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#horror racconti
weirdlookindog · 10 months
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Vittorio Accornero - Edgar Allan Poe: Racconti fantastici, 1959
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illettoredifantasia · 2 years
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Mommoti, il terrore dei bambini sardi
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La città di Cagliari nasconde un oscuro segreto: la leggenda di un essere che terrifica i bambini e fa rabbrividire gli adulti. Il nome di questa creatura è “Mommoti”, o “Bobbotti”, come viene talvolta chiamato.
“Mommoti” è descritto come un uomo incappucciato, la cui figura è avvolta in una densa ombra. Nessuno ha mai visto il suo volto, ma si dice che gli occhi siano vuoti e bui come l'abisso. È provvisto di una folta barba, lunga e nera, che gli conferisce un'aria sinistra e minacciosa. La sua presenza è annunciata dai lamenti dei bambini che ha catturato e che cercano invano di fuggire dalle sue grinfie.
“Mommoti” è un essere antico, conosciuto fin dall'epoca delle streghe e dei maghi neri. Il suo compito è quello di portare via i bambini che non si comportano bene, portandoli nella sua tana segreta, dove sono costretti a subire orrende torture per l'eternità.
Ma la verità sulla sua origine è ancora più inquietante: “Mommoti” non è solo un essere soprannaturale, ma una creatura evocata dai più oscuri incantesimi, un demone infernale invocato dagli stregoni della Sardegna per punire i malvagi e i disobbedienti.
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Coloro che hanno avuto il coraggio di avventurarsi nei suoi tenebrosi reami hanno visto la sua macabra ombra muoversi tra le case e le strade, rivelando la sua presenza solo attraverso il rumore dei suoi passi pesanti.
I bambini sono avvisati di non comportarsi male. Se mai dovessero vedere l'ombra di “Mommoti” avvicinarsi, non ci sarà speranza, perché il demone è implacabile e nessuno può sfuggire al suo abbraccio oscuro.
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showroomhaircut · 1 year
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Lo fatto!
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kikimoraa · 2 years
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Da il “Necronomicon”, Lovecraft
Disegni di Greta Grendel
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librinudi · 2 months
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Thomas Ligotti NOTTUARIO 2017 Il Saggiatore
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editoremannarinonew · 9 months
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weirdlookindog · 2 years
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Luigi Corteggi - R.L. Stevenson Racconti
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druzya · 9 months
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raccontimalsani · 11 months
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Destino's Pizza
Ehi! C'è una nuova pizzeria d'asporto in città...quale pizza sceglierai? Io credo di saperlo già!
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aurumale · 1 year
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jerusalem's lot - racconto breve di Stephen King
Come anticipato nel precedente post, ho letto il racconto di re Stefano, da cui è stata tratta la serie ‘Chapelwaite’. Il racconto si differenzia in alcune cose: ad esempio il protagonista non ha figli, nella serie si; il protagonista pensa a una soluzione drastica finale, nella serie ni, nel racconto c’è in pratica una sola ‘battaglia’ contro le forze del male, nella serie ci sono molti più…
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illettoredifantasia · 2 years
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canto di battaglia
ancora "Canto di Battaglia" di @seanvondrake a farci sognare! questo è uno dei #racconti #fantasy che potete trovare sulla nostra #rivista sostenendoci su Patreon https://patreon.com/illettoredifantasia… e ricordate che gli arretrati sono disponibili gratuitamente su https://illettoredifantasia.it!
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anomazione · 1 year
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Il Baubau contro Boogeyman
La questione della trasposizione cinematografica di opere letterarie è storica, e Stephen King, con i film tratti dai suoi romanzi e racconti, è credo uno degli esempi più significativi. Per cui, quando ho saputo di The Boogeyman (2023) di Rob Savage, presentato come tratto da un racconto di Stephen King (Il baubau) e dato che quel racconto mi era piaciuto molto, ho provato interesse. Pur…
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charrednewt · 1 year
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PREDAZIONE
So che cosa ho visto e so che non è stato per via del buio. Insomma, era una notte buia, certo, ma non abbastanza da farmi dubitare. E non andate a dirmi che sia stata colpa della nebbia: mi ricordo chiaramente di aver guidato attraverso al massimo un po’ di foschia, del tipo che va a posarsi su tutte le strade da queste parti quando l’autunno si fa inoltrato.
