Tumgik
#insediamenti israeliani
sauolasa · 1 year
Text
Cisgiordania altre 5mila abitazioni negli insediamenti israeliani illegali
Il governo di estrema destra israeliano ha approvato la costruzione di altre 5mila abitazioni negli insediamenti illegali in Cisgiordania. Un ostacolo alla pace secondo la comunità internazionale
0 notes
gregor-samsung · 1 year
Text
"Nel 1996, nel bel mezzo del processo di pace di Oslo, Israele promise all’amministrazione USA che avrebbe smesso di costruire nuove colonie nei Territori Occupati. Ma mentre il governo israeliano stava conducendo i negoziati con i palestinesi, stava anche incoraggiando 50.000 cittadini ebrei a trasferirsi da Israele in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Contemporaneamente, il governo israeliano stava aiutando concretamente il movimento dei coloni a creare una molteplicità di “avamposti illegali” – fuori dai confini delle colonie esistenti – fornendo a questi insediamenti energia elettrica e acqua e costruendo la rete stradale per raggiungerli.* Entro il 2001, cinque anni dopo il divieto da parte degli Stati Uniti di costruire nuovi insediamenti, i coloni avevano creato piú di sessanta nuovi “avamposti illegali” su terreni espropriati ai palestinesi. Il governo israeliano dipingeva spesso i coloni ebrei come dei cittadini sprezzanti e indisciplinati, nonostante avesse stanziato milioni di dollari a favore della loro “insubordinazione”, principalmente perché ciò permetteva allo Stato – quando criticato – di rivendicare il fatto di essere una democrazia con una società civile vitale e pluralista. Durante l’impennata dell’edificazione dei cosiddetti avamposti, la polizia e l’esercito israeliani intrapresero solo sporadicamente azioni simboliche per far rispettare la legge, evacuando coloni dai nuovi avamposti. In parallelo a questo processo di espansione degli insediamenti e di rara applicazione della legge – spesso coincidente con periodi in cui aumentavano le pressioni internazionali a riprendere il processo di pace –, l’esercito israeliano eseguiva invece demolizioni di case palestinesi su larga scala, una pratica sulla quale le ONG israeliane e palestinesi concentrarono la loro attività. È stato in questo scenario legale e politico di espropriazione di terre palestinesi da parte dei coloni e di demolizioni di case palestinesi da parte del governo che Yesha for Human Rights ha iniziato la propria attività. Era la prima volta che i coloni creavano una ONG per difendere i propri diritti umani – il diritto umano di non essere evacuati dagli insediamenti e di continuare a colonizzare la terra palestinese."
  * In realtà, gli avamposti sono nuovi insediamenti. Oggi ci sono piú di cento avamposti in Cisgiordania. Circa cinquanta sono stati creati dopo il marzo del 2001. Analogamente ad altri insediamenti, questi avamposti sono stati costruiti con l’obiettivo di dare una continuità territoriale alla presenza israeliana occupando piú terra palestinese possibile e creando una barriera tra i vari centri abitati palestinesi. Cfr. Peace Now, “Settlements and Outposts”, http://peacenow.org.il/eng/content/settlements-and-outposts (consultato il 01/05/2014); vedi anche Talia Sasson, Report on Unauthorized Outposts: Submitted to the Prime Minister, Prime Minister’s Office, Jerusalem 2005.
---------
Nicola Perugini, Neve Gordon, Il diritto umano di dominare, traduzione di Andrea Aureli, edizioni nottetempo (collana conache), 2016¹; pp. 166-167.
[Edizione originale: The Human Right to Dominate, Oxford University Press, 2015]
P.S.: Ringrazio @dentroilcerchio per avermi consigliato la lettura di questo saggio che esamina e denuncia l’uso strumentale dei diritti umani da parte dei gruppi dominanti.
25 notes · View notes
mindsaver-blog · 3 days
Text
Tumblr media
"Il bue che dice cornuto all'asino"
Tratto da Repubblica
Mosca: “Inaccettabili i raid israeliani sulla Siria”
Mosca ha definito "inaccettabili" i bombardamenti israeliani della notte scorsa sulla Siria. "Tali azioni aggressive contro la Siria costituiscono un'aperta violazione della sovranità di questo Paese e delle norme fondamentali della legge internazionale", e possono portare a "conseguenze estremamente pericolose", ha affermato la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, citata dall'agenzia Ria Novosti.
Mosca: “Condanniamo gli attacchi di Israele in Libano”
Mosca condanna fermamente gli attacchi militari su larga scala di Israele contro il Libano. Lo ha affermato la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, sottolineando che l'ultima escalation in Libano è profondamente preoccupante. "Il 23 settembre, la leadership israeliana ha annunciato che l'Idf aveva lanciato un'operazione offensiva, soprannominata 'Northern Arrows', volta a minare l'infrastruttura militare del movimento Hezbollah", ha ricordato la Zakharova, aggiungendo che "l'aeronautica militare israeliana ha condotto massicci attacchi aerei in tutto il Libano, colpendo decine di insediamenti nel sud e nell'est del paese. Hezbollah, a sua volta, ha intensificato i suoi attacchi missilistici contro le strutture militari in Israele". "Condanniamo fermamente gli attacchi militari su larga scala contro il Libano - ha detto ancora la portavoce - Vorremmo in particolare sottolineare la nostra posizione di principio sull'inammissibilità di attacchi indiscriminati che prendono di mira i civili".
