca a metà viaggio finendo al centro, il treno continua a correre perché c’è una stazione che lo aspetta. Una stazione molto bella. Antica. Bianca. I grattacieli della città fredda si affacciano sui passeggeri che scendono, si alzano il bavero del giubbotto e si sistemano la sciarpa. Salgono sui taxi e vanno verso i loro appuntamenti, impegni di lavoro, riunioni. Sono già parte della città appena arrivano.
Una donna in auto cerca di districarsi nella circonvallazione. Nel freddo ha abbondato di rossetto e di profumo, perché attende un uomo che arrivi a portarle il mondo. Nei palmi delle mani , un tripudio di colori. Nella voce, un mappamondo di parole.
Si è alzato un vento di inverno sulla città, ha spazzato le nuvole e un azzurro insolito fa capolino sopra i monumenti che finalmente brillano, svelandosi maestosi anche agli abitanti.
È l’inverno che si annuncia, è l’inizio di una settimana importante in cui le sue sorti cambieranno, le sue radici saranno spazzate via e le occorrerà cercarne altre . Perché ‘il luogo migliore è quello in cui devi ancora andare’.
Ha passato tutta la notte a tremare, con le dita dentro la barba di lui in allucinazioni reali, si è sentita viva e con il cuore impazzito. La mente ha iniziato un viaggio, quell’uomo è sceso dal treno, ci sarà uno sguardo, e da quello sguardo potrà nascere un’opera d’arte. Qualsiasi forma avrà quell’opera, sarà un regalo, sarà una forma di gratitudine che lei terrà nel cuore per molto tempo e lui sorriderà, risalendo sul suo treno, verso la sua città tra gli ulivi, tra le sue opere e i profumi della terra. Tatiana Andena
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carmenvicinanza · 5 months
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Edmonia Lewis scultrice nella Roma dell’800
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Edmonia Lewis è la scultrice statunitense che si è affermata nella Roma dell’Ottocento.
Le sue statue neoclassiche sono ospitate in importanti musei come lo Smithsonian American Art Museum  e il Montgomery Museum of Fine Arts.
Nata il 4 luglio 1844 a Rensselaer, New York, da padre haitiano e madre Mississauga Ojibwe (popolazione di nativi americani), rimasta orfana in tenera età, venne cresciuta da parenti. Ha vissuto un’infanzia povera in un paese in cui la maggior parte delle persone nere erano ancora in schiavitù.
Era una ragazzina brillante e determinata e ha potuto frequentare l’Oberlin College, uno dei pochi che accettava persone nere, nel 1859, grazie all’aiuto del fratello maggiore che lavorava come minatore.
Ben presto ha lasciato la scuola a causa di un vero e proprio accanimento nei suoi confronti. Era una giovane dallo spirito libero che mal si adattava alla mentalità vittoriana fatta di regole, buone maniere e falsità. Dopo essere stata accusata di voler avvelenare due sue compagne era stata picchiata e abbandonata agonizzante di notte in un campo al gelo.
Si era trasferita a Boston col desiderio di realizzare la sua passione per l’arte, più potente delle difficoltà che incontrava sul suo cammino.
Avvicinatasi ad ambienti abolizionisti, ha lavorato con lo scultore Edward A. Brackett. Si manteneva soprattutto grazie alla vendita di medaglioni raffiguranti figure celebri della lotta alla schiavitù.
Il desiderio di andare via da un paese razzista che non offriva possibilità a una donna nera l’ha portata a Roma, città cosmopolita e centro di attrazione culturale, dove aveva trovato un ambiente accogliente e avuto modo di proseguire la sua istruzione.
Erano anni in cui il Neoclassicismo e Canova erano modelli a cui aspirare. I turisti si rifornivano di opere d’arte e si ricevevano molte commissioni dagli Stati Uniti, la guerra civile aveva creato una grande richiesta di statue celebrative.
La città eterna costituiva, per molte persone provenienti dall’estero, un ambiente magico, dove anche le donne riuscivano a vivere in grande libertà, rispetto agli standard dell’epoca.
Il lavoro di Edmonia Lewis si è imposto all’attenzione della critica artistica, per la maestria con cui plasmava la materia e per la profondità dei significati che rendevano uniche le sue sculture in marmo bianco tra cui si ricorda Forever Free, raffigurante uno schiavo che rompe le catene della sua oppressione, Il matrimonio di Hiawatha, Agar e La Morte di Cleopatra portata all’esposizione universale di Filadelfia del 1876 e che, dopo varie peripezie, soltanto nel 1995, è stata acquisita ed esposta allo Smithsonian.
La sua fama ha cominciato a crescere durante la Guerra Civile Americana, dai primi anni ’60 dell’Ottocento, ma, alla fine del XIX secolo, era ancora l’unica donna di colore ad aver ricevuto riconoscimenti nel panorama artistico americano.
Dopo aver lasciato Roma, rimasta sempre nel suo cuore, è morta a Londra il 17 settembre 1907.
Edmonia Lewis è una delle più interessanti figure della storia dell’arte, un caso rarissimo di donna di colore che è riuscita a decidere del proprio destino, mantenersi col suo lavoro, aveva anche maestranze italiane alle dipendenze, e farsi riconoscere a livello internazionale.
È stata una donna che ha saputo superare le barriere del colore e del sesso per poter essere solo se stessa, un’artista.
