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#quattrino
nonsolodoncamillo · 5 months
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viafrantica · 5 months
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Viterbo (town), Papal States, 1 Quattrino of Pope Sixtus IV (1471-1484)
The coin depicts the coat of arms of Sixtus: the shield displays his family symbol of an oak tree. The papal cross keys and crown are above. The back depicts Saint Lawrence.
Pope Sixtus IV was of the della Rovere family, uncle of the future Pope Julius II. He had the Sistine Chapel constructed, founded the Vatican Library, and improved the city of Rome including restoring aqueducts , bridges, and improving the streets.
Sixtus was however infamous for nepotism (6 nephews were made cardinals), and for selling political positions and favours. He was at war with Florence and the Medici for two years. He was also accused of having male lovers, and of fathering children.
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abatelunare · 2 years
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Parodie inaspettate
Delle volte la letteratura ti piazza lì delle cose che mica te le aspetti. Approfittandosi biecamente della tua tranquillità. Lo scrittore lombardo Piero Chiara, che conosco e apprezzo, fra il 1970 e il 1971 si è inventato la sceneggiatura di un film che poi mai fu realizzato. In pratica, si tratta di una parodia del Promessi Sposi. Giusto per darvi un’idea: Renzo è un coglionazzo da guinness dei primati; Agnese è una che bada solo al quattrino; ma soprattutto, Lucia, che vanta due tette da maggiorata, è un puttanone da sbarco: la dà a Don Rodrgio, all’Innominato e a Fra Cristoforo (e senza che uno sappia dell’altro). Il libro s’intitola I Promessi Sposi di Piero Chiara ed è pubblicato dalla Mondadori. L’ho appena cominciato. Ma già mi diverto.
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jacopocioni · 1 year
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Rosticcerie, venditori ambulanti e caffè a Firenze nel XVIII secolo
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Giuseppe Conti Firenze Vecchia, frontespizio delle’edizione Vallecchi del 1928 Quando, scorrendo nel tempo, le osterie furono abbandonate dai pensatori e dagli artisti e non furono più luogo di conversari e di burle imbastite o vissute, si trasformarono in quelle che sono oggi le nostre trattorie. Siamo a Firenze intorno al XVIII secolo e grazie a Giuseppe Conti e al suo libro intitolato Firenze vecchia scopriamo rinomate trattorie del tempo, come quella della Cervia, sull’angolo di via dei Cardinali oggi via dei Medici, ma soprattutto si resta colpiti dalla presenza in città anche di un nuovo tipo di ristorazione: le rosticcerie e i venditori ambulanti di cibo cotto. Colpisce perché non immagineremmo una presenza, molto simile all’attuale, di luoghi di ristorazione da asporto. Scrive il Conti che la rosticceria più nota era quella della Fila, in via del Corso, la più antica di Firenze perché sembra esistesse già dal XVII secolo. Aggiunge che la sua rinomanza fosse addirittura proverbiale perché in occasione o di solennità o di feste era davvero infinito il numero di polli che vi si arrostivano e poi l’agnello e i fegatelli e il maiale, e il fritto, ma la vitella di latte sembra proprio facesse resuscitare i morti.
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Firenze Palazzo Bombicci in Piazza Signoria angolo via dei Calzaioli Tra gli ambulanti racconta di una figura caratteristica che richiamava tantissima gente e non di giorno, ma ce lo descrive in piazza del Granduca, l’attuale piazza Signoria, dove si piantava vicino alla cantonata di Via Calzaioli, sulla gradinata del palazzetto Bombicci, e non riparava a smerciare i suoi maccheroni”: “tutte le sere verso le ventiquattro arrivava col suo carretto pieno di panieroni da cinque fiaschi, nei quali panieroni metteva uno sull’altro tanti piccoli piatti coperti, dove c’erano dei maccheroni freddi, che andavano via a ruba appena li metteva fuori. Di ogni piatto ne tagliava cinque spicchi; da una scodella piena di cacio di Roma grattato ne pigliava pulitamente con le mani un pizzicotto, li incaciava, e con un bussolotto bucato ci spruzzava il pepe e ne dava via ad un quattrino lo spicchio”. Possiamo ancora oggi immaginare il nostro Martino nei pressi di palazzo Bombicci anche se diverso nella sua attuale struttura: di origine