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#eretico ad arte
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ATTENTI ALLA LUCE
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Pubblico questa bellissima immagine che ho trovato sul web perchè la trovo particolarmente significativa, oltre che essere graficamente monto bella ed emotivamente molto pregnante. Purtroppo non sono riuscito a risalire all'autore, perchè sicuramente avrà prodotto altre interessantissime immagini.
L'opera è un sunto perfetto della nostra condizione di vita, e non solo, siamo portati ad essere attratti dalla luce, ma dobbiamo sempre stare in guardia perchè le forze maligne non albergano solo nel buio, le forze del male sono abilissime nell'arte dell'inganno e della trasformazione, pur di soggiogare le nostre anime e rubare energia vitale. 
Ci sono molte teorie contrastanti, e la luce potrebbe non essere esattamente la salvezza, potrebbe essere un grande inganno, non a caso in molte simbologie dell'occulto si fa riferimento alla luce come ad una guida superiore, con profusione di personaggi che portano e sorreggono fiaccole, simboli solari e luminosi, concetti come illuminazione. Siamo stati abituati a considerare nero e buio il male, mentre il bene e la vita stanno nle candore e nella luce, ma siamo proprio sicuri che le cose stiano così ? Siamo sempre stati ingannati su tutto, non fidatevi vi dico ! Questa immagine è emblematica, l'indifesa anima vestita di rosso si sente al sicuro in quell'angolo illuminato, ma quell'angolo nasconde un grande pericolo, la luce è solo un riflesso ingannevole, uno specchietto per le allodole. 
Anche dopo la morte è diffusa la leggenda metropolitana che una luce ci accolga per accompagnarci nel cammino, leggende riferite spesso anche da chi ha avuto esperienze post-mortem, ma alcune fonti ci mettono anche in guardia: quella luce potrebbe essere una trappola, un inganno per tenerci legati a questa matrix, a questo gioco di morte e rinascita per tenerci incatenati a questo pianeta, per riportarci sulla Terra a rivivere le stesse esperienze, schiavi di queste forze oscure che si nutrono della nostra energia, e possono farlo solo se noi ne siamo inconsapevoli.
La luce permette a tutti di essere visibili, e quindi controllabili, nella luce nulla può essere nascosto, solo nell'ombra potrete muovermi in uno spazio di relativa libertà. Le grandi tradizioni iniziatiche e spirituali non sono mai state alla luce del sole. Poi è vero, nella storia c'è sempre stato qualche strano personaggio che ha osato sbandierare la verità ai quattro venti, ma ogni società ed ogni epoca ha le sue strategie per isolare queste schegge impazzite prima che diventino contagiose, prima con lammonimento verbale: pazzo, eretico, visionario ! Poi, il passaggio successivo, con la neutralizzazione, ed ogni società in ogni tempo ha ed ha avuto i suoi strumenti efficaci: rogo, manicomio, gulag, radiazione dall'albo... che giocano tutti sulla paura! Solo quando non hai più paura puoi veramente definirti libero.
La Natura ci offre sempre tanti e validi esempi, pensate alle falene, alla farfalline notturne o altri piccoli volatili per esempio: attratti come sono dalla luce, finiscono sempre con il bruciarsi.
Nulla è quello che sembra, per questo siate sempre vigili, e non accontentatevi mai delle spiegazioni comuni, abbandonate le cose normali, sono solo distrazioni, siate sempre curiosi, indagate e cercate, instancabilmente... 
Watch out for the light!
I publish this beautiful image that I found on the web because I find it particularly significant, as well as being graphically beautiful and emotionally very pregnant. Unfortunately I have not been able to trace the author, because surely he will have produced other very interesting images.
The work is a perfect summary of our life condition, and not only that, we are led to be attracted by light, but we must always be on guard because evil forces do not dwell only in the dark, the forces of evil are very skilled in art of deception and transformation, in order to subjugate our souls and steal vital energy.
There are many conflicting theories, and the light may not exactly be salvation, it could be a great deception, it is no coincidence that in many occult symbols light is referred to as a superior guide, with a profusion of characters who carry and support torches, sun and light symbols, concepts such as lighting. We have been used to considering evil black and dark, while good and life are in candor and light, but are we really sure that this is the case? We have always been deceived about everything, don't trust me I tell you! This image is emblematic, the defenseless soul dressed in red feels safe in that illuminated corner, but that corner hides a great danger, the light is only a deceptive reflection, a lark mirror.
Even after death, the urban legend is widespread that a light welcomes us to accompany us on our journey, legends often referred to even by those who have had post-mortem experiences, but some sources also warn us: that light could be a trap, a deception to keep us tied to this matrix, to this game of death and rebirth to keep us chained to this planet, to bring us back to Earth to relive the same experiences, slaves of these dark forces that feed on our energy, and can only do so if we we are unaware.
The light allows everyone to be visible, and therefore controllable, in the light nothing can be hidden, only in the shadow will you be able to move in a space of relative freedom. The great initiatory and spiritual traditions have never been out in the open. Then it's true, in history there has always been some strange character who dared to flaunt the truth from the rooftops, but every society and every era has its own strategies to isolate these crazed splinters before they become contagious, first with the verbal warning: crazy , heretic, visionary ! Then, the next step, with neutralization, and every society in every age has and has had its effective tools: stake, mental hospital, gulag, disbarment… all of which play on fear! Only when you are no longer afraid can you truly define yourself as free.
