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#lavoro Psicologo
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Lo psicologo
Quanta fatica sto sentendo.
Questo lavoro maciulla tutti i miei pensieri, tutti i miei organi, tutte le mie azioni. Posso vedere e posso sentire ma devo tenere tutto per me, essere d’aiuto in un modo innaturale, in un modo diverso dai comuni mortali, dalle altre persone . Devo fare i conti con ciò che voglio ma anche con ciò che non posso fare benché il compito datomi era proprio quello di aiutare. 
Quanto stordimento mi procurano le frustrazioni, il desiderio di voler essere d’aiuto ma solo a metà, col rischio sempre dietro l’angolo di chi mi dice di fermarmi a metà strada. 
Quanto malessere mi fa provare la rabbia di non poter parlare francamente e nitidamente di ciò che non va, di ciò che capisco, di ciò che attanaglia la mente dell’altro. 
Quanta fatica stare al mio posto, essere moderato, vivere il silenzio dei pazienti, le scuse più dolorose pur di non affrontare il dolore. 
Quanta fatica l’ambiguità, i giorni, le attese, i ritorni di questi. Quanta fatica la pazienza di dover aspettare il momento più opportuno per parlare di qualcosa. Quanta fatica evitare il dolore, evitare l’amore. Quanto dolore vedere chi sta vivendo il proprio malessere ma si protegge esclusivamente con esso, nient’altro che con questo.
Non fate questo lavoro, perché la sua bellezza è la fatica di accertarsi come inconcludente, inutile, sterile e troppo informato. 
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gcorvetti · 1 month
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E' finita.
Lo so sono stato poco presente in questo periodo perché mi sono concentrato a risolvere il problema inter coppia che si è venuto a creare da, diciamo, almeno un anno. Ma Domenica la doccia fredda è arrivata comunque. "Non voglio stare più con te". Già, l'ha detta. Non sto a scrivere motivazioni e tentativi potrei essere ancora qua per capodanno, ma nella sua bontà e visto che la casa è la sua, non mi sta sbattendo fuori di casa, oggi completo la sistemazione della stanza degli ospiti, aka ex ufficio twitter, c'è un divano che ho faticato 77 camicie per portarlo sopra e rimontarlo in quello spazio così stretto, ma va bè è già stato utile una volta a quanto pare abbiamo un destino incrociato.
Un paio di settimane fa ho parlato con mio cugino lo psicologo, mi aveva rassicurato, è il suo lavoro, ma ora ho scritto ad uno locale che mi è stato fornito dalla dottoressa e che non è a pagamento, attendo risposta. Spock aveva già intuito tutto quello che stava accadendo dai miei racconti, giustamente lui ha un punto di vista esterno, mi aveva già fatto un audio di diversi minuti dove mi diceva che per lui, o per come la vedeva lui, il rapporto è finito, l'amico vero si vede anche in questo.
Come sto? Dopo 25 anni di tribolazione, rinuncie, dedizione a lei alla famiglia al nostro cercare di vivere la vita ecc ecc, mi sento malissimo. Oggi ho bigiato il lavoro, è successo la settimana scorsa che per lo stress accumulato a casa e a lavoro mi è venuto un attacco di panico e ho iniziato a piange a fare cose sconnesse, sti poveri cristi che non mi conoscono non sapevano che pesci prendere, allora gli ho spiegato la situazione. Ad oggi non mi va di andare al lavoro, spesso in questa settimana ho finito il turno anzi tempo, fondamentalmente mi basta lo stress di questa situazione, andrei a lavoro per stare sereno non per aggiungere altro stress, mi serve un'altra tipologia di lavoro, innanzitutto meno ore 12/13 ( all'impiedi ) non riesco a farle più, quindi se mi mettono parttime mi fanno un favore, però guadagnerei di meno. Stando ad oggi Maarja, adesso posso scrivere il suo nome dopo anni che l'ho sempre mensionata come "lei", Maarja, visto anche il mio ruolo nella sua vita, mi concede un pò di tempo per riprendermi. Qua mi viene in mente una frase che mi ha ripetuto spesso in questi mesi dopo il mio ritorno dalla Trinacria "Io ti voglio aiutare", la capisco. Mi ha ripetuto anche un concetto che mi disse quando stavo a Londra, che io qua ho sempre un posto e che lei mi vorrà bene sempre qualsiasi cosa succeda, mi rincuora anche perché in questo esatto momento della mia vita oltre a Spock non ho amici con cui mi relaziono giornalmente, e Maarja è l'altra amica, quindi totale 2, i colleghi di lavoro non sono amici sono colleghi, appunto.
Per concludere vi riporto una battuta che mi ha fatto mentre parlavamo della mia carriera musicale, a lei piacerebbe molto che ritornassi sul palco, le piace quello che mi sta venendo adesso, anche se io lo trovo a tratti melodrammatico, mi ha detto "Vedi ora che stai male stai scrivendo bella musica", non è il mio modus operandi fare il chitarrista con problemi per creare, preferisco di gran lunga un equilibrio e una stabilità che mi aiutano a pensare, aspetti che in questo momento non ho. Finisco con il barlume di speranza, un pò lo stesso che mi ha riportato qua dalla Trinacria, che se le cose cambiano è possibile che lei, Maarja, ci ripensi e magari chissà, ma so che è un'illusione e lei me l'ha confermato con l'espressione del viso, la conosco non sa mentire. Spock mi dice che non mi posso rimproverare nulla ho fatto il mio dovere fino in fondo e che ora mi meriterei di vivere la mia vita serenamente, suonare, viaggiare, conoscere persone nuove ecc ecc, ma questo potrei anche farlo benissimo stando con lei.
Dal baratro in cui sono caduto è tutto ci sentiamo prossimamente.
