Quorthon of Bathory (on Headbangers Ball, 1990)
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You're cold, they're cold. Light up the Churches for some heat.
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Blood Fire Death by Bathory
Black Mark/Tyfon / Under One Flag / Kraze
1988
Black Metal / Viking Metal / Death Metal / Heavy Metal / Scandinavian Metal / Thrash Metal
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First wave black metal was more south american than it was scandinavian. Bullshit take. Sarcófago didnt wear their funny corpse paints for this
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You feel 100 gecs is too mainstream.
I feel like 100 gecs is not that good in the first place but I don't really like hyperpop in general so-
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Il fascino di Dark Medieval Times è perfettamente descritto nella sua copertina: primitiva, scarna, essenziale, con momenti di incertezza artistica ma incredibilmente d’effetto e di efficacia.
Il debut dei Satyricon vede una band già ben conscia delle proprie abilità di composizione; un songwriting perfetto che riesce ad eseguire una variazione sul tema degli Enslaved e di Burzum. Il black metal proposto è organizzato in lunghi riff melodici, epici e malinconici; le chitarre scarne e taglienti vanno ad evocare in modo grezzo e ruvido paesaggi lontani ed eroi morti in battaglia mentre il suono caldissimo della batteria li colloca hic et nunc nel racconto. Già col demo The Forest is my Throne si avvertiva una qualità rara della produzione dei brani registrati rispetto ai propri connazionali.
L’abilità di Satyr di imparare fin da subito le lezioni folk-acustiche di Lemarchand (aka Håvard Jørgensen che prenderà poi posto in casa Ulver), e di mescolarle in un contesto ventoso, invernale, oscuro ed intimo.
"Walk the Path of Sorrow" vede addirittura un intro dei connazionali When. I Satyricon hanno 14-15 anni ed è incredibile e impensabile come una generazione così giovane possa citare l’immediata generazione precedente che ha a che fare con un genere musicale totalmente diverso – per quanto non in conflitto. E si sente chiaramente dall’intro apocalittico, usato perfettamente fino al suo massimo climax quando, qui, nei Satyricon, si scatena l’inferno. "Dark Medieval Times" sfoggia riff lunghi e folk, che non stonerebbero nel debut dei Finntroll se qui non fosse presente un’aura più cupa e meno giocosa.
Perfino quando partono i flauti si ha l’idea di sentir suonare e cantare la natura più fredda piuttosto che una taverna di ubriaconi. Satyr e Frost suggellano questo patto sanguigno col quale ora e sempre sono e saranno i Satyricon.
Come le chitarre acustiche accompagnano puntualmente quelle distorte è il sintomo che in Norvegia, subito dopo il 1993 c’era il bisogno di continuare a descrivere la bellezza e il mistero della natura, della vegetazione, dell’inverno. A distanza di più di vent’anni, quando sento i sussurri sui fischi del vento al minuto 3:30 non posso non fare a meno di pensare a boschi innevati col blizzard addosso. "Min Hyllest til Vinterland" è un remake del demo che non fa che amplificare questa sensazione di immersione nella natura ghiacciata e silente. "Into the Dark Mighty Forest" vede dei lievi synth accompagnare l’alternarsi fra chitarre acustiche e overdrive, fra sussurri e grida, in un meravigliosa altalena di emozioni, dolci e violente. "The Dark Castle in the Deep Forest" è la prova stilistica che Dark Medieval Times si colloca fra Det som Engang Var e Under a Funeral Moon: il primo per la struttura malinconica dei brani, il secondo per la produzione ridotta all’osso. Le tastiere non si comportano come negli Emperor dove a volte diventano protagoniste, ma qui diventano un legante per le varie sonorità regalando spessore al resto della strumentazione.
Le chitarre acustiche sono preponderanti per la prima volta in questo genere di metal; i Satyricon ci dicono che questo sottogenere così violento e misantropo in realtà ha altre sfaccettature, più intime, solitarie e di contemplazione. La capacità evocativa di Dark Medieval Times ha degli eguali solo nel quasi coetaneo Bergtatt. Certo, il messaggio di Burzum è molto simile ma qui l’utilizzo di altri strumenti e di altri mezzi ci mette in contatto diretto con gli alberi, con la neve, con le rocce del nord e gli spiriti che abitano quegli spazi… ma d’altronde, se l’ascoltatore osserva bene la copertina, il losco maniero sembra mostrare un’altra inquadratura dello stesso castello di Det Som Engang Var, con gli stessi alberi e la stessa nebbia. La solitudine e la considerazione della natura, il suo studio fin dal profondo e giù nelle radici riesce a creare questo incredibile manifesto.
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