Nature always offers us many valid examples, think of moths, moths or other small birds for example: attracted by the light, they end up getting burned.
Nothing is what it seems, that's why always be vigilant, and never settle for common explanations, abandon normal things, they are just distractions, always be curious, investigate and search, tirelessly…
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mammaale · 3 years
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storie Un buon caffè.. e una storia... Serve solo questo..
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storie in discesa... adolescenza turbolenta
joele e' una ragazza che fatica a star dietro alle realta della famiglia, troppo rigide e inflessibili alla vita di tutti i giorni, non c e' spazio per chi non ama dio, e non lo dimostra, anche solo fingendo.
joele non e' ipocrita, non vuole dire cio che non sente, ma neanche la verita!! e cioe che le sembra un film.. un film scritto male! , noioso e assurdo, cosi tace..
nel frattempo sogna, ama tanto cantare e ballare .
sono gli anni di saranno famosi , flashdance, e dirty dancing.
dove nell' arte si nasconde la via d' uscita, quella che non fa' sentire la vita troppo pesante.
A casa tante responsabilita' , il nonno ha ormai la demenza senile el a madre si dedica a lui e a suo marito, che spesso ha crisi d 'ira, joele ha paura di lui, la sua rabbia non segue mai uno schema.
qualsiasi cosa potrebbe farlo uscire di se,' cosi vive con il fiiato sospeso, respira in silenzio. quel silenzio assordante dentro di se'.
gli impegni religiosi prendono gran parte della settimana, e tutto il fine settimana, poche compagnie, poco svago , nel frattempo la scuola va male, molto male, studiare e' impossibile, il tempo e' tutto impegnato per il resto, ma alla sua famiglia non importa.
La scuola..., studiare non e' una priorita , il nuovo mondo e alle porte, bisogna dedicarsi a quello, quando sara' piu grande si sposera' , non dovra lavorare per forza , suo marito portera' lo stipendio... dice la madre.
tu pensa solo a essere una brava cristiana, e a essere sottomessa a tuo marito
"ma sottomessa di che" pensa, "io sono per la parita' di diritti, al massimo sono per le predisposizioni, sottomessa... siamo tutti uguali, ma dov siamo nell islam???"
"pero" lo dice tra se e se,ha paura , "qui a parlare si rischia", sei quasi un eretico, e non vuole certo finire come galilei.....
la madre ha sempre piu bisogno di lei, si proprio di lei, sua sorella piu di grande di 10 anni, non si capisce bene cosa faccia, e suo fratello, si e' gia sposato, be pensa ..
forse ha fatto bene almeno ora fa cio che vuole, il matrimonio e visto come una liberazione dalle imposizioni della famiglia, nessuno dei 3 ha un diploma, un lavoro serio, nessuno di loro ha ambizioni.
ma e 'cosi che deve essere??? si deve gia' vivere di rassegnazione come uno che ha 80 anni che ormai non puo piu cambiare la propria vita????
ora il dilemma e'
seguire le loro tracce.. o continuare insistere in cio che le piace
o almeno prova a fare l universita?? mah.. qui neppure un diploma!!!!
cosa fara'?!. continuera ad ascoltarsi?!.. dara' retta a queste pressioni?!
smettera' di lottare ancor prima di cominciare...???!
La scala e' in discesa
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guidabruttadipadova · 7 years
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Chiese Brutte (Volume 1)
di Lorenzo Innocenti
È pregiudizio  diffuso che le chiese postconciliari siano irreparabilmente brutte.
Ammassi apocalittici di calcestruzzo, ingombri inconcepibili di cemento armato, testimonianze inquietanti di un’epoca di cui si apprezzano le premesse ma si ripudiano le conseguenze... questi luoghi ci pongono di fronte ad alcune considerazioni di ordine etico, estetico, eretico.
Perché la Chiesa - cui universalmente si rende grazia non tanto per l’opera caritatevole, quanto proprio per l’eredità architettonica e artistica che ci ha lasciato... perché ha rinunciato così deliberatamente alla bellezza?
È una scelta cosciente quella di abbandonare la ricercatezza del contorno? Si desidera in questa maniera enfatizzare il peso del contenuto, il cuore del proprio messaggio?
E sopratutto- andando in fondo al pregiudizio, senza accontentarsi di rimanerne sul pelo, in superficie: queste chiese benedette sono davvero così brutte?
Voglio dire, da fuori si direbbe di sì. Ma dentro?
Partiamo per questa indagine - a metà tra il mistico ed il mastico - dalla church del Cristo Risorto, via Cardan, 35129, Mortise.
L’esterno ci rassicura, dimostrando inequivocabilmente tutta la sensatezza dei nostri preconcetti.
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Un trionfo di cemento a presa rapida, un trabocchìo di Portland 325 a resistenza iniziale ordinaria, una festa barocca di silicato tricalcico.
Eppoi, avventurandoci all’interno, non restiamo delusi.
Qui tutto è pop, ogni cosa è pensata per risultare al passo coi tempi.
