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6. Bouquet
Da quando Alphonse aveva iniziato a lavorare per quella impresa di pulizie ne aveva viste di tutti i colori. Lui e i suoi colleghi di lavoro erano specializzati in pulizia e sgombero di vecchie case abbandonate o di persone decedute. Quella mattina insieme ad altri quattro colleghi erano andati in un appartamento di una vecchia signora che era deceduta dopo un ricovero psichiatrico coatto. La padrona di casa, appreso della morte della donna, era entrata nell'appartamento con la sua copia delle chiavi e si era trovata davanti ad una scena sconvolgente.
Erano poco passate le 8 del mattino quando la squadra di Alphonse arrivò sul luogo. La padrona di casa che li accolse sulle scale era una donna di mezza età e aveva l'espressione di qualcuno che ha appena visto un fantasma.
Aperta la porta dell'appartamento Alphonse capì il perché di quella espressione. Chili e chili di spazzatura accumulata ad ogni angolo della casa, sul pavimento una distesa di polvere e carta, i mobili quasi sommersi da oggetti di ogni tipo.
«Mon Dieu, questo posto é una discarica» disse Dominic, un membro della squadra, mentre dava un calcio ad uno scatolone poco davanti l'ingresso.
«A quando pare la donna era una accumula trice compulsiva» aggiunse Claude sporgendosi in avanti per dare un'occhiata.
La padrona di casa neanche si avvicinava all'ingresso, parlava alla squadra dalle scale
«Non avevo idea che la signora avesse questo disturbo, é sempre stata discreta e puntuale con l'affitto per cui non avevo modo di immaginare tutto questo»
«Ma nessuno dei vicini ha mai avuto sospetti? Insomma, non c'è proprio un buon odore qui dentro» chiese Adrien quasi vergognandosi di quella considerazione.
«No, nessuno. Essendo un'anziana tutti hanno pensato fosse solo, che dio mi perdoni, "odore da vecchio"»
Alphonse guardò Dominic e, dandogli un colpetto sul braccio, gli fece cenno di entrare.
Alle loro spalle la padrona di casa si avvicinò di fretta di qualche passo
«Ah ragazzi scusate, ho dimenticato una cosa. La signora parlava sempre di un bouquet a cui teneva molto. Per lei era come un gioiello prezioso, probabilmente qualche spilla, non ho idea. Per favore se lo trovate, non gettatelo, vorrei poterlo lasciarlo sulla sua tomba»
Alphonse rassicurò la donna che dopo diversi ringraziamenti scese le scale e se ne andò.
Una volta soli i ragazzi si guardarono tra loro come per chiedersi a vicenda da dove iniziare il lavoro. Insieme concordarono che era meglio iniziare dalla camera da letto. Facevano fatica a camminare in mezzo a tutti quei rifiuti, Adrien si disse preoccupato della presenza di qualche topo facendo ridere il resto della squadra.
Pian piano iniziarono a riempire i sacchi con qualsiasi cosa era presente della stanza. Gli armadi erano spalancati e pieni di volantini pubblicitari, sul letto erano ammassati i vestiti. Quella che una volta era una credenza era diventata un deposito di vasetti di qualsiasi tipo.
Alphonse era intento a svuotarla quando si accorse di un vecchio bouquet ormai secco, messo dentro uno di questi vasetti. Era ancora incartato e con un biglietto appeso. Si chiese se fosse quello di cui parlava la padrona di casa. Preso dalla curiosità lesse il biglietto: "A Agnés. Fra tutte la più bella, per sempre ti amerò. Tuo Oliver".
Alphonse si accorse che, sommersa tra gli altri oggetti, c'erano delle piccole cornici con delle foto. In una era raffigurata una coppia di giovani in abiti matrimoniali, in un'altra il giovane dell'altra foto in divisa militare, una terza foto raffigurata i due sposi che ridevano tenendosi per mano.
«Ragazzi, penso di aver trovato il tesoro della signora ed è la cosa più bella e triste che abbia mai visto»
I ragazzi lo raggiunsero e insieme guardarono le foto e il bouquet che nonostante i decenni manteneva tutto l'amore con il quale era stato regalato. Era davvero un gioiello prezioso.
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5. Fiamma
L’intervistatore era seduto su una sediolina in stoffa, teneva in mano un microfono e una cartellina con appuntate le domande che si era preparato in precedenza. Di fronte a lui era seduto un ragazzo, 25 anni circa, vestito con un completo nero e i capelli rosso fuoco. Guardava l’intervistatore mentre si dedicava alla presentazione dell’intervista, anche lui teneva in mano un microfono.
«Buongiorno a voi spettatori, siamo qui con il famoso artista Andrew Johnson per parlare della sua nuova mostra intitolata “Flame”. Dunque, Andrew, come è nata la tua arte?»
Andrew si avvicinò il microfono alla bocca:
«Intanto vorrei ringraziare te e tutti coloro che sono già venuti alla mostra. Se volessi riassumere la mia arte in breve direi che esplorazione e sperimentazione sarebbero le parole perfette. Sono affascinato dal fuoco da quando ho memoria ma finora non avevo trovato l’idea giusta per sfruttarla per la mia arte. Quando, per così dire, mi si è accesa la lampadina mi sono buttato a capofitto nella sperimentazione per trovare il metodo migliore.»
L’intervistatore diede un’occhiata veloce alla cartellina, mentre si accingeva a porre la prossima domanda si sporse in avanti dalla sedia
«L’uso della cenere, dico bene?»
Andrew fece di sì con la testa sorridendo:
«Esattamente. Alla base dei colori che uso per dipingere le tele c’è la cenere. Nel mio studio ho un piccolo giardinetto dove, tramite un braciere che ho fatto costruire appositamente, metto a bruciare diversi oggetti in base al dipinto che ho intenzione di realizzare. È stata una scoperta quando mi sono reso conto che ogni oggetto ha una gradazione di colore diversa di cenere. Ho iniziato con fogliame di alberi diversi, carta e cartone, tabacco e molto altro»
L’intervistatore sembrava ammaliato dalle risposte di Andrew, tanto che lui stesso si chiese se non aveva mai avuto a che fare con un artista o era semplice scena per attirare l’attenzione.
«Anche io non ne sapevo nulla, per me la cenere è sempre stata soltanto cenere. Ma dimmi, cosa ti piace di più tra il bruciare gli oggetti e l’usarne la cenere per dipingere?»
Andrew rise a quella domanda ma rispose genuinamente
«Ovviamente bruciare, no scherzo. Usare la cenere sfruttandone la vastità di gradazioni diverse è un’esperienza fantas-»
La registrazione venne interrotta a metà frase.
Andrew era seduto al suo pc e riguardava l’intervista del giorno precedente. La stanza era invasa dal fumo, troppo per provenire dalla sigaretta che aveva in bocca. In mano teneva uno zippo, con il quale giocava ad accendere e spegnere chiudendolo. Guardava la sua immagine immobile sullo schermo con espressione seria.
«Sei proprio un ipocrita e bugiardo»
Il rumore dello zippo era ripetitivo e metallico. La sigaretta era arrivata alla fine e la cenere era sul punto di cadere da sola. Andrew continuava a fissare se stesso sullo schermo. Provava disgusto verso l’immagine che si era creato per il pubblico.
«La cenere, ma per favore. A me quello che interessa è bruciare tutto quello che mi capita davanti. I quadri sono solo un modo per disfarmi dei resti di ciò che brucio. Ma ovviamente questo non lo dico, in realtà sono solo un bravo ragazzo a cui piace dipingere. Davvero Andrew? È questo quello che vuoi mostrare al mondo? Hai forse paura di essere giudicato?»
Smise di giocare con lo zippo, distolse lo sguardo dallo schermo e si misa a guardare la fiammella dell’accendino. Brillava intensamente, vibrando a suo respiro. Poteva guardare quel fuoco così caldo e affascinante senza mai stancarsene.
«“Non bruciare tutto Andrew! Perché hai bruciato le mie tende Andrew? Che fine ha fatto il gatto della vicina, ne sai qualcosa Andrew? Così non va bene Andrew, sei malato! Perché dio mi ha dato un figlio del genere?”. Stupida puttana, guarda dove sono adesso. Il figliol prodigo è qualcuno, mentre tu sei solo genere in un’urna»
Andrew chiuse lo zippo, nella stanza rimase solo il bagliore dello schermo del pc con ancora l’intervista in pausa.
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4. Pettine
Erano due giorni che Cassy non riusciva a contattare sua sorella Sophia. L’aveva chiamata al telefono e contatta sui social ma non aveva ricevuto alcuna risposta e iniziava a preoccuparsi. Una sera decise di tagliare la testa al toro e andare a casa sua, anche perché aveva le chiavi. Quando entrò in casa la chiamò ma sembrava non esserci nessuno. L’ingresso era pieno di pacchi, alcuni ancora chiusi e Cassy si iniziò a preoccupare. Quando sua sorella iniziava con lo shopping compulsivo non era mai un buon segno, non per lei. Proseguendo l’esplorazione dell’appartamento arrivò allo studio di Sophia e la trovò intenta a maneggiare con delle conchiglie. L’intera stanza era ricoperta di conchiglie. Alcune erano sul tavolo accanto a lei, altre sul letto, altre ancora dentro i pacchi aperti, ne intravide alcune anche sulla moquette.
«Sophia! Cosa stai facendo?»
Sophia fece un balzo sulla sedia e si girò verso la sorella. Non aveva una bella cera, aveva delle occhiaie molto evidenti, gli occhi rossi ed era tutta spettinata e piena di frammenti di conchiglia.
«Hey ciao sorellina. Cosa ci fai qui?»
«Ti ho chiamato per giorni e non mi hai risposto. Cosa sono tutte queste conchiglie?»
«Si chiamano pettini. Non è un nome bellissimo? Conchiglie che si chiamano pettini. Quando l’ho scoperto qualche giorno fa guardando un documentario mi si è accesa una lampadina e ne ho ordinate alcune online.»