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curiositasmundi · 7 months
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[...] «Da un piccolo, ma grande, liceo di Napoli, voglio lanciare un messaggio perché la cultura non sia mero nozionismo settoriale né piatta dialettica. Solo con la cultura si capiscono le cause delle guerre e si costruisce la pace: la cultura è valore universale, della [tribù umana], per cui Dostoevskij è patrimonio dell’umanità», disse allora. Putin commentò il murales dicendo che Dostoevskij era «ormai stato cancellato in Occidente» e che «l’ultima operazione così massiccia per distruggere la letteratura indesiderata era stata condotta in Germania dai nazisti», ma disse anche che opere come quella di Jorit gli davano speranza per il futuro. Jorit aveva detto, in risposta: «È mai possibile che sono riuscito a fare più io, semplice cittadino, per la pace con un murale che il nostro governo? Non è che in fondo in fondo ai nostri leader questa guerra fa quasi comodo?». Da allora Jorit è stato più volte sia in Russia che nel Donbass, regione orientale dell’Ucraina dove dal 2014 è in corso una guerra fra combattenti filorussi finanziati e armati dalla Russia e esercito ucraino. Nel settembre del 2022 a Mosca Jorit ha realizzato un murales dedicato a Julian Assange, fondatore di Wikileaks e personaggio considerato molto divisivo, tra chi pensa che sia un eroe che subisce una persecuzione ingiusta per aver svelato i “segreti dei potenti”, e chi lo ritiene una minaccia per la sicurezza nazionale per aver collaborato con l’intelligence russa – volontariamente o meno – per influenzare il risultato delle elezioni statunitensi del 2016, quelle vinte da Donald Trump. Intervistato da Repubblica sulla sua scelta di realizzare un’opera d’arte in un paese autoritario come la Russia, dove la libertà di stampa ed espressione è fortemente limitata dal governo e c’è una lunga storia di dissidenti politici incarcerati o assassinati, aveva risposto «in Russia non c’è libertà di pensiero? Questo lo sta dicendo lei». Nel luglio del 2023 era poi stato fortemente criticato per essersi recato a Mariupol, città del sud-est dell’Ucraina occupata da mesi dall’esercito russo, per dipingere un murales raffigurante una bambina con i colori della bandiera russa dipinti nelle iridi degli occhi e circondata da due missili con la scritta NATO, benché la NATO non abbia condotto alcun attacco missilistico contro Mariupol. Nei post pubblicati su Instagram mentre era a Mariupol, Jorit scrisse che «ci hanno mentito su Vietnam, ci hanno mentito sull’Afghanistan, ci hanno mentito sull’Iraq, ci hanno mentito sui Balcani e ci hanno mentito sulla Libia e sulla Siria. E ora ho le prove: ci stanno mentendo anche sul Donbass. Qui l’etica non c’entra nulla, diffidate da quelli che vorrebbero farci la morale, hanno le mani sporche di sangue. Qui non c’è nessuno da liberare. È tutto l’esatto opposto di quello che ci raccontano in TV. La resistenza che avremmo dovuto appoggiare è quella del popolo del Donbass che lotta da 8 anni per liberarsi da un regime; quello di Kiev che di democratico oramai non aveva più niente». [...]
Da: Lo street artist italiano che fa propaganda a Putin - IlPost
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chez-mimich · 1 year
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I PARADOSSI DI VENERE
Un paio di giorni fa, a Napoli, qualcuno ha dato fuoco ad una delle opere d’arte contemporanea più celebri al mondo, la “Venere degli stracci” di Michelangelo Pistoletto. Il primo paradosso, il più evidente, è che per molti, soprattutto per molti di quelli che si indignano, la Venere ha cominciato ad esistere nel momento della sua fine. Non la conoscevano, ma appena si è sparsa la notizia della sua distruzione è cominciata l’indignazione. Il secondo paradosso è che la maggior parte di quelli che si indignano, darebbe fuoco a tutta l’arte contemporanea (e forse anche agli artisti). Poi c’è un terzo paradosso: la Venere è stata bruciata a Napoli, che come diceva Benedetto Croce è un paradiso abitato da demoni, città paradossale per eccellenza, che vorrebbe diventare una capitale dell’arte contempera e per molti versi lo è, ma dove qualcuno distrugge una delle opere più rappresentative. “La Venere degli stracci” è bruciata per mano di qualche balordo, ma, ultimo paradosso, è proprio un gesto così che la pone sul piano di tanti altri capolavori dell’arte che nei secoli sono stati deturpati da pazzi o balordi, come László Tóth, il geologo ungherese che nel 1972 deturpò la Pietà michelangiolesca di San Pietro o come il David colpito da Pietro Cannata nel 1991. Qualche volta furono gli artisti stessi ad infierire sulle opere, per restare a Michelangelo, fu lui stesso a dare la famosa martellata sul ginocchio del Mosé ora in San Pietro in Vincoli a Roma. Addirittura Filippo Tommaso Marinetti nel suo “Manifesto del Futurismo” affermava di voler dar fuoco ai musei. Quindi, per ora, accontentiamoci di aver visto andare a fuoco la “Venere degli stracci” di Pistoletto. Venere, dea della bellezza, e gli stracci della nostra contemporaneità, erano un magnifico connubio poetico, ma il piromane, chiunque esso sia, consegna direttamente l’opera all’eternità.
(Sotto la “Venere degli stracci” al Louvre in una mia fotografia del 2013)
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marcogiovenale · 1 year
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13 ottobre, mlac (roma): l'art brut al centre pompidou
Venerdì 13 ottobre, alle ore 17:00 MLAC – Museo Laboratorio di Arte Contemporanea Città Universitaria, Sapienza Università di Roma, Palazzo del Rettorato – Roma, Piazzale Aldo Moro 5 – L’Art Brut al Centre Pompidou. Approccio storico e analisi di un’attualità prospettica Intervengono: Cristina Agostinelli, storica dell’arte, Museo nazionale d’arte moderna, Centre Georges Pompidou, Parigi Bruno…
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thebeautycove · 1 year
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Bejeweled gaze. Embracing the byzance feeling, the baroque spirit that inspired Chanel in creating unique jewelry… Riempire lo sguardo con la meraviglia dell’arte bizantina, con lo splendore dorato dell’audace abbondanza barocca. Lo Studio Maquillage Chanel riporta al centro dell’attenzione la grande passione di Gabrielle per l’arte con l’ultima collezione makeup in edizione limitata Les 4 Ombres Byzance. Il nuovo quad occhi è declinato in quattro Parure: Baroque, Imperiale, Venitienne e Cristal. Nell’esclusivo astuccio realizzato con finitura oro martellato la palette cromatica riprende le tonalità sature delle pietre preziose presenti nei sontuosi bijoux creati da Mademoiselle. Sfarzosa la combinazione della Parure Imperiale dominata da un profondo porpora granato e resa lucente dal giallo zaffiro e dai riflessi perlescenti dell’oro rosa. Un affascinante opulento gioco di contrasti, tra colori e luce!