trecentesca, fu uno dei pochi ad essere risparmiato dall’ampliamento di via dei Calzaioli, il lato principale si trova proprio su questa strada angolo via della Condotta e piazza della Signoria. Dai primi anni del Settecento in poi le osterie vennero a perdere il loro ruolo di luoghi di ritrovo per i ceti elevati, artisti, conversazioni o burle alla toscana e lo acquisirono via via i Caffè che si affermarono nell’Ottocento. A conferma abbiamo la testimonianza di un illustre cittadino del tempo, Giovanni Targioni Tozzetti, medico e studioso fiorentino, che scrive in un saggio dedicato al figlio Ottaviano “Io mi ricordo sempre con piacere dei dilettevoli e istruttivi crocchi che si facevano mattina e sera nella bottega di libraio e poi nei caffè di Panone e dello Svizzero dove i galantuomini si adunavano in certe ore e sollevavano l’animo con lieti ed insieme dotti discorsi e si aveva una gran scuola del mondo”. In un altro saggio in cui scrive delle “bevande calde forestiere” diffusesi anche in Firenze ai tempi di Ferdinando II e oggi “familiarissime” a tutti gli strati sociali, il caffè e la cioccolata, che indica come “equivalenti e succedanei” del vino, il primo per gli Arabi e la seconda per gli Americani e aggiunge “ma forse non ugualmente utili per noi che siamo soliti bevere promiscuamente il vino” Aggiunge quindi una notizia curiosa: ”In Firenze la prima Bottega dove si vendesse Caffè fu quella detta del Burma, come ricavo da una Cicalata di Giulio Benedetto Lorenzini” La Bottega detta del Burma è collocata da molti studiosi in via Porta Rossa, come Panone, mentre lo Svizzero in via Calzaioli, ma altri collocano Panone in Via Por Santa Maria. Quel che resta per certo è che il Caffè ha soppiantato nell’Ottocento quello delle vecchie osterie del Quattro/Cinquecento dove abbiamo visto convenire spiriti bizzarri nonché i dotti e i “signori” come Lorenzo il Magnifico. https://tuttatoscana.net/storia-e-microstoria-2/microstoria-in-cucina-rosticcerie-venditori-ambulanti-e-caffe-a-firenze-nel-xviii-secolo/
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giancarlonicoli · 1 year
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10 ago 2023 16:04
“GIANNI RIVERA NON ERA AFFATTO TIRCHIO” – VITTORIO FELTRI CELEBRA GLI 80 ANNI DELL'EX CALCIATORE RICORDANDO IL SERVIZIO MILITARE FATTO INSIEME, NEL 1964. E SFATA UN MITO NEGATIVO SUL “GOLDEN BOY”: “LUI ERA GIÀ UN CAMPIONE. LA SERA, VISTO CHE IL RANCIO IN CASERMA FACEVA SCHIFO, ORDINAVA POLLI ARROSTO PER TUTTI E PAGAVA ALLEGRAMENTE TUTTO – NELLE PARTITE TRA COMMILITONI MI TRATTAVA COME UN CALCIATORE: MI DAVA PALLE COSÌ FACILI CHE UNA VOLTA SEGNAI PERSINO DUE GOL” -
Estratto dell'articolo di Vittorio Feltri per “Libero quotidiano”
Io ho le prove che un grande calciatore, meglio se grandissimo, può mandare in gol chiunque, anche uno che tira di scherma. Questa è la storia che vi racconto: il campione è Gianni Rivera, e quello che tirava di scherma sono io. Era il 1964, e Rivera era già Rivera: a 21 anni, era al Milan da quattro e faceva decine di gol a stagione, aveva già vinto uno scudetto e una Coppa dei Campioni.
[…]  La fortuna fu che eravamo non solo coscritti, ma anche entrambi degli sportivi, lui «un pochino» di più; io ero iscritto alla Federazione italiana della scherma, e quindi venimmo mandati entrambi al Centro addestramento reclute di Orvieto, la caserma dove venivano ammucchiati gli sportivi. È lì che ci siamo conosciuti.
Rivera, in mimetica, era un giovane come tutti gli altri, una recluta tra le altre reclute, e a nessuno venne mai in mente di trattarlo con i guanti di velluto. Lui, come tutti noi, si adeguò al clima spartano e di prepotenze della vita da soldati in tempo di pace, tipico del militarismo degli anni Sessanta […]
In camerata dormivamo in dodici, Rivera era guardato con ammirazione e rispetto, ma lui, titolare fisso nel Milan, nei nostri confronti si comportava con modestia, da «dodicesimo» […]
A questo proposito, vorrei distruggere una leggenda negativa che lo ha sempre perseguitato: Gianni non era un ragazzo per niente tirchio. Spesso, la sera, visto che a nessuno era permesso di uscire dalla caserma e il rancio faceva piuttosto schifo, ordinava dei polli arrosto, li faceva portare in camerata, e li divoravamo tutti insieme. Rispetto a noi, che eravamo perlopiù senza un quattrino, era un signore, era un gigante del calcio e guadagnava molto: ogni volta pagava allegramente tutto lui, di buon grado.
