#autodeterminarsi
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[della bontà e dell'empatia]
Esistono persone cresciute in famiglie bislacche dove non dimora un vero dialogo; persone che neanche il percorso scolastico è riuscito a munire della capacità di confrontarsi con un linguaggio adeguato: se le senti parlare, ti cadono le braccia da quanto sono rozze, ma fanno di tutto per dare una mano a chiunque in un momento di altrui Reale difficoltà.
La Cultura non è tutto: la bontà, la capacità di empatizzare con gli altri è soprattutto una questione caratteriale - bontà ed empatia che io non trovo in chi mi parli di multiculturalismo, sapendo benissimo che il vivere in modo Civile non può avere diverse interpretazioni dal Rispetto Universale per il Diritto di ognuno di autodeterminarsi, senza sentirsi in dovere, cioè costretti, a soccombere nel proprio "io" causa moralità religiose e/o retrograde.
#bontà#empatia#persone#crescere#famiglia bislacca#dimora#dialogo#percorso scolastico#scuola#confrontarsi#linguaggio#Cultura#empatizzare#carattere#multiculturalismo#vivere#Civiltà#interpretare#Rispetto#Universale#diritto#autodeterminarsi#dovere#soccombere#moralità#religione
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Gli "organi rappresentativi" non possono fare scelte sul corpo dei cittadini: ogni persona ha diritto ad autodeterminarsi: ogni persona appartiene a sé stessa, e non a terzi.
(Chiunque risponda, qui, a questo post "Ma, in realtà, siamo figli di dio", e quindi dipenderemmo, tutti, dal volere degli sciamani d'ogni religione, si consideri, da me, scoreggiato in piena faccia).
#organi rappresentativi#scelte#corpo#cittadini#diritto#autodeterminarsi#appartenere#persona#terzi#rispondere#se stesso#dio#sciamani#religione#scoreggia#scoreggia in faccia
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Viviamo in una società che si dice evoluta, ma continua a premiare chi finge invece di chi sente. Una società che parla di libertà ma che punisce chi si discosta dal copione. Se sei uomo, il copione è chiaro: non cedere, non piangere, non parlare troppo, non aver bisogno. Devi essere saldo, produttivo, funzionale. Devi sapere dove stai andando, reggere tutto, proteggere, provvedere. Ma se provi a essere altro (sensibile, incerto, emotivo) diventi scomodo. Non affidabile. Non desiderabile. Un uomo che mostra la sua fragilità viene visto come debole, e un uomo debole come inadeguato alla vita adulta, alla costruzione di un focolare, alla gestione di una relazione, alla paternità. Eppure gli uomini soffrono. Profondamente. Ma non possono dirlo. O meglio: possono, ma spesso non vengono ascoltati. Anzi, vengono allontanati, ignorati, ridicolizzati, sminuiti, perchè guardare a quel dolore è scomodo. I numeri non mentono: oltre il 75% dei suicidi nel mondo riguarda uomini. Meno dell’1% dei figli vive con il padre dopo una separazione, nonostante l’affido condiviso. Gli uomini accedono molto meno delle donne alla terapia. E chi tra loro è povero, solo o separato, spesso scompare del tutto dallo spazio sociale. In una cultura che ha giustamente insegnato alle donne ad autodeterminarsi, l’uomo non ha avuto la stessa opportunità di ridefinirsi. Gli è stato tolto il vecchio ruolo, ma non è stato educato ad abitare un’identità nuova. E così resta sospeso. Non può più dominare, ma non sa ancora sentire. E se l’unica identità possibile era il controllo, allora l’indipendenza altrui, soprattutto quella delle donne, non viene vissuta come una libertà, ma come una perdita, un rifiuto, uno svuotamento. È qui che nascono certi meccanismi malati: se non posso più essere amato per il potere, e non vengo scelto per la mia emotività, rischio di trasformare il dolore in dominio, la fragilità in rabbia, il rifiuto in punizione. Non per vocazione, ma per disorientamento. Non per istinto, ma per disperazione. Ed è per questo che parlare della sofferenza maschile non è un atto di debolezza: è prevenzione. È giustizia. È cultura. Un uomo che sa piangere non farà male. Un uomo che sa sentire non ha bisogno di controllare. Un uomo che ha voce non ha bisogno di alzare le mani. Abbiamo bisogno di nuovi modelli. Di uomini che non siano contenitori di aspettative impossibili, ma esseri umani completi. Abbiamo bisogno di società che non educhino al silenzio, ma all’ascolto. Che non dicano “ce la devi fare” ma “non devi farcela da solo”. Perché il dolore non riconosciuto genera solitudine. E la solitudine, quando è abbastanza lunga, può diventare pericolosa, toglie umanità e il diritto ad essere umani.