Dall’avviso in entrata, traboccante ironia 4.0.
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All’uno-due di arte contemporanea che ci stringe alle corde e manda quasi al tappeto.
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Fino al revisionismo storico di un Cristo Signore Nostro (imponente, saranno 20 metri di altezza) che invece di venire crocifisso ascende al Cielo in “Hang Five” su di una tavola da surf.
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#AdMaioremDeiGloriam
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celandoildolore · 7 years
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L'arte.  Io ho un concetto molto strano dell'arte, contorto direi, contorto come la società in cui sono cresciuto forse, qualcuno mi riterrà un eretico o un fannullone che parla di ciò che non conosce, ma non m'importa. Per me l'arte non è il quadro che dipingiamo o ammiriamo, non è la musica che componiamo o sentiamo, non è la canzone che cantiamo o ascoltiamo, l'arte non sta nelle rime perfette di una poesia o nelle splendide sfumature di colore di un quadro ma nel significato delle parole della poesia stessa e nelle pure emozioni che il pittore voleva trasmetterci attraverso i colori e le linee del quadro.  Io sono un pessimo disegnatore, non saprei dipingere nemmeno casa mia, non so suonare nessuno strumento e se mi mettessi a cantare probabilmente i vicini chiamerebbero la polizia pur di farmi smettere, eppure adoro l'arte, adoro farla e ammirarla, sì perché anche se non so cantare, suonare, dipingere e nemmeno disegnare, credo comunque di poter fare arte, perché uno che ha la mia stessa concezione di arte vede arte ovunque, in una foto che ad altri sembra stupida, in un disegnino insulso, in una frase apparentemente semplice, in un'espressione facciale, in un sorriso, in un tramonto, in un cielo stellato, in un prato d'erba che ondeggia col vento, in un sorriso, in un movimento del corpo, in un urlo, in un abbraccio, in un bacio, in un amore, in un sogno e addirittura nel dolore, nella disperazione, nella paura, per me nulla è arte ma tutto lo può diventare, perché per me l'arte è passione e la passione la si può mettere in qualsiasi cosa o attività che ci piace fare, infatti persino il ballo può essere arte, il semplice movimento del corpo a ritmo di musica, di per sé non è nulla, soltanto un movimento senza nessuna finalità reale, ma quando c'è la passione cambia tutto.  In poche parole : per me l'arte è qualsiasi cosa sia stata "insaporita" con della VERA passione.
celandoildolore
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persinsala · 6 years
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Per la seconda giornata di Ad Arte, una nuova esplosione di colori, suoni e pubblico invade Calcata.
Il progetto di Igor Mattei e Marina Biondi, in collaborazione con Upter Università Popolare di Roma, Isola del Cinema, Distribuzione Indipendente e Welcome Theatre, rappresenta ormai una vera e propria boccata d’ossigeno, un salutare addio all’agosto e all’estate al tramonto.
La dimensione comunitaria di cui più volte abbiamo raccontato i meravigliosi contorni, la qualità complessiva della manifestazione, l’esuberanza delle sue maestranze sono caratteristiche affatto scontate per un festival indipendente e autoprodotto o, come direbbero gli stessi organizzatori, eretico, resiliente e utopico, in direzione ostinata e contraria.
Sono queste le sensazioni che anche questa edizione sta lasciando sedimentare e che, facendo il paio con un trend positivo lungo cinque anni, continua a veder crescere il positivo riscontro di un pubblico sempre più variegato, mentre la stampa, soprattutto la nuova intellighenzia online, sembra distratta e in altre faccende affaccendata per notare e occuparsi di un contesto artistico fertile, ma senza torte da spartire.
Ricchissima la programmazione iniziata la mattina presto con i «canti di tradizione, di lotta, d’amore e di migrazione dal centro Italia» di Stefania Mellace e Davide Marzattinocci e l’interessante presentazione del libro Il tempo interiore dedicato ad Andrej Tarkovskij con lo scrittore Filippo Schillaci.
Controversa la parte teatrale e due gli eventi quantomeno discutibili. Il primo, la pseudo-poetica esaltazione della ricerca de Il goal perfetto che caratterizzerebbe il calcio secondo Dino Giarrusso, un racconto introdotto da stralci da Camus e Pasoliani (noti pasionari del gioco), subito sprofondato nell’assoluta banalità e nell’unica virtù della brevità. Virtute che non ha accompagnato, d’altro canto, il secondo inciampo della giornata, ossia la retorica autocelebrazione del viaggio autobiografico proposto Mita Medici  nel ’68, anni formidabili di cui la celebre ragazza del Piper ha vissuto in prima persona eventi e aspirazioni. Un happening apparentemente informale e accompagnato dalla bella chitarra di Andrea Simone che, coniugando la sfera del proprio privato a quella pubblica e collettiva, ha lasciato affiorare una fastidiosa percezione di narcisismo di chi, da anima bella, cerca di convincere (se stessa forse più che il pubblico) del proprio status di rappresentante di una generazione della meglio gioventù. L’idea di raccontare con musica, citazioni (Dante, Constantino Kavafis) e autocitazioni (sic!) la Storia attraverso l’intreccio con le proprie storie ha così composto un viaggio a ritroso nel tempo, a una rivisitazione stucchevole e senza appeal di luoghi, costumi e sogni di quell’epoca controversa che fu (anche, ma non solo) dei figli dei fiori.