Alcune sere, quindi, le si trascorreva mangiando pollo, ma in altre giocavamo a calcio: era il CAR degli atleti, i giocatori erano tanti, pieni di Gianni Rivera è nato ad Alessandria il 18 agosto 1943 e la prossima settimana farà cifra tonda: 80 anni. […]
[…] Quando si organizzavano queste partite mancava sempre qualcuno per fare i ventidue, perciò a volte venivo reclutato anche io: Rivera giocava con leggerezza ma senza supponenza, mi passava la palla come se io fossi un giocatore «normale» e non uno schermidore che si trovava in mezzo a un campo di calcio, e la passava in modo meraviglioso, mi dava delle palle talmente facili da farmi sembrare un calciatore vero.
Ricordo che feci perfino due gol: Rivera guardava e toccava il pallone, che passava senza che nessuno riuscisse a prenderlo e arrivava giusto sul mio piede. E a quel punto avevo solo da spingerlo in porta.
Era un gran divertimento: se stai facendo il soldato e stai tutto il giorno chiuso in caserma, quando finalmente c’è una partita si esplode di gioia. I giocatori della caserma erano tutti professionisti, ma nessuno di loro aveva verso di me un atteggiamento di sufficienza, anzi, si divertivano, perché noialtri, quelli che erano lì per fare numero, eravamo dei chiodi. Dopo un paio di mesi, finito l’addestramento, fui spedito al ministero, a non fare un cavolo; e tutti loro tornarono nelle rispettive squadre.
[…] Rivera smise di giocare nel 1979, fu vicepresidente del Milan fino al 1986, anno in cui la società venne acquisita da Silvio Berlusconi, che non lo confermò perché lo considerava un contestatore, e Berlusconi dei contestatori si libera in fretta. L’anno dopo Rivera scelse di correre per diventare parlamentare. Io all’epoca lavoravo al «Corriere della Sera», e un giorno ricevetti una telefonata da Padre Eligio, un frate che aveva la funzione di consigliere spirituale del Milan.
Padre Eligio era molto amico di Rivera, aveva fondato il primo «telefono amico» e la prima comunità di recupero per tossicodipendenti, sulla quale, inviato dal giornale, scrissi un reportage. Cominciò allora la nostra amicizia, e in quella telefonata Padre Eligio mi chiese di aiutare Rivera, che era stato un suo fedele. Ci trovammo in un ristorante e stabilimmo il da farsi. E io scrissi qualche articolo in cui descrivevo con favore l’ipotesi che Rivera diventasse parlamentare. […]
Oggi di Gianni Rivera non si parla quasi più, ma nella memoria dei milanisti e degli italiani lui e quel suo incredibile gol ai supplementari, nei Mondiali del ’70, rimangono un simbolo della capacità italiana di reagire, di sovvertire i pronostici: un ragazzo di 1,76 per 70 chili che entra in area, si guarda in giro, tira, il portiere esce dal video e la palla entra in porta.
Gianni Rivera è stato un eroe gentile: era detto «golden boy», ragazzo d’oro, ma Gianni Brera, che pure ammirandolo gli rimproverava di essere poco virile in campo, ne colse il suo tratto più caratteristico chiamandolo «abatino»: perché sembrava giocare in punta di piedi, leggero, mai falloso, mai irruento.
Danzava con il pallone, quasi non calpestava il prato del campo di gioco. In più, parlava poco, con l’erre moscia, e i suoi modi sono sempre stati contenuti ed eleganti. Solo Roberto Baggio può rivaleggiare con lui quanto a purezza della classe. Ma il tempo cancella la fama, le prodezze, cancella tutto quello che hai fatto.
[…] Oggi sono passati più di 50 anni e l’oblio di quei tempi, diciamolo, eroici, è fatale. Ma noi che siamo appassionati di calcio e proviamo ancora un vago orgoglio per la nostra nazione, sia pure stemperato dai pasticci europei, continuiamo a considerare Rivera come un leggendario, epico esempio.
