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elique, 3 maggio 2020.
𝗠: Sta per volgere al termine un'altra giornata, potrebbe definirla una delle tante ma sa che tale cosa sarebbe solo una bugia. Gli ultimi giorni, per Monique, sono ciò a cui lei attribuirebbe l'aggettivo "indescrivibile". Nessuna parola al mondo potrebbe mai essere in grado di descrivere la sensazione costante che l'attanaglia. E' quasi simile ad un senso di continua euforia, come se fosse sotto effetto di una droga e riuscisse a vedere solo ed esclusivamente la felicità. Ma lei non è sotto effetto di nessuna droga, lei è felice. Non fa altro che sorridere, gli occhi azzurri sembrano aver ripreso quella luce estremamente brillante e non fa altro che chiacchierare e mostrate al mondo quanto sia allegra. Anche in macchina, mentre è alla guida della sua fedele amica, si ritrova a canticchiare allegramente a ritmo di musica e allo stesso modo, a picchiettare le falangi sul volante. E' proprio di buon umore, la gita a Roma ha aiutato parecchio. Si è svegliata con il piede giusto ed in silenzio, approfittando di Elia ancora fra le braccia di Morfeo, è uscita di casa per dirigersi alla baita. Si, la colazione è stata solo una grande scusa per non destare sospetti. Roma ha portato con sé anche una sorpresa. E' uscita di casa prendendo in prestito un mazzo di chiavi dal taschino di Elia e poi dritta alla baita. Perché? Per preparare una sorpresa. Sono rari i momenti in cui possono dedicarsi liberamente del tempo libero e Moni vuole godersi a pieno ogni attimo. Durante il tragitto, ormai quasi vicino alla baita, si volta verso il bel ragazzo dai riccioli corvini. Rivolge lui un enorme sorriso raggiante, prima di emettere suono.« Ho avuto delle idee per la cena! Ho fame solo a pensarci. » 𝗘: E' totalmente nuovo a quella continua sensazione di euforia. Si sente disorientato, in quei giorni, quando la notte non riesce a prender sonno prima delle ore piccole, ed il pomeriggio non riesce mai, neppure per un secondo, a non pensare a lei. Si dice che l'amore, con il tempo, venga affievolito dai fattori della quotidianità, eppure, per Elia, non è così. E' sicuro di non aver mai amato tanto una persona e che nessuno, in passato, sia mai riuscito a renderlo il ragazzo imbranato e un po' sbadato che è adesso, sempre con la testa tra le nuvole ed enorme farfalle a disastrargli lo stomaco. E per quanto tenti, ogni volta, di tornare con i piedi per terra e di riprendere a vestire i panni di un piccolo imprenditore, proprio non riesce a liberarsi di quel continuo sorriso e del ricordo della bella Monique, speranzoso di poterla presto stringere ancora tra le braccia. Si è liberato di un peso, dunque? E' riuscito finalmente a separarsi del masso appartenente al suo cognome e al suo passato? Tutti i problemi che lo vedevano distante e chiuso, sembrano essere semplicemente evaporati via in favore di qualcosa di estremamente prezioso e raro. A sedere al fianco di Monique, Elia è distratto da lei. La guarda rimanendo in silenzio, spara qualche stupidaggine solo per rubarle un sorriso, ma non smette mai di scrutare il suo sguardo concentrato. « Uno spoiler? » lui non ha fame, non quando è con lei. Non le rivelerà niente della sua mancanza d'appetito, segno solamente di quanto quelle farfalle siano grandi, ma le darà seguito solo per non smontarle alcun piano. « Posso aiutarti, in cucina? O preferisci rimanga fuori dai piedi? Tanto c'è Ares a farmi compagnia. » 𝗠: Non si è mai sentita così, la bella Monique, che nell'ultimo periodo sembra vedere arcobaleni e unicorni ovunque. Sta vivendo in un mondo rosa e forse, egoisticamente, vuole goderselo a pieno senza vergogna. Pensa di meritarsela, un po' di felicità, pensa di potersi godere la costante euforia, la sensazione di leggerezza, il cuore che batte costantemente ad un ritmo spropositato. E questo perché? Perché è follemente innamorata. Si chiede come sia possibile provare così tanto per una persona, per qualcuno che a lungo è stato un grande amico. E' quando lo guarda, quando si volta per pochi secondi a poggiar lo sguardo sulla sua figura, che le viene naturale sorridere e pensare che, Elia, sa la cosa più bella al mondo che potesse capitarle. Attualmente è difficile pensare ad una vita senza di lui. « Sopoiler? Che ne dici di un bel piatto di spaghetti alla carbonara? Per secondo puoi scegliere. » da giorni a questa parte, per la fame che ha, potrebbe divorare anche Elia stesso. E la sua creatività in fatto di piatti e cibo, non è per niente calata.« Sarebbe carino cucinare insieme, che dici? Però sono sicura che anche qualcuno qui dietro vorrebbe le tue attenzioni. Dovresti dividerti. » borbotta in modo scherzoso, tornando a canticchiare la canzone che sta passando in radio. Imboccato il sentiero che porta alla baita, la bella Monique parcheggia proprio davanti il loro rifugio. « Bene amore, intanto che tiro fuori le buste della spesa, tu comincia ad aprire la baita. » 𝗘: A renderli così a proprio agio l'uno con l'altra, è la lunga amicizia che hanno condiviso anche in tempi recenti. In fondo, i due sapevano già tutti l'uno dell'altra, prima di dar inizio a quella relazione. Elia ha sempre messo al corrente Monique di qualsiasi sua avventura, dei pensieri più profondi e pure delle riflessioni più stupide. Non vi sono mai stati filtri da ambo le parti, motivo in cui il legame tra i due ragazzi è sempre stato essenziale e puro. Dall'altra parte, però, Monique è anche la persona con cui Elia ha discusso più frequentemente. Quante volte, al confidarle dei piccoli segretucci sconvenienti, ella l'ha preso per i capelli? Quante volte, per amor della loro amicizia, ha esibito i suoi pensieri, mettendoli l'uno contro l'altro? Elia ha sempre apprezzato quel suo modo di fare, così come l'assoluta sincerità con cui lei ha portato avanti ogni conversazione, senza mai mentire. La sincerità di Monique è una delle cose che più ama di lei, ed anche il ragione per cui Elia metterebbe tutta la propria vita nelle sue mani ( cosa che non farebbe con nessun altro, neppure con i suoi fratelli ). « Ci vai leggera, eh? Mi vuoi appesantire per / evitare / secondi fini? » arrivando in prossimità della baita, Elia slaccia già la cintura, costringendo la macchina a simulare i tipici suoni d'allarme. E' solo un modo per infastidire la ragazza al suo fianco, ovviamente. « Ci penso io ad Ares, d'accordo — ma non ti libererai di me! » è quando la macchina si ferma che Elia si sporge verso di lei, lascia un bacetto sulla sua guancia / particolarmente vicino alle labbra /, poi scende giù. Prima di avviarsi in direzione della baita, apre lo sportello posteriore della vettura, liberando il cucciolo di Husky. « Andiamo, piccolo. La mamma adesso ci prepara da mangiare, poi mangeremo lei. » all'apertura dello sportello, il cane schizza fuori in direzione della baita, così Elia lo segue, estraendo dalla tasca posteriore il mazzo di chiavi. « Vuoi una mano? » 𝗠: L'ultimo giorno di vacanza a Roma, seppur brevissima, Monique ha comprato qualcosa di estremamente importante; per lei e per lui. Qualcosa che, attualmente, è sul tavolo in legno della baita. Il riavvicinamento ad Elia, non è stato solo un punto di partenza nuovo, ma anche il modo più efficace di portarla sempre più vicina ad una consapevolezza. Un qualcosa che ha sempre covato dentro, ma a cui non ha mai dato la giusta importanza. Quel ragazzo, non è solo l'uomo di cui è pazzamente innamorata, non è semplicemente il suo /tutto/. La descrizione di Elia, ad essere sincera, affonda le radici molto più a fondo. E' cominciato tutto con una semplice chiacchierata, poi pian piano il loro legame ha cominciato ad evolversi. Elia non è solo il suo migliore amico, l'uomo con cui condivide una casa e la vita, no. E' la persona che silenziosamente l'ha salvata. E' la stessa persona che l'ha aiutata a crescere, ad aprirsi un po' di più senza permetterle ancora di chiudersi a riccio e tenere tutto dentro. Elia è la persona che è entrata nel suo cuore a piccoli passi, senza troppe moine. In silenzio, in modo molto discreto. Sono sempre stati legati da qualcosa di indissolubile, invisibile all'occhio umano; si sono sempre capiti, magari in un modo tutto loro e con il passare del tempo, questo legame, sembra solo che rafforzarsi. E per lei non contano i bassi e gli alti, i picchi di felicità o quelli più frequenti e tristi. A lei importa vedere da entrambe le parti, la forza di combattere insieme, l'uno per l'altra e viceversa. Non importano le discussioni, quante volte ancora - così come in passato - si urleranno ancora contro. Niente ha tanto valore come quello che sta succedendo negli ultimi giorni. Le scappa una lieve risatina a quelle parole, quando imparerà a cucinare in modo leggero? « Ops! Scoperta! » ribatte scherzosamente, annuendo poi alla sua affermazione. Prova tenerezza nel vedere come si comporta con Ares, il cucciolo d'Husky a cui Monique è particolarmente legata. Indugia un momento prima di scendere dall'auto, poi nega a quella domanda. Lo guarda attentamente, alcune volte di sottecchi solo per non destare dubbi. Ha mandato avanti lui per un solo e semplicissimo motivo. Non di certo per portare dentro la spesa. All'aprire la porta, è possibile notare il piccolo tavolo in legno che lei ha bellamente imbandito con un piccolo vaso ricolmo di profumati fiori freschi. Solo un piccolissimo tocco femminile per rallegrare quella baita a cui presto dovrà dire addio. Appoggiata a quel vaso, così da poter essere immediatamente in bella vista e catturare l'attenzione del Ferrera, c'è una busta bianca per lettere e sopra di essa, con una scrittura raffinata ed elegante appartenente a Monique, c'è scritto il nome di Elia. La lettera, o quello che si potrebbe pensare esserci dentro la busta, non è l'unica e sola cosa sul tavolino. Insieme ad essa c'è una piccola scatola. Al contrario della busta, è facile intuire cosa ci sia dentro. C'è l'anello di cui Monique ha parlato ad Elia, quello che non ha dato a lui nel momento in cui l'ha comprato. Lo stesso anello che ha negato, con ironia, nel momento in cui si è parlato della "richiesta ufficiale". Si è nascosta dietro la stessa ironia quando ha negato di esser mai la prima a fare un passo. Perché farlo? Per poter essere lì, adesso, a vedere la propria sorpresa realizzarsi. Qualcosa a cui lei ha pensato a lungo, nei dettagli e con il core in gola. Per potersi ritrovare, al ritorno da Roma, alla propria scrivania in camera a scrivere delle importanti parole su quel cartoncino bianco. Poche parole, ma le più importanti. Su quella pagina bianca, Monique, ci ha inciso lei stessa una domanda. La stessa domanda che potrà leggere Elia: 𝙬𝙞𝙡𝙡 𝙮𝙤𝙪 𝙢𝙖𝙧𝙧𝙮 𝙢𝙚? 𝗘: Ares scodinzola allegramente alle gambe di Elia, tentando di spingere con il musetto la porta ancora chiusa. Mugola qualcosa, si volta ad osservare il ragazzo, poi colpisce con la zampa quella stessa apertura. E’ agitato, più del normale. Che il cagnolino abbia percepito l’euforia racchiusa nel cuore di Monique, quando ancora erano in macchina? O che abbia sentito i veloci battiti di Elia, nell’osservarla guardare. Si dice che i cani riescano a percepire le emozioni dei padroni, prima che loro possano rendersene conto. « Cos’hai dato da mangiare al tuo cane, stamani? Ma lo vedi? » si volta in direzione di Monique, mentre conduce le chiavi all’interno della porta. Un giro antiorario, e la porta si apre. Elia sta ancora osservando Monique, mentre Ares apre con prepotenza quella porta, correndo all’interno della piccola stanzina in legno, come se volesse in ogni modo condurvi il padroncino. Ma Elia, ancora sulla porta, è distratto. Non si è accorto dell’euforia con cui l’husky è entrato all’interno della baita, ma ha continuato ad osservare le gesta di Monique. Sta così bene, in sua compagnia! E’ una persona migliore dal momento in cui ha smesso di remare contro corrente e ha iniziato a nuotare con lei. L’osserva aprire il bagagliaio e recuperare le buste, e le sorride, sebbene lei non lo stia guardando, come a volerla accarezzare anche solo con il proprio sguardo, ancora per un po’. Aspetta di vederle chiudere la macchina, prima di entrare all’interno della casetta. « Fai piano, Leone! Mi smonti la casa. » ed è così occupato a ricercare il manto del cane, che non nota affatto il vaso di fiori sulla superficie del tavolo. Si accovaccia, sbatte più volte la mano contro alla coscia, poi chiama il più piccolo, fischiando. Per la prima volta Ares non segue i comandi del padrone, troppo occupato a zigzagare in quel piccolo abitacolo, per ascoltare il maggiore. Elia lo chiama ancora, questa volta per nome e con tono più deciso. Per tutta risposta, l’Husky si ferma e lo guarda negli occhi, con aria allegra. I loro sguardi rimangono in contatto per qualche secondo, prima che Ares riprenda la sua corsa, questa volta andando a fermarsi sotto al tavolo. E’ allora che Elia, da quella posizione accovacciata, nota il vaso di fiori. « E’ risaputo, ormai: dove c’è amore, crescono dei fiori meravigliosi. » parla ad alta voce, teatralmente, così da farsi sentire dalla ragazza, ancora fuori dalla baita. E’ chiaro che abbia portato lei, su quel tavolo, quell’enorme vaso di fiori. Ma — quando? Elia non ci pensa immediatamente, non ha il tempo per farlo e per domandarsi quando Monique sia passata dalla baita senza di lui. Non ha tempo di chiamarla e di chiederle dei chiarimenti, perché ormai si è alzato in piedi e il suo sguardo, dai boccioli rigogliosi, è stato catturato dalla lettera bianca che porta il suo nome. Si volta in direzione della porta « Hai preso la palla al balzo, amore? Ti sei decisa a — » il tono è ancora brillante, spontaneo ed innocente. Ma si interrompe nel momento in cui, presa la lettera in mano, nota la scatolina sulla superficie del tavolo. E’ alla vista di quella scatola che il cuore di Elia sembra balzargli fuori dal petto. Tutto si ferma. Le orecchie iniziano a fischiargli, non riesce a sentir più il cigolio degli uccelli, fuori dalla baita, e neppure i mugolii di Ares, ancora sotto al tavolo. Ma è tutto okay, aveva già immaginato un momento del genere, il momento in cui Monique gli avrebbe recapitato l’anello acquistato a Roma / perché sì, è chiaro che la bella ragazza sia andata ad acquistare l’anello di cui tanto avevano parlato, durante l’assenza del sabato mattino /. Si riprende a poco a poco, con ingenua euforia, ed apre la scatolina. La vista dell’anello lo induce a sorridere ancor più. Vorrebbe abbracciare Monique, ribadirle che non avrebbe dovuto ricambiare il suo precedente gesto. Vorrebbe tirarle una guancia e prenderla un po’ in giro, così come è successo nei giorni precedenti, ribadendo con slanciata ironia che non dev’essere per forza l’uomo a porgere certe richieste, ma che potrebbe essere anche lei, la prima, a chiedergli di sposarlo. Vorrebbe fosse lì, al proprio fianco, così da poter leggere nei propri occhi la felicità che sta provando in quel momento — ma Monique non c’è, è ancora fuori, ha giocato d’astuzia, ancora una volta. E’ così che il Ferrera è costretto a posare la scatola contenente il prezioso anello sul tavolo, per poter aprire la lettera allegata. No, non aveva idea di cosa a breve avrebbe letto. No, non si sarebbe mai aspettato di leggere tali parole, non a seguito della conversazione avvenuta qualche giorno prima. Se fino a poco prima il silenzio l’aveva inghiottito, adesso tutte le emozioni tornano in superficie, disorientandolo. Gli uccellini cinguettanti sembrano tanto vicini da essersi posati sulla sua spalla, percepisce la brezza estiva sfiorargli la pelle, così come il calpestio di Monique, ancora fuori dalla baita. Il pavimento si smantella e crolla piastrella per piastrella sotto ai suoi pedi, rendendolo nudo davanti ad un flusso di emozioni incontenibili. Per l’ennesima volta, Monique è stata nuovamente in grado di anticiparlo, dimostrando a lui e alla società odierna di saper scavalcare, nel nome dell’amore, qualsiasi tipo di ostacolo. « Monique — » parla con un filo di voce e la bocca secca. Non puo’ sentirlo, non fin quando ella non raggiungerà all’entrata « cazzo ». Torna alla porta e tenendo ancora la lettera in mano si affaccia fuori, cercandola. E’ allora che, notandola ancora in prossimità della macchina, cammina velocemente verso di lei, senza parlare, senza risponderle, senza commentare. Cammina veloce, quasi correndo, ed è quando la distanza si è annullata che posa entrambe le mani sul suo volto e la bacia. La bacia con energia, mentre il cuore suo sobbalza prepotentemente. La bacia e la stringe forte a sé, lasciando alle loro lingue, più che alla loro voce, la facoltà di rispondere a quella proposta. Quando il bacio si interrompe, Elia rimane ancorato a lei, con gli occhi chiusi e la fronte appoggiata a quella altrui. Attende qualche istante. I battiti son davvero troppo forti per permettergli di parlare con chiarezza. « Sì, lo voglio, voglio sposarti. Voglio diventare tuo marito, ora e per sempre. » 𝗠: Ha preparato tutto con calma, Monique, e nei mini dettagli. Nel momento in cui si è accorta di essere pronta a quel gesto, la sua mente ha cominciato a vagare nei campi più vasti, finendo poi a formare perfettamente la visione di quell'idea abbozzata. E' proprio nel suo stile, una cosa così semplice ma d'effetto. Non ha minimamente a qualcosa da fare in grande, no. Non è da Monique.E' dovuta sgattaiolare fuori casa all'alba, in punta di piedi, per poter giungere alla baita e lasciare quell'anello e la lettera annessa. La busta che contiene la promessa di esserci per la vita. E con la stessa attenzione che mette nei particolari solitamente, ha trovato una scusa per la sua assenza e anche nel rimettere a posto quel mazzo di chiavi. Alla baita ci è andata proprio con il suo fedele cucciolo, lo stesso che sembra voler spingere Elia all'interno della stanza. Ricorda di essersi fermata accanto al tavolo e poi essersi abbassata sulle ginocchia per poter giungere all'altezza di Ares, così da parlargli a suon di dolci carezze sulla testolina. Ed ora è proprio Ares a far trapelare più euforia fra i due. Monique cerca di mantenersi calma mentre si muove lentamente intenta a tirar fuori dal bagagliaio le buste della spesa. Ci deve mettere tutta la forza per non destare qualche tipo di sospetti e per non rovinargli la sorpresa. Non c'è cosa più bella di poterlo guardare, poi, quando è finalmente distratto e all'interno della baita. Lei si poggia alla macchina e per tutto il tempo seguente osserva la scenetta, in silenzio. I suoi occhi brillano e il suo cuore scalpita. E' in ansia, le trema il labbro inferiore che lei afferra piano fra i denti, intenta a mordicchiarlo per smaltire quella sensazione di agitazione. Ares riflette un po' il suo attuale stato d'animo, lo scorge correre per la piccola stanza e fermarsi solo quando Elia lo richiama a sé con un tono decisamente più autoritario. In quel breve lasso di tempo in cui è "costretta" ad aspettare, in attesa che si accorga della lettera, Monique ripensa a quanta strada sia stata fatta insieme, mano nella mano anche prima di cominciare una relazione. Ripensa al loro primo bacio, a come poi sono giunti al punto di perdersi definitivamente. E quante cose sono successe da quel primo bacio al momento in cui le loro strade si sono divise, quante cose sono accadute fino al momento in cui la loro relazione non si è interrotta. Ripensa a quanto ancora stenti a credere di essere riuscita ad abbattere le sue barriere ed aver fatto sì che tornasse sui suoi precedenti passi. E' fiera di sé stessa, fiera di non aver mollato la presa. E' fiera del loro percorso, ma soprattutto di sapere sempre sfidare le regole e sé stessa. E' fiera di saper sfidare i limiti, rimanendo sempre nel dovuto. Ha immaginato la sua ipotetica reazione, ha passato una notte in bianco ad immaginarlo proprio lì, intento a leggere quella lettera. Ma viverlo — viverlo è tutta un'altra storia. Torna alla realtà quando lo vede spuntare sulla soglia della porta, a passo svelto poi i sua direzione ed è allora che ha giusto il tempo di alzarsi dall'auto per finire direttamente fra le sue braccia. Il respiro le si blocca nel momento in cui quell'impetuoso bacio ha inizio, nel momento in cui le loro labbra si toccano e le sue esili mani si poggiano oltre la schiena, così da incatenarlo a sé. E' una risposta, più che un bacio, è quella intima danza fra le loro lingue a dar finalmente conferma positiva a quella risposta incisa elegantemente nero su bianco. Poggiata fronte contro fronte, le sue piccole mani salgono sul volto del ragazzo che lei bacia dolcemente e ripetutamente, più e più volte.