Cassy si avvicinò a lei cercando di non calpestare le conchiglie sul pavimento. Guardò il tavolo e i suoi timori divennero più intensi. Era un ammasso di tazze, contenitori di caffè, patatine, cartoni di pizza e ovviamente dozzine di conchiglie, molte delle quali in frantumi.
«Alcune? Hai la casa piena. Cosa stai facendo?»
Sophia si mise a scavare in quell'ammasso di roba che aveva davanti e ne tirò fuori un paio di conchiglie intagliate
«Quando ho scoperto il nome buffo di questi cosini ho pensato che sarebbe stato bello riprendere a fare lavoretti di incisione. Ricordi ai tempi del corso di intaglio delle pietre quante belle cose che avevamo creato? Ecco, così mi è venuto in mente di intagliare dei pettini per capelli con le conchiglie chiamate pettine. Non è una idea geniale?»
Cassy ne prese una in mano e la guardò brevemente per poi posarla sul tavolo e chinarsi verso la sorella.
«Sophia, hai preso le medicine in questi giorni? Sembri non dormire da giorni.»
Quella frase non piacque alla sorella che si scostò di scatto da Cassy e si alzò
«Eccola che riprende con la storia delle medicine. Ogni volta che sto bene parte la solita frase. Vuoi che passi le mie giornate a letto con l’umore sotto terra?»
«Certo che no, mi fa male che possa pensarlo. Però lo sai benissimo che i tuoi, come possiamo chiamarli, “sbalzi di umore”, dipendono anche dalla costanza con la quale prendi le medicine. Se le prendi correttamente puoi fare tutto quello che vuoi senza dover temere che l’umore precipiti. Ma se non le prendi gli “sbalzi di umore” possono essere troppo netti.»
Cassy si sedette sul letto, rendendosi solo dopo di avere delle conchiglie sotto il sedere.
«Quando prendo le medicine non riesco a pensare, non avrò cali di umore e la voglia di lanciarmi da un ponte ma non riesco a fare niente, mi sento confusa e questa era un'occasione per creare qualcosa di mio per uscire dalla monotonia delle mie giornate»
Cassy si sedette accanto a Sophia, scostando però le conchiglie prima di sedercisi di sopra. Mise una mano su quella di Sophia e la guardò negli occhi
«Presto le medicine smetteranno di farti questo effetto, ma è importante che tu le prenda sempre e senza saltarne nessuna. Mi prometti che lo farai? Se vuoi ti aiuto con il lavoro, mi piacciono molto quelli che hai già fatto.»
Sul volto di Sophia apparve un ampio sorriso. Abbracciò la sorella quasi togliendole il fiato.
«Va bene, te lo prometto. Sono contenta che ti piacciano. Chissà, potrebbero pure diventare di moda e guadagnare una barca di soldi»
Le sorelle risero insieme. Si scambiarono un altro abbraccio per poi mettersi a lavorare insieme.
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3. Pipistrello
Natalie era una ragazza comune. Non era tra le più popolari della scuola ma non passava inosservata. Aveva finito il liceo con buoni voti e si preparava ad iniziare il college.
Lei però, non riusciva a piacersi, evitava il più possibile di guardarsi allo specchio perché quando lo faceva provava solo un forte fastidio. Aveva gambe lunghe e snelle ma i fianchi molto larghi.
Il viso era piccolo e asciutto ma le orecchie leggermente a sventola e il naso a patatina. Ma la cosa che più la disturbava erano i suoi occhi. Erano di un nero profondo che rendevano quasi impercettibile la pupilla. Nel mondo molti avrebbero fatto carte false per avere degli occhi così rari, ma lei li odiava. Non perché fosse miope e costretta a portare gli occhiali, ma perché le ricordavano quelli dei pipistrelli. Non servivano a nulla i complimenti, in primis da parte di sua madre, per quegli occhi profondi e quasi introvabili. Per lei erano gli occhi minacciosi dei pipistrelli che a volte le capitava di vedere volare di notte in giardino. Non le erano mai piaciuti anche da bambina ma da qualche anno quella associazione la tormentava.
Ne era così angustiata che i genitori pensarono avesse subìto del bullismo a scuola e andarono a parlare con il preside ma Natalie negò fermamente di aver problemi con gli altri studenti e a casa aveva rimproverato i genitori per averla messa in imbarazzo col preside. Il tempo passava e la sua ossessione per i suoi occhi aumentava sempre di più. All'inizio iniziò a portare le lentine colorate a scuola e quando usciva con gli amici, poi passò a indossarle anche in casa e arrivò anche a dormirci, provocandosi più volte delle brutte congiuntiviti.
Aveva cominciato a mettere da parte dei soldi per delle operazioni di rinoplastica e otoplastica. Era stanca di nascondere le orecchie con i capelli lunghi, voleva cambiare taglio ma l’idea che gli altri vedessero le sue orecchie le facevano cambiare subito idea. Gli anni di pandemia erano stati un sollievo per lei, quale miglior modo per nascondere il naso agli altri se non la mascherina? Nonostante non ci fosse più l’obbligo continuava a tenerla, sopportando anche il caldo afoso piuttosto di farsi vedere.
Ormai era chiaro che l’unica soluzione per vivere bene era ricorrere alla chirurgia plastica.
Ma se quei due difetti poteva sistemarli, gli occhi restavano la sua grande condanna. Per tutta l’estate ha rimuginato più volte su come al college verrà vista dagli altri studenti, se anche loro avrebbero notato la sua somiglianza con i pipistrelli. Doveva agire in fretta, trovare un modo per essere finalmente in pace con il suo aspetto. Quella ricerca folle di una soluzione le toglieva il sonno ed era irascibile per gran parte del giorno.
I genitori non sapevano come aiutarla, assecondavano ogni sua spesa per lentine e occhiali scuri, pensarono anche di rivolgersi ad uno psicologo ma quando lo dissero a Natalie non reagì per niente bene, gli accusò di non avere veramente a cuore il suo malessere, che gli unici aiuti che avrebbero potuto darle erano i soldi per le operazioni e un incantesimo per cambiare i suoi occhi.
La soluzione sembrò caderle dal cielo come un fulmine. Navigando sui social vide un video promozionale di una nuova tecnica adoperata per cambiare il colore degli occhi. Un semplice intervento, qualche migliaia di dollari e i suoi occhi sarebbero stati di un bellissimo blu cielo. Non sembrava vero, un regalo dal suo angelo custode, finalmente risvegliato dal coma. Ne parò subito ai suoi genitori, descrivendo l’operazione come l’unico modo per essere finalmente felice.
Loro però non sembrarono convinti, il fatto che fosse una tecnica ancora sperimentale e per di più non approvata gli faceva storcere il naso. Non servirono a nulla le suppliche di Natalie, i suoi genitori convennero che era troppo pericoloso e costoso. Natalie pianse, urlò, supplicò, lanciò oggetti, ma nulla fece cambiare idea a suoi. dopo dozzine di tentativi sembrò rassegnata, o almeno così fece credere ai suoi genitori.
Quell’operazione era la sua unica salvezza, l’unico modo per continuare a vivere senza soffrire ogni giorno. Nelle settimane successive vendette tutto quello di cui poteva liberarsi, raccolse i risparmi per gli altri interventi che improvvisamente divennero non così urgenti e svuotò il conto dedicato alle spese del college.
Il luogo più vicino che praticava questo intervento era una clinica in Messico, per cui prenotò un volo solo andata. Per il ritorno ci avrebbe pensato dopo. Una notte, controllato che tutti in casa stessero dormendo, prese il borsone che aveva preparato giorni prima e scappò senza farsi sentire.
I genitori si accorsero della sua assenza solo la mattina seguente. Non era raggiungibile in alcun modo e quando chiamarono la polizia dissero che, avendo prenotato lei il volo, non potevano far nulla. Con la figlia scomparsa e senza più un soldo da parte ai poveri genitori rimase una sola opzione: aspettare notizie da Natalie.
E stanno ancora aspettando.
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2. Affrettarsi
Giorno 2 Ottobre 2022
Di seguito è riportata la testimonianza della signora Benedetta Catalano in merito all’incidente accaduto in data odierna.
“Il gruppo era in cammino da circa tre ore, la prima baita del percorso era vicina e la guida escursionistica invitava tutti ad accelerare il passo. Il cielo si stava coprendo di nuvole e poteva risultare pericoloso trovarsi nel nulla in caso di pioggia. Dopo i primi solleciti il mio compagno, Nicola Baldetti, ha iniziato a lamentarsi e dare segni di nervosismo. All’inizio pensavo fosse solo stanco ma poi quando l’ho sentito mormorare tra sé riguardo quelle che per lui erano le vere intenzioni della guida ho capito che qualcosa non andava. Mi sono avvicinata a lui chiedendogli se avesse bisogno di qualcosa ma mi ha ignorato. Allora ho insistito ma era come in pieno delirio.”
La donna prende un sorso d’acqua e fa una breve pausa
“Mi disse che aveva capito il piano dell’uomo, che il suo intento era quello di farlo cadere e liberarsi di lui. Ha continuato dicendo che la guida si era invaghita di me e che per avermi sua doveva eliminare l’ostacolo. Quando mi misi a ridere pensando che scherzasse lui mi ha guardato serio e ha iniziato a insinuare che fossi d’accordo con l’uomo. Ha aggiunto che aveva senso visto che l’idea di fare una gita era stata mia e che avevo conosciuto la guida in precedenza. Ovviamente non era vero, non avevo mai visto prima quel ragazzo né pensato una cosa tanto orribile. Ma lui insisteva, dicendo che era un buon piano quello di portarlo in montagna e sfruttare la stanchezza dopo ore di camminata per farlo scivolare e cadere giù.”
