Tumgik
#ho già dimenticato le ferie
Text
Sono in treno e potre quasi quasi impiegare il tempo per scrivere un po' di cazzate. Cazzate come il mio 2023. Pieno di cazzate. E con il suddetto termine indico quelle cose, decisioni, fatti, avvenimenti avvenuti per mia stessa decisione. Come quella di prendere il treno oggi senza prenotare nonostante ci fosse scritto nero su bianco sull'öbb di riservare. Decisione che mi ha portato a fare un viaggio di due ore seduta sugli scalini davanti al cesso. Ecco, il mio 2023 è stato solo una lunga serie di decisioni simili. In qualche remoto angolo del mio cervello devo aver pensato per tre secondi "mmh qua' c'è qualcosa che non va" per poi dimenticare tutto presa dalla frenesia della vita. No, non della vita. Del "dover fare". Nel mio caso, di dover fare come tutti gli altri hanno fatto. E ancora più grave è che con tutti gli altri mi riferisco a quel gruppo di esseri umani di scarsissima dote culturale che si trova nel paese dove sono nata. Gente che ho sempre odiato. Con molti di loro non ho neanche a che fare da anni. Eppure questo è ciò che fa quella parola orribile chiamata "educazione". Gli esempi di riferimento inculcati nei primi vent'anni di vita. Che cazzo ti porta a fare ah. Ti porta a plasmare la tua vita a idee degli altri. Alle idee di gente che pensavi anche di aver totalmente dimenticato. Alle idee di gente a cui pensavi di non pensare da anni.
Eh niente. Tra una domanda filosofica e un attacco di panico e l'altro un paio di settimane fa sono finita in un bel reparto colore giallo e azzurro ( che combinazione de merda ) con gente un po' strana. Ma anche io sono da sempre strana. Sono? Boh. Mi sento? Sì. Fatto sta che dopo due giorni sono diventata ancora più strana, pure per i miei standard. Presumo, ma non ne sono ancora sicura, che fosse per la mezza pillola blu la mattina. Non mi sentivo così strafatta dal liceo. Mi mancava? Direi di no. Ma dooormivoo finalmente. Non so se sapete di cosa parlo, ma per una persona che da sei mesi dorme circa 15 ore a settimana quando finalmente riesce a dormire una notte di seguito il mondo si manifesta veramente sotto un'altra luce. Uscivo la mattina sull'entrata con l'amico, presumo serbo, con il catetere e pensavo: cazzo ora mi ricordo. Mi ricordo perché pensavo che la vita fosse bella. Perché io davvero lo ho pensato. Per un lunghissimo periodo. Pensavo proprio che la vita fosse bella. Ho passato tanta ma tanta merda nella mia vita ma ci sono stati molti momenti dove io mi svegliavo e pensavo, che bella la mia vita. 
Quest'anno è andato tutto a puttane. Vorrei dire che non so cosa sia successo ma mentirei perché la mia terapeuta me lo ha spiegato, chiaramente, come lei fa sempre. Pure più volte. Succede quando impronti la tua vita sul "dovere". Già la parola "devo" è una stra grande puttanata di suo, se poi questo "dovere" appartiene pure ad altri... allora ti ritrovi nel reparto giallo/azzurro a Innsbruck con me. Magari siamo vicini di letto. Non sono una coinquilina molto simpatica, te lo dico subito. Sto sulle mie. Sembro sembre un po' scazzata ma alla fine sono un pezzo di pane. Però per i primi 20 giorni mi starai sui coglioni di principio, sono sincera.
Comunque, cazzate bei Seite come si dice qua da me, auguro a tutti di fare quel cazzo che volete nella vita. Basta che non mi rompiate i coglioni. Se volete essere barboni su una strada con un cuscino e un cane, vi auguro di poterlo diventare. Se volete lavorare 60 ore alla settimana per accumulare un sacco di soldi su un conto bancario alle Seychelles per pipparvi pure il buco del culo nei tre giorni di ferie all'anno che avete, go for it. Se volete lavorare come cameriere 20 ore alla settimana, thats even better.
Perché questo sarà lo scopo della mia vita d'ora in poi e ci metterò tutte le mie energie: mandarvi tutti a fare in culo dal primo all'ultimo insieme ai vostri consigli di merda non richiesti su come io dovrei vivermi l'unica vita che ho
2 notes · View notes
heresiae · 2 years
Note
Anni fa ho creato un account Gmail per mia sorella. Scrivo a quella mail periodicamente. Quando compirà 18 anni le darò indirizzo mail e password così potrà leggere tutto. Il problema è che io vedo quell'account (a cui ovviamente arrivano solo le mie mail) nella mia applicazione di gmail, ma nella mia grande stupidità ho dimenticato la password, persa. Come faccio a recuperarla? È molto importante per me saperla, anche se in realtà io ho già accesso all'account. Ti prego sono disperata
l'unica che hai è scrivere a Google e sperare che ti diano una mano. non so assolutamente come, ma se non avevi altri indirizzi mail, telefonici o account collegati o un modo qualsiasi diverso per identificarti che non fosse la password, senza l'aiuto interno non credo sia possibile.
in ogni caso potrei starmi sbagliando, quindi chiedo aiuto al lato informatico del tumblo.
e scusami se rispondo solo ora, ma non avevo visto la notitifica. caso ha voluto che proprio quando mi hai scritto sono andata in ferie e tumblr non l'ho esattamente aperto in quel periodo.
4 notes · View notes
corallorosso · 4 years
Photo
Tumblr media
“Ci risiamo. Non è mia abitudine farmi dei selfie, né tantomeno pubblicarli su Facebook. Questo l'ho fatto questa sera alle 22 circa, al lavoro. Non è una foto di marzo o di aprile. In reparto abbiamo ricominciato a ricoverare pazienti COVID con gravi insufficienze respiratorie. Per ora la cosa è limitata, non come a febbraio o marzo o l'inizio di aprile, quando i COVID erano 30 su 30 in reparto più altrettanti ricoverati in altri reparti, quando su 30 pazienti 26 erano ventilati. Ma il Coronavirus non si è dimenticato di fare il suo lavoro, e da bravo virus fa quello che deve :infetta nuovi ospiti per sopravvivere. Niente di più e niente di meno. Noi esseri umani, invece, dall'alto della nostra intelligenza ed evoluzione tecnologica e scientifica, facciamo finta che non esista, qualcuno pensa non sia mai esistito, altri che sia un 'invenzione delle case farmaceutiche o di qualche altra fantomatica lobby segreta. Niente di tutto ciò. Il virus esiste, non è magicamente sparito, e sta mietendo ancora vittime in altre parti del mondo. Da noi ha già dato, ma non sta scritto da nessuna parte che non possa ricominciare a farsi vivo, e, cosa più importante, il virus non lo sa che noi infermieri, medici, oss ed il resto del personale sanitario siamo distrutti da 3 mesi di lavoro intenso, fatto di paura, tensione, preoccupazioni, emozioni intense e continuo contatto con la morte. E non gliene frega un cazzo, al Coronavirus, di tutto ciò. La maggior parte delle persone ormai pensa al mare, alla montagna, all'aperitivo con gli amici, alla gita del week end. Se qualcuno conosce una persona che ha perso uno dei suoi cari a causa del virus, provate a chiedere cosa ne pensa di tutto ciò, delle ferie, del fatto che ci sono dei forsennati che insistono nel continuare a dire di tenere la mascherina. Provate a chiedere e sentite cosa ne pensano. Nel frattempo, noi continuiamo a fare quello che facciamo sempre, anche se adesso non siamo più eroi, angeli o qualunque altro titolo onorifico. L'ultimo paziente della prima ondata è stato dimesso, dal nostro reparto, il 30 giugno. Sono passati 8 giorni. Non siamo più COVID free ma poco importa. Spero che tutto ciò che è stato non si ripeta, ovviamente, ma nessuno ne può avere la certezza, e chi afferma il contrario a mio parere è un bugiardo clamoroso. Su questo virus si sa molto poco, quel poco che sappiamo lo abbiamo imparato strada facendo e lo abbiamo pagato 35000 (trentacinquemila) morti o giù di lì. Col senno di poi è facile parlare, soprattutto da parte di chi non era nei reparti a febbraio, marzo ed aprile. Ciò che abbiamo visto e vissuto in quel periodo non è spiegabile a parole. Solo chi c'era può capire:prima di tutto i pazienti (quelli che sono riusciti a sopravvivere), poi gli operatori sanitari e i parenti dei pazienti per quello che hanno passato, i lunghi periodi senza vedere i loro cari, le attese notturne di una telefonata che, per fortuna, nella maggior parte dei casi non è avvenuta. Solo questi possono capire cosa è stato il COVID, tutti gli altri parlano per sentito dire o ripetono quello che stava scritto sui giornali o che ha ripetuto fino alla noia la TV. Mi fa tristezza e rabbia allo stesso tempo che persone che non hanno la minima cognizione di causa si mettano a pontificare, a esprimere giudizi, a incolpare questo o quell'altro di crimini non meglio precisati. Tali personaggi farebbero meglio a tacere,a mio modo di vedere. La stragrande maggioranza delle persone non si rende conto che il mondo sta vivendo un evento che resterà nei libri di storia, nel bene e nel male. Essere qui a scrivere questo pistolotto per me significa che sono riuscito a sopravvivere per raccontarlo, e per me è un fatto che a marzo non era scontato per niente. Ah, per informazione, io il COVID l'ho beccato (come molti altri colleghi), ho gli anticorpi ma non ho mai avuto sintomi. Ma, a dirla tutta, non mi sento affatto tranquillo anche se gli esami dicono che in teoria sarei immune. Proprio per il fatto che non sappiamo nulla su questo simpatico esserino, e non ci sarà nessun professore che mi farà cambiare idea.” Luca Alini (Luca è un infermiere di Cremona)
13 notes · View notes
ngirardi · 4 years
Text
Day 29
youtube
Quarantena, 7 giorni alla settimana per fare ciò che si vuole, in quali di questi giorni ci mettiamo a fare pulizie di fondo, trapanare muri e rovesciare la casa?
La forza delle tradizioni.
Fatto sta che anche oggi non riesco ad ascoltare i miei pensieri. Pranzo bestemmiando il loro dio, poi esco nel mio quadratino di giardino confinato tra i palazzi. Non c'è nulla da fare o da dire oggi, il vuoto cosmico nel weekend, così viaggio altrove nel tempo e nello spazio, a bordo della mitica Guzzi, era il 20 Agosto del 2017, l'anno più brutto della mia vita. Avevo appena finito di ristrutturare il vecchio V35 ex Carabinieri e non sapevo bene che fare durante le ferie. Così decisi di partire, legai un paio di borse al serbatoio arrugginito, misi in moto e ad una velocità massima di 80 km/h mi lanciai giù per l'Italia, attraverso gli appennini, per strade normali, fino al sud, a trovare i miei amici li in vacanza. Non ero sicuro che avrebbe retto, che avrei retto io stesso ai km, alla fatica, sl caldo, alle sparatorie così comuni nel nostro sud Italia. Ne nacque un'avventura che non scorderò mai e un'occasione per meditare ed elaborare gli eventi tragici che mi erano successi. Viaggiare in moto è una meditazione, si raggiungono stati di torale immersione, o almeno a me succede questo. Ho pochi appunti di quel viaggio, magari li riproporrò, questo è uno:
"Al pressapochismo ci si abitua.
La Salerno Reggio Calabria in moto alla una del pomeriggio è un'esperienza mistica.
Ti appaiono in sequenza Madre Pio, Padre Teresa e Pippo Baudo che salutano alla maniera del Cristo, con due dita in segno di vittoria, tu abbassi la visiera e apri il gas entrando in galleria.
La galleria autostradale in moto è così: di giorno col caldo torrido fa fresco, di sera col freddo c'è un tiepido tepore, cosicchè pensavo di trasferirmi a vivere in una di queste confortevoli gallerie.