4 notes · View notes
rideretremando · 11 months
Text
"Allo stato attuale l’unico embrione di stato palestinese è l’area A della Cisgiordania, che è sotto il controllo dell’autorità palestinese (Abu Mazen) ma copre appena il 3.6% dell’intera Palestina (Israele + Gaza + Cisgiordania), e inoltre è priva di continuità territoriale, in quanto sistematicamente punteggiata da insediamenti israeliani. Conclusione. È vero che, in astratto, la soluzione “due popoli, due stati” è l’unica ragionevole. Ma è ipocrita parlarne come se bastasse un atto di buona volontà politica per realizzarla. Anche se Hamas sparisse dalla faccia della terra, il mondo arabo riconoscesse il diritto di Israele di esistere, e l’Autorità Nazionale Palestinese di Abu Mazen prendesse il controllo della striscia di Gaza (come da qualche giorno si favoleggia), resterebbe il problema della Cisgiordania, dove ci sono 500 mila coloni israeliani, che sarà quasi impossibile convincere a ritirarsi. Per non parlare dello status di Gerusalemme, dal 1980 annessa a Israele, in cui risiedono circa 200 mila ebrei e altrettanti arabi. Anche se Israele dovesse cedere ai palestinesi, oltre a Gaza, Gerusalemme Est, l’intera area A e l’intera area B della Cisgiordania, e tutti i coloni dovessero ritirarsi da questi territori, allo stato palestinese spetterebbe poco più del 10% della Palestina.  Come dire: a Israele la Lombardia, ai palestinesi la Valle d’Aosta. In queste condizioni, il massimo che è realisticamente concepibile è una soluzione a due stati asimmetrica: uno stato a Israele, uno staterello ai Palestinesi. Basterà a portare la pace?"
4 notes · View notes
archivio-disattivato · 11 months
Text
L’attacco da Gaza ci ha terrorizzato, ma dobbiamo interrogarci sul suo contesto
Fonte: +972Magazine, 7 ottobre 2023.
Il 7 ottobre 2023 resterà, con ogni probabilità, nella storia: Hamas ha dato il via, dalla Striscia di Gaza, a un attacco a sorpresa senza precedenti sul territorio di Israele, con il lancio di migliaia di razzi e vari blitz di terra su insediamenti civili e strutture militari israeliane in prossimità della Striscia. Nel corso di queste azioni sono stati uccisi almeno 1200 israeliani e 130 sono stati presi in ostaggio, mentre sarebbero circa 1.500 i miliziani di Hamas uccisi. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato una durissima rappresaglia, presentandola alla cittadinanza come “guerra” e mobilitando migliaia di riservisti, mentre il Ministro della Difesa, Yoav Gallant, ha annunciato un “assedio totale” su Gaza, definendo i militanti palestinesi come “animali umani” con cui è impossibile trattare. Attualmente la Striscia di Gaza, in cui vivono più di due milioni di persone, è senza forniture di elettricità, acqua e medicinali, ed è sotto il fuoco israeliano: finora sono almeno 950 i palestinesi uccisi e 5000 i feriti. Tra i numerosi articoli letti in questi giorni, abbiamo scelto di ripubblicare e tradurre quello che segue: è stato scritto da Haggai Matar, israeliano, obiettore di coscienza, giornalista pluripremiato e direttore esecutivo di 972 – Advancement of Citizen Journalism, un’associazione senza scopo di lucro impegnata per i diritti umani, la democrazia, la giustizia sociale e la fine dell’occupazione israeliana. Contrariamente all’opinione di molti connazionali, ma anche di molti media e politici occidentali, l’autore ricorda che l’attacco guidato da Hamas è radicato in una lunga storia di oppressione subita dai palestinesi sotto il regime israeliano di occupazione militare. Se, da una parte, partecipa al dolore e all’angoscia della sua comunità sotto attacco, dall’altra parte, Matar invita a riflettere sul contesto e sul fatto che gli israeliani stiano vivendo in questi giorni quello che i palestinesi vivono da decenni, privati non solo della prospettiva di libertà e indipendenza politica, ma anche della mera possibilità di vivere in modo degno. In controtendenza rispetto alle voci di odio e vendetta, che invocano la distruzione totale di Gaza e chiudono a qualsiasi negoziato con Hamas e col fronte palestinese, l’autore invoca la necessità di perseguire una pace giusta e duratura. Non esiste una soluzione militare al conflitto israelo-palestinese e l’uso della violenza contro i civili è, in ogni circostanza, una violazione del diritto internazionale umanitario. L’unica soluzione, afferma l’autore in conclusione, è quella di “porre fine all’apartheid, all’occupazione e all’assedio e lavorare per un futuro basato sulla giustizia e sull’uguaglianza per tutte e tutti noi”.
di Haggai Matar
Il 7 ottobre è stata una giornata terribile. Dopo esserci svegliati con le sirene aeree, sotto una raffica di centinaia di razzi lanciati sulle città israeliane, abbiamo saputo dell’attacco senza precedenti dei militanti palestinesi provenienti da Gaza alle città israeliane confinanti con la Striscia.