La donna beve un altro sorso di acqua e si asciuga le lacrime con la mano. L’agente di fronte a lei le porge dei fazzoletti, lei ne prende uno e si tampona gli occhi.
“È sempre stato un po’ paranoico e sospettoso ma fino ad allora l’avevo associato ad una gelosia un po’ troppo pressante ma questa mattina non sembrava neanche in sé. Cercando di restare calma ho iniziato a rassicurarlo che non avevo mai pensato di separarmi da lui e che potevamo anche tornarcene a casa senza finire l’itinerario. Sembrava essersi convinto ma la guida si è avvicinata invitandolo ad affrettarsi. In quel momento Nicola ha iniziato a urlare al ragazzo le stesse cose che aveva detto prima a me”
La guardia invita la donna ad essere più specifica, anche se comporta ripetersi. La donna si scusa e riprende
“Ha iniziato a dirgli che questo suo insistere sul camminare più veloce era un tentativo di farlo cadere per farlo fuori e non avere problemi. Ha continuato urlando che aveva pianificato il suo omicidio con me per poter stare insieme. Il ragazzo era visibilmente confuso, non sapeva quale fosse il problema e cercava di calmare Nicola dicendo che l’alta quota poteva mandare in confusione chi non era abituato. Non l’avesse mai detto. Nicola ha iniziato a spintonarlo, accusandolo questa volta di definirlo stupido e rimbecillito. Il ragazzo si è scusato e tentava in ogni modo di evitare lo scontro con Nicola ma lui continuava a urlargli cose senza senso. Nel frattempo il resto del gruppo si era radunato intorno a noi incuriositi dalle urla. Io sono andata nel panico, non sapevo come comportarmi. Sembrava che qualsiasi cosa gli si dicesse fosse un'accusa diretta nei suoi confronti.”
La donna prende un altro fazzoletto e si asciuga gli occhi.
“Mi sono messa tra loro due per separarli ma questo non ha fatto altro che aumentare il suo delirio. Questa volta mi ha accusata di voler proteggere il mio amante da lui e che il mettermi in mezzo era la prova definitiva che noi due eravamo complici di questo piano. Ho negato e negato ancora ma mi ha spinta via ed è tornato a spingere il ragazzo. La guida a quel punto ha tirato fuori dalla tasca il walkie talkie per comunicare con la baita ma Nicola gli si è lanciato addosso, finendo entrambi a terra. Due uomini del gruppo si sono fatti avanti per fermarlo ma era in piena crisi isterica e non riuscivano a trascinarlo via. Il povero ragazzo era spaventato e quasi tremava, quando è riuscito a parlare al walkie talkie ha chiesto aiuto quasi in lacrime.”
La donna fa una breve pausa, beve il resto dell’acqua che c’era nel bicchiere trattenendo i singhiozzi del pianto
“Alla fine ci sono volute quattro persone per riuscire a tenerlo, una di loro aveva le corde per scalare e le hanno usate per legare Nicola e impedirgli di fare del male a qualcun altro. Questo però non gli ha impedito di continuare a urlare e accusare tutti i presenti di volerlo uccidere. Io non riuscivo a smettere di piangere, nonostante il supporto degli altri presenti. Dopo circa mezz’ora sono arrivati i soccorsi dalla baita che hanno richiesto un soccorso in elicottero per poter via Nicola e fargli un ricovero psichiatrico. Una volta andato via l’elicottero insieme ai restanti soccorritori abbiamo proseguito fino alla baita dove ci sono stati offerti cibo, acqua e supporto medico se necessario. La dottoressa è stata molto premurosa con me, nonostante non avessi ferite visibili. Ha ipotizzato un disturbo paranoide ma l’unica cosa che in quel momento volevo era svegliarmi da quell’incubo.
La donna si asciuga gli occhi dalle lacrime, ascolta l’agente mentre le spiega il da farsi, rilegge la sua deposizione e la firma.
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1. Gargoyle
Quella mattina faceva un caldo afoso particolarmente fastidioso e insolito per una giornata di ottobre. Nello studio della dottoressa Ernandez si sentiva ancora il bisogno di usare l’aria condizionata. Il grande orologio appeso sopra la finestra segnava le 10:10.
Dopo che Clara si sedette sulla poltrona di fronte dalla dottoressa ci fu un lungo silenzio. La dottoressa era seduta con in mano il suo solito blocco appunti e rimase in attesa che Clara iniziasse a parlare.
«Continuo a sognarlo, ogni notte. Non riesco a togliermelo dalla testa»
La psicologa prese appunti, cambiò posizione nella poltrona e si sistemò gli occhiali sul naso. Dopo un breve pausa chiese:
«Lo conoscevi prima che ti aggredisse?»
Clara scosse la testa ma poi, come se le fosse tornato in mente come un lampo, aggiunse che l'aveva notato intento a fissare lei a la compagna mentre pranzavano in un bar vicino il suo posto di lavoro:
«Ormai sono abituata agli sguardi accusatori delle persone. Da quando sono venuta allo scoperto ho sentito su di me dozzine di sguardi maligni ma grazie a Tess ero riuscita a farmeli scivolare di dosso. Il suo era uno dei tanti sguardi di disprezzo che ci puntavano quando passavamo del tempo insieme come semplice coppia innamorata.»
La psicologa scrisse nuovamente, aveva una scrittura così veloce e ordinata che Clara ne rimase affascinata. Non aveva ancora finito di scrivere che chiese:
«Quindi, quando l'hai notato che vi fissava, non l'hai reputato un pericolo?»
Anche questa volta Clara scosse la testa. La psicologa scrisse di nuovo.
Clara cambiò posizione, con una mano si accarezzava l’avambraccio, iniziava a sentire freddo ma non disse nulla, imputava questo suo disagio ai brutti ricordi: «Ho iniziato a spaventarmi quando l'ho visto percorrere la stessa strada che facevo verso casa. Ho cercato in borsa le chiavi di casa per usarle come arma, non sapevo cosa fare. In tanti mi hanno chiesto perché non ho chiamato la polizia ma non so cosa rispondergli. Perché non ho chiamato la polizia?»
Clara si morse il labbro inferiore. La psicologa scrisse sul taccuino e guardò Clara negli occhi: «Lo sa che non è colpa sua quello che le è successo? Quando si ha paura non si ragiona con lucidità e soltanto dopo si pensa alle varie scelte che si potevano fare».
Clara passò dall’accarezzarsi il braccio a grattarsi sulla pelle nuda, lasciando dei lievi segni rossastri che sbiadivano dopo qualche secondo. Distolse lo sguardo dalla dottoressa, concentrò il suo interesse sul quadro appeso sopra la scrivania. La storia dell’arte non era mai stata la sua materia preferita e non riconosceva l’autore ma non le dispiaceva. Ancora fissando il quadro replicò: «Sì, lo so, ma è un pensiero che non riesco a mandar via. Continuo a rivederlo, a sentire le sue mani addosso, la sua voce che mi insulta. Ma la cosa che é più nitida di tutte è quel gargoyle tatuato sul collo. Lo vedo che mi fissa con quegli occhi spalancati e gli artigli che sembrano staccarsi dalla sua pelle e conficcarsi sulla mia.»
La dottoressa scrisse ancora e girò pagina ma non disse nulla, restò in attesa che Clara continuasse
«La notte mi sveglio urlando e spaventando Tess. Lei non si arrabbia mai, mi abbraccia e mi conforta finché non riprendo sonno ma di giorno percepisco la sua stanchezza per questa situazione. Ma ogni volta che chiudo gli occhi mi ritrovo difronte quel gargoyle che ride chiamandomi lesbica schifosa e dicendo che grazie a lui sarei tornata normale.»
I segni sulla pelle del braccio di Clara divennero più sprofondi, tanto da rimanere ben visibili anche dopo un bel po’. La dottoressa cambiò nuovamente posizione sulla poltroncina, gesto che per un attimo distrasse Clara dal grattarsi compulsivamente.
«Il mostro che compie l’atto mostruoso che ha subìto. Quando si combatte con lo stress post traumatico non è raro che i ricordi in qualche modo cambino e alcuni dettagli risaltino più di altri. Nel suo caso è la psiche che rifiuta il fatto che un essere umano possa compiere un gesto così crudele. Il gargoyle diventa origine diretta del dolore ma, ci pensi, anche mezzo di salvezza. È grazie a quel tatuaggio che l’uomo è stato individuato e arrestato.»
«E allora perché continua a farmi male? Perché non mi lascia in pace?»
«Lo farà»
L’orologio segnava le 10:40, la seduta era conclusa.