« Ripetilo. Ripetilo di nuovo. Dimmi che diventerai mio marito — ti voglio sposare, voglio poter finalmente urlare al mondo che sei l'uomo che ho scelto. » 𝗘: E’ sempre stato contro al matrimonio, Elia. Lui che aveva visto fallire miseramente la grande unione tra i suoi genitori, si è sempre rifiutato di immaginare una ed una sola donna al proprio fianco, per il resto della sua vita. Pure quando Giuseppe e Maria stavano insieme, quando ancora Elia abitava con la sua famiglia al completo sulle coste di Palermo, mai e poi mai aveva formulato un simile pensiero, forse perché troppo piccolo, forse perché concentrato più su se stesso, che su chiunque altra persona. Eppure di fidanzate, a Verona, ne aveva avute in abbondanza. Chi più, chi meno, era riuscita a suscitare un certo interesse nell’indomito palermitano che, ad ogni modo, aveva raramente formulato il pensiero di condividere una casa, una famiglia ed un matrimonio con coloro che erano passate dal suo letto per più di un mese continuato. Così, ogni volta che qualcuno parlava lui di quell’unione, Elia prendeva a cambiar discorso, tergiversando su argomenti per lo più inutili e quanto più lontani dall’idea di unirsi a vita, davanti a Dio e allo stato ad una sola persona. E chi avrebbe mai detto che a fargli cambiare puntualmente idea e ad indurlo a realizzare e a sperare e a desiderare profondamente un’unione del genere, fosse colei che un tempo aveva definito come la sua migliore amica, come la sua metà, la sua persona. Questo per lui era ed è ancora, nel momento in cui sussurra quel “Sì” direttamente sulle sue labbra. E’ ancora tutto così assurdo alle sue orecchie e alla sua percezione, che non riesce a metabolizzare ben bene di aver accettato tale richiesta. Eppure, Elia lo desidera davvero. Desidera davvero portare Monique fin sull’altare, prenderle le mani, guardarla negli occhi, e scambiare con lei la solenne promessa di vita. Elia si sarebbe presto sposato con la sua migliore amica. Una storia da film, la loro. Quando si specchia nei suoi occhi, non sa davvero più cosa dirle. Si perde nei suoi occhi, nel suo sguardo chiaro e puro, lucente e gentile, poi la bacia ancora a stampo, sigillando le sue parole in quello stesso bacio. Sorride emozionante, zampillante di felicità, scrollando un po’ le spalle e la testa alla ricerca di qualcosa di sensato da dire. Non ci riesce. I suoi pensieri sono totalmente confusi, è disorientato, non capisce più niente di cio’ che succede tutt’intorno a lui. E’ un Elia tutto diverso, quello davanti a lei, così impacciato ed un po’ frastornato. Non è certamente lo stesso Elia che Monique ha conosciuto cinque anni prima, quando era troppo impegnato ad usarla da spalla per rimorchiare altre ragazze piuttosto che di preoccuparsi di lei e guardarla seriamente negli occhi. Non è più il ragazzo impenetrabile che l’ha allontanata più e più volte, dopo l’esperienza al San Vittore, pur di proteggerla da se stesso. E non è neppure più l’uomo che l’ha tagliata fuori nell’ultimo periodo, incapace di scinderla dal contesto in cui è obbligato a sopravvivere. Come lei ha scelto lui, decidendo di spingersi tanto oltre per unirli in un legame ancor più intenso ed indissolubile, anche lui ha scelto lei, e l’ha scelta per la vita. « Diventerò tuo marito, Monique. » parlandole, non poté far a meno di posare un ulteriore bacio sulle sue labbra, poi un altro, poi un altro ancora. « E tu sarai mia moglie davanti agli occhi di tutti. Non ho più alcuna intenzione di nascondere cio’ che sei per me. Sei la cosa più preziosa che abbia mai avuto in vita mia, il gioiello più raro. Voglio sposarti prima dell’arrivo del nuovo anno e dichiarare a tutti / tutti quanti / che sei mia, e solo mia. E’ bene che lo sappiano fino in America » è un sentimento di bramosia quello che s’impossessa di lui. E’ una delle prime volte che il Ferrera si dimostra estremamente geloso di lei e che ammette ad alta voce di volerla salvaguardare dal resto del mondo. Monique non è più solo la sua migliore amica, la sua persona, la sua amante, ma è diventata la sua ragione di vita. Attende qualche istante prima di lasciar scivolare le mani sulle sue e di intrecciarvi le dieci dita, saldamente. Poi, assume un’aria diversa, più leggera e giocosa, quella che era mancata fino ad allora: « “Elia Ferrera, il primogenito di Giuseppe Ferrera, il primo uomo ad aver accettato una proposta di matrimonio da parte di una donna”. E’ proprio vero che ti diverti a farmi fare delle figure di merda con i miei amici — chi glielo dice adesso, mh? Chi gli dice che sei stata tu a chiedere di sposarci, e non io? » è ironico, in quel momento. Il parere dei suoi amici, è decisamente l’ultimo dei suoi problemi. Percio’ ride, ride di cuore, mentre la tira un po’ con sé in direzione della baita. « Abbiamo un motivo per festeggiare adesso, no? » 𝗠: Da piccola ogni ragazza sogna di poter trovare il principe azzurro, un amore da favola e qualcuno di tanto importante con cui condividere la vita. Monique ha smesso di crederci crescendo, limitandosi al solo esempio dei genitori. Ha assistito per anni a quell'amore, al legame fra due persone che si sono conosciute in tenera età e poi hanno tirato su una relazione di vent'anni e più, tre figli e un lavoro condiviso. Forse, una parte nascosta di lei, ha sempre sperato di avere qualcosa di simile nonostante la sua razionalità poi abbia preso il sopravvento. Almeno fin quando, sulla sua strada, non si è immesso Elia. Lui è stato ciò che l'ha portata a cambiare, Monique mai avrebbe creduto di potersi innamorare di qualcuno così tanto da arrivare a pensare a un matrimonio. Poi Elia ha fatto breccia nel suo cuore ed ora eccola, intenta a baciare le labbra di quello che sarà il suo futuro marito. Non ci crede, stenta a farlo. Elia sarà suo marito e il sol pensiero le fa battere il cuore all'impazzata. Chi l'avrebbe mai detto che, proprio il ragazzo che non l'ha mai degnata di un /vero/ sguardo, colui con cui ha condiviso gioia e dolori, un giorno poi sarebbe diventato qualcosa di più. Monique ha il cuore a mille e la testa così leggera da sentirsi fra le nuvole. Elia ha detto si, è andata contro qualsiasi cosa pur di raggiungere il suo cuore e ora ... ora sono lì, a baciarsi, con la promessa di diventare presto qualcosa di più che una semplice coppia. « Ti amo. » mormora, con la voce che tradisce la sua emozione e quei baci che lascia ripetutamente sul volto, poi sulle labbra.« Ti amo, ti amo, ti amo da impazzire! » sussurra ancora, prima di fermarsi per un attimo a guardarlo. Si perde in quelle due pozze nere, riesce a leggerci oltre. Ed ogni volta, sente lo stomaco contorcersi. Ed è in quei momenti che si chiede che cosa Elia l'abbia fatto. Perché il suo cuore batte così forte, come mai il pensiero abbia un solo punto fisso. Sono tante le domande e portano ad una sola parola: amore.« Io sono tua. Tua e di nessun altro. » è forse una delle poche volte che lo sente ammettere chiaramente la sua gelosia, Elia non si spinge mai tanto oltre. Non come Monique, che seppur ultimamente stia lavorando tanto sulla gelosia, non l'ha mai nascosta né negata. Intreccia le dita alle sue, poi sorridere le viene spontaneo. E' allora che lo prende un po' in giro. « Non sai quanto mi diverto a fare tutto questo e farti sfigurare un po' con i tuoi amici. Davvero hai aspettato la proposta di una ragazza? Ahia ahia, Ferrera. Perdi colpi! » poi, baciarlo, le viene naturale.« Andiamo a festeggiare ma prima ... prima c'è qualcosa che devi indossare. » ed è così che conclude, facendogli un occhiolino mentre lo tira in baita e gli porge la scatoletta con l'anello.
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elique, 5 giugno 2020.
𝗘: Il tempo di entrare in casa, che Elia sale al piano superiore, in punta dei piedi, sperando di non svegliare Monique. Giunto in bagno si si guarda allo specchio per la prima volta: il volto sbianchito è macchiato da un sangue che non gli appartiene. Come il volto, anche i vestiti sono impregnati della stessa sostanza scarlatta. Puzza dello stesso terrore che ha afflitto il russo prima di perdere i sensi, forse morendo. Si toglie solo le scarpe, poi così, vestito, entra in doccia. La apre. Non sarà l'acqua cristallina a ripulire la sua coscienza nera, non questa volta. 𝗠: È notte inoltrata, ormai, quando Monique cade nelle braccia di Morfeo, assonnata e con il cuore in pace, per quanto macchiato dalla preoccupazione. Ha aspettato per lunghe ore il ritorno di Elia a casa, fra le calde coccole dei cani e una serie tv. È crollata abbracciata a loro, con la speranza di sentirlo rientrare. Non sa che ora sono quando riapre gli occhi, sensibile al movimento brusco di Ares ad orecchie tese e lo sguardo puntato verso la porta della camera. È disorientata, così come Loki che guarda confuso e ancora incerto l'altro. Monique si alza dal letto, cammina a piedi nudi sul freddo pavimento, sospettosa. ‹‹ Elia? ›› chiama, muovendosi per quella grande casa buia. Nessuna risposta. Allora si muove, passo dopo passo, guardandosi intorno fino al bagno, lì dove vede una luce filtrare dalla porta semi chiusa di esso. 𝗘: L'acqua scivola prepotente sul suo corpo, scavando sui vestiti divenuti pesanti. Chiude gli occhi, solleva il volto in direzione della pressione liquida e lascia che sferzi gli occhi, il naso e la bocca. Non ha la forza per struffare via il sangue ingrumato. Ha speso tutte le energie nel magazzino, là dove è tornato per poche ore la bestia che era, e che probabilmente che sarà di nuovo, preso. È aprendo gli occhi che nota un'ombra nello spiraglio lasciato aperto dalla porta. E la riconosce subito. Interrompe immediatamente il flusso dell'acqua, mentre una mano sistema i capelli all'indietro sulla nuca. Il sangue continua a disciogliersi e a scendere lungo il suo corpo, fino alla fogna, senza fermarsi. « Monique? » 𝗠: Aleggia un leggero senso di paura, in Monique, quando si accorge che c'è qualcuno in casa. È per questo che si dirige a passo felpato verso la fonte di quella luce. E se ci fosse qualcuno? In fondo Elia ha detto lei di svegliarla, al ritorno. È il rumore della doccia ciò che sente quando si avvicina all'unica cosa che la separa dall'uomo che c'è oltre. Ma tira un sospiro di sollievo quando sente la voce del suo amato, solo allora apre la porta. I suoi occhi si poggiano sulla figura, lei — con addosso solo l'enorme maglia di Elia e i capelli morbidi sulle spalle — se ne resta sulla soglia a guardarlo. ‹‹ Sei tornato. ›› dice, prima di accorgersi che si è infilato sotto la doccia con i vestiti. 𝗘: Non esiste un evento analogo a quello, nella relazione tra Elia e Monique. Ed è nel momento in cui gli occhi del Ferrera si posano sulla fragile donna, che capisce di aver sbagliato a tornare a casa, a mostrarsi così come è adesso. La sua mente è un groviglio di pensieri, di reazioni e di improbabili via di fuga. Come puo' giustificare alla donna che ama il motivo per cui è ricoperto di sangue? Come spiegarle che cio' che ha fatto, i pugni che ha tirato, sono stati sferrati anche per lei? Rimane in silenzio inizialmente, non sa cosa risponderle, cosa dirle. Non ricorda più il motivo per cui è entrato sotto la doccia ancora vestito. Forse perché troppo spaventato da cio' che gli era appena successo per ricordarsi di spogliarsi? O forse perché deciso ad eliminar via ogni prova del male inflitto? « Come promesso » forse è per questo che è tornato a casa, seppur in quelle condizioni pietose, per la promessa fatta a Monique. Sarebbe tornato prima dell'alba dell'indomani. Il "come" non importava. 𝗠: È troppo impegnata a guardare negli occhi l'uomo che ama per dar retta alle domande che si formano nella sua testa. Ma è nel momento in cui, forse per istinto o forse per indole, il suo sguardo comincia a scendere sul corpo dell'uomo. Passa in rassegna il volto, lì dove nota le prime macchie di sangue, poi il torace, la maglia sporca così come il resto degli abiti. Si forma un'espressione confusa, corrucciata, che la spinge ad avvicinarsi con quello che sembra un salto, uno scatto felino. Forse è solo presa dal sonno, ancora, forse i suoi occhi la stanno tradendo. ‹‹ Perché sei sotto la doccia con i vestiti? ›› forse una domanda stupida, mentre ad un passo da lui, afferra un lembo della sua maglia, lì dove c'è davvero una chiazza rossa. ‹‹ È sangue? Cos'è questo? ›› teme la sua risposta. Teme di sentire una conferma. 𝗘: Colpevole. L'espressione dipinta nel suo volto è colpevole. Sono colpevoli i suoi occhi sgranati, ancora vittime di cio' che ha dovuto vedere all'interno del magazzino. E' colpevole la bocca piegata in una smorfia di scuse, pronta a scendere a patti, nel caso in cui Monique gli porga una domanda di troppo. E' colpevole la sua postura storta, con la spalla ferita piegata in avanti e la schiena un po' ricurva. Sono colpevoli le parole che sta per rivolgerle senza mentirle, cosciente però, delle conseguenze che porteranno: « Non è il mio » è allora che prende dalle sue mani quel lembo di maglietta, lo strappa via, seppur con garbo; poi tramite esso, cerca di sfilarsi via la maglia dalla testa, impedito dalla pesantezza del braccio destro nuovamente KO. 𝗠: Ad ogni passare dei secondi, aumenta la sensazione di angoscia che grava sulle sue spalle, aumentano i gesti delle sue mani, prima portate sulla maglia poi sulle braccia, poi sul volto di lui per potersi accettare dell'assenza di qualche ferita. Non lo guarda negli occhi, guarda quel sangue ancora fin troppo vivo nonostante l'acqua scesa a pulirlo, la sua postura, il braccio ferito privo del tutore. “ Non è il mio ” dice, ma questo non serve a rassicurarla. ‹‹ Che diavolo hai fatto? ›› ed è rude la sua domanda, rude è la sua voce, allarmata e forse alimentata dalle ipotesi nella sua testa. È la prima volta che lo vede riversare in quelle condizioni, pieno di sangue che non gli appartiene. E questo, questo le fa spavento. 𝗘: Non si ferma. Continua a tentar di rimuovere la maglietta attaccata al suo petto per mezzo di sangue e di acqua, senza riuscirvi. Piega la testa in avanti mentre solleva il tessuto, dimenando il braccio ferito per riuscire a farlo sottrarre dalla cavità della maglia che ancora lo imprigiona. E' quando se l'è ormai tolta che la lascia cadere a terra, sulla doccia. Abbassa gli occhi in direzione dei propri piedi, là dove si è creata una pozza di sangue diluito. Raccontarle cio' che è successo all'interno del magazzino lo salverà? Lo giustificherà? Allenterà la tensione di lei e la collera che, ne è sicuro, sta per vomitare? « Abbiamo interrogato l'uomo che ci ha fatto quel maledetto discorso, al Dorian Grey. Non voleva parlare » si afferra la spalla destra, caccia le dita tra clavicola e scapola, come a voler ricucire le membra lacerate per mezzo delle sue gesta. Il dolore è insopportabile. Contrae il volto, ma non si lamenta. « E' vivo. Nessuno muore nel magazzino di mio padre. Pietro si sta prendendo cura di lui » mente per rassicurarla. Non sa cosa Pietro stia facendo al corpo inerme dell'uomo, se già ha tolto lui la vita, se si è sbarazzato dei quattro arti e della testa per renderlo irriconoscibile o se ancora tramortito, l'ha trascinato nuovamente davanti al ristorante dove l'ha prelevato. Non sa niente, se non che da quello spietato interrogatorio non ha ricavato le informazioni desiderate. « Sto bene, Nique. Ho solo -- la spalla, è andata, di nuovo » 𝗠: Le ipotesi che si formano nella sua mente sono tante, una peggio dell'altra. Monique sente la rabbia mista alla paura invadere ogni arto, organo, vena presente nel suo corpo. Lo guarda, ma non sa descrivere il proprio sguardo. Sente gli occhi bruciare, come bruciano quelle parole che ascolta attentamente. ‹‹ Non prendermi per il culo. ›› e non sa se ha alzato il tono o quella frase risulta solo come un ringhio. Ha l'udito ovattato, la percezione del mondo circostante è diversa. Lo conosce, sa leggere nella sua anima, riconosce una bugia. ‹‹ Che cosa avete fatto a quell'uomo? /Tu/ cosa gli hai fatto? ›› gli impone di voltarsi dalla sua parte, poggiando le mani sulle sue spalle e accompagnandolo in quel semplice movimento del corpo. La goccia che fa traboccare il vaso è la spalla, già ferita e in via di guarigione. ‹‹ In mattinata andremo a fare dei raggi, se ti rifiuti, ti trascino con la forza. ›› 𝗘: Si sente stretto all'interno delle mura di quella stanza. Si sente stretto sotto al tatto delicato, ma comunque sicuro della ragazza, mentre lo volta in sua direzione. Non è di certo la presenza di lei ad accartocciare le sue membra, le percezioni ed il suo cuore, quanto la lenta idealizzazione di cio' che ha fatto, quella sera, in presenza di Giovanni e di Pietro. Cosa gli ha fatto? Bella domanda. Si sforza di scavare nei suoi pensieri e di risponderle in modo chiaro ed intellegibile, ma non ci riesce. Le immagini si mescolano. Non ricorda di preciso cosa sia successo, i colori si confondono, si sovrappongono formando una macchia poco precisa. E' stato lui ad interrogare il russo? A cercare quella diplomazia che non gli appartiene più? O è stato lui a pugnalare la spalla altrui, facendo fioccar fuori dalla ferita fiotti incontrollabili di sangue? Il ragazzo davanti agli occhi di Monique non è la stessa persona che, solo un'ora prima, ha torturato il russo del Dorian Grey. E' di nuovo lui, il Ferrera di cui Monique si è innamorata e che presto porterà all'altare. E' possibile, dunque, vestire due anime uguali, ma opposte? E' possibile contenere due menti ben separate, due coscienze, due identità in un'unica persona? E' così che si sente in quel momento, diviso tra due realtà che collidono tra di sé. Poggia le mani sul volto di Monique, ha bisogno di perdersi nei suoi occhi per alleviare quella sensazione di pesantezza e di disagio. Ha bisogno di ritrovarsi, e di ritrovarsi subito nello specchio delle sue pozze cristalline, prima di perdersi definitivamente. Difficilmente indietreggia tanto da chiedere aiuto, eppure: « Aiutami, Monique » 𝗠: Le si spezza il cuore al sentire quelle parole, la richiesta di aiuto da parte del suo uomo, soprattutto da parte di una persona restia a farlo. Non lo ha mai lasciato nei momenti di difficoltà e non lo farà nemmeno ora. Odia la rabbia, odia quella sensazione di distanza fra loro, odia vederlo ridotto in quello stato. Afferra il suo volto, così come lui ha appena fatto con lei, ne accarezza le gote poi si poggia contro la sua fronte. ‹‹ Rimanderemo la conversazione a dopo. ›› afferma la fanciulla, prima di riprendere parola. ‹‹ Ti aiuto a ripulirti, okay? Partiamo da qui. ›› 𝗘: Gli brucia la gola per aver pronunciato quelle due parole. Due sole parole che hanno distrutto la sua virilità, facendo di lui un uomo più fragile del normale. Che fine ha fatto l'uomo che prepotentemente ha preso a pugni il volto di un uomo legato ad una sedia? Che fine ha fatto l'Elia che ha condotto interamente quell'interrogatorio, prendendo in mano la situazione davanti a due ragazzi senz'altro più affamati di lui? E' lo sguardo di Monique, probabilmente, che lo costringe ad indietreggiare e a digerire cio' che è successo nelle ore precedenti. Sta lentamente prendendo coscienza di cio' che è successo, ma ricordare è tutt'altro che semplice. Vorrebbe dispiacersi con lei, mentre socchiude gli occhi, aiutato dalle mani di lei che si tingono a loro volta di un sangue che non le appartiene. La sta rendendo indirettamente complice di un attentato, complice della sua colpevolezza. Serra le palpebre, tentando di non rigettare fuori le emozioni attraverso le lacrime, senza riuscirvi. Gli occhi ancora chiusi si tingono dello stesso rossore di quel sangue, mentre i canini affondano nelle labbra. Ha fallito. Si era promesso che mai e per niente al mondo avrebbe trascinato Monique con sé in quella realtà, ma lo ha appena fatto. "Mi dispiace", continua a ripetersi, sfiorando la punta del naso con quello di lei, mentre il petto sprofonda lentamente in un mare nero. « Torna in camera -- vai -- » quelle parole non rispecchiano il suo volere. Respingerla non serve, sa che non l'abbandonerà lì e che continuerà ad aiutarlo, ed in fondo, spera che sia così. 𝗠: Non sa cosa stia passando in quella testa che lei descrive come brillante, cosa abbia passato nelle ultime ore o cosa lui abbia fatto. Tutto, però, passa in secondo piano quando la situazione che si crea è ben diversa. Un passo alla volta, tutto andrà a posto. Continua ad accarezzare quelle gite sporche di sangue, fronte contro fronte, mentre lo guarda negli occhi lucidi. Sa che sta per allontanarla, ma sarà solo un tentativo fallimentare. Mai, al mondo, potrà lasciarlo, a prescindere dalle azioni o dalle conseguenze. ‹‹ Lo sai che non succederà mai. ›› mormora, sulle sue labbra, prima di lasciar andare il suo volto e portare le mani sui pantaloni. Come potrebbe mai lasciarlo? Come potrebbe mai abbandonare l'uomo che fra poco meno di tre mesi sposerà? Ha deciso di stargli accanto nel bene e nel male, non cambierà idea. ‹‹ Togliamo questi abiti, facciamo una doccia e buttiamo via tutto. ›› cerca di rassicurarlo, di sciogliere i suoi nervi, di fargli capire che non è debole se si lascia aiutare. 𝗘: Lei non ha idea di quanto, in quel momento, lo stia aiutando. Non ha davvero idea di quanto ognuno di quei gesti stia sollevando di forza la coscienza di Elia, scrollandola e ripulendola dal male accumulato. Non ha idea di quanto grazie a lei si senta al sicuro ed allietato. Se non l'ha svegliata, è anche per paura di una relazione errata, di vederla correre via, al sicuro da una bestia che non conosce. Ed invece, eccola lì, in silenzio. Come ci riesce? Come riesce a fidarsi tanto di lui, da metter da parte tutta se stessa, pur di aiutarlo? Come riesce a non inondarlo di domande / cosa successa più di una volta, in passato /, e a continuare a trattarlo come fosse un bambino con le ginocchia sbucciate? Aprendo lentamente le palpebre rimane ad osservarla, in silenzio, aiutandola a disfarsi dei pantaloni impesantiti dall'acqua. Le mani del Ferrera tremano ancora, sia a causa del rilascio progressivo di tutta l'adrenalina accumulata nel corso della serata, sia a causa delle ferite riportate sulle nocche della mano destra, la stessa con cui ha colpito la mascella del russo. « Parliamone. Se hai delle domande, fammele adesso e ti risponderò. Voglio dimenticare cos'è successo stanotte, non posso portarmelo dietro ancora per molto » è così che hanno eretto la loro relazione: parlando. Non esistono segreti tra Elia e Monique, né zone buie. E' il loro modo per fare pace, per rafforzare cio' che già hanno e per andare avanti, insieme, mano nella mano. 𝗠: Non ha idea di cosa lei stessa stia facendo, non ha idea di come possa aiutarlo. Sa farlo? Lo sta facendo o sta solo peggiorando la sua situazione? Con tante domande, Monique decide di proseguire per la sua strada, di seguire il suo istinto, di aiutarlo come ha sempre fatto. In modo dolce, delicato, evita di fare domande ma di concentrarsi su di lui. Lo libera dei pantaloni, così come dei boxer, afferra la maglia a terra e butta tutto via, nel cesto dei panni sporchi. Provvederà a buttare via tutto in mattinata. ‹‹ Parlami. Dimmi tutto ciò che vuoi, ma senza mentirmi. Sfoga, Elia. ›› mormora, a tono basso e meno rude, intenta ad aprire l'acqua. Cerca di metterlo ad agio, di dare lui lo spazio necessario. 𝗘: La cerca un'ultima volta con lo sguardo, come a voler fare degli occhi puri di lei uno scoglio al quale aggrapparsi. Ha bisogno di ternervicisi aggrappato, onde evitar di venire trasportato via da quella forte corrente. Non puo' e non deve lasciarsi andare, non puo' allontanarsi di nuovo da cio' che è oggi solo grazie a lei e alla sua umanità. Solo una volta denudato da quei vestiti Elia si siede a terra, con le gambe contro il petto ed entrambe le braccia a tenersi la testa. « Io -- » si concentra, serra le palpebre, scava tra quei ricordi non troppo lontani ma pur sempre confusi. "Io...cosa?". La verità è che non importa chi ha colpito per la prima volta quell'uomo. Non importa chi ha fatto su di lui violenza fisica o psicologica, non importa chi ha affondato la lama di quel coltello tra le sue membra, non importa chi l'ha ridotto in uno stato pietoso. Non c'è un colpevole e un innocente in certe situazioni, non quando l'obiettivo è comune e le forze sono condivise. Non importa se a dargli il colpo di grazia è stato lui, Pietro o Giovanni. Se quell'uomo non rivedrà più la sua famiglia, le sue figlie, la donna che ama ma che tradisce, è causa di tutti e tre. Inutile, dunque, colpevolizzare le persone che si trovavano con lui all'interno di quella stanza e che probabilmente hanno tirato un colpo di troppo, accecati dalla vendetta. L'hanno fatto insieme, come se quelle mani fossero appartenute alla stessa persona. « Non ha risposto a nessuna delle nostre domande -- o se l'ha fatto, l'ha fatto in russo. Abbiamo provato a farlo parlare, a fargli capire che avremmo potuto -- raggiungere i suoi familiari, ma sembrava non capire. Ho paura che non si trattasse dell'uomo che ci ha parlato al Dorian. Ho quasi ucciso la persona sbagliata, Monique -- per niente » non ha altro da aggiungere, mentre l'acqua riprendere ad accarezzare il suo corpo. Forse è meglio lasciare quello scoglio e lasciarsi trascinare via, tra le scogliere appuntite. Qual è il pegno che deve pagare, per cio' che ha fatto a quel padre di famiglia? 𝗠: ‹‹ Elia sono qua. Sono qua con te. ›› ci tiene a precisarlo, ci tiene a tenerlo lì con sé, mentre afferra le sue mani e le custodisce fra le proprie. Non vuole vederlo affondare, non lo permetterà. È Monique la sua ancora, è lei a tenerlo a galla. E allora che se ne renda conto, che lui capisca che Monique è la sua colonna, la persona di cui può fidarsi e che mai lo lascerà affondare. Si siede con lui, senza mai lasciarlo. Lo stringe fra le braccia, tenendolo contro il petto, li dove il cuore batte. Lo ascolta, lo ascolta attentamente ma non dice nulla. Le si spezza il cuore a sentire quelle parole, pensa al povero malcapitato che, probabilmente, nemmeno è responsabile. Lascia che l'acqua scorra su di loro, che bagni i loro corpi e faccia scivolare via ogni cosa. ‹‹ Sei a casa adesso. Sei con me. ››
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elique’s wedding, 29 giugno 2020.