Divertenti e molto apprezzati, invece, Sulla legge di Murphy – conferenza semiseria sul senso della vita di e con Tommaso De Santis (una ricerca – da affinare, ma capace di strizzare l’occhio alla cronaca politica più recente – del celebre paradosso secondo il quale «se qualcosa può andar male, andrà male» e dei suoi relativi corollari), Lo gran diluvio – racconto n1 di e con Antonio Manzini (parodia del celebre episodio del libro della Genesi, resoconto di un nuovo intervento divino per rimettere le cose a posto affidato al più imbranato degli angeli) e Storia di incroci e d’anarchia, spettacolo vincitore dello Short Lab del Cometa Off di Roma, esilarante interpretazione di e con Veronica Milaneschi di una donna dipendente dalla rabbia nei confronti del traffico romano e dal Prozac.
Pur essendo ancora lontano dalla chiusura del cerchio, nel restituire compiutamente uno stralcio di Grande e piccolo (perturbante testo del geniale Botho Strauss), l’Agadir di Flavio Cipriani, interpretato da Miriam Nori, già rappresenta un suggestivo affresco dell’erranza di una giovane donna nei labirintici meandri della propria mente, mentre la breve messa in scena a cura di Emiliano Russo di Farfalle ha visto giganteggiare il talento maturo di Diletta Masetti accanto a quello ancora acerbo di Luca Avallone in un allestimento che, seppur ancora a livello di reading drammatizzato ha saputo spalancare l’abisso delle paurose condizioni di un rapporto familiare incostante, spezzato e, infine, tragico.
Tuttavia, a essere stata sorprendente protagonista è stata la musica, prima con la deliziosa Gisela Oliviero, che ha suonato e rivisitato musiche della cultura latino-americana, poi e soprattutto con il concerto di Rasna e guests (gli Orange8), band etrusca nel nome, ma attualissima e coinvolgente nel plasmare atmosfere sonore intrise di ironia, spiritualismo e ritmi ballabili. Un’esperienza estetica di valore assoluto per una conclusione di serata oltremodo travolgente ed entusiasmante.
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Del Otro Lado (1)
Del Otro Lado (2)
Il Goal Perfetto
Io Sono Una Figlia Dei Fiori (1)
Lo Gran Diluvio
Sulla Legge Di Murphy (1)
Sulla Legge Di Murphy (2)
Gli spettacoli sono andati in scena all’interno del Festival AD ARTE di Calcata sabato 1 settembre
ore 11:00 – Piazza Vittorio Emanuele II Santonie lu nemice di lo dimonie chitarra e voce con Stefania Mellace e Davide Marzattinocci (durata 40’)
ore 11:00 (dalle) – Face painter e balloon artist per bambini a cura di Tata Mary
ore 12:00 – Granarone L’arte della visione di Andrej Tarkovskij incontro con lo scrittore Filippo Schillaci e presentazione del suo libro Il tempo interiore
ore 16:00 – Piazza Vittorio Emanuele II Del Otro Lado di e con Gisela Oliviero
ore 17:00 – Via Tripoli Sulla legge di Murphy – conferenza semiseria sul senso della vita di e con Tommaso De Santis (durata 30′)
ore 19:00 – Piazzetta Porta Segreta Farfalle mise en espace a cura di Emiliano Russo con Luca Avallone e Diletta Masetti (durata 35′)
ore 19:30 – Rupe dei Massimo Il goal perfetto di e con Dino Giarrusso (durata 8′ – Via Sinibaldi 21/29)
ore 20:30 – Via Cavour – Rupe dello Scorpione Lo gran diluvio – racconto n1 di e con Antonio Manzini (durata 30′)
ore 21:00 – Via della Scuola Storia di incroci e d’anarchia di e con Veronica Milaneschi regia di Patrizio Cigliano (durata 12′)
ore 21:30 – Rupe Maggiore Io sono una figlia dei fiori – tutto può succedere happening con Mita Medici alla chitarra Andrea Simone (durata 45′)
ore 22:15 – Piazzetta Porta Segreta Agadir di Flavio Cipriani da Piccolo e grande di Botho Strauss con Miriam Nori regia di Flavio Cipriani (durata 15′)
ore 23:00 – Piazza Umberto I Rasna e guests musiche originali di Edù Nofri con Edù Nofri
foto di Stefano Massimo
Let the music play / Ad Arte 2018 Per la seconda giornata di Ad Arte, una nuova esplosione di colori, suoni e pubblico invade Calcata.
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pangeanews · 7 years
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Il libro di Davide Brullo è stato selezionato per il Campiello. “Prima lo vinco, poi fondo una eresia”. Intervista sotto la neve
Dunque, è tutto finto…
Ovvio. Gliel’ho già detto.