La Campania ha un odore caratteristico di copertoni bruciati.
Non è una suggestione da nordico, è proprio così. Nelle periferie e lungo le statali, ovunque brucia qualcosa, infatti anche uscendo dalle città gli odori deliziosi della campagna ricchissima, delle colline profumate di miele-terra-erbe-frutta selvatica e tanto altro, vengono annientati dal fumo dei roghi boschivi.
Non credo alle autocombustioni, non più di quanto credo a #padrepio.
Le strade non sono affatto messe male e probabilmente non tutta la popolazione appartiene a cosche mafiose, sono solo più chiassosi di noi cadaveri del nord e appena ti vedono sanno già da dove vieni.
Ho dimenticato le chiavi e il telefono appesi alla moto mentre facevo colazione con una brioche (qui si chiama cornetto e contiene 2 etti di crema) in una zona autostradale dove di solito al Tg si parla di morti sparati ma non è successo nulla. La gente incuriosita studiava il Guzzi, personaggi con la barba incolta e la canottiera a coste, mi avvicino sicuro che ormai si siano fregati smartphone e bagagli, mi sorridono e chiedono informazioni, vengo da Venezia con questo rottame! Divento il loro eroe della mattinata.
Solito #culo del nordico?
Avvisto l'agognata meta addì 20 Augusto 2017 alla ora tredicesima mezza ed subito m'ingozzo colle prelibatezze del loco, indi mi trasferisco allo giaciglio per riposar le stanche membra.
Dal vostro inviato oltre il Po #testaaltategadura, la linea può per ora passare allo studio, faccio siesta nel bed & breakfast più senza internet d'Italia, quindi finchè non scendo dalla montagna di Castelluccio Superiore (PZ)... un gran CIAONE a chi legge.
1 note · View note
altrovemanonqui · 5 years
Text
Comu veni nda pjamu!
Sono settimane strane. Forse mesi.
Benchè me ne capitino di ogni...ormai non riesco più ad arrabbiarmi. Nemmeno a piangere.
Forse ho finito le lacrime.
Forse ho passato nei mesi scorsi momenti di così profonda paura e orrore che tutto il resto messo a paragone mi sembra quasi “accettabile”.
Eppure ho perso il lavoro. Mi hanno licenziata. Con un contratto che in realtà è in scadenza a Marzo 2020...e convinti che io non avrei avuto alcun problema a firmare le dimissioni🤦🏻‍♀️
Mi hanno licenziata anche se il mio lavoro è sempre stato impeccabile, non mi sono mai assentata (nemmeno per le ferie), mai un giorno di malattia, mai guardato l’orologio per andare via prima,piuttosto dimenticato proprio di guardare l’ora! Da credo 5 anni (forse più) la mia vita è stata progettata in funzione del mio lavoro. Ma per me è sempre stata una cosa naturale. Mi piace il mio lavoro. Lo faccio con cura e attenzione. Lo prendo sul serio. Ne sento la responsabilità.
Eppure sono stata licenziata.
Perché non possono mantenermi lo stipendio. Dicono.
Ma volevano le mie dimissioni.
E alla mia richiesta sono anche favorevoli a scrivermi le referenze quindi io davvero non capisco. Come possono licenziarmi??? Dove sarebbe questa “giusta e grave causa” che gli consente di interrompere così all’improvviso un contratto di lavoro a tempo determinato?
Io rimango perplessa. E fatico a fare i conti con questa realtà. Però ci provo. Devo.
Devo.
È un sabato strano. Saranno strane le settimane a venire anche.
“Comu veni nda pjamu”...e già! 🤷🏻‍♀️
1 note · View note
ribthewhiteviper · 4 years
Photo
Tumblr media
.
        𝐏𝐈𝐄𝐂𝐄𝐒𝐎𝐅𝐌𝐄 ━━ ﹟ᴏʀɪɢɪɴᴀʟᴄʜᴀʀᴀᴄᴛᴇʀ        ﹫ᴡɪᴛʜʀɪᴄᴋᴀʀᴅ   ▸   ❪ 𝗅𝖺𝗌𝗍 𝖽𝖺𝗒, 𝟢𝟦:𝟧𝟩 𝗉.𝗆. ❫         𝐢𝐧 𝐭𝐡𝐞 𝐚𝐧𝐭𝐢𝐪𝐮𝐞 𝐬𝐡𝐨𝐩    ╱    𝐜𝐡𝐚𝐩𝐭𝐞𝐫 𝐬𝐢𝐱   La musica del carillon posto sul bancone principale si diffondeva nel negozio semi-acceso, producendo una sinfonia non proprio precisa a causa di alcuni difetti presenti all’interno del congegno, lasciati lì apposta poiché erano ugualmente una parte integrante dell’insieme e la donna hacker li adorava. Ogni tanto, dunque, era possibile udire un leggero stridio, come se qualcuno stesse graffiando una lavagna inesistente in quel posto apparentemente dimenticato dagli altri, ad eccezione di Zoë che stava sistemando alcune cianfrusaglie nella stanza esclusiva al di là del bancone. Vi rimase dentro per qualche ora finché qualcosa non catturò la sua attenzione: la sinfonia si era interrotta del tutto, qualcuno doveva aver spento il carillon e la donna hacker pensò fosse solo opera di Roman, di cui aveva perso le “tracce” solo perché egli si era impuntato in testa di voler indagare da solo su quella dannata spia che per poco non l’aveva catturato al museo di arte moderna. Forse un giorno quell’orgoglio da maschi lo avrebbe fatto ammazzare. Scoprì invece che si trattasse solo di Rickard, il padre adottivo, con quegli occhiali da vista e quel sorriso sardonico che serpeggiava sulle sue labbra, più beffardo che derisorio. « Di ritorno dalle ferie? » Esordì il padre adottivo con una voce sicura, come qualcuno che la sapeva lunga e attendeva solo il momento giusto in cui l’altro sputasse tutto il rospo. « Già, ma è arrivato il momento di rimettermi a sistemare questo posto con i cataloghi e le ordinazioni. Ti serve qualcosa? » Con la stessa faccia tosta che aveva rubato da Rickard, la donna hacker si accomodò tranquillamente sullo sgabello dietro il bancone, prendendo successivamente un raccoglitore color nero dal primo cassetto per poggiarlo sulla superficie lignea. Sfortunatamente non ebbe nemmeno il tempo di aprirlo che la mano sinistra del padre adottivo andò a premere la copertina del raccoglitore bloccandolo di fatto con un tocco deciso. « Qualcosa non va, papà? » Zoë alzò il capo per incontrare lo sguardo di Rickard, di un nero ancora più intenso di quanto fosse possibile, mentre faceva indietreggiare istintivamente lo sgabello di qualche centimetro, una fastidiosa abitudine che aveva acquisito quando lo stesso padre adottivo le aveva insegnato a combattere; per certi versi si poteva pensare che la donna hacker cominciasse a sentirsi un po’ allarmata, per non dire minacciata, nonostante i coltelli da lancio che nascondeva sotto il bancone. « Tra di noi? Nulla, più o meno. Tra te e la legge? Puoi dirlo forte. » Rickard volle restare ancora sul vago e, nel frattempo, tolse la mano dal raccoglitore, attendendo solo quel “fatidico” momento in cui l’unica figlia che aveva dicesse la verità. « Credo sia troppo tardi per la manfrina sul bere gli alcolici. » Ecco che partiva il meccanismo di difesa della donna hacker, una battuta sarcastica. Ciononostante capì comunque che non fosse il momento di iniziare con la catalogazione, ragion per cui rimise il raccoglitore al suo posto lasciando libera la superficie del bancone ad eccezione del carillon, che aveva sempre la sua posizione fissa. « Non è il momento per le battute sarcastiche, diamine. Vuoi dirmi perché l’Interpol ti stava cercando per chiederti di Roman o preferisci continuare a fingere? » Nonostante le intenzioni iniziali di Rickard, egli comunque non riuscì a trattenersi e dovette lasciarsi andare, ciò era percepibile nel tono della voce che si faceva sempre più allarmato parola dopo parola, oltre al volto diventato leggermente paonazzo. D’altro canto, Zoë sgranò leggermente gli occhi nel sentire suo padre adottivo parlare in quel momento, mettendo però in secondo piano il suo stato d’animo per concentrarsi su ciò che aveva proferito. Stentava a crederci che un’organizzazione internazionale come l’Interpol arrivasse ad interessarsi di lei solo per sapere qualcosa su Roman, soprattutto perché era sempre stata molto cauta con il polacco, tale da non lasciare delle possibili tracce. Nessuno poteva sapere della loro relazione, ad eccezione di Rickard che non era certamente il tipo da mettersi a raccontare la vita sessuale di sua figlia ad altre persone. « Calmati e fai un respiro profondo… » Fu l’unica cosa che Zoë riuscì a dire dopo essersi presa qualche minuto per metabolizzare quel che aveva scoperto, e nel mentre rifletté su cosa dire, lasciando incautamente che i pensieri arrivassero a soffocare la sua mente. C’erano così tante cose non dette che non sapeva da cosa partire, né tantomeno se raccontare a suo padre che stava dando la caccia all’individuo che anni addietro aveva lasciato solo una firma, “The White Queen”, con una donazione di un milione di dollari. « Lo so che non ne hai bisogno, me lo dici sempre, ma mi calmerò quando non avrò alcun motivo di preoccuparmi di mia figlia. » Replicò quasi immediatamente Rickard, togliendosi poi gli occhiali per massaggiare il setto nasale, com’era solito fare quando si sentiva sottoposto a un po’ di stress. « Non ne ho la minima idea, okay? Quando io e Roman ci incontriamo, sicuramente non parliamo di lavoro. » Zoë dovette mentire, e ci riuscì molto bene. Non poteva esporre le possibili ragioni per cui l’Interpol stesse cercando il polacco. Temeva che ciò avrebbe finito per mettere in discussione il rapporto con Rickard o, pensando in una chiave più pessimistica, o causargli un malore, vuoi che sia per lo shock nell’apprendere su cosa stesse realmente facendo Zoë da molti anni a questa parte, vuoi che sia per il fatto che gli avesse mentito per così tanto tempo. « Ci diverti–– »
« Okay, smettila di parlare. » Zoë non ebbe nemmeno il tempo di terminare che venne fermata dalla voce abbastanza aggressiva di Rickard. Iniziarono a guardarsi negli occhi, in silenzio, per qualche lunghissimo momento. Il silenzio piombò in quel negozio, facendosi a tratti imbarazzante, non perché qualcuno avesse dichiarato una cotta verso qualcuno, ma perché il padre adottivo di Zoë avrebbe spezzato il silenzio nella maniera più strana di sempre. « Un agente di nome William Johnson è venuto a bussare alla mia porta dichiarando di lavorare per l’Interpol e di voler fare il possibile per scoprire più su Ramon, oltre a qualcosa come che potresti trovarti in grave pericolo perché è un assassino. Tu… lo sapevi? »
« Cosa? » Chiese con finto stupore la donna hacker, come se stesse chiedendo implicitamente a Rickard di ripetere ciò che aveva detto. Nel mentre sgranò perfino tre volte gli occhi per risultare quantomeno convincente, sebbene dentro di sé detestasse molto l’idea di dover mentire a suo padre. Di nuovo. Tuttavia era anche consapevole che quella bugia fosse l’unica chance per tenerlo al sicuro, evitando così che si immischiasse in qualcosa di troppo grande che probabilmente sarebbe stato difficile nasconderlo. Doveva farlo da sola, con tutte le forze che aveva a sua disposizione. « Non ci posso credere… non lo sapevo. Ma non mi sorprenderebbe, attiro sempre i casi umani. Che stronzo, mi ha presa in giro per tutto questo tempo! » Finse uno sbuffo esasperato mentre si alzava dallo sgabello, come alla ricerca di qualcosa. Avanzò e indietreggiò, e stava pure contando i passi che stava facendo, salvo poi fermarsi contro la sua volontà quando sentì le mani di Rickard premere su entrambe le braccia. « Tu non devi mai più vederlo, chiaro? E prendi la tua pistola, tienila per precauzione nel caso dovesse farsi vedere. La legittima difesa è ancora valida in questo paese. » Il padre adottivo la guardò negli occhi per provare a convincerla ma ella scosse due volte la testa, divincolandosi successivamente dalla presa dell'uomo. Diede le spalle a suo padre osservando nel mentre il suo riflesso sullo specchio posto di fronte. « Lo sai bene che non mi serve una pistola. » La donna hacker fece ritorno al bancone inchinandosi poi per raccogliere alcuni coltelli da lancio che aveva lasciato lì sotto per qualsiasi eventualità, posizionandoli sulla superficie lignea in perfetto ordine. « Mi bastano questi. E... potresti dirmi com’è fatto questo Johnson? Così non mi allarmerò qualora dovesse venire a farmi visita. »
0 notes
comeilsoletramonta · 7 years
Text
Riminicomix 2017 #2
Avrei voluto fare un post più lungo ieri sul Riminicomix, ma ero stanca e non vedevo l’ora di andare a letto. Tuttavia sentivo la necessità di scrivere qualcosa sulla fantastica giornata che vi ho trascorso sabato e così ho buttatto giù le prime due cretinate che mi sono passate per la mente. Adesso che sono leggermente più lucida (non so perchè, ma ho dormito tutt’oggi e sono ancora rintronata, chiedo venia), posso scrivere il degno post che volevo fare ieri… O almeno provarci.