M: E' il ritmo del suo cuore, agitato, scalpitante e prepotente nella cassa toracica ormai troppo piccola e fragile per un organo come quello, ad accompagnare i rintocchi di quelle fastidiose lancette che segnano i minuti che separano la bella Monique dal suo uomo. Non ci crede ancora, stenta a farlo, ricordando a sé stessa che tutto ciò è un sogno; un bellissimo, perfetto, indimenticabile sogno. Non ci crede perché le sembra impossibile star sposando l'uomo che per sei /lunghissimi/ anni, ha considerato come un amico. Il /migliore amico/ di cui lei è sempre stata cotta senza mai rendersene conto davvero. Non ci crede perché Elia è sempre stato un porto sicuro, nonostante le furibonde liti, le parole urlate sputando veleno, il lungo periodo in cui si sono separati per quasi un anno ― nonostante tutto, lui c'è da sempre, c'è sempre stato e sa che ci sarà per sempre. Per sempre. Chi l'avrebbe mai detto? Lei no, sicuramente. Lei non ha mai creduto a quelle parole, con il passare degli anni ha perso anche fiducia nei sentimenti, nell'amore. Poi è arrivato Elia, il suo bellissimo e meraviglioso Elia, e da quel giorno qualcosa è cambiato, radicalmente. Vorrebbe tornare indietro solo per rivederlo su quella spiaggia, con la chitarra fra le mani, i capelli ricci e spettinati e quel sorriso da gran furbacchione a tingergli le labbra. Vorrebbe riavvolgere il nastro della vita, sedersi e rivivere ogni singolo momento, da quello più bello a quello più brutto, solo per potersi ritrovare ad un passo dal dirsi /per sempre/. Se adesso sono a meno un'ora dal matrimonio, un motivo ci sarà. Che sia per via del destino, per quel filo rosso che li lega dal primo momento, non importa. Monique Londsale è follemente innamorata del suo Elia. Fasciata da un particolare abito, richiama un celestino dai toni piuttosto freddi, in contrasto con quel bagliore che si nota nei grandi occhi azzurri. Lei è lì, su una delle spiagge di New York, a pochi minuti dall'inizio di un nuovo capitolo, con un mazzo di fiori fra le mani e il cuore che scalpita nel petto. Fatica a respirare, è agitata, quella sua agitazione aumenta quando si ferma ad osservare la lunga navata creata appositamente per l'evento, i fiori freschi, l'altare che vede in lontananza. Tutto sparisce nel momento in cui scoccano le tre. E' pronta, è arrivato il momento. E quando compie il primo passo per raggiungere Elia, con il pensiero vola a lui, sperando che percepisca quel ❝ ti amo ❞ sussurrato in modo flebile ma con il cuore in mano. E: Assurdo come il tempo sia capace di distorcersi in base ai diversi stati d’animo, alle diverse sensazioni, ai pensieri, all’evolversi dei fatti. Sono passati due mesi, ormai, da quando Monique ha chiesto ad Elia di sposarlo. Sembra passata un’eternità da quella sera lontana, un lasso di tempo tanto lungo, da appartenere ad una sfera temporale quasi rimossa. Ma quanto è corso velocemente il tempo da quando Elia ha deciso di anticipare il giorno della loro unione? E’ volato in un batter d’occhio, consumando i giorni e le ore in un solo soffio. Stanno facendo un passo più lungo della gamba? Elia è fermamente convinto non sia così.E’ dall’estate di sei anni prima che, Monique ed Elia, si sono scelti a vicenda. Che importa aspettare e continuare a posticipare, quando di dubbi riguardo l’amore che insieme condividono non ve ne sono più? Che importa attendere una data poi non molto lontana, quando ogni giorno vissuto sotto allo stesso tetto è l’ennesima riprova di quanto siano felici insieme? Elia sposa Monique ogni giorno dal lontano tre maggio. La sposa quando al mattino le rivolge una prima tiepida attenzione, la sposa al termine di un lungo bisticcio, la sposa nel momento in cui, con la solita quotidianità, condivide con lei progetti per un futuro lontano, ma nemmeno troppo. Per la verità, l’ha sposata nel momento esatto in cui le ha detto di sì, senza alcuna esitazione. Non è stato facile separarsi da lei quella mattina, quando gli organizzatori del matrimonio li han dovuti staccare a furia di “It's late!”. La cosa divertente è che, senza la traduzione pronta di Monique, Elia non avrebbe mai capito cio’ che l’agenzia continuava ad urlargli alle orecchie, sicuro invece li stessero maledicendo per averli beccati nel clou dell’ennesimo scambio d’effusioni, come una coppietta d’adolescenti alle prime armi. Si dice che con il passare dei mesi l’amore subisca una grave trasformazione. Cotta, infatuazione, innamoramento, amore. Poi la decrescenza. L’amore si riduce a qualcosa di più standard, il cuore smettere di trottare come un cavallo, le farfalle allo stomaco lasciano il posto alla lucidità, ai progetti futuri, alla quotidianità. Elia e Monique si amano da anni, nella loro inconsapevolezza, eppure neppure la superficie di quell’amore è stato svigorito o levigato. Niente si è ridotto, tutto si è intensificato. Ai piedi dell’altare di fiori bianchi imbastito sulla spiaggia del paese natio di Monique, Elia è irrequieto. Incapace di spiccicare una sola parola in inglese, per la disperazione è riuscito a comunicare a segni con il giudice civile che, con lui sotto all’arco fiorito, sta attendendo l’arrivo della sposa. Chissà cosa ha comunicato all’uomo di mezz’età, tentando con una pronuncia strana e parole inventate sul momento di spiegargli cosa l’abbia condotto fin lì con due mesi esatti d’anticipo.“That’s love” ha commentato l’uomo, lasciando intendere al Ferrera d’aver intuito, almeno saltuariamente, cosa egli stesse cercando di dire; ma forse, più probabilmente, è la scintilla che brilla negli occhi del palermitano, così come il rossore sulle sue gote, ad aver spinto l’altro a parlare d’amore. Non c’è nient’altro, nello sguardo di Elia, se non “amore”. Poi scoccano le tre. Servono pochissimi istanti prima di veder spuntare Monique dall’altra parte della navata fatta di soli cangianti fiori. S’immobilizza sul posto, come uno stolto innamorato, quando si palesa lei, vestita di chiaro, il trucco leggero ed i capelli rilegati in una coda.Il petto di Elia implode mentre giura di star udendo, in lontananza, le campane. Sta impazzendo. E' pazzo. Di lei.E’ giunto il momento. Svolge un solo passo in sua direzione, mentre la musica abbraccia i due sposi ed il giudice. Tutto d’un tratto, poco importa del sole cocente di Manhattan. Poco importa delle lunghe ore trascorse ad impazzire dietro alla preparazione. Poco importa della magnifica location che fino ad allora ha riempito gli occhi ed il cuore del Ferrera. Tutto cio’ che appare davanti a lui e che domina e colora il suo sguardo, è la bella Monique. Basta solo quella prima occhiata d’intesa, quello sguardo che ormai Elia conosce bene, lo sguardo nel quale più volte si è perso e si perderebbe ancora e ancora innumerevoli volte, per riempire i suoi occhi di gioia liquida. Non ha la decenza di spazzarla via con il dorso della mano o di rigettare indietro le lacrime sempre più ingenti. Cio’ che vuole fare e che passa in primo piano, in quell’istante, è raggiungerla a metà navata e porgere lei la mano, con una lieve cavalleresco inchino. « Sei un incanto » sibila flebilmente, tanto piano da farsi udire solo da lei. E solo una volta intrecciate le loro dita, oltre ai loro emozionati sguardi, Elia ritrova se stesso, la forza perduta e la solita sicurezza incalzante. « Da questa parte, / Londsale / » accenna con maggiore enfasi quell’ultimo appellativo, non con fare maligno, quanto per ricordare a lei come a se stesso che, da quel giorno e per sempre, anche lei come lui, sarà parte dei Ferrera. M: E' strano come tutto sia cambiato velocemente, come dall'estate di sei anni prima, il tempo sia volato così in fretta da non esser riuscita a realizzare quanto entrambi siano cresciuti. Mentre a passo lento cammina lungo quella navata, Monique ritorna un po' indietro con la mente. Su una spiaggia nelle vicinanze di Verona si sono conosciuti li due giovani, ricorda lo scintillio del fuoco e il calore forte emanato, la miriade di gente ma lo sguardo finito direttamente su lui; quel ragazzo così estroverso, menefreghista, che all'avvicinarsi di tante ragazze non si è nemmeno degnato di alzarsi. Ricorda, Monique, cosa abbia provato in quel momento, quando si è seduta vicina a lui e poi è partito tutto. E' partito tutto da quel loro primo sguardo, il primo sorriso, la prima volta che si sono sfiorati in un semplice gesto amichevole. Ad ogni passo riaffiora un ricordo, lei non sta attraversando la navata nuziale, lei sta camminando il viale dei ricordi. Da quelli più belli a quelli più brutti perché, in qualche modo, lei ama anche quelli. Sarebbe facile dire il contrario, in realtà sa bene che qui momenti di down, le liti furiose, le urla, i mesi di lontananza e tutto il resto, sono serviti a renderla la donna che è oggi. Quella che sta per sposarsi.Sono stati sei lunghi anni, i più belli della sua vita probabilmente, nonostante sia convinta che si susseguiranno altri anni bellissimi. Sono stati amici per tanto, forse troppo tempo, eppure si sono scelti dal primo sguardo. Come abbiano fatto a resistere per tutto questo tempo ancora se lo chiede, ma è bello sapere che ora sono ad un passo dalle nozze. Si sono scelti allora e sempre si sceglieranno, di questo ormai ne ha la certezza. Dunque, perché aspettare? Monique non ne vede più il senso. Le ore di preparazione sono state lunghe ed intense, Monique si è chiusa in un sacrosanto silenzio subito dopo essere stata separata da Elia con la forza, nonostante le ragazze continuassero a parlare e a cercare di farla uscire dal mutismo. E' stata l'ansia a spingerla in quella direzione, mentre il suo pensiero non ha lasciato per un attimo il ragazzo. Da ridere è stato che si è sempre preoccupata più di lui, durante tutto l'arco della preparazione che per il matrimonio, per Elia poco in grado di capire la lingua, sicuramente impacciato e in tensione. Poi tutto si è concluso, in un batter d'occhi si è ritrovata ai piedi di quella navata a guardarne la fine. Mille le domande delle sue preparatrici, domande a cui lei ha risposto a stento abbozzando sorrisi qua e là. ❝ Come vi siete conosciuti? ❞, ❝ da quanto vi conoscete? ❞ ma Monique non ha potuto rispondere a quelle domande semplicemente perché, poi, avrebbe avuto bisogno di circa qualche mese per spiegar loro tutto. Scoccate le tre, ogni cosa precedente è scomparsa, ad ogni passo compiuto tutto ciò alle sue spalle è andato via come per magia. E ora eccola, mentre cammina per raggiungere il proprio uomo, colui che è cresciuto così tanto da impegnarsi in un matrimonio, lo stesso uomo che ha rubato lei il cuore. E' da quell'uomo che si sta dirigendo, vestito di tutto punto, i capelli ricci perfettamente sistemati e le gote rosse. Oh si, è la prima cosa che nota quando si avvicina a tal punto da poterlo mettere a fuoco. Le orecchie fischiano, ogni secondo che passa conferma sempre più a sé stessa quanto sia dannatamente innamorata. Le viene da sorridere a quel gesto così romantico e galante, afferra quella mano e la stringe, la intreccia alla propria perché ha bisogno di sentire il suo calore, di avere la certezza che quel sogno, per quanto bellissimo, non sia solo un'illusione. « Ancora per poco, per tua sfortuna. » ribatte allo scherzo con lo scherzo, ma quando giungono davanti all'uomo che sarà testimone del loro amore, Monique si volta a guardare Elia. ❝ Siete pronti? ❞ chiede l'uomo a quel punto, ma basta quello stesso sguardo per capire la risposta che aleggia sulla punta della lingua. E: Non si è mai fermato ad immaginare come sarebbe stato il suo matrimonio. Mai un pensiero riguardo un momento del genere, mai una formulazione di quelle che sarebbero potute essere le sue emozioni. Elia, lì sull’altare, mentre la sua donna cammina sicura lungo la navata segnata da petali di rosa, è l’uomo più deciso ma anche il più inesperto del mondo. Un po’ si pente di non aver iniziato prima a metabolizzare un momento come quello. Si pente di non essersi preparato con netto anticipo, di non aver scritto un discorso, di non aver mai e poi mai provato ad immaginare cosa avrebbe potuto provare una volta lì. Per un attimo, in quei pochi istanti che precedono l’arrivo di Monique, gli ultimi in cui sarà ancora da solo, prima di unire definitivamente la propria anima a quella dell’altra, si sente impreparato come un ragazzo dinnanzi all’ennesimo esame di algebra. Lei è bellissima e la cosa non aiuta affatto il Ferrera che, di riflesso, indietreggia di mezzo passo, come intimidito dalla presenza altrui. E’ il giudice che accenna un colpetto di tosse e che invita il Ferrera a tornare nella sua posizione d’origine. Gli occhi di lui pizzicano, mentre le gote vanno progressivamente a fuoco. Se solo si fosse preparato con netto anticipo, forse sarebbe arrivato abbastanza preparato da non commuoversi a pochi minuti dal “sì, lo voglio”. Ed invece, Elia Ferrera, davanti alla sua futura moglie, si mette a piangere, incurante di apparire fragile davanti ai suoi occhi. Perché lei? Perché Monique? Perché con così tanta velocità? La risposta è semplice: Monique è il suo tutto. La sua migliore amica, l’unica persona che sappia ogni cosa di lui, l’unica a riuscire in ogni situazione a farlo ragionare, tranquillizzare, sorridere. Monique ha sempre sortito un effetto enorme su di lui, tanto da riscaldarlo nei momenti di maggiore stazionarietà, così come da riportare la pace negli apici di caos. Lei se l’è preso sin dal primo momento, dalla prima conversazione, e se l’è preso davvero, nel profondo, andando a scavare prima nella sua anima che nel resto della carne. E’ stata un’eccezione, per Elia. Lui che ha avuto sempre bisogno di provarci con tutte, l’ha sempre rispettata tanto da custodirla con cura, con la paura di poter guastare i suoi petali preziosi. Diventare il suo migliore amico, poi il suo ragazzo, innamorarsi perdutamente di lei e portarla all’altare, è stato un processo naturale, durato sì ben sei anni, ma talmente semplice ed intenso che tutti quanti sapevan già come avrebbe trionfato la loro relazione, forse prima ancora di loro. Non è stata una scelta sbrigativa portarla fin lì, a New York, anticipando di fatto le nozze che avrebbero dovuto svolgersi entro solo due mesi. E in quel momento, mentre lei è ormai giunta all’altare e lo guarda con quegli occhioni del colore del cielo, lui ne è più certo che mai. Vorrebbe posare le mani sui suoi fianchi e attrarla a sé. Non è affatto semplice impedirsi di baciarla, così come di toccarla, stringerla, possederla. Mentre l’uomo incaricato di celebrare le nozze inizia a parlare, celebrando quell’unione politica e sociale, Elia non riesce ad ascoltarlo. E’ talmente tanto ammaliato dalla bellezza dinnanzi a lui, dalla donna che per anni ha amato segretamente senza riuscire a spiegarselo, che ogni cosa al di fuori del suo volto si spegne. Il rumore delle onde del mare appare come ovattato alle sue orecchie. Non percepisce neppure più la brezza di costa, né il profumo di tutti quei fiori. Comunica con lei attraverso dei lunghi silenziosi sguardi, continuando ad urlarle quanto sia bella e quanto la ami. Non potrebbe toccarla entro la fine della cerimonia, eppure approfitta di un momento di distrazione dell’uomo per allungare una mano verso la sua e per afferrare con il solo mignolo, quello di lei. Ci giocherella, oscillando le loro mani nel vuoto che c’è tra di loro. Ed eccoli di nuovo bambini, i migliori amici che hanno imparato ad amarsi con calma, senza