…anche i racconti in appendice al testo. Ma sono firmati Ivan Bunin, Horacio Quiroga…
Le racconto un aneddoto. Poco prima di andare in stampa mi contatta il curatore della collana di Melville Edizioni, che ha un nome bellissimo – l’editore e la collana consecutiva – ‘Gli Impossibili’, come a dire che qui ci sono testi antartici e taglienti, che travolgono la norma, che tramortiscono… ad ogni modo. Mi contatta e mi fa: ma a chi dobbiamo chiederli i diritti per i racconti di Bunin, di Quiroga, di Crnjanski, di Saint-John Perse? Non aveva capito che erano totali riscritture, invenzioni, testi assolutamente miei sigillati con la firma di un altro. Quando gliel’ho detto, sbalordito, s’è messo a ridere…
In effetti il suo libro…
Scusi, la interrompo.
Prego, ne ha facoltà.
Secondo me quei racconti sono la cosa letterariamente più bella di un libro poco generoso con l’arte narrativa. Per questo, chi ha voglia di uno shock estetico – io lo cerco con follia nell’iride – può partire dai racconti, può partire dal fondo. Poi, risalga a piacere, questo libro si può leggere come vi pare. Cioè?
Il libro è allo stesso tempo romanzo, raccolta di racconti, antologia lirica, saggio, testo teologico, teologia poetica, tomo filosofico. Certo, il sogno recondito è che intorno alla fatidica Lettera di San Paolo Apostolo a San Pietro, redatta dal fantomatico – ma plausibilissimo – Pseudo-Paolo, qualcuno fondi una setta, una vegetativa eresia. D’altronde, non si scrive per avere lettori ma per procacciarsi dei sudditi. Per me, graziato dalla vita, trovare un lettore, un complice, è una grazia.
…che visione ‘agonistica’ della letteratura…
Il problema, piuttosto, è che la letteratura recente è in agonia. Nessuna idea prepotente, furibonda, estrema. Dopo, chessò, Joyce-Céline-Broch – ma anche dopo Calvino-Pasolini – ci si ostina a scrivere come se non fosse accaduto nulla, come se in medicina si ignorasse l’esistenza dell’antibiotico in favore di patetiche erbe medicamentose, come se si credesse ancora alla terra piatta, che piattume. Dopodiché, l’arte è sempre ‘agonistica’, sgomita. Un libro è come un bambino che urla e spacca le finestre finché qualcuno non lo ascolta e non si inginocchia a nutrirlo. Un bambino crede di essere il primo essere al mondo, l’unico – pretende che tutti s’inchinino al cospetto del suo ghigno. Così un libro. Si scrive per essere i soli, per svanire nel proprio libro, per donarlo a chi dovrà ricostruire l’alfabeto, soppiantando vocaboli e vocabolari.
A proposito di ‘svanire’: lei nei suoi libri sembra non voler esistere.
Esistono i libri – gli autori sono un mezzo, uno strumento, casuale. Io, letteralmente, non so quello che ho scritto. Se mi chiedesse ora di dettagliare le opinioni espresse nel mio libro, non gliele saprei ripetere, non le ricordo più. Non sa le lotte con gli editori per far sparire il mio nome al posto dell’autore… l’autore muore nella sua opera, ha la dottrina della povertà.
Cosa significa, concretamente?
Prenda questo libro. Volevo fosse stampato con la dicitura ‘a cura di Davide Brullo’. Davide Brullo non conta niente, è lo strumento suonato da altri. Ma in questo Occidente ogni opera d’arte ha bisogno di un ‘autore’. Manco lo scrittore fosse un Armani qualsiasi: ma chi l’ha scritto il libro di Giobbe, o Isaia, o l’Apocalisse o l’Odissea? L’autore è sempre altrove, il libro è il residuo di una morte, come la pelle vecchia del serpente, dopo la spoliazione, la metti in controluce e assisti a scritture ataviche, a geroglifici di ambivalente bellezza.
Torniamo al libro. Precisando alcune cose. Incontro Brullo nella bufera. Qualcuno, con un’ascia di pietra, pare aver sbudellato il cielo. Nevica da giorni. Riccione. Spiaggia bianca. I bambini, corazzati come fossero a Sestriere, usano il bob al posto del surf. La casa di Brullo è angusta, come la gola di una iena. Libri ovunque. Una grossa mappa di Antartide appesa su una parete (“progetto una gita lì, nell’assoluto bianco, dove la luce ti acceca e le mani si gelano, impedendo la scrittura, e le labbra si disseccano, come se Antartide fosse il dito ustionante dell’angelo”, mi dice, e lo devo bloccare, parlerebbe per ore di ogni singola sciocchezza). Alcuni quadri, nitidi e primordiali, dell’amico Marcovinicio. Un disegno raffigura Céline, un altro Brodskij (“non ho soldi per collezionare arte, un esercizio scemo: i quadri che vede sono doni, regali di amici. I disegni, invece, sono di Marco Carnà, un artista impeccabile: li aveva fatti per ‘il Domenicale’, un giornale per cui ho lavorato molti anni fa. Quando il giornale è fallito, li ho rubati”). Veniamo al libro…
Prego.