Come avevo già detto, sono andata via con un gruppo completamente nuovo. Era la prima volta che mi aggregavo a loro e mi sono trovata molto bene con queste ragazze. Mi sono sentita parte della squadra, anche se era il mio primo comics con loro. L’idea iniziale era passare la notte di sabato fuori, visto che il meglio del Riminicomix è alla sera. Quest’anno non c’erano spettacoli particolari, però dormire là è un’ottima tattica. All’inizio pensavamo di prenotare un hotel, ma eravamo un gruppetto numeroso (alla fine eravamo in sette) e abbiamo iniziato la ricerca della camera troppo tardi. Fortunatamente i nonni di una delle ragazze hanno un camper e ce lo hanno prestato. Avendo risolto il problema del pernottamento, non abbiamo pensato ad altro per l’organizzazione, se non l’orario di partenza un paio di giorni prima.
Per evitare il traffico, abbiamo deciso di partire intorno alle 8 di mattina e di non prendere l’autostrada ma la statale/tangenziale (noi le chiamiamo “le strade basse”) per essere a Rimini intorno all’ora di pranzo. E’ così che sabato mattina ci troviamo al centro commerciale davanti al Mc Donald’s per fare colazione insieme e poi partire.
I miei sono a Riccione per il weekend, sono a casa da sola da un paio di giorni e non ho nessuno che mi possa accompagnare al Mc. Prendo quindi la mia macchina e la lascio nel parcheggio. Papà si è messo d’accordo con suo fratello affinchè venga a prendere Lory (la mia auto si chiama Loretta, soprannominata affettuosamente Lory) e riportarla a casa. Pensando che i miei due zaini siano d’intralcio nel ristorante e visto che il camper non è ancora arrivato, decido di lasciare i bagagli in auto. Prendo quindi la colazione insieme alle altre e mangiamo nel dehors intanto che aspettiamo l’autista e il mezzo. Mi accorgo dell’arrivo di mio zio e che sta provando ad aprire la macchina con le chiavi di scorta che gli avevo lasciato il giorno prima, ma senza successo. Vado da lui, apro Lory e gli lascio le mie chiavi. Poi torno a mangiare. In quel momento ho avuto il rivelazione: GLI ZAINI! Avevo dimenticato di tirare giù gli zaini! Preoccupata di passare tutta la vacanza senza vestiti di ricambio o altro, lo chiamo subito. Per fortuna non è lontano e torna subito indietro. Scarico il bagaglio e questa volta torna indietro senza altri problemi. La giornata comincia bene, già.
Il viaggio è andato bene, non ci sono stati problemi. È durato tre ore, ma tra sonnellini e risate varie, il tempo è volato. Ogni tanto si ballava sul camper in rotatoria, ma sembrava di essere sulle montagne russe, quindi mi sono divertita un botto.
Abbiamo lasciato il veicolo in un parcheggio per camper custodito, non molto distante dalla stazione dei treni di Rimini. Oltre al posteggio, abbiamo pagato anche la corrente, ma al momento di allacciare i cavi, abbiamo scoperto che il nostro era rimasto a casa della proprietaria. Due di noi vanno perciò alla reception per avere il rimborso della corrente, visto che ne faremo a meno. Incredibilmente però le emissarie riescono a farci prestare un cavo dall’impiegato, quindi cambiamo piazzola per avvicinarci al generatore e allacciamo la corrente. Adesso possiamo prepararci per il comics, intanto che aspettiamo che altre due ragazze ci raggiungano (erano venute in macchina con delle altre loro amiche). Sapevo che alcune di loro stavano preparando un cosplay, ma non immaginavo di essere l’unica a non averlo! Io non faccio cosplay, non ho ancora trovato il personaggio giusto per me. Il massimo del mio travestimento è t-shirt di Casa Stark, jeans e scarpe da ginnastica, alias “la malata di serie tv che vuole farti sapere che l’inverno sta arrivando”, come mi hanno definita. Anche per questa fiera ho con me il necessario per il mio cosplay, ma fa troppo caldo per stare in maniche corte, oltretutto se la maglietta è nera! Demoralizzata, decido di restare in canotta. Però tutte si stanno vestendo e io mi sento fuori posto tra loro, così ho un lampo di genio: la cosplayer in vacanza! Visto che sono praticamente vestita da spiaggia, se abbino un cartello “chiuso per ferie” magari ci faccio una simpatica figura e non sembro la solita pigrona. Cerco allora nella mia borsa qualcosa su cui scrivere e trovo la prenotazione dell’hotel per il Riminicomix dell’anno scorso. È un segno del destino: devo fare la cosplayer in vacanza! Prendo una penna e ci scrivo sopra “cosplayer chiuso per ferie”. Adesso che sono arrivate tutte e tutte sono vestite, andiamo al Piazzale Fellini.
Anche se era il primo pomeriggio, ci sono già molti cosplayer in giro. Alcuni veramente fatti bene, altri meno, altri sono i classici abituè del Rimini, qualche bella sorpresa, tipo il cane vestito da Goku o il T-Rex cavaliere jedi. Nei padiglioni non si gira per la troppa gente, ma i cosplayer in riva al mare non mancano. Verso l’ora di cena torniamo al camper per cambiarci, preparare i letti per la notte e poi uscire nuovamente per la cena. Non torniamo indietro fino a tardi. Dormiamo striminzite: nei letti matrimoniali stiamo in tre invece che due. Lo spazio vitale è poco, ma per una notte resistiamo.
La mattina dopo ci svegliamo presto e ci prepariamo per andare in spiaggia. Prima però facciamo colazione e salutiamo una del gruppo, che deve prendere il treno per andare da sua nonna. Dopo esserci abbrustolite sotto il sole e aver pranzato con una piadina, è giunto il momento di tornare a casa.
Anche il viaggio di ritorno è andato liscio come l’olio. Al parcheggio del Mc ci salutiamo disfatte per il weekend ma felici per i due bei giorni passati insieme e ci promettiamo di fare una rimpatriata una di queste sere per ricordare il Riminicomix e organizzarci il Modena Nerd. Intanto ci mandiamo le foto che ci siamo fatte in questi giorni e piangiamo al solo pensarci.
3 notes · View notes
lovehoperespect · 7 years
Text
#Storia 7 pt.2
Un film per ricominciare
il film era veramente il più palloso della storia, colonne sonore tristi, era pure in bianco e nero, davvero non vedevo l’ora che finisse.
Ovviamente durò 2 ore e mezza.
Uscimmo dalla sala e mi chiese: “é bellissimo il messaggio di questo film non trovi?”
Io volevo solo sparire, non avevo minimamente seguito il filo logico di un film con una ragazza che piangeva, un ragazzo che piangeva, la mamma che piangeva, tutti che piangevano.
Mi venne in mente anche la volta in cui tu piansi, sulla porta...
Di getto le risposi una frase scomposta, senza arrivare ad un punto preciso, temporeggiavo insomma, mentre le lampadine al neon dell’uscita ci illuminavano di una luce rossastra.
Arrivati appena fuori dal cinema ci perdemmo in 4 chiacchere, ma non riuscivo a capirla del tutto, cosi mi giocai un jolly..
“senti, ci andiamo a mangiare qualcosa, un amico ha un ristorante molto carino a pochi km da qui, che ne pensi?”
“verrei volentieri, purtroppo ho l’autobus per tornare a casa ed è l’ultimo è anche molto tardi...”
Avete presente quella sensazione di completa impotenza di fronte a una risposta che non lascia via di scampo? ECCO.
Non volle nemmeno che la accompagnassi alla fermata dell’autobus, non capivo davvero, eppure mi salutò con un sorrisone e un bacio sulla guancia. Non capivo dove avevo sbagliato.
Avevo la faccia da psicopatico? o con 5 dollari pensava che la volessi comprare?
MARTEDÌ
Arrivo in ufficio, John sta distruggendo in sala riunione Paul, indovinate perchè?
Si era dimenticato di chiamare la JYNK Corp., nota azienda giapponese che ci aveva commissionato un’altra app per 5 milioni di dollari.
Affare saltato. Paul saltato. Piano finanziario saltato.
John esce sbattendo la porta imprecando e urlando di prendersi due giorni di pausa, Melanie la sua assistente lo insegue raccogliendo tutti i documenti che lancia per aria, gli stagisti non alzano nemmeno lo sguardo, qualcuno ride, qualcuno fa finta di niente, Kate, la mia segretaria mi fissa come se aspettasse un cazziatone...
Non dico nulla e vado nel mio ufficio mentre Paul...se ne va.
Mi siedo sulla poltrona e sento la pelle della poltrona tirarsi sotto il mio peso, inclino un pò il capo e tiro un lungo sospiro, che settimana di merda mi aspetta.
MERCOLEDÌ
Sono le sei e mezzo, il sole sta tramontando su Charleston, tutti stanno andando via, John non risponde nemmeno al cellulare, Kate mi chiede un permesso per il giorno dopo, annuisco senza nemmeno guardarla.
Rimango solo nel mio ufficio, gli ultimi tiepidi raggi del sole entrano dalle finestre del mio ufficio.
L’ho preso apposta qui, con visuale su un parco, mi mette tranquillità.
Mi vieni in mente, quante volte abbiamo fatto sesso su questo tavolo quando andavo via tutti, quante volte eri dall’altra parte del telefono e mi dicevi di tornare presto a casa, quante volte ancora ti penso.
Non farò mai più il tuo nome.
GIOVEDÌ
Orario di pranzo, Kate non c’è, è in ferie, massacro gli stagisti di compiti per la giornata e mi prendo 3 ore per andare a NY. Devo sbrigare delle commissioni.
Mentre guido sono stranamente felice.
Per un momento ripenso a Caroline, chissà se la vedrò ancora.
Anche questa giornata passa in fretta, sto quasi cadendo nella monotonia, non passo nemmeno dall’ufficio, chiamo il guardiano e gli dico di chiudere tutto.
Era fidato. Un signorotto di 58 anni che veniva dal Texas, poche passioni, belle donne e birra. ma sopratutto birra.
Arrivo a casa, finalmente, mi faccio una lunga doccia, mentre mi rilasso sento squillare il telefono, cerco di asciugarmi alla buona e corro.
