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tempimorti · 2 years ago
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Jac Lahav - Private Eyes, 2022
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tempimorti · 2 years ago
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Claude Monet in Un beau matin (Mia Hansen-Løve, 2022)  
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tempimorti · 2 years ago
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Excerpt from “LOVE” series.
Nickie Zimov
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tempimorti · 3 years ago
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E se non mi volesse bene / pensavo e non venisse più domani? / E domani non venne. Fu un dolore, / uno spasimo verso la sera; / che un’amicizia (seppi poi) non era, / era quello un amore;
Umberto Saba, Un ricordo, versi estratti
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tempimorti · 3 years ago
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tempimorti · 3 years ago
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tempimorti · 3 years ago
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tempimorti · 3 years ago
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tempimorti · 3 years ago
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Non disprezzare il poco, il meno, il non abbastanza L’umile, il non visto, il fioco, il silenzioso Perché quando saranno passati amori e battaglie Nell’ultimo camminare, nella spoglia stanza Non resteranno il fuoco e il sublime, il trionfo e la fanfara Ma braci, un sorso d’acqua, una parola sussurrata, una nota Il poco, il meno il non abbastanza
Stefano Benni
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tempimorti · 3 years ago
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Mediterraneo (1991)
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tempimorti · 3 years ago
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“Forse è tutto così, crediamo che attorno ci siano creature simili a noi e invece non c’è che gelo, pietre che parlano una lingua straniera, stiamo per salutare l’amico ma il braccio ricade inerte, il sorriso si spegne, perché ci accorgiamo di essere completamente soli.”
Dino Buzzati -  Il deserto dei Tartari
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tempimorti · 3 years ago
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Vita Sackville-West, from a letter to Virginia Woolf (January 21, 1926)
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tempimorti · 3 years ago
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Anthony Bourdain (sexiest thing you can do on a date)...
“...you learn a lot about someone when you share a meal together. If your date makes the experience uptight and restrictive, well, the sex is going to be horrible too. ...I don't have much patience for people who are self-conscious about the act of eating, and it irritates me when someone denies themselves the pleasure of a bloody hunk of steak or a pungent French cheese because of some outdated nonsense about what's appropriate or attractive. Stop worrying about how your breath's going to smell, whether there's beurre blanc on your face, or whether ordering the braised pork belly will make you look fat. Eating with abandon couldn't be more of a turn-on: it shows that you're comfortable with yourself.
A perfect date is with a person who eats without fear, prejudice, or concerns about his or her appearance. I remember one of my first dates with my wife (Ottavia): She ordered a six-pound lobster. I sat there, enraptured, watching her suck every bit of meat from it—she got a standing ovation from the floor staff. She's the kind of woman who will order filet mignon as an appetizer followed by a T-bone steak. Her fearless, open-minded approach to food is completely alluring. For a dinner date, I eat light all day to save room, then I go all in: I choose this meal and this order, and I choose you, the person across from me, to share it with. There's a beautiful intimacy in a meal like that. It's about exploration and taste. And kissing after dinner. And maybe there's a little wine and curry on your breath... and that's nice.”
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tempimorti · 3 years ago
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TI ho perduta per troppo amore, come per fame l’affamato che rovescia la ciotola col tremito.
- Elio Pagliarani
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tempimorti · 3 years ago
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Gli inviti superflui
Vorrei che tu venissi da me in una sera d’inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo. Per gli stessi sentieri fatati passammo infatti tu ed io, con passi timidi, insieme andammo attraverso le foreste piene di lupi, e i medesimi genii ci spiavano dai ciuffi di muschio sospesi alle torri, tra svolazzare di corvi. Insieme, senza saperlo, di là forse guardammo entrambi verso la vita misteriosa, che ci aspettava. Ivi palpitarono in noi per la prima volta pazzi e teneri desideri. “Ti ricordi?” ci diremo l’un l’altro, stringendoci dolcemente, nella calda stanza, e tu mi sorriderai fiduciosa mentre fuori daran tetro suono le lamiere scosse dal vento.
Ma tu – ora mi ricordo – non conosci le favole antiche dei re senza nome, degli orchi e dei giardini stregati. Mai passasti, rapita, sotto gli alberi magici che parlano con voce umana, né battesti mai alla porta del castello deserto, né camminasti nella notte verso il lume lontano lontano, né ti addormentasti sotto le stelle d’Oriente, cullata da piroga sacra. Dietro i vetri, nella sera d’inverno, probabilmente noi rimarremo muti, io perdendomi nelle favole morte, tu in altre cure a me ignote. Io chiederei “Ti ricordi?”, ma tu non ricorderesti.
Vorrei con te passeggiare, un giorno di primavera, col cielo di color grigio e ancora qualche vecchia foglia dell’anno prima trascinata per le strade dal vento, nei quartieri della periferia; e che fosse domenica. In tali contrade sorgono spesso pensieri malinconici e grandi, e in date ore vaga la poesia congiungendo i cuori di quelli che si vogliono bene. Nascono inoltre speranze che non si sanno dire, favorite dagli orizzonti sterminati dietro le case, dai treni fuggenti, dalle nuvole del settentrione. Ci terremo semplicemente per mano e andremo con passo leggero, dicendo cose insensate, stupide e care. Fino a che si accenderanno i lampioni e dai casamenti squallidi usciranno le storie sinistre delle città, le avventure, i vagheggiati romanzi. E allora noi taceremo, sempre tenendoci per mano, poiché le anime si parleranno senza parola.