Le prime notizie – in continuo aggiornamento – parlano di almeno 700 israeliani uccisi e di centinaia di feriti, oltre ai molti rapiti portati a Gaza. Nel frattempo, l’esercito israeliano ha già avviato la propria offensiva sulla Striscia sotto assedio, con la mobilitazione delle truppe lungo la recinzione e attacchi aerei che, finora, hanno ucciso e ferito centinaia di palestinesi. Il terrore delle persone che vedono militanti armati nelle loro strade e nelle loro case, o la vista di aerei da combattimento e carri armati in avvicinamento, è inimmaginabile. Gli attacchi contro i civili sono crimini di guerra e il mio cuore va alle vittime e alle loro famiglie.
Però, contrariamente a quanto dicono molti israeliani, e nonostante l’esercito israeliano sia stato chiaramente colto del tutto alla sprovvista da questa invasione, non si tratta di un attacco “unilaterale” o “non provocato”. La paura che gli israeliani provano in questo momento, me compreso, è solo una parte di ciò che i palestinesi provano quotidianamente sotto il regime militare decennale in Cisgiordania e sotto l’assedio e i ripetuti attacchi a Gaza da parte di Israele. Le reazioni che sentiamo oggi da molti israeliani – che chiedono di “radere al suolo Gaza”, perché “questi sono selvaggi, non persone con cui si può negoziare”, “stanno assassinando intere famiglie”, “non ci sono margini di discussione con queste persone” – sono esattamente quelle che ho ascoltato innumerevoli volte dai palestinesi sotto occupazione riguardo agli israeliani.
L’attentato di questa mattina ha anche contesti più recenti. Uno di questi è l’orizzonte incombente di un accordo di normalizzazione dei rapporti tra Arabia Saudita e Israele. Per anni, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha sostenuto che la pace può essere raggiunta senza parlare con i palestinesi e senza fare loro alcuna concessione. Gli Accordi di Abramo hanno privato i palestinesi di una delle loro ultime carte di scambio e basi di sostegno: la solidarietà dei governi arabi, nonostante tale solidarietà sia stata a lungo discutibile. L’elevata probabilità di perdere forse il più importante degli stati arabi potrebbe aver contribuito a spingere Hamas al limite.
Nel frattempo, i commentatori avvertono da settimane che le recenti escalation nella Cisgiordania occupata stanno conducendo a sviluppi pericolosi. Nell’ultimo anno sono stati uccisi più palestinesi e israeliani che in qualsiasi altro anno dalla Seconda Intifada dei primi anni 2000. L’esercito israeliano effettua regolarmente raid nelle città palestinesi e nei campi profughi. Il governo di estrema destra sta dando mano libera ai coloni per creare nuovi insediamenti illegali e lanciare operazioni di vera e propria pulizia etnica in città e villaggi palestinesi, con i soldati che scortano i coloni mentre uccidono o mutilano i palestinesi che cercano di difendere le loro case. Nel mezzo delle festività, gli ebrei estremisti stanno sfidando l’accordo in vigore sull’accesso al Monte del Tempio/Moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme, sostenuti da politici che condividono la loro ideologia.
A Gaza, nel frattempo, l’assedio in corso continua a distruggere la vita di oltre due milioni di palestinesi, molti dei quali vivono in condizioni di estrema povertà e deprivazione, con scarso accesso all’acqua pulita e circa quattro ore di elettricità al giorno. Questo assedio non ha una fine programmata; anche un rapporto del Controllore di Stato israeliano ha rilevato che il governo non ha mai discusso di soluzioni a lungo termine per porre fine al blocco della Striscia, né ha preso seriamente in considerazione alcuna alternativa ai ricorrenti cicli di guerra e morte. L’assedio è, letteralmente, l’unica opzione che questo governo ha sul tavolo, in continuità con i suoi predecessori.
Le uniche risposte che i successivi governi israeliani hanno offerto al problema degli attacchi palestinesi da Gaza sono stati dei palliativi: se verranno via terra, costruiremo un muro; se passano attraverso i tunnel, costruiremo una barriera sotterranea; se lanciano razzi, installeremo un sistema anti-missile; se stanno uccidendo o hanno ucciso alcuni dei nostri, ne uccideremo molti di più. E così avanti, all’infinito.
Niente di tutto questo può essere invocato per giustificare l’uccisione di civili, una pratica intrinsecamente sbagliata. Ma serve a ricordarci che c’è una ragione per tutto ciò che sta accadendo oggi e che – come in tutti i casi precedenti – non esiste una soluzione militare al problema di Israele con Gaza, né alla resistenza che emerge naturalmente come risposta alla violenza dell’apartheid.
Negli ultimi mesi, centinaia di migliaia di israeliani hanno marciato per “la democrazia e l’uguaglianza” in tutto il paese, e molti hanno addirittura affermato che avrebbero rifiutato il servizio militare a causa delle tendenze autoritarie di questo governo. Ciò che questi manifestanti e soldati di riserva devono capire – soprattutto oggi, mentre molti di loro hanno già annunciato che interromperanno le loro proteste e si uniranno alla guerra contro Gaza – è che i palestinesi lottano per quelle stesse richieste e lo fanno da decenni, affrontando un Israele che nei loro confronti è già, ed è sempre stato, del tutto autoritario.