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Still In Love
In una notte di tempesta, egli stava li, immobile sotto la pioggia, con il capo abbassato, i capelli che gli scivolavano sul viso. Davanti l'imponente portone del palazzo reale, le grandi ali demoniache erano aperte ma non evitavano che la pioggia sfiorasse il suo viso, il suo corpo. Pochi istanti e le ali si piegarono e si chiusero scomparendo. Alzò il capo osservando la strada avanti a se prima di voltarsi e, sospirando, rientrare nel palazzo. L'oscurità sconfitta lievemente dai lumi incupivano sempre più il cuore del ragazzo. Il crepitio del fuoco rompeva un silenzio innaturale, neanche il suono del vento aveva il coraggio di oltrepassare quelle mura spesse e oscure. Camminando lungo l'andito e carezzandosi i capelli gocciolanti togliendoli dal viso, giunse nella grande sala, un tempo animata da lussuosi balli e colma di invitati. Ormai essa giaceva in totale stato di abbandono, buia e desolata. Egli si avvicinò ad un raffinato pianoforte che ormai non suonava da tempo, vi passò la mano così a voler richiamare vecchi ricordi e premette un tasto così ché nel grande salone quel suono fece eco. Alle sue spalle un lieve soffio di vento smosse una tenda facendolo voltare. Una dolce figura dai lunghi capelli rossi, con un lussuoso abito bianco, stava danzando sorridendo mente la sala all'improvviso si illuminava e riempiva di invitati. Il giovane guardò la sala, la ragazza, la sua bellezza. Ma così rapidamente come apparvero, tutti finirono dissolti nel vento, facendo cadere nuovamente l'oscurità. Il ragazzo lasciò cadere a peso morto la mano con il quale aveva suonato il pianoforte stringendo il pugno e chinando il capo in avanti, rassegnato. A passi pesanti uscì dalla grande sala, vagò a lungo per il castello in silenzio. "I'm still in love" sussurra appena, tra se, iniziando a salire le scale. Ogni scalino fu difficile da superare, aggrappandosi al corrimano sperando quasi in un aiuto. "I'm still in love" ripeté questa volta a voce piena facendo risuonare quella frase nel silenzio del castello. A fatica giunse la sommità delle scale alzando adesso lo sguardo dinnanzi a se. Un urlo, un pugno sofferto al muro. In se troppi ricordi lottavano tra loro. Si fermò però d'improvviso riabbassando nuovamente il capo. Era la cosa giusta da fare? Cosa sarebbe successo giunto in quella stanza? Passò pochi secondi osservando il pavimento che ormai da anni nessuno più percorreva. Riprese il cammino e poco dopo aprì una porta alla sua sinistra. "I'm a lost men for you" disse quasi singhiozzando e osservando l'interno della stanza. Sul grande letto a baldacchino la ragazza dai capelli rossi era seduta stringendo a se un cuscino e nascondendosi dietro di esso. Dopo qualche attimo lasciò cadere il cuscino sul letto, si alzò e corse incontro ad egli. Qualche passo, eran sempre più vicini l'un l'altra. Distese le braccia, in cuor suo sapeva che quello era l'unico abbraccio che desiderava. Ma tutto svanì, ancora e ancora. Ella scomparve nell'aria, come la nebbia al mattino. Il ragazzo lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, chinando il capo e sospirando. Si incammin��, attraversò la stanza giungendo alla finestra dall'altra parte della stanza. Con forza aprì le pesanti ante verso l'interno. Il forte vento fece volare le tende di un rosso scuro e intenso. Uscendo sul piccolo balconcino, egli alzò il capo osservando la luna che timidamente era apparsa appena da dietro una nuvola. Il soffio del vento animava i suoi capelli neri come la notte e i suoi vestiti appesantiti dalla pioggia. Dopo qualche secondo si avvicinò alla ringhiera di pietra, poggiandovi le mani e continuando ad osservare la luna. Quante notti passate ad osservare da lontano quel balcone, quella finestra, in speranza ch'ella apaprisse sorridendogli. Un tempo ormai passato che non potrà tornare indietro. Una fitta al cuore, il capo si abbassò nuovamente, le mani si strinsero in pugno. La nostalgia inevitabilmente prese possesso di ogni parte di lui facendo riaffiorare ricordi, troppi da riuscire a sopportarli. Un profondo sospiro e lo sguardo si rivolse verso l'orizzonte lontano. La schiena era ricurva, cercava di reggersi sul cornicione nel mente che i ricordi distruggevano ogni sua forza. Il respiro si fece affannoso, lo sguardo ancora rivolto avanti a se. Un altro sospiro nel mentre la schiena tornò dritta e la mano destra si poggiò sul cuore che continuava a pompare a fatica. Un urlo, che straziante tagliò le nuvole e percorse chilometri risvegliando ogni creatura di quel mondo rendendola partecipe di quel dolore. Tutto il regno poté sentire il proprio principe rimpiangere quell'amore dissolto nel nulla. Ogni albero, ogni sentiero, ogni ruscello, anche i mondi vicini e quelli lontani, udirono quel grido. E la, in un altro universo, sotto una limpida cascata, quella creatura dalla pelle bianca e lunghi capelli rubino si girò, come udendo quel grido. Sul suo volto si dipinse la nostalgia e lo sguardo si abbassò lentamente. Egli, nel suo castello, su quel balcone, inspirò profondamente dando poi un pugno alla ringhiera in pietra. Gli occhi si chiusero come a voler allontanare ogni realtà, chiudersi nei ricordi. Le ginocchia pan piano di piegarono portando il ragazzo in ginocchio, poi seduto, la schiena poggiata sul cornicione. Ella, immersa nelle acque limpide, spostò il corpo poggiando la schiena sulla parete rocciosa della cascata, il capo ancora chino chiudendo anch'ella gli occhi. Quasi se le loro schiene potessero sfiorarsi, entrambi viaggiavano nei ricordi, cercando di mettere fine a quella sofferenza. Invano. Tutto si fece scuro.

(photo's credit to Aaron Sims)
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Frammento di un sogno
C'era una volta, in un luogo lontano, un giovane guerriero. Fisico possente e destrezza nei movimenti lo rendevano un temibile avversario per coloro che minavano la pace del suo villaggio natio. Ma nel cuore del giovane, da ormai molto tempo, si era insediata l'angoscia. Era ormai stanco della cattiveria e della meschinità degli abitanti del suo villaggio. Per quanto si sforzasse, sentiva che quel luogo gli era ostile e che fingere di trovarsi a suo agio non gli era più possibile. Un giorno, appena all'alba, raccolse i suoi pochi averi e furti-vamente si avviò a nord del villaggio in cerca di una nuova dimora. Addentrandosi nel bosco si voltò guardando per l'ultima volta la sua vecchia casa dicendogli addio senza che però affiorasse in lui un senso di nostalgia. Camminò a passo veloce per tutto il giorno seguendo il corso di un ruscello. Attraverso le alte chiome degli alberi filtrava la luce del sole ormai alto nel cielo. L'aria era intrisa di umidità, le felci che ricoprivano il terreno attorno agli alberi erano ancora ricoperte dalla rugiada notturna.
Dopo qualche ora di cammino si fermò, sedendosi su un umido tronco di abete caduto probabilmente a causa di un temporale, per mangiare qualche boccone di riso che aveva preparato per il viaggio. Dopo il pasto, il guerriero sentì il proprio corpo pieno di energie e riprese il cammino fino a quando, sul fitto bosco, non scese la sera. Raccolti un numero consistente di rami e foglie secche accese abilmente un fuoco e sistemò un giaciglio per la notte a pochi metri da esso. Gli era stato insegnato fin da bambino come sopravvivere lontano dal villaggio, come pro-curarsi cibo e acqua e come difendersi dalle bestie selvatiche.
Seduto dinnanzi al fuoco si lasciò trasportare dai suoi ricordi e per un breve attimo fu sopraffatto da un senso di nostalgia. Ma subito i bei ricordi vennero accostati ad altrettanti brutti così la sua mente tornò al crepitio del fuoco che gli scaldava le membra. Incuriosito da un piacevole fruscio però, si alzò e si accorse che a pochi passi dal suo giaciglio vi era un grande stagno disseminato da fiori acquatici dalla colorazione rosata. Quel luogo doveva essere sicuramente sconosciuto ai viaggiatori o in caso contrario essi non ne avevano fatto parola con nessuno al villaggio. Le sue acque erano limpide e riflettevano la pallida luce della luna che filtrava attraverso le alte chiome degli alberi. L'atmosfera era quasi incantata, l'umidità delle piante e dell'acqua facevano brillare l'aria come se le stelle fossero scese dal cielo ad illuminare quel luogo. Si avvicinò e col capo chino ne assaporò le acque. Il fresco provato al contatto con quell'acqua pura lo rinfrancò.
Alzando appena lo sguardo si accorse di una presenza al centro del bacino d'acqua.
"Chi va là?"
Urlò tornando in posizione eretta e stringendo la spada allacciata alla cinta.
Non riuscendo a scorgere nessuno pensò ad un brutto scherzo della stanchezza o al riflesso degli alberi sulla superficie. Dopo una lieve esitazione tornò chino sull'acqua, ne bevve alcuni sorsi e alzò nuovamente lo sguardo avanti a se. Fu in quel momento che si accorse della sagoma di una fanciulla che silenziosamente lo osservava immersa nelle acque. Preso dallo stupore il guerriero fece un balzo indietro cadendo seduto. Non sapeva cosa credere, la confusione prese possesso della sua ragione. La troppa poca luce gli impediva di constatare se ciò stava accadendo davvero.
"Siete reale o frutto del mio affaticamento?"
Disse con voce tremante.
La fanciulla sogghignò leggermente ma non rispose, rimase ferma a osservarlo incuriosita. Il guerriero, esitando e ancora con la mente confusa, si levò in piedi e si porse a lei cercando questa volta di non far tremare la voce
"Ve ne prego, mostratemi il vostro volto. Con l'oscurità della notte vi scorgo appena".
La fanciulla sorrise nuovamente e voltandosi, si allontanò lentamente
"Siete stanco messere, riposate"
Disse ella scomparendo poco dopo al buio.
Il guerriero, più confuso che mai, abbassò lo sguardo rassegnato e a passi pensati tornò al suo giaciglio e si stese avanti al fuoco. Pensava e ripensava a quella sagoma, a quella voce. "Che sia stato un demone delle foreste? Avrò forse disturbato la sua dimora?"
Un lieve panico lo fece rabbrividire.
Ormai era notte fonda e nonostante il timore e la curiosità, in breve egli cadde nel sonno profondo. Il giorno successivo, riaprendo gli occhi, il guerriero ripensò subito all'incontro della sera prima e di corsa si diresse allo stagno ma non vi trovò nessuno. Restando im-mobile fissando lo specchio d'acqua in cerca del minimo movimento, sospirò rassegnato "Avrò sognato forse?".
Eppure quella voce risuonava nella sua memoria così nitidamente che l'idea di un sogno gli sembrava ancora più assurda dell'incontro stesso. Tornando al giaciglio spense il piccolo fuoco che ancora bruciava, raccolse i propri averi e riprese il cammino. Il cielo era coperto da uno spesso strato di nuvole e l'aria era fresca e ricca di umidità ma nonostante ciò sulla sua fronte apparse del sudore. Proseguì a passo svelto per qualche ora continuando a pensare alla notte precedente.