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lorenzodiamantini · 2 years
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Omini di pan di zenzero C'è qualcosa di magico la mattina presto, metti un maglione caldo sopra il pigiama e stai lì con una tazza di caffè fumante a contemplare la flebile luce del forno che, con il bagliore del giorno che entra in punta di piedi, illuminano la cucina di un soffuso clima Renoir. Il profumo un pò piccante dello zenzero è un abbraccio che ti mette di buon umore, e ti fa pensare che hai una giornata nuova di zecca davanti. Natale allo zenzero cantava "Elio e le storie tese", si perchè questo nutraceutico è un pò la spezia fulcro di questo periodo, curioso che sia tipico dell'Asia tropicale, dove praticamente ignorano il Natale. Anticamente era detto anche gengiovo e talvolta oggi è commercializzato col nome inglese di ginger, da qui i Gingerbread men, ovvero i biscottini di pan di zenzero, dolcetti di frolla speziata dal colore bruno e l’aroma inconfondibile di zenzero e cannella. Questi omini dolci famosi in tutto il mondo hanno radici nobiliari: nella seconda metà del Cinquecento, all'epoca di Shakespeare, è stata la regina Elisabetta I d’Inghilterra a dare vita a queste creazioni che faceva preparare in omaggio ai dignatari stranieri invitati a corte. Nel 1875 è la storia di S.Nicola a diffondere l'omino di pan di zenzero, un racconto che narra di un biscotto dalle sembianze umane che, una volta cotto, prese vita e scappò dal forno. Col tempo, gli omini di pan di zenzero sono diventati una tradizione comune e condivisa da più Paesi. Iconica è anche la casa di pan di zenzero, nata nell’Ottocento in Germania dopo la pubblicazione delle fiabe dei fratelli Grimm. Un passato, quello degli omini di pan di zenzero tra fiaba e magia, un tempo quelli che erano descritti come maghi o streghe li realizzavano per le giovani donne affinché potessero far innamorare i futuri sposi. Non so se sia efficace come stratagemma per innamorarsi, ma di sicuro è un regalo romantico, come diceva Shakespeare, "Se avessi un solo quattrino al mondo, te lo darei per comperarti pan di zenzero!" Buona giornata. (presso Lorenzo's House) https://www.instagram.com/p/CI-eltXp81v/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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iltrombadore · 2 years
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Breve storia di Mimise, la compagna inseparabile nella vita di Guttuso
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Mimise (Maria Luisa Dotti) se ne andò improvvisamente e inaspettatamente tre mesi prima di Renato Guttuso, nell' autunno del 1986.Lui era gravemente ammalato da quasi un anno, si era chiuso al mondo, aveva vicino a sé solo i più cari amici, e lei, Mimise, che lo aveva accompagnato durante l'arco di tutta una vita. Era più grande di lui di qualche anno. lo aveva conosciuto a metà degli anni Trenta, quando a Roma era un giovane immigrato senza il becco di un quattrino, un 'bohemien' siciliano, combattivo 'antiborghese' e pittore insofferente, intellettuale da pensieri sull' arte e sulla sua influenza morale nel vivo dei contrasti umani, politici, sociali.
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Mimise era invece una nobildonna milanese nel pieno della età: molto bella, signora di gran portamento, esperta del mondo, che ebbe un incidente d'auto e si procurò deformazioni al volto che ne alterarono la fisionomia.
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Era un tipo altero ma non altezzoso, Mimise. Sempre allegra, con tono alto della voce squillante, capace di sottigliezze ma anche di franca e aperta polemica con chi non le poteva garbare.
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Guttuso le si legò subito appassionatamente. La dipinse in quasi tutti i suoi quadri rilevando figure umane femminili che portavano allusivamente il suo corpo maestoso e imponente.
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Di ritratti ne fece di meno. Ma molto significativi e indagatori. Erano due tipi, lei e Renato, che si appaiavano anche alla distanza. Lui viveva di giorno nel suo studio, con frequentazioni promiscue di ogni tipo. Lei nelle sue stanze, per conto suo, ma sempre vigile e pronta a consigliare il suo uomo, ad evitare 'dirottamenti facili' in quella personalità di cui conosceva più di ogni altro le debolezze, le fragilità, le incertezze e gli sviamenti passionali...
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Mimise fu amante, moglie e madre di renato guttuso. Era la 'regina' della sua vita. E quando, sapendolo incurabilmente ammalato, lei decise di uscire di scena prima del suo uomo, fu come ispirata da un Dio.
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Alla sua scomparsa, Renato abbandonò ogni difesa che fino allora aveva opposto alla malattia e alla morte. Chiuse ancora di più i battenti rimasti appena aperti sul mondo, e in poche settimane si spense, suggellando il senso più intimo di una unione con la donna della sua vita.
Tutto il resto, politica, donne amori e passioni, che avevano attraversato e ancora lambivano la sua vigorosa esistenza, rimasero da parte, vennero messi da parte. Facevano la letteratura e la cronaca a suggello di una unione più che duratura e che adesso si proiettava oltre il palcoscenico.
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beach-boyzz · 2 years
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Y’all I need to talk about my jojo ocs more so pick any from this list ask a question and I will answer if anybody wants… (u can also ask for a basic run down of each char too!)