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muffa21 · 1 month
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Ho avuto un'infanzia meravigliosa. Con i monti e i torrenti e gli alberi e le lucertole assolati del mio Paesello. E Dio che ci sorvegliava, sonnacchioso dentro ai tabernacoli delle chiese, insieme alle vecchiette con la bocca piena di caramelle Rossana e canti sacri nella luce colorata che filtrava attraverso le vetrate della Matrice.
A undici anni, il declino. Abusato il primo anno di scuole medie da un compagno di classe pluri-ripetente. Mi costringeva a masturbarlo di fronte a tutti. Nessuno mosse un dito. Temo che qualche professoressa sapesse; ma meglio non andarsi a infilare in faccende più grandi di sé... soprattutto se ti ritrovi disgraziatamente a buscarti il pane nel quartiere più violento e feroce di Palermo, a pochi anni della guerra e delle stragi di Mafia. Nessuno si vergognò. Né l'abusante, né i compagni, né chi sapeva e non ha mosso un dito. In compenso mi vergognai io. Questo causò una timidezza patologica, una goffaggine che superava il ridicolo. E di conseguenza il bullismo, il male minore fra quelli sopportati, mi costrinse a chiudermi in casa. Ad uscire solo per andare a scuola e incontrare giorno per giorno il mio carnefice. Perché conoscevo già cos'erano i doveri. La mia famiglia mi ha sempre amato - le uniche persone ad averlo mai fatto - e li ho ripagati essendo sempre ligio ai miei doveri di figlio.
Le superiori andarono un po' meglio. Ma anche qui, amicizie superficiali che si basavano sulla simpatia che sucitava il mio essere goffo e ridicolo e brutto - avevo denti sporgenti e pesavo quanto una vacca - e per il resto cinque anni passati in casa a leggere narrativa fino alla nausea.
En passant: Prima e unica esperienza sentimentale. Rifiutato e umiliato.
Botta di culo. Passo i test di medicina. Volo a Pavia. Ci resto sei anni.
Il primo anno, fantastico. I miei sono lontani. Mi sento in diritto di mollare la presa sulle mie remore morali. Inizio a fumare tabacco e a bere, quasi ogni sera. Passo alla marijuana. Sembra la svolta. Ma dietro l'angolo c'è il baratro. Divento dipendente dall'erba - sì, gente, come si può essere dipendenti da quella porcheria che è il porno si può benissimo essere dipendenti da un fumo magico che fa svanire le proccupazioni - fumo fino a 15 canne al giorno; e le fumo solo, uscendo fuori dalle grazie di Maria. Dimentico che sto lì per studiare e inizio a mandare a troie la possibilità di laurearmi, dicendomi c'è tempo, e raccontandomi un fottìo di fregnacce. Ma sono consapevole delle fregnacce e per tre anni non faccio niente, se non spendere soldi in droga, vedere film d'essai su megavideo e masturbarmi fino a stordirmi, perdere i sensi e finalmente dormire.
Un gruppi di belle persone mi raccatta dal fango a 22 anni. Tra i 22 e 24 finalmente vivo, mi diverto, sono felice, quasi quasi mi viene pure voglia di studiare e dare una bella ordinata alla mia vita... ma i traumi dell'infanzia sono troppo pesanti e mi ammalo. Esordio psicotico acuto. Fottuto. Per 10 anni passo la vita, tra ricoveri, farmaci, psicologi, psichiatri, testi di roschark (o come cazzo si scrive) e le urla, i pianti e la depressione di tutti i miei familiari.
Per 10 anni lotto... e ne vengo fuori. Trovo lavoro a Milano, le miei poesie vengono pubblicate da una piccola casa editrice di Roma che crede in me, mi metto in forma, da dipendente pubblico ho tutte le agevolazioni del mondo e uno stipendio che farebbe invidia al mio psicologo.
Ma perché questa carrellata sulla mia vita? Perché ieri ho visto questo angolino di luce che mi sono costruito a calci e mozzichi e mi sono detto: non ho nessun diritto ad essere così fortunato. E pensavo a Gaza, all'Ucraina, alle carceri libiche, alla barista del mio paese morta a 40 anni, senza aver mai visto la Luce.
Fortunato? Porca Madonna, l'unica fortuna è essere nato in un paese del primo mondo, avere una famiglia che mi ama, ed essere molto meno stupido della media. Tutte cose niente affatto scontate. Ma la Fortuna, cazzo, è un'altra roba.
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volumesilenzioso · 15 days
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non vedo la psichiatra da inizio giugno per mia scelta, la psicoterapia con lo psicologo l’ho interrotta mesi prima, ad aprile forse. ieri ho preso il telefono, ho digitato il numero, ho fatto un respiro profondo e ho chiamato la psichiatra per prendere appuntamento, mi ero detta che a settembre l’avrei fatto, sperando settembre non arrivasse mai. ma è arrivato e ho mantenuto la promessa che mi ero fatta mesi prima. non voglio tornare in quel posto, in quella stanza vuota dove devo parlare di me di fronte ad un’altra persona che neanche mi va poi così a genio. la cosa che mi spaventa di più è che tornare dalla psichiatra è solo il primo passo, ed è un passo davvero minuscolo in proporzione a tutti quelli che dovrò fare. il secondo passo sarà trovare uno psicologo, uno nuovo, perché con gli altri che ho provato non mi sono trovata benissimo, anche se, devo ammetterlo, ci mettevo del mio per far in modo che il percorso non andasse bene. so che devo trovarne uno, ma non mi sono data un limite di tempo per farlo, mi sono solo detta che prima o poi, che io lo voglia o no, dovrò affrontare anche questo.
dovrei fare, poi, altre mille cose. prima fra tutte, trovare un lavoro. lo sto cercando da un po’ ma non trovo niente che faccia per me o che abbia una paga decente e adeguata, non ne trovo uno che sia abbastanza vicino a casa mia da non rendere stressante anche il viaggio. devo anche considerare il fatto che le mie opzioni, al momento, sono estremamente limitate poiché esistono centinaia di lavori abbastanza comuni che si possono fare senza una laurea, ma io, per come sono fatta e per come sto mentalmente, non riuscirei a fare. mi fa stare male la consapevolezza di non essere in grado di fare una marea di cose che alle persone intorno a me risultano più semplici, mi fa stare male essere un limite per me stessa e mi fa stare male non riuscire a gestire niente di tutto ciò che è “normale”.