Nota a margine: nel 1920 Gabrielle scopre Venezia. È un momento particolare della sua vita. La perdita improvvisa di Boy Capel vela di tristezza infinita le sue giornate. L’amica Misia Sert la conduce a Venezia e come d’incanto Coco subisce il fascino di una città in equilibrio tra le culture d’Oriente e Occidente, si appassiona ai grandi pittori veneziani, ai mosaici policromi, ai tesori d’arte bizantina e barocca, ai riflessi dell’oro e delle pietre preziose che ornano la Basilica di San Marco, fonte di ispirazione per la sua prima collezione di gioielli. Un luogo unico e speciale che segna una mutazione in Gabrielle, le infonde un nuovo vigore espressivo, una creatività matura e consapevole. ©thebeautycove @igbeautycove
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fashionbooksmilano · 2 years
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I Travestiti
fotografie a colori
Lisetta Carmi
a cura di Giovanni Battista Martini con testi di Juliet Jacques, Vittorio Lingiardi, Paola Rosina
Contrasto, Roma 2022, 160 pagine, 94 fotografie a colori, cartonato con copertina in plancia,  24,3 x 31,8 cm, ISBN  9788869659065
euro 39,00
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I travestiti. Fotografie a colori di Lisetta Carmi. pubblicato a cinquanta anni dalla pubblicazione de I travestiti (Roma, Essedi, 1972) e a pochi mesi dalla scomparsa dell’autrice appaiono, è un volume fortemente voluto dalla fotografa, con foto inedite a colori di uno dei reportage più intensi e importanti della storia della fotografia, ritrovate nel suo archivio nel 2017. Queste immagini compongono un corpus ampio e completo che permette una nuova lettura del lungo lavoro di Carmi con la comunità dei travestiti di Genova. Si ricostruisce la storia del libro edito nel 1972.Alla fine del 1965, per la festa di Capodanno, Lisetta Carmi, grazie a un amico viene invitata in una casa di travestiti che vivevano e lavoravano nell’ex ghetto ebraico del centro storico di Genova. La sera stessa comincia a fotografarli, dando inizio a un’amicizia e a una frequentazione che prosegue fino al 1971. L’anno successivo Sergio Donnabella, per la casa editrice Essedì, creata appositamente per questa pubblicazione che aveva ricevuto il no di altri editori, pubblica il libro I travestiti , un albo rosa a metà tra libro d’arte e libro inchiesta, esplicito tra durezza e sobrietà, con testi della stessa Lisetta Carmi e dello psicanalista Elvio Fachinelli e impaginazione grafica di Giancarlo Iliprandi. Ma il lavoro sull’identità sessuale racchiuso in quelle pagine sembra ai più fin troppo spudorato e anche solo la scelta del titolo, che rivela una presa di posizione inaccettabile, provoca scandalo.
Nell’edizione di Contrasto Carmi sfrutta la potenza comunicativa del colore per fare emergere la verità, attraverso la concreta fisicità dei suoi soggetti. La ricerca della verità è suprema linea guida di tutta la sua pratica fotografica. Le fotografie documentano la lunga preparazione di trucco, pettinatura e le fasi della vestizione, dalle immagini in reggiseno e reggicalze fino allo scatto in cui finalmente queste persone si mostrano al mondo come vorrebbero essere accolte. Essere rappresentate significa esistere, avere corpi, volti, nomi. Carmi si spinge oltre, e fotografa i travestiti che in tempi pionieristici si erano avviate al percorso di transizione a spasso per la città, al di fuori dei confini dell’antico ghetto ebraico che per troppe di loro era protezione ma anche prigione. Sono il primo passo di un cammino ancora lungo e doloroso. L’obiettivo di Lisetta restituisce loro normalità e bellezza.
02/02/23
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pollonegro666 · 1 year
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2023/07/08 Algunos detalles en las calles y fachadas de los edificios que muestran el pasado milenario de la ciudad. Incluso una muestra de arte urbano para disimular elementos cotidianos.
Some details in the streets and facades of the buildings that show the millennial past of the city. Even a sample of urban art to hide everyday elements.
Google Translation into French: Quelques détails dans les rues et les façades des bâtiments qui témoignent du passé millénaire de la ville. Même un échantillon d’art urbain pour cacher des éléments du quotidien.
Google translation into Italian: Alcuni dettagli nelle strade e nelle facciate dei palazzi che testimoniano il passato millenario della città. Anche un esempio di arte urbana per nascondere elementi quotidiani.
Google Translation into Portuguese: Alguns detalhes nas ruas e nas fachadas dos edifícios que testemunham o passado milenar da cidade. Até uma amostra de arte urbana para esconder elementos do cotidiano.
Google Translation into German: Einige Details in den Straßen und Fassaden der Gebäude zeugen von der tausendjährigen Vergangenheit der Stadt. Sogar ein Beispiel urbaner Kunst, um alltägliche Elemente zu verbergen.
Google Translation into Albanisch: Disa detaje në rrugët dhe fasadat e ndërtesave dëshmojnë për të kaluarën mijëvjeçare të qytetit. Edhe një shembull i artit urban për të fshehur elementet e përditshme.
