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unwinthehart · 1 year
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vivarai2off: Amarello living their best life ✨
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pangeanews · 5 years
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“Portavi croissant caldi a Pound, internato tra le urla dei dissennati”. In memoria di Piero Sanavio, avventuriero della letteratura. Martino Cappai racconta il suo Maestro e gli scrive dal Giappone
In ricordo di Piero Sanavio, avventuriero, giornalista, romanziere e antropologo. Classe 1930, si è bevuto il Novecento con Gombrowicz, Dominique De Roux e Ungaretti come suo testimone di nozze. Intervistò Ginsberg, Pasolini, Robert Lowell, Man Ray, Thomas S. Eliot. Fu amico di Ezra Pound durante e dopo l’internamento al St. Elizabeths. Dormiva in un garage di Washington e faceva il lavapiatti per mantenersi, pur di portargli i cornetti caldi a colazione. La sua vita è stata una danza in giro per il mondo, tra letteratura e giornalismo. Come al solito apprezzato e valorizzato molto di più all’estero (Francia e Stati Uniti) che nello stramaledetto Bel Paese.
* Addio caro Maestro, ieri ti hanno fatto il funerale a Santa Maria in Trastevere. Mi fa male non poter venire a Roma per darti l’ultimo saluto. Da qui, dal finis terrae d’Oriente, non posso far altro che ritirarmi in religioso silenzio di fronte all’Oceano che, oggi, ha lo stesso colore turchese dei tuoi occhi.
Sei sempre stato in prima linea, sempre in trincea con tutto te stesso, faccia al sole e orecchio alla musica. Quei democristianucci unti di gelatina, traditori della vita, venduti e rivenduti, astiosi, inaciditi, pidocchiosi lillipuziani dell’intellighenzia manichea, camaleontici tarzanelli occhialuti, ammanicati come tenie al potere di turno, che per decenni ti hanno ostracizzato, sabotato, messo in disparte, denunciato, tradito e censurato, non sono mai riusciti minimamente a piegarti o a scalfirti. “Erano il minestrone privato della moglie di Feltrinelli”, come mi dicesti tu una volta. “Ombre di un’ombra, sono e saranno per sempre irrilevanti. Il nulla”. Mi dispiace avere la sicurezza che molti di loro (o i loro eredi intellettuali), verranno al tuo funerale.
Alcuni scatti in cui Piero Sanavio è con Ezra Pound
Oggi si parla e si scrive in abbondanza di Pound e Céline, sino alla nausea. Ogni giorno spuntano strafalcioni di articoli, collage di video, scoperte del già scoperto, documentari con le grafichette, le musichette e le petulanti faccette da stronzi in pashmina che appaiono per commentare la foto, la frase, la citazione, per la gioia di tutte le pulci 2.0. che vivono per questo, riducendo il discorso critico al solipsismo d’un pendolare moderatamente bibliofago, in moto perpetuo tra Roma, Milano, Palermo e Forte dei Marmi.
Tu sei stato il primo, in questo dannato paese, a investire su Ezra Pound. Non soldi, non energie, non tempo, ma l’intera vita. Nel 1951, la tua tesi sui Cantos fu la prima in Italia. Da lì in poi i lillipuziani ti dichiararono una guerra vile e silenziosa, che certo vinsero, ma unicamente perché tu eri solo e loro tanti, troppi. L’Italia di allora, o meglio la società italiana di allora, era un posto tremendo. Il prosieguo fu un susseguirsi di dispetti e colpi bassi. Dalla Spagna inviasti l’intera traduzione dell’opera di Henry David Thoreau, che rimase buttata negli archivi della casa editrice per anni. Smarrirono pure un infinito numero di saggi e articoli su Pound che tu mandasti da Washington (dove andavi a portare i croissant caldi al poeta internato tra le urla dei dissennati del Saint Elizabeth’s e il pezzo di cervello sotto formalina di Mussolini), da Madrid, da Londra, da Parigi, perché, come ti dissero, “un fascista non poteva essere un grande poeta”. I resoconti dei tuoi incontri londinesi con Thomas Eliot stanno marcendo negli archivi romani della rivista Il Mondo. Nella capitale francese – che diede i natali a tua madre – eri di casa. Ci scorrazzavi con personaggi come Witold Gombrowicz, Kateb Yacine e Dominique de Roux. Con quest’ultimo condividevi lo studio e la passione per le opere dei grandi reietti della letteratura. Eri con lui quando, insieme a Giancarlo Marmori e Jean-Edern Hallier, partecipasti alla compilazione del secondo volume dedicato a Céline nei suoi Carnets de L’Herne.