Camminò per un paio di giorni, ripetendosi che l'incontro allo stagno era accaduto realmente e che non poteva essere frutto della sua immaginazione. Quando era in tenera età gli erano state raccontate molte storie su creature spaventose e malvagie che si nascondevano nelle foreste e nei luoghi oscuri ma quella fanciulla gli riusciva difficile accostarla a tali figure. Il sole stava ormai scendendo ma nonostante tutto, il giovane non volle fermarsi e proseguì il cammino osservando la strada avanti a se. Assorto nei suoi pensieri, ascoltava il suono della foresta cercando di prestare attenzione ad ogni rumore estraneo.
Dopo alcuni passi si accorse di un fruscio alle sue spalle. Di scatto si voltò brandendo la spada, pronto ad estrarla se ce ne fosse stato bisogno. Per un attimo il respiro gli si fermò in gola. Avanti a se si trovò una fanciulla dai lunghi capelli colore del mare che le scendevano sulle spalle come onde di un ruscello che sgorga dalla sorgente. Ella lo guardò con i suoi occhi limpidi sorridendo. Il lungo vestito bianco, sporco della terra del bosco sull'estremità inferiore, ondeggiava lievemente al soffio del vento.
"Finalmente vi ho trovato!".
La sua voce sembrava la melodia della natura. Il guerriero rimase immobile, allentò la presa sulla spada e distese le braccia inerme. Nonostante quel viso gli fosse del tutto nuovo, dentro di se avvertì come un profondo senso di gioia ora che ella si trovava dinnanzi a lui. Del tutto incantato dalla di lei bellezza , ripeté dentro di se le parole d'ella ma non ne capì il significato. Era quasi del tutto sicuro di non averla incontrata prima, anche perché nel suo villaggio non vi erano persone con quella gradazione di capelli. Gli sembrava insolito come colore ma in vita sua non aveva mai visto esseri non appartenenti alla sua razza e non cono-sceva le caratteristiche fisiche degli altri abitanti del mondo per cui non vi diede molto peso.
"Sapevo che un giorno vi avrei trovato, bisognava solo attendere che il cielo vi mandasse da me" disse nuovamente le fanciulla avvicinandosi al guerriero, nei suoi occhi trasparivano tristezza e felicità.
Egli in preda alla confusione rimase in silenzio ad osservarla. Non riusciva a dire nulla, ascoltava solo quella dolce voce che in cuor suo sentiva parte di se.
“Perdonatemi l'euforia. Vi ho atteso per così tante lune e la paura che possa esser solo frutto di un sogno mi invoglia a vivere questo attimo pienamente”.
Parlando ella si accarezzava i lunghi capelli, sorrideva.
“Oh, non preoccupatevi. Sono solo alquanto confuso. Temo di non capire cosa dite.”
Egli le si avvicinò di un passo arrivando a sfiorarle le mani. Al contatto con la sua pelle ebbe un brivido. Era fredda e liscia, quasi come un cristallo.
Sussultò “siete fredda, vi sentite bene?”, la osservava.
“Non preoccupatevi” disse ella sorridendo e agitandosi per mostrare che stava bene.
“Non mi sono presentata, mi chiamo Shizuku1 e sono uno spirito dell'acqua”.
Egli era perplesso e temeva che la fanciulla si stesse burlando di lui. Fin troppo durò il silenzio di lui perciò la ragazza decise che manifestare la sua vera natura, era l'unica alternativa rimastele
“Se posso chiedere, avete una fiasca con dell'acqua?”.
Lui continuava a non capire se le intenzioni della fanciulla fossero buone o no. Le numerose esperienze negative vissute lo frenavano nel cedere fiducia facilmente. Lentamente e senza fare domande però, slacciò dalla cinta la piccola fiaschetta che portava con se e gliela porse. Lei la prese, la aprì e lasciò che il liquido uscisse. Prontamente il guerriero si mosse per fermarla ma vide l'acqua sfidare la caduta e risalire verso l'alto, come attratta da qualche forza sovrannaturale. Con l'altra mano ella la manovrava a suo piacimento formando delle bolle fluttuanti. Rimasto impietrito, quasi credeva di sognare, egli osservava la ragazza a suo agio manovrare il liquido sorridendo, non gli trasmetteva alcun pericolo ma quel suo po-tere lo allarmava. Dopo qualche istante la ragazza fece rientrare l'acqua nella fiaschetta e la richiuse porgendola al guerriero che ancora la fissava incredulo.
“Ecco a voi, spero di avervi persuaso” sorrise inclinando dolcemente la testa di lato.
Il guerriero la afferrò e la rimise alla cinta
“Sì...direi che mi avete convinto. Tuttavia ancora fatico a crederci, è sorprendente! Gli anziani al mio villaggio hanno sempre narrato di creature divine che popolavano la foresta ma nei loro racconti venivano descritte come mostri ripugnanti o dalle strambe forme”.
La fanciulla iniziò a ridere, il suono delle sue risate era dolce e sincero
“Quelle creature esistono realmente ma noi spiriti siamo difficili da scovare”
Rise ancora, i suoi capelli si mossero animati da una lieve folata di vento
“Più passano gli anni e meno persone sagge e dal cuore puro popolano questo mondo. Solo con un animo saggio e libero da ogni malvagità si è capaci di vederci”.
Shizuku gli si avvicinò prendendogli una mano
“Ho atteso così tanto l'arrivo di un umano come voi!”.
Il guerriero restò a guardarla, sorrise alla felicità d'ella ma non proferì parola alcuna. Intanto il sole era scomparso quasi totalmente dal cielo.
“Venite, non vorrete riposare all'aperto anche questa notte? Vi porto al riparo”
Iniziò ad incamminarsi. Il guerriero la seguì senza obiettare, sentiva di potersi fidare. Nonostante fino a qualche minuto prima il suo viaggio stesse proseguendo in solitudine senza avvertire disagio alcuno, sentì in cuor suo che quella compagnia gli era grata e che lentamente il suo cuore avvertiva un calore che da anni non si faceva sentire.
Dopo breve la coppia arrivò ad un piccola capanna di legno. Sembrava esser stata costruita diversi anni prima, probabilmente da qualche cacciatore o avventuriero che però l'aveva abbandonata ormai da tempo. La copertura del tetto era rovinata e mancava di porta e finestre.
“Ha bisogno di qualche sistemazione ma non dovreste dormire al freddo”
La fanciulla sorrise nuovamente, lasciò la mano del guerriero e si avvicinò alla costruzione raccogliendo da terra una piccola trave di legno ricoperta da muschi e felce.
Per un attimo egli fu invaso dai ricordi del suo villaggio, alle riunioni con i saggi attorno al fuoco, alla sua infanzia e alle persone che un tempo gli erano care. Decise di entrare, vi tro-vò dentro un piccolo tavolo senza un piede e un braciere leggermente arrugginito. Si avvi-cinò a quest'ultimo e in breve accese un fuoco che illuminò l'interno della capanna.
La fanciulla entrò poco dopo ancora con la trave in mano
“Direi che per il momento basta sistemare appena il tetto e un giaciglio per la notte, al sorgere del sole si farà il resto”.
Lui la guardava, sorrise avvicinandosi a lei
“Voi riposate accanto al fuoco, impiegherò poco tempo”.
Shizuku rimase ferma e sorrise “vi aiuto volentieri, non datevi pensiero”.
Egli, titubante, accettò l'aiuto e in breve riuscirono a completare le riparazioni temporanee al tetto e rilassarono i loro corpi dinnanzi al fuoco.
“Non mi avete ancora rivelato il vostro nome”
Disse la fanciulla accarezzandosi nuovamente i capelli.
Il guerriero si alzò di scatto
“Vi chiedo perdono. Il mio nome è Kimura Eiji2”
Fece un lieve e composto inchino per poi tornare a sedere.
“Eiji, mi piace!” sorrise ancora.
Eiji sentiva il cuore accelerare ad ogni sorriso d'ella, il suo animo si stava sempre più legando a lei come se fosse parte della sua vita da sempre. Scesa ormai la notte, stesero delle sterpaglie in un angolo creando un letto e vi si sdraiarono uno accanto all'altra.
La ragazza osservava il sopraccielo con sguardo profondo, poi voltò il capo verso quello di lui.
Lo guardò con occhi pieni di felicità ma anche di malinconia
“Ho paura che possa essere solo un sogno, ho paura che risvegliandomi domani non vi troverò più al mio fianco...”
Chiuse gli occhi, si spostò su un fianco e abbracciò Eiji
“Ve ne prego...non lasciatemi”.
Lui rimase impietrito. Nel suo villaggio erano quasi del tutto proibiti contatti così intimi con il sesso femminile e non sapeva come comportarsi.
Allungò un braccio e lo poggiò sulla spalla di lei, accarezzandola
“Non abbiate paura, resterò con voi. Non so come spiegarlo ma sento di essermi legato a voi, non provo alcun dubbio, non provo alcuna paura restandovi accanto. Probabilmente nella nostra vita passata eravamo insieme...”
Shizuku si strinse ancora a lui
“Viviamo questa vita insieme, come una cosa sola”.
Si assopirono entrambi sopraffatti dalla stanchezza.
Fuori dalla capanna, nascosto tra gli alberi, un'altra presenza era da un po' che spiava la coppia, poggiato ad un tronco. In se provava rabbia, era tentanto di entrare nella capanna ma venne persuaso da quest'ira e rimase fermo. Avrebbe aspettato il momento giusto per intervenire.
Il mattino seguente i due ripresero la sistemazione della capanna senza sosta finché il sole era ancora alto nel cielo. Eiji cacciò un capricorno e Shizuku raccolse delle erbe e delle bacche.
“Mi piacerebbe condurre questa vita con voi per sempre”
Disse lei sistemando davanti il fuoco le erbe raccolte “lo vorreste?”.
