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Il Duomo di San Corrado di Molfetta: un singolare esempio di architettura romanico-pugliese
Costruito tra il 1150 e la fine del 1200, il duomo di San Corrado di Molfetta rappresenta un singolare esempio di architettura romanico-pugliese. Lo schema architettonico, con cupole in asse e semibotti sulle navate laterali, ricorda quello largamente diffuso nell’XI secolo in molte chiese monastiche benedettine, mentre elementi bizantini, romanici e musulmani si fondono tra loro in uno stile del…

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#architettura romanico-pugliese#arte#cattedrali romaniche#centri storici#chiese e luoghi sacri#Duomo di San Corrado#Francesco Lacarbonara#Molfetta#monumenti storici#passaggio a sud-est#Puglia#storia locale#Terra di Bari#Tra cielo e terra
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NOTIZIA DELL'ULTIMA ORA
𝘼𝙡𝙗𝙚𝙧𝙩𝙤 𝘼𝙣𝙜𝙚𝙡𝙖 𝙪𝙣𝙞𝙘𝙤 𝙘𝙤𝙣𝙙𝙪𝙩𝙩𝙤𝙧𝙚 𝙙𝙞 𝙍𝘼𝙄1.
È ufficiale: Alberto Angela diventerà l’unico conduttore di RAI1, trasformando il canale in un’Odissea culturale.
Si parte con "Ulisse - Il piacere della scoperta", programma di successo con una novità: ogni puntata si concluderà con un quiz in cui i telespettatori dovranno indovinare se il reperto trovato è un’anfora greca o un souvenir di Mykonos! “La storia è un viaggio, ma con un po’ di suspense diventa un’avventura”, dice Angela con il suo classico sorriso.
Poi arriverà "Penelope - Il piacere della coperta", un programma di crafting storico in cui Alberto e i suoi ospiti tesseranno coperte ispirate ai miti greci, mentre lui racconta aneddoti su Penelope e il suo telaio. “Sapete, tessere era un’arte, ma anche una metafora della pazienza e oggi lo faremo con filati ecologici!”. I telespettatori potranno votare la coperta più epica, e il vincitore riceverà un telaio in miniatura.
Non poteva mancare "Polifemo - Uno sguardo, solo uno, sulla storia", dove Alberto, con un occhio bendato per immedesimarsi nel ciclope, esplorerà le civiltà antiche con un solo punto di vista. “Guardare la storia con un occhio solo ci insegna a vedere l’essenziale”, spiega mentre cerca di non inciampare in un modellino di grotta. Ogni puntata si chiude con un gioco: indovinare un reperto usando… un solo occhio!
Si passerà a "L’eredità di Circe", un quiz magico in cui i concorrenti devono rispondere a domande di mitologia per non essere “trasformati” in maiali di terracotta, ma tranquilli sarà solo un effetto speciale. “Circe ci insegna che la conoscenza è potere… e che un buon incantesimo non guasta mai!”, ride Alberto mentre offre ai concorrenti un infuso di erbe.
Per i fan dei giochi, ecco "Affari tuoi e i pacchi a chi vuoi", dove i pacchi non contengono soldi, ma reperti storici! “Questo pacco potrebbe contenere un elmo spartano o un invito per una lezione di storia con me!”, annuncia Alberto con entusiasmo. I concorrenti dovranno scegliere se tenere il pacco o regalarlo a un avversario, con il rischio di donare un tesoro inestimabile.
In cucina, Alberto si cimenterà con "Le prove del cuoco Ercole", dove si prepareranno piatti ispirati alle dodici fatiche. “Per la prova del leone di Nemea, useremo del pollo seitan dell'allevamento Apelle figlio di Apollo! Ma con un condimento che sa di vittoria”, spiega mentre gli ingredienti verranno mescolati con una forza quasi mitologica. I giudici? Un gruppo di archeologi affamati che votano il piatto più “eroico”.
E per concludere in bellezza, "Ballando con le stelle di Orione", dove Alberto ospiterà celebrità nel campo della scienza, della storia e dell'arte che danzeranno sotto un cielo stellato, raccontando la storia della costellazione di Orione. “Un passo di tango, e vi spiego come gli antichi usavano le stelle per orientarsi!”, dice mentre Bolle alle sue spalle volteggia con una grazia che farebbe invidia a un dio greco. I concorrenti ballano, ma devono anche rispondere a domande sulle costellazioni per non essere eliminati.
Proseguiranno anche gli altri programmi storici di Alberto Angela come Noos, l'astronave che viaggerà nella scienza e che sarà identica a quella di Star Trek; Passaggio a Nord-Ovest raddoppierà con Passaggio a Sud-Est, seguiranno Meraviglie - La penisola dei Tesori, Meraviglie - Stelle d'Europa e Meraviglie - del salotto di casa Angela. Anche Stanotte a... ci renderà più bello il Natale, quest'anno con Stanotte all'IKEA.
Alberto Angela, con il suo savoir-faire e la sua passione per la storia, trasformerà RAI1 in un’Olimpo dell’intrattenimento. “La cultura è ovunque, anche in un pacco o in un passo di danza”, dichiara. E noi non possiamo che sintonizzarci, pronti a imparare e ad acculturarci. Grazie mamma RAI!
