#Eschilo
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"Se l'anima è malata, le parole sono i medici, purchè si blandisca il cuore al momento opportuno."
-Eschilo
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libriaco · 9 months ago
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Anziani ma ancora validi
[...] nei vecchi il desiderio di apprendere è sempre giovane.
Eschilo, [Ἀγαμέμνων, Agamémnon. 458 a.C.], Agamennone, in Eschilo-Sofocle-Euripide, Tutte le tragedie, Firenze - Milano, Giunti / Bompiani, 2018 [Trad. A. Tonelli]
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ragazzoarcano · 1 year ago
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La saggezza si conquista attraverso la sofferenza.
— Eschilo
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t-annhauser · 1 year ago
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Un antico proverbio è diffuso tra gli uomini, che la felicità dei mortali, raggiunto il suo culmine, partorisce, non muore sterile: dalla fortuna germoglia alla stirpe dolore insaziabile.
Eschilo, Agamennone
C'è da capirlo il giovane Nietzsche, che si fosse così perdutamente innamorato delle magnifiche dee greche, di Némesis distributrice di giustizia e di Anánkē del destino ineluttabile, dee virili e terribili che assegnano imperturbabili agli uomini quel che meritano secondo legge immutabile.
(di seguito, Lou Von Salomé con frustino nei panni di Anánkē che tiene al guinzaglio Dioniso)
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canesenzafissadimora · 5 months ago
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E’ nella natura dei mortali calpestare di più chi è caduto.
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princessofmistake · 9 months ago
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«πάθει μάθος» «Si impara soffrendo» —Eschilo, “Agamennone”
È la famosa citazione espressa in maniera memorabile nell’Agamennone di Eschilo, quando il coro intona il famoso Inno a Zeus:
[...] «Ma chi a Zeus con gioia leva il grido epinicio Coglierà pienamente la saggezza. A Zeus che ha avviato i mortali A essere saggi, che ha posto come valida legge “saggezza attraverso la sofferenza”. anche nel sonno stilla davanti al cuore un’angoscia memore di dolori: anche a chi non vuole arriva saggezza;»
Eschilo affronta i temi del male, del dolore e della paura che colpiscono gli uomini nei loro rapporti intimi con il divino e la società. Secondo una prima concezione il male e la sofferenza erano determinati solo dall’invidia degli dèi, l’Hybris, ma più avanti acquistarono un nuovo valore, diventando uno strumento per educare gli uomini alla giustizia, in quanto solo attraverso il dolore essi possono conoscere nel profondo se stessi.
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diversamenteintelligente · 4 days ago
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(via PREZZEMOLO VELENOSO)
La prima vittima a morire in guerra è la verità (Eschilo)
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gianlucadandrea · 2 months ago
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2025 - Neofascismi - Rendere grazia al prodigio
Rendere grazia al prodigio Di tutte le cose non c’è natura propria e neanche i giorni e le stagioni girano toccando la luce. L’unico segno che il tempo ancora esista è questa cronaca quotidiana del disastro che ci abbraccia mentre galleggiamo sulla superficie e rimbalziamo tra le bolle del consenso. A perdita d’occhio il fuoriconfine, il deserto ronza sotto una pioggia talmente rapida da non…
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andreacasadei · 1 year ago
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la saggezza si conquista attraverso la sofferenza...
Eschilo
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corciano-trasimeno-online · 2 years ago
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Il Corciano Festival celebra la tragedia antica con "L'Orestea - Le Regole del Giogo" Il Corciano Festival si appresta a portare in scena uno spettacolo teatrale che getta lo sguardo indietro nel tempo, riportando in vita la maestria di...
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ombrafurtiva · 2 years ago
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Ζῆνα δέ τις προφρόνως ἐπινίκια κλάζων
τεύξεται φρενῶν τὸ πᾶν
τὸν φρονεῖν βροτοὺς ὁδώ-
σαντα, τὸν πάθει μάθος
θέντα κυρίως ἔχειν.