avere mai furia. Eccolo che con gli occhi furbi e il naso arricciato, le sorride un po’ promettendole non solo amore, ma anche le sue solite follie. Vuole portarla via da lì e vuole farlo subito. Poi, l’uomo, pronuncia quelle che sono le promesse nuziali. Elia si volta totalmente in direzione di Monique, prende le sue mani e le custodisce gelosamente tra le proprie, molto più grandi delle sue. Ed ecco che, incontrando nuovamente il suo sguardo, senza pensarci su, inizia a parlare a cuor aperto: « Ti amo e ti ho amata senza riserve, senza limiti. Ti ho amata quando tutto era facile, quando mi abbracciavi senza motivo, quando sorridevi solo a guardarmi, quando mi baciavi solo perché ne avevi voglia. Ti ho amata quando mi hai detto che ti rendevo felice, che ti facevo sentire viva, che ero casa tua. Ti ho amata nonostante i primi litigi, quando ci siamo urlati contro e a stento trattenevamo le lacrime perché, nonostante la rabbia, non sopportavamo di farci del male. Ti ho amata quando anche le cose più piccole ci facevano perdere di vista ciò che eravamo, quando non riconoscevamo più chi eravamo o cosa ci stava succedendo. Ti ho amata ancora di più quando ci siamo odiati a morte, quando non riuscivamo a stare nella stessa stanza e io non ti sopportavo più, e volevo scappare da tutto, persino da te / cosa che in effetti, ho fatto /. Ti ho amata quando mi hai chiesto scusa, quando mi hai perdonato, quando ci mettevamo alle spalle tutto ciò che ci stava facendo soffrire in previsione di qualcosa di migliore, di nuovo, di nostro. Ti ho amata quando non sei stata bene, quando ti sei sentita sola, quando ti sei sentita abbandonata dalla tua famiglia. Ti ho amata sempre. Ti ho amata da sempre. E credimi, oggi, adesso, ti sto amando più che mai. Voglio stare al tuo fianco per tutta la vita, fino a che me ne darai l’opportunità. Per te voglio esserci, sempre, anche quando la penseremo in modo diverso e finiremo per tenerci il muso per una giornata intera. Ci sarò, mi schiererò sempre dalla tua parte. Voglio esserci quando starai male, quando il mondo intorno a noi cadrà; e a quel punto, poco importerà, perché lo ricreeremo insieme, pian piano, partendo dalle basi come si fa con i castelli di lego. Voglio esserci e ti prometto che per sempre ci sarò. Voglio fare una famiglia, creare qualcosa di piccolo e di tutto nostro. Voglio crescere con, grazie e per te, di giorno in giorno. Voglio maturare al tuo fianco, senza mai mancare di farti sorridere. E voglio che un giorno, quando ti volterai indietro e tornerai a pensare ad una giornata qualsiasi trascorsa insieme, ti emozionerai e sarai felice e fiera della vita trascorsa con me. Per questo sì, lo voglio. Voglio sposarti e restare con te, al tuo fianco, in salute ed in malattia, in ricchezza ed in povertà, finché morte non ci separi ». M: Non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi, un giorno, davanti all'altare e a giurare amore eterno ad un uomo. Certo, come ogni donna sin da bambina ha desiderato trovare il cosiddetto ❝ principe azzurro ❞ ma poi crescendo la consapevolezza di vivere nel mondo reale e non in una favola, ha distrutto ogni sogno. E le tante esperienze l'hanno portata a credere in sé stessa e non in un uomo, a credere solo ed esclusivamente nelle proprie forze senza mai poggiarsi sulle spalle forti di qualcuno che avrebbe solo potuto usarla e gettarla via come una vecchia pezza. Poi però, nell'estate di ben sei anni prima, qualcosa è cambiata ed è cambiata grazie all'uomo che sta per sposare. Lo ricorda, su quella spiaggia troppo affollata, illuminato dalle scintillanti fiamme del falò, i capelli ricci spettinati e la camicia dalle figure estive completamente sbottonata. E poi quel sorriso, il primo sorriso che si sono scambiati durante le presentazioni. Oh, non lo dimenticherà mai. E come potrebbe mai farlo? Quel sorriso l'ha accompagnata per sei lunghi anni. Anni ed anni di amicizia passati nella convinzione di essere solo due amici, anime molto affini ma amici. E ora? Ora stanno per sposarsi e Monique stessa non ci può credere. E' bello proprio come la prima volta che l'ha incontrato, ora più uomo nei tratti, nelle gesta, ma pur sempre quel ragazzino che ha fatto perdere lei la testa a prima vista. Lo guarda indietreggiare e non lo biasima, anche lei inaspettatamente avverte la stessa paura che nota nei suoi occhi. Eppure, Monique, quasi accelera pur di poterlo affiancare. Non possono toccarsi, non può fiondarsi fra le sue braccia e perdersi nel baciare quelle morbide labbra, ma può restare al suo fianco e rassicurarlo silenziosamente. Perché è questo che vuole fare, stare al suo fianco per tutta la vita. Né un passo in avanti, né uno indietro. Al suo fianco, sempre e per sempre. Vederlo così emozionato, a tal punto dal lasciar fuoriuscire le calde lacrime, Monique va contro ogni protocollo pur di poggiare le esili mani su quelle gote arrossate e rasserenarlo, pulendo quel bellissimo viso dalle lacrime. Monique ed Elia si sono scelti quel giorno, nell'istante in cui i loro sguardi si sono incrociati. Monique l'ha scelto ogni giorno, continuerà a sceglierlo sempre. Elia è divenuto non solo la sua metà, ma il pezzo mancante di una vita non completa. Lasciato poi il proprio mazzo di fiori ad una delle ragazze addette a quella cerimonia, la fanciulla passa il restante tempo a guardare il ragazzo che a breve verrà dichiarato come marito. La sua esatta metà. Cerca di non ridere quando quel furbastro di Elia cerca un contatto, legando i loro mignoli. Un gesto che può sembrare scemo, assolutamente infantile, che a lei non solo piace tanto, ma che la fa sentire ancora una ragazzina. La stessa ragazzina che con gli occhioni grandi ha vegliato su di lui notte e giorno. Come arrivano al momento delle promesse, Monique non lo sa, è così tanto emozionata che la mente ha cominciato a viaggiare e il mondo circostante a sparire. Tutto è ovattato, ci sono solo loro. C'è la voce di Elia che però arriva chiara, il calore delle sue mani giunge fino al cuore. Si sente protetta anche solo grazie a quelle mani intrecciate. Ma c'è una cosa che Monique non riesce a fare durante quelle promesse, cercare di non piangere. Ha trattenuto le lacrime fino ad ora ma non può farlo ancora quando Elia tocca la sua anima con tanta delicatezza. Sono lacrime lente, silenziose, che fanno da contorno a quel sorriso emozionato che aleggia sulle labbra. Lo sposerebbe altre mille volte. E' nel momento in cui tocca a lei pronunciare le promesse, che la sua voce viene a mancare. L'emozione la sta tradendo e lei necessita di qualche secondo per riprendersi, secondi che passa a stringere quelle mani decisamente più grandi delle sue.« La nostra storia è cominciata, all'apparenza, come molte altre storie. Due amici che con il passare del tempo scoprono di privare sentimenti. Eppure, per quanto possa sembrare una storia scontata, ciò che abbiamo passato in sei anni non è paragonabile a nulla. Quando ti ho visto la prima volta, su quella spiaggia, ho pensato che tu fossi un dannato figlio di papà, un ragazzino superficiale, niente di più. E per un po' questa cosa l'ho creduta sul serio, l'ho creduta in momenti di rabbia e liti dove l'unico modo per giustificarti era quello. Però, al primo sguardo che ci siamo scambiati, ho cominciato ad innamorarmi di te. E cosi il mese dopo, quello ancora e quello dopo ancora. E così un anno dopo, tre, cinque, fino ad oggi. Mi sono innamorata di te alla prima lite e poi alle seguenti, mi sono innamorata quando sei andato via e mi hai voltato le spalle, ti ho amato anche quando in quel momento avrei voluto solo mandarti via per sempre, distruggerti e bruciare ogni tua cosa e insieme a tutto questo, anche il mio amore per te. Ho desiderato strapparti a mani nude il cuore pur di non sentirlo battere per te. Mi sono innamorata di te quando nei momenti belli e nei momenti brutti, sei rimasto al mio fianco difendendomi a spada tratta e reggendomi per non farmi cadere. Sei diventato il mio migliore amico e lì ti ho amato. Sei diventato il mio pilastro e lì ti ho amato. Sei diventato il mio confidente, quello che da sempre è riuscito a farmi infuriare di più, ma il mio sentimento non è mai cambiato. Ti amo oggi, dopo sei anni, perché non solo sei ancora il mio migliore amico, il mio fidanzato e a breve mio marito, ma sei parte della mia anima. Oggi dico /sì, lo voglio/ perché dopotutto quello che abbiamo vissuto non potrei desiderare uomo migliore di te. Ti dico /sì, lo voglio/ perché ho creduto in te ogni giorno e continuerò a farlo. Prometto che ti amerò per tutta la vita, con corpo e anima, con testa e cuore; prometto che ti amerò nel bene e nel male, in salute e in malattia, ci sarò sempre perché il mio posto è al tuo fianco. Quindi /sì, lo voglio/ finché morte non ci separi. »
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elique, 12 aprile 2020.
𝓜: “ Indossa le auricolari, senti l'ultimo singolo. Come ai vecchi tempi, sei il primo a sentire ` how to be lonely ` ” ( ... ) 𝓔: “ Guardami, Nique, guardami.È molto bella, su questo non c'è dubbio — ma volevo chiederti scusa per averti fatto soffrire così tanto. So che non basta, non basta chiedere scusa una volta per cancellare tutto il male che ti ho fatto, ma prometto che mi impegnerò affinché questo dolore venga cancellato, okay? La prossima canzone sarà una meravigliosa canzone d'amore in cui parlerai di noi, e non del dolore che provi. Voglio tu sia felice, sempre. ” 𝓜: “ Ascoltami tu, amore.Non chiedere scusa, non c'è bisogno di farlo. In fondo cos'è la vita senza un po' di dolore? Ne abbiamo passate tante, non devi incolparti della mia sofferenza. Prometti che non lo farai, che non ti incolperai di questo.Ho dedicato quel testo a me e alle donne che come me vivono nella personale insicurezza e nella poca autostima. Nella paura di non essere abbastanza, abbastanza per l'uomo che si ama e non solo.Io sono felice e lo sono pienamente se ci sei anche tu nella mia vita. ” 𝓔: “ Prometto di non farmene una colpa, ma tu ficcati bene in testa che sei abbastanza e sei anche di più. Cristo, più ti guardo, più trovo dettagli di cui potermi innamorare. Sei molto più di quanto potrei meritarmi, Nique. Sei tutto, tutto quanto che ho di più bello. Archivia questo pensiero, mh? Detto questo, è davvero una canzone bellissima ” 𝓜: “ Tu meriti il meglio, Elia. Meriti tutto ciò che c'è di bello al mondo.Sono felice che ti piaccia, mi premeva sapere un tuo parere. ” 𝓔: “ Tu sei già il meglio. In più, sei in grado di rendermi felice. Questo è ciò che conta. ”
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☾ — CAMERA ROLL! ROMANIA, 31 AGOSTO 2019. 𝐄𝐋𝐈𝐀: Hai paura di me? Paura che ti possa fare qualche sgarbo? Perché sei fuori strada. Non ti farei mai e poi mai del male, Monique. 𝐌𝐎𝐍𝐈𝐐𝐔𝐄: Paura? No. Mi aspetto di tutto dalle persone? Si. 𝐄𝐋𝐈𝐀: Vorrei poterti elevare ad una posizione molto più significativa, ma hai ragione. Immagino che le mie parole, siano solo fumo, adesso. Sappi solo che ciò che c'è tra di noi, questa grande amicizia, non è lontanamente paragonabile con le altre. 𝐌𝐎𝐍𝐈𝐐𝐔𝐄: E va bene, visto che hai spostato l'argomento su di me allora parliamone. Non sto mettendo in dubbio niente, né l'amicizia che ci lega perché mi sembra di essere stata molto, ma molto, sincera a riguardo. Ti ho sempre detto quanto tu sia importante per me, sono arrivata a dirti di considerarti la mia persona. Non mi sembra una cosa di poco conto, no? Soprattutto per una tutta testa come me. Però sei la mia eccezione, per quanto da un lato questa cosa mi faccia vacillare, e va bene. Ho condiviso un tatuaggio con te e sai perché? Perché io ti ho sempre visto come quella montagna. La mia personale roccia, la vetta più alta. Sei sempre stato la montagna da scalare, quella per cui si fatica ma una volta giunti su, sul punto più alto, senti il cuore alleggerirsi perché la vista è la cosa più bella al mondo. Ma c'è anche il pericolo di cadere giù, tu sei così per me. Ma non mi voglio dilungare sul significato del mio tatuaggio. Io non ho paura di te, toglitelo dalla testa. Come te, sarei disposta a tutto pur di renderti felice in qualche modo. Ti sono sempre accanto, ti difendo a spada tratta in qualunque occasione. Nel momento in cui una cosa del genere dovesse succedere a me, probabilmente nemmeno i santi potrebbero mantenermi. Lì non ci sarebbe più la Monique di sempre. Quella che conosci tu, solo tu. Se in un futuro ne varrà la pena, tutto questo rischio, sarà solo una tua scelta. E' questo il rischio di cui ti parlavo in Romania, quello che corro quando lascio entrare qualcuno nella mia vita. Non obbligo nessuno, non insisto. Lascio libera scelta e mi regolo di conseguenza, anche se vuol dire lasciare andare qualcuno a cui tengo.
𝐄𝐋𝐈𝐀: Wow. Le parole che spendi tu, per me, non le ha mai spese nessuno. Leggere mi ha fatto accapponare la pelle. Se ho parlato di te, di noi, è perché per un istante ti ho sentita lontana. Non ho percepito solo delusione da parte tua, ma lontananza, come se avessi eretto un piccolo muro tra di noi. Per questo ho rimarcato quanto tenga a te. Non voglio, neppure per un istante, che tu ti senta presa in giro da me. Sei ciò a cui tengo di più, l'unica persona per la quale sacrificherei tutto quanto, combatterei e tornerei indietro. Essere paragonato ad uno dei tanti, mi ha messo in crisi. So di essere stato un totale deficiente, ne sto pagando le conseguenze e ne pagherò a lungo, ma non paragonarti mai alle altre persone che mi circondano. Nique, lo sei anche tu. Sei anche tu la mia persona, colei per cui attraverserei l'oceano a nuoto. Mi dispiace averti deluso. È la prima volta, questa, in cui mi sento davvero in colpa per ciò che ho fatto. 𝐌𝐎𝐍𝐈𝐐𝐔𝐄: Sii fiero di questa cosa, perché sei l'unico nella mia vita per cui metto in bella vista un pezzetto del cuore. Lo sono stata, per un istante. Solo per un secondo e lo ammetto, non mi nascondo. Per il semplice fatto che okay, magari non è una cosa che mi riguarda direttamente, ma tu sei la persona in cui credo di più. Da te mi aspetto sempre il meglio e ci vedo, il meglio. Sei il mio esempio. Hai presente gli occhi di un bambino quando vede il proprio eroe? Solitamente sono i papà. Io ti guardo allo stesso modo. Nonostante le grandissime cazzate che fai ogni cinque minuti. E' stato solo un attimo, ma l'ho pensato. Credi che vederti lontano da me per colpa di altre persone, mesi fa, mi abbia fatto piacere? O che la cosa non mi abbia toccata minimamente? No, sbagliato. Eppure ho fatto la cosa migliore e ho lasciato che tu facessi la tua vita, anche a costo di starti a distanza per un po'. Come vedi, per te farei di tutto. Mi dispiace averti dato questa sensazione di delusione e lontananza. 𝐄𝐋𝐈𝐀: Mi sento non fortunato, ma di più. Sei una delle persone che apprezzo ed ammiro di più. Sapere che tieni tanto a me e che mi concedi tanto, mi fa sentire onnipotente. Mi dispiace di averti delusa, sul serio. Il fatto è che sento la necessità di apparire "perfetto", con te. Non vorrei mai essere considerato una nullità, uno stronzo o una cattiva persona. Il tuo giudizio è l'unico di cui mi importi veramente, tutto il resto è contorno. Ti prometto ora, come non mi stancherò mai di prometterti, che mai niente e nessuno potrà separarci. Mai e poi mai ti farò un torto, Monique. Preferirei di gran lunga morire. Sei la mia stella, il mio piccolo segreto diamante. Non sarò io a sgrezzarti. No, non ti tradirò.