Non è una guerra tra dolori. È una rivoluzione della coscienza. Nessuno può essere davvero libero finché metà dell’umanità ha paura di dire: “Sto male.”
Una società giusta non include tutti, semplicemente non esclude nessuno.
#frasi pensieri#parole e pensieri#writers on tumblr#frasi tumblr#parole#uomini#uomo#salute mentale#riflessioni
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Israele è moralmente e politicamente un progetto coloniale già fallito. È uno stato paria sempre più isolato ed odiato dal mondo intero tenuto artificialmente in vita coi soldi e la copertura politica dei suoi complici occidentali e in particolare degli americani. Il giorno in cui la lobby sionista non riuscirà più a corrompere il congresso americano e decidere la politica estera statunitense in Medioriente, il giorno in cui gli americani la smetteranno di tenere ostaggio le Nazioni Unite col loro veto e verrà ristabilito il diritto internazionale, ai sionisti non resterà che risalire sulle navi e tornarsene da dove sono venuti. In Terra Santa rimarranno gli ebrei che desiderano convivere in pace coi palestinesi come prima dello sbarco del 1948 ed insieme potranno autodeterminarsi democraticamente. È questa la soluzione più intelligente ed indolore, ripartire da zero con uno stato laico federale israelo-palestinese che bandisca il sionismo come successo per le ideologie del secolo scorso, e che dopo un processo di Norimberga che inchiodi i responsabili delle atrocità di Gaza consenta di girare questa atroce pagina storica per sempre. Una soluzione che andrebbe imposta dall’Occidente e da tutta la comunità internazionale anche attraverso l’embargo economico e militare che faccia cedere il regime di Netanyahu come successo con quello sudafricano ai tempi dell’apartheid. Già, sarebbe questa la soluzione più intelligente ed indolore per tutti, altrimenti la fine di Israele avverrà in un bagno di sangue. Il sionismo non vuole nessuna soluzione politica e pacifica alla crisi palestinese, vuole completare l’occupazione con la forza fregandosene di tutto e di tutti. Nessuna novità. A seguito del fatidico atto terroristico del 7 ottobre per mano di Hamas, il governo sionista di Netanyahu si è giusto tolto la maschera ed ha rotto ogni indugio convinto di avere finalmente carta bianca, ma non c’è nulla di nuovo se non la magnitudo e la sfacciataggine. Israele porta avanti da sempre una politica di pulizia etnica, Gaza è sotto assedio e sotto le bombe da decenni e dall’altra parte della Palestina l’oppressione e l’apartheid non hanno conosciuto un giorno di riposo. La novità è che a seguito del 7 ottobre i sionisti hanno finito per esagerare con le atrocità facendo crollare il loro schema propagandistico di copertura internazionale e compromettendo per sempre la reputazione loro e di Israele, un danno politico incalcolabile. L’ottusità e la violenza sionista, ha poi nel tempo favorito la nascita di movimenti di resistenza palestinese altrettanto oltranzisti e violenti compromettendo l’unico modo per uscirne che è il dialogo. E se non se ne esce con un accordo, non resta che il bagno di sangue con la fine di Israele che potrebbe avvenire con una cruenta guerra regionale che cova sotto la cenere come non mai. Netanyahu si è messo a bombardare anche i nuovi vicini siriani e quella è gente che non scherza. Lo Yemen intanto lancia missili che distruggono i deliri di onnipotenza sionisti mentre gli Hezbollah non hanno nessuna intenzione di andare in pensione. Pare poi che la Turchia si stia muovendo dietro le quinte mentre l’Iran non si e’ mai mosso, e pare il re giordano sia più traballante che mai mentre il regime egiziano passa il tempo libero a fare esercitazioni militari coi cinesi. Altro che solite trumpate, nessun palestinese potrà essere deportato altrove e dopo tutto il vento seminato, si preannuncia una tempesta tremenda che potrebbe riportare le bandiere dei seguaci di Maometto tra le mura di Gerusalemme. Ma la fine di Israele potrebbe anche avvenire con una guerra civile tra sionisti ed israeliani più democratici e con un minimo di sale in zucca, quelli che da mesi protestano per strada. La società israeliana è profondamente lacerata e anche a livello istituzionale si cominciano a intravedere inquietanti fratture. Ed essendo un paese militarizzato fino al midollo, che inizino a spararsi tra loro non è affatto da escludere. [...]