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sciatu · 5 months ago
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TEATRO DI TINDARI
“Le parole son medicina all’anima che soffre” questo dice Eschilo nel Prometeo Incatenato e questo piccolo teatro di Tindari, ne è la prova. Adagiato sul promontorio dove il tempio d’Apollo è stato sostituito da un veneratissimo santuario, il teatro, circondato da ulivi e fichidindia, con i suoi duemila anni di storia, osserva il mare e le lontane Eolie, ospitando ancora concerti e opere teatrali. La sua immortale presenza custodisce ancora la Parola, la porta con cui l’anima degli uomini si apre al mondo, quella Parola che forma il Dire, che narra, istruisce, stupisce a affascina. Ancora qui a Tindari, il cielo ascolta e il mare accoglie il Dire degli uomini, perché questo luogo, con il frusciare degli ulivi e il cantare delle cicale, è la cornice in cui la Parola diventa Verso, per far fiorire il Dire, così che possa trovare la cornice dell’eternità in cui riassumersi e non restare solo un suono, un’immagine. Qui la Parola diventa vita, descrive il divenire dell’uomo che malgrado le sue barbarie e abbruttimenti, in essa ritrova quel Verbo che era nel principio dell’universo. Chiamatelo pure un teatro, anzi: un piccolo teatro. In realtà esso è un nido dove l’essenza dell’uomo, le sue paure, i suoi sogni, le sue illusioni e speranze, i suoi dolori ed amori, spiccano il volo e raggiungono il cuore di altri uomini e li, la Parola, semina suggestioni, emozioni che li rende coscienti della loro umanità e diventando così, inevitabilmente, migliori.
“Words are medicine for the suffering soul” says Aeschylus in Prometheus Bound and this small theatre in Tindari is proof of this. Nestled on the promontory where the temple of Apollo has been replaced by a venerated sanctuary, the theatre, surrounded by olive trees and prickly pears, with its two thousand years of history, looks out over the sea and the distant Aeolian Islands, still hosting concerts and plays. Its immortal presence still guards the Word, the door with which the soul of men opens to the world, that Word that forms the Saying, that narrates, instructs, amazes and fascinates. Still here in Tindari, the sky listens and the sea welcomes the Saying of men, because this place, with the rustling of the olive trees and the singing of the cicadas, is the frame in which the Word becomes Verse, to make the Saying flourish, so that it can find the frame of eternity in which to summarize itself and not remain just a sound, an image. Here the Word becomes life, describes the becoming of man who despite his barbarity and brutality, finds in it that Word that was in the beginning of the universe. Call it a theater, or rather: a small theater. In reality it is a nest where the essence of man, his fears, his dreams, his illusions and hopes, his pains and loves, take flight and reach the hearts of other men and there, the Word, sows suggestions, emotions that make them aware of their humanity and thus becoming, inevitably, better.
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libriaco · 2 years ago
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Analgesia
ARALDO: [...] Chi, all’infuori degli dei, resta intatto da dolore per tutto il tempo della vita?
Eschilo, [Ἀγαμέμνων, Agamémnon. 458 a.C.], Agamennone, in Eschilo-Sofocle-Euripide, Tutte le tragedie, Firenze - Milano, Giunti / Bompiani, 2018 [Trad. A. Tonelli]
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crazy-so-na-sega · 10 months ago
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mito->poesia->tragedia->metodo scientifico: uno sviluppo straordinario
Il genere tragico in Grecia: riproposizione ed evoluzione del mito arcaico.