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❪ 01 ottobre 2019 ❫ · NEW YORK, USA. 𝐌𝐎𝐍𝐈𝐐𝐔𝐄: E' strano vedere Elia acconsentire facilmente a quella richiesta, non se lo sarebbe mai aspettato. Per un attimo rimane quasi stupita, ma quello stupore lascia subito spazio ad una lievissima risata. ‹‹ Non ho mai fatto cadere ai miei piedi un medico, sai? Ora che ci penso ... forse dovrei provarci. ›› sul viso della ragazza si forma un'espressione pensierosa, ma Monique sta palesemente scherzando. Sente il bisogno di alleggerire quella tensione che aleggia tra loro, purtroppo quel loro continuo alternare da uno stato di gelo ad un altro ancora più forte, non giova a nessuno e a niente. Non sa come prendere quella situazione, come sbloccarla, perché lei vuole proseguire solo per una strada e non dover pensare di svoltare ad un altro bivio. Come previsto, al Marquee c'è folla, ma a lei non interessa. Può aspettare una decina di persone prima di entrare a prendere un drink. Forse è questo ciò di cui hanno bisogno, di un momento semplice, solo per loro. Un momento di tranquillità prima che un'altra tempesta possa abbattersi su di loro. Quel nuovo bacio sulla mano della ragazza, ancora ben ancorata a quella di Elia, porta Monique a sorridere. E' un gesto che conta più di mille altri. Un gesto semplice, ma in fin dei conti lei ha amato sempre la semplicità. Tuttavia, lei ha la necessità di rompere quelle barriere che stanno innalzando. Anche solo per un secondo. Monique scivola fra le braccia del ragazzo, annulla le distanze lasciando che i due corpi possano aderire il viso della ragazza, stanco e provato, possa trovare rifugio fra la spalla e il collo. ‹‹ Non fare il solito brontolone, qui non siamo a Verona. ›› sussurra lì, sulla pelle candida del collo, ancora nascosta. Necessita quell'abbraccio che lei stessa ha rubato, in silenzio, senza spiegazione palese. Mentre aspettano che quella fila divenga sempre meno eccessiva, Monique senti l'incessante bisogno di respirare a pieni polmoni quel profumo che sa di casa. 𝐄𝐋𝐈𝐀: Gli occhi di Elia studiano distrattamente l'interminabile fila di corpi dinnanzi all'entrata del locale. Perché? Perché l'ha portato fin lì, quando sarebbe davvero bastato trascorrere del tempo con lei, con semplicità, su una panchina? Scalpita, il ragazzo, nauseato dall'idea di mettersi in fila, anche solo per dieci minuti. Ha sempre odiato starsene fermo ed aspettare, aspettare, aspettare. E' per questo che quasi mai, in vita sua, si è messo in fila, alla ricerca di continui stratagemmi per saltare tra i primi posti. Sta per sbadigliare, per suggerire lei di andarsene, quando Monique sembra percepire quella sua incontinenza, stringendolo in un abbraccio. Elia viene piacevolmente colpito da quel gesto inaspettato, dall'affetto che solo quella ragazza /ancora/ è in grado di rivolgergli. Percio' apre le braccia e la stringe tra di esse, con cura, respirando il suo profumo, ancora una volta. Socchiude gli occhi, i rumori si fanno progressivamente distanti, il vociare delle persone un lontano ronzio, le automobili lontane e silenziose. Serra le palpebre e si concede unicamente di respirare il sentore della ragazza, nascosta com'era nell'incavo del collo di lui. Inclinando lateralmente la testa, appoggia la guancia /attualmente costellata da una fitta patina di barba/ contro la sua fronte. L'accarezza più volte in quel modo, ruotando lentamente il volto, come a volersi accaparrare sempre più contatto, poi la sfiora con il naso, cercando così di sollevarla e di indurla a voltarsi verso di lui. Cos'è la sua esclamazione? Una richiesta? Un tacito accordo ad infrangere, ancora una volta, i confini che loro stessi han deciso di disegnare? Inclinandosi ancora, lascia un soffice bacio sulla sua fronte, poi sulla guancia, infine su un lato del suo naso, là dove riesce ad arrivare. Le sorridere, con gentilezza, riducendo gli occhi in due fessure. « Non mi va di entrare, Monique. Voglio stare solo con te. Portami in un posto più privato, dove saremo solo noi due e nessun altro. ». 𝐌𝐎𝐍𝐈𝐐𝐔𝐄: La pazienza non è mai stato un punto forte di Elia e questo Monique lo sa bene. In questo caso, così come in molti altri, sono esattamente gli opposti. Monique è lì, fra le sue braccia, e sembra la persona più tranquilla al mondo. Non si muove un granché, si tiene stretta al suo ... come dovrebbe definirlo? Non c'è un'esatta definizione al momento. Insomma, per la bella Londsale aspettare un po' la fila non rientra in un grande problema. Elia, d'altro canto, scalpita. Non sa aspettare ed è ben chiaro. Ma in fin dei conti, così come un po' ovunque, c'è sempre un posto dove dover fare la fila o aspettare. Poi, stiamo parlando di New York. La caotica e bella New York. Ha sentito così tanto la mancanza di quel posto, forse, in fin dei conti, è proprio New York la sua casa. Quella vera. Quella dove dovrebbe tornare. Il gesto che compie Monique è spontaneo, dettato non solo dal bisogno fisico di avere un contatto ben più forte di una stretta di mano, ma dall'affetto che prova per lui. Certo, a parole è brava quando si impegna ma è ancora più brava nei piccoli gesti. Quelle braccia sono il suo mondo, il rifugio segreto che preferisce. E' come entrare in un altro pianeta, parallelo, dove non c'è nessuno se non la quiete. Il silenzio e la pace. Nemmeno più il caos intorno a loro ha senso. Così distratta dal suono che sente provenire dal petto del ragazzo, ritmico e regolare, Monique non si accorge che quella frase può essere intesa male e quando se ne accorge, riflettendoci, non ci pensa a porre rimedio. Anzi, se solo avesse il viso alzato, si potrebbe notare tranquillamente il sorriso beffardo comparso sulle labbra. Invece no, se ne sta lì a lasciare una scia di baci sul collo. Una scia alquanto innocente, se solo quell'innocenza fosse solo ... mera innocenza. Come se, inconsciamente, ricambiasse quelli lasciati dal ragazzo sul viso. Sì, non sono a Verona, sono solo loro due in una città diversa. Quando Elia poggia appena la testa sul capo di Monique, ella può percepire lo strato di barba solleticare la candida pelle. Trova Elia molto più affascinante del solito con quel leggero strato di barba. Le viene da sorridere, ed è così che alza il capo: sorridendo. ‹‹ Non c'è posto più privato di casa, mio bel Ferrera. Ma non penso che tu voglia tornare a casa quindi ... qui vicino c'è una sorta di parco. Non è molto affollato. ›› lo mette alla prova, si prende giocosamente beffa di lui portandolo silenziosamente a scegliere, mentre gioca distrattamente con la mano del ragazzo. 𝐄𝐋𝐈𝐀: Chissà cosa, guardandoli da lontano, possa pensare il mondo esterno. Son stretti in un abbraccio ormai da un po', quando Monique pone lui quella semplice domanda. Rientrare, o temporeggiare ancora un po' nelle lande di quella città che il Ferrera non conosce affatto? La risposta solletica immediatamente la sua immaginazione, dipingendoli entrambi a letto, l'uno intrecciato all'altro, come ai vecchi tempi. S'immagina avvinghiato a lei, le mani tra i suoi capelli, la testa sul suo petto abbondante, gli occhi socchiusi in un'espressione felice e serena. Poi, però, si riscuote da tali pensieri, tanto da ritrovarsi ad allontanare il volto da quello della donna. Cerca un contatto visivo, sospiro, poi le accenna con un movimento deciso della testa, do proseguire lungo quello stesso marciapiede, verso il parco da lei nominato. Non vuole essere precipitoso, vuole godere della sua presenza, in tutto e per tutto. « Andiamo al parco. Scriviamo il nostro nome su una panchina, poi torniamo a casa » il tono della sua voce è ironico, ma le sue intenzioni non lo sono altrettanto. In realtà, l'idea di marchiare a vita un oggetto con le loro iniziali, così come han marchiato la loro pelle, non gli dispiace affatto. Così dicendo, è spontaneo guardare l'avambraccio della donna, l'avambraccio raffigurante la figura che lei si è tatuata per lui, nero su bianco, indelebilmente. Sorride ancora, mentre l'organo vitale al di sotto del suo petto prende a battere più rapidamente, eccitato dal ricordo dei giorni trascorsi in Romania. « Nique... » il tono della sua voce è basso, greve, impastato. Sta parlando sottovoce, sovrastando di poco i rumori sempre presenti della città. « Sei importante, sai? La mia essenza. Te l'ho ripetuto mille volte, ma sono davvero felice di essere qui, con te » così si piega verso di lei, lasciandole un ennesimo bacio umido sulla punta del naso, prima di sciogliere lentamente quell'abbraccio e di indicarle ancora, con più enfasi, di riprendere a camminare. Sì, necessita di stare solo con lei. 𝐌𝐎𝐍𝐈𝐐𝐔𝐄: Sono due le scelte. Tornare a casa o andare il quel posticino poco distante per stare soli. Monique aspetta, in attesa di una risposta. Lo ha messo di proposito davanti ad una scelta per gustarsi quel momento. Lo conosce come le sue tasche, sa che quando quello sguardo di cui lei va matta diventa assente, vuol dire una sola cosa. Elia ci sta pensando e vorrebbe tanto capire cosa. Vorrebbe leggere nella sua mente, scoprire ogni più piccolo segreto, capire che cosa stia pensando il quel preciso momento. Che cosa deciderà? Di tornare a casa, spogliarsi di ogni paura e poi come ai vecchi tempi mettersi a letto lasciando il mondo fuori per potersi stringere l'un l'altra, accarezzarsi, essere semplicemente se stessi? Oppure no? Monique resta piacevolmente stupita dalla decisione di proseguire. Lo ha osservato per tutto il tempo senza mai sciogliere quell'abbraccio. Sorride, Monique. Vuol dire che sta prendendo tempo, per la prima volta Elia non ha fretta. Va bene, va dannatamente bene. Quella loro stretta si scioglie, Monique stessa lo afferra per un polso e lo tira via, piano, uscendo da quella calca di persone. Cammina, a passo relativamente svelto, perdendosi nel buio pesto della notte che avvolge quella grande e sempre sveglia città. ` Che idea stupida `` pensa fra se e se mentre ride. Marchiare un oggetto con le loro iniziali quando hanno compiuto un passo ben più forte e importante. Hanno marchiato la loro pelle. Hanno condiviso un tatuaggio e non c'è giorno che passi senza che Monique si fermi ad osservare per lunghi minuti il proprio. È chiaro ormai, l'importanza che Elia ha per Monique. Il pezzo mancante della sua vita, l'altra esatta metà. `` Che idea stupida, ma l'adoro ``. ‹‹ Mi piace. ›› mormora poi, voltandosi distrattamente verso di lui. Sul volto di Monique aleggia un'espressione serena, quasi spensierata. Ma da quei pensieri, seppur felici, viene strappata via dal tono di voce del ragazzo. Lo ascolta, in silenzio, cercando di capire cosa voglia dirle. L'espressione del viso cambia impercettibilmente ma quando sente quell'ennesima confessione da parte sua, gli occhi di Monique si illuminano. Nel buio, sono come fari. Ariccia appena il naso a quel bacio, lei, che nell'immediato non sa cosa dire. Vorrebbe solo baciarlo. Si, Monique sente l'incessante desiderio di afferrare quel viso fra le mani e baciarlo. Assaporare quelle labbra una volta e per sempre. Ma non lo fa, non ora. Si prende del tempo, quello che serve per arrivare al punto indicato. Quando ci arrivano, Monique di guarda intorno. Ricorda di una panchina più isolata, poi la nota. È lì che lo trascina. ‹‹ Incidi le nostre iniziali. ›› suona quasi come un'ordine, mentre porge al ragazzo un pennarello trovato in borsa. ‹‹ Dichiara al mondo di essere la mia metà, nonostante tutto e tutti. Ricordiamo che l'uno non esiste senza l'altra e viceversa perché se tu non ci sei, non c'è una parte di me. Quella più bella e migliore. ›› 𝐄𝐋𝐈𝐀: Monique è decisa, non si fa scrupoli quando vuole qualcosa, come se la esigesse, questione di vita e di morte. E' stata decisa nel momento in cui l'ha abbracciato, decisa quando l'ha trascinato lontano da lì, nel parco, e decisa quando l'ha condotto fino alla panchina, obbligandolo a marchiarla davvero con i loro nomi. Ed Elia lo sa, ne è certo, non vi è donna più determinata di lei, sempre chiara nelle sue decisioni, sempre certa nelle sue azioni. L'ammira segretamente, l'ha sempre fatto e sempre lo farà. Quando raggiungono la panca, lo sguardo del ragazzo vaga più volte dagli occhi brillanti della donna alla panchina in legno, beffeggiandosi di quell'imposizione con un sorrisetto superbo. Lo sta prendendo in giro? Sul serio? Ma i suoi occhi parlano chiaro, così come parlano chiaro le sue parole, il modo in cui le pronuncia, il guizzo risolto che proprio non la vuole abbandonare. Non le risponde, ma estrae invece dalla tasca della giacca un portachiavi. Cerca tra le chiavi un piccolo oggetto in particolare, un piccolo coltellino svizzero da viaggio. Lo apre, poi si volta verso la panca, là dove posa una sola gamba, assumendo una comoda posizione. Si trasforma improvvisamente in un pittore, in un pittore dinnanzi la sua preziosa tela, uno scultore dinnanzi ad un modello ancora da intaccare ed elaborare. Gli occhi si fan due fessure nel momento in cui la lama del coltello prende ad incidere con cura quei due disegni che son riportati nei loro avambracci, le immagini che sempre dovran portare con sé e che per sempre orneranno quella panchina attempata. Disegna con cura la cima delle montagne, i pendii innevati, le dorsali increspate. Con la stessa cura ritaglia un'onda, la stessa rappresentata sul suo polso, cercando di interpretarne il modo dolce con la quale si issa per poi sfumar via. Soddisfatto, conclude il disegno incidendo una piccola "E" al di sotto dell'onda ed una "M" sotto alle montagne. Rimane ad osservare i due ritratti, quando riprende a parlare, con un tono decisamente profondo: « Puo' andare? » 𝐌𝐎𝐍𝐈𝐐𝐔𝐄: Priva di qualsivoglia paura, magari di poter infastidire in qualche modo Elia, la bella Monique non si fa scrupoli nel pronunciare quelle parole con un tono molto deciso. Se non è sicura di qualcosa, nemmeno ci pensa a muoversi, a compiere qualche passo. Eppure, in tutta la sua bellezza, Monique è una ragazza forte, che cade e si rialza ma sa /sempre/ ciò che desidera. E' sicura, ciò che vuole se lo prende. Anche a costo di farsi male, di buttare via tempo, ma non le importa trovare qualche ostacolo. Non può superarlo? Lo aggira. E' semplice. A qualunque costo lei deve sempre prendersi ciò che desidera. E se con Elia ha la perenne sensazione di camminare su un filo, con alta probabilità di cadere nel vuoto, non si scoraggia. Vuole un suo abbraccio? Se lo prende. Vuole sapere qualcosa da lui? Ci riesce. Non importa come e quando, se con lui ci sono solo rischi o meno. In ogni caso, Elia è la sua eccezione. Ferma alle spalle del ragazzo, Monique cade in un santo silenzio. Dall'alto della sua posizione non riesce a notare bene ciò che Elia sta incidendo su quella misera panchina. Complice anche la poca luce emanata da un lampione poco distante. Rimette il pennarello trovato per caso in borsa, proprio lì, senza nemmeno sapere se funziona effettivamente o no. Ormai non serve più, Elia ha ben trovato qualcosa di meglio. Passa qualche minuto prima che possa compiere un passo, avvicinarsi, e notare l'opera d'arte. Perché sì, quella panchina è appena stata marchiata da un'importante opera d'arte. Non ci sono solo le loro iniziali, lì, su quel legno, ci sono i loro tatuaggi. Monique non può evitare di sorridere, di allungare una mano verso quel marchio e sfiorarlo con i polpastrelli. E' sempre in grado di lasciarla senza fiato. ‹‹ E' perfetto. ›› un sussurro, lievissimo, quello della ragazza che compe ipnotizzata dall'intaglio sul legno, sposta finalmente lo sguardo sul ragazzo. ‹‹ Grazie. ›› infine, soffiata quella semplice parolina sulla guancia, lì dove sta scoccando un dolce bacio, c'è un continuo. Un qualcosa che Monique non aggiunge ma che Elia sa. Lo ringrazia, per tutto. Per essere entrato nella sua vita anni prima, per essere stato il suo migliore amico, lo ringrazia per essere la sua montagna, la persona sempre presente nel bene o nel male, l'unico in grado di farle battere il cuore. Semplicemente lo ringrazia, non serve altro. 𝐄𝐋𝐈𝐀: Elia si volta solo al sussurrare di quella parola: “Grazie”. Sul suo volto è ancora dipinta un’espressione concentrata, la stessa che ha indossato per tutto il tempo. È fatto così, il palermitano, alla ricerca costante della perfezione. Non esistono le mezze misure, non per lui. E ancora dubbioso riguardo l’illustrazione semplice e piuttosto schematica che ha ricavato da quel legno ormai degradato dalle incurie del tempo, non riesce a far a meno di aggrottare le folte sopracciglia e di arricciare il naso, insoddisfatto. Poi, però, gli occhi scuri del giovane incontrano le iridi morbide della donna, il suo sorriso sollevato, l’espressione sincera. A poco a poco, la smorfia del ragazzo si alleggerisce, perde la sua forma contratta e si trasforma in un sorrisetto innocente, rilassato. Lo percepisce ancora quello sfarfallamento che penetra il suo addome, sfiora polmoni e cuore, alleggerisce lui lo stomaco, inducendolo a trattenere il respiro. “Grazie a te, Nique”. Il suo corpo si contrae, la desidera, la vuole, cerca ancora il contatto di pochi minuti prima, là all’ingresso della discoteca. Per questo il palermitano si agita visibilmente, abbandonando la posizione che aveva assunto in corso d’opera. Si alza, si volta verso la ragazza, poi le si avvicina. Ha smesso di respirare, non vuole farlo, non ne sente il bisogno. « Non ringraziarmi, non farlo, non ce n’è bisogno » la verità è che le risponde solo per inerzia, semplicemente perché aveva bisogno di interrompere quel silenzio, o forse perché voleva darle uno spunto per indurla a parlare ancora. Molto più alto di lei, nel chiarore di quella notte, isolati dal resto del mondo che aldilà dei confini del parco vive a pieno le attrazioni della grande mela, Elia posa con gentilezza una mano sul volto della donna. Gli occhi calano inevitabilmente sulle sue labbra, come fossero calamite. « Quando ci facemmo il tatuaggio ti chiesi di non aver mai paura di me, ricordi? » parla a voce così bassa, che le sue parole escono come un sussurro, forse impercettibili pure alla donna che dista ormai di un solo palmo dal suo volto. « Mi sbagliavo. Dovresti averne, adesso » è chiaro a cosa stia alludendo, tanto vicine sono le loro facce, i loro sguardi, le loro bocche, le loro labbra. 𝐌𝐎𝐍𝐈𝐐𝐔𝐄: Sguardi. Ecco che cosa si scambiano i due adesso, forse proprio come facevano un tempo. Sguardi intensi, pieni di significati, ma pericolosi. Guardarsi in quel modo è solo un pericolo, un modo di far scattare una scintilla in grado poi di divampare in un incendio. E loro sono parecchio vicini alle fiamme dell'inferno. Nel momento in cui entrano in collisione, nel buio di quella notte, Monique percepisce lo stomaco contrarsi. Come ogni volta, ecco di novo quella sensazione. Il mondo circostante che pian piano scompare, tutto si fa sempre più lontano, insignificante. Il cuore aumenta di qualche battito, ogni centimetro di quel sinuoso corpo freme al voler un nuovo contatto. Eppure, illuminata dal pallore dei raggi lunari, Monique sembra calma. Nella quiete di quel posto, immersa nel completo silenzio, Monique appare rilassata. Tornata in posizione eretta, in piedi accanto al ragazzo, vorrebbe ribattere perché c'è bisogno di ringraziarlo. Dopo tutto quello che fa per lei ogni giorno, ogni minuto del tempo che condividono. Ha affrontato un volo per lei, ha sfidato la paura di volare solo per raggiungerla. Almeno un grazie lo merita. Elia è un gigante, rispetto a Monique, decisamente più bassa di lui. E' costretta ad alzare appena il capo per poterlo guardare, lasciando che una propria mano si poggi al di sopra dell'altrui. Ne sfiora il dorso, in un tocco delicato, vorrebbe sentire quel calore sulla propria guancia a vita. ‹‹ Sì, ricordo perfettamente. ›› e come potrebbe avere paura di lui? Sembra una cosa impossibile agli occhi della bella Londsale. Poi un risolino. Beffardo, ironico. Non ci arriva proprio, il bel Elia. Lei ha solo una paura, ed è quella di perderlo per sempre. Non di osare, non di essere felice. Solo di perderlo per sempre. Non ha paura delle sue provocazioni o dei mille rischi che corrono. Non ha paura del suo tocco, dei suoi sguardi, di qualche "sbaglio" che potrebbero commettere. Comunque non sarebbero sbagli tra loro. Hanno già superato una linea di confine, cos'altro c'è da superare effettivamente? Dunque, sul viso si forma una sorta di espressione pensierosa, si morde piano un labbro Monique, intenta a giocare distrattamente con il colletto della camicia indossata dal ragazzo. Le mani scivolano piano sul petto, accarezzano il tessuto dell'indumento e poi si fermano lì. ‹‹ Fammi vedere tu di cosa dovrei aver paura. ›› osa sussurrare quelle parole a poca distanza dalle labbra del ragazzo, con aria di sfida, sicura di se. Le sussurra guardandolo dritto negli occhi mentre le labbra si increspano piano all'insù. Ecco quell'angelo che si è appena trasformato in un diavolo tentatore. 𝐄𝐋𝐈𝐀: Sorride, il Ferrera, a meno di un palmo di distanza dalle labbra di Monique. Lo sguardo continua a perdersi in quello della donna, a calare sulla sua bocca, per poi tornare indeciso sui suoi occhi. In un primo istante spera quasi sia lei, lei e la sua dannata decisione, a calcare l'onda e a prendere l'iniziativa. Desidera quel bacio, il bacio della salvezza e al contempo dell'eterna dannazione, ma sa bene quanto quell'azione svalicherebbe ogni cima. Il sorriso si fa ancor più largo al ricordo di quanto successo qualche settimana prima, nel bagno della sua abitazione. Ricorda chiaramente il contatto con il suo seno, con la sua intimità, con la sua pelle calda e fremente. Ricorda cosa avesse provato a sentirla tanto vicina, ma al contempo tanto lontana. Non ne puo' più di quella lontananza, deve colmarla. E in quel momento, al chiarore della luna ormai già alta, ne ha la possibilità. Le labbra di Monique, così come il flebile respiro che ne esce, hanno un profumo del tutto diverso, qualcosa di ancor più dolce del suo carnato. « Risposta esatta » son le uniche brevi parole che Elia è in grado di pronunciare, prima di far scivolare la stessa mano che teneva sulla sua guancia dietro la sua nuca, tra i suoi capelli. Ed intanto cerca di nuovo il suo corpo, la sua vita, il suo busto, cingendola a sé con l'altro braccio, facendo scontrare con energia i loro bacini. Elia se ne fotte, per una volta, del pericoloso bivio, dei cartelli sfumati, delle numerose avvertenze che ornano entrambi i percorsi. Elia se ne fotte di tutto, di cio' che ha lasciato a casa e di cio' che vi ritroverà, se ne fotte dei suoi principi e pure delle promesse fatte alla stessa Monique, spingendosi là dove un semplice amico, di certo, non si sarebbe mai spinto. Così percorre rapidamente la distanza che lo separava ancora da lei, dal suo volto, e la bacia / questa volta / sulle labbra. La bacia con foga, con desiderio, con allegria, mentre il cuore festeggia nel suo petto e l'intero suo corpo s'infiamma d'immenso. La bacia, sì, perché per una volta il desiderio ha trionfato sul bisogno, l'irrazionalità sul controllo, il cuore sul cervello. Non è un bacio casto, un bacio lascivo, ma un contatto bramoso e carnale, ragion per cui ricerca fin da subito la sua lingua, che unisce alla propria in un legame che, spera, non si estinguerà più. 𝐌𝐎𝐍𝐈𝐐𝐔𝐄: In quel momento non c'è nulla di storto, non c'è nemmeno una piccola e lontana possibilità che qualcosa possa cambiare le sorti di ciò che, a breve, succederà. Si desiderano, è palese, la tensione fra loro è palpabile e Monique non può che perdersi in quello sguardo e cedere, pian piano, a quella bellissima tentazione che porta il nome di Elia. Farebbe lei il primo passo se solo non fosse così testarda da voler far cedere lui per primo. Ostinata fino alla fine, non c'è niente da dire. In un attimo la sua mente torna a qualche tempo prima, al giorno in cui per una banale sfida si sono ritrovati ad offuscare il confine stabilito. Un confine che pensava solido e invece si è sbagliata, perché quel confine non è mai stato tanto sottile. Una semplice sfida, una provocazione nata tra i due per gioco, ecco cosa è bastato per ritrovarsi chiusi in quelle quattro mura del bagno. Ricorda ogni minima cosa, Monique. L'eccitazione, il calore del corpo di Elia, le sue mani addosso. Così vicini per poi ritrovarsi così lontani pochi istanti dopo. Ma Monique è stanca di quel continuo rincorrersi per poi lasciarsi sempre scappare. E' stanca di vivere con il desiderio di lui e fingere che sia solo un semplice amico. Elia è lì, davanti a lei, tiene stretta Monique al suo corpo. Prendere o lasciare, ora. E questa volta non ha intenzione di lasciare. Basta perdere occasioni. Quando le distanze si annullano, il respiro si ferma. Così come tutto il resto attorno. Chi se ne frega delle promesse fatte, delle paure di passi falsi, delle conseguenze e di tutto il resto? Non loro. A Monique non importa niente. E' una frazione di secondo poi le loro labbra hanno finalmente modo di congiungersi. Finalmente un'altra barriera è caduta. Le loro labbra si muovono in perfetta sincronia, le mani di Monique risalgono lungo il petto del ragazzo per finire dietro la nuca e intrecciarsi ai morbidi e ricci capelli. Non c'è nemmeno l'ombra di dolcezza in quel bacio perché Monique ci mette tutto il desiderio provato fino a quel momento. Lo bacia con la stessa foga, intrecciando la lingua alla sua in una danza intima, solo ed esclusivamente loro. Sente il cuore più leggero, scalpita all'impazzata ma è meno pesante di sempre. Finalmente si sente al posto giusto, non si sente sbagliata a star baciando quel ragazzo che fino a qualche settimana fa ha considerato il proprio migliore amico. Lo bacia con foga, travolta dalla passione che scuote ogni fibra del suo corpo. Lo bacia fino a perdere il respiro. Ma va bene, è lì con lui, Elia al momento è solo suo. E spera, nel profondo di quel cuore che ha ripreso vigore, che possa durare ancora a lungo quella felicità che sente scorrere nelle vene.