Eiji la guardò per qualche secondo in silenzio. Sarebbe stato quello il suo destino? In fondo lui aveva lasciato il villaggio in cerca di un'altra dimora, lontano dall'ipocrisia degli altri esseri umani. Passare il resto dei suoi giorni circondato dalla natura e con Shizuku al suo fianco appariva ai suoi occhi come il futuro migliore al quale potesse aspirare
“Lo voglio anche io. Viviamo qui, insieme”.
La fanciulla si avvicinò a lui ridendo ed esultando di gioia
“Vi devo far conoscere gli altri spiriti del bosco. Saranno meravigliati di entrare in contatto con un umano come voi”.
Eiji era entusiasta e ben presto ella tenne fede alle sue parole e gli fece conoscere i vari spi-riti, quelli degli alberi, quelli della terra, solo uno mancava all'appello, lo spirito del fuoco. Da giorni non dava notizie di se ma, essendo che non era la prima volta che accadeva in quanto era molto abile ad apparire e scomparire a suo piacimento,non gli dettero peso. I due decisero di allignare nella capanna, vivendo di pesca e di caccia.
Passarono le lune, tra i due il legame era divenuto sempre più forte sfociando nell'amore. Tutto sembrava procedere tranquillamente, come lo scorrere di un fiume.
Un giorno però Shizuku, che si era allontanata per raccogliere delle erbe, tornò alla capanna visibilmente turbata. Eiji preoccupato le si avvicinò e le domandò cosa fosse accaduto. Lei cercò di evitare il confronto ma alla fine si confessò
“La causa di tutto è Suzaku3, lo spirito del fuoco. È riapparso nel bosco e mi si è avvicinato mentre ero intenta a tornare a casa. Mi ha detto di avermi osservata negli ultimi mesi, di essere preoccupato per me e di restare lontano dagli esseri umani perché sono malvagi. Mi ha detto di unirmi a lui perché mi ama ed è il destino degli spiriti restare tra di loro.”
Gli occhi le diventarono lucidi, guardò in viso Eiji che le stava difronte
“Io non gli credo. Voi non siete malvagio come dice lui. Voi mi vedete! Non voglio allontanarmi da voi”
Lo abbracciò forte, quasi tremava.
Eiji la strinse a sua volta nel tentativo di tranquillizzarla
“Non preoccupatevi, mai vi lascerò e mai permetterò che anima alcuna vi faccia del male”.
Nonostante le parole rincuoranti che egli pronunciava, Shizuku sapeva che per quanti sforzi potesse fare, Eiji era solo un umano e non poteva contrastare la forza di uno spirito. Sarebbe toccato a lei cercare di convincere Suzaku e cambiare idea, a lasciarli proseguire la loro vita insieme serenamente e a non fare del male al suo amato.
Passarono i giorni e la coppia non si separò mai. Insieme si recavano al ruscello poco lon-tano dalla capanna a pescare, a raccogliere la frutta e le erbe.
Di Suzaku non si ebbero più notizie ma entrambi conservavano il timore di un suo ritorno improvviso.
I numerosi spiriti della foresta si riunirono e garantirono protezione alla coppia. Anche in cuor loro la presenza di un umano come Eiji non costituiva pericolo alcuno ed erano turbati del comportamento di Suzaku, ritenuto insolito per una creatura come loro. Shizuku prese pian piano a sentirsi più tranquilla e, nonostante la lieve titubanza, riprese ad uscire da sola. Una mattina, approfittando dell'assenza d'ella, Suzaku si presentò dinnanzi a Eiji.
Rimasero qualche istante l'uno difronte all'altro. Eiji lo osservava.
I folti capelli color della cenere, gli occhi rossi come se delle fiamme vi fossero rinchiuse al loro interno, struttura esile ma dalla postura salda. Anche se il sofferto sospetto sul chi fosse la figura davanti a se gli premeva al cuore, gli chiese chi fosse.
“Quindi siete voi l'umano che sta ingannando il sacro spirito dell'acqua”.
Egli, sentendo quelle pesanti parole d'accusa, si rabbuiò e rapidamente estrasse la spada puntandogliela contro
“Siete voi lo spirito del fuoco? Andatevene e lasciate Shizuku in pace. Ci legano forti sen-timenti e voi non siete nessuno per rompere il nostro legame”.
Suzaku rise sonoramente guardando la spada e si avvicinò di qualche passo
“Siete un umano alquanto stupido, mi domando come abbia fatto quell'adorabile creatura a esser caduta in un così banale inganno”.
Alzò lentamente il braccio e pochi istanti dopo la spada di Eiji si riscaldò costringendolo a lasciarla cadere sentendo la pelle della mano bruciargli.
“Se mi credete malvagio, come spiegate il fatto che vi possa vedere?”
Gli urlò tenendosi la mano che aveva iniziato a sanguinargli.
Suzaku rise ancora pieno di tracotanza e si poggiò ad un albero
“Non esistono umani d'animo buono. La vostra stessa esistenza è la rovina di questo mondo. Ve lo dirò un'ultima volta. Andatevene o la prossima cosa di voi che renderò cenere sarà il cuore!”.
Poco distante, Shizuku stava percorrendo la strada del ritorno quando dei kodama4 freneticamente la avvertirono del pericolo che stava correndo Eiji. L'inquietudine che non voleva abbandonare il suo cuore era più che motivata. Nonostante la calma apparente, la paura che potesse accadere qualcosa del genere non l'aveva più lasciata. Gettò a terra il cesto con i frutti e si mise a correre per raggiungere il prima possibile i due.
Arrivata nei paraggi della capanna sentì Eiji urlare, quasi si paralizzò dalla paura ma con-tinuò a correre il più velocemente possibile. Suzaku si trovava a pochi passi da Eiji, che era inginocchiato a terra. Lo spirito del fuoco rideva tronfio del suo potere
“Volete essere ucciso? Non vorrei voler arrivare a tanto anche se temo siate talmente ottuso da non capire quando ubbidire”.
Shizuku si gettò a terra davanti Eiji per fargli da scudo
“Non toccatelo!”, gli urlò senza timore.
Suzaku indietreggiò di un passo, la rabbia gli si dipinse in viso
“Come prego? Siete divenuta a tal punto pazza da proteggere così un umano, a rischio della vostra stessa vita?”.
La ragazza rimase immobile, continuava a fissarlo con sguardo di sfida
“Non permetterò in alcun modo che gli facciate del male”.
Si voltò verso Eiji, gli prese la mano ferita e cercò di donargli sollievo dal dolore.
Suzaku si infuriò. Il suo corpo iniziò a scaldarsi, le sterpaglie ai suoi piedi si bruciarono “Siete pazza! Volete morire? Vi accontento subito!”.
Distese nuovamente il braccio, del fuoco si sviluppò dalla sua mano andando a colpire la ragazza ad una spalla.
Eiji sì alzò di scatto, prese Shizuku in braccio e si mise a correre in direzione del ruscello. Suzaku scoppiò a ridere, iniziò a camminare seguendoli non curandosi però della distanza che andava aumentando tra se e i due. La coppia poco dopo arrivò al ruscello, vi entrarono e rimasero immersi attendendo con terrore l'arrivo dello spirito del fuoco.
Egli non tardò ad arrivare, colmo di sicurezza e di arroganza
“Cosa sperate di ottenere?”.
Eiji sapeva che l'unico modo rimastogli per proteggere l'amata era permetterle il contatto diretto con l'elemento proprio, cercando intanto di trovare un modo per uscire da quella si-tuazione. Shizuku, che si teneva la spalla ferita, avvertì un senso di refrigerio una volta ammollo.
“Così tardate solo la vostra dipartita”
Disse Suzaku avvicinandosi nonostante stesse ben attento a non entrare in contatto col ruscello.
Giunsero sul luogo gli altri spiriti preoccupati, alcuni cercarono di persuadere Suzaku dal proseguire la sua lotta ma vennero ignorati e minacciati di morte.
“Umano ti avverto ancora una volta. Sparisci e non tornare mai più o sarò costretto ad uccidervi entrambi”.
Shizuku, sentendo un fitta al cuore all'idea che il suo amato potesse perdere la vita, si avvicinò a Eiji, lo guardò dritto negli occhi tenendogli le mani, come quando si giurarono amore eterno, come quando in cuor loro desideravano solo restare l'uno accanto all'altra per l'eternità. Purtroppo l'unica che poteva fermare lo spirito del fuoco era lei, avrebbe protetto il suo amato.
Gli sorrise, egli la guardò per un istante, non capendo.
Shizuku si voltò, d'improvviso diede una forte spinta a Eiji che cadde alla riva opposta del fiume e alzò il braccio destro.
Una enorme quantità di acqua si sollevò dal ruscello e colpì in pieno Suzaku. Egli, con una fiamma intensa, lasciò evaporare l'acqua con noncuranza
“E questo cosa era?”.
Il tempo di alzare lo sguardo che si ritrovò Shizuku a pochi centimetri da se. Ella lo abbracciò stretto non lasciandogli libertà di movimento.
Lui si dimenò, colpendola più volte ai fianchi e alle braccia
“Cosa avete intenzione di fare?”.
La pelle e i capelli le iniziarono a bruciare a contatto col corpo di Suzaku ma rimase attaccata a lui.
Eiji in preda al panico cercò di avvicinarsi ai due ma un enorme muro d'acqua gli bloccava il passaggio così prese un forte respiro e cercò di attraversarlo.
Intanto Shizuku richiamò a se tutta l'acqua del ruscello, l'umidità dell'aria e degli alberi, concentrò tutta se stessa uti-lizzando ogni singola goccia possibile. Sentiva il suo corpo perdere forza ma era più che intenzionata a non arrendersi. Suzaku era immobilizzato, urlava cercando in tutti i modi di liberarsi. L'acqua gli si infiltrava nella pelle, negli occhi, gli impediva di respirare. Shizuku sorrise, voltò leggermente il capo verso il ruscello per assicurarsi che l'amato fosse al sicuro. A breve entrambi vennero avvolti da un'enorme sfera e subito calò il silenzio. Eiji riuscì a fatica ad avvicinarsi quando vide la sfera e cadde in ginocchio, sia a causa della fatica che della disperazione “Shizuku!”.