sto tentando di nascondermi dagli altri, di non far notare a nessuno quanto io stia ancora male, ma diventa ogni giorno più difficile far finta di niente. d’altra parte, però, è difficile anche mostrare il proprio dolore sapendo che gli altri non possono fare nulla di concreto per aiutarti, perché la tua risalita deve partire da te, altrimenti non sarà mai permanente.
le giornate sono tutte uguali, l’unica cosa che mi rende un minimo viva e meno vuota è trascorrerle con il mio cane. il tempo si è perso, scorre, so che continuerà a farlo indipendentemente da me, ma il mio orologio interno si è fermato a una tale ora di un tale giorno di tantissimi anni fa, e da allora ogni giornata è uguale alla precedente e alla successiva, ogni giornata è la stessa, ed è come se la mia vita fosse costituita da un’unica lunghissima giornata, infinita. sono mentalmente esausta, non reggo il peso di esistere.
sono sola in tutto questo. ogni tanto avrei bisogno di un abbraccio, di una carezza, di essere ascoltata e di essere amata propriamente. ma nel momento del bisogno non c’è mai stato nessuno di tutti quelli che dicevano ci sarebbero stati, nessuno ha mai mantenuto quella promessa. ora, quando mi trovo nel momento del bisogno, non spreco più le energie per chiamare qualcuno, perché ho imparato che è inutile, che la loro assenza non farà altro che alimentare il mio malessere, e così rimango sola e non ricevo quell’abbraccio di cui tanto ho bisogno. e mi pesa, mi pesa il cuore nel petto ogni volta che succede. tutta questa pesantezza mi stanca e mi fa venir voglia di scappare, ma dove? come?
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orotrasparente · 10 months
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mi rendo conto che ci sono così tante persone attorno a noi che soffrono e nascondono i loro disturbi emotivi, sociali e sentimentali dietro un sorriso di circostanza, diamo tanta attenzione a problemi (giustamente) fisici, ma ci sono dei mali più subdoli ma allo stesso modo violenti, la depressione è qualcosa che colpisce le viscere di una persona, ti cambia, ti manipola, ha la forza di creare una distorsione della realtà, io non sono uno psicologo, anzi non sono proprio nessuno e non voglio essere nessuno, ma se posso dare un consiglio a chiunque leggerà queste poche righe: imparate l’importanza di una parola gentile che magari non salverà nessuna vita, ma a volte può aiutare qualcuno che attraversa un momento buio, impariamo tutti ad apprezzare l’impegno e il lavoro degli altri, notiamolo e facciamolo notare, i complimenti, gli apprezzamenti, l’affetto ecc., per fortuna, sono beni inestimabili che non ci possono tassare e non hanno un costo, ma a volte possono davvero fare la differenza in una persona durante un suo momento di crisi interiore
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alicesfeelings · 3 months
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Con una laurea triennale non sono nessuno.
Non mi è rimasta nemmeno una briciola di volontà per poter intraprendere la magistrale e cosa più importante ho finito i miei soldi.
Mi sento paralizzata, vorrei distrarmi facendo cose ma fare cose implica spendere soldi.
Devo trovare un lavoro qualsiasi per potermi permettere degli svaghi altrimenti questi pensieri mi faranno cadere nel baratro.
E no, non ho nemmeno una famiglia che mi dà sostegno morale.
Quindi, questa settimana si parte con la prima seduta dallo psicologo per capirci qualcosa oppure per non capirci niente..
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lunamarish · 3 months
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Pausa pranzo. Vedo un mio collega disperato alla scrivania, gli prendo un caffè e vado da lui. Gli dico che spero non sia successo nulla di grave, che il lavoro ultimamente è uno schifo e che non vale la pena prendersela. "Da che pulpito..." risponde lui. Va bene, incasso. Io resto lì a guardarlo, in silenzio. "Il mio mutismo selettivo mi permette di stare qui anche sei ore a guardarti senza dire una parole, se necessario." Prima sbuffa poi chiude la porta. Mi racconta della sua crisi profonda con la moglie, del divorzio negato, delle terapie dallo psicologo, della sofferenza, dell'insonnia, e che all'ultimo la baby sitter gli ha dato buca e stasera non sa chi a lasciare il figlio. "E se ci rimanessi io, con lui?"
Finisce che vado a prenderlo dal dopo scuola, lui mi riconosce subito perchè a tutti i pranzi e le cene aziendali sono quella che fa le linguacce ai bambini di nascosto e dice "sei la collega di papà!" e lì il mio istinto materno vacillante inizia leggermente a intorpidirsi. Gli dico di farmi da navigatore, anche se so benissimo dove abita. Facciamo un po' di compiti (è in terza elementare) e prepariamo la cena. Dopo che si è fatto il bagno da solo mi chiede se lo aiuto ad asciugarsi i capelli. Si era messo il pigiama al contrario, inizio a ridere, lui con me, glielo sistemo e lui mi chiede se posso rimanere fino a che non si addormenta. Ma certo, gli dico, resto tutto il tempo che vuoi.
Diventa silenzioso, andiamo sul divano, accende disney+ e gli chiedo a cosa sta pensando. Lui mi strappa il cuore dicendomi che con me si sente molto al sicuro ed entriamo in un momento di confidenza, gli chiedo se lui si sentisse al sicuro con i suoi genitori. "No, perché loro litigano sempre e una volta li ho sentiti dire che se non c'ero io non stavano più insieme". Aldilà dei congiuntivi e della consecutio temporum cerco di rassicurarlo, dicendo che spesso i grandi dicono cose che non pensano, che quando sono arrabbiati diventano anche più cattivi, e che non doveva preoccuparsi se, a volte, i genitori litigano, può capitare.