Part 3 ocs:
~
Valentino
Part 5 ocs:
Unita Speciale Ocs
~
Iris Veleno
La Squadra Ocs
~
Tiramisu
Salsiccia
This random surfer dude without a name
Buccellati’s Gang
~
I have none at the moment
Anguille’s (Oc) Gang
~
Anguille Corrente
Razze Corrente
Cozza Arselle
Seppia
Nautilo
Tonno
Ravioli’s gang (Oc)
~
Ravioli
Brooklyn
Huevo
Cicielgia
Katz’s Gang (Friend’s oc)
~
Frutata
Other:
~
Farfalle
Milk
Pattinare
Weston
Surfer dude’s son
Quattrino
Cethosia
Fankids
~
Remora (Squalo x Tiziano)
Gamberetto (Ghiaccio x Pesci)
Astice (Ghiaccio x Pesci)
Cefalo (Melone x Pesci)
Conchiglie (Farfalle x Ricotta)
Vermillia (Valentino x Myles)
Mascarpone (Tiramisu x Katz)
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corallorosso · 3 years
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GIUSTO DUE RIGHE, PER MORISI (...) ... E PER TANTI, TANTI ALTRI. Ricapitolando, secondo la filosofia iperreazionaria, iperconservatrice, ipercattolica e ipermoralista (ma solo quando si tratta degli altri), che tanto va per la maggiore: Se sei povero, e usi sostanze stupefacenti, sei certamente "un drogato di merda" e "una zecca da centri sociali"; se sei ricco, diventi "un amico straordinario da aiutare". Se sei povero, magari immigrato, e vendi sostanze stupefacenti, sei un "venditore di morte ai nostri figli" e uno "spacciatore schifoso a cui dare la caccia"; se sei ricco, allora diventi un "cessionario", e i tuoi sono solo "affari privati". Se sei povero, e organizzi festini gay, magari con dei disperati extracomunitari, sei solo un altro "frocio di merda che si fa incula' dai negri"; se però sei ricco, "hai delle problematiche esistenziali irrisolte". Se sei povero, e paghi per avere sesso, sei solo "uno schifoso che va a troie"; se sei ricco, allora "organizzi cene eleganti". Se sei povero, e hai rapporti con minorenni, sei "un pedofilo di merda"; se sei ricco, "stai solo aiutando le nipoti di Capi di Stato esteri". Se sei povero, e ricevi un aiuto economico dallo Stato, sei "un parassita da divano" e un "dopato da metadone di Stato"; se sei ricco, magari con stipendio mensile a cinque, sei cifre, le decine di miliardi di aiuti dallo Stato alla tua attività, diventano un "impulso all'economia". Se sei povero, ed evadi il fisco anche solo per sopravvivere, sei un "ladro infame, la rovina dell'economia"; se sei ricco però, magari con residenza, società fantasma, e conti correnti in paradisi fiscali, diventi un "imprenditore liberale", un "paladino delle libertà", e magari ti fanno anche "Cavaliere". Se sei povero, e da imputato salti un'udienza in tribunale, risulti quantomeno "contumace", e il tuo processo va avanti fino a sentenza, sempre che le guardie non ti vengano a prende' di forza; se sei ricco, si tratta solo di un "legittimo impedimento", e hai tutto il tempo e i modi per farti prescrivere, e uscirne pulito... E fin qui, facciamoci du' risate, anche se amare... Però, si potrebbe andare avanti ad oltranza, su tanti altri temi sensibili, e sulle porcate passate, presenti e future di questa associazione a delinquere, pomposamente chiamata "establishment": qualche decina di migliaia di farabutti che tengono sotto scacco 60 milioni di italiani. Ma m'è già passata la voglia e salito 'l vomito, basta così. E non a caso, non ho fatto distinzione tra destra e sinistra, ma tra ricchi e poveri. Nell'italica plutocrazia, la differenza fra chi può e chi non può permettersi quel che vuole, ormai la fa solo il censo, il quattrino. Gli esimi esponenti della sedicente "sinistra", parlamentari, amministratori pubblici e privati, sindacalisti, scrittori, giornalisti e così via, tutti comunque col culo al riparo da congiunture economiche, pandemie e disgrazie contingenti varie, legiferano, pontificano, tramano, rubano, corrompono e si fanno corrompere esattamente come quelli della "destra", in un clima fetido da fine basso Impero, approfittando tutti in egual misura delle leggi fatte apposta per mantenere privilegi e status quo. E ormai, senza nessuna vergogna e ad ogni livello. L'importante per tutti è che nell'eterno gioco delle parti dell'alternanza al governo, e dei valzer delle poltrone, né gli uni né gli altri perdano il benchè minimo privilegio autoattribuitosi. E che i "proletari" (che brutta e desueta parola, eh?) non alzino mai la testa dalle beghe quotidiane, si accontentino del minimo indispensabile per la sopravvivenza, e vengano adeguatamente distratti dai sollazzi più superficiali... Già lo so, sembra la descrizione di una società decadente e in crisi totale, di inizio secolo scorso... appunto. Piccola digressione storica: le rivoluzioni, da sempre, si fanno dal basso. E spesso iniziano e finiscono col sangue, a prescindere dalla loro riuscita. Cambiare il sistema dall'interno, in modo omeopatico, come vorrebbe credere e far credere qualcuno, più o meno in buona fede, o come qualcuno già ha tentato senza riuscirci, si è sempre rivelata un'enorme cazzata. Massimiliano Fanti
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sciocchezza · 2 years
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Perché ci si dovrebbe abbonare?