Mentre scrivo queste parole, sono seduto a casa mia a Tel Aviv, cercando di capire come proteggere la mia famiglia in una casa senza riparo e senza nessuna “stanza sicura”, seguendo con crescente panico le notizie e le voci di eventi orribili che hanno avuto luogo nel territorio israeliano. Le città vicino a Gaza che sono sotto attacco. Vedo persone, alcune delle quali miei amici, che chiedono sui social media di attaccare Gaza più ferocemente che mai. Alcuni israeliani dicono che ora è il momento di spianare completamente Gaza, invocando nei fatti un vero e proprio genocidio. Nonostante tutte le esplosioni, il terrore e lo spargimento di sangue, parlare di soluzioni pacifiche sembra loro una follia.
Eppure ricordo che tutto ciò che sento adesso, che ogni israeliano deve condividere, è stata l’esperienza di vita di milioni di palestinesi per troppo tempo. L’unica soluzione è quella di sempre: porre fine all’apartheid, all’occupazione e all’assedio e lavorare per un futuro basato sulla giustizia e sull’uguaglianza per tutte e tutti noi. Non è nonostante l’orrore che dobbiamo cambiare rotta: è proprio per questo.
4 notes · View notes
kneedeepincynade · 10 months
Text
Israel has tried to starve Gaza, but the international community and especially China, have refused to let this happen and have sent more and more aid to gaza and are fighting to let the aid in
The post is machine translated
Translation is at the bottom
The collective is on telegram
🥰 帮助巴勒斯坦 | LA CINA INVIA AIUTI UMANITARI ALLA POPOLAZIONE DI GAZA 🇵🇸
🇨🇳 Durante il Vertice BRICS, il Presidente Xi Jinping ha ricordato l'importanza della Risoluzione della Questione Palestinese. Dal "Cessate il Fuoco" ai Negoziati, con l'obiettivo di costruire uno Stato di Palestina, che sia indipendente e sovrano 🇵🇸
🕊 Uno dei punti fondamentali della Posizione Cinese, fin dai primi giorni dell'escalation del Conflitto, riguarda l'apertura di un Corridoio Umanitario a Gaza. Migliaia di persone, tra cui bambini, sono morte sotto gli incessanti bombardamenti d'Israele. Ospedali, magazzini, case e luoghi di culto sono stati distrutti 😭
🇨🇳 La Cina ha fornito aiuti ai Palestinesi, e continuerà a farlo. La Cina ha inviato l'equivalente di otto camion carichi di forniture umanitarie, biscotti, latte, miele, acqua potabile e altro ad Arish, in Egitto, per trasportarli nella Striscia di Gaza 🇵🇸
🇨🇳 Inoltre, ieri la Cina ha donato 1.000.000 USD all'UNRWA, le cui scuole sono state distrutte dai bombardamenti israeliani 🇮🇱
🔍 Approfondimenti:
❤️ La Cina invia aiuti umanitari alla Popolazione Palestinese di Gaza e della West Bank 🏥
❤️ L'Agenzia Cinese per la Cooperazione Internazionale allo Sviluppo invia beni di sussistenza all'UNWRA, ma Israele bombarda i magazzini dell'ONU a Gaza 😡
一 La Cina condanna l'espansione degli insediamenti israeliani nei territori della Palestina, e sollecita Israele a cessare l'escalation di violenza dei coloni contro i civili di Gaza 🕊
二 Wang Yi a Borrell: «La Palestina ha il Diritto di fondare uno Stato, l'ingiustizia storica contro il Popolo Palestinese non è mai stata corretta» 🇵🇸
三 Zhang Jun: «Fermare la crisi umanitaria, promuovere l'Istituzione di uno Stato di Palestina» 🇵🇸
🌸 Iscriviti 👉 @collettivoshaoshan 😘
🥰 帮助巴勒斯坦 | CHINA SENDS HUMANITARIAN AID TO THE POPULATION OF GAZA 🇵🇸
🇨🇳 During the BRICS Summit, President Xi Jinping recalled the importance of the Resolution of the Palestinian Question. From the "Ceasefire" to the Negotiations, with the aim of building a State of Palestine, which is independent and sovereign 🇵🇸
🕊 One of the fundamental points of the Chinese position, since the first days of the escalation of the conflict, concerns the opening of a Humanitarian Corridor in Gaza. Thousands of people, including children, have died under Israel's incessant bombardment. Hospitals, warehouses, homes and places of worship have been destroyed 😭
🇨🇳 China has provided aid to the Palestinians, and will continue to do so. China sent the equivalent of eight trucks loaded with humanitarian supplies, biscuits, milk, honey, drinking water and more to Arish, Egypt, to transport them to the Gaza Strip 🇵🇸
🇨🇳 Furthermore, yesterday China donated 1,000,000 USD to UNRWA, whose schools were destroyed by Israeli bombings 🇮🇱
🔍 Further information:
❤️ China sends humanitarian aid to the Palestinian population of Gaza and the West Bank 🏥
❤️ China Agency for International Development Cooperation sends subsistence goods to UNWRA, but Israel bombs UN warehouses in Gaza 😡
一 China condemns the expansion of Israeli settlements in the Palestinian territories, and urges Israel to cease the escalation of settler violence against civilians in Gaza 🕊
二 Wang Yi to Borrell: «Palestine has the Right to establish a State, the historical injustice against the Palestinian People has never been corrected» 🇵🇸
三 Zhang Jun: «Stop the humanitarian crisis, promote the establishment of a State of Palestine» 🇵🇸
🌸 Subscribe 👉 @collectivoshaoshan 😘
3 notes · View notes
vintagebiker43 · 1 year
Text
Tumblr media
In queste ore convulse dove tutti dicono un po' di tutto, vorrei fare qualche considerazione anch'io:
1) Israele NON rappresenta "i valori dell'Occidente", per un semplice motivo: non è uno Stato laico e liberale, è uno Stato che nasce e cresce su base etnico-religiosa. In Israele gli solo gli Ebrei di discendenza ebrea sono cittadini realmente di serie A.