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ELIQUE ❙ VERONA RPG. “ 26 novembre, 2019. — ELIA: Se ne stavano seduti sul divano della grande Villa dei Genovesi, sepolti sotto ad una pesante coperta invernale. Dinnanzi a loro, un caminetto scoppiettava allegramente, mentre la tv stava trasmettendo qualcosa come “Lalaland”. Erano trascorsi circa quarantacinque minuti dall’inizio del film, quando Elia, approfittando dell’attenzione di lei coinvolta dallo schermo, spostò il proprio sguardo sulla donna accanto a lui. La guardò per un po’, ritrovandosi a sorridere tra se e se senza neppure rendersene conto. Poi, come fossero in un film, finse teatralmente di stiracchiarsi per poter portare un braccio dietro alle spalle di Monique. Con quel gesto teatrale, mimò un amplio sbadiglio, appunto per ridicolizzare quel gesto che proprio non gli apparteneva. Si sa, se il Ferrera desiderava qualcosa, se lo prendeva, senza ricorrere a false e a recite amatoriali. Così, accorgendosi d’esser stato ridicolo, strozzò una breve risata, distraendosi una volta per tutte dalla visione della pellicola. « Ripensavo alle parole di oggi. Per “fare qualcosa che non facciamo da tempo”, intendevi una doccia? Non è finita bene, l’ultima volta. Dovremmo rimediare. » era chiaro che le sue intenzioni fossero ben altre. Dal suo sguardo era facile leggerne le cattive intenzioni. « Dovresti vedere il bagno dei Genovesi. Hanno tutta una SPA! » — MONIQUE: E' scesa la sera su quel posto eppure per Monique il tempo sembra essersi fermato. Le ore continuano a scorrere lentamente ma è come se per lei, le lancette dell'orologio, si fossero fermate del tutto. Così come l'atmosfera che aleggia in quel posto, la bella Londsale è in perfetta sintonia con quel posto. Comodamente seduta su un divano, una coperta calda sulle gambe, il fuoco che scoppietta nel camino illuminando la grande sala. E poi, accanto a se c'è Elia. Cosa potrebbe chiedere di meglio? Ha una mano poggiata sulla coscia del ragazzo, è intenta a guardare il film trasmesso in televisione ma vuole comunque un piccolo contatto per lui. A tratti lo guarda di sottecchi, ed è proprio di nascosto che cerca trattenere una risata quando si accorge dei suoi gesti. Ma quella risata si espande nella stanza all'udire le parole successive. E' sempre lo stesso, non è cambiato di una virgola. « Mi riferivo al dormire insieme, sono mesi ormai che non ne abbiamo occasione. Ma se vuoi possiamo fare la doccia prima. Anzi no, magari un bagno. » distoglie l'attenzione dal film che, ormai, non ha più in minimo d'importanza. Ricorda bene cosa è successo quel giorno a casa Ferrera ma sa altrettanto bene di essere così libera quando sta con lui di non poter fare a meno che giocare al suo stesso livello. Provocazione per provocazione. « Provvedi a farmi vedere questa sorta di spa nel bagno dei Genovesi, no? » — ELIA: Abboccato. Monique aveva abboccato. Tutto ciò che adesso Elia doveva fare, era tirare la lenza e trascinarla a sé. Non attese ulteriormente, si privò della coperta e si alzò in piedi, intorpidito dal lungo soggiorno sul comodo divano. Si sentiva bene, era in forma. Dal compleanno di Assia, all'incirca, le cose per lui erano cambiate. Difficilmente ricadeva in pensieri oscuri, in quei ricordi che stava duramente lavorando per eliminare. Cercava, invece, di guardare oltre , cogliendo il bene che i suoi amici continuavano a rivolgergli, senza mai pretendere niente in cambio. Non era da solo come inizialmente aveva pensato, e la certezza di aver un continuo appoggio era per lui il più grande dei doni, la via di fuga dal lungo periodo nero. Le porse una mano, invitandola ad alzarsi. Era scontato, ormai, che avrebbero dormito insieme. Ma fare un lungo bagno caldo? Nudi? Fino ad un mese prima, avrebbe solo potuto sognare un simile scenario. « Andiamo! » esclamò afferrando la sua mano. Poi, come fosse una conclusione del tutto logica: « Il tempo di aprir l’acqua, e sappi che ti strapperò di dosso qualsiasi capo di vestiario. » ( ... ) — ELIA: Attese qualche istante, picchiettando nervosamente le mani sui bordi della comoda vasca. Cercò una soluzione a quel dilemma senza fine, fin quando, sbuffando rumorosamente, non si decise ad alzarsi. Non si fece alcuno scrupolo nel farlo, non nascose la propria intimità in fase d'erezione, né si preoccupò di bagnare, l'intero pavimento (essendo casa di Giovanni, avendo potuto, avrebbe allagato volentieri l'intero piano superiore). Raggiunse l'entrata della sauna e cerco Monique con lo sguardo. Non riusciva quasi più a scorgerla, in quanto la brina presente sui vetri di quella struttura ermetica ne nascondevano quasi totalmente la figura. Immaginò che anche lei, dall'altra parte, non riuscisse a scorgere nient'altro di lui, se non vaghe colorazioni e la sagoma. Prima di aprire l'anta della sauna, Elia s'accertò di recuperare un asciugamano bianco, asciugamano che legò saldamente in vita, in modo da nascondere fianchi e pube. Solo allora entrò all'interno della sauna, assai più calda ed afosa del resto del bagno. « Come cazzo riesci a respirare qua dentro? Si muore! » esclamò immediatamente, sbattendo più volte le palpebre per abituare gli occhi a quelle temperature aride. Poi, in punta dei piedi scalzi, si avvicinò a lei, annaspando. « Basta chiedere, sai? Se mi volevi qui con te, potevi richiedere la mia presenza sin dall'inizio. Pensavo volessi farti un bagno ... com'è che hai optato per quest'inferno, poi? » e così dicendo, fingendo innocenza, si sedette non molto lontano da lei, a solo qualche passo di distanza. — MONIQUE: Finirà mai quella sfida? Non ne ha idea, ma sicuramente finirà quando lui abbandonerà quell'idromassaggio per raggiungerla. Solo allora sarà soddisfatta. O qualcosa del genere. Le viene da ridere, Monique non riesce ad essere seria e fortunatamente ringrazia il cielo per essere chiusa in quella stanza, immersa nel vapore. Così non può vederla e non può notare il sorriso che aleggia sulle morbide labbra. E' stata proprio lei a mettere distanza, del tutto vero, ma solo come conseguenza a quell'azione. Dalla testa dura più di un muro, Monique è tentata di fiondarsi da lui ma non cede, è così rilassata che quasi sembra dimenticarsi del mondo intero. Se non fosse per Elia che si palesa dentro la sauna qualche minuto dopo, probabilmente lo avrebbe lasciato lì per tutto il tempo. Lancia lui un lungo sguardo, dall'alto verso il basso e poi viceversa, senza premurarsi di sembrar un po' meno sfacciata. Si è preso la briga di indossare un asciugamano, si chiede come mai non abbia osato sfidarla. « Non sei cambiato di una virgola, sei sempre uno scorfano brontolone. » poi lo guarda sedersi a poca distanza da lei e la domanda le viene naturale. « Cos'è, hai paura di sederti più vicino? Guarda che non ti mangio, forse. » ma quella non è la sua ultima mossa, prima di rispondere alle parole del ragazzo, scivola accanto a lui. Tentata di sedersi sulle sue gambe, cambia idea all'ultimo minuto. Meglio non esagerare. Allora poggia solo le proprie su quelle altrui, sistemandosi comodamente senza nemmeno chiedere il permesso. « Infatti, volevo fare il bagno. Ma darti la soddisfazione di avermi così vicina non mi andava a genio. Però potevi farmi cambiare idea, com'è che non l'hai fatto? » mormora, ironica, poggiando il mento su una sua spalla. — ELIA: Finse disinteresse ed insofferenza, Elia, quando ella si avvicinò a lui, rivolgendogli quelle domande. Sollevò di poco le spalle, poi, borbottando con superficialità le rispose: « Il mio l'ho fatto. Non muoverò più un dito per te. » la buttò lì, facendo spallucce, poi si appoggiò indietro, contro la parete in legno. L'aria era pesante, non era abituato a quei climi tropicali, amante com'era della montagna, della neve e delle alte quote. La presenza della donna, con le sue lunghe gambe adagiate su quelle del palermitano, erano però tutt'altro che indifferenti. Solo quel contatto provocò al Ferrera una piacevole scarica di brividi, tanto vicine al tessuto di quell'asciugamano, ancora saldamente rilegato attorno alla vita. « Finirai mai di lamentarti di questo e di quest'altro? » le domandò con un pizzico di ironia, incalzandola. In fondo, cos'aveva fatto lei, per lui, oltre a privarsi di quei vestiti? Era chiaro che entrambi si desiderassero, che ogni fibra dei loro corpi richiedesse di comare quelle distanze di soddisfare una volta per tutte i loro più profondi desideri. Perché girarci ancora intorno, allora? Elia e Monique si assomigliavano più di quanto si potesse pensare, orgogliosi e cocciuti fino all'osso, pronti a sacrificare qualsiasi cosa, pur di rimanere sui propri principi. Ma valeva ancora la pena brandire l'ascia di guerra, quando il volere dei due spingeva verso la stessa direzione? Quella era davvero una sfida? O forse si stava trasformando in un insano masochismo? « Non fosse per questo telo, il mio uccello sarebbe all'aria. C'è bisogno te lo metta in mano, per capire quanto ti desideri? » — MONIQUE: Le parole del ragazzo non solo aleggiano in quella stanza, spezzando l'aria calda, ma risuonano nella mente come un eco. Ci riflette su, per qualche secondo, perdendosi nell'osservare il profilo del bel ragazzo. E' poggiata a lui, sulla sua spalla, con le labbra riesce a sfiorare la pelle del collo. Ed è lì che nasconde il viso, lasciandoci poi un dolce bacio e questa volta non per provocarlo, semplicemente in silenzio sta dando lui la ragione. Finirà mai di lamentarsi? No, mai. Lo fa perché è divertente, le piace poterlo spazientire, vedere il broncio che si forma sul viso o il suo della sua voce che emette lamentele. Ma perché dirglielo se quelle cose lui le sa già? Non smetterà mai di infastidirlo e il perché non importa. Ci riflette, forse fa bene. Magari dovrebbe fare lei qualcosa per lui. In fin dei conti lei lo desidera, è palese. Ogni fibra del suo corpo vuole Elia. Lo si nota dallo sguardo, che per quanto sia ricolmo d'affetto per lui è macchiato da una sfumatura di malizia e desiderio. Lo si nota dal corpo esile ma che reagisce ad ogni contatto con l'altro. Lo si nota e basta. E potrebbe capirlo anche un cieco. Solitamente ribatterebbe a tutta quella volgarità, ma questa volta no. Questa volta agisce in modo diverso, lascia che sia il cuore a imporre la propria autorità non la mente. Alza appena il capo, l'azzurro dei suoi occhi è scintillante, talmente tanto da brillare in quella stanza dalle alte temperature. Alza il capo per potersi ritrovare all'altezza del suo, è di profilo ma Monique poggia sul volto maschile una mano ed è così che lo invita a guardarla. Con il pollice accarezza una gota, i suoi occhi si perdono in quelli decisamente più scuri e poi come attratti da una calamita si poggiano sulle labbra. Dio solo sa quanto vorrebbe baciarlo, assaporarle come ha fatto prima in un impeto di coraggio e spinta dalla provocazione. E se per un attimo esita, trattenuta dalla paura di un suo ipotetico rifiuto, la bella ragazza s'avvicina a tal punto da riuscire a baciarlo. E' un bacio delicato, timido. Non è irruento né invasivo, ma decisamente il contrario. E' dolce, di quella dolcezza che solo lei sa dimostrargli e che usa per parlargli anche quando le parole non possono spiegare nulla. Per la prima volta, in tutti gli anni condivisi, fa un piccolo passo verso di lui. Piccolo, certo, ma si comincia sempre così. — ELIA: Trattenersi dal guardarla era pressoché impossibile. Gli occhi di Elia, per quanto birbanti, studiarono il volto della donna, poi il fisico avvenente. Non c'era niente in lei che non gli piacesse, così bella che sembrava venuta da un'altra dimensione. Eterea, Monique non era di certo una delle tante, ma una di quelle donne che non vengono dimenticate, che s'insinuano in ogni neurone, in quiescenza, in attesa di tornare a galla più ardenti che mai. Elia non riusciva a capire come fossero arrivati fino a quel punto, tanto vicini quanto lontani. Sembrava come se, a seguito di quella lontana intimità, si fosse sollevato un muro tra di loro. Aver superato certi confini li aveva avvicinati, ma allora perché continuavano a trattenersi? Quando Monique si alzò, il palermitano intuì volesse sfidarlo nuovamente, privandolo magari del suo telo o, peggio, sfilandosi di dosso quei suoi superflui pezzi d'intimo. Ed invece, le carte sulla tavola da gioco furono nuovamente scozzate e ridistribuite con criterio. Ecco che il muro tra di loro, quello immaginario che Elia si era immaginato poco prima, era stato colpito da un immenso martello demolitore. Ecco che ne cadeva un primo mattone, poi un successivo ed un altro ancora, scontrandosi sul terreno e provocando un immensa nube di fumo. Le labbra della donna, posate con dolcezza su quelle del Ferrera, lo fecero tremare. Sembrarono incollarsi le loro bocche, nel momento in cui presero a baciarsi con tanta indulgenza, da sembrar fatte le une per le altre. Elia si alzò, incapace di starsene a sedere quando il bisogno di stringerla a sé era fatto troppo potente. Le cinse i fianchi snelli, poi le abbracciò la vita, stringendola con forza a sé. Petto contro petto, addome contro addome, bacino contro bacino. E mentre quel bacio prendeva un'altra forma, mutandosi lentamente in una danza intricata di lingue e respiri, lui accarezzò con fare possessivo la sua schiena, il dorso inarcato, il fondo schiena sodo. — MONIQUE: Non ha la più pallida idea di cosa succederà dopo quel dolcissimo bacio, di come Elia reagirà, ma non è sicura di voler dare a tale dettaglio un po' di importanza. Dopo tutto quello che hanno passato, insieme e non, dopo tutti gli avvenimenti, la lontananza, le discussioni, Monique ed Elia hanno bisogno di ritrovarsi. Come poche volte nella vita non ha l'impressione di sbagliare. Quel gesto è giusto, desiderato soprattutto. Se lo sono detti quella sera alla festa di Assia, percepiscono sempre ed entrambi lo stesso bisogno per quanto magari non vogliano ammetterlo. Quante altre volte ancora dovranno dirselo? O quante altre volte ancora dovranno allontanarsi prima di tornare l'uno dall'altra? Dopotutto è proprio ciò che stanno facendo. Abbattere il muro che li divide è necessario. Quella loro armonia, ciò che li lega è ancora lì, nascosto nel profondo di entrambi. Non può svanire, sembra quasi indissolubile. È un po' come un'ombra, più vivida alla luce del giorno e nascosta durante la notte. Nascosta si, ma sempre presente. È così anche Elia per Monique. Un legame che esiste da sempre, magari a volte sembra retrocedere ed altre andare così veloce da farle girare la testa, ma è sempre lì, presente come uno dei suoi tatuaggi. Presente proprio come un'ombra. Baciarlo è stato solo il primo passo, un enorme traguardo per Monique che con lui non ha mai osato andare oltre. Forse un po' per paura, forse per poca sicurezza, perché in fondo è la sua più grande debolezza e le debolezze portano a questo. Le viene difficile controllarsi, tenere a bada la miriade di sensazioni che prova con lui, adesso o in qualsiasi altro momento. Quindi perché frenarsi ancora quando tutto ciò che desidera è esattamente davanti a sé? Il corpo si muove come attratto dall'altro, lo segue mettendosi in piedi e perdersi fra le sue braccia poi è più che naturale. Necessita del suo calore, di sentirlo contro di sé mentre le labbra si muovono contro quelle altrui in una danza tutta loro. E allo stesso modo, lentamente, schiude quelle morbide con la propria lingua. Non le basta un semplice bacio, vuole di più. Vuole giocare con la sua lingua, si schiaccia ancora più contro di lui mentre le mani salgono lungo la schiena e raggiungono la nuca, lì dove può intrecciare le sottili falangi ai ricci capelli. Non lo bacia con sfacciata avidità, piuttosto si gode il momento ma l'essere così stretta a lui, toccare ogni centimetro di quella schiena ... Sono quei dettagli a tradirla. Lo desidera e vuole che lui lo sappia, vuole che sappia che al momento appartiene a lei. ( ... ) — ELIA: La verità è che Elia non sa bene come comportarsi con lei, cosa dirle, come toccarla, come stringerla. Monique è la persona che conosce meglio, in assoluto, ma in quel momento appare a lui come un'estranea. Il suo corpo è estraneo, le sue labbra sono estranee, è estranea la sua lingua così come quel suo odore, nuovo, diverso, più intenso. E' diverso il modo cui cui ella lo guarda, è diverso il modo in cui si rivolge a lui, spesso con un ghigno maliziato, poi in modo dolce e vicino. Monique, davanti a lui, per quanto simile alla sua vecchia migliore amica, l'amica del cuore, tanto vicina alla sua anima quanto ai suoi pensieri, è adesso un'altra persona, una persona di cui Elia non sa un bel niente. Toccarla l'aiuta a ritrovarsi, a trovare l'estremità del filo che sembra aver perso, a capire come sia fatta, chi sia per davvero. Il cuore ha subito una gran impennata sin da quando si sono alzati dal divano, spinti sì dal piacere di trascorrere insieme una indimenticabile serata, quanto dalla voglia di conoscersi più a fondo, dallo spingersi oltre ogni confine. Per quanto l'abbiano negato a loro stessi, sapevano bene, entrambi, dove quel bagno li avrebbe spinti. Dell'amicizia, quella di un tempo, quella riservata alle carezze superficiali, alla voglia di divertirsi senza alcun impegno, né rimasta solo una lontana ombra. Si esplorano, si esplorano con le mani, si esplorano con la lingua, con le dita, con gli occhi avidi di saperne di più. Ma è chiaro che entrambi ne vogliono ancora, desiderano di più, hanno bisogno di colmare qualsiasi incertezza, di dare forma alle domande che da tempo si son posti, di mettere un punto fermo a quell'enorme punto interrogativo. Elia le rivolge un ultimo sguardo, mentre la voce della donna, sensuale e calda, riecheggia in loop nella sua testa, evocandone forme e colori. Abbandona il suo sguardo, forse perché intimidito da quelle pozze cristalline, forse perché troppo intenso per le sue incertezze, e porta gli occhi sulle spalline del suo reggiseno, che ha già afferrato con entrambe le mani. Guarda prima uno, poi l'altro, mentre le dita li tirano giù, in modo simmetrico, lentamente. Vuole godersi ogni istante di quel momento irripetibile, fissando tutto nella memoria a lungo termine. Le spalline cadono giù, giù dalle spalle erette della donna, mostrandone per intero le clavicole ben delineate. Poi, con la medesima cura, con quella lentezza quasi nauseante, Elia le sgancia il reggiseno, lasciando che cadesse per terra, tra di loro. Non l'osserva, non ha la forza di farlo, di sbirciare ulteriormente. Tutto d'un tratto si è fatto come timido, davanti a lei. Le bacia invece lo zigomo, poi la mascella, infine il collo. Lascia sulla sua pelle dei baci umidi, investigatrici. Solo quando s'allontana ha modo di guardare la donna, il suo seno, la forma perfetta delle mammelle di cui conosceva solo lontanamente l'aspetto. E' sul suo petto, tra i due seni, che Elia posa le labbra, inclinandosi in avanti. La bacia proprio lì, nel mezzo, mentre afferra con entrambe le mani quei due promontori sconosciuti. Li massaggia, li stringe, li stuzzica. Le labbra, invece, continuano a scendere verso il basso, sull'addome piatto, sul ventre vuoto, fino al tessuto degli slip. Vorrebbe rivolgerle un ultimo sguardo, ma non riesce, non puo' sollevare gli occhi su di lei, non puo' e basta. Lascia un bacio sul suo pube, sopra al tessuto delle mutande, poi si tira giù, in ginocchio dinnanzi a lei, sottomesso. Solo allora puo' afferrare gli slip femminili, così da poterli spingere verso il basso, liberandola da tutto, tutto quanto. Prima di alzarsi, tornando eretto dinnanzi a lei /ed "eretto", a quel punto, non era solo lui/, schiocca un languido bacio sul suo monte di Venere, respirandone il profumo. « — 'Nique, giuro che ti divoro. » sospira quasi impercettibilmente, occhi negli occhi, apparendo spaesato. — MONIQUE: Monique può vantare migliaia di sfumature in se, alcune colorate, scintillanti, altre tendenti ai toni scuri, sfumature spente. Sfumature di ogni