Tommaso Merlo: La fine di Israele - Via
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Il femminismo lotta per garantire alle donne la possibilità di autodeterminarsi, superando i ruoli tradizionali imposti dalla società patriarcale, in cui la maternità e le relazioni erano spesso vissute come doveri obbligatori e non come scelte libere; promuove la libertà di scelta come principio fondamentale: le donne devono poter decidere liberamente se avere figli, come vivere la maternità, e come gestire le proprie relazioni affettive senza interferenze esterne o imposizioni sociali.
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La causa palestinese è sacrosanta.
Tuttavia vorrei fare una domanda agli studenti scesi in piazza oggi: com'è che se si parla di sovranità palestinese siete d'accordo ma se si parla di sovranità italiana strillate al fascismo?
Ovvio che le situazioni siano diverse, tuttavia ci sono mille modi di perdere la propria sovranità: con le bombe, con i carri armati, con i golpe finanziari, con i vincoli esterni. Un popolo sovrano è libero di autodeterminarsi, altrimenti è uno schiavo.
Il problema, cari ragazzi, è che finché non sventolerete il tricolore in quelle piazze e continuerete ad annacquare una giusta battaglia in un mare di schwa, asterischi e boiate woke, resterete sempre utili idioti del sistema. Oltre che una perfetta emanazione di quell'imperialismo americano che dite di odiare.
Matteo Brandi
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Dibattito pubblico sul femminismo.
Il femminismo non è "tossico", né basato su una competizione tra generi. L'impulso autentico del movimento è:
- lavorare per rimuovere discriminazioni sistemiche, stereotipi di genere e squilibri di potere (non solo legali, ma culturali ed economici).
- garantire a tutte le persone – indipendentemente dal genere – di autodeterminarsi senza pressioni sociali (dalla carriera alla vita affettiva).
- lottare contro razzismo, classismo, abilismo: ogni forma di oppressione.
La presunta contrapposizione tra "distruzione della mascolinità" e "nuova oppressione" trascura il nucleo del dibattito contemporaneo femminista, che non propone l'annichilimento del maschile ma la decostruzione del modello tossico e patriarcale legato a violenza e dominio.
Il femminismo non ha come obiettivo la misandria (odio verso gli uomini). La confusione nasce da fraintendimenti e rappresentazioni distorte.
Il femminismo promuove la lotta contro discriminazioni sistemiche (es. divario salariale, accesso all'istruzione, diritti riproduttivi); desidera liberare sia donne che uomini da ruoli di genere imposti (es. "l'uomo deve essere forte", "la donna deve occuparsi della casa") e affronta discriminazioni multiple che s'intrecciano al sessismo.
#femminismo#il femminismo non è tossico#competizione#rimuovere discriminazioni sistematiche#rimuovere stereotipi di genere#rimuovere squilibri di potere#autodeterminazione#lottare contro il razzismo#lottare contro il classismo#lottare contro abilismo#lottare contro ogni forma di oppressione#decostruzione del modello tossico patriarcale
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Cinque di Coppe
"Ai piedi del Varco".
Si sta esaurendo la potente ondata di trasformazione interiore che ha investito in questi ultimi giorni ogni cellula del nostro "sentire".
Il Portale si è aperto davanti ai nostri occhi.
E per molti è stato davvero complesso "sostare" ai suoi piedi, tentando di attraversarlo, con la atterrita sensazione di "perdere", "di abbandonare", di "cancellare" parti di noi a cui eravamo da troppo tempo identificati.
Mancano ancora poche "spinte" e il grande Varco sarà accessibile all'ingresso delle Anime che hanno scelto di attraversarne l'uscio e di percorrerlo fino in fondo.
E' un Varco del "Sentito".
Esso si muove letteralmente senza preconcetti, schemi precostituiti, mappe del Passato.
E' per questo che terrorizza.
Le persone all'oggi hanno perso la loro originale "Fede nel Sentito".
Confidano più nella loro Mente, che nel loro profondo Intuito.
Non si abbandonano alla possibilità di essere pienamente in grado di "autodeterminarsi", di essere "colme di maestria".
Non si concedono di credere alla loro ancestrale capacità di "cogliere il sottile", senza doverlo per forza spiegare, capire, analizzare.
Non sono ancora pienamente consapevoli che "il Cuore sa". Sempre. In ogni istante. Lui "sa".
"Cosa sa", a volte non è neppure importante portarlo a divenire "conoscenza" o "spiegazione razionale".
Molte Antiche Anime della Divulgazione continuano a concentrarsi sui "contenuti", sulle parole, sui concetti.
E dimenticano che il "vero cambiamento" avviene sempre prima sul piano Emozionale. Perché è quello il piano che impedisce il dispiegarsi dei Doni interiori.
All'oggi, la Parola (il cosiddetto "Verbo"), se vibra solo di nozioni, non ha più alcun senso per chi la riceve. Non produce "suono". Non smuove alcuna "assonanza".