La forma della tragedia classica greca è il punto di arrivo di un processo sviluppato a partire da un primitivo nucleo del coro, progressivamente ridimensionato a favore di uno spazio sempre maggiore riservato al dialogo dei personaggi. La tragedia ripropone e riplasma del materiale mitico ereditato dal mondo arcaico. Il suo appellativo si collega etimologicamente alla parola tragos con riferimento al capro, riferimento che è stato interpretato in vari modi quali: a) il sacrificio rituale celebrato alla fine della rappresentazione; b) la maschera indossata dal coreuta, c) il premio dato al vincitore. In ogni caso, si tratta di un riferimento a qualcosa di animalesco, ferino, primitivo, selvaggio (si veda ciò come traccia dell’animalesco selvaggio dionisiaco rispetto all’olimpico armonioso compositore delle passioni rappresentato da Apollo).
La struttura era articolata in un prologo��sugli antefatti dell’azione, un parodo, canto di ingresso del coro, gli episodi costituiti da dialoghi con gli stasimi, i canti di stacco tra gli episodi, e l’esodo, canto di uscita. Il coro (12 coreuti ai tempi di Eschilo con uno di loro, il corifeo, dialogante a nome degli altri con gli attori) cantava in armonia con la musica e la danza ( infatti il verbo koreuein significa danzare). Gli attori, tutti di sesso maschile, indossavano maschere, coturni, ovvero alti calzari per essere più visibili agli spettatori e la scena era dotata di macchine teatrali. In genere le rappresentazioni avvenivano in occasioni di feste in onore di Dioniso, dio rurale patrono della fertilità. Erano dei veri e propri festival in cui gareggiavano i poeti tragici con la loro tetralogia (3 tragedie ed un dramma satiresco). C’era una commissione selezionatrice fatta da un arconte ed altri due membri che sceglieva i tre concorrenti per la gara finale, ogni tetralogia veniva rappresentata in una giornata intera e quindi il concorso durava 3 giorni. La giuria per assegnare la vittoria della corona di edera era formata da 1 rappresentante per tribù estratto a sorte da una lista fornita da ognuna delle 10 tribù, che dava una classifica dei concorrenti su una tavoletta, delle 10 poi ne venivano estratte 5 a sorte per avere il vincitore. I contenuti delle opere attingevano ad un patrimonio di racconti mitici tradizionali e la rappresentazione drammatica era fondata sul contrasto, la lacerazione tragica tra protagonista umano e divino e degli uomini tra loro. Tutto il popolo partecipava, lo stato finanziava i poveri con due oboli per indennizzo delle ore di lavoro perdute ed i costi degli spettacolo (scenografia, costumi, attori, coreuti, musicisti) che erano in parte sostenuti anche dalle famiglie ricche, c’era anche un servizio d’ordine dotato di robusti manganelli contro eventuali disturbatori. La partecipazione popolare al "RITO COLLETTIVO" funzionava da presa di coscienza, grazie a questa esteriorizzazione del dramma tragico reso nello spettacolo teatrale, che determinava una presa di distanza, una assunzione di responsabilità collettiva di fronte alle tensioni tremende dell’esistenza umana secondo una visione che affondava le sue radici nei sanguinosi rituali del mondo pre-greco. In questo consiste la CATARSI di cui parla Aristotele: LA RAPPRESENTAZIONE HA UN EFFETTO LIBERATORIO DALLE PASSIONI (i patemata = patemi di animo).