Divento un’autista parecchio prudente quando sento avvicinarsi la stanchezza e gli occhi iniziano a pizzicarmi, specialmente se sto guidando in campagna; quello era il motivo principale per cui non avevo ancora sorpassato la corriera, nonostante stesse andando ad una velocità a malapena accettabile. Dopo un paio di chilometri passati nella sua scia la mia frustrazione si era diluita in una sorta di placido cameratismo, una strana punta d’affetto per i suoi fanali posteriori rossi. Per questo motivo la comparsa nel mio retrovisore di un paio di fari che si avvicinavano rapidamente mi diede particolarmente fastidio; anche solo nel riflesso, la luce bianca era una stilettata dritta attraverso la mia tranquillità. Non era facile vedere attraverso quell’alone, ma sembrava appartenere a un’auto di grossa taglia, un SUV o qualcosa di simile. Fantastico, pensai, Probabilmente uno di quegli stronzi che credono la strada gli appartenga. Non un’idea che avevo intenzione di mettere in discussione quella notte, non mi andava di competere in velocità; prima avessi visto passare oltre quel totem d’arroganza, meglio sarebbe stato. Le luci stavano avvicinandosi: chiunque fosse al volante aveva acceso anche gli antinebbia, nonostante non ce ne fosse davvero il bisogno quella notte.
Quello che non vedevo erano segni che il SUV stesse rallentando. Nemmeno una freccia accesa per un sorpasso, nessuno spostamento sull’altra corsia. Cos’è, vuole sorpassarci all’ultimo secondo? Mi chiesi mentre la mia confusione si cristallizzava in ansia. Ci ha visti, no? Non può non averci visti. Si è addormentato? Oddio, si è addormentato al volante?! I miei pensieri correvano frenetici, sembrava che la sagoma del fuoristrada stesse riempiendo il retrovisore ogni secondo di più e, contemporaneamente, il tempo si stesse dilatando per fare spazio ad ogni dettaglio dell’incidente che incombeva sulla mia testa. Potevo sterzare in tempo per schivarlo? Sarei sopravvissuta se la risposta fosse stata “no”?
Mi lanciai sul volante, virando bruscamente a destra con tutto il peso del mio corpo e del mio panico. L’auto sobbalzò spaurita di lato mentre il SUV ci piombava addosso: la confusione era tale da farmi vedere doppio, sicuramente, perché vidi di sfuggita otto luci sul muso lanciato a tutta velocità. Colpì di striscio la mia fiancata facendomi tremare i denti nelle gengive, ma non con lo schianto devastante che avevo temuto; riuscii a mantenere la presa sul volante e a frenare con un orrendo stridio delle ruote prima che la mia stessa velocità potesse farmi finire fuori strada, nel fosso soffocato dai canneti.
L’aria sapeva di gomme bruciate.
Le mani mi tremavano mentre riportavo la macchina in carreggiata, a passo d’uomo. Non cercai di ripartire. Mi aspetto che adesso non mi crediate, liberi di farlo, ma i miei fanali funzionavano benissimo e la scena che stavano illuminando mi aveva lasciato troppo sbalordita per fare altro che stare a guardare. Avrei dovuto vedere una carcassa accartocciata: e invece a una dozzina di metri da me, portata fin lì dalla forza della collisione, stava svolgendosi una lotta gigantesca. Il SUV - beh, quello che avevo scambiato per un SUV – era balzato sul dorso della corriera e vi si aggrappava saldamente con le sue otto zampe, ognuna spessa come un tronco d’albero e liscia e nera come la notte tutt’intorno. Il contrasto con il resto del corpo era netto, linee scure che tagliavano il grigio metallico della carrozzeria; un modello che vedo in strada ogni giorno, che si sarebbe confuso tra le auto parcheggiate in una concessionaria. Sembrava che le zampe scomparissero appena sotto la portiera del lato del passeggero: era una creatura unica? Stava indossando il guscio vuoto di un’automobile come un paguro? Era impossibile a dirsi, non con gli scossoni disperati della preda al di sotto. Già, perché neanche la “corriera” era davvero un veicolo: nella luce combinata dei miei fanali sbiaditi e degli otto fari incandescenti del “ragno” – occhi, forse? - il suo corpo si rivelava segmentato e tinto di un’iridescenza animale che nessuna verniciatura avrebbe potuto riprodurre. I riflessi disegnavano pozze di luce sull’asfalto mentre si torceva; nel suo inarcarsi per lottare contro la presa del suo avversario vidi file di zampe corte e tozze che si agitavano sul ventre della creatura. In confronto le ruote a lato sembravano piatte e finte, sagome vestigiali fuse all’esoscheletro esterno. Persino i finestrini per i passeggeri non erano altro che macchie regolari disegnate su ogni segmento.