È giusto ribadire che oggi è molto semplice scrivere e parlare di certi autori, lo fanno tutti, persino in Italia, ma certamente non era così sessant’anni fa, quando il solo pronunciarne il nome evocava gli spettri di un passato mai del tutto digerito. Anche la Pivano, il “Caronte” della letteratura anglosassone in Italia, da bravo agente letterario quale era, evitò di occuparsi di Pound. Ripiegò sui suoi figliastri della Beat Generation, tanto di moda e tanto venduti (per te il vero fascista e razzista era Kerouac, non Pound!).
Ti accusarono di tutto! Dallo spionaggio filo-americano al fascismo e al nazismo. Si dimenticarono che tuo padre era stato il braccio destro di Matteotti, con una pallottola squadrista conficcata nella coscia e tuo zio Italo fu, a Cartura (nel padovano), l’ultimo sindaco socialista prima dell’avvento del Fascismo. Si scordarono tutto e tu, da raffinato cavaliere, non glielo ricordasti. Che ognuno muoia nell’arroganza della propria umana miseria.
In Italia, c’è sempre stato questo diktat di matrice politica a delimitare i parametri di ciò che si poteva o meno discutere. Questa è l’Italietta. Non vorrei chiamarlo bigottismo, piuttosto una forma di silenziosa “inquisizione letteraria”. Coloro che sfuggono alle reti della catalogazione, sono temuti come la peste. Tu non li sopportavi gli inquisitori e anche la tua seconda moglie, la bellissima Anuskha Palme, prima traduttrice di Knut Hamsun, era un manifesto di guerra contro il loro monduccio accomodante e servile. La poesia non ha nulla a che spartire con le cabine elettorali. Andasti lontano, caro Maestro, eleggendo gli Stati Uniti come tua seconda patria. Occupasti la cattedra ad Harvard, la stessa che un tempo fu di Eliot. Poi il Benin e la Guiana Francese per approfondire i tuoi studi di antropologia, in Sud America per insegnare letteratura. Seguirono gli ingaggi come inviato di varie testate giornalistiche e così via. Vent’anni fa il definitivo ritorno nella tua Itaca, l’Italia, sempre più ingrata, sempre più esangue. E le varie congiure editoriali non cessarono assolutamente. Non te lo perdonarono mai, caro Maestro. Le iene non dimenticano quanto è dolce e profumato il sangue del leone. La Destra non ti perdonava le appartenenze socialiste, ma ti ha dato comunque più spazio di quanto non te ne abbia dato questa Sinistra arrogante e presuntuosa.
Le miserie di questa Italia ingrata le hai vissute e raccontate tutte, dagli impiccati in giro per le strade di Salò, alla sciocca frenesia del Dopoguerra, per passare agli Anni di Piombo sino all’attuale tirannia scemocratica. Al tuo rientro, il panorama era rimasto pressoché identico: l’ostracismo degli intellettuali nostrani, i tabù, i giochi di potere editoriale, l’egemonia culturale di una certa Sinistra organica, gattopardesca, il poter contare su pochissime persone fidate, su tutti lo scrittore Mario Lunetta (venuto a mancare lo scorso anno). Sullo sfondo di una Roma sempre più pesante, consunta, moribonda, come unico antidoto vi era per te l’eremo a Sperlonga, la luce del Tirreno, il rinchiudersi nella scrittura. L’alchimia della parola come unico baluardo di salvezza.