Chiamò il suo nome un paio di volte ma il silenzio continuava a regnare.
Poco dopo la sfera pian piano iniziò a rimpicciolirsi lasciando scivolare via l'acqua sul terreno. Di Suzaku non vi era traccia alcuna, Shizuku era in piedi di spalle, immobile e Eiji le corse incontro.
La fanciulla riuscì a girarsi appena quando cadde a terra.
“Shizuku! Riprendetevi, ve ne prego!”
Eiji, con le lacrime agli occhi, la sosteneva stringendola a se.
Ella sorrise “siete illeso, che sollievo. Non abbiate pena del mio destino, siete salvo e io sono felice”.
Lentamente il suo corpo diventò evanescente.
Eiji la teneva ancora stretta a se, piangeva.
“Riprendetevi...vi supplico”.
Shizuku non rispondeva più, il suo corpo si dissolse nell'aria.
Eiji rimase inginocchiato a terra a piangere.
Era nuovamente solo.
(photo’s credits to Narandel)
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A fragment of a dream
Once upon a time, in a far away place, there was a young warrior. Powerful body and dexterity made him a formidable opponent for those who undermined the peace of his native village. But in the young's heart, a long time since, had settled anguish. He was tired of the meanness and pettiness of the inhabitants of his village. Try as he might, he felt that the place was hostile and pretend to be at ease was no longer possible. One day, just at dawn, gathered his few belongings and walked stealthily to the north of the village in search of a new home. He looked into the woods for the last time his old home saying goodbye but without that emerged in him a sense of nostalgia. He walked fastly all day folloeing the course of a steam. Through the high treetops filtered sunlight now high in the sky. The air was soaked with moisture, the ferns that covered the ground around the trees were still covered by the night dew.
After a few hours of walking he stopped and sat on a wet fir trunk fell probably due to a storm, to eat a few mouthfuls of rice that he had prepared for the trip. After the meal, the warrior felt his body full of energy and went on his way until, in the dense forest, not evening came. Collected a large number of branches and leaves artfully lit a fire and arranged a bed for the night a few meters from it. He had been taught as a child how to survive away from the village, how to get food and water and how to protect themselves from wild animals.
Sitting in front of the fire he drifted from his memories and for a brief moment he was overwhelmed by a sense of nostalgia. But soon the good memories were matched to as many bad memories so his mind went back to the crackling of the fire that warmed his limbs. Intrigued by a pleasant rustle, however, got up and noticed that a few steps from his bed there was a large pond dotted with water flowers from pink color. That place must surely be unknown to travelers or otherwise they did not have a word to anyone in the village. Its waters were clear and reflected the pale moonlight that filtered through the high treetops. The atmosphere was eerie enchanted, moisture of plant and water did shine the air as if the stars had fallen from the sky to illuminate the place. He approached and with his head down he savored the waters. The fresh felt at the contact with that pure water reassured him.
Glancing up he noticed a presence at the center of the water's basin.
"Who’s there?"
He screamed going back upright and clutching a sword fastened to the belt.
Failing to see no one he thought of a bad joke of fatigue or the tree’s reflection on the surface. After a slight hesitation, he bent again on the water, drank a few sips and looked again. It was then that he noticed the silhouette of a girl who silently watched him immersed in the water. Caught by astonishment the warrior jumped back falling seated on the ground. He didn't know what to believe, the confusion took possession of his reason. The poor light prevented him from seeing if this was really happening.
"Are you real or are you the result of my tiredness?"
He said with a trembling voice.
The girl grinned slightly but she didn’t answer, she stood still watching him intrigued. The warrior, still hesitating and with confused mind, stood up and went near her, this time trying not to speak with trembling voice
"Please, show me your face. With the night's darkness I barely see you."
The girl smiled again, turned and walked away slowly
"Sir you are tired, please rest”
She said disappearing into the dark.
The warrior, more confused than ever , looked down resigned and walking while thinking returned to his bed and laid down in front of the fire. He thought and rethought about that shape, that voice.
"Was that a forest demon? Did I probably disturbed his dwelling? "
A mild panic made him shiver.
It was already night and despite fear and curiosity, soon he fell into deep sleep. The next day, opening his eyes, the warrior thought immediately about the meeting of the night before and running he went to the pond but he found no one there. Standing still staring at the water surface in search of the slightest movement, he sighed resignedly,
"Did I dream, perhaps?".
Yet that voice rang in his memory so clearly that the idea of a dream seemed even more absurd of the meeting itself. Returning to the bed he extinguished the small fire that was still burning, he picked up his belongings and went on his way. The sky was covered with a thick layer of clouds and the air was fresh and full of moisture but nevertheless sweat appeared on his forehead. He went on briskly for a few hours keeping on thinking about the previous night.
He walked for a couple of days, repeating himself that the meeting at the pond really happened and that couldn't be the figment of the imagination. In his infancy he heard many stories about evils and scary creatures hiding in the forests and dark places but he found difficult to compare that girl to those figures. The sun was about to go down, but nevertheless, the young man refused to stop and keep on going his way looking at the road ahead of him. Deep in thought, listening to the sound of the forest, he was trying to pay attention to any extraneous noise.
After a few steps he noticed a rustling behind him. Suddenly he whirled brandishing his sword, ready to pull it out if it was needed. For a moment, his breath was caught in his throat. In front of him there was a girl with long hair of the color of the sea that fell over her shoulders like waves of a stream that flows from the source. She looked at him with her clear eyes smiling. Her long white dress, dirty of the earth of the forest at the lower end, was swaying slightly because of the blowing of the wind.
"Finally I found you."
Her voice sounded like the melody of nature. The warrior stood still, loosened his grip on the sword and stretched his arms helplessly. Although that face was completely new for him, inside of himself he felt a deep sense of joy now that she stood in front of him. Completely charmed by her beauty, he repeated her words inside of him but he didn't understand the meaning. He was almost completely sure he didn't meet her before, also because in his village there weren't people with that hair color. It seemed like an unusual color, but in his life he had never seen beings that do not belong to his race and he did not know the physical characteristics of the other inhabitants of the world so he didn't give it much weight.
"I knew that one day I would find you, I only had to wait that the sky would send you to me"
Said the girl again approaching the warrior, in his eyes shone sadness and happiness.
Confused he kept silent to observe her.
He couldn't say anything, he just listened to the sweet voice that, in his heart, he felt as a part of himself .
“Forgive my euphoria. I waited for you so many moons and the fear that it may be merely the result of a dream makes me desire to live this moment fully”.
While speaking she stroked her long hair, smiling.
“Oh, don't worry. I'm just rather confused. I'm afraid I don't understand what you say”.
He went one step closer to her so much that he brushed her hands. Upon contact with her skin he shivered . It was cool and smooth, almost like a crystal.
He winced, “you are cold , are you ok?” he observed her.
“Don't worry” she said, smiling and shaking herself to show that she was fine.
“I didn’t introduce myself, my name is Shizuku and I'm a spirit of water”.
He was puzzled and worried that the girl was making fun of him. His silence was lasting too long so she decided that showing her true nature, was the only alternative
“If I may ask, have you a flask with water?”.
He still didn't understand if the intentions of the girl were good or not. The many negative experiences restrained him to give trust easily. However, slowly and without question, he undid from his belt the small flask and handed it to her. She took it, opened it and let the liquid come out. Promptly the warrior moves to stop her but he saw the water defy the fall and rise upward, as drawn by some supernatural force. With her other hand she maneuvered it, forming floating bubbles. Remained petrified, he almost thought he was dreaming, he watched the girl maneuvering the liquid smiling, she didn’t endanger him but her power alarmed him. After a while she made the water go back in the flask and closed it handing it to the warrior who still stared at her in disbelief.
“Here you go, I hope I persuaded you” she smiled gently tilting the head to one side.
The warrior grabbed it and put it back on the belt.
“Yes...I would say that you convinced me. But it is still hard to believe, it's amazing! The elders of my village have always told about divine creatures that lived in the forest but in their stories they were described as disgusting monsters or with weird shapes”.
The girl began to laugh , the sound of her laughter was sweet and sincere,
“Those creatures really exist but us spirits are hard to find”.
She laughed again, her hair moved animated by a slight gust of wind
“As the years go by less wise and pure-hearted people populate this world. Only with a wise heart and free from all evil one is able to see us”.
Shizuku approached him taking his hand
“I waited so long for the arrival of a human being like you”.
The warrior stood looking at her, he smiled at her's happiness but he didn't say any word. Meanwhile the sun was disappeared almost completely from the sky.
“Come, you would not want to sleep outside this night too? I will bring you in a shelter”
And she started to walk. The warrior followed her without question, he felt he could trust her. Although until a few minutes before his journey was proceeding in solitude without feeling any discomfort, he felt in his heart that the company was grateful, and slowly his heart felt a warmth that wasn't felt in years.
After a while the couple reached a small wooden hut. It seemed to have been built several years ago, probably by some hunter or adventurer who, however, abandoned it long time ago. The roof was damaged and it lacked the door and windows.
“It needs some accommodation but you shouldn’t sleep in the cold”
The girl smiled again, let the hand of the warrior go and she approached the building picking up from the ground a small wooden plank covered with moss and fern.
For a moment he was invaded by memories of his village, the meetings with wise men around the fire, his childhood and the people who once were dear. He decided to enter, he found inside a small table without a foot and a slightly rusty brazier. He near it and soon he started a fire that illuminated the interior of the hut.