perché sono una studentessa universitaria senza un quattrino
(e perché a volte posto le foto dove si vede un po' il culo)
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robertoperodi · 3 years
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Due spiccioli sono la tutta la tua vita - Two loose change is your whole life
Due spiccioli sono la tutta la tua vita – Two loose change is your whole life
Abbandonata dall’amore, nella tua solitudine forse a contare gli anni che restano da sopportare.Più che salire al tempio per le ultime preghiere, fai salire dal cuore ferito dalla vita il silenzio della tua preghiera.Da tempo vivi l’amore solo nel ricordo, un ricordo che si fa avido di parole.Non ti resta che un gesto, povero anche quello. Due spiccioli, cioè un quattrino. Cioè solo ciò che serve…
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(2) una notte hai insistito perchè ti schiaffeggiassi. mi hai insultato per due ore, pizzicandomi dove potevi, moralmente. attaccandomi per litigare, per farti prendere, per il tuo sesso anale, che secondo me poi manco ti piace . .
mi hai attaccato quando hai detto quella cosa di troppo, e non era su mia madre, ma era come al solito che io non ti capivo e quindi ero palesemente cattivo con te,  io ho fatto finta di niente. quando mi hai detto che ero nessuno, un fallito senza un quattrino, ho accusato il colpo ma no, non ho reagito. in fondo chi sei tu, ho pensato? quando mi hai detto che Lei mi ha lasciato perchè sono senza polso, e sapeva come usarmi, ma che non è colpa mia non sapere che sono debole e usabile, mi sono irritato a fondo, perchè usavi le mie parole contro di me, ma ho cercato di ignorarti... quando hai detto che non ti amavo, e volevi lasciarmi e non volevi vedermi mai più… ho quasi riso, e quando mai ci siamo amati, pensavo… quando mi hai detto che 4 settimane fa - quando dovevi andare al compleanno di B, a casa sua: e quanto era bella lei , e tutti i dettagli della festa dei regali, dei vestiti…gli amici,  e poi mi hai detto  “quella sera di 4  settimane fa non c’e stata nessuna festa, S” all'inizio non ho capito, credevo che parlassi di altro… “sono andata a casa del mio ex e ho scopato con il mio ex e ti ho raccontato una balla”, mi hai detto all'inizio non capivo anzi non ci credevo poi… ho pensato al suo cazzo lungo - così lungo che non ci sta tutto mi hai detto una volta -  che ti profana la figa, la figa della mia ragazza che sei tu, e quindi tu che godi roteando gli occhi nel prenderlo dentro, tu che sei la mia ragazza… e ti sento blaterare e mentre blateri, ti vedo aprire le gambe, e prenderlo dentro, e farti servizievole, e ogni  penetrazione è una bomba sul nostro rapporto e tutto quel che c’è tra noi, e vedo che mi parli ma te ne freghi, e te ne sbatti se mi stai umiliando, se stai distruggendo tutto il nostro rapporto, pensi solo a scusarti… come se bastasse dire scusa… “è stato un errore”, mi dici un grosso errore, penso…
“è stato un errore, non succederà mai più”, mi ripeti è stato un grosso errore fidarmi di te, penso…e ti vedo roteare in estasi sul letto mentre te lo spinge ovunque
“hai mentito per scopare col tuo ex?”, le chiedo sconvolto tu non rispondi “hai scopato e hai pure inscenato ‘sta cosa della festa e mi hai raccontato migliaia di dettagli….” per essere credibile, e scopare con uno che non ami. “che razza di persona sei?” “scusa”, mi rispondi. “hai mentito mettendo in gioco il nostro rapporto, per una scopata?” ”scusami ho sbagliato”, mi dici in quel momento, io che non ho mai alzato un dito contro nessuno  in tutta la mia vita, le mollo un ceffone sul suo viso bianco… “scusa”, ti tieni il volto e mi guardi, quasi sorpresa
un altro ceffone “scusa”,  non ti difendi e ti lacrima l’occhio sinistro.