Risulta veramente arduo stilare in poche righe una panoramica il più esaustiva possibile su di un uomo del genere. Il rischio di un risultato scolorito è davvero troppo alto. Sanavio è stato tante, troppe cose: romanziere, saggista, antropologo, giornalista, traduttore, documentarista, avventuriero. Qualsiasi epiteto non renderebbe alcuna giustizia, solo i tuoi libri possono farlo.
Ricordo come se fosse ieri, caro Maestro, il nostro viaggio in taxi mentre ti lasciavo parlare indisturbato dell’importanza che ebbero, per la letteratura mondiale, le seghe che Nora Barnacle fece al suo futuro marito James Joyce in un pub di Dublino. Ancora rido, se penso alla faccia dell’autista che ascoltava. Come un aedo greco invasato, saltavi da un argomento all’altro come si salta sui sassi per guadare un fiume. Era l’urgenza della vita che finisce. La malattia c’era e io non ne sapevo nulla. Dal cristianesimo inconfessato di Rimbaud passasti alle visioni di Santa Teresa d’Avila, da Von Salomon al futurista Giovanni Korompay, dai romanzi di Guimarães Rosa alla tua litigata con Pasolini. In un baleno mi trasportasti nel ’45 parigino, tra le fucilazioni sommarie della Francia liberata: Brasillach con un proiettile in testa, mentre quella vecchia volpe di Céline – arroccata a Meudon – si crogiolava nel suo vittimismo trasformando l’odio in virtù. Conservo ore e ore di registrazioni dei nostri incontri, le custodisco insieme alle cose più care e preziose che ho, in attesa di trovare modo (e tempo) per sistemarle in un volume.
Ora mi piace immaginare la tua salma messa al centro della grande sala in Via Arenula. La “testa romana”, come la chiamò Pound, poggiata su un cuscino verde, con vicino i tulipani rossi da te tanto graditi, le finestre spalancate verso la tua dirimpettaia: la chiesa barocca di San Carlo ai Catinari. Per anni, dal terrazzo ne hai osservato i marmi bianchi piegati e ripiegati sull’insensata bellezza del cielo d’Italia. Il tuo corpo riposa, inerme, trafitto dal plumbeo sole romano, mentre dalle finestre, spalancate, filtra il profumo dei limoni, di quell’albero su cui ti arrampicasti rompendoti una caviglia.
“Siamo luci. Tutte le cose che sono, sono luci”: così mi scrivesti nella dedica del tuo libro, quello che, dopo innumerevoli solleciti, la Marsilio pubblicò aggiungendo la bellezza di ottantasette refusi.
Buon viaggio Maestro Sanavio, bentornato nella grande luce.
Martino Cappai
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retegenova · 5 years
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TEATRO SOCIALE DI CAMOGLI
Sabato 5 gennaio ore 21
(€20 Ridotto €15 / abbonati GOG-TSC e under 30 €12 / under 18 €6)
a cura di GOG Giovine Orchestra Genovese
ANDREA BACCHETTI IN CONCERTO
L’incasso sarà devoluto in beneficenza a favore dell’associazione “Per il sorriso di Ilaria di Montebruno”
Programma
Johann Sebastian Bach
Suite inglese n. 5 in mi minore BWV 810; Suite francese n. 5 in sol maggiore BWV 816; Suite inglese n. 2 in la minore BWV 807; Ouverture nach Französischer Art in si minore BWV 831; Fantasia cromatica e fuga in re minore BWV 903
  La ONLUS “Per il sorriso di Ilaria di Montebruno” è nata nel 2014 con lo scopo di raccogliere fondi da destinare alla ricerca sull’Atassia di Friedriech, una malattia genetica rara (l’incidenza è di circa 2 persone ogni 100.000), progressiva, invalidante e, purtroppo, al momento non curabile. L’età d’esordio della malattia è generalmente tra i 6 ed i 15 anni con casi che si manifestano anche intorno ai 20 anni. Colpisce il sistema nervoso centrale e le vie nervose responsabili della coordinazione motoria. La ricerca va avanti ed è promettente, ma la rarità tiene lontani gli investimenti delle principali case farmaceutiche, come pure gli investimenti pubblici. Ad oggi le sperimentazioni in essere sono sostenute quasi interamente da beneficenze di privati. “Il nostro impegno è quello di portare a compimento queste sperimentazioni” – dichiarano i genitori di Ilaria, una ragazza ligure di vent’anni colpita dall’atassia nel 2014 – “Con la speranza di dare un futuro senza malattia a tanti giovani ragazzi e ragazze malati nel mondo, come nostra figlia, come la nostra amica Emma, e tanti altri.”