Google Translation into Armenian: Որոշ մանրամասներ շենքերի փողոցներում և ճակատներում վկայում են քաղաքի հազարամյա անցյալի մասին: Նույնիսկ քաղաքային արվեստի օրինակ՝ կենցաղային տարրերը թաքցնելու համար։
Google Translation into Bulgarian: Някои детайли по улиците и фасадите на сградите свидетелстват за хилядолетното минало на града. Дори пример за градско изкуство за скриване на ежедневни елементи.
Google Translation into Czech: Některé detaily v ulicích a fasádách budov svědčí o tisícileté minulosti města. Dokonce i příklad městského umění skrýt každodenní prvky.
Google Translation into Croatian: Neki detalji na ulicama i pročeljima zgrada svjedoče o tisućljetnoj prošlosti grada. Čak i primjer urbane umjetnosti za skrivanje svakodnevnih elemenata.
Google Translation into Danish Nogle detaljer i bygningernes gader og facader vidner om byens tusindårige fortid. Selv et eksempel på urban kunst for at skjule hverdagens elementer.
Google Translation into Slovak: Niektoré detaily v uliciach a fasádach budov svedčia o tisícročnej minulosti mesta. Dokonca aj príklad mestského umenia na skrytie každodenných prvkov.
Google Translation into Slovenian: Nekateri detajli na ulicah in pročeljih stavb pričajo o tisočletni preteklosti mesta. Celo primer urbane umetnosti za skrivanje vsakdanjih elementov.
Google Translation into Estonian: Mõned detailid hoonete tänavatel ja fassaadidel annavad tunnistust linna tuhandeaastasest minevikust. Kasvõi näide linnakunstist igapäevaste elementide varjamiseks.
Google Translation into Suomi: Jotkut rakennusten kaduilla ja julkisivuissa olevat yksityiskohdat todistavat kaupungin tuhatvuotista menneisyyttä. Jopa esimerkki urbaanista taiteesta jokapäiväisten elementtien piilottamiseksi.
Google Translation into Georgian: ზოგიერთი დეტალი ქუჩებსა და შენობების ფასადებზე მოწმობს ქალაქის ათასწლოვანი წარსულის შესახებ. თუნდაც ურბანული ხელოვნების მაგალითი ყოველდღიური ელემენტების დასამალად.
Google Translation into Greek: Μερικές λεπτομέρειες στους δρόμους και τις προσόψεις των κτιρίων μαρτυρούν το χιλιετές παρελθόν της πόλης. Ακόμα και ένα παράδειγμα αστικής τέχνης για να κρύβει καθημερινά στοιχεία.
Google Translation into Hungarian: Az épületek utcáin és homlokzatán néhány részlet a város ezeréves múltjáról tanúskodik. Akár egy példa a városi művészetre, hogy elrejtse a hétköznapi elemeket.
Google Translation into Dutch: Sommige details in de straten en gevels van de gebouwen getuigen van het duizendjarige verleden van de stad. Zelfs een voorbeeld van stedelijke kunst om alledaagse elementen te verbergen.
Google Translation into Norwegian: Noen detaljer i bygningenes gater og fasader vitner om byens tusenårige fortid. Til og med et eksempel på urban kunst for å skjule hverdagslige elementer.
Google Translation into Polish: Niektóre detale ulic i fasad budynków świadczą o tysiącletniej przeszłości miasta. Nawet przykład sztuki miejskiej, aby ukryć elementy codziennego użytku.
Google Translation into Romanian: Unele detalii de pe străzile și fațadele clădirilor stau mărturie despre trecutul milenar al orașului. Chiar și un exemplu de artă urbană pentru a ascunde elemente cotidiene.
Google Translation into Russian: Некоторые детали улиц и фасадов зданий свидетельствуют о тысячелетнем прошлом города. Даже пример городского искусства, скрывающего повседневные элементы.
Google Translation into Serbian: Неки детаљи на улицама и фасадама зграда сведоче о миленијумској прошлости града. Чак и пример урбане уметности за скривање свакодневних елемената.
Google Translation into Swedish: Vissa detaljer i byggnadernas gator och fasader vittnar om stadens tusenåriga förflutna. Även ett exempel på urban konst för att dölja vardagliga element.
Google Translation into Turkish: Sokaklarda ve binaların cephelerindeki bazı detaylar şehrin bin yıllık geçmişine tanıklık ediyor. Gündelik unsurları gizlemek için bir kentsel sanat örneği bile.
Google Translation into Ukrainian: Деякі деталі вулиць і фасадів будівель свідчать про тисячолітнє минуле міста. Навіть приклад міського мистецтва, щоб приховати побутові елементи.
Google Translation into Arabic: وتشهد بعض التفاصيل في الشوارع وواجهات المباني على ماضي المدينة الألفي. حتى مثال على الفن الحضري لإخفاء العناصر اليومية.
Google Translation into Bengali: বিল্ডিংগুলির রাস্তা এবং সম্মুখভাগের কিছু বিবরণ শহরের সহস্রাব্দ অতীতের সাক্ষ্য বহন করে। এমনকি দৈনন্দিন উপাদান আড়াল শহুরে শিল্প একটি উদাহরণ.
Google Translation into Simplified Chinese: 街道和建筑物外墙的一些细节见证了这座城市千年的过去。 甚至是隐藏日常元素的城市艺术的一个例子。
Google Translation into Korean: 거리와 건물 외관의 일부 세부 사항은 도시의 천년 역사를 증언합니다. 일상적인 요소를 숨기는 도시 예술의 예이기도 합니다.
Google Translation into Hawaiian: ʻO kekahi mau kikoʻī ma nā alanui a me nā ʻaoʻao o nā hale e hōʻike ana i ka makahiki millennial o ke kūlanakauhale. ʻO kahi laʻana o ke kiʻi kūlanakauhale e hūnā i nā mea o kēlā me kēia lā.