“Ehi abbiamo chiuso un affare milionario, quelli di Goklm hanno saputo dell’affare saltato e si sono proposti al doppio della cifra! dobbiamo festeggiare!”
Era John che mi chiamava in delirio di onnipotenza, era a las vegas, festeggiava ancora prima della firma del contratto, ma portava sempre bene quindi glielo facevo fare, mi dice che prenota dei biglietti anche per me e devo raggiungerlo subito, c’è un’amica di Celine per me.
Rido e dico a John che avremmo festeggiato al ritorno.
Mentre accendo il proiettore, mi arriva un messaggio automatico dalla banca, accredito di 150.000 dollari dal conto della società.
Rido, John festeggiava cosi in anticipo dandomi e dandoci delle quote su affari ancora non chiusi.
Mi siedo sul divano e affondo i piedi nel tappeto orientale che mi comprò mia madre, si ha arredato la casa con me, figuriamoci. sono riuscito a scegliere solo location e toni delle stanze.
Vivevo in un loft all’ultimo piano di una palazzina borghese, era un pò la mia tana, open space, finestre stile americano sulla 54esima strada, parquet italiano, cucina nera e quadri di vario tipo.
Ero molto minimalista, poche cose ma ordinate, mi piaceva il lusso non visibile, contando che solo l’appartamento mi era costano quasi 800.000 dollari tra acquisto e ristrutturazione.
Ma i soldi, come detto prima non erano un problema e li gestivo bene, non avevo vizi ne grilli per la testa, bella casa, bella macchina e vacanze nei posti giusti, una vita tranquilla nel mio letto ad acqua preso in Giappone in un momento di completa pazzia.
Bene sono un 22enne annoiato con 150.000 dollari freschi sul conto cosa faccio? NIENTE
Apro facebook. Cazzeggio, commento foto, guardo video di gatti...
Finchè non mi viene un idea...CAROLINE.
Posso cercarla su facebook! Ovviamente la ricerca solo del nome mi porta a milioni di risultati, cosi cerco di fare una geolocalizzazione, sperando almeno di restringere il campo, ovviamente tra le ragazze di Charleston non la trovo.
In realtà ancora non sapevo perchè mi incuriosisse cosi tanto, Sapevo solo che avevo ancora il suo profumo di pesca ancora in testa.
Ora, non so voi, ma io credo nel destino, dopo quasi 1 ora di ricerca, ancora non la trovavo, mi ero quasi arreso.. finchè...
AGHATA, quel film ultra palloso che mi ero sorbito solo per lei, sicuro sarà tipo fan della pagina, o dell’autore, o dello sceneggiatore o di qualsiasi persona che ha partecipato alla creazione di quel film.
MIRACOLO.
Scorgo un viso quasi noto tra le valutazioni del film sulla pagina ufficiale
Caroline Westrem, eterocromica, capelli legati e studentessa. Trovata.
Profilo più blindato di una banca, va bene lo stesso. La aggiungo immediatamente agli amici.
Era molto tardi e sapevo che non sarebbe successo niente di li a poco, cosi vado a letto speranzoso l’indomani di leggere una sua notifica.
VENERDÌ
Il cinguettio degli uccellini mi sveglia 5 minuti prima della sveglia, il sole entra da uno spiraglio della finestra che avevo lasciato scoperto.
Mi alzo e vado verso la cucina, mi preparo un buon caffè brasiliano aromatizzato alla vaniglia, eh si, qualche chicca lasciatemela, e addento un cornetto al cioccolato.
Mi ricordo della richiesta inviata a Caroline, prendo il cellulare, ancora niente, solo messaggi di lavoro. Uffa.
In ufficio il clima è sereno, John ha un nuovo schiavetto, Jimmy, sembra più sveglio, speriamo, Kate mi saluta sorridendo, la trattavo come un’amica e lei era felice e lavorava bene per me, eravamo tutti contenti per il nuovo affare che avrebbe lanciato la società ancora più in alto.
Finisco la riunione delle undici e mezza, ormai è pranzo, mi slego la cravatta, faceva veramente caldo, era afoso in ufficio, batteva perennemente il sole, decido di mangiare qualcosa in un bar e approfittarne per farne una passeggiata e chiamare mia madre per organizzare il week end.
Come al solito mia madre mi tiene al telefono più del dovuto, mentre cerco di camminare tra i bambini che escono dalla scuola sulla 3 strada, non sentivo nemmeno cosa mi diceva, rispondevo solo “ok” “si domani torno” “si ho mangiato” “Ok” “si” e ancora “Ok”... classica telefonata.
Ad un tratto dell’altra parte della strada, in un bar con il free wifi scritti a caratteri cubitali sulla facciata, noto una ragazza con i capelli raccolti...non ci credo è CAROLINE.
Riaggancio a mia madre senza pensarci, e attraverso la strada.
Ma perchè poi? cosa pensavo di fare? mi aveva già mezzo rifiutato una volta perchè continuare...già perchè continuare..mi dicevi.
Entro nel bar e lei era seduta nei tavoli rettangolari che danno sulla strada, stava scrivendo al computer.
“ehi Caroline, ma che ci fai qui?” 
“Dylan! ma che piacere! Sto scrivendo un articolo e tu?”
ma come si ricorda ancora il mio nome? poi mi snobba, va bhè, le donne.
Mi siedo e parliamo del più e del meno, di cosa studia lei, giornalismo, di quanto sia difficile e altre cose su di lei, noto che non mi fa domande.
Cosi le chiesi: “Ieri ti ho aggiunto su facebook.. ma forse non hai visto!”
SBAM, altra figura di merda, ma come fai a non vedere che il sito ti invia una notifica anche sul cellulare.. partiamo malissimo.
“No l’ho visto invece. Però Dylan, mi dispiace ma..siamo troppo diversi, non so nemmeno come spiegartelo, è complicato.”
Era surreale, non c’era modo e mi bloccava anche solo per una richiesta di amicizia, davvero non sapevo nemmeno cosa risponderle.
le chiesi un minimo di aiutarmi a capire o se avessi sbagliato qualcosa nei comportamenti e potevo averla offesa in qualche modo.
“No Dylan, figurati tu sei stato sempre carinissimo con me, ma davvero preferirei cosi, non voglio crearti problemi.”
Davvero ero scioccato, ma di fronte a tanto ostinazione e nessun’altra informazioni non potevo fare altro che arrendermi.
“Ok, non posso sapere chi sei, ma almeno se hai voglia di parlare o anche vedere un film noiosissimo di cui ancora non ho capito niente, scrivimi.”
Mentre le scrivevo il numero su un pezzettino di un tovagliolo, scorsi un sorriso frenato sul suo volto, si sposto i capelli dietro le orecchie e mi disse “Lo farò.”
Passarono 4 giorni, niente.
Non ho avuto nessun cenno da parte sua, eppure quegli occhi mi nascondevano qualcosa.
Noi uomini siamo così, quando non capiamo una cosa, cominciamo ad impazzire, specialmente un rifiuto non spiegato.
Caroline aveva quel non so che, classe, femminilità nelle movenze, lessico di una persona che aveva studiato, occhi profondi come l’oceano, aveva qualcosa da raccontarmi e io volevo saperlo.
E in più mi piaceva un casino, guanciotte piene, mento appena appena marcato, i capelli le cadevano perfettamente sugli zigomi e avevano dei riflessi dorati vicino alle punte, aveva delle mani bellissime e curate, e ancora mi ricordo di quel vestito nero del cinema, sottolineava le sue forme.
Non capivo perchè portasse sempre i capelli legati.
Era semplice, anche nell’abbigliamento mi colpiva molto.
Rigorosamente stivaletti neri, leggins neri e una camicia celeste con una canotta bianca, portava un bracciale sottilissimo e dorato al polso sinistro, mentre al destro aveva una specie di corda, quelle per i bracciali per intenderci, ma legata più volte intorno al polso.
Ma io riuscivo solo a perdermi nel suo maledetto profumo che mi colpiva dritto al cuore ogni volta.
Dicono che i profumi che ti colpiscono entrano dritti dentro fino all’anima e penso che lei abbia fatto esattamente questo con me.
i suoi sguardi mi colpivano nel profondo, come quando visiti un posto per la prima volta e rimani a fissare il panorama imbambolato, io mi sentivo cosi ogni volta che lei mi guardava, nei suoi occhi vedevo le emozioni che mi erano mancate da tempo.
Basta devo avere un’altra occasione. Sono ricco e ho i mezzi, è ora di usarli e da chi vado subito secondo voi?
“Kate, come faccio a conoscere una ragazza di cui so solo il nome e nient’altro senza finire in galera per stalking?”
“Ehm.. Dylan, in che senso?”
“Mi servono informazioni su una ragazza, non importa come o quanto costa, devo sapere” sembravo un pazzo psicopatico.
Nel giro di due ora nel mio studio si presenta un tizio che afferma di avere una società di spionaggio matrimoniale e quindi può ottenere facilmente informazioni. Non ho voluto sapere nient’altro. Io chiesi solo l’indirizzo di casa, volevo presentarmi la e parlare con lei. Quindi niente di troppo illegale no? 
Due giorni dopo, di rientro da una sessione dal massaggiatore, trovo dei documenti sulla mia scrivania.
“risultato indagini” erano le informazioni che avevo chiesto. Finalmente.
Non so bene se fosse una cosa giusta o sbagliata, ma mi ero ripromesso di non perdere più occasioni, di volermi bene e seguire il mio cuore, mi ero ripromesso di inseguire le mie emozioni e non di soffocarle. Questa volta non volevo mollare, non come hai fatto tu con me.
Esco dall’ufficio alle otto e tre quarti, fuori è buio ed è ormai sabato, non avevo niente da fare e cosi decisi di andare all’indirizzo scritto nei documenti.
Sarà uscita, al rientro forse se sono fortunato potrei incontrarla per sbaglio, mi piazzo in qualche bar, qualche locale che ci sarà li vicino e aspetto.
Mi sbagliavo alla grande.
L’indirizzo indicato non esisteva sul mio navigatore, mi trovava la cittadina, Hamden, ma non la via, girovago per qualche minuto, ma era tutto chiuso, ero un pò spaesato e anche incosciente, recarmi ad un’indirizzo datomi da un fantomatico investigatore, da solo, essendo a capo da una società milionaria.
Trovo una signora ad un distributore automatico e chiedo informazioni, mi dice che l’indirizzo che sto cercando è ai confini della città dove inizia la statale.
Bene mi reco subito sul luogo, non mi ero accorto che avevo gia fatto due ore di strada ed erano quasi le 11.
Mentre esco dalla città, noto un certo degrato, non era come Charleston, qui era davvero quasi tutto abbandonato, cosa ci faceva una come Caroline qui?
Intravedo una stradina quasi sterrata che imbocca nella statale, vedo anche un cartello di legno “ bredley street”.
Ecco era l’indirizzo, almeno credevo. Di fronte a me una casa in legno, decisamente messa male, un capanno semi distrutto e oggetti sparsi ovunque per il giardino.
Era l’ultima casa in fondo alla statale che usciva da Hamden e andava a Tuchson, praticamente lontano da tutto.
Non trovavo il collegamento tra quella studentessa che non usciva dalla mia testa e tutto questo contesto. Era strano.
Parcheggio all’inizio del vialetto con il muso rivolto alla statale, sia per scappare sia per vedere se Caroline si fosse materializzata, e spengo la macchina.
Dopo circa mezz’ora di noia e rumori abbastanza molesti tutt’intorno, scorgo una sagoma nera che cammina nella mia direzione lungo la statale, capisco che è una ragazza e cosi accendo i fari dell’auto che illuminano la sagoma e scendo.
Era lei, Caroline, capelli arruffati, giubbotto chiuso fin sotto il mento e tuta, non il massimo ma era comunque carina.
Più che altro sembrava davvero distrutta, ma cosa fa questa ragazza la super eroina a caccia di criminali?