Nel suo “Pseudo-Paolo” ipotizza, si capisce dal titolo, una apocrifa “Lettera di San Paolo Apostolo a San Pietro”. Il libro, in effetti, è la minuziosa ricostruzione del ritrovamento di questa lettera – il 4 dicembre del 1989, presso la Biblioteca universitaria di Swansea, nel Galles, all’interno del commento alla ‘Lettera ai Romani’ di Sant’Agostino, di mano medioevale – la traduzione di questa lettera, fortemente, follemente annotata e il suo audace commento. Con tanto di rinvenimenti testuali in alcuni scritti letterari (quelli citati sopra) e una folta bibliografia, che occupa 12 pagine…
A cui sono molto legato.
Perché?
Perché nella bibliografia ho fatto la rassegna dei miei amici. Esempio “Floccari J., ‘Di lei amerai tutto’. Esperienze di amore assoluto da San Paolo a Marina Cvetaeva, Torino, 1998” è un libro assolutamente fittizio. “Floccari J.” è il mio caro amico d’infanzia Jonathan Floccari, che abita a Torino e fa il medico della mutua. Nella bibliografia, però, ci sono anche libri autentici: al lettore il gioco di scovarli. Il bello della letteratura è quando il lettore non capisce dove inizia la finzione e dove si deterge la verità, ma poi, cos’è mai la verità? Un bla bla che va avanti da millenni.
Pazzesco.
Macché. Banale. Pigliamo l’incipit del testo. I dati li ha riassunti lei poco fa, nell’assunto precedente. Il 4 dicembre del 1989, data in cui è stata scoperta la fatidica lettera dello Pseudo-Paolo, è morto, nella realtà, mio padre; Sant’Agostino è l’autore capitale della ‘cattolicità’, ma è scontrandosi con la Lettera ai Romani che Lutero – agostiniano – piglia la sua via; Swansea è la città di Dylan Thomas, il poeta che ho amato da ragazzo. Come vede, è facile costruire una cattedrale di vetro con la propria carne, edificare l’abominio della finzione fondandosi sulla propria biografia.
Veniamo ai temi del libro, sono molti. Ad esempio, cito dal testo della Lettera, “Dio è morto, definitivamente”, le chiese “sono un rifugio temporaneo… dovranno essere distrutte”, “dobbiamo ripercorre il dolore dei suicidi fino a riesumarne l’atto – e risolverlo”, “Dio si fa dire dagli incapaci”…
La fermo. Questi temi non si risolvono nel ring di una intervista. Bisogna fare come gli antichi, i rari. Sedersi, centellinare le parole, valutarle come fossero pietre. Per un riassunto sommario dei temi trattati nella Lettera basta andare a pagina 30 del libro. Il resto non si assolve con parole definitive. Le parole vanno abitate, come canoe, circoncidono convinzioni e convenzioni. Comunque, non c’è nulla di ‘eretico’ in quello che scrivo. Anzi. Pensi all’ultima asserzione. ‘Dio si fa dire dagli incapaci’. Beh, Mosè era balbuziente, Saul fugge sotto un tavolo per scampare l’investitura, Davide è l’ultimo e il più fragile dei figli di Iesse, Giona è un codardo, Isaia ha le labbra sceme, Paolo di Tarso è un persecutore… Il bello del cristianesimo è che è inafferrabile: Paolo, l’edificatore di chiese, non ha mai incontrato Gesù eppure è impastoiato in Cristo, ha l’ansia avventuriera del convertito; Pietro, sul cui nome Gesù edifica la Chiesa, tradisce tre volte ed è adornato dall’epiteto ‘Satana’. Lo stesso Gesù, è compassionevole, ma porta la spada e la divisione; parla nella sinagoga ma anela il deserto; recide il legame con il mondo ma vive nel mondo seminando tra tutti, poveracci o mercanti, ultimi o primi – perché tutti, in fondo, sono egualmente caduti, ultimi. Tornando alla sua domanda. Io mi domando perché si sia interrotta la linfa creativa all’interno del mondo cattolico, del mondo religioso. La Bibbia prolifera storie, e io credo nella creatività del cristianesimo. A partire da quelle storie – per alcuni sacre, per altre semplicemente belle – continuiamo a raccontare storie. Mi accodo dopo tanti altri.
Se preferisce, parliamo dell’anomalia del libro. Un romanzo che di fatto è un saggio, anzi, il commento a un testo fittizio.
Non è una pratica nuova. Questo è il terzo libro di una serie. Il primo, Rinuncio, simulava il diario di Benedetto XVI, negli ultimi giorni della sua vita. Il secondo, Ingmar Bergman. La vita sessuale di Franz Kafka è il soggetto di un film sulle perversioni di Kafka ipotizzato da Bergman e pubblicato dalla figlia insieme al suo quaderno di appunti. Il prossimo – se ne ho le forze – sarà il carteggio ritrovato – e fasullo – tra Boris Pasternak e Marina Cvetaeva, parte del quale – la parte più corposa e presumibilmente illuminante –, nella realtà, è andato perduta durante la Seconda guerra (lo racconta Pasternak nella sua autobiografia). Sa qual è il problema, comunque?
Dica.
Io non ci credo più.