colore che dipingono il suo carattere e la sua persona, la sua allegria e la sua eterna gentilezza. Colori accesi per ogni suo punto forte, per la passione che ci mette in tutto, per l'enorme cuore grande, per l'amore che cerca di dare agli altri ma che ha paura di mostrare o di donare a se stessa. E poi, come tutti, il suo carattere è macchiato anche da sfumature scure, perché anche lei è umana e soggetto di tristezza, rabbia o addirittura rancore. Una così piccola ragazza ma capace di avere tanta forza da combattere sempre. Ogni volta che cade, poi si rialza. Ma queste migliaia di sfumature sono nascoste sotto uno spesso strato di apatia, per certi versi, una maschera messa su da lei per evitare ferite e i propri punti deboli. Nessuno, nessuno /tranne Elia/ a quanto pare, la conosce veramente. Eppure anche a lui molte cose sono ancora ignote e i motivi sono infiniti. L'ha conosciuta tempo fa, sono diventati amici, poi qualcosa di più. Hanno vissuto anni credendo di essere migliori amici e forse lo sono stati davvero, lo sono stati fino a quella maledetta volta a casa Ferrera, quando ogni limite si è offuscato. E' lì che tutto è cambiato. E ora? E ora uno di fronte l'altro, varcando una nuova soglia a loro sconosciuta, ci sono due persone che hanno la possibilità di conoscersi meglio. Di superare un altro limite, di eliminare qualsiasi dubbio, di rafforzare il loro legame o distruggerlo del tutto. Elia l'ha vista sorridente, arrabbiata, alla festa di Assia anche stracolma di lacrime. Poi, durante il corso della serata, ha potuto vederla maliziosa, una vera seduttrice, ma che adesso e davanti a lui, mentre lo guarda negli occhi, si mostra per la dolcezza infinita che ha. Non lo guarda con malizia, ma con affetto. Per lei è tutto. E' il suo migliore amico, lo è ancora, è il ragazzo che le fa battere il cuore, è la stessa persona che lei protegge ad ogni costo e con cui condivide il bene e il male. Sono partner, lo sono da sempre. Nuda, /non solo di fatto/, privata di qualsiasi corazza, sicurezza o insicurezza. E' così che si mostra ad Elia. E' un privilegio che sta concedendo solo a lui, vuole sedurre, far suo, solo lui. Non si è mai spinta a tanto con nessuno, dovrebbe ritenersi fortunato. Lo osserva per tutto il tempo, con attenzione. Ma sente la pelle bruciare a quei languidi baci che lui lascia sulla pelle nuda, a partire dagli zigomi poi il collo e giù fra i seni. Le palpebre si calano e un sospiro abbandona le morbide labbra appena schiuse. Percepisce ogni bacio come una lama, i sensi sembrano amplificati come quella estenuante lentezza. Ogni centimetro del sinuoso corpo adesso gli appartiene, ed è per questo che Monique non emette resistenza. E' l'opera d'arte che finalmente Elia può contemplare. Quella scia di baci provoca in lei una scarica elettrica, percorre la spina dorsale, porta la sua pelle a rabbrividire. E poi, come per magia, anche l'ultimo indumento viene tolto. Raggiunge il resto dei loro abiti e Monique non li ha mai trovati tanto ingombranti come adesso. A quelle parole sorride, ma è un sorriso indecifrabile. Non emette suono, non risponde a quelle parole. E' evidentemente compiaciuta, si desiderano alla follia, è desiderata da lui. In realtà risponde al ragazzo, ma in modo decisamente diverso. Porta le mani sulle sue forti spalle, le lascia scendere lentamente sulle braccia. Accarezza ogni centimetro di quella pelle con i polpastrelli in un tocco leggero e così ancora sul petto. Scende, scende sempre di più. Scende fino al punto in cui è stretto l'asciugamano. " 'Nique, giuro che ti divoro " risuona nella testa quella frase. Una, due, tre volte. E alla terza volta, come risposta, scioglie quel nodo che tiene l'asciugamano ben saldo in vita. Solo allora, quando quell'inutile sorta di indumento cade, alza gli occhi sul ragazzo. Solo uno sguardo, nient'altro. Non c'è bisogno delle parole. — ELIA: Nudi dei loro vestiti, delle paure, delle incertezze e dei muri che entrambi nel tempo hanno eretto a protezione del mondo, Elia e Monique sono l’uno dinnanzi all’altra. La stanza è avvolta da un alone di silenzio, gli unici rumori provengono dall’ebollizione della vasca idro-massaggia, a due passi da loro. Si guardano, si studiano, sono i loro sguardi a parlare silenziosamente, a comunicarsi tutte quelle emozioni che, verbalmente, è impossibile trasmettere. Elia la guarda con sincero affetto, anche con ammirazione sì, ma soprattutto con leale felicità. Rimane così, in quella posizione stantia per qualche istante, prima di prender in mano la situazione e di indicar lei di spostarsi altrove, lì dove fin dall’inizio avrebbero dovuto entrare, insieme. Così, per primo, si allontana da lei, dimenticandosi di esser nudo dinnanzi agli occhi di una donna che mai l’ha visto così. Entra all’interno della vasca idromassaggio, poi porge una mano a Monique, come per aiutarla a compiere la stessa banale operazione. Non parla, non riesce ad esprimersi, ha paura di rovinare tutto quanto anche solo con un respiro di troppo. Poi, si siede esattamente dov’era poco prima. Tentar di non sbirciare l’intimo di Monique è pressoché impossibile per lui. Per quanto tempo ha sognato il suo corpo, così come adesso è? Per quanto ha ipotizzato quanto voluttuosi fossero i suoi seni e sodo il suo fondoschiena? Per quanto ha tentato di immaginare cosa nascondesse al di sotto degli slip femminili? Inutile negarlo, a qualsiasi ragazzo, per quanto amichevole, è capitato di chiedersi cosa si nasconda sotto all’intimo della migliore amica; è legittimo porsi certe domande, andare oltre a cio’ che gli occhi possono osservare e le mani toccare. E’ una cosa normale porsi certe domande, viaggiare con la fantasia. Rimane difficile al giovane Elia evitare con lo sguardo quelle figure che a lui per tanto suo rimaste nascoste. Ancora, nonostante tra di loro le cose siano cambiate, nonostante la passione lo stia provocando ed eccitando privandolo della sua solita lucidità, gli è difficile immaginare la fusione dei loro due corpi, per quanto egli lo desideri. E’ un pensiero troppo grande, troppo distante, surreale, un po’ come un sogno proibito, un desiderio ardito, quel genere di desideri talmente tanto lontani dalla realtà, che sembra irraggiungibili. Eppure eccola, eccola lì, davanti a lui, nella sua naturale bellezza. Eccola Monique, la protagonista di tanti suoi sogni, tante sue fantasie; nuda, solo per lui. Elia attende che la ragazza possa sedersi al suo posto, prima di farsi forza e di riprendere a parlare. Cerca il suo sguardo, ha bisogno di sentirla vicino, ha bisogno di percepire la sua presenza, proprio lì. Dischiude le labbra, cerca di dire qualcosa, ma non sa bene cosa dirle, tanto insicuro di se stesso. Insicuro, sì. Perché parlare? Perché rivolgersi a lei? Perché sprecare tante inutili parole, parole che avrebbero potuto guastare quell’atmosfera? E allora, il Ferrera si decide. Si volta verso la ragazza, le accarezza il viso, il collo, i fianchi. Ed è allora che l’afferra e l’attira a sé, sulle proprie gambe, a cavalcioni su di lui. In un secondo è di nuovo sulle sue labbra, sulle morbide, carnose calde labbra delle donna. Non c’è più spazio per la timidezza, per il timore di danneggiar il loro rapporto. La bacia con ardore, trasporto, mentre le sue mani si poggiano sui seni rotondi di lei. La vuole. La vuole subito. Con una mano si spinge oltre, decidendo di varcare un nuovo confine. La mano scivola sull’addome della donna, sulla pancia piatta, il ventre snello. Ed è allora che si insinua tra le sue gambe, la’ dove l’acqua della vasca assume una consistenza più densa, bagnata dagli umori della donna. Eli la sfiora proprio lì, tra le gambe. ( ... ) La sta solo accarezzando, sta cercando di conoscerla meglio, di conoscere i suoi punti deboli, i punti più sensibili, i segreti più intimi. Elia è un abile ed avido amante; ma per una volta, al centro del suo interesse non vi è il proprio benessere, quanto quello della sua compagna. — MONIQUE: Sono molte le volte in cui Monique si è ritrovata a fantasticare sulla persona che spesso e volentieri fa capolino nella sua vita. Meglio dire sempre, non spesso. Elia è una presenza costante, lo è da sempre. Molte volte si è ritrovata da sola, nella propria camera, ad immaginare di averlo proprio accanto a sé e di poterlo guardare in silenzio, averlo poggiato al petto e poter giocare con i suoi ricci o poter sentire il calore del suo corpo contro il proprio senza gli inutili indumenti di torni. Ne ha immaginati di scenari, tutti diversi. Alcuni scenari potrebbero essere definiti fin troppo romantici, ma cosa ci si può aspettare da una ragazza innamorata anche solo dell'idea dell'amore? E' così, nonostante voglia tenere proprio l'amore lontano da se perché impaurita. Altri invece diversi, più spinti, più ... carnali, ecco. In fin dei conti è umana anche lei ed Elia è fin troppo un bel ragazzo per non provocare certi pensieri in lei. Ha sempre capito le altre donne, le capisce fin troppo bene purtroppo. O quante volte si è ritrovata a parlarne con la sorella, seppur evitando di mettere a nudo i propri pensieri e i propri sentimenti. In tutto ciò, però, non ha mai pensato di potersi ritrovare, un giorno, esattamente di fronte a lui priva di vestiti. Può dire di impazzire quando lui è nelle vicinanze, Elia ha un forte ascendente su di lei. In qualsiasi possibile senso. E' la sua altra faccia, quella che possiede ogni medaglia. Sono stati sempre solo pensieri, stupide immagini senza senso. Adesso che anche l'ultimo indumento è caduto, non c'è niente che sembri sbagliato o uno stupido pensiero. Immersi in quel silenzio, Monique è estremamente a suo agio. Non ha vergogna dall'essere nuda davanti a lui, alla stessa persona che ha reputato come un migliore amico per anni, non è intimidita come magari alle volte potrebbe capitare con un uomo sconosciuto. Anche il quel rapido e secco gesto ha mostrato la sua sicurezza. Non ci ha pensato due volte a spingersi oltre ogni previsione. Mentre lo guarda attentamente cercando di capire cosa stia provando, la bella Londsale si sente finalmente e per una volta al posto giusto. Afferra la mano del ragazzo, lo segue della vasca idromassaggio e si siede accanto a lui, in silenzio. Non vuole spezzare quell'atmosfera ma non ha nemmeno paura di farlo. Non c'è più nulla nella sua mente, nessuna domanda, nessuna paura. Monique vuole godersi il momento e basta. Magari avranno modo di discuterne presto ma ora ... ora vuole lui. L'immergersi nell'acqua calda le provoca un brivido ma il suo corpo si ambienta subito alla temperatura. Monique non riesce a staccar da lui il proprio sguardo, sulle labbra aleggia sempre l'ombra di quel dolce sorriso. Ma nota come sia trattenuto, come abbia paura di compiere un gesto sbagliato. Forse per la prima volta nel corso del loro percorso, non è Elia a far prevalere il proprio carattere forte. E' Monique ad essere meno tesa, nonostante sia in una situazione sconosciuta, ai limiti di ogni confine possibile ed immaginabile. Ormai non c'è più nulla che possa riportarli indietro, non c'è niente che possa riportarli alla loro vecchia amicizia. Le cose sono cambiate, sono in continua evoluzione fra loro, ma nel bene o nel male sono sempre più vicini ad un rafforzamento del legame che alla distruzione. E si chiede, per un solo attimo, quanta probabilità ci sia di incappare nella seconda possibilità. Poter stare insieme, potersi unire in un attimo fin troppo intimo, è sempre stata un'ipotesi assurda, quasi impossibile. Eppure adesso sono così vicini a quel passo, passo che lei si sente pronta a compiere. Vorrebbe rassicurarlo, proprio come fa sempre, dirgli di star tranquillo perché è la sua Monique, quella che conosce da una vita. Vorrebbe dire qualcosa, fargli capire che quelle sue incertezze le ha notate. Ma le parole non servono, non ci sono parole giuste al momento. Allora quale via migliore se non comportarsi come fa sempre? Regala ad Elia un semplice tocco, una carezza sul viso che esprime tutto l'affetto per lui. Lo sguardo cade sulle labbra che lei stessa schiude passandoci il pollice al di sopra. Poi, in un battito di ciglia, Monique si ritrova in un nuovo turbinio di emozioni. Labbra contro labbra, la bella fanciulla si sistema a cavalcioni su di lui. Lo bacia con foga, lo blocca contro le proprie labbra tenendo ben salda la presa sul suo viso, i bacini che si scontrano e le intimità che si sfiorano per la prima volta. Monique è lì, proprio stretta a lui. Può toccarla, sentirla, percepire la sua eccitazione od ogni emozione che attraversa la sua pelle calda. E' sua, adesso ne ha l'occasione. Non ci sono più confini adesso, non ora. E' un leggero mugolio quello che si infrange contro le labbra del bel Ferrera nel momento in cui le sfiora il punto più debole. Non ha più il controllo di se stessa, travolta dal desiderio di avere finalmente Elia. Di averlo tutto per se almeno per una volta. Le sue mani scendono, abbandonano il viso perfetto per fermarsi sul petto mentre afferra tra i bianchi denti il labbro inferiore del ragazzo. Monique ci lascia un morso, ci prova gusto nel farlo senza forzare troppo però. Eccola, un'altra sfumatura della Londsale, eccola quella passione che nasconde e che ora brucia come il fuoco. Vuole dedicarsi a lui e solo a lui. — ELIA: Non ne vuol sapere niente del mondo circostante, di tutte quelle vicende che negli ultimi giorni l'hanno inghiottito fino a soffocarlo. Non ne vuole sapere niente della sua libertà, del passato tristo e spietato, di cio' che l'aspetta nell'imminente futuro. Con quel bacio, Elia si è dimenticato di tutto, di tutto eccetto di lei, seduta ancora sulle sue gambe. E' come se una gigantesca cupola fosse calata sulle loro teste, nascondendoli e proteggendoli dal resto del mondo. Ci son solo loro, loro e la vasca idromassaggio in cui sono immersi. Loro e i loro respiri fusi l'uno nell'altro, i battiti accelerati dei loro cuori, le carezze e le attenzioni che si stanno dedicando in religioso silenzio. Tutto pare risultare amplificato, come se quella cupola riuscisse davvero a far riecheggiare ogni dettaglio, pure quelli più insignificanti. Quel lungo bacio sa di casa, di familiare, di sicuro. Non è un bacio qualsiasi, ma una sorta di promessa, una garanzia di presenza, uno scambio implicito d'amore. Le due lingue si fondono, si inseguono, danzano l'una in coppia con l'altra, facendo di quel ballo sincronizzato un'opera d'arte. Ad un bacio, ne segue un altro, ad un sospiro un sospiro più forte, ad un'occhiata uno sguardo più emotivo del precedente. Eppure, mentre Elia si mostra apparentemente sicuro di quel che sta facendo, la sua mente continua ad andare in panne. Sa quel che sta facendo, ha sognato per anni il sopraggiungere di quel lieto evento, ma qualcosa di pesante e lancinante lo sta ferendo all'altezza del petto. La respinge, respinge la presenza oscura, la controparte di tutta la felicità che lo sta abbracciando. La respinge e basta, di qualsiasi cosa si tratti, serrando le palpebre e continuando ad accarezzare l'intimità della donna, al tatto sempre più fragile. Non è indeciso, non ha dubbi in riguardo, è Monique la donna che desidera, che desidera far sua, che desidera possedere ed amare liberamente, che desidera accompagnare fieramente anche fuori da lì, fuori da quel bagno, da quella villa, da quella Verona... ma c'è qualcosa in lui che continua a tirarlo giù. Non vacilla, nasconde le tenebre che a tratti attanagliano il suo cuore, adombrano le intenzioni amorose, ma si china invece a baciarle il collo, l'insenatura tra spalla e clavicola, la costellazione di nei che caratterizzano il suo petto. — MONIQUE: Succede come per magia, le loro labbra si toccano e il mondo scompare. La Terra smette di girare, ogni rumore si ferma, il tempo non scorre, ogni loro problema si dissolve come sabbia al vento che scivola via dalle falangi al passeggiar in spiaggia. Quanto potere ha un semplice sfiorarsi di labbra? Monique non se ne rende conto, sa solo che il cuore scalpita così forte nel petto da avere l'impressione di sentirlo esplodere da un momento all'altro. Sembra pura magia come con quel solo bacio tutto è sparito, lasciando al centro dell'attenzione loro due e i loro corpi avvolti dalla passione e dal desiderio di essere finalmente insieme. Solo loro due. Percepisce ogni minimo dettaglio in modo amplificato, la testa che vortica, il sangue che scorre nelle vene, il cuore che batte a ritmi fuori dal normale. Percepisce il suono del proprio cuore nelle orecchie, il calore del corpo di Elia al tatto, i muscoli delle braccia in tensione ad ogni azione che compie sulla donna. A chi importa cosa succederà nel vicino futuro o cosa invece sia successo nel passato? Personalmente, a Monique, proprio nulla. Niente ha più importanza adesso, non ora, non quando quel lungo bacio sta portando alla luce una nuova promessa. Quel bacio è il simbolo del loro tacito amore, perché è ciò che li lega. Non c'è più amicizia, non quella di un tempo almeno. Elia resterà sempre il suo migliore amico e forse sotto certi aspetti è ancora fondamentale descriverlo in tale modo, perché per lei un rapporto è completo quando non ci si trova solo un uomo ma un'amico. Qualcuno di cui fidarsi, una spalla, un supporto. Elia è tutto per lei. E' il ragazzo che le ha rubato il cuore certo, ma anche il ragazzo divenuto la sua persona. C'è qualcosa di più importante? Per Monique no. Elia è la sua famiglia, è casa. Potranno negarlo a lungo, sempre, a vita, ma nel profondo del cuore sanno entrambi che tutto ciò è spinto solo dal famoso sentimento che molti temono. Forse Elia per primo, non ne ha mai fatto un mistero però. Ma si può dire di non essere faccia a faccia con l'amore? Basterebbe guardarli per capirlo. I loro sguardi dicono tutto, il modo delicato con cui si toccano o quella passione che ci mettono nel baciarsi, privandosi del respiro. E' la promessa di chi lo supporterà in ogni decisione, che lo terrà mano per mano nel bene o nel male, che quando tutto andrà benissimo sarà al suo fianco e lo sarà anche quando le cose andranno catastroficamente male. Il respiro le manca, è affannoso, pesante per via di quel bacio difficile da troncare. Il suo corpo necessita aria, ossigeno, ma l'unica cosa che vorrebbe respirare è lui. Non può fare a meno di quelle lingue che si intrecciano, delle labbra che si incastrano come perfetti pezzi di un puzzle. Non può evitare il profondo sospiro che abbandona le sue labbra al sentire le dita del ragazzo scivolare in lei, inclina appena il capo indietro per lasciargli libero accesso al suo collo e le palpebre si chiudono per un attimo che sembra infinito. E' impossibile definire le sensazioni che sta provando, il piacere che aumenta in lei, che si espande nel basso ventre e che viene accompagnato da profondi sospiri che si infrangono sulle labbra del ragazzo o che si trasformano in languidi baci che lascia sul viso di Elia. La fronte, il perfetto naso, le gote, fino al collo. Monique cerca di concentrarsi su un lembo di pelle appena sotto l'orecchio, punto essenzialmente debole dell'essere umano. Ci lascia un bacio, poi un altro appena più sotto. Baci roventi, languidi, che lasciano poi spazio alle leggere torture che ci infligge sopra a causa della presa dei denti. Monique è sicura di se stessa, è brava in ciò che fa e lo è ancora di più se si tratta di far star bene il proprio compagno. E' brava quando lo tiene a se con decisione per evitare che si allontani anche solo per un secondo; è brava nel rendere quelle provocazioni tali e allo stesso tempo piacevoli e piene di sentimento, è brava quando lascia la presa sulla pelle stretta fra i denti e poi torturata dalle labbra ma che in un gesto assai dolce cerca di lenire lì, dove un piccolo alone rosso è comparso, passandoci la punta della lingua sopra. E' uno dei pochi momenti più belli della sua vita e Monique sta concedendo lui anima e corpo, cercando di poter prendere le stesse cose.