2) Hamas rappresenta i palestinesi tanto quanto i coloni Israeliani rappresentano Israele, ovvero in esigua minoranza. Anche i coloni sionisti sono una frangia estremista, fondamentalista religiosa, totalitaria e violenta, ma nessuno dice che la politica di Israele sono le loro idee. Chiaramente molti palestinesi simpatizzano per Hamas così come molti israeliani simpatizzano per i coloni, non foss'altro che per ammirazione verso il loro sprezzo del pericolo e la loro fede incorruttibile.
3) In queste ore ho letto decine e decine di commenti su quello che sta accadendo in Israele e a Gaza, e mi sembra che improvvisamente tutti si siano dimenticati del Piano Trump proposto nel 2020, che Netaniyahu ha accolto con favore, iniziando i progetti di implementazione. In pratica il "Piano di Annessione" prevede l'annessione a Israele di molti territori della Valle del Giordano e il riconoscimento di tutti gli insediamenti dei coloni nella zona. Il piano non dice cosa farne degli Arabi ivi residenti... La cosa più probabile è il classico Apartheid. Nel piano si prevede il riconoscimento di quel poco che resta come territorio dello Stato Palestinese , però "demilitarizzato" e costretto a accettare strade blindate e barriere al suo interno per la protezione delle colonie Israeliani presenti a macchia di leopardo.
Chiamare "Stato" una cosa del genere è chiaramente un eufemismo. Già subito, nel 2020, Hamas dichiarò che il Piano Trump era "una dichiarazione di guerra".
Qualcuno ha provato a fare qualche ipotesi di quello che in un Paese Occidentale Liberale sarebbe la cosa più logica e normale, ovvero risolvere dando agli arabi residenti in quei territori in Cisgiordania la cittadinanza Israeliana, iniziando un processo di integrazione e di concessione di pari diritti. Chiaramente, visto che, come già detto qui sopra Israele NON è affatto uno Stato laico e liberale, la maggioranza degli Israeliani si è sempre dichiarata contraria, e di fatto in Israele un'opzione di questo tipo non è mai stata presa seriamente in considerazione. Se vuoi prenderti la terra dove abita un altro gruppo etnico-religioso e ti dichiari contrario a qualsiasi forma di integrazione di queste persone, quali opzioni rimangono? Restano di fatto solo l'apartheid e/o la pulizia etnica. Soluzioni che non hanno nulla a che vedere con i valori fondanti dei moderni Stati Occidentali.
Paul Olden
5 notes · View notes
pettirosso1959 · 1 year
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
120 MORTI CHE NON FECERO COMPASSIONE A NESSUNO
Nel 2005 Sharon decise il ritiro unilaterale di Israele dalla Striscia di Gaza (che era rimasta sotto controllo egiziano dal 1949 al 1967, anche se nessuno lo ricorda mai).
Si decise di lasciarla all'autorità dell'ANP, sperando che questo fosse un passo essenziale verso la pace. Vennero smantellati tutti gli insediamenti israeliani nella Striscia, anche con l'uso della forza, cacciando i contadini israeliani, che avevano creato centinaia di serre ortofrutticole, dove lavoravano moltissimi palestinesi.
Nel giugno del 2007, dopo due anni, avvenne il cosiddetto HAMAS TAKEOVER OF GAZA.
L'organizzazione Hamas, acronimo di Ḥarakat al-Muqāwama al-Islāmiyya (Movimento Islamico di Resistenza) guidata da Khaled Meshal, scatenò un attacco contro il governo legittimo di Al-Fatah, uccise 120 persone a colpi di mitragliatrice e si impadronì ILLEGALMENTE del governo nella Striscia.
Hamas aveva in realtà vinto le elezioni del cosiddetto governo palestinese, nel 2006 ed era stato creato un governo di unità nazionale. Ma Hamas non voleva l'unità, non voleva governare ASSIEME ad Al-Fatah (il partito di Abu Mazen), no, voleva il dominio assoluto.
Non potendo realizzarlo in tutte le città sotto l'ANP lo fece a Gaza.
A suon di mitra fece fuori tutti i rappresentanti dell'ANP nella striscia e si insediò al potere (vedi immagini).
Da 14 anni governa Gaza, dopo questo COLPO DI STATO.
Le 120 persone morte comprendono anche civili inermi, donne e bambini.
Quei 120 morti non suscitarono alcuna ondata di sdegno o di pietà internazionale. Nessuna marcia, nessuna prima pagina dei giornali, nessun intellettuale in lacrime.
I palestinesi che sono uccisi da Hamas non ispirano compassione, mettono in difficoltà le sirene propal, non sono politicamente corretti.
2 notes · View notes
anchesetuttinoino · 20 days
Text
Secondo la Corte la conclusione è una soltanto: gli insediamenti israeliani in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, ed il regime ad essi associato, sono stati creati e vengono mantenuti violando le leggi del diritto Internazionale, e perciò considerati illegali.