Non credo più al tizio che scrive un libro, lo vende all’editore, lo compri in libreria e cominci: ‘Marco si alzò dal letto alle tre di notte, una leggera indigestione di peperoni gli aveva rovinato il sonno, senza accorgersi che la moglie, al suo fianco, era morta’. Ma chi ci crede? Se voglio leggere una storia, mi accartoccio nel letto con Omero o con Conrad. La realtà, oggi, questa realtà in pluridiffusione, che ci perfora gli occhi con chiodi di diamante, ha distrutto la possibilità immaginativa. Ha stritolato il nostro cuore con bende di cuoio. Allora… cosa deve fare lo scrittore? Quello che ha sempre fatto. Competere con la realtà. Nel mio caso: costruire documenti del tutto plausibili e del tutto fittizi. Lasciando il lettore alle montagne russe – a proposito, che grandi i russi… – del gioco. Un gioco, sia chiaro, terribile perché vero, come chi sbatte il coltello su un tavolo schivando le dita, magneticamente umane.
Tra le fonti qualcuno parla del Quinto evangelio di Mario Pomilio, altri citano Fuoco pallido di Vladimir Nabokov oppure Sergio Quinzio. Va detto, inoltre, che lei è laureato in letteratura cristiana antica e che ha esordito nel 2003 con una ‘testoriana’ traduzione dei Salmi.
Mi sono laureato con una tesi estetico-estatica. Ho indagato la glossolalia in San Paolo (se ne parla nella prima lettera ai Corinti, capitoli 12-14). La glossolalia è il ‘parlare in lingue’, il linguaggio che unisce, in incomprensibile unione, il fedele a Dio. Quel linguaggio, di cui vi sono esempi vivi nella storia della letteratura – da Dante ad Artaud, da Hölderlin a Zanzotto – è la quintessenza, a mio parere, della poesia. Chi scrive deve inventare un linguaggio nuovo fottendosene dell’‘edificazione’, concetto che stava a cuore a San Paolo. Il mio professore, Remo Cacitti, era amico di famiglia di Pasolini e di David Maria Turoldo. Quanto alle fonti, sbizzarritevi pure. La realtà è molto più banale. Dalle sue origini ancestrali la letteratura italiana si occupa di Dio (Dante); la letteratura moderna, poi, nasce con uno che usa magistralmente l’espediente del ‘manoscritto perduto e ritrovato’ (Alessandro Manzoni). Rischiando di essere avanguardista, sono uno che si allea alla tradizione. Non capisco perché i letterati italiani si siano dimenticati di Dio, il tema ineludibile della letteratura.
Lei è stato selezionato con il suo libro al prossimo Premio Campiello…
Sono felice per l’editore. Non sarebbe male vincere il premio che andò a Pomilio, a Giuseppe Berto, a Gesualdo Bufalino. Sarà il solito annaspare nel niente.
Lei al Campiello è già stato.
Già. Nel 2014. Con Rinuncio. Il libro piacque all’allora presidente di giuria, Monica Guerritore, che si spinse a leggerne dei brani durante la giornata di selezione della cinquina, nell’aula magna dell’Università di Padova. La Guerritore disse chiaramente che il libro doveva arrivare tra i finalisti. Gli editori ‘big’ si toccarono le palle e fecero lo sguardo cattivo; i giurati pigliarono questo gesto come una sfida. Il libro, ovviamente, fu il primo degli esclusi, insieme a quello del papà di Vittorio Sgarbi, che fece gran chiasso. Esito: per una piccola casa editrice, davvero autarchica – cioè, che non dipende dai grandi marchi editoriali – è impossibile vincere un grande premio, dove ci sono grandi interessi e un bel gruzzolo. Ma poco importa, uno scrittore gareggia con gli angeli, ruota il collo a Dio, si rivolge alla concatenazione degli umani, del tempo presente e delle sue conseguenze se ne sbatte, tutto, in fondo, è neve.
La neve. Impone il suo ritmo mentre me ne vado via. Brullo mi accompagna per un tratto. Cammina a passi larghi, con la foga dei centauri. Con la mano, consunta dal freddo, afferra qualche fiocco. “Vede? Non sembrano lettere? Cos’è un libro, infine? Non è che una nevicata”.
Federico Scardanelli
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senzabarcode · 8 years
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Eretico Ad Arte. Teatro e Cinema a Calcata dal 12 al 17 luglio.
Eretico Ad Arte. Teatro e Cinema a Calcata dal 12 al 17 luglio.
Eretico Ad Arte è una rassegna di Teatro e Cinema nella suggestiva cornice di Calcata. La manifestazione seguirà il filo conduttore dell’Eresia.
ERETICO AD ARTE, nella scelta delle opere, ha voluto infatti promuovere quelle strade, spesso tormentate, percorse dal libero pensiero alla ricerca della sua verità. Che questo accada nell’anno del Giubileo è per gli ideatori un semplice caso.