“Ehi caroline! ciao sono Dylan!” 
“Dylan?? ma sei pazzo? che cazzo ci fai qui?”
Bhè non era esattamente l’accoglienza che avevo previsto. Pensavo le facesse piacere una sorpresa
“Sei impazzito? come mi hai trovato? ti avevo detto che....”
“ehi ehi calmati, visto che non mi hai chiamato avevo piacere a vederti, tutto qui! pensavo fosse un gesto carino”
“Carino un cazzo Dylan! tu non sai nulla, non dovresti nemmeno essere qui!”
Avevo fatto un errore madornale, ma cosa pensavo di ottenere presentandomi a casa di una sconosciuta?
“Dylan devi andare via sul serio, non puoi stare qui”
Discutemmo per qualche minuto, volevo solo farle capire che non ero uno psicopatico, ma volevo solo vederla.
I suoi occhioni metà verdi metà nocciola, immersi nelle lacrime mi implorarono di andarmene subito, non avevo scelto, acconsentii.
Se ne andò senza nemmeno guardami in faccia, ero distrutto, la vita mi aveva messo di fronte a una cosa cosi bella dopo tanto tempo e ora me la toglieva in questo modo meschino.
Salgo in auto, non parto, sto fisso con gli occhi sulla strada.
nella mia mente un susseguirsi di pensieri contorti, non ho un focus preciso, sono in preda ad emozioni contrastanti, non riesco a pensare lucidamente.
Eppure c’era qualcosa che non quadrava, che mi diceva di non andarmene da lì.
Decisi per la scelta che poteva distruggere tutto, anche la mia vita.
Scesi dall’auto e in preda ad un’adrenalina pazzesca, decisi di spiare dalla finestra, se piangeva c’era un motivo, doveva essere un motivo.
Mi avvicino lentamente, cercando di non fare rumore, mi accosto alla finestra della cucina dal lato sinistro della casa, un piccola lampadina illumina la cucina di piastrelle rosse bianche con una strana fantasia, sul tavolo qualche frutto e due piatti, c’erano scatole e barattoli aperti ovunque, e due casse di birra al fianco del frigorifero. Ma non vedevo nient’altro, dalla porta scorgevo solo un’angolo del divano e un mobile.
Capisco che il salotto è dall’altra parte e mentre cerco di fare il giro della casa sento un tonfo proveniente dal piano di sopra, mi paralizzo, silenzio, ancora silenzio, riprendo a camminare, avevo quasi finito il giro intorno alla casa ero a pochi metri dalla finestra, quando sento sbattere violentemente una porta.
Iniziale le urla, un casino assordante, non so cosa fare, mi avvicino piano alla finestra.....è un’inferno.
La tele è accesa, c’è sporcizia ovunque, dalla finestra chiusa trapassa un odore nauseabondo di umido e chiuso, ci sono cartoni della pizza a terra e anche qualche bicchiere rotto, era come se nessuno mettesse piede in quel salotto da settimane, forse mesi.
Mi appoggio con le spalle al muro per calmare la respirazione, ero in ansia, avevo paura e non capivo cosa stessi facendo, le urla al piano di sopra si fanno davvero pesanti ma non capisco cosa dicono, dalle scale sento dei passi, sbate violentemente una porta, mi accuccio per terra, sento il van che si accende mette in moto e va via di fretta.
Silenzio, nessun rumore per qualche minuto, altri passi dalle scale interne, mi accosto leggermente alla finestra giusto per intravedere qualcosa.
L’immagine che sta per seguire, turba ancora i miei sogni, come un fulmine a ciel sereno, qualcosa che non ti aspetti.
Caroline è seduto sul divano, con la testa tra le mani, in lacrime.
Non vedo altro, piange, li da sola, ma non capisco il motivo, finchè non si tira su e mentre si asciuga le lacrime con le maniche della felpa noto sul suo volto un livido rosso vicino alla tempia destra.
Panico, non so cosa fare, entrare potrebbe anche essere violazione di domicilio, se quello fosse stato il suo ragazzo? magari avevano litigato, magari ha sbattuto contro la porta (certo) un susseguirsi di ipotesi che mi fecero uscire pazzo, corsi alla mia Bmw e misi immediatamente in moto, grazie a dio il mio parcheggio ai bordi del vialetto non risulto sospetto e non diede nell’occhio.
Mentre guido non riesco nemmeno a pensare, anzi si, penso solo a una cosa, quello di Caroline non era un rifiuto ma una richiesta di aiuto.
fine parte 2
279 notes · View notes
Text
IL VICINO DI CASA
Emma era arrivata  in quel paese da poco, aveva vissuto in una grande città per molto tempo e non ne poteva più. La mattina la gente correva in metropolitana e lei veniva ingoiata dal flusso di persone, quasi trasportata dall’onda anomala di corridori della strada con valigette 24 ore  e cellulari con auricolari che già sbraitavano di prima mattina, urtando tutto ciò che incontravano sul loro cammino. Emma appena saliva in metro si lasciava prendere dalle sue fantasie e immaginava una pioggia di lexotan che cadeva dal cielo e tutte le persone  rallentavano i loro ritmi, sorridevano e si davano il buongiorno, cedevano il posto, prendevano il loro caffè seduti, e parlavano al cellulare con grazia e gentilezza. Poi la metro  frenava di colpo e lei si svegliava. L’idea del Lexotan non era male però, su Roma andava gettato a taniche per calmare tutte quelle persone!
Una mattina stanca di quel caos prese la decisione del secolo: “mi cerco casa in un piccolo centro e mi faccio trasferire in una sede distaccata”. Lasciare Roma era complicato ma non impossibile, del resto si era lasciata da poco con il suo fidanzato e viveva da sola cercando di ricostruire la sua vita.
Si mise in mobilità aspettando di ricevere una sede vicino ad un paesino di collina molto carino che aveva visitato una notte d’ estate e  se ne era innamorata subito, quel castello diroccato e le viuzze del centro storico, sì voleva trasferirsi lì. Con entusiasmo iniziò a contattare le agenzie immobiliari del posto per trovare una casetta accogliente e con una bella vista, nell’attesa che la sua ditta la trasferisse in periferia .
Il tempo passò ed Emma non pensava quasi più alla sua strampalata idea, si stava  abituando di nuovo  a quella caotica città, quando una mattina trovò una bella sorpresa, la sua richiesta era stata accolta!
Chiamò subito l’agenzia immobiliare chiedendo se quell’appartamento ammobiliato  fosse ancora disponibile, la segretaria con molta gentilezza rispose che era stato già affittato e che c’era un altro appartamento , di nuova costruzione ad un prezzo buono con splendida vista sul quel rudere , Emma si fece spedire le foto e il giorno dopo era già lì a firmare il contratto per due anni.
II
Emma era felice, sistemò le sue cose nella nuova casa , sembrava un condominio tranquillo, pulito, poche porte e niente ascensore, tutto a misura d’uomo. La prima notte fu quasi traumatica , era così abituata al traffico e al casino della notte cittadina  che non riusciva a dormire in quella quiete,” che strano “ pensò “ il silenzio non mi fa dormire!”
Anche il nuovo ufficio era grazioso e le colleghe  erano sempre tranquille, sotto l’ufficio c’era sempre parcheggio e riscoprì il gusto di alzarsi presto, fare colazione con calma ed andare a lavoro, al rientro passava al supermercato piccolo ma ben fornito e tornava a casa , aveva ripreso pure a scrivere e quando si affacciava dal balcone parlava affabilmente con una vicina di casa del più e del meno.
Ogni tanto il fine settimana tornava a Roma ospite  da una sua amica e non si perdeva alcuni eventi mondani  che viveva da turista.
Fra i vicini di casa , che aveva conosciuto  in quel periodo c’era uno, il suo dirimpettaio che vedeva raramente, lui partiva prestissimo la mattina e tornava ad orari più disparati; un giorno arrivò con un pacchettino trasparente pieno di strani pupazzetti robot, Emma pensò che avesse dei figli o dei nipoti che riempiva di regali poiché era già la terza volta che lo vedeva rientrare con  i pupazzetti in mano ed un’aria soddisfatta e felice.
Era pure un bel ragazzo, biondo non troppo alto e fisicamente ben messo, si erano scambiati a mala pena un saluto ed Emma fantasticava pensando lui fosse separato e presto avrebbe avuto la visita dei figli, per i quali aveva comprato i robot,  oppure, mentre pensava rideva come una pazza, che il tipo , arrivato a casa, si mettesse a giocare con i pupazzetti mettendoli tutti in fila e facendoli scontrare:  Hiroshi contro Himica, chi vincerà il duello? i soldati Aniwa trasformati in mostri di roccia, e le navicelle Big Shooter che volavano con jeeg….che gran casino!!!! E tutto mentre il suo stereo suonava la sigla di jeeg robot  d’acciaio!
Emma era così, si lasciava trasportare e cullare  dai sogni e dalle fantasie che  prendevano forma nella sua mente . Come quella  volta che  guardando un film francese, “jules e jim”  immaginò per un attimo di essere Catherine, la protagonista e si concedeva un romantico menage a trois, ed uno dei   due  protagonisti maschile del film le diceva :”je suis le plus grand baiseur de la france!!!”  e si fece una di quelle  botte di sesso più belle innescate dalla fantasia (visto che nella realtà era un pezzo che non faceva del sesso)
III
Quel giorno pioveva molto e si prese un bel giorno di ferie per rimanere a poltrire a casa , leggere, scrivere ascoltare musica, chattare con qualche amica su facebook, insomma una giornata di quelle tese al relax;
era meravigliosamente serena come non mai e la giornata era volata , aveva pure sistemato la libreria, decise allora di farsi una tazza di caffè d’orzo, dopo una cena pesante ci stava bene e le avrebbe conciliato il sonno.
Preparò con cura la tazza decorata con  il mitico scudetto del Milan, acqua calda, due cucchiai colmi di orzo , ma accadde l’imprevedibile, aveva finito lo zucchero!,  frugò nella dispensa, nelle varie zuccheriere ma nulla, che fare? L’orzo senza zucchero fa schifo e lei voleva  bere la sua tazza d’orzo.
Sentì chiudere la porta del suo vicino , poteva chiedere a lui lo zucchero, del resto era un vicino di casa e mai avevano parlato nemmeno sulle scale e lei era curiosa di vedere la sua casa, quale occasione migliore?
Emma era in pigiama, si guardò dalla testa ai piedi e giudicò di essere presentabile, andò in bagno e si diede due o tre colpi di spazzola ai capelli, un filino di rossetto alle sue labbra anemiche e prese la sua zuccheriera e si avvicinò al pianerottolo,  inizialmente era un po’ titubante mai poi  appoggiò il dito al campanello e senza pensarci troppo suonò.
Dall’altra parte si sentirono dei passi e  la porta si aprì
-buonasera, io sono Emma ,la sua nuova vicina di casa-
-Buonasera a lei, io sono Giorgio, posso esserle d’aiuto?-
- ho dimenticato lo zucchero, e non ci riesco a bere il mio caffè d’orzo senza e mi chiedevo…insomma , se per caso lei avesse un pochino di zucchero da prestarmi ed io poi..-
- ma certo, si accomodi che le riempio la zuccheriera –
-non vorrei disturbare- replicò Emma ma già era con un piede dentro casa.