Ma tu – adesso mi ricordo – mai mi dicesti cose insensate, stupide e care. Né puoi quindi amare quelle domeniche che dico, né l’anima tua sa parlare alla mia in silenzio, né riconosci all’ora giusta l’incantesimo delle città, né le speranze che scendono dal settentrione. Tu preferisci le luci, la folla, gli uomini che ti guardano, le vie dove dicono si possa incontrar la fortuna. Tu sei diversa da me e se venissi quel giorno a passeggiare, ti lamenteresti di essere stanca; solo questo e nient’altro.
Vorrei anche andare con te d’estate in una valle solitaria, continuamente ridendo per le cose più semplici, ad esplorare i segreti dei boschi, delle strade bianche, di certe case abbandonate. Fermarci sul ponte di legno a guardare l’acqua che passa, ascoltare nei pali del telegrafo quella lunga storia senza fine che viene da un capo del mondo e chissà dove andrà mai. E strappare i fiori dei prati e qui, distesi sull’erba, nel silenzio del sole, contemplare gli abissi del cielo e le bianche nuvolette che passano e le cime delle montagne. Tu diresti “Che bello!”. Niente altro diresti perché noi saremmo felici; avendo il nostro corpo perduto il peso degli anni, le anime divenute fresche, come se fossero nate allora. 
Ma tu – ora che ci penso – tu ti guarderesti attorno senza capire, ho paura, e ti fermeresti preoccupata a esaminare una calza, mi chiederesti un’altra sigaretta, impaziente di fare ritorno. E non diresti “Che bello! “, ma altre povere cose che a me non importano. Perché purtroppo sei fatta così. E non saremmo neppure per un istante felici. 
Vorrei pure – lasciami dire – vorrei con te sottobraccio attraversare le grandi vie della città in un tramonto di novembre, quando il cielo è di puro cristallo. Quando i fantasmi della vita corrono sopra le cupole e sfiorano la gente nera, in fondo alla fossa delle strade, già colme di inquietudini. Quando memorie di età beate e nuovi presagi passano sopra la terra, lasciando dietro di sé una specie di musica. Con la candida superbia dei bambini guarderemo le facce degli altri, migliaia e migliaia, che a fiumi ci trascorrono accanto. Noi manderemo senza saperlo luce di gioia e tutti saran costretti a guardarci, non per invidia e malanimo; bensì sorridendo un poco, con sentimento di bontà, per via della sera che guarisce le debolezze dell’uomo. 
Ma tu – lo capisco bene – invece di guardare il cielo di cristallo e gli aerei colonnati battuti dall’estremo sole, vorrai fermarti a guardare le vetrine, gli ori, le ricchezze, le sete, quelle cose meschine. E non ti accorgerai quindi dei fantasmi, né dei presentimenti che passano, né ti sentirai, come me, chiamata a sorte orgogliosa. Né udresti quella specie di musica, né capiresti perché la gente ci guardi con occhi buoni.Tu penseresti al tuo povero domani e inutilmente sopra di te le statue d’oro sulle guglie alzeranno le spade agli ultimi raggi. 
Ed io sarei solo. È inutile. Forse tutte queste sono sciocchezze, e tu migliore di me, non presumendo tanto dalla vita. Forse hai ragione tu e sarebbe stupido tentare. Ma almeno, questo sì almeno, vorrei rivederti. Sia quel che sia, noi staremo insieme in qualche modo, e troveremo la gioia. Non importa se di giorno o di notte, d’estate o d’autunno, in un paese sconosciuto, in una casa disadorna, in una squallida locanda. Mi basterà averti vicina. 
Io non starò qui ad ascoltare – ti prometto – gli scricchiolii misteriosi del tetto, né guarderò le nubi, né darò retta alle musiche o al vento. Rinuncerò a queste cose inutili, che pure io amo. Avrò pazienza se non capirai ciò che ti dico, se parlerai di fatti a me strani, se ti lamenterai dei vestiti vecchi e dei soldi. Non ci saranno la cosiddetta poesia, le comuni speranze, le mestizie così amiche all’amore.  Ma io ti avrò vicina. E riusciremo, vedrai, a essere abbastanza felici, con molta semplicità, uomo con donna solamente, come suole accadere in ogni parte del mondo. 
Ma tu – adesso ci penso – sei troppo lontana, centinaia e centinaia di chilometri difficili a valicare. Tu sei dentro a una vita che ignoro, e gli altri uomini ti sono accanto, a cui probabilmente sorridi, come a me nei tempi passati. Ed è bastato poco tempo perché ti dimenticassi di me. Probabilmente non riesci più a ricordare il mio nome. Io sono ormai uscito da te, confuso fra le innumerevoli ombre.
Eppure non so pensare che a te, e mi piace dirti queste cose.
Dino Buzzati
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tempimorti · 3 years ago
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The Summer of Sangaile (Alantė Kavaitė, 2015)  
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tempimorti · 3 years ago
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