✍🏼 di Alessia
-----
Apperò, se ne accorgono soltanto adesso?!?!!
Hanno la faccia come il chiulo
1 note · View note
lamilanomagazine · 4 months
Text
Biden: «Su Rafah Netanyahu ci ha dato ascolto»
Tumblr media
Biden: «Su Rafah Netanyahu ci ha dato ascolto». «Il premier Benyamin Netanyahu ha dato ascolto alle preoccupazioni Usa sull'operazione militare a Rafah». Lo ha detto il presidente statunitense Joe Biden in un’intervista alla Abc news, ripresa dai media israeliani. «Penso che mi stia ascoltando. Volevano entrare a Rafah a tutta forza, invadere tutta Rafah, andare in città, portarla fuori, muoversi, muoversi con tutta la forza. Non l'hanno fatto», ha risposto Biden ad una domanda dell’emittente. Intanto il ministro delle Finanze israeliano - e leader della destra radicale di "Sionismo religioso” - Bezalel Smotrich, è tornato a chiedere insediamenti israeliani a Gaza una volta sconfitto Hamas. «I nostri eroici combattenti e soldati - ha detto Smotrich - stanno distruggendo il male di Hamas e occuperemo la Striscia di Gaza. A dire il vero, dove non ci sono insediamenti non c'è sicurezza». Nelle stesse ore, il Qatar ha minacciato di chiudere l'ufficio politico di Hamas, nella capitale Doha, se il gruppo non accetterà l'accordo di cessate il fuoco proposto da Stati Uniti e Israele. Lo riporta la Cnn, che cita un funzionario statunitense. I funzionari statunitensi stanno esortando Qatar, Egitto e Turchia ad aumentare la pressione su Hamas, scrive ancora l’emittente. Il segretario di stato Usa Antony Blinken arriverà in Israele lunedì prossimo. Lo ha riferito Ynet, secondo cui la visita - l'ennesima nel Paese dall'avvio della guerra - avviene nell'ambito delle trattative per una tregua a Gaza e il rilascio degli ostaggi.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
cinquecolonnemagazine · 4 months
Text
Guerra in Palestina: la risposta dell'Università Federico II
La guerra in Palestina ha aperto un dibattito a livello internazionale di cui molte università, in Italia e nel mondo, sono protagoniste. Lo dimostrano le proteste degli studenti, i documenti ufficiali delle facoltà e le decisioni in merito ai bandi di collaborazione con Israele. In questo dibattito ha voluto inserirsi anche l'ateneo napoletano Federico II con un documento ufficiale che pubblichiamo integralmente. Guerra in Palestina: il testo dell'Università Federico II Il documento della Federico II si apre con la totale condanna dell'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Di contro, non può non considerare la risposta di Israele come eccessiva. Il brutale attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 ha causato la morte di 1200 civili, in gran parte giovani, donne e bambini, e il rapimento di oltre 250 israeliani, la gran parte dei quali, ormai, debbono annoverarsi tra le vittime. Un orrore! Il governo israeliano ha però risposto con una ancor più brutale serie di interventi armati e di bombardamenti a Gaza e in ampie zone della Cisgiordania che hanno prodotto, ad oggi, oltre 35.000 morti e quasi 74.000 feriti. Secondo l’ONU l’80% di queste vittime sono donne e minori. Il blocco degli aiuti umanitari e la totale distruzione delle infrastrutture civili che ne sono seguite – tra queste tutte quelle educative – ha causato una crisi umanitaria senza precedenti, in una delle zone più densamente abitate del Medio Oriente. L’Organizzazione delle Nazioni Unite e l’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno più volte parlato di una situazione “fuori controllo”. La Corte internazionale di Giustizia sulla guerra in Palestina Il documento prosegue ricordando le misure adottate nei confronti di Israele dalla Corte internazionale di Giustizia. Con l'ordinanza n.192 del 26 gennaio 2024 la Corte internazionale di Giustizia ha adottato misure cautelari nei confronti dello stato di Israele sulla base del ricorso del Sud Africa, cui si è di recente unito anche l’Egitto, di violazioni della Convenzione contro il crimine di genocidio.Questi eventi debbono essere compresi, sebbene non giustificati, nel quadro di un conflitto di lungo periodo che ha visto fallire tutti i diversi piani di pace elaborati dalle istituzioni internazionali, e che vede disattese le oltre 69 risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite concernenti la Palestina e/o Israele. Tra queste, la risoluzione n. 465 che condanna la politica di colonizzazione dei territori occupati da parte di Israele, chiedendo la cessazione della pianificazione di nuovi insediamenti e lo smantellamento di quelli esistenti. Finanche la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 25 marzo 2024 (n. 2728) che chiede il cessate il fuoco è stata ignorata. Assistiamo invece al rischio di una ulteriore escalation delle violenze, con l’operazione militare israeliana a Rafah, con l’inasprimento del conflitto in Libano meridionale, e in Iran e la sua estensione in altre aree del Medioriente. La guerra come mezzo di soluzione dei conflitti Non dimentichiamo, prosegue il testo, la guerra in atto in Palestina va ad aggiungersi a tanti altri conflitti che si stanno consumando in altre parti del mondo. Questo conflitto si affianca alla guerra in corso dal febbraio 2022 seguita all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, e ai tanti altri che segnano il nostro presente. Di qui la crescente corsa al riarmo e all’aumento delle spese militari, che coinvolge anche i paesi