Ed è per questo che il linguaggio deve svuotarsi di "contenuto" e riempirsi di "ascolto".
Non è necessario infarcire l'Umanità di "conoscenza", ma di "frequenza allineata" e di "armonia di riferimento".
Allora ognuno diventa "libero" di accedere a ciò che gli serve veramente. Dentro se stesso, non fuori.
Indottrinare di contenuti che andavano bene per il "vecchio sistema" all'oggi può divenire una traccia totalmente fuorviante.
Ciò che è stato il percorso di ciascun Messaggero, ciò che "sa", ciò che ha "imparato" o "ereditato", può non corrispondere in alcun modo a ciò di cui necessita l'Altro per se stesso.
Ma c'è una "Nota", che vibra per tutti allo stesso modo: ed è il Cuore.
E ciò che dovrebbe portare l'Attivatore oggi, è solo e semplicemente il ricordo vibrazionale di quella straordinaria Nota di riferimento, con la sola presenza.
Senza utilizzare tante parole o concetti, credenze, storie antiche, vecchi costrutti pronti ad infarcire di sterili informazioni le già oberate teste delle persone.
Il "sentito" salverà l'Umanità.
E la fiducia in esso.
Null'altro.
I "divulgatori" dovranno lavorare più degli altri per corrispondere la Parola alla Vibrazione originale. Dovranno compiere un profondo lavoro interiore prima su loro stessi, radicato e presente, e solo dopo potranno coscientemente ritornare tra il pubblico.
Non a parlare. Ma ad "ascoltare".
Con il "Cuore".
E "toccare" con delicatezza e rispetto i Doni degli Altri.
Cosicché essi si "ricordino" della loro originale Bellezza. E riaccendano il Cuore alla Vita e al mondo delle "Possibilità".
Oltre il trauma, oltre ciò che non vedono, oltre il vecchio schema.
Questo è il compito delle Guide.
Non "sostituirsi", non indottrinare, non distrarre con "storie e credenze antiche".
Non infarcire di concetti.
Solo "toccare" il Cuore.
Qualche secondo.
Ed esso si "accorda". E ricomincia a "battere per la Vita".
Per se stesso.
Oltre il dolore. Oltre la perdita. Oltre la confusione.
Le Anime Diamantine già lo sanno.
Quelle del Cristallo faticano ancora a ricongiungersi a questa nuova Realtà. Che è immediata, rapida, essenziale. Non è anticamente "lunga, biblica e bibbiosa".
Non necessità di "spiegoni".
Ma di "attimi".
Attimi di "ricordo".
La Storia sta per cambiare. Noi "stiamo per cambiare".
Non pensate, non leggete, non riempitevi la Mente di concetti.
Sentite. E basta.
L'Anima parla attraverso il Cuore.
E d'ora in poi sarà la nostra unica "certezza".
Mirtilla Esmeralda
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sono stanco di prendermi la responsabilità di qualsiasi situazione anche se dall’altra parte c’è stata un’altra persona altrettanto emotivamente coinvolta e soprattutto altrettanto capace di autodeterminarsi
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Dallo stupro di gruppo di Palermo ai femminicidi successi negli ultimi giorni: tutti a invocare la pena capitale, la castrazione, il carcere a vita, i lavori forzati, ecc. Ma nessuno viene in mente di dire che lo stupro, il femminicidio, la prostituzione, la pornografia e gli abusi sono strumenti di potere dell'uomo sulla donna? Nessuno viene in mente di dire che la cultura patriarcale è profondamente radicata nella nostra società e nello Stato liberal democratico? Nessuno viene in mente di dire che bisogna distruggere e combattere questa cultura dalle sue radici più profonde? No, nessuno! E sapete perché? Perché siamo abituati, purtroppo, a identificare l'aggressore solo in base al paese di provenienza, alla religione che professa, all'etnia.
Ci indigniamo a ogni notizia del genere solo quando l'aggressore è uno straniero, ma se lo commette un italiano (che sia figlio di un noto politico, che sia un imprenditore, uno sportivo, un lavoratore e via dicendo) invece tutto tace e si passa alle solite patetiche giustificazioni, idolatrie in quanto "maschio alpha/beta/omega e chicchesia" e vittimizzazioni secondarie.
Il problema non è la giustizia, non è l'uomo in sé, il problema è sistemico, culturale, sociale e persino politico. Le leggi fanno poco o nulla per condannare questi vermi che se la cavano con pene lievi e "rieducazioni" ridicole per poi tornare a delinquere.