I fanali posteriori brillavano debolmente e disegnavano scie rosse nella notte mentre il corpo serpentino si dimenava nel combattimento: il rumore di metallo urlante e colpi sull’asfalto riempiva ogni angolo della scena, eppure per qualche ragione sembrava più basso di quanto ci si potesse aspettare. Rispetto a un incidente con auto vere, intendo.
La creatura-bus smise di cercare di disarcionare il suo aggressore e iniziò invece a raggomitolarsi su sé stessa, chiudendosi in modo simile a un onisco gigantesco, ma il ragno era più rapido e risalì la curva della schiena fino alla testa prima che questa potesse essere protetta. Puntò il raggio accecante delle sue otto luci dritto attraverso la griglia del radiatore della preda: la corriera mandò uno stridio altissimo tornando a contorcersi; riuscii a vedere la sagoma vaga di una testa tondeggiante, ridicolmente piccola in confronto al resto, che saettava fuori dal carapace cromato del cofano e fendeva l’aria con grosse mandibole squadrate. Mirando alle zampe del suo avversario, forse. Ma la battaglia era già finita: il ragno schivò i morsi andando a piantarsi dritto nel ventre della corriera. Doveva avere anch’esso zanne di qualche tipo e forse del veleno, perché i colpi frenetici della preda si ridussero nel giro di pochi secondi a spasmi, poi a brividi, fino a smettere ogni movimento.
Il silenzio improvviso mi premette sulle orecchie come una morsa coperta di cotone. Ero fradicia di sudore gelato che il terrore non mi lasciava tempo di notare e sulla strada non c’eravamo che io e il ragno. Per chilometri e chilometri. Sembrava che anche il ragno lo sapesse: la sua sagoma, orribilmente familiare nel profilo, era immobile sul corpo della preda e l’alone degli occhi rendeva difficile distinguerne i contorni. Mi puntavano, obliterando ogni ombra nell’abitacolo. Ebbi appena il tempo di pensare che neanche la mia auto sarebbe stata abbastanza veloce per salvarmi, prima che le luci diventassero di scatto più vicine e più luminose di quanto fosse sopportabile, otto piccoli soli affollati sul mio parabrezza. Chiusi gli occhi per paura potessero scoppiarmi nelle orbite, forse urlai persino per il dolore che mi attraversò di lampo le tempie; nell’oscurità chiazzata dietro le palpebre sentii il suono di otto zampe massicce che correvano via e di qualcosa di pesante che veniva trascinato sull’asfalto, sempre più in lontananza. Quando la mia visione fu tornata e smise di essere un insieme di macchie sfocate, la strada era di nuovo vuota.
Guidai fino a casa più veloce che potevo. La stanchezza mi era passata del tutto, come si può immaginare. L’auto era praticamente indenne, anche se c’erano alcune ammaccature e due graffi profondi nel punto in cui il ragno l’aveva colpita nella sua carica. Anche io stavo bene, si può dire.
Ma così tante cose mi rendono irrequieta adesso, tanti piccoli pensieri che non riesco a mandar via.
Per esempio, avete notato quanti elicotteri ci sono in giro ultimamente?
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librinudi · 3 months
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Gaston Leroux Storie Macabre 1995 Newton Compton
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