europei, e tra questi il nostro. Nel solco dell’articolo 11 della nostra Costituzione, lo Statuto del nostro Ateneo all’art. 9. dichiara che “L'Università avversa l'utilizzo dei risultati delle proprie attività per applicazioni che perseguano scopi contrari ai principi della dignità e libertà dell'uomo e della pacifica convivenza fra i popoli”. Proprio in momenti nei quali la guerra sembra tornata a essere strumento ordinario di risoluzione dei conflitti internazionali, e in cui la ricerca scientifica e tecnologica rischia di essere sempre più utilizzata a fini bellici, è necessario ribadire l’impegno del sistema Universitario, e del nostro Ateneo (il cui fondatore si rese protagonista nella prima metà del XIII secolo della cosiddetta “crociata della pace”), a favorire e sostenere una visione alternativa della politica, della società e della convivenza. A partire dalla regolamentazione delle ricerche o loro applicazioni dual use, tenuto conto della stessa Raccomandazione (UE) 2021/1700 della Commissione del 15 settembre 2021 sui programmi interni di conformità relativi ai controlli della ricerca riguardante prodotti a duplice uso. Il ritorno dei nazionalismi La libertà di espressione del pensiero, come afferma l'Università, rischia di essere completamente soffocata dall'emergere di nazionalismi e di pulsioni razziste. Viviamo ormai in un contesto di nazionalismi sempre più violenti, di crescenti e intollerabili pulsioni antisemite, antiarabe, xenofobe, e di preoccupante repressione del dissenso e di censura al dibattito pubblico – di sua militarizzazione – anche nelle democrazie ritenute più solide. Non è un caso che a più riprese il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, abbia richiamato tutte le istituzioni pubbliche, in particolare il Governo, a garantire il diritto di espressione “anche contro il potere” e il diritto al dissenso. Il nostro statuto, del resto, all’articolo 3 afferma che “L'Università garantisce la libertà di manifestazione del pensiero, di associazione e di riunione, allo scopo di realizzare il pieno concorso di tutte le sue componenti alla vita democratica dell'Ateneo”. L'impegno dell'Università Federico II E' in questa cornice che vanno inquadrate le richieste degli Organi dell'Università federiciana al Rettore e agli organi di Governo dell'Ateneo. A partire da queste riflessioni; sollecitati anche dal recente intervento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che in occasione della “Giornata del Laureato” presso la Sapienza di Roma, ha ribadito che “tutte le violazioni dei diritti umani vanno denunciate e contrastate. Tutte, ovunque, sempre”; e sulla base di principi già espressi dal nostro Statuto oltre che dalla Costituzione Italiana, chiediamo al Magnifico Rettore e agli organi di Governo dell’Ateneo di prendere una posizione pubblica sugli eventi in corso, facendo risaltare l’impegno dell’Ateneo: - a favore dell’immediato cessate il fuoco nella striscia di Gaza e nei territori occupati; a sostegno di iniziative politiche e culturali di pace e di dialogo tra i popoli; - a favore dell’allargamento del confronto e del dibattito pubblico, nonché degli spazi di approfondimento e di analisi degli eventi in atto e delle loro radici storiche, economiche, culturali; - a favore di una riflessione sui principi etici e deontologici che devono orientare le attività di ricerca, didattica e di terza missione/impatto sociale e la stipula di accordi internazionali del nostro Ateneo; - a favore dell’attivazione di accordi bilaterali con le università palestinesi in modo da poter sostenere percorsi di studio di studentesse e studenti palestinesi anche tramite l’erogazione di borse di studio e corsi di didattica in remoto. In copertina foto da Depositphotos Read the full article
0 notes
Text
Passi avanti sul negoziato con Hamas per gli ostaggi, ma la destra estremista minaccia Netanyahu
Con una mossa che non era mai stata fatta prima da un presidente americano, Joe Biden emana un ordine esecutivo che impone sanzioni contro quattro estremisti israeliani che abitano negli insediamenti della West Bank e sono accusati di avere aggredito palestinesi. Le sanzioni tagliano fuori i quattro dal sistema bancario e da eventuali proprietà e conti americani e inoltre impediscono loro di…
View On WordPress
0 notes
giancarlonicoli · 11 months
Text
30 ott 2023 10:14
“IL PERICOLO PER ISRAELE VIENE DALL'INTERNO: DAI PRIMI MINISTRI DI DESTRA” - IL TRADUTTORE EBREO TEDESCO, MOSHE KAHN: “NETANYAHU È DA 30 ANNI IN POLITICA E NON HA OTTENUTO NIENTE, HA SOLO PRODOTTO UN ODIO MAGGIORE - I POLITICI DI DESTRA NON HANNO FATTO NIENTE PER FACILITARE LA CONVIVENZA TRA I DUE POPOLI: PENSANO SOLO A INGRANDIRE ISRAELE, FAVORENDO L'ESTENSIONE DEGLI INSEDIAMENTI CON LA GIUSTIFICAZIONE CHE 3000 ANNI FA DIO HA PROMESSO LORO QUELLE TERRE - I PALESTINESI DEVONO RIAVERE LE TERRE RUBATE DAI COLONI…” -
Estratto dell’articolo di Uski Audino per “la Stampa”
«Mi auguro che un giorno si arrivi alla soluzione dei due Stati e forse questa sarà la volta buona» spiega Moshe Kahn, pluripremiato traduttore dall'italiano al tedesco, raggiunto al telefono nella sua casa di Berlino. Ebreo tedesco emigrato in Svizzera durante la II guerra mondiale e grande conoscitore della letteratura italiana e dell'Italia - dove ha vissuto 30 anni - Kahn ha tradotto Primo Levi, Pier Paolo Pasolini, Roberto Calasso, Andrea Camilleri, Luigi Malerba e molti altri.