La cultura e il sistema patriarcale ci insegnano a vedere la donna come mero oggetto sessuale nei media, nella carta stampata, nei social e persino in giro. Ci insegnano che lei deve assolutamente dipendere dall'uomo da ogni punto di vista, soprattutto economico, sociale e morale. Ci hanno insegnato che se vuole emanciparsi e autodeterminarsi, è da ritenere una "strega", "poco di buono", "stronza", ecc. Ci hanno insegnato che per essere completa, deve avere figli. Ci hanno insegnato che il rosa è per femmine e il blu/azzurro è per maschi, che il lavoro domestico è per femmine e che i lavori pesanti è per maschi, ecc.
Le solite ipocrisie dei soliti “not all men” (non tutti gli uomini) mi hanno veramente rotto le scatole perché qui ci riduciamo solo a chiacchiere e scaricabarile più che passare ai fatti concreti. E' troppo riduttivo la solita retorica "educare i maschi a non stuprare le femmine, non le femmine ad evitare di essere stuprate" senza colpire direttamente al cuore il patriarcato.
Questi fatti efferati successi in pochissimi giorni e che sono in continuo aumento, significa che è finito di porgere l'altra guancia e che serve assolutamente OPPORRE RESISTENZA all'oppressione, alla repressione e allo sfruttamento che doppiamente le donne subiscono.
Non dobbiamo fare la guerra contro la Russia e contro la Cina, ma contro l'intero sistema e contro l'intera società.
#italia#stupro#violenza#donne#uomini#società#femminismo#sessismo#maschilismo#ipocrisia#politica#economia
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IL MOVIMENTO PRO-PAL (ANTI-ISRAELIANO) SPIEGATO ALLA GENTE COMUNE - Di FRANCO LONDEI
In un momento in cui il movimento pro-pal, o più correttamente pro-Hamas e anti-israeliano, non perde occasione per fomentare violenza contro gli ebrei, chi non segue attivamente le dinamiche mediorientali potrebbe essere portato a simpatizzare per questi violenti che parlano a sproposito di “genocidio” e chiedono il rispetto del Diritto Internazionale. Cerchiamo quindi di sfatare alcuni miti.
DUE STATI PER DUE POPOLI
Questo è il mantra che ossessivamente ripetono coloro che vorrebbero porre come obiettivo finale la creazione di due Stati che vivono in pace uno accanto all’altro in modo di mettere fine alla guerra tra Israele e gruppi palestinesi, incolpando Gerusalemme per il fatto che, a detta loro, sarebbe lo Stato Ebraico a non volerlo.
OK, avete mai sentito un palestinese porsi come obiettivo quello dei due Stati per due popoli che vivono in pace uno accanto all’altro? UNO, vi prego segnalatemi un palestinese che si ponga questo obiettivo. Mi va bene qualsiasi cosa, dai leader all’ultimo degli ultimi. Beh, sapete una cosa? Vi aiuto, i palestinesi che si pongono questo obiettivo o che lo accetterebbero sono poche decine, forse cento. Non di più. Tra loro non c’è un solo leader. Questa opzione per i palestinesi non è mai esistita. “Dal fiume al mare” non è solo un mantra, è un obiettivo politico e strategico che prevede la cancellazione di Israele e di buttare a mare tutti gli ebrei. Punto, questo è un dato di fatto. Quindi basta con questa sciocchezza dei due Stati. Quel treno è passato.
DIRITTO DELL'AUTODETERMINAZIONE DEI PALESTINESI
Un’altra cosa molto urlata è il cosiddetto “diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese”. Bene, l’autodeterminazione prevede come concetto chiave quello di “popolo”. Per autodeterminarsi occorre essere un popolo, cioè avere prima di tutto una comunanza storica, qualcosa che storicamente indichi un passato comune, una cultura comune, una storia comune. Qualcuno mi sa indicare un leader palestinese prima di Arafat? Un re, un imperatore, una moneta, un cenno storico del popolo palestinese prima degli anni 60. Attenti a non confondere la storia degli ebrei che da sempre abitano quella regione con quella inventata dei palestinesi.
Smettete di scervellarvi, non esistono leader palestinesi prima di Arafat, non è mai esistita una moneta palestinese, una legge palestinese, un popolo palestinese. L’unica comunanza che hanno i cosiddetti “palestinesi” è quella linguistica.
IL GENOCIDIO
Allora, niente “due stati per due popoli” perché manca un popolo e se c’è non ha intenzione di dividere nulla. Niente autodeterminazione per lo stesso motivo di cui sopra. Serve qualcosa che provi che i palestinesi siano un popolo. Cosa c’è di meglio di un genocidio?
