fragilifiori
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Mi manca sempre l’elastico per tener su le mutande cosicché le mutande al momento più bello mi vanno giù
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Se mi mandi il link paypal sono interessato

Non so se ti rendi conto di quali piedi stai desiderando il 1 di settembre
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Vendi foto piedi?
Dipende dal Ministero dell’Istruzione
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Ho credo saggiamente deciso di non cedere alla fomo e di non uscire solo perché spero che una persona che fondamentalmente non si interessa nemmeno del fatto che io sia morta o viva (e che forse voglio solo per questo e perché ha i capelli ricci e il septum e il nasino e fa apologia dell’Unione Sovietica) finisca tra le mie lenzuola come succedeva mesi fa, anche perché sono talmente stanca che sento di avere la febbre dato che ho dormito 4 ore dopo aver passato l’intera giornata a Roma per il compleanno di mio zio in uno stato di estrema pietà fisica data dagli innumerevoli gin tonic che bevo fino alle 4 mischiandoli al litio e sorprendendomi poi per il fatto di sentirmi morire ripetutamente (chi cazzo sei Kurt Cobain! mi ha detto Giorgio) perché ho il cuore in frantumi quindi non posso evitare di provare a uccidermi o almeno logorare il mio corpo, ma stasera no ho deciso di preservarmi e vedere un film con tisana e tutte ste cazzate che vanno tanto qui sopra e il risultato è stato che ho passato un’ora solo a tentare di decidere quale film ma io quando tento di decidere poi realizzo che non me ne frega più un cazzo in realtà e fondamentalmente mi va davvero? No, quasi mai, quindi ho spento, perché amo il cinema, ma odio scegliere e odio le tisane
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Quello che c’è scritto in queste poche righe è veramente tutta la mia identità (+ una smodata passione per il rosso)
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Allora in una giornata ho: progettato 12 mesi di insegnamento dell’italiano a stranieri in Kazakistan, progettato vacanza a Napoli/Ischia, progettato di scrivere romanzo su un medico socialista del mio paese che chiamavano “il medico dei poveri”, progettato di tagliare ulteriormente capelli alla Valentina Crepax, prefissato di chiedere al meccanico se mi vende furgoncino della Wolkswagen che ha in manutenzione (non ho la patente), prefissato di non scopare almeno fino alla fine dell’anno, studiato percorsi trekking da fare per arrivare allenata ai Sentieri Partigiani in Veneto, iniziato nuovo libro dopo averne il lettura già due, valutato acquisto poltrona da mettere vicino al camino, valutato acquisto porta sigarette sovietico, valutato acquisto porta sigarette arabo, valutato di prendere un gatto, valutato di prendere un cane (perché gatto anaffettivo), valutato di prendere due canarini rossi (perché non sto abbastanza a casa per gatto e cane), avuto per tutto l’arco di queste valutazioni e di una camminata di due ore in montagna con mia madre una quantità di pensieri ossessivi, angoscia e paranoia pervasiva e logorante che ho ovviamente esposto a ChatGPT✨
P.s. L’unica cosa che dovrei valutare e cioè prendere le medicine per l’adhd e chiamare il csm ovviamente non l’ho valutata
P.p.s. l’unico progetto che verrà portato a termine sarà l’acquisto del porta sigarette sovietico