La tragedia si differenzia dal mito per un tratto sostanziale: se nel mito lo scontro è nel mondo divino, qui il piano si sposta sulla violenza tra dei e uomini e degli uomini tra di loro. Questo è testimoniato dal lessico tragico. Sono fondamentali alcune parole chiave ricorrenti nei dialoghi, che mostrano la inconciliabilità nella tragedia di polarità opposte di comportamento: parole da un lato come collera (che però è anche invidia!) (ϕθόνος),e accecamento divino (΄Άτη) , tracotanza (ύβρις), e violenza brutale (βία) , dall’altro legge (νόμος), diritto (δίκη), autorità legale (κράτος), timore (ϕóβος), e pietà (ʹΈλεος), parole che segnano nella loro opposizione il contrasto inconciliabile che caratterizza la tragedia. Viene bollata la tracotanza, si esibiscono i valori morali e le norme etico-sociali cui conformare i comportamenti dei cittadini della polis ed il ricorso al mito serve a rinsaldare il tessuto connettivo della convivenza. Nella trilogia più famosa, l’Orestea, formata da Agamennone, Coefore, Eumenidi, la tragedia si risolve con Oreste portato nella sede suprema della istituzione della polis, l’Areopago, dove Oreste è alla fine assolto e le furiose persecutrici Erinni si trasformano nelle benigne Eumenidi. Si impone la Giustizia, la DIKE, che si esplica nel NOMOS, nella Legge della città, a fronteggiare la violenza, ma ciò non sarà sufficiente se nell’Antigone la legge del cuore e degli affetti si scontrerà con la legge ufficiale della città stessa, che tuttavia prevarrà alla fine. Ma a questo punto, gli Dei c’entrano poco, il conflitto è tra gli uomini, gli Dei sono solo spettatori. I drammi umani riportano le scorie dei drammi divini. Più i conflitti "si umanizzano", più si perde la carica istintiva, travolgente dell’eros e della violenza primitiva e questo porta alla famosa tesi di Nietzsche che ne La nascita della tragedia (1871) vede nelle prime tragedie un equilibrio tra le parti del coro che rappresentano la potenza dionisiaca degli istinti e le parti del dialogo degli attori che moderano con la razionalità apollinea lo scatenamento degli istinti, fino ad arrivare ad Euripide che descrivendo con realismo delle vicende umane fa prevalere il distacco dello spirito superiore ed equilibrato apollineo in contemporanea all’avvento del razionalismo di Socrate in filosofia e la definitiva eclissi del dionisiaco, evento che il filosofo tedesco denuncia come la più grande perdita per tutta la cultura occidentale.
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Più i miti perdono valore di Verità, staccati dal culto dionisiaco, più i paragoni e le similitudini linguistiche, da "strati intermedi" tra il mondo degli dei e quello umano subiranno una trasformazione che costituirà i primi gradini delle deduzioni analogiche di cui il metodo empirico si servirà più tardi.
-Franco Sarcinelli (WeSchool)
-Bruno Snell (le origini del pensiero europeo)
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t-annhauser · 9 months ago
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Pensavo stanotte, quando non riuscivo a riprendere sonno, che c'è un detto brianzolo che fa da corollario al pàthei màthos di Eschilo: che fadiga star al mond a saver ca l'è rutond (che fatica stare al mondo a sapere che è rotondo). Infatti, recita il detto, a non sapere che il mondo era rotondo si sarebbe fatta meno fatica, meglio non sapere, perché sapere ci fa partecipi di tutta la baraonda del vivere. Anche il nostro Leopardi, che era poeta al pari di Eschilo, era d'accordo: crescendo si impara e imparando si diventa infelici. Nietzsche ci mise tutto l'impegno per perorare la grandezza di Eschilo e sminuire la filosofia socratica, la quale invece predicava sapienza: unica causa del male è l'ignoranza del bene. Io personalmente non mi esprimo, istintivamente sento la grandezza di Eschilo mentre Socrate mi ha sempre lasciato piuttosto indifferente, ma sono gusti personali.
Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno | appare in vista, a salutar m'affaccio, | e l'antica natura onnipossente, | che mi fece all'affanno.
Leopardi - La sera del dì di festa
Quando, nel sonno, goccia davanti al cuore l'affanno che ricorda il dolore, allora, anche senza la volontà dei mortali, sopraggiunge in essi un sapere che salva.
Eschilo, Inno a Zeus - Agamennone
Le vie della saggezza Zeus aprì ai mortali, facendo valere la legge che sapere è soffrire. […] Solo a chi ha sofferto, bilancia di giustizia concede sapienza. Idem.
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canesenzafissadimora · 1 year ago
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E’ nella natura dei mortali calpestare di più chi è caduto.
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