  Andrea Bacchetti è oggi uno dei più sensibili interpreti della musica di Johann Sebastian Bach al pianoforte, trovando nell’analitica lettura della musica e nella raffinatezza dell’articolazione sonora una cifra esecutiva di valore speciale. Nato nel 1977, ancora giovanissimo Andrea Bacchetti ha raccolto i consigli di Karajan, Magaloff, Berio, Horszowski, Siciliani. 
Ha debuttato a 11 anni a Milano nella Sala Verdi con i Solisti Veneti diretti da Claudio Scimone e da allora ha suonato più volte in festival internazionali e sale da concerto di tutto il mondo. È anche molto attivo in campo cameristico e discografico. Registra in esclusiva per Sony Classical.
Fra la sua ampia discografia sono da ricordare il SACD con le sonate di Cherubini (Penguin Guide UK Rosette 2010) e “The Scarlatti Restored Manuscript” (RCA Red Seal) vincitore dell’ICMA 2014 nella categoria “Baroque Instrumental”. Di Bach le “Invenzioni e Sinfonie” (CD del mese, settembre 2009, “BBC Music Magazine”), “The Italian Bach” (CD del mese, maggio 2014, “Record Geijutsu”) e “Keyboard Concertos BWV 1052 – 1058” con l’Orchestra Nazionale della RAI (CD del mese, maggio 2016 “Musica”).
Nella stagione in corso sono previste tournèe in Sud America e Libano oltre che concerti con Y. Bashmet e i Solisti di Mosca, con il Sestetto Stradivari dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e con la OSI di Lugano.
  TEATRO SOCIALE CAMOGLI – Piazza Giacomo Matteotti, 5 –  Camogli (GE) Tel. 0185 1770529 [email protected] – [email protected] – www.teatrosocialecamogli.it
  ASSOCIAZIONE “PER IL SORRISO DI ILARIA DI MONTEBRUNO” – ONLUS
Viale Martin Luther King 1- 16025 Montebruno (Ge)
Per Donazioni liberali IBAN IT42B0335901600100000131014 presso Banca Prossima (gruppo Intesa Sanpaolo) – Per destinazione 5 x mille CF: 95178270104
www.perilsorrisodiilaria.it 
Ufficio stampa Marzia Spanu
Cooperativa Battelieri del Porto di Genova
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Il Secolo XIX
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MusicforPeace Programma 29 maggio
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Genova Celebra Colombo
Camogli 5/01 Andrea Bacchetti al Teatro Sociale – Per il sorriso di Ilaria di Montebruno TEATRO SOCIALE DI CAMOGLI Sabato 5 gennaio ore 21 (€20 Ridotto €15 / abbonati GOG-TSC e under 30 €12 / under 18 €6)
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infosannio · 7 years
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Caro Saviano, non esageri!
Caro Saviano, non esageri!