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Questa sono io adesso con il tramonto dietro casa mia, poi c’è il tramonto del deserto e io poco tempo prima di vederlo. Cambiano i capelli ma i pensieri che ci sono sotto? Sempre uguali. Sempre di solitudine, una solitudine che non so definire se non abbandono, consumo, sesso, senso della morte. Il sesso e il senso della morte sono adiacenti dentro la mia anima, se mi sento così vuota, così automa, allora devo riempirmi, allora devo toccare la carne di un altro per ricordare di averne una e di non essere solo questo spazio mentale abnorme di solitudine e delirio. Delirio sì, le mie paranoie, la mia perenne angoscia, il mio senso di catastrofe mi inseguono ovunque, i muri di casa mia mi soffocano, devo scappare, scappare sempre, fuori, dentro alle persone che non mi possono accogliere, ma non posso rimanere un minuto da sola, per quanto profondamente sono sola. Sarà stata la mia precarietà sentimentale, professionale, che si è trasformata in precarietà esistenziale a rendermi così? Che mi sembra proprio di morire, di colare a picco, di essere malata. E penso che non finirà mai se io non metto a fine io a me stessa, questo penso, e cosa ho fatto per rimediare? Ho visto il tramonto del deserto, le stelle del deserto, la carne di un altro, mi sono tagliata i capelli
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Sono le 6 e 30 e ovviamente sono sveglia da due ore privata come sempre di qualsiasi continuità letargica e penso al momento in cui mi hai dimenticata sugli scogli quando il sole stava già calando e anche se mi baciavi ancora fortissimo io sapevo che mi avevi già dimenticata e ti ho detto che non fa niente in risposta a un’altra domanda ma in realtà intendevo che non fa niente se mi hai già dimenticata io lo so che posso essere amata solo così, per un attimo, e forse è solo colpa mia, forse l’ho sempre voluto. Sono come un bozzolo di crisalide: l’amore nasce e si trasforma dentro di me per diventare una creatura che se ne va mentre io rimango vuota e appesa. E forse tu diresti che no, non mi avevi dimenticata, forse diresti che non lo hai fatto neppure adesso. Ma il mio senso della fine delle cose è così acuto, e non potresti mai capire che essendo io crisalide so quando inizia la fine, quando si inizia a rimanere vuoti, appesi
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Fino a una settimana fa viaggiavo dentro una fetta di mondo residuale. Residuo della guerra, della morte, della povertà, erano anche gli occhi di alcune donne, come le pietre degli edifici che componevano e scomponevano le case della gente di Al- Karak. Il legame che c’è tra una pietra e una casa, noi non lo possiamo vedere. E nemmeno il legame che c’è tra un oggetto e una casa. Una delle immagini che ricordo nitide dal racconto di un uomo siriano, con la kefiah tenuta stretta in testa dal cordone nero intrecciato (agal) è quella della sua casa vuota: casa mia esiste ancora ma non c’è più niente dentro. La sua casa è solo un contorno ormai. E mi chiedo perché, tra tutte le immagini che hanno abitato in quei giorni la mia mente, la più viva era quel contorno; forse per l’abitudine mia e delle persone come me, i favoriti della Terra, di immaginare le cose sempre nel pieno e mai nel vuoto. E mi chiedo perché non riesco a lasciar andare nessuno, nessuna immagine, nessun bambino, nessuna stretta di mano, nessuna spalla che ho stretto tra le braccia, perché? Perché Tommaso mi dice che pensa già ad altro e invece io rimango sempre impantanata nell’affetto fugace? Perché mi manca tutto, sempre? E perché mi smuove così l’esistenza residuale di queste persone? Perché ho così paura di dimenticare le voci, i volti, le parole che ho sentito? Perché sento di dover scontare le loro pene come se fosse utile aggiungere dolore a dolore? E perché penso a volte che la mia pena forse non è tanto più piccola della loro? Ma una donna siriana che ho incontrato a un certo punto ha detto: per me la pace è non avere la testa invasa da troppi pensieri. E un’altra che era totalmente sola, e passava tutto il suo tempo a pensare, quando non usciva a fare le pulizie. E allora ho capito che gli esseri umani infelici si somigliano tutti, anche chi vive nel pieno e chi nel vuoto.