Google Translation into Hebrew: כמה פרטים ברחובות ובחזיתות הבניינים מעידים על העבר המילניום של העיר. אפילו דוגמה לאמנות אורבנית להסתרת אלמנטים יומיומיים.
Google Translation into Hindi: सड़कों और इमारतों के अग्रभागों के कुछ विवरण शहर के सहस्राब्दी अतीत के गवाह हैं। यहां तक ​​कि रोजमर्रा के तत्वों को छिपाने की शहरी कला का एक उदाहरण भी।
Google Translation into Indonesian: Beberapa detail di jalanan dan fasad bangunan menjadi saksi masa lalu milenial kota ini. Bahkan contoh seni urban untuk menyembunyikan unsur keseharian.
Google Translation into Japanese: 通りや建物のファサードの細部には、この都市の千年にわたる過去が物語られています。 日常的な要素を隠すための都市芸術の例さえも。
Google Translation into Kyrgyz: Көчөлөрдөгү жана имараттардын фасаддарындагы айрым деталдар шаардын миң жылдык тарыхына күбө. Ал тургай, күнүмдүк элементтерин жашыруу үчүн шаардык көркөм мисал.
Google Translation into Malay: Beberapa butiran di jalan dan fasad bangunan menjadi saksi kepada zaman milenium di bandar ini. Malah contoh seni bandar untuk menyembunyikan unsur harian.
Google Translation into Malayalam: കെട്ടിടങ്ങളുടെ തെരുവുക���ിലെയും മുൻഭാഗങ്ങളിലെയും ചില വിശദാംശങ്ങൾ നഗരത്തിന്റെ സഹസ്രാബ്ദ ഭൂതകാലത്തിന് സാക്ഷ്യം വഹിക്കുന്നു. ദൈനംദിന ഘടകങ്ങൾ മറയ്ക്കാൻ നഗര കലയുടെ ഒരു ഉദാഹരണം പോലും.
Google Translation into Mongolian: Гудамж, байшингийн нүүрэн талын зарим нарийн ширийн зүйлс нь хотын мянга мянган жилийн түүхийг гэрчилдэг. Өдөр тутмын элементүүдийг нуухын тулд хотын урлагийн жишээ ч гэсэн.
Google Translation into Nepali: सडक र भवनहरूको अनुहारमा केही विवरणहरूले सहरको सहस्राब्दी विगतको साक्षी दिन्छ। दैनिक तत्वहरू लुकाउन शहरी कलाको उदाहरण पनि।
Google Translation into Panjabi: ਇਮਾਰਤਾਂ ਦੀਆਂ ਗਲੀਆਂ ਅਤੇ ਚਿਹਰੇ ਦੇ ਕੁਝ ਵੇਰਵੇ ਸ਼ਹਿਰ ਦੇ ਹਜ਼ਾਰਾਂ ਸਾਲਾਂ ਦੇ ਅਤੀਤ ਦੀ ਗਵਾਹੀ ਦਿੰਦੇ ਹਨ। ਇੱਥੋਂ ਤੱਕ ਕਿ ਰੋਜ਼ਾਨਾ ਦੇ ਤੱਤਾਂ ਨੂੰ ਛੁਪਾਉਣ ਲਈ ਸ਼ਹਿਰੀ ਕਲਾ ਦੀ ਇੱਕ ਉਦਾਹਰਣ.
Google Translation into Pashtun: د ودانیو په کوڅو او مخونو کې ځینې توضیحات د ښار د زریزې تیرې شاهدي ورکوي. حتی د ښاري هنر یوه بیلګه د ورځني عناصرو پټولو لپاره.
Google Translation into Persian: برخی جزئیات در خیابان ها و نماهای ساختمان ها گواه گذشته هزار ساله شهر است. حتی نمونه ای از هنر شهری برای پنهان کردن عناصر روزمره.
Google Translation into Sundanese: Sababaraha rinci dina jalan jeung facades wangunan jadi saksi ka kaliwat millennial kota. Malah conto seni urban pikeun nyumputkeun unsur sapopoé.
Google Translation into Tagalog: Ang ilang mga detalye sa mga kalye at harapan ng mga gusali ay nagpapatotoo sa nakalipas na milenyo ng lungsod. Kahit na isang halimbawa ng urban art upang itago ang mga pang-araw-araw na elemento.
Google Translation into Telugu: వీ���ులు మర���యు భవనాల ముఖభాగాల్లోని కొన్ని వివరాలు నగరం యొక్క వెయ్యేళ్ల గతానికి సాక్ష్యంగా ఉన్నాయి. రోజువారీ అంశాలను దాచడానికి పట్టణ కళ యొక్క ఉదాహరణ కూడా.
Google Translation into Thai: รายละเอียดบางอย่างบนถนนและด้านหน้าอาคารเป็นเครื่องยืนยันถึงอดีตนับพันปีของเมือง แม้แต่ตัวอย่างศิลปะเมืองที่ซ่อนองค์ประกอบในชีวิตประจำวัน
Google Translation into Urdu: گلیوں اور عمارتوں کے اگلے حصے میں کچھ تفصیلات شہر کے ہزار سالہ ماضی کی گواہی دیتی ہیں۔ یہاں تک کہ شہری آرٹ کی ایک مثال روزمرہ کے عناصر کو چھپانے کے لیے۔
Google Translation into Uzbek: Ko‘chalar va binolar fasadidagi ayrim detallar shaharning ming yillik o‘tmishidan guvohlik beradi. Hatto kundalik elementlarni yashirish uchun shahar san'atining namunasi.
Google Translation into Vietnamese: Một số chi tiết trên đường phố và mặt tiền của các tòa nhà là minh chứng cho quá khứ ngàn năm của thành phố. Thậm chí là một ví dụ về nghệ thuật đô thị để che giấu những yếu tố đời thường.