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ELIQUE ❙ VERONA RPG. “ 17 ottobre, 2019. — ELIA: Non sopporta di vederla così, così gelida rispetto ad una Monique del tutto calorosa, come la mattina stessa. Sospira, il Ferrera, che nell'ennesima stoccata della ragazza ritrova un modo per ferirlo. Si alza, quindi, quasi con uno scatto, inducendo il cane a sollevare velocemente il muso, allertato dallo scatto repentino del ragazzo. Si porta una mano tra i capelli, li scompiglia, poi sospira ancora. E' teso, è teso a causa del litigio con Monique e, peggio ancora, della serata imminente. Non è giornata per l'acidità, non è giornata per quelle discussioni. « Non voglio disturbarti ancora, Nique. Riposati, stasera dovrai dare il meglio di te. Ci troviamo alla festa, mh? Sarò a spillare birre. » — MONIQUE: E' difficile anche per lei essere così fredda, dura, quasi come se accanto a lei ci fosse un estraneo. Ma è convinta di dover prendere una strada diversa per riuscire a salvarsi da quella situazione. Se vuole sopravvivere, deve comportarsi in modo diverso dal solito. Ma tenerlo lontano non rientra nelle sue scelte, forse cambiare atteggiamento si. Non è sicura di poterci riuscire al 100%, non dopo che quel momento di rabbia svanirà nel nulla. E Monique in ogni soluzione che trova ha l'impressione di ritrovarsi sempre allo stesso punto. Come in una palla di lana aggrovigliata. Elia è teso come una corda di violino, lo nota, lo vede ed è Monique a renderlo così. E quando lui si alza con uno scatto, Monique fa la stessa cosa. Si para davanti a lui, le mani infilate nelle tasche della felpa e lo guarda con gli occhi leggermente lucidi per via della febbre. « Non mi disturbi, resta un altro po' con me. C'è tempo fino a stasera e io non ho bisogno di riposare. Prometto di non fare ancora la stronza con te. » seppur il tono si mantenga neutro, privo di ironia tagliente, è appena più morbido. — ELIA: Non se l'aspettava. Per quanto ci sperasse, non si aspettava Monique lo seguisse in quel modo, con la stessa velocità con cui lui stesso si era issato dal comodo divano. Elia la sovrasta, osservandola duramente dall'alto verso il basso. Scorge il rossore appestare i suoi occhi, rendere più pallida del normale la sua cera, e si sente inutile. Si arrabbia, si arrabbia con se stesso, quando l'unica cosa che ha fatto, per tutto il giorno, è devastarla ancora di più. Ma è così bella, seppur i capelli siano nel caos, lo sguardo assonnato, le labbra chiare. E' così bella, che parlarle, rivolgersi a lei in modo secco e deciso sembra quasi impossibile. Solleva una mano ed accarezza il suo volto, gli zigomi alti, la mascella serrata. L'accarezza dolcemente, inclinando inconsapevolmente la testa su di un lato. « Mi piaci. » borbotta lui, senza guardarla negli occhi, ma osservando invece le sue labbra. « Mi piaci davvero tanto, anche quando mi prendi a calci nel culo. » è quasi melenso, con quel modo tenero ma grave di pronunciare ognuna delle parole. « Vorrei solo non essere un pezzo di merda, pure con te » — MONIQUE: La fanciulla è ridotta ad uno straccio, quella febbre che oscilla tra i 38 e i 39 gradi proprio non vuole lasciarle tregua. Monique è ridotta già di suo ad uno straccio ed Elia ha infilato ancora di più il coltello nella piaga. La sua pelle ha un colore pallido, gli occhi sono lucidi ma privi della solita vitalità, i ricci capelli raccolti in una disordinata coda e tutto sembra renderla diversa dal solito. La loro discussione non è stata di gradimento, Monique la percepisce ancora come un boccone di traverso e seppur abbia comunque combattuto per lui, ad un certo punto quel metaforico schiaffo ha fatto male. Tace, si è ripromessa di chiudere l'argomento e di vedersela da sola, di lavorare su se stessa e basta. Ma Elia di dar tregua alla ragazza proprio non ha voglia. Il suo Elia ... Monique lo guarda in silenzio con il capo appena alzato. Quella differenza d'altezza è una cosa che a lei piace tanto, si sente fin troppo piccola rispetto a lui. Quell'improvvisa dolcezza da parte del Ferrera le fa sciogliere il cuore, ma continua a restar chiusa nel silenzio con un sorriso appena visibile sulle labbra. Si lascia accarezzare, lo guarda, lo scruta con attenzione. Ma Elia non fa lo stesso, i suoi occhi seguono altro. Le scappa una risata, breve ma cristallina. E' proprio vero, Monique lo sa prendere a calci nel culo a dovere. Non sa perché ma il solo pensiero le fa venire da ridere. Come fa una piccola ragazza come lei ad essere così forte? « Guardami. » è un ordine, detto a bassa voce ma pur sempre pronunciato con decisione mentre le sue mani si poggiano su quelle di Elia, che lei stessa porta sul proprio viso. Vuole il contatto visivo, leggere il suo sguardo, riuscire a capirlo. Vuole sentire il calore che emana sul proprio viso grazie a quel tocco. « Ripeti quello che hai detto. » — ELIA: Non solleva immediatamente lo sguardo, seppur le parole della donna risuonino decise dentro al soggiorno. Continua ad osservare le sue labbra, il loro contorno, le curve aggraziate. Ed è osservandole che il ragazzo ricorda cosa si provi a baciarle, così come la loro morbidezza, il loro sapore. Lo farebbe, la bacerebbe seduta stante, fregandosene della sua acidità e della febbre autunnale. Poi, però, spinto dal suono del suo ammonimento, che rimbomba più volte dentro al teschio vuoto, solleva lo sguardo, incontrando il suo. Accenna un sorrisetto, un sorrisetto compiaciuto, ben sapendo quanto le sue precedenti parole abbiano riscosso la ragazza. La guarda, la guarda con interesse, con profondo affetto, con stima, poi: « Sono un pezzo di merda » non è ciò che la ragazza avrebbe voluto sentirsi dire, lui lo sa. Ma perché ripeterle parole che ha udito perfettamente? « e hai fatto bene a prendermi a calci nel culo. Mi piace, quando lo fai. È eccitante. » — MONIQUE: Come sempre l'essere così decisa fa capolino anche in quella situazione. Monique non si spinge oltre se non a quel semplice contatto, sfiora con i polpastrelli il dorso delle grandi mani maschili. Sa sempre quello che vuole e in questo caso, seppur Elia non faccia totalmente ciò che Monique ha richiesto, si accontenta. Vorrebbe andare oltre, avvicinarsi di più, nascondersi fra le sue braccia e perché no, baciarlo. Vorrebbe fare tante cose e invece non osa andare oltre, non questa volta. « Concordo. » è raro sentirla parlare, mentre osserva ogni movimento del ragazzo, si limita a stare in silenzio e vedere Elia don dove si spinge. Tranne nel momento in cui si dà del pezzo di merda. « Lo sei e non lo nego. Almeno hai il coraggio di ammetterlo, questo lo apprezzo. » in fin dei conti Monique è sempre stata molto schietta, non ci gira intorno. E sa bene che Elia non se la prenderà più di tanto per quel moto di verità. « Tu quei calci nel culo li meriti tutti, ringrazia dio che non ho continuato a dartene altri. » mormora, la bella fanciulla, aprendo le labbra in un sorriso beffardo. — ELIA: Non le risponde. Inutile darle ragione, ancora una volta, sottolineando il significato delle proprie parole. Conosce la collera di Monique, il suo pensiero, i desideri ed i progetti. La capisce, nei suoi panni si sarebbe comportato esattamente nel medesimo modo, non gliene fa una colpa. Ma quella vicinanza... Quella vicinanza lo manda totalmente fuori di testa. Elia si infiamma, mentre una mano, una sola, scende sul fianco della donna. Ne stringe la maglietta, l'attira a sé, avvicinando il proprio corpo al suo. La desidera, la vuole, ne necessita il contatto. « E’ la tua occasione. Avanti, colpiscimi. » ribatte seriamente, nascondendo un sorrisetto sghembo dietro ad una smorfia contratta. « Colpiscimi, fammi vedere cosa sai fare. » ma non aggiunge altro, e non può farlo, poiché le sue labbra si sono già posate su quelle di Monique, seppur per un istante, in un casto bacio a stampo. « Colpiscimi. » sussurra sulle sue labbra, sfiorando le proprie con le sue. — MONIQUE: Elia conosce perfettamente Monique. Conosce ogni sua sfumatura, dalla prima all'ultima. Conosce ogni significato nascosto dietro ai sorrisi, dietro a quelle parole che spesso risultano critiche, dettate solo dall'impossibilità di spingersi oltre. Sa sempre cosa vuole ma non altrettanto sempre può prendere ciò che vuole. Non sempre può rischiare. Monique è un libro aperto per lui, per quanto voglia essere il contrario. Ma c'è un piccolo dettaglio, che forse ad Elia non è del tutto chiaro. Lei non si arrenderà mai. L'effetto che però ha su di lui è soddisfacente, Monique è compiaciuta. Non ne fa un mistero con quel sorrisetto che spunta nel momento in cui Elia l'avvicina a sé con una salda presa. Monique però non se lo fa ripetere due volte seppur non abbia il tempo di fare molto che le labbra di Elia sono già sulle sue. Un bacio casto. Non è esattamente da Elia. Prevedibile, però. Sa che sta solo aspettando una mossa di Monique. E lei, volpe, questa volta non ha intenzione di mantenersi. Una mano della fanciulla sale dietro la nuca del ragazzo ed è allora, grazie a quella presa, che lo spinge contro di se. Senza tanti rigiri, senza se e senza ma. Monique lo attira a se e lo bacia. Con desiderio, con passione, assaporando le sue labbra come se fosse la prima volta. Schiacciata contro di lui, la bella fanciulla dalle crono bionde sta prendendo ciò che le spetta di diritto. Voleva che Monique lo colpisse? Eccolo quel colpo. Pieno di desiderio che sfuma in ogni sono schiocco fra quelle labbra. — ELIA: Chi l'avrebbe mai detto che sarebbe bastato un suo bacio, letale come il veleno, ad attenuare ogni ferita di Elia? Bastano le sue labbra, la sua lingua, il suo ardore, la voglia, il tepore, il sapore noto a colmare il malessere del ragazzo che, ad occhi chiusi, approfitta di quel suo colpo fatale facendolo suo. Così, ricambia con maggiore impeto quel bacio che, di casto, aveva ormai ben poco, stringendosi con ambo le mani alla maglia della ragazza. La strapperebbe, la ridurrebbe in un perfetto disastro, se solo potesse. Elia la bacia con tanta violenza, da voler presto di più, come se quel "di più" gli spettasse di diritto. Così l'afferra per le cosce e, sfruttando la muscolatura potente, la issa su, in braccio. Assicura le cosce della donna attorno alla propria vita, reggendola saldamente con entrambe le braccia, mentre quel bacio non accenna a voler terminare, bramoso delle sue labbra e di tutto ciò che ne fa lo scenario. Mugola, mugola sulla sua bocca, mugola il suo nome, qualcosa come "ti voglio", ma è così preso da non riuscire a far altro. Ed anche il pensiero di quella serata, presto, sfuma via. Sfuma via il reale motivo per cui, quel giorno, le ha chiesto di vedersi. Sfuma via il desiderio di salutarla per un'ultima volta prima di ... Beh, questo, Elia, ancora non lo sa. — MONIQUE: È solo un attimo, un solo secondo, e Monique è già sulle sue labbra. Non riflette, non pensa. Non ne ha voglia né tempo. Elia è lì e lei non vuole lasciarlo scappare. Prende ciò che è suo, rende proprie quelle labbra che lei assapora con avidità. Le schiude con la propria lingua in cerca della gemella e per la prima volta in vita sua Monique non chiede il permesso. Le mani esili della fanciulla si poggiano sul viso, poi scivolano nuovamente dietro al collo a giocare con quei capelli ricci. Vorrebbe mangiarlo, lasciarlo senza respiro e fargli provare la stessa cosa che prova ogni volta lei. Elia la prende in braccio, alla sprovvista, ma lei non ha il tempo di realizzare perché si tiene a lui circondando il bacino con le sue gambe, le labbra ancora che si cercano, che si trovano e che si muovono in perfetta sincronia. Monique perde il senso del mondo esterno, tutto smette di girare tranne la sua testa. Insieme al cuore che batte all'impazzata, la sua testa gira travolta dalle sensazioni che prova. Le manca il respiro ma questo non la ferma dal baciarlo. Niente può fermarla, sta così bene. Sta bene con Elia. È bastato un semplice bacio per far sì che tutto sparisse. La discussione, le loro parole, la rabbia ... Tutto scomparso per lasciare posto a loro due. Ed è a quel " ti voglio " mormorato forse in modo distratto che lei risponde " sono già tua ". — ELIA: Monique. Chi mai l'avrebbe detto che proprio Monique, la sua leale compagna di avventure e di vita, sarebbe un giorno diventata tanto importante per Elia. E' chiaro non si tratti più di mera amicizia. Non c'è modo per giudicare e valutare cio' che i due stanno costruendo, un rapporto che dell'amicizia ne ha solo delle lontane sembianze e che si avvicina di giorno in giorno, progressivamente, sempre più all'amore. Elia la stringe forte, stringe i suoi fianchi, accarezza la sua schiena, disperde le mani tra i suoi capelli. La cerca, così come la cercano le sue labbra, ricambiate con ardore e passionalità da quella donna che gli sta donando tutta se stessa. E' chiara la smania che Monique gli rivolge, il modo deciso con cui lo bacia ancora ed ancora, pretendendo sempre di più. Lui, intanto, si eccita, inevitabilmente. Il suo corpo reagisce, si riscalda, si smuove, si contrae. Preso com'è, non riesce a capire quanto quel bacio si dilunghi, non capisce più niente, ne è troppo coinvolto. Ma quando le loro labbra si separano, alla ricerca reciproca d'ossigeno, Elia le rivolge un largo sorriso, un sorriso sincero: « Mi rendi felice. » così allenta lentamente la stretta che ha su di lei, obbligandola a scendere da quella posizione di fatica. Spingersi avanti, continuare per quella strada significherebbe oltrepassare confini ancora ignoti. E' giusto, farlo? — MONIQUE: Se qualcuno l'avesse avvertita, tempo fa, regalandole una verità sul suo futuro e attuale presente, probabilmente Monique sarebbe scoppiata a ridere in faccia al proprio interlocutore. Se solo quattro o cinque anni prima qualcuno avesse osato dirle che nella sua vita sarebbe poi entrato Elia, il suo Elia, non ci avrebbe mai creduto. Non avrebbe mai creduto di potersi legare tanto a qualcuno, di poter imparare ad amare piano, giorno dopo giorno senza mai rendersene conto. E invece ora deve crederci. Monique è stata ferita, in passato, è quella ferita è una cicatrice che si porta dentro e che le ha sempre ricordato di non fidarsi più dell'amore. Purtroppo, quella stessa cicatrice, non ha più lo stesso effetto. Oscurata dalla presenza del bel Ferrera, ormai sono anni che Monique ha perso di vista la promessa fatta a se stessa. Se stessa. Ecco che cosa dona ad Elia ad ogni nuovo giorno. Ad ogni nuova alba fino a quella successiva. Ogni parte di se, dalla più bella a quella più brutta, magari più complicata. Ogni giorno una parte nuova di se, piccola ma importante. E non ha paura, non con lui e non di lui. Non c'è più traccia di quella paura che si è sempre portata sulle spalle da quando qualcuno ha osato spezzarle il cuore. Ed ora, fra le braccia del ragazzo che ha rubato quel cuore così buono ma difettoso, Monique è a casa. In un modo del tutto inspiegabile, Elia sarà sempre la sua casa. Lo è tutt'ora. E lo confessa silenziosamente, mentre lo bacia, allo stesso modo mentre lo accarezza. Non c'è bisogno di parlare, nessuna parola al mondo potrebbe mai essere un minimo paragonabile alla confessione tacita che Monique sta imprimendo su quelle labbra. Ed è quando il respira manca che entrambi sono costretti a separarsi. Monique torna con i piedi saldi al terreno, ma stretta a ancora lui con la fronte poggiata a quella del ragazzo. Ha gli occhi chiusi e un sorriso felice sulle labbra. Dio solo sa come è felice adesso. Il cuore scalpita nel petto e aumenta di ritmo a sentire quelle parole. Potrebbe sentirlo abbandonare la gabbia toracica da un momento all'altro. E pensare chi fino a poco tempo fa son stati amici. Ma ora dov'è quell'amicizia? Un'amicizia appassita come un fiore, ma che sta rinascendo come un bocciolo di rose in qualcosa di molto più bello. Sorride, Nique. Sorride mentre riapre gli occhi per incrociare quello sguardo che conosce bene. « Sssh. » la fanciulla non sa esattamente cosa rispondere a quell'affermazione solo lascia sulle sue labbra un ennesimo bacio, questa volta molto più dolce. A stampo, un bacio soffice proprio come la dolcezza che ha sempre riservato ad Elia, sin dall'inizio. « Tu meriti di essere felice, Elia. E io voglio darti sempre questa felicità che provi. » sussurra, poi, stringendo le sue esili braccia attorno al corpo dell'uomo. — ELIA: Gode di quell'istante di silenzio, approfittando del momento per memorizzare ogni emozione, ogni sensazione, ogni pulsazione. Serrando le palpebre, Elia puo' concentrarsi sull'odore della donna, sul suono prodotto dalle sue labbra, dal tiepido marchio che percepisce ancora sulla bocca, benché quell'eccessivo bacio sia terminato ormai da un po'. La stringe tra le braccia, unendo i loro corpi in una stretta morsa affettuosa. E' proprio lì dove rimarrebbe per il resto della vita, ad abbracciare la donna alla quale cederebbe il proprio cuore, lontano da tutto il male che lo circonda. Ma il tempo sta scorrendo rapidamente, percepisce il ticchettio dell'orologio della sala ad ogni scansione del secondo. Lo percepisce lontano, ma veloce, irrefrenabile. Evitando di allontanarsi dalla bella ragazza che tiene ancora stretta a sé, Elia scalpita appena, evidentemente in agitazione. Sta sudando, è la presenza di Monique ad averlo riscaldato in quel modo, inizialmente — ma è innegabile il fatto che, da quando quel bacio è stato interrotto, i pensieri di Elia siano riemersi a galla, tutti insieme, addensati e pesanti. Apre lentamente gli occhi, così da potersi focalizzare sul volto della donna. E' così bella, bacerebbe ogni frammento della sua pelle, ogni imperfezione, ogni particolare. « Lo sono già, Nique. Lo sono già, credimi. » le accarezza la guancia, sostenendo attentamente il suo sguardo. Sono gli ultimi istanti, quelli, che passerà con lei. Deve andarsene, deve organizzarsi, prepararsi per la serata, demonizzare il suo obiettivo. E beh, lì insieme a lei tutto perde un senso, tutto si trasforma in qualcosa di migliore, di buono, di lontano. Deve andarsene, deve lavorare, deve progettare tante, troppe cose. Non c'è più tempo per l'amore, la vita di Romeo Veronesi dipende da lui. « Ci vediamo stasera, prima del concerto, che ne dici? Verrò a baciarti sotto al palco, non m'interessa un cazzo dei tuoi fans. » — MONIQUE: Sono gli ultimi minuti insieme, quelli che Elia e Monique condividono stando abbracciati. Pochi minuti prima che le loro strade possano dividersi. Definitivamente? Questo non lo sa. Purtroppo Monique, il futuro, non è un grado di prevederlo e in tutta sincerità non vorrebbe mai prevedere un futuro buio come quello che l'aspetta. Fra le sue braccia, cullata dal calore del suo corpo, Monique è nel suo angolo di paradiso e quanto vorrebbe che quel paradiso durasse un po' di più che semplici minuti. Passerebbe ore a stringerlo, a baciarlo, ad accarezzare il suo cuore come solo lei sa fare, curando le ferite provocate dal tempo e da quella rabbia che spesso fa visita al bel Ferrera. Sono lente carezze che lascia sulla schiena del ragazzo, mentre con il capo poggiato al petto ascolta il suono del suo cuore. Sinceramente, se ne fregherebbe anche dell'evento che ci sarà fra qualche ora, pur di tenerlo con sé. Lo percepisce scalpitare sotto la sua stretta ed è che allenta la presa su di lui, limitandosi a poggiare le mani sui fianchi. Non capisce, Monique. Non sa cosa aspetta Elia, cosa aspetta lei, cosa aspetta a Verona intera. È all'oscuro e nemmeno alla portata della sua immaginazione. Per questo è assolutamente tranquilla, per questo lo guarda negli occhi rivolgendogli uno dei suoi soliti sorrisi. Uno di quelli che ti fanno sciogliere il cuore e che, solitamente, dedica solo a lui. Ci crede, a quelle parole. Può notare la felicità nei suoi occhi. « Io ti prendo in parola. Quel bacio lo voglio come `` buona fortuna `` prima dell'esibizione. » poi, insieme a quelle parole, annulla qualsiasi loro contatto e lo lascia libero di andare. Monique però, nel momento in cui lo libera dalla propria presa, percepisce come un pizzico al centro del petto. Una sensazione strana, come qualcosa di storto. `` È solo il dispiacere del lasciarlo andare via `` pensa. « Elia? » lo chiama, prima di vederlo abbandonare casa. Ma Monique non sa esattamente cosa la sua bocca stia per dire, si ritrova a mordersi l'interno guancia per qualche lungo secondo. « Ti prego — non combinare danni. » afferma, alla fine, con quel suo modo protettivo di ricordargli di stare attento. Un sorriso, l'ultimo, ed è così che lo lascia andare. Con un sorriso sulle labbra e delle parole negate. — ELIA: Non è facile separarsi da lei, non è facile lasciarla andare, non è facile sciogliere l'abbraccio che lo tiene saldato al suo scoglio, alla sua ancora personale. Separarsi dal caldo corpo di Monique è come tuffarsi di testa in una piscina ghiacciata, sprofondando nel ventre freddo di un corpo gelido ed estraneo. Ed è lasciandola che l'intera sua muscolatura si contrae, tornando alla realtà. I tendini si contraggono, si contrae la mascella, la fronte, pure l'addome. Deve andare, deve lasciarla, deve correre via da lì, da lei, immediatamente. Si fa serio, il ragazzo, statuario. A rabbuiarlo ulteriormente sono le ultime parole della ragazza, quel "non combinare danni", come se stesse già emanando energia negativa. "E' questo l'effetto che le faccio? E' questo cio' che pensano le persone, di me?". E' caduto in fondo, si è trasformato in una versione di lui che detesta, nel prototipo di "Elia" dal quale ha sempre cercato di sfuggire. Che ci fa ancora lì? Proprio lì, dinnanzi all'unica persona in grado di amarlo? La contagerà. « Nessun danno. » le rivolge un occhiolino ricco di sarcasmo, affatto rassicurante. Non riesce a mentire, non a lei. E rivolgendole un'ultimo sguardo colmo d'affetto, si volta, si allontana, raggiunge l'uscita. « A più tardi, piccola. » "addio".
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