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I capelli di Tommaso somigliano al deserto e forse anche per questo l’ho baciato nel cortile di una parrocchia della Giordania più rurale ed ero come mai prima dentro una vita che non era mia, ma scivolava sui tessuti dei niqab delle donne siriane, yemenite, che imploravano un po’ di esistenza dietro quel nero, dietro ai documenti negati, al baratro della solitudine politica che diventa solitudine umana. E io riuscivo solo a baciare Tommaso nascosta nella notte cristiana di Al-Karak e piangere di giorno perché io esisto e loro no, perché mi ha offerto il tè un uomo che dorme sul cemento e solo un pezzo di lamiera lo separa dal cielo, perché un bambino che non aveva niente ha aperto un sacchetto di patatine e la prima l’ha offerta a Caterina. Perché il mondo è sì dovunque ti trovi, ma è anche il metro quadro preciso di terra che ti ha generato come un grembo. E la tua terra sei tu, questo ci insegnano i Palestinesi. Questo mi ha insegnato un beduino di nome Rami, che ho incontrato in uno dei punti più alti di Petra, un uomo che mangia una volta al giorno, dorme sulla roccia, vive con la roccia e della roccia che si sgretola fragile e dorata di millenni tra le mani mie e di Tommaso. La roccia viola e blu spietata, sacrificale, il flauto di ferro tra le labbra rattrappite di una donna beduina che dice di essere lì da quando il marito è morto: lì dentro la vita della roccia sopra a un materasso rosso e sotto l’ombra di un albero che condivide con noi: condivide con noi le uniche due cose che ha. Anche se l’ombra non è nemmeno una cosa, ma noi occidentali non ce ne ricordiamo mai, che non tutto è una cosa.
e ben sicuri mai non siamo
che quel posto dove andiamo
non c'inghiotte non torniamo piu'
Eppur parenti siamo un po' di quella gente che c'e' lì
che in fondo in fondo è come noi selvatica
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Hans Makart, The Death of Cleopatra (detail) 1875
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Vorrei tanto prendere un cane ma sono convinta che non sarei mai in grado di occuparmene. Oggi mi hanno diagnosticato (anche) l’adhd quindi forse non è il caso di decidere di occuparmi ora di una povera creatura. Ma forse solo un animale potrebbe amarmi senza manipolazione e senza rifiuto del mio essere tremendamente imperfetto. Lo ha scritto anche Rilke: 
Con tutti gli occhi la creatura vede
l’aperto. […]
Ciò che è fuori, puro, solo dal volto
animale lo sappiamo;
Ma io nemmeno un cane saprei tenermi, mi sento incompatibile con qualsiasi creatura, provo una solitudine mortale che non voglio però più nemmeno provare a infrangere. Non voglio parlare con nessuno, non ho più voglia nemmeno di scopare, non sono più io.
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Non dormo e mi autocommisero; non ho mangiato e sono andata a vedere The Elephant Man al cinema. Non funzionava il pos quindi due ragazzi che erano davanti a me per vederne un altro mi hanno pagato il biglietto; uno era nero e bellissimo. Li ho ringraziati dicendo che se ci fossimo beccati all’uscita gli avrei offerto da bere, ma così non è stato, purtroppo, da una parte, e per fortuna, dall’altra, perché ero emotivamente devastata dal film, nonostante lo avessi già visto. La mia sensibilità di fronte all’esclusione, alla marginalità, all’umiliazione, alla crudeltà, diventa una pietra, diventa la croce di tutto il dolore del mondo sulle mie spalle. Sento una sorta di martirio cristologico, come se appunto tutti i peccati del mondo si annullassero nel mio dolore. E invece sono solo una ragazzina stupida con la mente sciatta, più vado avanti e più lo capisco e più mi odio e più sento che tutta la mia vita è una matassa di rapporti scadenti, di fallimenti intellettuali, di uomini che mi abbandonano senza mai davvero prendermi, di ossessione per quegli stessi uomini e di rabbia, tantissima rabbia che non so dove va, dove si mette la rabbia? Io non l’ho mai saputo ed è finita che lei si è messa sopra di me, dentro di me, ovunque, e ora io non sono altro che rabbia
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