- ma no,  figurati Emma, stavo guardando la partita, stasera gioca la Roma!-
- lo so, gioca in casa  contro il Milan, ed io non la guardo per scaramanzia-
- non capisco, ma tu sei tifosa della Roma?-
- giammai!!! Io tifo Milan da una vita e mezzo, ma se guardo la mia squadra giocare ultimamente perde e così  cerco di non guardarla, è dura  lo so…ma è una forma di scaramanzia-
- vieni, accomodati, siediti sul divano, guarda un po’ di partita con me!-
- tu invece sei romanista, suppongo e vorresti che io mi sedessi e guardassi la partita così il Milan perde, non è vero?-
Scoppiarono a ridere e Giorgio andò in cucina a prendere lo zucchero ; Emma buttò gli occhi  su un mobile del soggiorno , era pieno di quei pupazzetti e più in là c’erano dei vestiti strani, e alle pareti delle immagini  di oggetti volanti  con delle scritte  indecifrabili. Abbassò gli occhi ,   nel mobile  il legno dello sportello lasciava intravedere un volto di un alieno che rideva. La mente di Emma iniziò a vagare , e se Giorgio  fosse un alieno? oppure un tramite, se quei pupazzetti in realtà non fossero semplici pezzi di plastica ma si trasformassero in vere entità? , e se lui con la scusa di andare in cucina si fosse presentato con  degli esseri alieni e mi avessero portato in una astronave e…..
-ecco lo zucchero Emma, se vuoi fermarti un po’ mi fa piacere, altrimenti buona serata! E che vinca il migliore!-
-grazie Giorgio, preferisco andare a casa mia, quando  vorrai venire a trovarmi sarai il benvenuto, anche se sei romanista! Grazie ancora per lo zucchero-
Emma tornò a casa sua e pensò “ cavolo quanto mi piace! Ci farò un pensierino! In fondo mi potrebbe mancare il sale, il caffè, il peperoncino…..”
        m�����ؼ g
1 note · View note
viaggiatricepigra · 4 years
Text
Opinione: La Grazia Dei Re (Dinastia del dente di leone 1), di Ken Liu
  L'Imperatore Mapidéré è stato il primo a unire i diversi regni dell'arcipelago di Dara sotto il dominio della sua isola d'origine, Xana. Dopo ventitré anni, tuttavia, l'Impero di Xana mostra segni di debolezza. Mapidéré è sul letto di morte, i suoi consiglieri complottano mirando ciascuno al proprio interesse, persino gli dèi sembrano adirati. Come se non bastasse, decenni di crudeli angherie e di dispotico potere hanno fatto sì che la popolazione non abbia nulla da perdere da una rivolta, ma molto da guadagnare. È questo il mondo in cui vivono Kuni Garu, un affascinante perditempo poco propenso alla vita onesta, e Mata Zyndu, l'impavido figlio di un duca deposto, discendente di una nobile stirpe particolarmente colpita dalla ferocia di Mapidéré, che ha giurato di vendicarsi. Sembrano l'uno l'opposto dell'altro, ma durante la ribellione contro il potere imperiale i loro sentieri si incrociano in modo imprevedibile: diventano amici inseparabili, fratelli, e insieme combattono contro immensi eserciti, serici vascelli volanti, libri magici e divinità dalle forme mutevoli. Ma una volta che l'imperatore è stato rovesciato, Kuni e Mata si trovano a capeggiare fazioni rivali, con idee molto diverse su come si dovrebbe guidare il mondo, e su cosa sia la giustizia.
Ci ho messo davvero troppo tempo, ma finalmente l'ho finito, ho riordinato le idee e ve ne parlo!  Un libro ostico per il modo in cui è stato scritto. Si parla di una storia epica, molto militare, anche se alternata a vita comune dei personaggi, la parte di strategia può risultare noiosa e pesante, se non siete forti amanti del genere.  Ma nel complesso, davvero un libro molto interessante e davvero originale. Le voci narranti sono davvero tante e spesso ci confonderemo, ma non preoccupatevi troppo, i principali torneranno spesso e, credetemi, si faranno ricordare fino alla loro ultima pagina.  Come già presentati nella trama, abbiamo Kuni Garu e Mata Zyntu. I due non potrebbero essere più diversi fra di loro, ma il destino farà incontrare le loro strade. Kuni è stato un ragazzino estremamente vivace, dal cervello veloce, ma la lingua ancor di più. Un perditempo che se l'è sempre cavata in ogni situazione improvvisando le sue giornate, fino a quando non incontra Jin che, nonostante sostenga i suoi sogni di avventura, lo porta a "mettere" la testa un pochino a posto. Mata invece è di origini nobili. Una casata distrutta dall'imperatore Mapidéré quando era ancora in fasce, ma cresciuto dallo zio con il solo scopo di vendicarsi; non conosce altro che onore e voglia di sangue. Un uomo spaventoso, enorme a vedersi, che sogna il campo di battaglia e, quando la vita gliene darà occasione, farà diventare famosissimo il suo nome. La storia è "semplice" nella sua partenza, nonostante letta sia estremamente ricca di dettagli (che non starò quì ad elencarvi): Mapidéré ha dato il via ad una campagna con cui ha conquistato tutto l'arcipelago di Dara, creando uno stato unico sotto il suo dominio. Ha portato molto scompiglio, obbligando ogni ex regno ad unire lingua, valuta,...insomma, abbandonare ogni diversità per diventare un blocco unico. Oltre a questo, ha "smistato" vari nobili e popoli, mescolando le varie culture per creare un egemonia, cosa che però ai singoli non è piaciuta, ed è stata vissuta come imposizione di un tiranno.  Noi iniziamo a leggere circa vent'anni dopo tutto questo, quando molti si sono adattati a questa vita, ma non tutti hanno dimenticato il dolore provato e ciò che hanno perso. L'imperatore sta morendo e ciò diventa occasione perfetta per chiunque voglia assumere il controllo del trono: da chi è vicino a Mapidéré, ai cittadini comuni, fino ai briganti (spesso queste due ultime categorie si mescolano, per "obbligo" di sopravvivenza).  Una cosa piuttosto simpatica è l'inserimento degli Dei nel romanzo. Ogni tanto compaiono, discutendo fra di loro riguardo i propri campioni in questa guerra e, nonostante abbiano la regola di non intervenire, spesso non resistono e si mostrano ai vari personaggi, cercando di spingere la storia dalla loro parte, ma senza intervenire personalmente, così da non rompere il patto stretto fra di loro. Un elemento particolare.  Un enorme romanzo, ricco di dettagli che spazia negli anni e racconta i punti più salienti, fra battaglie e vite comuni, per raccontarci come evolvono i protagonisti principali a cui ci affezioneremo molto, ma anche alcuni personaggi che spesso appaiono solo per pochi capitoli, permettendoci di guardare la storia attraverso altri punti di vista e capire dettagli che altrimenti non sapremmo.  Non mi sento di consigliarlo a chiunque. Personalmente ho faticato, nonostante alla fine mi sia comunque piaciuto molto. La Oscar (che ringrazio dell'omaggio) me lo ha mandato a metà maggio, ma non riuscivo proprio a leggerlo in quel periodo. Mi arenavo. Così l'ho messo da parte e, durante le ferie ad agosto, mi ci sono dedicata ricominciandolo da capo e, finalmente, finendolo.  Un viaggio molto lungo, in cui spesso ci troviamo a leggere parti noiose (a parer personale eh!), dove lo stile è molto lento, ma lo scrittore comunque resta molto bravo. Riuscire a bilanciare bene tutti questi personaggi durante una storia dalla portata così ampia, inserendo sempre elementi che la rendono imprevedibile, è da pochi.  Anche se so già che il seguito mi farà faticare, sono curiosa di andare avanti a leggere le avventure di questa (credo) trilogia. 
from Blogger https://ift.tt/32JFYA6 via IFTTT
0 notes
taverna2 · 7 years
Text
Trasferta franzosa, trasferta fumosa
Trasferta franzosa, trasferta fumosa
2017.
Febbraio.
Si vocifera di una possibile trasferta presso un cliente.
In Francia.
Nulla contro la Francia.
Tranne il fatto che la odio, assieme ai suoi abitanti, ma tolto questo, nessun problema.
Francia, che come si sa è il paese romantico per antonomasia.
Per coerenza, quindi, la trasferta è a cavallo di San Valentino.
La romantica meta del romantico viaggio per la romantica trasferta è la romanticissima Lilla.
Lilla, la capitale del Nord (anche se io ricordavo fosse Grande Inverno…)
Lilla che sta al romanticismo come Gigione sta alla musica.
Non solo, Lilla sta alla Francia come Bolzano sta all’Italia.
La trasferta in sé per sé non è andata male, anzi...
C’è stato anche tempo per una cenetta romantica con il mio amicollegamante Paolo, la sera di san Valentino.
Cenetta a base di cheddar al cheddar con contorno di cheddar.
Sì, al Nord fanno un uso smodato di cheddar.
E di alcol…
Non fosse stato per il cheddar, mi sarei sentito quasi a casa.
Ci sarebbero tanti aneddoti carini da narrare su questa trasferta, come ad esempio il mio omologo franzoso che prendeva a pugni la scrivania al grido di “putain!”, lo stesso che si portava il cibo da casa dentro un sacchetto della spazzatura, di quelli neri.
Ma voglio raccontare un accadimento accaduto la mattina del rientro.
Piccola premessa. Per motivi logistici, si è volato da Roma a Bruxelles, da lì poi in auto fino a Lilla. Al ritorno stessa storia, solo al contrario.
Per essere più vicini all’aeroporto ed evitare di perdere il volo del rientro causa traffico, si è prenotato un hotel in Belgio a due passi dall’aeroporto di Zaventem.
Comodo. Pratico. L’hotel era anche un Novotel, quindi niente male, poi il prezzo (a detta dell’ufficio acquisti) era veramente conveniente.
Cosa vuoi di più dalla vita?
Una volta giunti nell’hotel vicino all’aeroporto ci siamo recati alla reception per fare il check-in.
La prima domanda che ci fa il biondino al di là del bancone è “English or French?”
La risposta è arrivata all’unisono “English!”
Forse era meglio in francese…
Il simpatico concierge, infatti, aveva un modo alquanto singolare di parlare inglese. Tralasciando il suo accento, che era una spanna sotto a quella di un indiano medio.
Oltre alla pronuncia impronunciabile, aveva una variazione di ritmo che Vivaldi levati proprio! Spaziava allegramente dal parlare molto lentamente scandendo bene le parole al Chicco Mentana in piena trance da maratona in diretta per le elezioni in Qatar.
Inutile dire che per le informazioni importanti entrava in modalità Mentana strafatto di coca,
Tumblr media
mentre per le cose più inutili tipo “siamo a soli 5 km dall’aeroporto” o “domani è previsto bel tempo sullo stretto di  Gibilterra” switchava in modalità Flash il bradipo.
Tumblr media
Destreggiandoci tra accenti improbabili e cercando di seguire le fasi più concitate del discorso del concierge - che abbiamo scoperto solo una volta finito essere stato diretto dal maestro Vessicchio - abbiamo capito perché la prenotazione era costata poco.
Nell’ordine:
Parcheggiare l’auto costa 15€ al giorno, e il parcheggio non era incluso nella prenotazione. (Tra l’altro in caso di smarrimento del tagliandino con la ricevuta, il costo del parcheggio sarebbe stato di 150€ indipendentemente dai giorni di sosta dell’auto nel loro parcheggio.)
Tumblr media
WiFi pezzente free, WiFi con i controcazzi, lo si paga  a parte, e il WiFi coi controcazzi non era incluso nella prenotazione.
Tumblr media
Il costo della colazione 20€ e - nemmeno a dirlo - non era inclusa nella prenotazione.
Tumblr media
Quindi un attimo, facciamo due conti, noi si è in due. Una colazione a testa, per due, fanno un totale di due colazioni, che a 20€ l’una... fanno solo 40€.
Il nostro amico è li in attesa, dall’altra parte del bancone, di sapere se imputare o meno le colazioni sul conto delle camere.
Io e il mio compagno di merende, o meglio il mio compagno di colazioni, ci scambiamo uno sguardo d’intesa, con tanto di sorrisino beffardo che stava per:
“fottesega a me, tanto paga il cliente sta trasferta!”
Tumblr media
Quindi quasi in coro è partito un “Garson, segni pur la colasion!”
Non so come sia stato possibile, ma il tizio capisce e segna le due colazioni.