un altro ceffone- non chiedi più neanche scusa, mi guardi come se tu fossi una persona orribile e ti meritassi tutto questo, e ne volessi un altro, per lavarti la colpa ti scaravento sul tavolo. ti tolgo i vestiti, ti prendo la faccia e ti chiedo se ti piace essere così? “no…” ti piace? “no…. ho sbagliato… scusa” ti metto la faccia contro il mio pacco, e ti chiedo, ti piace così? “no…. ho sbagliato… scusa”
e le tue scuse, mi fanno solo più rabbia. perchè il tradimento… ti lancio sul letto, tu ti tieni il viso, sconsolata, e io ti guardo trionfante ti piace eh, dico ignorando tutto quel che dici, perchè la rabbia... ti piace essere una troia…? non so che fare, mi sento usato e vuoto, e stupido, e colpevole, scappo,  perchè non so che  altro dovrei fare sbatto la porta di casa  e scendo in strada, entro in auto, cerco di mettere in moto  e partire , ma l’auto non va una due tre volte. non va. provo e riprovo ma il motore non risponde penso a lei, alla mia rabbia, al suo volto sconsolato, a lei che si rotola tra le lenzuola, alle sue menzogne per farsi una scopata, a  lei che dice che sono facilmente manipolabile. esco dall'auto sbatto la portiera. tiro un calcio e deformo  la lamiera. mi fermo. non verso una lacrima, ma dentro vorrei morire. mi accendo una sigaretta, e la fumo reclinato sulla portiera ammaccata. “dannazione” finita la sigaretta rientro nell'auto, giro la chiave:  finalmente si mette in moto “sgaso”  vado via, ma non riesco ad allontanarmi da quel senso di solitudine che mi attanaglia dentro fatto qualche km decido che non devo pensarci. non puoi controllare il comportamento degli altri, mi dico. non puoi chiedere a una persona di amarti, o di rispettarti, se non lo vuole - mi ripeto - ti sta provocando apposta,  non ti ama, e ti provoca. sono i suoi soliti giochi di potere, e sesso. potere e sesso, è tutto quello che vuole. tu cerchi lei, e lei cerca di controllarti e infiggerti dolore. inutile tormentarsi. non fare il suo gioco.
ma due gg dopo il ricordo di lei nel letto di lui, che godeva, e godeva forse dell’avermi mentito quasi più che della scopata... mi bruciava ancora dentro. è in quel momento che decido di lasciarla, la chiamo la incontro, e ... invece scopro di essere debole e manipolabile . 
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t-annhauser · 3 years
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I filantropi
La Fondazione Linuty era davanti al pallone di bronzo di Porte Péreire. [...] Un piccolo edificio provvisorio, poi raso al suolo. Mica mi ci trovavo. Le ore vi scorrevan troppo regolari. Linuty che l’aveva creata era un arcimilionario, voleva che tutti si curassero per poi sentirsi meglio senza un quattrino. Son dei bei rompicoglioni, i filantropi. Avrei preferito da parte mia un intrallazzetto municipale… Delle vaccinazioni alla zitta… Una mezza autorizzazioncella a rilasciar certificati… Un bagno pubblico, magari… Una specie di piccola sinecura, insomma. Amen. Io mica son Checca, meteco, né Massone, né Normalista, non so farmi apprezzare, scopo troppo, io, non godo buona reputazione...
Céline, Morte a Credito (trad. Giorgio Caproni)
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memorieallaluna · 3 years
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Sono le 11:38 e mia sorella dorme ancora. Che ritmi di merda, senza impegni, senza niente. Non abbiamo un becco di quattrino e neanche si può andare da qualche parte.
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schizografia · 4 years
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Cerco quel che non trovo
Quando non si ha il becco di un quattrino è più semplice cercare un castello o una villa. Una topaia non te la daranno mai, magari una villa sì, tanto vale esagerare.