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micro961 · 7 months
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Dj Faxbeat “Secondo me”
Un testo riflessivo sorretto da ritmi incalzanti e melodie ipnotiche per il nuovo singolo del cantautore di Asti
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«Abbiamo tutti una nostra personale idea sulle cose ma spesso non focalizziamo le energie su noi stessi, tendendo a pensare con la testa altrui. Ho voluto fermare il momento in cui usiamo le parole “secondo me” su poche frasi e verità che abbiamo dentro di noi e probabilmente non ascoltiamo per paura di metterci in discussione.» Dj Faxbeat
“Secondo me” è il singolo d’esordio di Dj Faxbeat, al secolo Fabrizio Russo. Una linea vocale ipnotica, a metà strada tra il rap e il cantato tradizionale, che si sviluppa su una base musicale ricca di ritmi incalzanti. Il cantautore e producer di Asti porta avanti il suo percorso artistico decennale confezionando un brano orecchiabile con un testo mai banale.
Fabrizio Russo, nome d’arte Dj Faxbeat, è un produttore musicale, rapper e cantautore di Asti. Il suo suono è molto distintivo ed immediatamente riconoscibile ed incorpora elementi di musica elettronica, R&B, Funk, Afro.
Nel 2001 fa da dj in alcune date degli allora DDP (oggi produttori del rapper Emis Killa) e produce assieme al gruppo il primo singolo, "Selvaggi" uscito per l'etichetta Blocco Recordz, che vede l'allora poco conosciuto Ale Cattelan in una parte del video.
Nel 2005 crea la One Night “The Flow! Hip-Hop r’n’b night” ed anima le serate dei club della sua città suonando insieme anche ad ospiti come BigFish, Esa e molti altri.
Nel 2009 incide "Origine di Futuro”, un album di 17 brani che vede la partecipazione di alcuni artisti emergenti della sua città natale.
Nel 2012 incide il singolo "Per Ora" con Tormento.
Nel 2013 apre i live dei Club Dogo, J-Ax e General Levy.
Dal 2014 ad oggi inventa un nuovo genere musicale, l'E.S.M, acronimo di Electronic Scratch Music, genere in cui suona il giradischi come strumento musicale.
Nel 2015 vince l'award come Best DJ 2015 dalla WSSA.
Forma assieme a Davide Calabrese e Beppe Di Filippo il gruppo UNTZ di cui ne è tuttora dj e scratcher performer.
Nel 2016 esce “Body”, l'album sperimentale di scratch e strumentali totalmente prodotto e suonato da Dj Faxbeat (con alcune collaborazioni) in cui utilizza il giradischi come voce sui beat.
Suona nei club fino al 2019 quando si ferma in studio per una personale ricerca musicale fino al 2024. L’8 marzo 2024 decide quindi di uscire con il suo singolo “Secondo Me”, sotto il nome di Dj Faxbeat.
Radio date: 8 marzo 2024
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fotopadova · 7 months
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La fotografia documentaria come forma d’arte (sesta parte)
La fotografia umanista
di Lorenzo Ranzato
Introduzione
Con questo articolo completiamo il nostro racconto sul vasto mondo della fotografia documentaria, affrontando il significativo capitolo della fotografia umanista. Com’è facile intuire, la selezione degli argomenti e degli autori trattati è stata del tutto personale: quindi una scelta selettiva e parziale, che trascura inevitabilmente molti altri fenomeni del documentarismo che si sono manifestati nella seconda metà del ‘900.[1]
Come abbiamo visto, questo importante filone della fotografia del ‘900 si afferma a partire dagli anni ‘30, con un comune filo conduttore che può essere ben riassunto in questa frase: “il desiderio di vedere qualcosa riconosciuto come una realtà”[2]. Come ci segnala David Bate, questa aspirazione o volontà di raccontare in modo diretto (straight photography) il reale in tutte le sue manifestazioni “può includere approcci differenti, dove la verità è valutata in termini di interpretazione e rappresentazione”.
In effetti, seguendo il suo ragionamento, possiamo riconoscere all’interno del genere documentario la presenza di due tendenze diverse che si relazionano con il reale in modo oggettivo oppure soggettivo.[3]
A grandi linee, avremo un tipo di fotografia oggettiva o descrittiva che tende a porre un filtro tra fotografo e soggetto, cercando di mantenersi in una posizione neutrale senza farsi coinvolgere all’interno della scena ripresa. Questo tipo di fotografia è comune ad autori che abbiamo già conosciuto nelle precedenti puntate e che si esprimono con modalità espressive diverse: ci riferiamo a fotografi come Albert Renger-Patzsch o August Sander, oppure ai fotografi del Gruppo f/64.
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1-Cartier-Bresson, foto da Images à la Sauvette 1952, “il libro” per eccellenza secondo Federico Scianna
Diversamente, la fotografia soggettiva o espressiva non pone barriere tra il fotografo e il soggetto, anzi vuole entrare dentro le cose che desidera raccontare, cercando di coinvolgere lo spettatore nella narrazione, pubblica o privata che sia. In questo filone molto variegato possiamo riconoscere le esperienze del documentario sociale (in particolare quella della Farm Security Administration) e più in generale quelle del fotogiornalismo – da Robert Capa, il più famoso fotoreporter di guerra, alla Bourke-Withe -, sino ad abbracciare la stagione d’oro della fotografia umanista che si afferma come “la tendenza dominante del documentario postbellico”[4].
A conclusione di questo breve riepilogo, segnaliamo che sul sito di Fotopadova è presente un contributo in due puntate di Guillaume Blanc, La storia della fotografia documentaria, tradotto e pubblicato da Gustavo Millozzi (a cui dedichiamo questo articolo). Una sua consultazione potrà essere utile per inquadrare l’argomento in una prospettiva temporale più allargata, che non solo riassume la storia del documentarismo sviluppatosi nel corso del ‘900, ma va anche alla ricerca dei precursori e di tutti quei fenomeni ragruppabili sotto l’etichetta di “documento”, che rappresenta fatti o persone reali oppure descrive avvenimenti storici.[5]
La fotografia umanista
“L'oggetto della fotografia è l'uomo, l'uomo e la sua vita breve, fragile, minacciata”.