(di Elide Rossi e Alfredo Mosca – opinione.it) – Caro Saviano, anche lei, che pure ogni tanto dice cose giuste e condivisibili, ha finito col montarsi un po’ la testa e lo diciamo con rispetto. Veda Saviano, quello che è successo a lei è accaduto a tanti altri, parliamo di uomini e di donne che ritrovandosi velocemente al centro di una grande attenzione, hanno finito col perdere il senso della…
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pangeanews · 6 years
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Roberto Zaccaria: l’Italia non può diventare il parcheggio dei migranti. L’Europa deve aiutarci
Cominciamo con il video sulla Cnn dei migranti banditi all’asta… “Preciserei un paio di cose, però”. Prego. “Intanto, che non è chiaro da dove vengano quelle riprese. Non è detto che siano girate da giornalisti, probabilmente sono girate da ‘fiduciari’. Intendo dire che questi fatti non avvengono ‘ufficialmente’ nei campi di detenzione libici, dove la vita, ad ogni modo, è bestiale, ma in una delle infinità di luoghi controllati da milizie locali, da milizie di trafficanti, scollegati dal governo centrale”. Detto questo… “Detto questo, la situazione libica è inaccettabile. Noi siamo certi che bisogna creare una alternativa alle possibilità di guadagno legate al traffico dei migranti, che bisogna creare in Libia dei luoghi di identificazione e dei centri di accoglienza, abolendo i centri di detenzione”. Lui è Roberto Zaccaria, professore ordinario di Istituzioni di Diritto pubblico presso l’Università di Firenze (lo trovate qui), già Presidente della Rai dal 1998 al 2002, già deputato della Repubblica dal 2004 al 2013 (prima per la Margherita, poi per L’Ulivo, infine per il PD); noi è il CIR, il Consiglio Italiano per i Rifugiati, una onlus nata su iniziativa delle Nazioni Unite per difendere i diritti dei rifugiati e dei richiedenti asilo, di cui Zaccaria, dal 2014, è il presidente. In merito alle ‘rivelazioni’ della Cnn, rimbalzate sui media planetari, che hanno dato avvio al consueto, scurrile gioco dello scaricabarile, dove improvvisamente, improvvisandosi alfieri del bene comune, le istituzioni si svegliano dal sonno della bella addormentata accorgendosi che nel resto del mondo si soffre e si muore, Zaccaria è uno dei pochi che valga la pena ascoltare. Per due ragioni. Primo. Il CIR è una delle poche organizzazioni umanitarie che in Libia c’è. E che dalla Libia, mentre molti si davano alla fuga, è rimasta. “Siamo in Libia dal 2008, chiamati dall’Unhcr. Da allora abbiamo un ufficio a Tripoli, con 7 persone che vi lavorano, 2 ‘internazionali’ e 5 locali. L’anno scorso eravamo indecisi se restare o meno, ma vista la situazione delicata e strategica della Libia, il paese dove passa il 90% dei migranti e dei rifugiati che dall’Africa si muove verso l’Europa, abbiamo ritenuto che bisognasse esserci. Rilanciando. Con i nuovi progetti in atto lavoreranno nel nostro centro circa 15 persone”.
Già Presidente della Rai, Roberto Zaccaria è dal 2014 presidente del CIR
Uno dei progetti del CIR riguardava proprio i centri di detenzione… “sì, nel passato ci andavamo. Adesso parteciperemo a un nuovo bando, perché per andare nei centri di detenzione bisogna avere un titolo di legittimazione. Il problema, però, è che oltre ai centri di detenzione bisogna occuparsi anche alla popolazione libica, offrendo serie alternative all’insussistenza e all’indifferenza”. La seconda ragione per cui vale la pena ascoltare Zaccaria è che lui sa come si fa. Sulla questione dei rifugiati e dei migranti in Libia non sciorina parole ‘politiche’, ma ha in testa una pratica precisa. “Dobbiamo creare centri di accoglienza, organizzare i flussi migratori e dare lavoro alla popolazione locale, che nell’accoglienza può trovare un vero sostegno economico”. In questo modo, si corrodono i guadagni della ‘tratta’. “E si cominciano