E lì, quel piccolo esserino mi stupisce ancora. "Io se voglio bene a qualcuno non ci litigo. Se litighiamo sparisce il sorriso. Io voglio essere felice da grande, sentirmi sempre sulle nuvole senza paura di cadere. Non lo dire a mamma e a papà che li ho sentiti."
"Sarà il nostro segreto."
"Però ci torni a stare con me se mamma e papà escono?"
Dopo cinque minuti, piccolo esserino dolce si addormenta profondamente sul divano...e io pure.
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ilpianistasultetto · 2 years
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"Studia, studia figlio mio o ti ritroverai come me e tuo padre, due poveri disgraziati sempre a far di conto con le dita sulla punta del naso. Sempre a lavorare 12 ore al giorno senza mai una soddisfazione”
E così è andata. Ricordo solo che nessun genitore ti diceva cosa era meglio studiare. Un po’ perché non lo sapevano neanche loro, povera gente che a malapena sapeva mettere la propria firma, un po’ perché difficilmente si dava ascolto ai genitori. L’adolescenza  è un’età ribelle, quella che porta sempre a fare il contrario di ciò che dice la gente adulta ecosì è andata con quasi tutti i miei compagni di scuola ,  chi figlio di metalmeccanico, chi di piccolo impiegato, artigiano o piccolo commerciante. Chi è diventato medico, chi architetto, chi ingegnere, chi psicologo o sociologo, chi docente o  dirigente di qualche ente.  Si veniva tutti dalla scuola statale, tutti dal liceo. Poi ognuno di noi ha scelto la strada per lui migliore. Oggi no, questa regola non vale più. Oggi devi scegliere già dalle elementari. Si viene plasmati per il lavoro che serve e non per il lavoro che piace. Negli ultimi anni il liceo ha perso metà dei suoi iscritti. Sembra non servire più a niente la conoscenza del latino o del greco, come non serve la grammatica o la filosofia. Oggi sono gli adulti a decidere cosa va studiato e si decide tenendo conto della manodopera che serve al Paese. Spiace solo che i giovani si siano fatti irretire da questo meccanismo perverso. Non più l’essere umano al centro del mondo ma solo l’essere lavoratore e se non entri nel meccanismo ti fanno sentire un fallito. Niente lavoro, niente riconoscimento sociale. Non ci sarà più il filosofo, il poeta, il pittore, il musicista, lo scemo  del villaggio ma sarà tutto un villaggio globale dove ognuno ha i suoi pulsanti da premere, le sue padelle da spadellare, il suo schermo di computer per progettare. Forse diventando troppo grandi si diventa pessimisti ma questo mondo futuro a me proprio non piace. @ilpianistasultetto
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mccek · 2 years
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Come ogni anno, mi ritrovo qui a scrivere una riflessione, per il giorno del mio compleanno.
Non penso che il problema sia l’età, ma bensì ciò che mi circonda.
Più passano gli anni e più mi rendo conto che la gente si dimentica di te come nulla fosse.
E allora mi chiedo: a che serve continuare a fare del bene dalla mia piccola età se non è mai stato ricambiato nemmeno con semplice grazie?
Lo so, in molti avrebbero già mandato tutto a quel paese e, magari si sarebbe fatto contagiare dalla più grande malattia di cui soffre la nostra generazione, l’odio, che prova indifferenza verso chiunque, anche chi ti starebbe accanto nonostante tutto.
Certe volte mi vorrei lasciare andare, per diventare ciò che forse sarei sempre dovuto essere, uno dei tanti.
Vorrei usare la stessa cattiveria che in tanti hanno usufruito per frustrazione sfogandosi nei miei confronti senza una ragione, perché a casa mia il male non è mai esistito, ah…purtroppo quello c’è in effetti, ma è qualcosa che non scegli, che ti tocca subire contro la tua volontà.
Andrea, Eleonora, tutti voi lassù che vi ho conosciuti in quel reparto, Mamma, che sei ancora qui con me, e non desidero altro, ogni giorno che passa, di poterti continuare a sentire, a vedere, la tua presenza è vitale, come era la loro.
Non voglio piangermi addosso, ognuno ha perso qualcosa nella propria vita, e a volte quel qualcosa è tutto che che avevi, e i miei amici erano l’unica cosa che mi rimaneva, ma vivete dentro me, siete quella parte buona che tiene a bada il marcio che ogni giorno mastico a causa di chi non sa più fermarsi, ragionare, pensare che oltre all’idea che ci si fa sparando a zero, senza almeno provare una volta a conoscerla per quello che è davvero quella persona, c’è un abisso di tristezza, uguale alla vostra, che ci accomuna tutti, e propria essa c’ha sempre lasciato tanti messaggi mai ascoltati, un po’ come quelli in segreteria, e non sarò mai convinto che sia uno psicologo a salvarci veramente, e nemmeno noi stessi, soli, con le proprie forze, ma unendo il nostro male, cosa che da testardi cronici che siamo, mai compiremo, piuttosto godiamo nel vederci soffrire, quasi sapendo che c’è sempre qualcuno che sta peggio di noi, e questo ci rincuora no?
In questo momento mi vengono in mente solo le parole di mia nonna: “non abbandonare mai quella semplicità mista a amore verso il prossimo che hai dentro di te.”
Perché io ho un sogno, che va oltre la scrittura che accompagna le mie lacrime e ogni sera, va oltre la voglia di riscoprirmi ogni giorno, di mettere da parte i miei brevi istanti di felicità per dedicarli a chi ne ha più bisogno di me (e sono tanti), oltre il mio ballare con il mostro che mi porto dentro da fin troppo tempo.
Io sogno che un giorno o l’altro, io, te, noi tutti, ci dimenticassimo di questo maledetto telefono, che ormai c’ha resi automi, frustrati, insopportabili e più trasparenti agli occhi della gente di quanto già lo fossimo.
Chissà, sarebbe una grande conquista tornare a vivere con quel poco di spensieratezza che ci basterebbe, che sicuramente non sarebbe mai quella che avevamo da piccoli, ci sarebbero sempre gli insormontabili problemi legati al lavoro, al costo della vita, ma volete mettere in confronto a come stiamo vivendo ora?
E mi rivolgo sempre alla mia generazione e purtroppo, a quelle che verranno.
Chiedete e scrivete sempre tutti, che vi manca qualcuno che vi ascolti, che si prenda cura di voi, senza se o senza ma…e mi domando cosa stiamo aspettando ancora e quanto aspetteremo!?
Siamo il male che vediamo fare ma che tolleriamo.
Nel frattempo mando lo stesso abbraccio che mi faccio ogni sera a tutti voi, forse il più sincero di quelli che ho ricevuto finora, a te papà, che nonostante le difficoltà e i gravi problemi di lavoro non mi hai mai fatto mancare il cibo a tavola, e pur essendo totalmente diversi, ogni giorno cerchi di spronarmi, senza mai farmi sentire “arrivato”.
A te mamma, che mi hai cresciuto, lasciandomi libertà di agire e pensare, sbagliando e imparando, anche se sono ancora un puntino in questa vita,
A te che trascuri la tua malattia pur di non farmi mai mancare un sorriso, una parola di conforto, quando sprofondo nel deserto della mia depressione.
E a quelle stelle dei miei amici che da lassù illuminano ogni momento buio della mia vita,
ricordandomi che non sono solo, che c’è sempre qualcuno che ha occhi puntati su di me, e non mi lascerà solo per nessuna ragione al mondo.
Resterò sempre ciò che sono.
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diceriadelluntore · 1 year
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Storia di Musica #287 - Tool, Lateralus, 2001
Ho scelto di dedicare la serie di album di Agosto ad un pensiero che nella musica popolare (nel senso più puro del termine) spesso non è il primo sentimento che passa per la testa dell’ascoltatore. Sto parlando di album “impegnativi”, che capisco benissimo che come concetto è qualcosa di aleatorio, ma che nella mia idea di scelte questa volta vogliono rappresentare un certo stato dell’arte dal punto di vista tecnico musicale, e spero che da queste scelte ne possa scaturire un bel dibattito al riguardo. Il primo di oggi ci porta negli Stati Uniti ad inizio anni ’80. Maynard James Keenan nato a Ravenna (quella in Ohio) e che era compagno di corso all’Università di Grand Rapids con il padre di una mia pen friend americana, è un tipo dai mille interessi, fa due anni a West Point, la prestigiosa accademia militare americana. Li con il termine tool si intende un cadetto che segue senza nessuna esitazione qualsiasi tipo di ordine dai superiori, che spesso li usavano anche per episodi di nonnismo. Scelse Tool come nome della band che fondò nel 1990 per il principio che avrebbe fatto sempre e solo quello che gli piaceva. Inizia così il percorso di una delle più incredibili realtà musicali degli ultimi anni, capaci di rinnovare e sperimentare almeno tre generi: l’heavy metal, il progressive e la musica sperimentale. Insieme al chitarrista Adam Jones (che è anche un grande esperto di effetti visuali e scenici, e ha lavorato in pellicole come Jurassic Park), dal bassista Paul D'Amour (prima) e in seguito dal britannico Justin Chancellor (dal 1995) e dal batterista Danny Carey (quest’ultimo uno dei più incredibili e bravi batteristi di tutti i tempi) pubblica Undertow nel 1993, che pur rimanendo in un solco heavy metal elettrico ha già degli spunti interessanti, si prendano come riferimento le adesso iconiche Prison Sex e la lunghissima Disgustipated. Nel 1996 l’album della consacrazione. Ænima è infatti un disco tutto giocato sul concetto della catarsi junghiana (ascoltate la lunga Third Eye o andatevi a rileggervi la storia che riguarda questo disco) ma che ha ancora momenti di puro e durissimo hard rock (la seminale Stinkfist) e rock progressive del ventunesimo secolo (H., Forty Six & 2). Per problemi con la casa discografica passeranno oltre 5 anni per il lavoro successivo. Keenan tra l’altro non si perde d’animo ed inizia il suo progetto parallelo degli A Perfect Circle, dove cura più la sua anima heavy metal, ottenendo tra l’altro grande successo. Nel 2001, dopo aver per mesi parlato di un album intitolato Systema Encéphale, il 15 maggio esce Lateralus. Il titolo è un riferimento sia al muscolo vasto laterale (Vastus Lateralis che ci permette di piegare le gambe) sia al pensiero laterale, definizione dello psicologo Edward De Bono, che individua soluzioni non di logica sequenziale, risolvendo il problema non partendo dalle considerazioni che sembrano più ovvie, ma cercando punti di vista alternativi per trovare la soluzione. Le fotografie interne fanno capire ancora più a fondo il percorso musicale di questo album: un viaggio nella mente umana, nelle sue passioni, nelle più profonde fratture, in cerca di risposte, anche di tipo politico, religioso, spirituale con il chiaro intento di arrivare alla perfezione, quindi ad un incontro con la divinità. Musicalmente è come proiettare i Van Der Graaf Generator o i King Crimson, scontratisi con il grunge e la musica industriale, negli anni 2000. Ne esce fuori un capolavoro assoluto, dalle infinite sfaccettature musicali.
The Grudge parla del mito di Saturno che divora i suoi figli, ed è una scalata strumentale incredibile, spezzata da un urlo di Keenan che supera i 20 secondi, citando anche La Lettera Scarlatta, romanzo del 1850 di Nathalien Hawthorne. The Patient inizia lenta e sognante ma poi finisce in una contorsione ipnotica. Schism, uno dei capolavori del disco (e Grammy per la miglior canzone metal del 2002, sebbene sia una costrizione bella e buona definirla tale), cambia il ritmo per 47 volte, inizia con un tempo di 12/8, poi passa prima a 7/8 e poi a 5/8, e parlando di scismi religiosi, effettua musicalmente uno scisma metrico (che geni…). Ticks & Leeches è uno dei più incredibili brani di batteria, grazie anche alla maestria diabolica di Carey, un gigante dello strumento, e che è rabbiosa e allucinata nel canto di Keenan, che dedica la canzone a tutti coloro gli hanno succhiato il sangue dalle vene. Mantra è uno di quei giochi musicali per cui sono famosi: è la registrazione lavorata come si deve dei miagolii di uno dei suoi gatti siamesi (i primi ascolti ipotizzavano fosse una donna che in trance dicesse I Love You). Parabol\Parabola sono due brani che si fondono in uno, con una natura da cantata funebre tibetana, mistica e struggente ed una seconda di rock maestoso. La triade finale che è da considerarsi come una super suite in tre parti è formata dalle splendide Reflection, Triad e da Faaip de Oiad (che in lingua enochiana, la lingua degli angeli, significa Visione di Dio) che sono lunghe, ipnotiche e dimostrano la maestria assoluta di questi musicisti (i duelli ritmici basso batteria, la chitarra affilata come una lama di Jones, un fenomeno). Menzione speciale però ha Lateralus, una canzone che ha affascinato i fan sul significato ma soprattutto per la sua struttura: Keenan canta parole le cui sillabe seguono la successione di Fibonacci (1,1,3,5,8…), per una musica ed un testo che non seguono un andamento lineare, ma a spirale (la canzone finisce con i versi Spiral out, keep going…). La copertina, realizzata da Alex Grey, è composta da strati trasparenti con la figura di un busto umano, e man mano che si sfogliano le pagine si penetra al suo interno così da vedere in successione i muscoli, lo scheletro, gli organi ed infine, voltata la penultima pagina, si trova la chiave di accesso al mondo spirituale, nell'ultimo strato è nascosta nel cervello la parola "GOD". Quella che ho postato all'inizio è la prima ristampa europea del 2003, molto più bella della prima in assoluto, che per dovere di cronaca posto adesso:
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La copertina Digitale è ancora più bella, e da collezione è il picture disc olografico per l’edizione celebrativa del 2005. Dopo altri 5 anni ritorneranno con 10.000 days, che è molto meno fantasioso e mistico, ma che mantiene un ottimo livello generale. Ne passeranno addirittura 13, quando nel 2019 uscirà Fear Inoculum (da cui dovete andare ad ascoltare 7empest che racchiude un po’ l’essenza della musica Tool) la cui title track da 10 minuti e 21 secondi è citata nel Guinness dei primati per la canzone più lunga mai entrata nella classifica di Billboard. Tutta questa carne al fuoco tra musiche elaborate, testi dalle mille citazioni e dai mille simbolismi, le grafiche dark e potentissime dei dischi (tra l’altro, per riallacciarci alle storie di Luglio, le prime copie di Undertow furono censurate per le foto di donne nude che c’erano a corredo dell’album), sono facili da spiegare le tentazioni dei più maliziosi alle immancabili allusioni magiche ed occulte; resta il fatto che sono uno dei più grandi e riusciti tentativi di modernizzare la musica contemporanea degli ultimi 30 anni. E come sempre possono piacere o meno, ma resta la novità stilistica dei linguaggi e soprattutto della musica. Ascoltateli. Ne vale la pena.
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tinxanax · 3 months
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Ricordo bene quando 6 anni fa, prima di iniziare terapia, mi resi conto che qualcosa non andava. Ricordo il preciso momento in cui bevvi un bicchiere d’acqua, poi mi misi a letto, e dal nulla iniziai a piangere disperatamente. Piansi per ore. Mia madre tornò da lavoro, e probabilmente allarmata dai miei lamenti venne immediatamente in camera a chiedermi cosa avessi. In famiglia si erano accorti tutti che qualcosa non andava, mi incitavano ad andare dallo psicologo e io rifiutavo sempre. “Che hai? Che è successo?” Io continuavo a piangere e a gridare, col tempo mia madre mi disse che quel giorno sembrava di vedere una donna in sala parto. “Mi fa male mamma” dissi urlando. “Dove amore? Ti porto in pronto soccorso ma dimmi dove ti fa male”… “non lo so, mi fa male tutto, mi fa malissimo, non lo so” dissi con un filo di voce straziato… “lo psicologo mamma ti prego” è stata una richiesta istintiva. Sentivo questo dolore fisico che però arrivava da un dolore emotivo.
Ogni tanto ci penso, e risento le mie urla, rivedo il mio viso rosso, mi rivedo trascinare i piedi per andare a lavarmi il viso priva di ogni forza. Se ci penso mi fa male sapere che ero ridotta così.
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ha sempre avuto ragione mio padre e ora sono in ritardo per iscrivermi in università e studiare boh psicologia? sono in ritardo, non so come funzioni se mi iscrivo a 25 anni, parto già come fuori corso? come funziona? la mia vita ha senso in questo modo? a saltare da un lavoro del cazzo a un altro, a non sapere se mi rinnovano lo stage, se mi chiamino da altre parti, se avrò soldi per pagarmi gli studi nel caso in cui decidessi di volerci provare? e se fallissi? se dovessi finire per dover dover rinunciare agli studi dopo un anno o anche meno? quanti soldi andrei a buttarci? vorrei farmi un pianto isterico ma non posso perché sono nello spogliatoio del negozio in cui lavoro e attacco tra mezz'ora, non ho i trucchi per sistemarmi in caso e una collega qualunque potrebbe scendere e vedermi di nuovo in queste condizioni, io non ho forze, davvero, cosa sto facendo? a cosa serve? ha uno scopo? con uno stipendio così misero non potrei pagarmi manco la spesa se non abitassi ancora con i miei, figurarsi un affitto.
non ne posso più, nemmeno guardare e riguardare serie TV e film che già conosco aiuta, sento questo peso addosso e non so come levarmelo, tra l'altro mi sono anche presa il raffreddore e probabilmente ho anche mal di gola, come se non bastasse tutto il resto, sono stanca fisicamente e psicologicamente, ho bisogno di sfruttare l'inutilità della mia sindrome da crocerossina per aiutare chi davvero ne ha bisogno e non per tenerla qui per il nulla perché tanto non riesco a fare niente di buono e mi sento così inutile da giorni, stanca, senza forze, vorrei collassare qui per terra sul pavimento dello spogliatoio e rimanerci finché qualcuno non mi trova e mi chiede cosa c'è che non va, a quel punto però servirebbe uno psicologo a me perché niente può essermi d'aiuto, cosa faccio? scrivo alla psicologa che mi seguiva anni fa e le chiedo un consiglio? tanto prima di settembre non posso iscrivermi per cui è anche inutile pensarci a gennaio
è inutile pensare
è inutile
io lo sono
è davvero così che ci si sente quando si trova un lavoro in cui ci si sente fuori posto totalmente? una collega mi ha chiesto se studio giorni fa e le ho detto no e mi ha chiesto cos'avessi fatto alberghiero, pasticceria bla bla bla e la sua faccia era tipo schifata, come se non valessi nulla perché ero una coglioncella che voleva fare pasticceria e poi non avendo trovato lì ha cambiato completamente.
mi sento così inutile anche qui, è tutto così pesante, a cosa servo io qui? ora mi hanno mandato una mail chiedendo se ho attestati legati a corsi sulla sicurezza, ma a voi esattamente il mio curriculum l'hanno mandato? no perché ci manca giusto che mi mandano a fare un corso sulla sicurezza sul lavoro che manco sono di Milano e non saprei come arrivare dovunque ti mandino, probabilmente in una zona di merda.
a cosa serve? a cosa servo? perché?
dopo questo penso non scriverò per un po', probabilmente finirò per non scrivere nemmeno il libro e sprecare tutto quello che ho fatto per niente, perché tanto è sempre così, che poi con quali soldi pago tutto?
ma cosa cazzo parlo a fare?
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susieporta · 10 months
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SONO ANCORA TANTI, TROPPI, I MODI CON CUI SI TOGLIE A UNA DONNA IL DIRITTO DI AVERE UN VITA
Tutti femministi su Facebook.
Poi se vediamo una donna senza un uomo la definiamo "sola", se non abbiamo un uomo ci definiamo "sole" e mettiamo in dubbio il nostro valore.
Dunque se non abbiamo un uomo siamo sole e reiette oppure se ci teniamo quello che abbiamo siamo dipendenti...quel che è certo che è colpa nostra se siamo sentimentalmente infelici.
E allora ci mettiamo in gioco, facciamo corsi di evoluzione personale, andiamo dallo psicologo, facciamo meditazione e le costellazioni familiari sugli uomini delle ultime 48 generazioni, ci mettiamo a dieta, andiamo dal chirurgo plastico, facciamo corsi di tantra, nella speranza che tutti questi sforzi ci portino a scovarlo, come un tesoro, l'uomo giusto che porrà fine al nostro eterno sentirci "sbagliate", "fuori posto" e soprattutto maledettamente sole e sfigate.
Se vediamo una donna decisa, autonoma e determinata, diciamo che " ha le palle".
Se viaggia da sola le chiediamo se non ha paura e se non guida di notte o in autostrada o non ha un conto corrente personale ci sembra tutto sommato normale.
Se decide di non accudire un famigliare che l'ha vessata per tutta la vita, la giudichiamo cattiva e commentiamo " ma è sempre tuo padre".
Ci sembra pacifico che non abbia un lavoro o non sia in grado di mantenersi.
Normale se al primo figlio si licenzia: " che vai a lavorare a fare se poi lo stipendio lo devi dare alla babysitter. È più conveniente se stai a casa".
Che se invecchia o ingrassa è la prima cosa che notiamo.
Se resta incinta, abortisce nell'umiliazione e nel disprezzo: si è voluta divertire, e ora che ne paghi il prezzo.
Che se non fa figli è una donna si ma non fino in fondo.
E se è arrabbiata è perché è mestruata o forse suo marito non l'ha " castigata" abbastanza ieri notte.
Diciamo che la colpa è dei genitori ma stiamo pensando che sia delle madri, che in Italia si sa che i padri sono assenti giustificati, che loro lavorano.
Quindi in buona sostanza ci sarebbero donne che crescono figli che uccidono donne e figlie che non sanno dire "no".
Insegnanti, in prevalenza numerica di sesso femminile, che non educano a scuola.
In pratica la colpa è ancora delle donne.
Che' già lavorano meno degli uomini, guadagnano pure meno e devono dipendere economicamente dagli uomini, facessero almeno il loro lavoro di genitori e insegnanti.
Sono tanti i modi con cui viene tolto ad una donna il diritto di avere una vita.
Se vogliamo cambiare qualcosa, iniziamo da un po' di sana autocritica e facciamo più attenzione al linguaggio che utilizziamo.
Come diceva Montanelli, i figli sono i figli del tempo in cui nascono.
E pure gli adulti, aggiungerei.
Gloria Volpato
#siamotuttipiumaschilistidiquantocrediamo#nessunopuoproclamarsiinnocente#abbiamopersoancora#ifiglisonofiglidituttianchequellicheuccidono
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fumandovetro · 3 months
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Da giorni mi sento come ributtata nel passato. E infatti scrivo di nuovo su Tumblr.
Una necessità, quella di scrivermi, che mi sembrava passata. Perché scrivere è sempre stata l'azione di stendermi, come un lenzuolo pieno di grinze, su una superficie piana.
Solo così riuscivo bene a vedere i miei disegni interiori, quelli che mi muovono e mi trascinano.