La frase di Henri Cartier-Bresson, registrata in un’intervista del 1951 viene generalmente considerata da molti studiosi un modo per definire “la fotografia umanista”.[6]
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2-Innamorati per le vie di Parigi, foto di Doisneau, Boubat e Izis.
In realtà, questo filone della fotografia soggettiva/espressiva, nasce all’interno del milieu fotografico francese degli anni ’30, dove un nutrito gruppo di fotografi condivide un comune interesse per l’uomo e le sue vicende di vita quotidiana. Particolarmente attenti alla vita della città, ci restituiscono “le figure di un’umanità autentica e sincera: uomini semplici, lavoratori e le loro famiglie di ceti modesti, bambini ricchi della loro innocenza e spontaneità solitaria, o coppie di innamorati rese migliori dalla forza dei loro sentimenti”.[7]
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3-Brassaï, Paris de nuit, libro sulla vita notturna parigina.
La maggior parte dei fotografi umanisti condivide la professione di “reporter-illustratore”, ma ciò non toglie che molti di loro raggiungano lo status di fotografi-autori, grazie all’editoria che costituisce la parte più gratificante del loro lavoro. Valga per tutti il famoso libro fotografico Paris de nuit (1933) del fotografo ungherese Brassaï, che si stabilisce a Parigi nel 1924 dove frequenta l’ambiente surrealista e conosce Picasso. Dopo la seconda guerra mondiale “le flaneur des nuit de Paris” si trasformerà in un “globe-trotter”, grazie a una lunga e fruttuosa collaborazione con Harper’s Bazaar.[8]
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4-Foto di bambini di Doisneau, Ronis, Izis e Boubat
Assieme a lui, ricordiamo i quattro più importanti rappresentanti della fotografia umanista francese: Robert Doisneau, Willy Ronis, Izis e Édouard Boubat che hanno in comune un grande amore per la città di Parigi e per le sue strade che diventano la principale scenografia dei loro scatti. Soprattutto a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, trasmettono al mondo “une certaine idée de la France”, attratti da quanto c’è di incanto o di mistero nei fatti quotidiani oppure alla ricerca di temi cari ad altre arti quali le canzoni, il cinema, la poesia e la letteratura.[9]
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5-Doisneau  Au Pont des Art 1953, Un regard oblique 1948
Ma per il pubblico restano due gli indiscussi protagonisti di quella stagione d’oro della fotografia: da un lato Robert Doisneau, con la sua visione del mondo romantica e compassionevole e il suo sguardo attento a cogliere lo spettacolo permanente della vita quotidiana, che trasforma le anonime persone della strada in attori naturali della commedia umana, trasfigurandoli spesso in figure fantastiche e oniriche [10]; dall’altro, Henri Cartier-Bresson, che nei diversi periodi della sua vita è sempre riuscito a rinnovare il suo sguardo sul mondo, tanto da essere definito l’occhio del secolo e considerato il massimo interprete del cosiddetto “realismo espressivo”, che si contraddistingue per la capacità di saper individuare e cogliere dentro il flusso ininterrotto del tempo l’istante decisivo.[11]
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6- Cartier-Bresson, Hyères 1932, Ivry sur Seine 1955
Il movimento umanista inizia ad avere un certo seguito anche al di fuori della Francia a partire dagli anni ’50, come reazione al terribile dramma della seconda guerra mondiale, con la volontà di affermarsi nel resto del mondo come linguaggio universale accessibile a tutti.
Il movimento raggiunge il suo apice con la Mostra The Family of Man - organizzata da Edward Steichen al Museum of Modern Art di New York nel 1955 - che assume una risonanza planetaria, grazie ai suoi messaggi di fratellanza universale e di dignità dell’uomo, di speranza e di condivisione di un medesimo destino. È un progetto grandioso, costituito da 503 fotografie provenienti da 68 paesi diversi, che diventa la più grande manifestazione nella storia della fotografia e che verrà esposta negli anni successivi in molte parti del mondo.
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7- The family of man, 1955
Alle fotografie di grandi autori come Ansel Adams, Henri Cartier-Bresson, Robert Doisneau, Édouard Boubat, Robert Capa, David Seymour, Bill Brandt, Elliott Erwitt, Eugene Smith, Robert Frank, August Sander, Sabine Waiss, Margaret Bourke-White, Richard Avedon, Garry Winogrand, si affiancano immagini di fotografi meno noti, mentre altre fotografie di Dorothea Lange e Russel Lee provengono dall’ archivio della Farm Security Administration, realizzato negli anni della Grande Depressione statunitense.
Come abbiamo già detto nell’introduzione, il movimento umanista diventa la principale espressione della fotografia a livello mondiale a cavallo degli anni ’50 e ’60, ma verrà ricordato anche come uno dei periodi più caratterizzanti della fotografia francese, che dagli anni ’30 fino agli anni ’60 ha avuto il suo centro indiscusso nella metropoli parigina.
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8- The family of man, 1955
Gli anni del secondo dopoguerra sono caratterizzati da importanti trasformazioni politiche, sociali e culturali, dove il generale benessere dell’occidente, sostenuto dal boom economico, convive con “la guerra fredda” e il rischio nucleare. Ma già negli anni ’60 iniziano a manifestarsi fenomeni di crisi, alimentati anche dalla contestazione dei tradizionali valori borghesi da parte delle giovani generazioni in nome di una nuova ideologia libertaria: contestazione che raggiunge l’apice nel 1968, che verrà ricordato come l’anno delle grandi manifestazioni di piazza e degli scioperi dentro le fabbriche e le università. 
Nello stesso tempo, con l’affermarsi del pensiero liberale e il propagarsi di nuove forme di consumismo, al di là dell’oceano gli Stati Uniti acquisiscono progressivamente un ruolo egemone a livello mondiale, diventando la principale forza trainante dell’economia di mercato, che porterà a radicali cambiamenti anche in ambito culturale.
In particolare nel campo delle arti visive, assisteremo a un grande sviluppo dell’arte e della fotografia americana - inizialmente influenzate da quella europea - che nel corso del tempo si imporranno autonomamente a livello internazionale. Con lo sviluppo dell’Espressionismo astratto (in particolare l’Action painting di Jackson Pollock) e con l’affermarsi di una particolare forma di street photography tipicamente americana, si aprirà una nuova stagione per le arti visive caratterizzata da una radicale trasformazione dei linguaggi, che segnerà una forte discontinuità con il passato.
Anche il mondo della fotografia a cavallo fra gi anni ’50 e ’60 dovrà affrontare una vera e propria “rivoluzione visiva” attuata da Robert Frank con il suo libro The Americans: dalla critica Frank verrà considerato come l’anticipatore di un nuovo linguaggio che sovverte radicalmente i paradigmi che hanno contraddistinto l’estetica e le più tradizionali forme espressive della fotografia umanista, un linguaggio “informale” che ancor oggi possiamo riconoscere in molte manifestazioni della fotografia contemporanea.[12]
---- [1] Ci riferiamo in particolare a quanto già scritto in un mio precedente articolo pubblicato il 18 giugno 2021: I territori del “fotografico”: pittorialismo, documentarismo, concettualismo. Documentarismo va inteso nello specifico significato che gli attribuisce David Bate nel suo libro La fotografia d’arte, (Einaudi, 2018). Bate prova a reinterpretare il mondo della fotografia, della sua storia e dei suoi autori attraverso tre categorie del fotografico - pittorialismo, documentarismo e concettualismo -, entro le quali circoscrivere i diversi comportamenti della fotografia, così come si sono evoluti a partire dalle origini sino ai giorni nostri: comportamenti che di volta in volta hanno assunto proprie specificità linguistiche e poetiche e che, a mio avviso, in alcuni casi hanno avuto modo di contaminarsi o ibridarsi, soprattutto nella più recente fase della contemporaneità.
[2] David Bate, Photography. The Key Concepts, 2016, Trad. it. Il primo libro di fotografia, Einaudi, 2017, p. 89. 
[3] Bate, op. cit. p. 83.
[4] Bate, op. cit. p. 68.
[5] Gli articoli sono stati pubblicati rispettivamente il 10 dicembre 2022 e il 23 gennaio 2023. Il testo originale è consultabile al seguente indirizzo: https://www.blind-magazine.com .
[6]Ricordiamo che sul sito di Fotopadova ci sono diversi articoli che trattano della fotografia umanista, articoli rintracciabili con una ricerca dal menu collocato in alto a sinistra: Edouard Boubat, sguardo di velluto di Marie d'Harcourt, da: https://www.blind-magazine.com/news/edouard-boubat-a-velvet-gaze/ (trad. Gustavo Millozzi); Henri Cartier-Bresson: “Non ci sono forse - vivere e guardare”, da https://lens.blogs.nytimes.com/ (trad. Gustavo Millozzi); Adolfo Kaminsky: la Parigi “umanista” e popolare (seconda parte) di Lorenzo Ranzato; Templi, Santuari, Cappelle e capitelli della Fotografia: 2, Casa dei Tre Oci a Venezia:“Esposizione” di WillY Ronis, di Carlo Maccà; Sabine Weiss, ultima fotografa umanista, di Gustavo Millozzi.
[7] Si veda: La photographie humaniste sul sito del Ministero della Cultura francese-Biblioteca nazionale di Francia: https://histoiredesarts.culture.gouv.fr/Toutes-les-ressources/Bibliotheque-nationale-de-France-BnF/La-photographie-humaniste-1945-1968.
[8] Brassaï, Photo Poche n. 28, 2009, con introduzione di Roger Grenier e un’ampia bibliografia alla fine. La collezione di questi agili ed economici libretti tascabili, pubblicati dal Centre national de la photographie, presenta un vastissimo catalogo di fotografi con più di 150 titoli.
[9] La photographie humaniste, cit. Segnaliamo anche il libro La photographie humaniste, 1945-1968: Autour d'Izis, Boubat, Brassaï, Doisneau, Ronis..., Catalogo della Mostra omonima, a cura di Laure Beaumont-Maillet e Françoise Denoyelle, con la collaborazione di Dominique Versavel, ed. Biblioteque Nationale de France, 2006
[10] Fra i molti libri si veda il recente: Robert Doisneau, Catalogo della Mostra a cura di Gabriel Bauret, Rovigo 23 settembre 2021-30 gennaio 2022, Silvana Editoriale 2021.
[11] Fra l’immensa bibliografia consigliamo la lettura del libro tascabile: Henri Cartier-Bresson, Gallimard 2008, con testi di Clément Chéroux, storico della fotografia e conservatore per la fotografia al Centro Pompidou. Alla fine, oltre ad un’ampia bibliografia, sono riportati alcuni testi e aforismi di HCB. Ricordiamo una delle sue celebri frasi: “Scattare una fotografia significa riconoscere, simultaneamente e in una frazione di secondo‚ sia il fatto stesso sia la rigorosa organizzazione delle forme visivamente percepite che gli conferiscono significato. È mettere testa, occhio e cuore sullo stesso asse”.
[12] Per un approfondimento si rinvia a: Claudio Marra, Fotografia e pittura nel Novecento (e oltre), Mondadori, 2012. Particolarmente interessanti i capitoli: Sull’onda dell’informale e La grande armata delle avanguardie che racconta il rapporto fra mezzo fotografico e i nuovi fenomeni artistici della Body Art, Narrative Art e Conceptual Art che si affermano nel corso degli anni ’70.
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