[…] «[…] Un cessate il fuoco è necessario per due motivi, perché ci sono ancora tanti ostaggi nelle mani di Hamas e quindi è essenziale che le trattative proseguano, anche se la loro liberazione sarà difficile da ottenere. E perchè il dramma dei palestinesi innocenti coinvolti è una tragedia tremenda […] colpire Hamas ma non la popolazione civile, vittima di quell'organizzazione. […]».
Qual è il suo giudizio del governo Netanjahu dopo l'attacco di Hamas?
«Ho visto filmati sulla Bbc di quello che ha fatto Hamas perfino ai bambini, ai neonati. Ha tagliato braccia, teste. Ma come si può giustificare una cosa di questo genere? Non trovo nessuna spiegazione convincente. Quindi l'attacco era dovuto e Israele doveva assolutamente mettere fine a tutto questo».
Crede che la soluzione dei due Stati possa essere ancora praticabile?
«Potrebbe essere la volta buona che i politici israeliani capiscano che l'occupazione che dura da quasi 60 anni, dalla Guerra dei 6 giorni del 1967, è insostenibile. […] Nel dopo-guerra si dovranno iniziare trattative per una civile convivenza. […] Soltanto in una convivenza, l'odio si trasformerà con il passare del tempo in ragione. Sarà un processo lento, una decina d'anni almeno. Ma ci vuole giustizia e ragione per arrivare alla pace.
Intendo giustizia per i palestinesi, che devono riavere le terre rubate dai coloni».
Che cosa pensa del governo attuale di Israele?
«Ho sempre sostenuto che il pericolo per Israele, dalla prima Intifada in poi, viene dall'interno del Paese, non da fuori. Il pericolo non viene dagli Stati vicini, ma dai primi ministri di destra israeliani che non hanno a cuore il destino del Paese ma se stessi. Sono egocentrici, narcisisti come quest'ultimo, Benjamin Netanyahu. È da 30 anni in politica e non ha ottenuto niente, ha solo prodotto un odio maggiore. Il problema dei politici israeliani di destra è che non hanno fatto alcun passo avanti per facilitare la convivenza tra i due popoli, ma pensano solo a ingrandire Israele, favorendo l'estensione degli insediamenti con la giustificazione che 3000 anni fa Dio ha promesso loro quelle terre».
Qual è il problema di questo tipo di argomento?
«Intanto da allora è trascorsa una bella fetta di storia e non possiamo fare finta di non saperlo. Ma poi c'è anche la mancata conoscenza di un libro molto importante del Vecchio Testamento, il Libro dei Giudici (il cui episodio più noto è Sansone e Dalila) che racconta la storia tra gli ebrei e filistei, i palestinesi di allora. È un libro che nessuno conosce e che spiega l'antico disaccordo. Ecco, se si mette in campo la promessa di Dio di 3000 anni fa e si omette il Libro dei Giudici, allora è una visione della storia molto unilaterale».
E la sinistra israeliana che ruolo ha giocato?
«I governi laburisti hanno cercato in vari modi di arrivare ad un accordo con i palestinesi. […] i governi di destra israeliani sono votati in gran parte -e lo dico con amarezza - da immigrati russi e dai coloni americani che si comportano negli insediamenti come fossero nel Far West». […]
0 notes
Text
Bruciano anche in Palestina
La resistenza Palestinese è riuscita ad attuare un’azione di sorpresa prendendo prigionieri dei soldati israeliani  negli insediamenti che circondano la Striscia di Gaza e immediatamente la tracotanza con cui i “coloni” trattano i palestinesi si è tramutata in terrore con la richiesta accorata di intervento dell’esercito. Sono stati presi prigionieri anche i carristi del panzer in fiamme che…
Tumblr media
Visualizza su WordPress
0 notes
apsny-news · 2 years
Text
Ad Aqaba impegno tra l'Anp e Israele ma non sugli insediamenti - Mondo
Israeliani e Autorità nazionale palestinese (Anp) hanno preso ad Aqaba, in Giordania, un impegno comune a fermare l’escalation e a prevenire ulteriori violenze in Cisgiordania. Questo quanto reso noto dall’agenzia ufficiale di Amman, la Petra. Ma sulla parte che riguarda gli insediamenti nei Territori, Israele ha negato i punti della intesa pubblicati dalla Petra, sostenendo che non ‘c’è alcun…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
kritere · 2 years
Text
Consiglio sicurezza Onu,insediamenti Israele ostacolo pace
DIRETTA TV  Gli insediamenti israeliani sono un “ostacolo” alla pace. E’ la denuncia contenuta in una dichiarazione adottata all’unanimita’ dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu. “Le continue attività di insediamento di Israele mettono a rischio la fattibilità della soluzione dei due Stati”, ha affermato il Consiglio nella dichiarazione, che non ha la portata vincolante della risoluzione…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes