Tumgik
#novus dei
halichor · 1 year
Text
Tumblr media
After-hours studying 😌📚
2K notes · View notes
abr · 8 months
Text
 “Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”
Massimo d'Azeglio, autore della frase, era un intelligente ma pigro e distratto notabile piemunteis. La frase non fa torto a tali caratteristiche: é un controsenso savoiardo.
Dar infatti per scontato nel 1861 che l'Italia era "fatta", bastando averla messa assieme sul piano dinastico e dei confini (peraltro senza Roma e Triveneto), altro non era che una slinguazzata da disciplinato ufficialetto buja nen al suo riverito sovrano Conquistador.
Al contrario, l'unico motivo vero per cui l'Italia finalmente era abbozzata sulle carte era per via della innegabile cultura della italianità esistente. Tutto è relativo: lingua cultura miti geopolitica e tradizioni eran meno estranee tra le varie province che a quelle francesi o austriache, un certo livello di "italianità" era presente e avvertito, perlomeno tra coloro che sapevano di Dante e quindi non pensavano la terra piatta. Non per caso l'unione del 1861 avveniva non tanto per conquista (ok, Lombardia) quanto per dedizione spontanea di varie province e ducati.
In sintesi, spiaze caro d'Azeglio ma quel che c'era davvero da da fare (da sempre) era proprio l'Italia.
L'impasse non sta nel non aver forgiato l'homo novus italico (ci provò poi Mussolini per vent'anni: esiti tragicomici); il disastro fu proprio quello di tentare di "fare l'Italia" una volta unificata, percorrendo la strada PESSIMA, usando cioè il modello centralista prefettizio francese. Questo nel paese dei mille campanili, dei comuni e delle signorie. Demenziale.
Errore tragico poi ribadito dal fascismo, rivoluzione demenziale che s'era data come modello l'Impero Romano (nulla di meno italiano) invece del fecondo LOCALISMO CHE SI FA GLOBALE nel Rinascimento, il vero momento ECCELLENTE dell'italianità che è cultura della diversità identitaria.
Devono solo ringraziare se nonostante tutti gli sforzi contrari, un minimo di "italianità" ancora faticosamente persiste, nonostante tutti i politicanti nonostante i tradimenti pelosi e le pugnalate comuniste alle spalle (Istria, città della Dalmazia ma sin dall'inizio: Nizza 1861). Se ci siamo ancora é solo grazie a Caporetto a Bartali a Mike Bongiorno e a un paio di nazionali di calcio.
12 notes · View notes
rideretremando · 10 months
Text
LA RIVOLUZIONE PASSIVA CHE CI HA RESI TUTTI BERLUSCONIANI
Domani, 12 giugno 2023
Il 26 gennaio 1994 Silvio Berlusconi annuncia al pubblico la decisione di “scendere in campo”. Pochi in Italia credono nel suo destino politico, molti sono certi che si tratti di un fuoco fatuo. In un paese nato e cresciuto con partiti strutturati, sembra inconcepibile che un avventuriero, che ha messo in piedi un partito come fosse una catena di distribuzione alimentare, possa avere una qualche speranza di arrivare a palazzo Chigi. E si sbagliano.
Un errore che rivela quanto poca attenzione venisse prestata allora al peso del pubblico generalista da parte di chi si occupava di politica.
L’inventore della “tivù spazzatura”, com’era detta senza tanti giri di parole la televisione commerciale, aveva già fatto breccia nella mentalità degli italiani e delle italiane quando lui scese in campo. Proprio come la “Milano da bere”, che era già emblema di una società libera da “lacci e lacciuoli”, spregiudicata ed edonistica.
Homo novus in politica, Berlusconi non era un self-made man come recitavano i depliant di Forza Italia che trovavamo nelle buche delle lettere. Era parte dell’establishment della Prima repubblica, non solo perché amico personale di Bettino Craxi. Aveva ricevuto tanti favori dai politici prima che il pool di Mani Pulite guidato da Antonio di Pietro li atterrasse.
Nel 1984 la Corte costituzionale si era pronunciata per l’incostituzionalità di quello che passò alla storia come “decreto Berlusconi” che permetteva alle emittenti locali di trasmettere su tutto il territorio nazionale. Nel 1990, la legge che porta il nome del socialista Oscar Mammì codificò e regolò nel nome del nobile principio del “pluralismo” quello che era a tutti gli effetti un duopolio.
Quattro anni dopo, il Partito socialista avrebbe chiuso i battenti insieme agli alleati del “pentapartito” guidato dalla Democrazia cristiana di Arnaldo Forlnai.
La prateria d’opinione lasciata libera dai partiti era enorme e già usa al potere televisivo, quello che Giovanni Sartori avrebbe poi battezzato videocrazia. La scesa in campo del tycoon milanese era tutto fuorché un fulmine a ciel sereno e sarebbe stata tutto fuorché un fuoco fatuo.
Ciononostante, il 28 marzo 1994, giorno della vittoria elettorale di Forza Italia, rappresenta uno spartiacque. Una di quelle date che segnano, si potrebbe dire con le parole di Montesquieu, «un impercettibile passaggio da una costituzione a un’altra» pur senza alcun cambio di costituzione, perché ha effetti profondi nella vita di una società, mettendo in moto aspirazioni e timori, lotte tra «chi difende la costituzione che declina e chi porta avanti quella che sta prevalendo».
E in quelle lotte, che mai si sono spente, si formarono un nuovo linguaggio politico e nuovi leader, e vennero sconquassate generazioni e culture politiche. Berlusconi fu il Perón italiano.
Conquistò l’opinione pubblica mettendo la famiglia sul palco, la sua vita privata (costruita per la vendita del prodotto elettorale) nei depliant. Creando le condizioni per una permanente attenzione scadalistica da parte dei media che anni dopo l’avrebbe travolto. Coniando slogan tanto dirompenti quanto all’apparenza avulsi dalla realtà.
Berlusconi entrò in politica con parole di fuoco contro la partitocrazia, alla quale egli doveva molto; e contro il comunismo, che era già tramontato prima ancora della Bolognina.
Ma quegli slogan non erano avulsi dalla realtà, se si considera che Berlusconi era esterno alla classe politica (e poteva quindi tuonare contro la partitocrazia) e che l’idea di una democrazia sociale e di una responsabilità dell’economia verso il bene pubblico era ancora parte della cultura politica diffusa, che egli da liberista qual era identificava col “comunismo”. Nel linguaggio gramsciano quella di Berlusconi fu una rivoluzione passiva.
Gli slogan di Forza Italia aggredivano quella che era una mentalità resiliente. Canovacci di una politica modellata sul Colosseo, che da allora le televisioni misero in scena ogni sera: un politica del “contro” che, scrisse Alessandro Pizzorno, aveva dismesso il giudizio politico per quello estetico, morale e sentimentale, imponendo fatalmente di stare “con” o “contro”, senza mai ragionare sulle questioni sostanziali e sulle vie migliori per attuarle o respingerle. La politica della ragione pubblica era finita.
E per questo, Berlusconi determinò non solo l’identità politica sua ma anche quella dei suoi avversari, costringendoli a imitarlo per combatterlo. Perfezionò una diade identitaria di successo, usata dalla Lega di Umberto Bossi contro i meridionali e poi da Matteo Salvini contro i migranti, fino alla presidenza del Consiglio di Giorgia Meloni. “Noi” contro “loro”, dove i “loro” di Berlusconi erano i giudici, le istituzioni e chi non stava dalla sua parte, quella della libertà contro lo statalismo.
Quello schema retorico populista non sarebbe più scomparso. Avrebbe allevato generazioni di leader di partito di lotta e di governo, a destra e a sinistra. Ha visto giusto Giuliano Ferrara che nel suo Il Royal Baby. Matteo Renzi e l’Italia che vorrà, scriveva che il «teatrino della Leopolda è l’equivalente digitale del cielo azzurro di Forza Italia». Stesso stile stessa politica stesso progetto.
Ferrara scriveva nel 2015, vent’anni dopo la svolta populista dell’allora capo di Fininvest. Il cui impatto restò persistente nonostante le parentesi dei governi tecnici che, da allora e a intervalli regolari, hanno messo in stand by il populismo consentendogli di rigenerarsi invece di indebolirlo.
Il 1994 fu difficile da digerire, soprattutto per quella generazione che, emersa dall’Italia fascista, pensava alla politica come a una sfera autonoma dai poteri tradizionalmente intolleranti dei limiti dello stato: quello religioso e quello economico.
La commistione tra gli affari di Berlusconi e i governi di Berlusconi non placarono mai le critiche, né del resto fu mai risolta, e preoccupò i due maggiori pensatori politici viventi, Norberto Bobbio e Giovanni Sartori. I quali faticarono a collocare Berlusconi nelle classiche categorie della politica.
Era un cesarista? Un despota? Un sultano? Un patrimonialista? O tutte queste cose insieme, indicative di una leadership che usciva dall’alveo dei partiti e di un uso del potere che mal tollerava limitazioni istituzionali, appellandosi direttamente alla “sovranità degli elettori”. Ai quali Berlusconi si rivolgeva dalle sue tivù e da quelle di stato, siglando con il pubblico contratti e accordi.
Nel 1994, Bobbio diede alle stampe l’Elogio della mitezza dove consegnava un’immagine di sé che è diventata iconica: l’intellettuale democratico è “uomo di dubbio e di dialogo”, un “mediatore” in consapevole ambivalenza tra il realista e l’idealista.
La mitezza, una qualità impolitica, era possibile solo se i diritti di libertà erano saldi. E così, Bobbio avrebbe speso gli ultimi dieci anni della sua vita (morì nel 2004) a lottare contro Berlusconi, proprio nel nome di quella mitezza che non aveva agio di godere perché avvertiva che l’Italia democratica era a rischio. Bobbio chiamò Forza Italia un “partito fantasma”, un “partito che non c’è” che violava la regola della trasparenza e della pubblicità: «Come vi si accede? Quali gli obblighi dell’iscritto?».
Giudicò i club di Forza Italia «comitati elettorali, cioè partiti alla vecchia maniera», e si chiedeva: «Ma composti da chi? Diretti da chi? Finanziati da chi? Una democrazia che si regge su una rete di gruppi semi-clandestini è davvero un’invenzione senza precedenti. Bella forza, Italia».
Gli faceva eco Sartori, meno militante ma non meno castigatore di Berlusconi. Sulle orme di Max Weber rispolverava la categoria del sultanato, una forma di dispotismo (e Contro i nuovi dispotismi era il titolo di una collezione di saggi bobbiani uscita nel 2004). Dispotismo e sultanato stavano a indicare l’anomalia della democrazia italiana, che sembrava non avere nei fatti un governo della legge. Il tempo avrebbe mostrato che non si trattava di una anomalia solo nostra.
anti-berlusconismo si consolidò in coincidenza con la proposta berlusconiana di riforma costituzionale. L’appello che lanciò Bobbio con Alessandro Galante Garrone, Alessandro Pizzorusso e Paolo Sylos Labini a votare contro la Casa delle libertà «per salvare lo stato di diritto», segnò una stagione politica nella quale la Costituzione divenne oggetto del contendere tra schieramenti politici, e che avrebbe segnato i successivi due decenni, con altri progetti di riforma, ultimo quello targato Renzi-Boschi. Da un berlusconismo a un altro, si potrebbe dire senza timore di essere faziosi.
Poiché, come nel caso di Perón, con Berlusconi venne inaugurata una nuova forma di politica. Berlusconismo è oggi una categoria politica e una ideologia, un modo di fare politica e di gestire l’immagine del leader politico. Designa anche una concezione del ruolo dello stato e delle istituzioni come meno distanti, nell’illusione che ciò convenga a tutti. Una specie di trickled-down della politica, con una vicinanza tra società e stato ottenuta direttamente dal leader.
Quando venne eletto Donald Trump, nel 2016, commentatori e giornalisti americani non ebbero difficoltà a incasellarlo come un esempio di berlusconismo, il patrimonialismo nell’età del capitalismo finanziario.
Nadia Urbinati (troppo buona)
7 notes · View notes
cmtempolibero · 1 year
Photo
Tumblr media
#Zampognari #Zampogne #Feste #Natale #Via Atenea #Agrigento http://cmtempolibero.blogspot.com/2022/12/il-concerto-dei-ventu-novu-nella.html #CMMusica #CMTempoLibero #CMEtnoMusica #Zampognaro #Zampogna #Festa #ViaAtenea #Sicilia #Musica #Suoni #Cultura #MusicaTradizionale #MusicaPopolare #CulturaTradizionale #CulturaPopolare #ZampognariSiciliani #ZampognariDiSicilia #ZampognariAgrigentini #ZampognariDiAgrigento #ZampognariNeAbbiamo (presso Via Atenea) https://www.instagram.com/p/CmM4EJNr43p/?igshid=NGJjMDIxMWI=
5 notes · View notes
aki1975 · 9 months
Text
Tumblr media
Marcello Mastroianni nei panni di Scipione l’Africano nell’omonimo film di Luigi Magni del 1971.
Il periodo repubblica segna anche l’espansione di Roma in Italia Centrale a seguito di campagne quali:
- la conclusione del Foedus Cassianum con le altre città del Lazio (493 a. C.): l’aristocrazia roma tessere relazioni strettissime con le aristocrazie circostanti prima di conquistarne così da ottenerne il consenso;
- la sconfitta degli Equi ad opera di Cincinnato (431 a. C.);
- la presa della etrusca Veio nel 397 a. C. grazie a Furio Camillo;
- il sacco di Roma da parte dei Galli Senoni di Brenno nel 392 a. C. con la conseguente vittoria di Furio Camillo;
- la resa dei Sanniti nel 304 a. C. dopo la sconfitta romana alle Forche Caudine nel 321 a. C. consentita anche dal cambiamento dell’esercito che da una formazione di massa (falange) iniziò ad operare con manipoli più manovrabili e man mano si allargava al contributo da parte delle città sottomesse o alleate;
- la vittoria di Maleventum (275 a. C.) e la conquista nel 272 a. C. di Taranto e della Magna Grecia dopo che quest’ultima aveva chiesto l’aiuto alla madre patria e a Pirro, vittorioso contro Roma anche grazie agli elefanti, in più battaglie. L’espansione nel Mediterraneo crea le condizioni per il conflitto con l’altra potenza commerciale e navale, Cartagine;
- dopo la morte di Attilio Regolo (246 a. C.), la vittoria nel 241 a. C. contro la flotta di Cartagine (già colonia fenicia e potenza marittima come la Venezia moderna) guidata da Amilcare Barca nella battaglia delle Isole Egadi nella prima guerra: si tratta del primo cimento romano in una battaglia navale, anche grazie ai “corvi” che la resero una battaglia “di terra”;
- la vittoria a Clastidium contro i Galli Insubri che spianò la conquista dell’Italia Settentrionale;
- dopo la conquista di Cartagena in Spagna (209 a. C.) e la sconfitta di Asdrubale al Metauro (207 a. C.), la vittoria di Zama nel 202 a. C. contro Annibale Barca, già capace di valicare le Alpi al Moncenisio e di sconfiggere i Romani sul Ticino, sulla Trebbia (218 a. C.), sul Lago Trasimeno (217 a. C.) e, grazie all’indietreggiamento del centro, a Canne (216 a. C.). Bloccato dal tatticismo di Quinto Fabio Massimo e sotto la pressione delle vittorie romane in Spagna, Annibale non riuscì a ricevere l’aiuto del fratello Asdrubale. La vittoria di Scipione l’Africano, supportato dall’alleanza con Massinissa e capace di imparare dalle tattiche di Annibale di riorganizzare l’esercito attorno alle coorti, sancisce la fine della seconda guerra punica iniziata per via dell’assedio cartaginese di Sagunto (219 a. C.);
- con la vittoria di Pidna da parte dei manipoli di Lucio Emilio Paolo contro la falange macedone, i Romani sottomettono la Macedonia e la Grecia (168 a. C.);
- la distruzione di Cartagine nel 146 a. C. da parte di Scipione l’Emiliano;
- le vittorie dell’homo novus Mario contro Giugurta (106 a. C.), i Teutoni alle Aquae Sextiae (102 a. C.) e i Cimbri ai Campi Raudii (101 a. C.);
- la riduzione a municipia romani delle città italiche alleate dopo la guerra sociale fra il 91 a. C. e l’88 a. C.;
- la campagna di Cesare in Gallia con l’assedio di Alesia (52 a. C.).
L’espansione fu dovuta in particolare alla capacità romana di assorbire le élite delle popolazioni conquistate e di estendere loro la cittadinanza romana e l’accesso ai relativi privilegi.
1 note · View note
Tumblr media
E’ tipico per i romani fare lunghe passeggiate in giornate soleggiate presso ville o parchi. Ma uno di questi risulta molto particolare e romantico, soprattutto al tramonto!
Il nome di questa immensa area verde a cui ho fatto riferimento è “Parco degli Acquedotti”, nel Parco Regionale dell’Appia Antica, compreso tra Via Appia e Via Tuscolana.
Non è difficile immaginare da cosa possa trarre il suo nome. Parco degli Acquedotti presenta una distesa di circa 240 ettari, ed è possibile vedere lungo il suo parco ben 6 acquedotti antichi non solo romani ma anche rinascimentali e ottocenteschi.
Gli acquedotti in questione sono: Anio Vetus, nei sotterranei, Acqua Marcia, Tepula, Iulia, Felice, Acqua Claudia ed Anio Novus. Questi ultimi due, così come gli acquedotti Iulia e Felice sono sovrapposti. Fu Papa Sisto V che fece costruire l’acquedotto Felice tra il 1585 al 1590, utilizzando le arcate dell’acquedotto Marcio, e prende il nome da Felice Peretti.
Percorrendo via del Quadraro, sono visibili i resti dell’acquedotto Claudio. Nei dintorni sono stati riportati alla luce alcuni monumenti sepolcrali, un tempio o mausoleo, un piccolo colombaio, resti del basolato della via Latina ed un albergo con annesse delle terme.
Vieni ad immergerti nella natura e nella storia di Roma,  soggiornando in uno dei nostri B&B Roma adatto a te! Ci trovi nel B&B Roma centro, a pochi passi dai principali monumenti (e anche da Trastevere!); potrai trovare B&B and breakfast Roma centro.
0 notes
winterskywrites · 4 years
Note
All of Kara's kids(connie, astra, maya, kieran, martha, others?) meet each other in another crisis.
A quick rundown on the kids in this fic and where they’re from: there’s Maya from the #mayaverse, Kieran and Astra from the #twinsverse, Connie from the #connieverse, Martha from the #marthaverse, Casey from the #caseyverse, Lissa from the #kiraverse, Carrie Kelley from this fic, Kal-El (yes, that Kal-El) from these two fics, Russell from this fic, Mike from these two fics (he wasn’t named in either, but that was the name I intended to give him), and Lily from this fic.
“Okay!” Maya yells. She has to bellow to be heard over the commotion. “Everyone, listen up! We’re going to go around and all share our names, our parents, and a little about ourselves. I’ll start. I’m Maya, my parents are Kara Zor-El and Querl Dox, and I’ve been working with my parents as a superhero on and off since I was sixteen.” She turns to the two kids next to her - a set of twins, she thinks - and nods. “You next.”
“I’m Kieran, this is Astra,” the boy says. “Our parents are Kara Danvers and Lena Luthor. I work with my mom as a superhero.”
“And I’m a psychologist,” Astra adds. “Or, that’s what I’m majoring in, at least.”
“Nice to meet you, Kieran and Astra,” Maya says. She points to the girl next to them. “Your turn.”
“Hi,” the girl says with a little wave. “I’m Connie, my parents are also Kara Danvers and Lena Luthor, and I’m actually a clone created from their mixed DNA, so I have limited Kryptonian powers.”
“Connie, you said your name was?” another girl asks, a redhead with glasses. “That’s weird, there’s a Connor in my universe who’s a half-Kryptonian clone of Superman.” Maya gives her a look, and the girl quickly adds, “I’m Carrie, my parents are technically a couple of neglectful assholes but I’ve basically been adopted by Kara Danvers and Kate Kane by this point, and I’m working with Kate as her sidekick Robin.”
“I’m sort of sensing a theme here,” Maya says. “Raise your hand if Kara Danvers-slash-Zor-El is your mother.”
Every hand goes up, although one of them is a little tentative. “I mean,” that boy says, “she’s technically my cousin, but she’s raised me since I was a baby, so I guess she sort of counts as my mom.”
“She’s your cousin?” Maya asks. She frowns a little. “Is your name Clark, by any chance?”
“What?” The boy looks confused. “No, it’s Kal-El.”
“You’re Kal-El?” Kieran demands. “Like, Uncle Clark?”
“Why do you keep calling me Clark?” Kal-El asks. “And why would you call me uncle? We’re basically the same age.”
“Well, in my universe, and I assume in Kieran and Astra’s as well, you’re older than Kara, and you use the human alias Clark Kent,” Maya explains.
“Ieiu’s pod must not have gotten trapped in the Phantom Zone in his universe,” Astra murmurs.
Kal-El frowns. “No, my pod was trapped in the Phantom Zone. I was there for thirteen years before I landed on Earth.”
Maya nods. “That explains a lot.”
“So are you still called Superman in your universe?” another one of the boys asked. At Maya’s look, he adds, “I’m Russell, my parents are Kara Danvers and William Dey, and I’m a photojournalist-in-training.”
“Right now, I’m going by Superboy,” Kal-El replies. “Maybe I’ll switch to Superman when I get older. I like the sound of it, actually.”
“Who still needs to introduce themselves?” Maya asks, trying to drag the conversation back on track. She points to four girls and a boy. “You five are the only ones left, right? Which one of you wants to go first?”
“I’ll go,” one of the girls says. She’s got the slightest hint of a Russian accent. “My name is Lissa, my mothers are Kara Zor-El and Kira Volkova, and they adopted me when I was little from an orphanage on Argo.”
“Kira Volkova?” Russell repeats. He looks around at the others. “Am I the only one who doesn’t know who that is?”
“Kira is Kara’s clone,” Lissa explains. “She was used as a weapon by the Kaznians first, and then she was rescued by the DEO. Kira Volkova is the name she chose.”
“Wait, in your universe, Mom is dating her own clone?” Connie asks. She makes a face. “That’s weird.”
“It’s not weird,” Lissa retorts, her accent strengthening. Her eyes start to glow a little bit too, which apparently means she’s got all the same powers as any other Kryptonian, and also means Connie should duck. “My mothers love each other.”
“Whoa, okay, no fighting,” Maya cuts in. “Connie, don’t call anyone else’s parents weird. Lissa, try not to attack anyone with your heat vision.”
Both girls back down, although Lissa doesn’t look particularly pleased about it. Maya makes a mental note to keep an eye on her and turns to the last four.
“You,” she says, pointing to one of the girls. “Your turn.”
“I’m Martha,” the girl says. “My parents are Kara Danvers and Kate Kane, and right now I’m working with Ima to help with her real estate business.”
“Ima?” Kieran asks.
“It’s Hebrew for Mom. It’s what I call Kate.”
“Cool, got it.”
Maya gestures at the next girl, trying to keep things moving. “Your turn.”
“I’m Lily,” the girl says. “And my parents… Okay, it’s a little complicated. My biological parents are Kara Zor-El and Querl Dox, but then Dad moved back to the thirty-first century and Mom stayed in the twenty-first, so they broke up and split custody of me, and now Dad is dating Lyle and Mom is dating Kate, so I guess they’re sort of my step-parents. And, like I said, I spend half my time in the thirty-first century with Dad, and the other half in the twenty-first century with Mom.”
“How do you not break the timeline?” Astra asks.
Lily shrugs. “I’m really, really careful.”
“Is it my turn now?” the final girl asks. “I’m Casey, Kara is my adoptive mom, and I’m working as her sidekick.” She turns to the boy. “Your turn, I think.”
“Cool,” the boy says, nodding. “I’m Mike, my parents are Kara Zor-El and Mon-El, and I have no idea what I want to do with my life.”
“Mood,” Carrie mutters.
“Is that everyone?” Maya asks, scanning the crowd and making sure to commit everyone’s names to memory.
“I think so,” Mike says. “Pretty sure I was the last one, right?”
“Right,” Casey agrees. “So now what?”
All eyes turn to Maya, which she should have expected, given that she’s the oldest and she’s somewhat set herself up in a leadership position. “Well…” she begins, not quite sure where to go from there.
“Now,” says a deep voice, “you are going to save the world.”
Everyone turns towards the voice, which is apparently coming from the tall, dark-skinned man in armor standing behind them. Maya looks him over and sighs.
“The Monitor, I assume?”
The man inclines his head. “The very same.”
“Oh, great,” Kieran groans. “Ieiu has told me about this guy.”
Maya steps forward, and all eyes fall on her again. She walks up to the Monitor until she’s between him and the others. With a small army of alternate universe half-siblings (and full-sibling, in Lily’s case) at her back, she’s pretty sure she can handle whatever the Monitor decides to throw at her.
“Just tell us where to go,” she says. “We’re ready.”
The Monitor smiles, just slightly. “Very well. Come with me, all of you. It’s time to save the world.”
23 notes · View notes
dodgykeeps · 4 years
Link
Every Tradition - Bully Daniel, You’re Still A Child - Declan McKenna TV Qween - Abbie Ozard Call You Out - deryk Man On The Bridge - The Novus Jump Rope Gazers - The Beths Love In My Pocket - Rich Brian Moviestar - SCARLET Summer Trope - Surfer Blood Acting My Age - The Academic Queenstown - Passenger Live In Favor of Tomorrow - The Lemon Twigs Buried Myself Alive - Ellis Pass The Crown - Altered by Mom Moving On - Aquilo Preach - Saint Motel Happiness - Katie Dey Ghosted - Declan Welsh and The Decadent West
6 notes · View notes
sciatu · 4 years
Photo
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
ANTIPASTI SICILIANI - Salame, salame piccante, capocollo, pancetta, olive nere, olive versi, crema piccante, melanzane arrostite, melanzane sott’olio, ricotta, ricotta al forno, frittatina di cipolla, panella, pomodoro ciliegino, crudità di mare, zuppa di cozze, caponatina, carciofi e ricotta, pomodori secchi sott’olio,acciughe, fichi secchi, capperi di Pantelleria.
LA NONNA E …. I TAPAS DI FILIPPEDDU
N - Prontu o prontu Filippeddu - Prontu nonna, jo sugnu, Filippu N - Oh Filipeddu, cori i so nonna, e comi stai, comi stai? Chi fai manci? Ta metti a mascherina pi nesciri? Filippeddu - Nonna sto bene, qui la mascherina la dobbiamo portare tutti N - Bravu accussi ha fari chi u Coviddi je sabbaggiu (selvaggio) ricoddati “Cu si vaddoi, si sabboi”!! (proverbio: chi stato attento si salva). Filippeddu - Si nonna, non ti preoccupari chi jo mi vaddu N - Ah bravu e chi fai? vai a travagghiari a pedi senza pigghiari u metrò Filippeddu - Nonna ma è mezzora di strada e qui fa freddo…. ogni tantu u metrò u pigghiu N - Ma hai a testa dura chiossà i to patri ; Ti dissi chi non l’ha pigghiari, chi jè chinu i Coviddi. Filippeddu - Ma nonna qui fa freddo che vuoi che mi ammalu N - Ti metti il cappotto pesanti chi ti mannai: u Bumber Filippeddu - Ma nonna quello lo usava papà quando aveva sedici anni! Se lo metto mi accusano per oscenità in luogo pubblico N - Ma quali oscenità e oscenità chiuddu novu novu è! To patri su misi na vota sula pi na festai compleannu. Filippeddu - Si, e ha bevuto troppo e poi si è vomitato addosso: il bomber fa ancora puzza di acido N - Oh quanti pila chi hai, si vidi chi criscisti ca mangiatoia bascia (sei cresciuto nell’abbondanza)!. Non fa puzza d’acido, sono le tavolette di antitarma che gli ho messo Filippeddu - E sarà un antitarma acido! da quando lo tengo in balcone non ho più visto ne zanzare, cimici o colombi! N - Oh vidi chi l’antitarma funziona: anche i colombi tiene lontani! Putentissimo jè! Filippeddu - Va bene nonna, senti, mi devi fare un favore N - Chi c’è voi n’otru vaglia? già finisti chiddi chi ti mannai l’otru jonnu? Filippeddu - No nonna, è che ho invitato a casa dei colleghi di lavoro. Visto che non possiamo andare al bar a fare aperitivo, li ho invitati a casa e ho fatto le Tapas! N - Chi facistu i Tappi e che te ne fai di Tappi? chi ha mbuttighiari u vinu. Filippeddu - No nonna le Tapas, sono delle specie di antipasti con pane, salame e cosa del genere N - Ma come non avevate neanche i soldi per una pizza o nu sfinciuni? Filippeddu - No nonna, è una cosa alla moda tra i giovani. Io poi ho invitato anche una ragazza che mi piaceva, Ludmilla! N - Lu… cu? Filippeddu - Ludmilla nonna , è russa! N - Ah puru a to patri ci piacianu le donne con i capelli rossi Filippeddu - No nonna, è russa, della Russia, viene da San Pietroburgo N - Ah russa è! comi a nzalata… Filippeddu - Si come l’insalata! Nonna è bellissima, ha gli occhi come i tartari, il naso a patatina e gli zigomi sporgenti N - Matritta mia, mpressioni mi fa! Ma chi je auta auta? Filippeddu - No nonna è più o meno come me…. N - Ma saravi sicca sicca come i modelli: chiddi dill’Esti su tutti sicchi comi na sadda sicca (magra come una sardina secca) Filippeddu - No nonna, è come la zia Filomena della stessa taglia N - Saluti Filippeddu: una coppa del reggiseno di zia Filomena era grande come un panaru pi cogghiri i lumiuni! Ma che ha lo stesso culo? Filippeddu - Si più o meno si N - Ma Filippeddu, cori i to nonna, cu tutti i russi chi ci su, auti, beddi, sicchi, tu ti truvali l’unica russa bulemica e nana chi c’era? Ma tu u sai che chi mutandi da zia Filumena putivamu fari i veli i na bacca….. Filippeddu - Ma a me piace nonna è lei è tanto gentile. N - Ma figghiu mei, tu si nu filaccenni (fiammifero) è idda è na cridenza, da unni a pigghi pi fari? Va bhe va bhe. Ammenu nto lettu si nun ti schiaccia ti quaddia e non è ebbivora come Samantha-cu-l’acca, a zita di tuo cugino Pietro. E ci piaceru i Tappis Filippeddu - I Tappas nonna! Si moltissimo. Avevo preso il pane di Montalbano che mi ha mandato la zia Carmela, l’ho tagliato a fette e gli ho messo sopra i tuoi pomodori secchi, le olive, il capocollo, il caciocavallo, i finocchietti selvatici sott’olio, le melanzane sott’olio, il salame di Francesco di Alì, ho messo accanto i peperoni sott’olio che mi hai mandato, la pancetta di zio Aldo, insomma, tutto quello che avevo. N - E a nzalata…. cioè a russa ci piaciu? Filippeddu - Nonna è piaciuto a tutti. Poi il mio amico Vladimiro…. N - N’otru russu…. ma chi ci fu l’invasioni? Tutti unni nui si ricogghiunu… Filippeddu - No nonna è di Valdobiadene, Vladimiro ha portato il Cartizze e non ti dico, come siamo stati bene N - E ci credo trincannu e manciannu, ma a cosa… docu…., Olga… Ludicosa, comi caspita si ghiama, ci piaciu? Filippeddu - Non ti dicu, per tutta la serata ha fatto: una fetta di pane e un bicchiere di Cartizze: mi ha dato soddisfazione! N - Eh ci credo! e pensu chi pure lei era soddisfatta. Ma tu docu su licuri (liquore) straniero u Cazzizze, quantu ni mivisti? u sai chi no reggi Filippeddu - No Nonna, il Cartizze è un prosecco. Comunque ne ho bevuto poco. Ora nonna ho invitato Ludmilla domenica a mangiare da me. Non è che mi potresti mandare qualcosa che ormai ho il frigo vuoto N - Ma figghiu mei pi Ludicosa ti dovrei mannari un maiale intero. Va bhe, vedo cosa trovo e ti faccio un pacco con la sasizza due bocce di peperoncini ripieni e un contenitore di sugo di maiale che faccio io. Ci metto pure la ‘nduja della commare calabrese- Filippeddu - Grazie nonna, quella a Ludmilla piace tanto N - Non pi idda Filippeddu, scuta quannu ti parru (ascolta quando ti parlo, cerca di capire….): a ‘nduja è pi tia picchi si cu na mongolfiera come a Ludicosa non ti fai fotti cu pipi spizzeri,, chidda puru a tia si mancia….
45 notes · View notes
Text
Penvellyn Family Mottos
Randulf - “In hoc signo” - In this sign [you shall conquer]
Odo - “Prosperitas” - Successful
Milo - “Victum invideo silente” - I envy the conquered [his] peace
Hugo - “Cito fit quod dei volunt” - What the gods want happens soon
Albert - “timendi causa est niscire” - Ignorance is the cause of fear
Edmund - “Ut sementum feceris ita metes” - As you sow, so shall you reap
Charles - “Minima maxima sunt” - The smallest things are the most important
Thomas - “Age pro viribus” - In all you do, give of your best
James - “Ars longa” - Art lives long
Elinor - “Audaces fortuna invat” - Fortune favors the bold
Corbin - “Nunquam dediscebo” - Never forget
Phillipe - “Novus mundus” - New world
Penelope - “Pulchritudo in omnia” - Beauty is in everything
Martha - “Sine scientia ars nihil est” - Without knowledge, skill is nothing
Brigitte - “Ludi sine gaudio ludi non sunt” - Games that aren’t fun are not games
Richard - “Si sic omnes” - If all did thus
Edward - “Bis vivat qui bene vivat” - He lives twice who lives well
William - “Diem perdidi” - Another day wasted
John - “Per aures as animum” - Ears of the mind
Malachi - “Numen lumen” - Divine light
Alan - “Purgamentum exit” - Garbage out
43 notes · View notes
halichor · 1 year
Text
Tumblr media
Kieran 🐍 ✨
2K notes · View notes
schizografia · 3 years
Text
Tumblr media
Si narra che Potemkin soffrisse di depressioni ricorrenti a intervalli più o meno regolari, durante le quali nessuno gli si poteva avvicinare e l’accesso alla sua camera era severamente vietato. A corte non si parlava mai di questa malattia, soprattutto perché si sapeva che ogni accenno era sgradito all’imperatrice Caterina. Una di queste depressioni del cancelliere durò particolarmente a lungo. Ne risultarono seri inconvenienti; negli uffici si accumulavano gli atti che era impossibile sbrigare senza la firma di Potemkin, e di cui la zarina chiedeva la decisione. Gli alti funzionari non sapevano che cosa fare. In questo frangente il piccolo, insignificante scrivano Šuvalkin capitò per caso nelle camere del palazzo ministeriale, dove i consiglieri erano riuniti come al solito a piangere e lamentarsi. “Che cosa accade, Eccellenze? In che posso servire le vostre Eccellenze?”, s’informò lo zelante Šuvalkin.
Gli spiegarono il caso, rammaricandosi di non potersi giovare dei suoi servigi. “Se è soltanto questo, signori, – rispose Šuvalkin, – date a me gli atti, ve ne prego”. I consiglieri, che non avevano nulla da perdere, cedettero alla sua richiesta, e Šuvalkin, col fascio degli atti sotto il braccio, si diresse, attraverso gallerie e corridoi, alla volta della camera da letto di Potemkin. Senza bussare, senza neppure fermarsi, abbassò la maniglia. La stanza non era chiusa. Nella penombra Potemkin era seduto sul letto a rosicchiarsi le unghie, in una vestaglia consunta. Šuvalkin si avvicinò alla scrivania, immerse la penna nell’inchiostro e, senza dir motto, la mise in mano a Potemkin, prendendo a caso una pratica e posandola sulle sue ginocchia. Dato uno sguardo assente all’intruso, Potemkin eseguì come in sogno la firma; poi un’altra e poi tutte quante.
Quando ebbe in mano l’ultima, Šuvalkin si allontanò senza cerimonie, come era venuto, con il suo dossier sotto il braccio. Sollevando gli atti in gesto di trionfo, entrò nell’anticamera. I consiglieri gli si precipitarono incontro strappandogli di mano le carte. Si chinarono su di esse trattenendo il respiro; nessuno disse una parola; rimasero come impietriti. Di nuovo Šuvalkin si avvicinò, di nuovo si informò con zelo della causa della loro costernazione. Allora anche i suoi occhi caddero sulla firma. Un atto dopo l’altro era firmato: Šuvalkin, Šuvalkin, Šuvalkin…
Questa storia è come una staffetta che precorre di due secoli l’opera di Kafka. L’enigma che vi si addensa è quello stesso di Kafka.
Walter Benjamin, Franz Kafka. Per il decimo anniversario della sua morte’, in Angelus Novus
7 notes · View notes
sibilla27vane · 3 years
Text
Chi entra nella propria sfera personale deve procedere a tentoni, intuire la propria strada pietra per pietra. Con il medesimo amore deve abbracciare le cose vili e quelle preziose. Una montagna può essere un niente, e un granello di sabbia può celare dei regni, oppure no. Devi deporre ogni giudizio, persino il gusto, ma soprattutto l’orgoglio, anche se è fondato sui meriti.
Oltrepassa il varco sentendoti totalmente povero, misero, umile e ignorante. Volgi la tua ira contro te stesso, perché sei solo tu a impedirti di vedere e di vivere. La scena dei misteri è tenue come l’aria e come fumo sottile, e tu invece sei materia grezza, dotato di un peso molesto. Fatti però aprire la strada dalla tua speranza, che è il tuo bene più alto e il tuo supremo potere, fa’ che essa ti serva da guida nel mondo dell’oscurità, perché è simile, nella sostanza, alle forme di quel mondo
C. G. Jung, Liber Novus
6 notes · View notes
catie-does-things · 4 years
Note
For the trad meme: Finnrey (and maybe also Luke/Mara)
yeah this meme will even get me to pretend i still care about sequel trilogy characters for a hot second
(I’ll do Luke/Mara too but in a separate post.)
TRAD FINNREY HEADCANONS LET’S GO
Who grew up in a trad family and who became a trad in spite of their lib/normie family
Neither of them actually grew up with a family and they’re both converts, but Rey went straight down the trad rabbit hole while Finn started out more normie and was gradually rad-tradicalized.
Who wants lace on surplices and who wants pleats
Neither of them has strong opinions about surplices but Rey does think the really lacy ones look fussy.
Who likes baroque choral arrangements and who prefers chant
Rey is obsessed with Palestrina. Finn prefers the more baroque arrangements.
Which one went through a “women shouldn’t wear pants” phase
Rey, for a while - if Luminara Unduli never had to wear pants then neither does she! Finn thinks this is kind of silly and prideful and eventually Rey relaxes about it, but it’s definitely skirts only for Mass.
Which NFP method they will use
The Force.
Who wants to name all the kids after doctors of the church and who wants to use family names
Finn doesn’t even know the names of any of his family and Rey does but...well. They both want to name the kids after saints but Finn is more likely to prefer the more normal-sounding ones.
Who argues with other trads on twitter and who just posts trad memes
Rey posts mostly workout updates and inspirational quotes from scripture or the fathers. Finn retweets a lot of Catholic memes. When they do get drawn into trad arguments Rey definitely gets more worked up about it.
Who was most excited for pre-55 Holy Week
Finn hadn’t even been to the 62 Holy Week yet so it was all new to him. Rey was really excited.
Who discerned out of religious life
Neither but Finn did consider joining Opus Dei at one point.
Who is more sympathetic to the SSPX
Rey would like to see them fully regularized. Finn doesn’t see the point of the society existing these days when there are so many other trad options.
Who eats meat on Friday solemnities and who keeps to the fast
Catch them both at Chick-fil-A the Friday after Easter.
And of course, who insists on driving the extra 30 minutes to the TLM parish and who is fine with the reverent novus ordo nearby
The way that Rey drives it doesn’t even take 30 minutes.
8 notes · View notes
aitan · 4 years
Text
Ogni giorno mi dibattito tra il pessimismo dell'intelligenza e l'ottimismo della volontà
Vedo in giro brutti segni e temo che questo sia solo l'inizio. Di questo passo saremo sempre più divisi e lacerati, oltre che distanti. Lavoratori autonomi contro lavoratori statali. Operai contro impiegati. Dottori contro infermieri. Infermieri contro insegnanti. Insegnanti contro dirigenti. Dirigenti contro ministri, personale di segreteria e bidelli. Maschi contro femmine. Meridionali contro Settentrionali. Giovani contro vecchi. Tutta l'Italia contro l'Europa e il resto del mondo. Nella vita non ho mai evitato lo scontro. “Without contraries is no progression. Attraction and repulsion, reason and energy, love and hate, are necessary to human existence.” Dallo scontro può nascere la stella danzante, l'angelus novus... Ma resto atterrito quando vedo questi spauracchi vuoti, questi simulacri dello scontro autentico, queste schermaglie condotte a colpi di vomiti, piccole invidie e urla sconnesse. Come in un vecchio show di Funari come uno show finto-nuovo di DeFilippi/Giletti/Bonolis. Come in uno stadio pronto a far esplodere la rabbia delle masse e deviarla sul piano del campanilismo, dello sciovinismo e della tifoseria. E poi temo che tanta rabbia trovi le strade sbagliate per manifestare il suo sfogo, la sua scappatoia, la sua via di fuga. Temo che si scatenerà un tremendo odio sociale, una guerra tra poveri che farà solo il gioco dei nababbi che stanno a guardare e manipolano tutto quello che possono manipolare per trarre vantaggio dai cadaveri schierati sul terreno. Si sta covando molto fuoco sotto le ceneri. La paura della morte sta rallentando tutto, anche lo spaccio, la prostituzione, l'abusivismo edilizio, la corruzione, lo sfruttamento dell'uomo sul uomo. Tantissime attività, legali e illegali, non riusciranno a sopravvivere a una pausa così lunga. Altre risorgeranno dalla polvere con riconversioni, guizzi di ingegno o manovre spietate. Ci saranno fallimenti, ci saranno licenziamenti, ci saranno più disoccupati sul mercato. Aumenteranno le tasse; aumenteranno i furti, le rapine, i pizzi e gli scippi; crescerà il disagio e dilagherà il malcontento. Ma voglio provare a essere ottimista. Quando usciremo da questo brutto sogno, avremo anche una gran voglia di spendere, spandere e tornare ad abbracciarci e lavorare insieme. In questi giorni, il commercio si sta fermando, ma si stanno anche incrementando i risparmi della classe media impiegatizia. Chiusi in casa, tutti stiamo spendendo poco o niente. Questa forzata decrescita significa anche meno sprechi, meno soldi spesi in benzina, viaggi, prodotti superflui, ristoranti, pub, pizzerie, spritz, caffè, giocattoli, automobili, ninnoli, belletti, balocchi e profumi... Sono chiusi anche i centri scommesse (finalmente). Solo l'e-commerce continua impavido e senza freni. Questo comporta un consolidamento della capacità di acquisto della classe media. Se non ci faremo prendere della paura, quando tutto questo sarà finito si tornerà a fare la spesa e un po' anche a sprecare denaro, e io spero tanto che si privilegeranno i negozi di prossimità evitando la folla e la follia dei centri commerciali. Spero che riscopriremo la salumeria e il negozietto sotto casa. Magari evitando di portare altro denaro a quei commercianti che in questi giorni hanno approfittato della contingenza per vendere le salsicce a 25 euro al chilo e l'amuchina a peso d'oro. Spero che ci resterà anche qualche soldo da spendere in libri, dischi, concerti e spettacoli di ogni tipo e che usciremo tutti da questo lungo incubo un po' più adulti e responsabili. Magari anche più uniti, umani e solidali. Spero, voglio e pretendo che dalle ceneri venga fuori una società rinnovata, fondata sul bene comune e non sugli interessi di pochi. Una società, anche, più pronta ad affrontare le emergenze senza disgregarsi e darsi addosso reciprocamente. Una comunità fondata sull'interesse collettivo e la salvaguardia delle fasce più deboli. Come realizzare tutto questo deve essere il nocciolo del nostro impegno a venire. ______________ Da https://aitanblog.wordpress.com/2020/03/25/ottimismo-della-volonta/
6 notes · View notes
Photo
Tumblr media
Nuovo post su https://is.gd/JjQtd0
Margarito da Brindisi: tra leggenda e storia (prima parte)
di Gianfranco Perri
Quando, tantissimi anni fa, a Londra con mia moglie – venezuelana – diretti a piedi al Royal Observatory Greenwich ci imbattemmo in una scuola “Sir Francis Drake Elementary School” che sotto il nome esibiva un vistoso busto bronzeo, mia moglie sorridendo esclamò: «’sir’ Francis Drake? In Venezuela è Francis Drake ‘famoso pirata inglese’… altro che ‘sir’». Ebbene quell’episodio mi è inevitabilmente tornato in mente a proposito del nostro Margarito da Brindisi: grande ammiraglio o famoso pirata? Naturalmente noi propendiamo decisamente per la prima accezione, tant’è che Brindisi gli ha dedicato, se pur non una scuola, una via!
Un nostro concittadino però, il dottor Dario Stomati, nel 2013 gli ha dedicato un libro, un bel libro, un romanzo storico intitolato ‘Margarito il leggendario arcipirata da Brindisi’: «Da migliaia di anni, nei caldi tramonti di luglio, le acque del Seno di Ponente si colorano di rosso sanguigno, mentre lambiscono le fiancate delle navi, che dolcemente s’accostano sicure all’approdo. E ci piace pensare che questo sia stato anche l’ultimo saluto a Virgilio morente, mentre già il suo spirito, dirigendosi verso l’immortalità, lasciava indelebile traccia di sé in questo seno. La natura ha voluto che il porto di Brindisi s’aprisse, offrendosi maternamente ospitale, a tutte le navi che solcano il Basso Adriatico, senza chiedere se a bordo vi siano militari, pacifici viaggiatori, i grandi della Terra, la disperazione di immigrati senza patria, o persino pirati. Da qui prende l’incipit il romanzo di Dario Stornati, proiettandoci in uno spaccato della storia nel XII secolo, per farci rivivere le gesta del greco Margarito, ammiraglio o pirata poco importa, che seppe dare lustro alla città, che lo aveva accolto e nutrito, amandola al punto da assumerne il nome e identificandosi completamente con essa. Pur alla prima prova da romanziere, l’autore, utilizzando sapientemente i canoni del romanzo storico, riesce a dare solidità alla ricostruzione della vicenda umana, personale e famigliare, di Margarito da Brindisi, continuamente intrecciandola con gli avvenimenti della Grande Storia.» [Damiano Mevoli].
Il professore Giacomo Carito, invece, da storico quale egli è, nel novembre dello stesso 2013, al Convegno sull’età federiciana in terra di Brindisi, ha presentato un interessante e documentato lavoro dedicato per intero al nostro – comunque storico e indubbiamente famoso – personaggio, vissuto nel XII Secolo e strettamente legato alla storia della nostra città ‘Tra normanni e svevi nel regno di Sicilia: Margarito da Brindisi’.
Le ipotesi più accreditate indicano per Margarito l’origine greca, forse proveniente da Megara nell’Attica da cui il suo nome – Megareites, cioè di Megara – latinizzato in Margarito, però si è anche ipotizzato che sia nato a Brindisi – per cui fu sempre detto Margaritus de Brundusio – nel seno di una delle numerose famiglie d’origine bizantina che al tempo vi risiedevano. E di Margarito la matrice leggendaria racconta che molti dei suoi contemporanei ne apprezzarono enormemente le qualità al punto da definirlo rex maris o novus Neptunus, mentre fu temutissimo dai suoi nemici che, i più, lo considerarono null’altro che un arcipirata.
Nelle cronache della storia invece, Margarito comincia ad essere citato in associazione con la presa di Tessalonica, effettuata il 24 agosto 1185 dalle truppe normanne del re di Sicilia Guglielmo II e dalla sua flotta comandata dal conte di Lecce Tancredi, ed a tale proposito c’è chi fa coincidere il nostro Margarito con Sifanto, un corsaro che combatté in prima fila al servizio del re di Sicilia in quell’azione bellica antibizantina. Qualche mese dopo, i Normanni occuparono anche le tre isole ioniche di Zacinto Cefalonia e Itaca, le quali vennero assegnate in allodio – cioè a titolo di possedimento personale – proprio a Margarito.
  Firma di Margarito – a forma di vascello (Archivio Capitolare di Brindisi)
  Ma la vera prima grande impresa militare di successo Margarito la realizzò nell’estate del 1186 sulle coste di Cipro, quando s’impadronì rocambolescamente di tutte le settanta triremi costantinopolitane che al comando dell’anziano Giovanni Contostefano erano impegnate nella riconquista dell’isola passata sotto il controllo dell’usurpatore Isacco Comneno.
Margarito, già soprannominato Margaritone per la sua imponente stazza, s’impadronì delle navi prive degli equipaggi che nel frattempo erano sbarcati e le poté distruggere senza incontrare resistenza; gli stessi equipaggi furono poi catturati e Margarito inviò al re Guglielmo II in Sicilia i principali dignitari della flotta bizantina con una grossa parte del bottino: un successo epocale che lo rese subito internazionalmente famoso e per il quale il re Guglielmo II lo titolò ufficialmente suo ‘ammiraglio’.
Il 2 ottobre 1187, al comando della flotta di Sicilia, l’ammiraglio Margarito riuscì a salvare e portare in Sicilia il patriarca Eraclio con altri cristiani fuggiti da Gerusalemme occupata da Saladino ed in seguito, contribuì decisivamente affinché i cristiani di Terrasanta sconfitti, riuscissero a conservare perlomeno il controllo di Tiro Tripoli e Antiochia, obbligando di fatto Saladino a rinunciare alla loro conquista.
(1. continua)
1 note · View note