Per intenderci, da quando è nato Israele si è sempre parlato di genocidio, di pulizia etnica, di occupazione e via dicendo. Il concetto non è nuovo.
Da quando si sono inventati i palestinesi sono sempre stati vittime di qualcosa o di qualcuno, ma solo quando c’è di mezzo Israele se ne parla. Il vecchio Re Hussein di Giordania ne sterminò a decine di migliaia perché volevano destituirlo (settembre nero). In Libano non sono liberi di circolare fuori dai loro campi profughi e non hanno Diritti. L’ISIS ne ha uccisi decine di migliaia perché li considerava ostili. Lo stesso ha fatto Hezbollah quando Hamas in Siria si è schierato contro Hassad. Decine di fosse comuni. Sentito niente? Qualche pro-pal sceso in piazza? Qualcuno ha per caso parlato di genocidio?
Da Ismail Haniyeh a Yahya Sinwar, ogni leader di Hamas ha ordinato di usare vecchi, donne e bambini come scudi umani. Sinwar scriva nei suoi bigliettini che più sangue scorreva e più Israele sarebbe stato in difficoltà. Aveva ragione e oggi ce ne rendiamo conto compiutamente.
Non starò a ripetere il significato della parola “genocidio”, ma oggi quella parola viene usata nel tentativo di legittimare un popolo che non c’è e nel contempo giustificare gli assalti antisemiti diventati ormai quotidiani. Per di più quello palestinese è l’unico genocidio dove la popolazione aumenta invece di calare fino ad azzerarsi.
Spero che chi non segue attivamente i fatti del Medio Oriente e magari è passato di qua per caso si sia fatto un’idea più chiara di come stanno le cose. Ci sono vittime innocenti a Gaza? Certo che ce ne sono, come in ogni guerra urbana. A volte sono vittime di errori, altre volte non hanno potuto lasciare le loro case perché Hamas non gli ha permesso di sfollare. Altre volte si sono trovate in mezzo a tiri incrociati. Certo che ci sono vittime innocenti a Gaza. Quello che non possiamo permettere che succeda è che quelle vittime innocenti vengano usate dai pro-pal (o pro-Hamas) per legittimare l’odio anti-ebraico.

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"𝑮𝒊𝒐𝒗𝒂𝒏𝒊 𝒊𝒏 𝑭𝒓𝒂𝒏𝒕𝒖𝒎𝒊: 𝑶𝒍𝒕𝒓𝒆 𝒍𝒂 𝑪𝒓𝒊𝒔𝒊, 𝑽𝒆𝒓𝒔𝒐 𝒖𝒏 𝒏𝒖𝒐𝒗𝒐 𝒔𝒆𝒏𝒔𝒐 𝒆𝒅 𝒆𝒏𝒆𝒓𝒈𝒊𝒂 𝒅𝒊 “𝑭𝒓𝒂𝒈𝒊𝒍𝒊𝒕𝒂̀” Voglio spendere due parole su questa ecatombe di giovani che decidono di scegliere vie alternative per dare un senso alla loro esistenza, non vedendo un futuro davanti a loro, non si sentendosi appartenenti al loro contesto, perché troppo "fragili" (parola che uso con le pinze perché dietro al mondo della fragilità vi è un mondo di forza, energia, creatività e valore che pochi vedono).
Questo tema legata alla percezione di non appartenere a un contesto o alla mancanza di un futuro chiaro, è particolarmente delicato, complesso e profondamente radicato in una serie di problematiche sociali, psicologiche ed esistenziali. Molti giovani vivono in un mondo in cui la pressione sociale, la paura di non soddisfare le aspettative e l'incertezza economica e sociale contribuiscono ad aumentare il senso di alienazione. Questa "fragilità” (con continuo a metterlo tra virgolette) non va vista in senso negativo, ma come un simbolo di vulnerabilità che, se riconosciuto e supportato, può trasformarsi in una grande forza. Quindi, il primo passo è cambiare la narrazione intorno alla fragilità, considerando che dietro a essa ci sono potenzialità enormi che non vanno trascurate.
Per affrontare queste situazioni, è plausibile un approccio multidisciplinare che consideri sia le cause profonde sia le soluzioni concrete per aiutare questi ragazzi e ragazze a trovare un senso di appartenenza, un 𝒑𝒖𝒓𝒑𝒐𝒔𝒆 e la forza per autodeterminarsi.
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Giornata Internazionale della Donna
Oggi, 8 marzo, non è solo una ricorrenza, non è solo il giorno delle mimose o dei messaggi di circostanza. È una giornata di lotta, di memoria e di consapevolezza.
Il giorno dell’8 marzo ricorda le battaglie delle donne lavoratrici, nelle lotte per il diritto di voto, per il riconoscimento della dignità e dell’uguaglianza.