Mentre con tanto di bagagli a seguito ci dirigevamo all’ascensore, non abbiamo potuto non commentare la leggerissima esosità, a parer nostro, della succitata colazione.
Ma nel farlo giungemmo tutti e due alla medesima conclusione, ovvero...
Tumblr media
“Poveretti, non sanno con chi hanno a che fare”
Durante il percorso ascensore-camere abbiamo avuto il tempo di progettare un malefico piano di vendetta, tanto semplice quanto geniale: fare una colazione della madonna, farglieli sudare, anzi no, farglieli rimpiangere questi 20 euri che ci hanno appena fottuto.
Avete presente il detto “Fai attenzione a quel che desideri, perché potrebbe avverarsi”? Ecco in questo caso casca a pennello.
Tralasciamo i dettagli delle camere, tipo doccia e lavabo in un bagno e SOLO il water in una toilette separata, ma sempre nella stessa camera. Con tutte le implicazioni del caso sull’igiene, con un occhio di riguardo per la maniglia della porta della toilette.
Andiamo direttamente alla mattina.
Appuntamento alle 07:15 nel salottino del piano e si parte in direzione sala ristorante per la famigerata colazione.
Prendiamo posto ad un tavolino per due, verso il fondo della sala, come la più classica delle coppiette e decidiamo di fare prima il giro “salato” e poi un giro sul “dolce”.
Perfetto: il mio amico Paolo mi precede e io lo seguo per prendere spunto, primo perché non sono molto pratico di colazioni continentali, secondo perché credo di aver dimenticato il cervello sopra il cuscino del letto della camera, quando sono uscito.
Uova strapazzate, bacon, ok.
Poi salsiccette, quella cosa che assomiglia al prosciutto, ottimo.
Un paio di formaggi a caso, tanto saranno sicuro cheddar.
Poi mi avvento sui backed beans e una confezione monodose di maionese.
Perché sì, insieme al cervello, in camera, ho lasciato anche la decenza.
Stiamo per tornare al nostro tavolino per consumare questa cacofonia di colori, sapori e consistenze che mi ostino a chiamare colazione continentale, che Paolo mi fa “lo vuoi un toast?” e io, per rispettare il piano deciso la sera prima, rispondo con un “ovvio!”.
Paolo prende una fetta di pane per me, una per lui e le mette dentro uno strano parellelepipedo di metallo che come per magia, prende queste due fette e le fa lentamente sparire al suo interno, per poi defecarle dopo qualche manciata di secondi calde e croccanti al punto giusto.
Tumblr media
Questa è magia, è stregoneria!!
Inutile dire che rimango affascinato da questo trisavolo di R2-D2.
Torniamo al tavolo a consumare la nostra colazione salata, annaffiata nel mio caso da un bicchiere di succo di pompelmo.
Finito il giro salato, facciamo 5 minuti di pausa e poi si parte per la dolce spedizione punitiva.
Complice il pompelmo e il giro di salato appena divorato, il mio cervello è un po’ meno in ferie, inoltre sul dolce sono più ferrato, quindi stavolta vado in avanscoperta da solo.
Scoprirò solo più tardi che la troppa fiducia nei miei mezzi è stata un gravissimo errore.
Comunque altro giro, altro piatto.
Iniziamo con un bel cornetto semplice.
Un saccottino...
Poi sì, un muffin...
Vediamo vediamo, ah sì ecco, strudel.
Nooo!!! La girellina con la cannella, troppo buona, la prendo!
Un paio di biscottini che non fanno mai male...
Il piatto è quasi pieno, sto finendo il giro della tavola quando vedo uno scaffale con tanti tipo differenti di pane.
Penso tra me e me “porca paletta, se l’avessi visto prima, col salato ci sarebbero stati divinamen...”
Il pensiero si blocca e svanisce in un baleno perché il mio sguardo si è appena posato su un fantastico pane dolce all’uvetta.
E’ stato amore a prima vista, ne prendo una fetta perché sono curioso e goloso. Il piatto sta veramente straripando, mi arrendo e mi dirigo verso il tavolino dove c’è Paolo che mi sta aspettando.
Mentre sono li che tento di tornare al tavolo cercando di non spargere a terra alcun pezzo del mio dolcissimo bottino, mi imbatto nel mio caro amico, l’antenato di R2-D2, il tostapane magico di prima.
La mia mente, la mia migliore amica, ma a volte anche una grandissima infame, fa un’associazione di idee tanto ardita quanto divinamente geniale:
se :
fetta di pane bianco triste +
tostapane magico  
--------------------------------- =
toast buonissimo
allora:
fetta di pane buonissimo con uvetta +
tostapane magico
----------------------------------------------- =
arcobaleni di gattini che cavalcano unicorni rosa
Tumblr media
Quindi, senza titubare e senza pensarci troppo su, prendo questa fetta di pane all’uvetta e la do in pasto al tostapane di mago merlino.
E’ l’inizio della fine.
Il tostapane delle meraviglie, infatti, accetta con gioia la prelibatezza che gli ho dato e inizia lentamente, come ha già fatto centinaia e centinaia di volte, a farla sparire dentro la sua magica pancia.
Io lo guardo estasiato, pregustando il tripudio delle mie papille gustative quando assaggeranno questo toast.
“Però... che strano, è da qualche secondo dentro al tostapane ed è già di un colore ambrato carico... Mah, sicuramente essendo un pane diverso rispetto da quello bianco tradizionale, assumerà delle nuance di colori differenti”, mi dico.
Tuttavia non mi sento a mio agio, continuando a fissare la mutazione che sta avvenendo all’interno di quel parellelepipedo delle meraviglie.
Accipicchiolina, non è nemmeno a metà del percorso ed è già bello biscottato… e a guardare bene credo stia anche iniziando a produrre un filo quasi impercettibile di fumo.
Sarà normale, poi tra poco uscirà dal tostapane. Tra poco.
Tra poco…
Però… non ricordavo fosse così lento questo tostapane a nastro.
Continuo a tenere d’occhio la mia fetta oramai biscottata, e vedo che avanza lentamente tra due grill incandescenti, uno posto sopra e uno sotto il nastro trasportatore di pani.
Avanza molto lentamente.
Avanza decisamente troppo lentamente…
Arrivato a circa tre quarti del nastro, è oramai nero e ha iniziato a produrre fumo, tanto fumo.
Fumo che ora mi accorgo uscire copioso dal retro di questo maledetto tostapane.
Panico.
Gocce di sudore mi imperlano la fronte. La situazione sta precipitando, non ce la farà mai ad uscire quella cavolo di fetta di pane ormai carbonizzata, e soprattutto non ce la farò mai io a defilarmi senza dare nell’occhio.  Cosa faccio?
Alcuni degli astanti sono stati attirati dal fumo che fuoriesce dal fottuto tostapane che però non accenna a sputare fuori la fottuta fetta di pane.
Tento la sorte, ci sono due manopole alla base del demoniaco elettrodomestico industriale.
Sì, ma come funzionano? Le scritte sono in francese, maledetti siate!
Malnati mangiaranocchie, voi e lo vostro franzoso idioma!
Quale delle due sarà l’accensione? Quale regolerà la velocità? Quale manderà indietro il tempo evitandomi questa transalpina figura di merda?
Come il più classico dei John McClane mi trovo a dover disinnescare una bomba, senza avere la minima idea di cosa sto facendo.
Ok, taglio il filo rosso.
No, il blù…
No, aspetta, taglio il rosso, sono indeciso, ma tanto ho ancora altri 2 secondi per pensarci.
Ok, vado sulla manopola di destra e la giro tutta in senso antiorario. Il Christine dei tostapane si disattiva, sono salvo.
O almeno è quello che credo. Un attimo dopo aver tirato un sospiro di sollievo, mi rendo conto che il mostro si è fermato e così anche il nastro che trasportava il cadavere carbonizzato del mio toast dolce.
Toast che però non ne vuole sapere di smettere di produrre fumo. Mezza sala ristorante è invasa dal fumo.
Inutile, non ho scampo. Meglio affrontare il mio destino con dignità. Dignità… quel po’ di dignità che mi è rimasta dopo questo maldestro attentato terroristico.
Mi dirigo verso la cucina e con la più angelica delle facce che ho nel repertorio esordisco con un “Sorry… Excuse me… Sorry ”, non appena una cameriera si affaccia dalla porta della cucina continuo con un “I think I’ve made something wrong...”
Tumblr media
La cameriera alza lo sguardo e nota la coltre di fumo che avvolge i lampadari nascondendo quasi il soffitto e, con uno sguardo tipo Mara Carfagna di fronte a domande scomode su Berlusconi
Tumblr media
segue la scia di fumo fino a capire che la fonte di quel disastro è quel cazzo di tostapane.
Biascica un “No… no problem, monsieur” e sparisce in cucina, per tornare cinque secondi dopo brandendo una pinza da insalata come fosse uno stocco, e a furia di affondi e fendenti riesce ad attraversare la coltre di fumo e a raggiungere il tostapane; una volta avuto un contatto visivo con il nemico, la malcapitata tenta di rimuovere quella che oramai è più simile a una scoria radioattiva che a un alimento.
Dopo qualche tentativo, riesce ad avere la meglio sull’artefatto alieno, che stava tentando di conquistare la terra producendo una strana nebbia, iniziando l’invasione dal Belgio stavolta, e non da Tokyo in Giappone, come tutti i cartoni della nostra infanzia ci hanno insegnato.
Con quel tozzo di carbone saldamente stretto nella pinza e imprecando sottovoce, si dirige verso la cucina e un attimo dopo la vedo sparire dietro le porte a molla che separano lei e i coltelli presenti in cucina dalla mia persona.
In tutto ciò, non mi sono reso conto di avere ancora il piatto con il giro di dolce in mano.
Mi viene da ridere, è più forte di me, non ne posso fare a meno. La situazione è troppo paradossale. Mi rendo anche conto che forse non è il caso di farlo, se tengo alla mia vita.
Tumblr media
Perché secondo i miei calcoli, tutti i presenti dovranno spendere più di qualche euro in lavanderia per togliere l’odore di bruciato che ora impregna i loro abiti.
Quindi, trasudando ilarità da tutti i pori - da qualche parte doveva pur uscire - e ridendo sotto i baffi, mi dirigo finalmente verso il tavolino dove il buon Paolo mi sta aspettando.
Mi siedo al tavolo, provo a darmi un contegno, ma mi torna in mente l’immagine della cameriera che con le pinze porta il tizzone fumante in cucina, e inizio a ridere come un demente, e vedendo la faccia perplessa di Paolo gli racconto cosa ho combinato.
Lui mi guarda e fa “ecco chi minchia era allora quello che ha dato fuoco a mezzo hotel!”
Sentendomi leggermente osservato, ho consumato il resto della mia colazione velocemente e tenendo un profilo estremamente basso.
Prendiamo i bagagli, saldiamo il conto e ci dirigiamo a passo spedito verso la macchina.
Nella breve distanza che ci separava dal rifugio sicuro dell’auto a noleggio, ricordo chiaramente di aver sperato che non uscisse nessuno dall’ingresso chiedendo lumi sull’accaduto.
Anche se la mia paura più grande non era tanto quella di dover rendere conto della cazzata fatta, quanto quella di veder sbucare da dietro l’angolo, da un momento all’altro, la cameriera armata di coltello da macellaio...
Fortunatamente i miei incubi sono rimasti tali e siamo riusciti a prendere il volo di ritorno.
Beh, stato di parola. Quei 20€ di colazione glieli ho fatti rimpiangere.
A distanza di tempo, ancora ci ripenso e ancora rido come un cretino, ma una domanda mi assilla, non mi dà pace:  
...chissà come era quel cazzo pane dolce all’uvetta?