Carmelo Bene
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toscanoirriverente · 4 years
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La crisi siamo noi
I dati dell'Italia sono impietosi nel confronto europeo. Eppure siamo lì ancora al Consiglio Ue a battere cassa con la spocchia di chi si ritiene bello e indispensabile, indisponibili a discutere con chi chiede come spenderemo denari concessi a interessi così fuori mercato da risultare ridicoli
Per guarire da una malattia serve una buona cura, ma anzitutto una buona diagnosi. Nelle ore in cui il presidente del Consiglio lavora a Bruxelles a un’impresa dagli esiti fragili, sul Corriere della Sera un eccellente Federico Fubini ragguaglia sulle ultime previsioni: alla fine del 2021, l’economia tedesca sarà cresciuta del 13 per cento rispetto al 2007, subito prima della crisi del 2008; quella francese sarà cresciuta del 7, quella spagnola del 3, la nostra sarà decresciuta del 9. Dunque, di chi è la colpa, dell’Europa? Perché si potrà continuare dilettarsi nel pregiudizio e ritenere la Germania un Quarto Reich monetario, e la Francia l’inaudito nuovo alleato di Berlino che ha aperto i ponti sulla Marna, ma con la Spagna come la mettiamo?
In seguito alla pandemia, l’Europa – che continuiamo a vivere come una controparte, e non un luogo e un’istituzione di cui siamo partecipi, con pari diritti e pari doveri – ha tolto le condizionalità dal Mes e ha sospeso il patto di stabilità, consentendoci, prima chiudendo un occhio e poi lecitamente, di accumulare nell’ultimo anno, da maggio a maggio, altri 175 miliardi di debito pubblico. È come se avessimo allestito una finanziaria al mese, e sempre a debito. È come se uno di noi, con un rosso pauroso in banca, avesse ottenuto un ulteriore prestito e tuttavia continuasse a non guadagnare. Quale banca mai ci allungherebbe un solo quattrino in più? Eppure siamo lì, con il nostro presidente del Consiglio, ancora a battere cassa – e va bene, Covid ci ha massacrati – ma con la spocchia di chi si ritiene bello e indispensabile, poiché senza Italia l’Unione tracolla, e dunque indisponibili a discutere le esigenze di chi vorrebbe ragguagli su come saranno spesi i denari che chiediamo, e a interessi così fuori mercato da risultare ridicoli.
I famosi quattro “frugali”, detti anche avidi e miopi, vogliono semplicemente assicurarsi che il Recovery Fund non ci servirà a sostenere lo straripante assistenzialismo, unica soluzione alla perdita di ricchezza: mettere soldi là dove non ci sono più soldi, senza nulla di strategico. E soprattutto a conservare uno stile di vita ingiustificato dai tempi e dai conti. Un esempio. Per andare in pensione in Italia servono mediamente 31,8 anni di lavoro, in Austria (primo frugale) ne servono 37,5, in Danimarca (secondo frugale) 39,9, in Olanda (terzo frugale) 40,5, in Svezia (quarto frugale) 41,9. Ora, come potranno i premier di Austria, Danimarca, Olanda e Svezia spiegare ai loro Parlamenti e ai loro popoli di avere allungato fondi all’Italia senza nemmeno avere garanzia che non saranno usati anche per finanziare Quota 100? Come potranno spiegare ai loro Parlamenti e ai loro popoli di avere allungato fondi all’Italia per consentire agli italiani di andare in pensione sei, otto, dieci anni prima?
E ancora: come potrà il nostro Governo mantenere Quota 100, e chiamarlo un nostro diritto, di noi cittadini, e pretendere a pugni sul tavolo che ci sia pagato da quelli che diciamo avidi e miopi? Come potremo continuare noi tutti a chiamarlo un diritto, quando è un capriccio, figlio della pancia piena e della più devastante ignoranza di quanto succede attorno a noi? Come potremo replicare il fallimento del reddito di cittadinanza, che si è rivelato un buon ammortizzatore sociale, ma un fallimentare investimento? Come potremo far finta di niente, di nuovo, davanti alla macroscopica evasione fiscale che sottrae miliardi e miliardi allo Stato, e poi quei miliardi li esigiamo da chi il fisco non lo evade? Come potremo andare avanti con le nazionalizzazioni, o paranazionalizzazioni, e in una guerra inconcepibile all’idea stessa di impresa, come un banale interesse privato (e che problema c’è?), e non come il sistema per produrre posti di lavoro e dunque prosperità e dunque tasse con cui alimentare il settore pubblico? Come potremo continuare con una politica economica del giorno per giorno, dei buchi tappati con un dito, senza un piano di investimenti e di rilancio che oggi ci costa fatica (e sudore e lacrime, ma citare non basta), ma salva il domani, nostro e dei nostri figli?
Arriverà il giorno, e non è molto lontano, in cui ci diranno – lo spiega ancora Fubini – che loro, gli avidi e i miopi, ci hanno provato ancora. Ma non è bastato. E allora saranno guai seri, per noi. Il mondo va avanti, anche se noi restiamo indietro. Perché la crisi siamo (anche) noi.
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