Eppure, a più di un secolo di distanza, ci sono ancora tantissime cose che vanno cambiate. Bisogna lottare per le violenze e discriminazioni verso le donne, per chi ancora oggi è pagata meno a parità di mansione, per chi deve scegliere tra carriera e maternità, per chi viene giudicata più per il proprio corpo che per le proprie idee.
Significa lottare per una società in cui nessuna debba avere paura di camminare da sola per strada di notte, in cui il diritto all’istruzione e alla carriera non sia ostacolato dal genere, in cui ogni donna possa autodeterminarsi senza dover chiedere permesso.
Oggi celebriamo le conquiste ottenute grazie a chi ha combattuto prima di noi, ma non possiamo fermarci. Perché le ingiustizie non sono scomparse, perché i diritti non sono mai garantiti per sempre, perché il patriarcato esiste ancora e lo vediamo nei femminicidi, nel divario salariale, nella cultura che troppo spesso colpevolizza le vittime anziché i carnefici.
Questa giornata deve ricordarci che il cambiamento passa attraverso ognuno di noi. Educare al rispetto e alla parità, denunciare le ingiustizie, ascoltare e sostenere le donne che ancora oggi lottano contro il sessismo e la violenza.
L’8 marzo non è solo un giorno. È un impegno quotidiano. Continuiamo a lottare, insieme, fino a quando l’uguaglianza non sarà realtà e non solo un ideale.
Buona lotta e buon 8 marzo a tutte💛.

Luposolitario00🐺
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Dalila Bagnuli

Con riappropriazione del proprio corpo, intendo riuscire a prendere consapevolezza del fatto che molte delle scelte che noi donne attuiamo tutti i giorni nei confronti della nostra estetica non sono frutto del nostro pensiero o ragionamento, ma sono, in qualche modo, causate da un’imposizione sociale, per soddisfare lo sguardo altrui. Riuscire a capire quali sono tutti quei punti su cui non abbiamo il controllo è un momento fondamentale nel percorso femminista.
Dalila Bagnuli, scrittrice femminista e content creator, ha fatto della body positivity la sua divulgazione per provare ad ampliare la rappresentazione, convinta del fatto che le parole che usiamo sono lo specchio di come guardiamo il mondo.
Nata e cresciuta a La Spezia, è approdata a Milano per studiare per studiare Scienze della Comunicazione.
Considerata sempre troppo grassa, più volte discriminata per la sua fisicità, dopo tanti anni in cui è stata messa ai margini e bullizzata, ha smesso di vergognarsi del suo corpo e di fare diete estenuanti e si è accettata per quello che è.
Dal 2020, attraverso la rete, cerca di decostruire i pregiudizi che la società ha impresso sui corpi delle donne, in particolare a quelli non conformi agli standard di bellezza.
Con sguardo femminista intersezionale, affronta temi come la grassofobia, la pressione estetica e la cultura della dieta.
Ha scritto due libri: Diario non conforme, dai voce alla tua storia e Antimanuale della bellezza che racchiude i suoi principi e valori di uguaglianza e libertà. Un viaggio dentro la storia del femminismo, ma anche della moda. Racconta le rivoluzioni dei corpi marginalizzati fino ad analizzare l’influenza del marketing sulle nostre vite e i meccanismi tossici che capitalismo e patriarcato ci hanno insegnato a perpetuare.
Ha realizzato un podcast a più voci sulla diversità esperienziale e rappresentativa dei corpi dal nome Sono PIENA, il podcast che alza la voce.
Da social media strategist cerca di trovare strategie di comunicazione efficaci, attraverso il video, la scrittura, la fotografia.
Veicolando, nei suoi interventi arguti, ironici, incisivi, il messaggio che bisogna smettere di valutare le persone in base ai canoni di bellezza, mira a distruggerli, mostrando inganni e strategie subdole che si nascondono fra industria della moda, pubblicità e rappresentazione delle donne.
Distrugge, decostruisce, scompone, piuttosto che creare ulteriori strutture, compiendo un passo necessario verso una teoria femminista fruibile e non esclusiva, con messaggi che arrivano a più persone possibile.
La pressione estetica ci viene costantemente sbattuta in faccia e nelle orecchie da televisione, pubblicità e giornali. L’industria della bellezza ne è un grandissimo mandante: siamo costantemente in ascolto di frasi che ci dicono quanto il nostro corpo sia, in qualche modo, sbagliato, per poi venire abbindolate dal nuovo prodotto che ci promette di colmare quell’insicurezza che, in realtà, è stata la pubblicità stessa a generare in noi.