La terapia con il mio Mauro Psicologo mi ha fatto sentire di poter camminare dritta, tenendo sempre quei disegni stesi.
Mi ha fatto pensare di non avere più bisogno di farmi domande, perché avevo compreso e accettato la mia natura.
Non ho ripreso a scrivere nemmeno a settembre 2023, quando (come un fulmine a cielo sereno) è tornato prepotente il disturbo ossessivo compulsivo che mi ha impedito di avere un rapporto con il cibo salubre.
Da quando ho paura di strozzarmi, ingoiando cibo, ho riprovato 3 tipi di terapia veloce e poi ho mollato tutto e ho deciso semplicemente di conviverci. Ma è stata una convivenza ingombrante.
Sono tornati i sogni angosciati, da quando è morta la mia nonna anche peggio. Sogno di avere in bocca insetti bianchi simili a zecche, sogno di tradimenti, dolori. E poi sogno ad occhi aperti io di tradire lui e così mi ammazzo dal senso di colpa.
Ho 37 anni, tra pochi mesi 38 e come mi fa incazzare il fatto di sentirmi ancora un cazzo di casino irrisolto.
Come mi fa sentire indietro non essere ancora una persona seria. Guardo al passato e provo un misto di rabbia e dolore, insieme alla nostalgia. Guardo al presente e a volte mi sembra che sia incellofanato in una cazzo di plastica domopack.
Mi sembra solo di aver giocato a fare la bambina grande. Una casa, un fidanzato, la promozione sul lavoro (che odio).
E ci sono giorni come questo che farei di tutto per squarciare questa assurda quotidianità piatta e inutile. Vorrei mollare tutto e partire, vendere casa, tenere i pochi soldi che mi spettano, andare via.
Essere libera di vedere una giornata intera a guardare fuori dalla finestra ogni goccia di pioggia, senza sentirmi in colpa per ciò che sono. Vorrei vendere tutto e andare via per sentire l'amore che mi esplode dentro.
Vorrei degli occhi che mi facciano sentire capita. Senza giudizio. Occhi che non hanno paura di soffrire, non dei problemi. Avrei voglia di sentire la violenza della voglia di vivere, la violenza della voglia di avermi. Non più la tenue e sicura quotidianità di occhi che, quando ti guardano, ti vedono attraverso, come se non esistessi.
E non lo so, avrò sbagliato tutte le virgole. Sto scrivendo a caso. Ma fa male, dopo 8 anni di terapia, sentirmi ancora così.
Pensavo di aver lasciato andare, pensavo di essere pronta a diventare grande. Invece diventare grande mi ha solo inserito in un mondo di cose che non vorrei, di doveri che mi fanno scoppiare la testa.
Mi ha solo aumentato la sensazione di non vivere. E questo non vivere più mi ha manifestato una fottuta paura di morire. Non so più cosa sono.
Ma l'ho mai saputo? Forse erano tutte bugie. Mi appresto ad andare dallo psichiatra per la prima volta nella mia vita. Le gambe mi tremano da quando, nel colloquio preliminare, l'infermiera mi ha chiesto "...e con il disturbo ossessivo compulsivo da quando era bambina, non si è mai fatta vedere da uno psichiatra?". Al mio "no" pacato un suo "AH" laconico.
Il medico di base dice che non devo preoccuparmi, probabilmente mi daranno solo le pilloline per essere felice. Evviva. Così posso finalmente diventare grande e non creare più problemi.
Io in realtà vorrei solo mandarvi tutti affanculo.
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Tumblr media
"Un uomo impazzisce e viene messo in un manicomio. Un amico va a trovarlo.
L’amico è un professore, un professore di filosofia, ha scritto molti libri, è uno studioso molto famoso, ed è anche uno psicologo.
Il pazzo è seduto su una panchina, sotto un albero, in un giardino, circondato da alte mura. Il professore gli si avvicina, si siede di fianco a lui e gli chiede: “Come ti senti, qui?”.
Il pazzo ride. Dice: “Mi sento benissimo, come non mi sono mai sentito prima”. Il professore è perplesso. Dice: “Perché? Perché ti senti così felice in un manicomio?”.
E il pazzo: “Manicomio? Chiami questo un manicomio? Ho lasciato il manicomio là fuori... questo è il posto più sano che ci sia al mondo! Il manicomio è là fuori; queste mura ci proteggono dai pazzi. Se mai ti stancherai dei pazzi che ci sono là fuori, qui sarai sempre il benvenuto. Vieni qui! Qui è tutto molto tranquillo... nessuno interferisce nel lavoro altrui, tutto è molto silenzioso. Ci vivono pochissime persone, e non ho mai incontrato persone altrettanto sane... sono tutte come me!”.
Kahlil Gibran
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Un uomo impazzisce e viene messo in un manicomio. Un amico va a trovarlo.
L’amico è un professore, un professore di filosofia, ha scritto molti libri, è uno studioso molto famoso, ed è anche uno psicologo.
Il pazzo è seduto su una panchina, sotto un albero, in un giardino, circondato da alte mura. Il professore gli si avvicina, si siede di fianco a lui e gli chiede: “Come ti senti, qui?”.
Il pazzo ride. Dice: “Mi sento benissimo, come non mi sono mai sentito prima”. Il professore è perplesso. Dice: “Perché? Perché ti senti così felice in un manicomio?”.
E il pazzo: “Manicomio? Chiami questo un manicomio? Ho lasciato il manicomio là fuori... questo è il posto più sano che ci sia al mondo! Il manicomio è là fuori; queste mura ci proteggono dai pazzi. Se mai ti stancherai dei pazzi che ci sono là fuori, qui sarai sempre il benvenuto. Vieni qui! Qui è tutto molto tranquillo... nessuno interferisce nel lavoro altrui, tutto è molto silenzioso. Ci vivono pochissime persone, e non ho mai incontrato persone altrettanto sane... sono tutte come me!
Kahlil Gibran
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