“Le scelte…
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pangeanews · 7 years
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Contro la cultura italiana dei “pisciatori di volumi” e dei “cacatori di antologie” facciamo esplodere la granata di Emilio Villa
Indisciplinata, psichedelica violenza verbale. Partiamo da una (s)conveniente didascalia: semmai esiste un autore ‘eccentrico’ – e per chi scrive ogni autore è per sua natura ‘eccentrico’, fa centro a sé soltanto, il suo ombelico è l’agorà del mondo, l’orecchio di Dioniso, la ciliegina sulla torta nuziale della letteratura – nella letteratura italiana recente, costui è Emilio Villa. Eccentrico per interessi – dalla foga biblica alla foia nell’instillare senso all’arte contemporanea, dai graffiti primordiali agli omerici, omerica e memorabile, per altro, è la sua versione dell’Odissea, ancora in catalogo Feltrinelli, evviva – per istinto pubblico e perciò politico – Villa ha pubblicato quasi tutto, ed è moltissimo, per microedizioni d’arte introvabili, la Bibbia, invece, tranne rarissimi acuti, cioè Giobbe, Cantico dei cantici e un brandello di Genesi, se l’è tradotta per se, esercizio esegetico-eretico da fare di San Girolamo un ragù – e per caratura lirica – autore di una poesia imbestiata nell’avanguardia, roba da lascivia verbale, con impeto epico-canzonatorio. Insomma, Villa, che, tra le molte cose, fondò riviste in questo mondo e nell’altro mondo (in Brasile), che fu “consulente storico alla realizzazione del film La Bibbia, iniziato da John Huston nel 1964” (lo testimonia una pubblicazione Mondadori del 1966, The Bible), che fu amico di tanti e di nessuno, che coltivò neologismi per il gusto di sputtanarli, è uno ‘stracult’, un genio smodato, ancora scomodo, evviva due volte. Ora: dal cataclisma delle carte villiane, Aldo Tagliaferri, che di Villa è esegeta estremo, ha tirato fuori una “furibonda invettiva” del 1978 “destinata a essere fatta circolare entro una ristretta cerchia di amici ritenuti compartecipi dello sdegno dello scrivente”. L’invettiva, da titolo volubile La danza dei cadaveri La fiera dei venduti, ora, evviva tre volte, esce dalla teca privata per diventare pubblica. L’invettiva è mirabile per due ragioni. La prima è quella che balza subito agli occhi, anzi, allo stomaco. Villa falcia l’intellettualità italica, i travet che ingoiano gli stronzi dei potenti per scoreggiare sonetti Chanel N. 5, quelli “dediti alle perorazioni alle idolatrie alle leccaculatorie giaculatorie eiaculatorie alle superfetazioni”. Villa azzanna alla carotide di carta i “pisciatori di volumi, pisciavolumoni, raccoglitori d’archivi, cacatori di antologie posizionali posizionistiche edonistiche para statalizzate paralitiche paraculari paraoculari”, mette alla gogna estetica, lui, Pan dei neologismi a go-go, i “travestiti poetici, travestiti da poeti” nient’altro che “cadaveri che sussultano, per nutrire di nuovo liquame la gorgia del linguaggio, la bonza del linguame statalizzato, democratificato”. Che razza di geniaggio sullo shuttle, questo Villa! La sua invettiva, in effetti, sta bene nell’Italia del 1978, nell’italietta del 2017 come nella Roma imperiale di 2mila anni fa. La seconda ragione per cui Villa è un fenomeno sta nel manico. Cioè, nel ‘genere’. Villa ripiglia il canone del ‘poemetto imprecatorio’, la sfilza di bestialità e di bestemmie inferte sul muso dell’avversario, cantandogliele in rima. Di esempi ve ne sono da millenni, da alcuni brani biblici a certi reperti egizi, fino all’Ibis di Ovidio, squisito esercizio di infamie, fino a Giovenale, e su, per direttissima, fino a Jonathan Swift, a James Joyce, a Céline. La sottile arte dell’insulto trova in Villa vette di sublime bellezza. L’invettiva spaccastinchi di Villa è pubblica grazie – va da sé, si direbbe visto il soggetto – alla De Piante Editore, che esiste da un anno, ha un logo miracolosamente spocchioso (Pochi libri per pochi), e stampa, come da programma, pochissimi libri per gente sana di cervello. L’idea è rapace: dare al libro sostanza di opera d’arte. Con contenuti inediti e introvabili (ricercati da Luigi Mascheroni), con artisti che dipingono copertine ad hoc (cercati da Angelo Crespi), e un progetto editoriale da collezione (grazie a Cristina Toffolo De Piante, che di fatto tramuta la bella idea in fatto concreto). I libri – naturalmente in poche copie, numerate – li trovate direttamente qui, costano 30 euro ora per valere – come i quadri – il doppio domani e dieci volte tanto dopodomani. Insomma, enogastronomia bibliomantica. I libri editi fin qui sono speciali: prima di Villa, il Viaggio con Ezra Pound di Piero Chiara – racconto cangiante, che è l’omaggio più bello offerto al grande poeta, a 45 anni dalla morte – la Modesta proposta per quattro trame eversive del duo Fruttero+Lucentini, una chicca giornalistica, e un lotto di lettere inedite di Eugenio Montale a Manara Valgimigli, che raccontano i ‘lati oscuri’ del poeta (Non posseggo nemmeno una Divina Commedia). Tutto questo ci rincuora nei confronti dell’editoria attuale. Perché? Beh, si stampa tanto, di tutto, e quasi nulla è degno di appassionata lettura. Il pamphlet virulento di Villa, allora, è una specie di programma editoriale in acciaio inox.
Girolamo Settanta
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