La sua body positivity è volta al rispetto verso tutti i tipi di corpi e a tutte le soggettività che non vengono mai rappresentate, ma sempre discriminate, come i corpi trans, non binari, neri, disabili, autistici e grassi.
Dovremmo fare pace con il fatto che al mondo esistono vari tipi di corpi, che sono tutti diversi e che commentare la fisicità altrui è, sempre e comunque, sbagliato. Anche se è difficile riuscire a smettere, perché ci è sempre stato insegnato che la grassezza è uguale alla bruttezza. E che una persona brutta, o un grassa, non può essere davvero felice. Sul corpo delle donne, vengono applicate una serie di discriminazioni e di limiti, che restringono la libertà di autodeterminarsi nel mondo. E cosa c’è di più femminista di riappropriarsi della libertà che ci hanno tolto?
Col suo esempio, mettendo in mostra il suo corpo e rispondendo a chi, dietro una tastiera, o per strada, ancora ha l’intento di discriminarla, risponde con ferma ironia che tende a distruggere gli standard di bellezza, promuovendo il rispetto di tutte le persone.
Lo standard estetico va abolito, ma l’autodeterminazione dell’estetica è fondamentale, dobbiamo riappropriarci del nostro corpo. Accettare il proprio corpo con l’idea di riprenderselo. Voglio smettere di essere un oggetto per diventare soggetto.
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"UNA CHE SE NE INTENDE: CAROLA RACKETE CONDANNA L’INVASIONE RUSSA
L’ex «capitana» della Sea-Watch, Carola Rackete, eletta a Strasburgo con la Linke, ha sorpreso alcuni dei suoi fan più fedeli al pacifismo votando a favore dell’ultima risoluzione del Parlamento Ue sul sostegno militare all’Ucraina.
Ieri, sulla Stampa, ha provato a spiegare le proprie ragioni: «Essere di sinistra», ha detto, «vuol dire essere solidali con i popoli oppressi ed essere contro le dittature, che si tratti di Russia, Venezuela o Siria. Bisogna stare con questi popoli e ascoltare le loro esigenze».
E ancora, ribadendo il concetto: «Essere di sinistra vuol dire essere al fianco degli oppressi, siano essi in Palestina, in Kurdistan o in Ucraina. Io sto con la gente di Hong Kong e di Taiwan, con il diritto all’autodeterminazione e con la democrazia. Non è questione di Est o di Ovest, di Russia o di NATO. È una questione di imperialismo». Poi ha chiosato: «Anche io voglio la pace, anche gli ucraini vogliono la pace: non sono stati loro a chiedere di essere invasi!».
Sorgono tuttavia spontanee alcune obiezioni. La prima: perché gli unici popoli a non avere diritto a «essere ascoltati» e ad «autodeterminarsi» sono gli europei, compresi i suoi compatrioti tedeschi, che da anni chiedono in ogni modo di non subire la catastrofica immigrazione di massa? In quel caso, l’autodeterminazione viene automaticamente accostata al «rigurgito fascista» e la società multiculturale va imposta, in ogni modo, che i popoli si arrangino. Seconda obiezione: se è la «invasione» a fungere da discrimine e a legittimare una difesa, anche armata, cosa avrebbero dovuto fare gli italiani quando le loro acque territoriali furono violate dalla Sea-Watch della «capitana», prenderla a cannonate?" G. Bialetti per La Verità del 29/09/2024
Ekkehart Rackete, padre della Carola, vanta una lunga esperienza nel settore della difesa militare e dell'intelligence elettronica. Ingegnere militare, ex ufficiale dell'esercito tedesco esperto in "sistemi di difesa" e consulente ben pagato nel settore militare privato. È sufficiente visitare la sua pagina Linkedin dove Ekkehart Rackete, tra le varie cose, indica il grado di tenento-colonnello nell'esercito tedesco e vanta trent'anni nell'industria militare con riferimenti ai settori dell'elettronica, dell'ELINT (spionaggio tramite segnali elettronici), disposizione esplosivi e sminamento, ambito navale, protezione balistica-mezzi eccetera.
Nella sua carriera post-esercito Ekkehart vanta poi esperienza presso la Tag Krefeld, settore vendite materiale protettivo NBC (nucleare, batteriologica e chimica), poi presso la GTC di Celle dove si è occupato di difesa balistica per navi, mezzi blindati ed elicotteri; da fine 2011 a metà 2013 risulta poi consulente presso tale Dr. Fehr GmbH che su Linkedin viene indicato come "settore sicurezza e investigazioni" e con sito web abbastanza anonimo dove è possibile visualizzare riferimenti a dispositivi USB criptati e a identificazione biometrica.
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