0 notes
pepperspooky · 7 years
Text
Sono finalmente riuscita a completare uno dei buoni propositi del 2017: ho fatto un viaggio!!! Può sembrare una cosa normale per l’80% delle persone ma quando ti trovi a lavorare mentre finisci l’università, a cambiare lavoro ogni anno, a cambiare quindi casa ogni anno, credetemi che andare in ferie non è facile.
Tumblr media
Quest’anno però abbiamo deciso che era arrivato il momento di dedicarci un po’ di tempo e abbiamo prenotato una bellissima vacanza a Londraaaa!!!
Day 1: Mind the Gap
Vuoi forse perdere il primo giorno di vacanza? Certo che no! Atterrati alle 6.40 di mattina (immaginatevi quindi quanto abbiamo dormito la notte prima) siamo partiti alla scoperta di Londra. Con la Oyster in tasca niente poteva più fermarci! E così il primo giorno abbiamo vagato in stato leggermente catatonico da Baker Street a Kings Cross, dalla fantastica Lonely Planet fino a Trafalgar Square.
Il primo giorno si è concluso con alcune considerazioni:
“Mind the gap” viene ripetuto davvero tantissime volte!
Non fidatevi dell’esterno di un pub. Presi dalla pigrizia e dal sonno, siamo finiti in un posto davvero molto bello e caratteristico fuori, ma veramente pessimo dentro (servizio assente, cibo terribile e prezzi altini)
Pret A Manger vi salverà la vita, SEMPRE! Potrete negarlo fino alla morte ma pochi vi crederanno.
Day 2: la magia di Harry Potter
La mia vera meta di questo viaggio è stata senza dubbio la visita ai Warner Bros. Studio Tour di Harry Potter. Un’esperienza davvero magica, emozionante e unica! Dato che la visita era programmata per il pomeriggio, la mattina ci siamo dedicati al Big Ben, al London Eye e a tutta la zona circostante (devo ammettere con poco entusiasmo perchè troppo sovraeccitate per l’attesa del pomeriggio).
Due panini al volo e via verso il mio maghetto preferito! Non vi dirò molto perchè non voglio spoilerarvi ma ne vale davvero davvero davvero la pena. Soprattutto se come me avete visto 4 miliardi di volte i film. Qui trovate intere scene, i costumi, le stanze, gli oggetti, potrete pure fingere di giocare a Quidditch; bere burrobirra (che sinceramente non mi ha entusiasmata) salire sull’Hogwards Express e comprare tuuuutte le schifezze che avete sempre desiderato provare (giuro che dentro le Tutteigusti+1 ci sono davvero sapori disgustosi).
Tumblr media
Dopo una bellissima sorpresa (che ha conquistato perfino Andrea e Alessandro) c’è l’immenso shop che vi farà diventare poveretti probabilmente. Io mi sono limitata alla bacchetta di Luna, una berretta di Corvonero, un portachiavi dei doni della morte e poco altro.
Jpeg
Day 3: from Facebook with love
Come vi ho già accennato lavoro nel Web Marketing, potevo forse non fare un tour di Facebook? Andrea ci ha presentato ad un suo amico che lavora li e che ci ha gentilmente invitati a fare colazione in Facebook. Come rifiutare!
Tumblr media
Ecco se entrate li, uscirne senza amarezza è davvero difficile! Non ci sono orari ma solo obiettivi, hanno benefit che neanche utilizzano (spillatrice di birra praticamente mai usata :|), una mensa più grande e curata di tanti ristoranti che ho visitato, sale relax con qualsiasi passatempo vi venga in mente, una vista mozzafiato su Londra e brandine per il riposino o postazioni con il tapis roulant!
Jpeg
Jpeg
Con tanta tristezza nel cuore dopo la colazione top abbiamo continuato il nostro giro da turisti, con meta Camden Town, il London Bridge, il Tower Bridge, Monuments e per concludere una breve visita al British Museum.
Jpeg
Jpeg
  Day 4: Parchi e Scienza
Il quarto giorno abbiamo deciso di “prendercelo con più calma”(spoiler non ce l’abbiamo fatta). Dopo aver girato come trottole ci siamo riservati questo penultimo giorno per visitare il Museo della Scienza, alcuni parchi (ho finalmente visto il mio primo scoiattolooooooo) e un po’ di shopping: m&m e lego erano irrinunciabili (si ho dimenticato di costringere tutti ad andare al Disneystore 😦 sono davvero pessima e totalmente pentita, ma tornerò!!).
Jpeg
Jpeg
Day 5: Back Home 😦
Purtroppo come tutti i viaggi anche questo doveva finire. Reduci da 4 giorni non stop abbiamo approfittato della zavorra valige per girare poco.
Come ultima tappa abbiamo visitato Harrods dove mi sono presa una necessaire e un vassoietto per la colazione.
Tumblr media
Alcuni dati
Passi:  94.853 Km: 65,15 Piani in salita: 180 Carboidrati mangiati: troppi Regali portati a casa: una bacchetta, un libro con illustrazioni suoi draghi della Disney, lo script di Fantastic Beasts, una spilla di Baker Street, una calamita, un portachiavi, una berretta, una tazz.. ah no si è rotta prima di arrivare in hotel.
Dopo avervi annoiati così tanto, vi lascio con il progetto mio e di Silvia sulla nostra dipendenza dalla metro!
Tumblr media
London Calling Sono finalmente riuscita a completare uno dei buoni propositi del 2017: ho fatto un viaggio!!!
0 notes
ngirardi · 4 years
Text
Day 33
Oggi vi propongo un raccontino estivo, una domenica come altre passata a bighellonare in moto. Viaggiare da soli, non solo in moto, porta a osservare di più quello che ci circonda, a riflettere. Non si osserva solo il paesaggio, si osservano anche le persone, le si ascolta. Ci si ascolta, ci si scopre, qualsiasi cosa questa frase fatta voglia significare.
Buon viaggio.
"13 Agosto.
Parto pigramente verso mezzogiorno direzione montagna, monti, acque gelide, gelate ghiacciate, fresco.
E già tardi, è domenica, imposto il navigatore su "evita tutto": strade a pagamento, autostrade, traghetti, esseri umani, ciclisti, non voglio rotture di balle oggi.
Decido come al solito di seguire la mia unica regola di vita, la quale recita: quando hai fame mangia, quando hai sete bevi.
Le strade che Google mi propone sono completamente deserte, il sole scalda l'asfalto, il Guzzi e la mia testa dentro il casco. Vedo difficile seguire la mia regola di vita, per ora, in quanto nella campagna veneta trovo solamente locali serrati. Chiusi, chi per ferie, chi per sempre e da tempo immemore.
Finalmente raggiungo le pendici dei monti, la meta è Claut, piccolo paese dimenticato da Dio.
Tra i luoghi dimenticati da dio, tutto il Friuli merita una posizione importante ma Claut è sicuramente uno dei luoghi in assoluto più dimenticati da dio.
È almeno nella sua top ten.
Per raggiungere Claut bisogna in qualche modo arrivare alle pendici delle Prealpi Carniche, precisamente a Montereale Valcellina. Da qui si sale e si trova alla propria destra un orribile, ennesimo lago ottenuto sbarrando la strada al torrente Cellina. Tralasciatelo, l'unica cosa interessante sono le punte dei pini sommersi che sbucano lungo la riva, una specie di spettacolo horror, per gli amanti del genere. Superata una lunga roboante galleria si raggiunge la meta motociclistica locale per eccellenza, il lago di Barcis. Anch'esso artificiale e spesso secco o molto basso ha un colore meraviglioso grazie anche alla pulizia del corso d'acqua che lo forma.
Essendo una meta davvero abusata non mi soffermo, qui orde di motociclisti e famigliole con auto e camper si ammassano parcheggiando ovunque e invadendo le sponde del lago e i locali dove se magna. Impossibile fermarsi, impossibile trovare pace. Unica soluzione è aprire manetta e andare oltre.
Superato Barcis si apre la spettacolare Valcellina. Qui il paesaggio è piuttosto selvaggio con ripidi canyon che si diramano dalla valle principale dove scorre la parte più alta del Cellina e del Settimana. L'aria si fa fresca e si entra spesso in ombra, finalmente l'agognato refrigggerio! Bisogna comunque stare attenti a non farsi distrarre dalla bellezza di boschi e dirupi tutto intorno, pena il drittone in curva mitico, e schianto sulle rocce. Fermarsi all'ombra e fare qualche foto.
I motociclisti da motomondiale esistono anche qui, richiamati dai curvoni veloci, vanno salutati bonariamente, non sono nocivi se non gli si dà retta, quindi è bene non avvicinarli. Hanno moto potenti e vestono tute spaziali, generalmente col casco in tinta.
Per il resto la fauna locale è piuttosto varia, qui siamo entrati nel territorio del famoso Mauro Corona, lo si può avvistare appollaiato in qualche bar o intento ad arrampicare qualche roccia, montagna, albero, in smanicato di cotone anche in inverno (non scherzo).
Mi fermo qua e là per fotografare il paesaggio, salgo sul ponte sospeso che si trova circa a metà strada tra Barcis e Claut, accessibile liberamente, che apre la visuale su tutta la selvaggia vallata. Si muove un casino col vento!
Si raggiunge dunque Claut, posto assolutamente inutile ed inospitale al quale sono affezionato perché ci andavo in vacanza da bimbo. A Claut ci sono due attrattive, la prima è costituita dagli innumerevoli "matti" che gironzolano per il paese, di solito ubriachi marci (ma a dire il vero oggi non ne ho visti e forse se ne sono andati pure loro). Due, le "orme del dinosauro". Se avrete la pazienza di parcheggiare (a pagamento) nella ridente località di Lesis e camminare per alcuni chilometri in salita seguendo i cartelli vedrete dei sassi che sono stati attribuiti a "orme" di non so quale animale preistorico.
Boh...
Bene, è ora di fare sul serio. Un saluto alla mia adorata montagna ad arco (la vedete seminascosta dalle nubi nelle foto col Guzzo) e via giù per la valle, destinazione Osteria Al Castelu, la dimora del gusto, a Montereale. Quella sono certo che sia aperta e che fornisca ottimi panini ad ogni ora, punto di partenza e di arrivo per Montanari, pensionati, motociclisti e famigliole con bambini molesti. Parcheggio comodo, fuori è pieno ma dentro non c'è quasi nessuno.
Mi siedo e mentre attendo la birra gelata ascolto dei vecchi che discutono animosamente di quel tizio che, anni fa, aveva inventato un sistema per percorrere oltre 500km con 5 litri d'acqua anzichè di benzina.
Ok!
Divoro il mio panino con cotto e formaggio friulano fuso, tracanno la bionda media e metto a tacere il mio istinto da "troll": avrei voglia di avvicinarmi e parlargli di quella volta che mio cuggino ha modificato il Ciao Piaggio per farlo andare a grappa.
Rientro spedito nella campagna pordenonese riflettendo su come alcune strade stiano diventandodei non luoghi. Per esempio, c'è una gigantesca croce di cemento sulla strada, un oggetto che ho sempre visto, messo da chissà chi e chissà quando, una specie di capitello votivo o in ricordo di qualcuno che siè smaltato. Poco importa, questo oggetto marchia un luogo, è bruttino e forse pericoloso ma chi percorre questa strada lo vede, sa che manca poco a quel paese, sa dove si trova, da un nome ad un luogo. Se lo togli, se rinnovi, modernizzi, spiani, cancelli questi oggetti, cancelli il luogo stesso, la strada stessa diventa una stupida striscia di asfalto. Ottima per il guidatore di SUV distratto dal navigatore e dal cellulare e mille altri cazzi incorporati ma pessima per ...me e chi come me.
Termino il giro facendo pausa in una deserta Pordenone, raro avventore dell'unica gelateria aperta in centro che mi rifocilla con un ottimo nocciola-pistacchio. Lo consumaro seduto tra i deserti archi del comune, neanche i piccioni a sfidare questa calura agostana della madonna".
Tumblr media
0 notes