a costruire corridoi umanitari”. Un lavoro che non si fa in due giorni… “ma non si può ragionare in un’altra prospettiva. Bisogna lavorare in maniera organica con i governi locali, con l’Unhcr, con l’Onu, per ricreare le infrastrutture di un paese che possa essere la sede di sosta dei migranti e dei rifugiati, nella prospettiva di affinare procedure per farli arrivare legalmente in Europa”. Ecco, proprio l’Europa pare essere l’anello debole della filiera. L’Europa che se l’è presa con il Ministro Minniti per la gestione dei flussi migratori. “Beh, cosa avrebbe dovuto fare Minniti? Ha preso atto che l’Europa non gli dava molto ‘spago’ e ha tentato una trattativa con la Libia. A questo punto, però, è bene partire da alcuni dati salienti. Il Governo Gentiloni, come il Governo Renzi, ritiene che sia necessario salvare le persone che tentano l’avventura in mare. Benissimo. Ma quando i migranti arrivano in Italia, l’Europa ci intima che in Italia devono restare. Questo non è possibile, l’Italia non può diventare un ‘parcheggio’ di rifugiati o di migranti. Attualmente abbiamo in accoglienza 200mila persone: alcuni di loro affrontano processi di integrazione, o sono inseriti nel lavoro. Probabilmente possiamo reggere fino a 250mila persone. E poi?”. Già, e poi? “Torno ai dati. Quanti migranti o richiedenti asilo ci sono in Libia? Nessuno lo sa. Le stime parlano di oltre 500mila persone. Potrebbero essere tra le 600 e le 700mila. Alcuni dicono che sono almeno un milione di persone. In Turchia ci sono 2 milioni e 500mila persone. Come facciamo? O tutti insieme ci facciamo carico di governare i flussi entro corridoi umanitari, di non incoraggiare la traversata in mare alla ventura, accogliendo in condizioni umanamente dignitose i migranti, oppure cadiamo nella retorica di dare la colpa all’uno o all’altro dei protagonisti in campo. L’Europa deve decidere quante persone può accogliere all’anno, 2 milioni, ad esempio, e governare razionalmente i flussi. Dando la precedenza, va da sé, alle fasce deboli, ai minori, alle donne in gravidanza, e lavorando, tra l’altro, a rientri volontari assistiti”. Cosa vuol dire? “Significa che io ti aiuto a riavviare una attività economica nel tuo paese, con un primo, importante, investimento. Insomma, l’Europa non può aiutarci a salvare le vite dei migranti per poi farli sbarcare in Italia e stop. Dobbiamo rendere razionali i flussi migratori, senza farli governare dai taglieggiatori ma da organizzazioni umanitarie deputate”. Sotto la presidenza di Zaccaria, il CIR ha lavorato in modo capillare sulla ‘comunicazione’, promuovendo, tra le altre cose, il progetto Alda Merini. Il concerto con Giovanni Nuti, Monica Guerritore e altri (tra gli altri, il 2 novembre scorso, al ‘Duse’ di Bologna c’era Roberto Vecchioni). “Il problema che mi sono posto è come comunicare il fenomeno migratorio. Scegliendo il concerto di Alda Merini, seguito da un pubblico di migliaia di persone, il CIR promuove una poetessa che ha raccontato gli ‘ultimi’, e tra gli ultimi ci sono anche i migranti e i rifugiati. Al termine del concerto, spesso, le persone mi avvicinano chiedendo come possono dare una mano al CIR. Beh, i modi sono svariati, donare il proprio lavoro, parlare della nostra attività. L’ultimo di questi modi è donare del denaro”. Poi Zaccaria cita la poesia della Merini, Una volta sognai, “Una volta sognai/ di essere una tartaruga gigante/ con scheletro d’avorio/ che trascinava bimbi e piccini e alghe/ e rifiuti e fiori/ e tutti si aggrappavano a me”. Così, allora, all’improvviso, sembra pure vero, sembra oro, l’utopia terrosa, che con una poesia si può sanare il mondo, si può estirpare il male.
Davide Brullo
L'articolo Roberto Zaccaria: l’Italia non può diventare il parcheggio dei migranti. L’Europa deve aiutarci proviene da Pangea.
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