The girl came in shortly after with the beam still in her hand
“I think that for the moment is sufficient just to fix the roof and a bed for the night, at the rising of the sun we will do the rest”.
He looked at her, smiling he moved closer to her
“You rest by the fire, I will employ a short time”.
Shizuku stood still and smiled “I can gladly help you, don't worry”.
He hesitantly accepted the help and soon they were able to complete the temporary repairs to the roof and they relaxed their bodies in front of the fire .
“You didn’t reveal your name yet”
said the girl, stroking her hair again.
The warrior stood up abruptly
“I apologize. My name is Kimura Eiji”
He made a composed and slight bow and then sit back down.
“Eiji, I like it!”, she smiled again.
Eiji felt his heart accelerate with every smile of her, his heart was more and more bound to her as if she were part of his life all along. It was already night, they spread some weeds in a corner creating a bed and the laid down side by side.
The girl watched the loof with deep look, then turned her head toward him.
She looked at him with eyes full of happiness but also sadness.
“I'm afraid that it may be just a dream, I'm afraid that I will not find you at my side tomorrow waking up...”.
She closed her eyes and moved to one side and hugged Eiji
“I beg you...don't leave me”.
He froze. In his village such intimate contact with the female sex were almost completely banned and he didn't know how to behave.
He reached out and placed it on her shoulder, caressing her
“Don't be afraid, I'll stay with you. I don't know how to explain it but I feel myself bound to you, I don't feel any doubt, I feel no fear staying next to you. Probably in our past life we were together...”
Shizuku still clung to him
“We shall live our lives together as one”.
They fell asleep overpowered by fatigue.
Outside the hut, hidden among the trees, another presence was spying the couple for a while, leaning against a tree trunk. He felt anger. He wanted to get into the hut but he was persuaded by this wrath and stood still. He would wait for the right moment to intervene.
The next morning, the two resumed their hut accommodation without stopping until the sun was still high in the sky. Eiji hunted a capricorn and Shizuku picked herbs and berries.
“I would like to lead this life with you forever”
She said placing the gathered herbs in front of the fire “would you want it too?”.
Eiji looked at her for a few seconds in silence. Would that be his fate? After all he left the village in search of a new home, away from the hypocrisy of other human beings. Spending the rest of his days surrounded by nature and with Shizuku at his side looked in his eyes as the best future which he could aim for
“I want it too. We can live here, together”.
The girl went near him laughing and exulting with joy.
“I must make you know the other spirits of the forest. They will be amazed to get in touch with a human being like you".
Eiji was excited and soon she kept her promise and introduced him the various spirits, those of the trees, those of the earth, only one was missing, the spirit of fire. For days, he gave no news of him but since that wasn't the first time it happened, as it was very expert to appear and disappear at will they didn’t give much weight to it. The two decided to take root in the hut, living off fishing and hunting.
Moons passed, the bond between the two had become increasingly strong resulting in love. Everything seemed to be going fairly smoothly, like the flow of a river.
But one day Shizuku, who walked away to gather herbs, returned to the hut visibly upset. Eiji, worried, approached her and asked her what happened. She tried to avoid confrontation but eventually she confessed
“Suzaku is the cause of all, the spirit of fire. He reappeared in the woods and approached me while I was intent on returning home. He told me that he observed me in the last months, that he is concerned about me and to stay away from humans because they are wicked. He told me to join him because he loves me and it is the fate of the spirits to remain among them”.
Her eyes became glossy, she looked at Eiji who was in front of her.
“I don't believe him. You are not as bad as he says. You see me! I don't want to get away from you”
She hugged him tightly, almost trembling.
Eiji hugged her in turn in an attempt to calm her
“Don't worry, I will no leave you and I will never and never let anyone hurt you”.
Despite the heartening words that he uttered, Shizuku knew that no matter how hard he could try, Eiji was only a human and he could not counteract the force of a spirit. She was the one that would have to try to convince Suzaku to change his mind, to let them continue their life together peacefully and to not give harm to her beloved.
Days passed and the couple didn't separate ever. Together they went to the creek not far from the hut to fish, to gather the fruits and herbs.
There weren’t any news of Suzaku but the couple kept the fear of his sudden return.
The numerous forest spirits gathered and granted protection to the couple. Even in their hearts, the presence of a human being like Eiji didn't constitute any danger and they were troubled by the behavior of Suzaku, considered unusual for a creature like them. Shizuku slowly began to feel more peaceful and, despite the slight hesitation, started again to go out alone. One day, taking advantage of her absence, Suzaku showed up in front of Eiji.
They stood a few moments in front of one another. Eiji was watching him.
His thick ash colored hair, red eyes as if the flames were locked up inside them, thin body but firm posture. Although the suffered suspect on who the figure in front of him was was pressing his heart he asked him who he was.
“So you are the human being who is deceiving the sacred water spirit”.
Hearing those harsh words of accusation, he frowned and quickly he drew his sword against him.
“Are you the spirit of fire? Go away and leave Shizuku alone. Strong feelings bind us together and you are nobody to break our bond”.
Suzaku laughed out loud looking at the sword and walked a few steps
“You're a human being rather stupid, I wonder how that adorable creature fell into such a trivial deception”.
Slowly he raised his arm and a few moments later Eiji’s sword warmed up forcing him to drop it, feeling the skin of the hand burning.
“If you think I'm evil how do you explain the fact that I can see all of you?”
He yelled holding his hand that had begun to bleed.
Suzaku laughed again full of hubris and leaned against a tree
“There are no humans with good mood. Your existence is the ruin of this world. I'll tell you one last time. Go away or the next thing that I will make ashes of will be your heart”.
Not far away, Shizuku was on the road back when some kodama frantically warned her of the danger Eiji was in. The restlessness that would not leave her heart was more than justified. Despite the apparent calm, the fear that something like this could happen to him didn’t leave her yet. She threw down the basket with fruits and started running to reach the two as soon as possible.
As she arrived in the vicinity of the hut she heard Eiji screaming, she was almost paralyzed by fear, but she continued to run as fast as possible. Suzaku was a few steps away from Eiji, who was kneeling on the ground. The spirit of fire smug laughed of his power
“Do you want to be killed? I wouldn't want to go that far though I'm afraid that you are so stupid as to not understand when to obey”.
Shizuku fell to the ground in front of him as a shield for Eiji
“Don't touch him!” screamed without fear.
Suzaku took a step back, anger crossed his face
“Excuse me? You become so much mad as to protect a human, to risk your own life?”.
The girl stood motionless, still staring at him with look of defiance
“I will not allow in any way that you hurt him”.
Shizuku turned towards Eiji, took his injury hand and she tried to give him relief from pain.
Suzaku was furious. His body started to heat up, the brushes at his feet burned
“You are crazy! Do you want to die? I'll satisfy you now “.
He stretched his arm again, the fire grew out of his hand , hitting the girl in the shoulder.
Eiji jumped up, took Shizuku in his arms and ran in the direction of the stream. Suzaku laughed and started to walk following them not caring, however, about the distance that was increasing between himself and the two. The couple soon came to the stream, they entered and remained immersed waiting in terror for the arrival of the spirit of fire.
He didn’t take long to arrive, full of self-confidence and arrogance
“What do you hope to achieve?”.
Eiji knew that the only way to protect her was to allow direct contact with her proper element, meanwhile trying to find a way to get out of that situation . Shizuku, who was holding her wounded shoulder, felt a sense of relief when she was soaking
“In this way, you only delay your departure”
Suzaku said, approaching them even though he was careful not to get in contact with the brook.
The other troubled spirits arrived at the place, some of them tried to persuade Suzaku from continuing his fight but were ignored and threatened with death.
”Human. I warn you once again. Get lost and never come back or I'll be forced to kill you both”.
Shizuku, feeling a pang in her heart at the idea that his lover could lose his life, approached Eiji, looked him straight in the eyes, holding his hands, like when they swore eternal love, as when in their hearts they wanted to remain only next to each other for eternity. Unfortunately the only one who could stop the spirit of fire was her, she would protect her beloved.
She smiled at him, he looked at her for a moment, not understanding.
Shizuku turned, suddenly she gave a strong push to Eiji that he fell to the opposite bank of the river and she raised her right arm.
A huge amount of water lifted from the stream and struck Suzaku. He, with an intense flame, made carelessly the water evaporate
“And what was this?”
The time to look up that he found Shizuku a few inches away from himself. She hugged him tightly leaving no freedom of movement.
He struggled , hitting her several times at the hips and arms
“What are you going to do?”.
Her skin and her hair began to burn at the contact with Suzaku’s body but she remained attached to him.
Eiji in a panic tried to approach the two but a huge wall of water was blocking the passage so he took a sharp breath and tried to cross it.
Meanwhile, Shizuku called all the water in the stream, the moisture in the air and the trees, she focused all of herself using every drop possible. She felt her body losing strength but she was more than willing to not give up. Suzaku was immobilized, he screamed searching for every way to free himself. The water seeped into his skin, eyes, preventing him from breathing. Shizuku smiled, turned her head slightly toward the stream to make sure that her loved one was safe. Soon both were surrounded by a huge ball and immediately the silence fell. Eiji managed with difficulty to get closer when he saw the ball and fell to his knees because of fatigue and despair “Shizuku!”.
He called her name a few times but the silence continued to reign.
Shortly after the ball slowly began to shrink letting the water slip away on the ground. There was no trace of Suzaku, Shizuku was standing with the back towards him, motionless and Eiji ran to meet her.
The girl barely managed to turn around when she fell to the ground.
“Shizuku! Come round, please!”
Eiji, with tears in his eyes, sheld her clutching her to himself.
She smiled “You are unharmed, what a relief. Don't worry about my destiny, you're safe and I'm happy”.
Slowly, her body became evanescent.
Eiji still held her close to himself, crying
“Come round...I beg you “.
Shizuku did not respond, her body dissolved in the air.
Eiji was kneeling on the ground crying.
He was alone again.
(photo's credits to Narandel)
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