Va beh, ve lo devo ricordare che giorno è il 1° aprile?
#libero de mente#ironia#pensiero#pesce d'aprile#1 aprile#Alberto Angela#Alberto Angela Fandom#trasmissioni#TV#Rai1#sarcasmo#racconto#notizia#bufala
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“ Può uno Stato russo sopravvivere senza un credo, una fede, un’identità superiore a quella delle sue numerose componenti etniche e religiose? La Russia si è sempre identificata con un’ideologia. È stata «santa», erede di Bisanzio, «terza Roma», apostolo del Cristianesimo sino al cuore dell'Asia, protettrice dei cristiani di Oriente, unificatrice delle popolazioni slave. E quando la rivoluzione bolscevica ha cercato di eliminare il Cristianesimo dai suoi geni, la Russia è diventata l’apostolo di un altro culto messianico: l’avvento del comunismo nel mondo. Uno dei suoi intellettuali più geniali, Pëtr Jakovlevič Čaadaev, cercò di smentire la prima di queste due autorappresentazioni e sostenne che la Russia, a differenza degli altri Paesi europei, non aveva una storia. Aveva lottato, conquistato nuove terre, vinto e perduto numerose battaglie; ma senza avere coscienza di sé, delle proprie origini e del proprio futuro. Mentre l’Europa occidentale agiva sotto l’influenza di alcuni grandi princìpi e traeva dagli eventi conclusioni morali e intellettuali che avrebbero guidato le fasi successive della sua storia, la Russia si era comportata come una rozza, inconsapevole forza elementare. Il grande mito politico-religioso che gli slavofili attribuivano al popolo russo era soltanto un artificio, una manipolazione retorica, una bugia. La storia della Russia, secondo Čaadaev, era iniziata soltanto nel momento in cui Pietro il Grande le aveva imposto di essere europea. Di studiare e apprendere l’Europa come un bambino sui banchi della scuola, di indossare i suoi abiti, parlare delle sue idee, abbracciare le sue tradizioni e il suo passato. Pietro «ci liberò (…) di tutti quegli antecedenti che ingombrano le società storiche e ostacolano il loro cammino; aprì la nostra intelligenza a tutto ciò che esiste, fra gli uomini, di idee grandi e belle; ci consegnò all'Occidente intero, quale i secoli lo avevano fatto, e ci diede come storia tutta la sua storia, come avvenire tutto il suo avvenire».
Scritta in una rivista di Mosca il 1º dicembre 1829, la prima (e unica) lettera filosofica fece di Čaadaev il bersaglio preferito degli slavofili. Fu criticato, attaccato, insultato e, alla fine, con una punizione che anticipa lo stile del regime comunista contro i suoi nemici, venne considerato ufficialmente pazzo. Rispose alla fine della sua vita con una difesa intitolata per l’appunto, ironicamente, Apologia di un pazzo, da cui è tratto il passaggio che ho citato, ma non poté completarla. All'inizio di un secondo capitolo, cominciato poco prima della morte nell'aprile del 1856 e conservato da un amico, scrisse tuttavia: «C’è un fattore che domina in modo sovrano la nostra marcia attraverso i secoli, percorre la nostra storia intera, ne comprende in qualche modo tutta la sua filosofia, si produce in tutte le epoche della nostra vita sociale e determina il loro carattere; esso è, a volta a volta, l’elemento essenziale della nostra grandezza politica e la vera causa della nostra impotenza intellettuale: il fattore geografico». Quando Čaadaev scrisse queste parole, la Russia dominava l’Ucraina, una parte della Polonia, il Baltico, il mar Nero, il Caucaso, il Caspio, la Steppa kirghisa, il Turkestan. Si era battuta contro la Svezia, la Polonia, l’Impero Ottomano, la Persia, la Cina, la Francia. Era stata appena sconfitta in Crimea dalla Turchia e dai suoi alleati europei, ma negli anni seguenti avrebbe ripreso la sua inarrestabile marcia verso sud e verso est. In un libro intitolato Il Grande Gioco, Peter Hopkirk ha calcolato che l’Impero Russo, nel corso di quattro secoli, si è ampliato «al ritmo di circa 150 chilometri quadrati al giorno, più di 50.000 all'anno». Dall'enormità del suo spazio, quindi, occorre muovere per cercare di comprendere la natura della Russia. “
Sergio Romano, Putin e la ricostruzione della grande Russia, Longanesi, 2016¹. [Libro elettronico]
#Vladimir Putin#Russia#leggere#citazioni#Putin e la ricostruzione della grande Russia#saggistica#saggi#Pëtr Jakovlevič Čaadaev#Ucraina#Polonia#Baltico#Caspio#Steppa kirghisa#Caucaso#mar Nero#Turkestan#Bisanzio#Storia della Russia#Svezia#Crimea#Turchia#Francia#Cina#Impero Ottomano#Peter Hopkirk#Grande Gioco#terza Roma#Apologia di un pazzo#Cristianesimo#Sergio Romano
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Hanoi
Questa volta mi avventuro nel Sud Est Asiatico alla scoperta del Vietnam del Nord tra città, popoli, risaie e altre meraviglie della natura.

Lungo il tragitto dall'aeroporto al centro di Hanoi, la capitale del Paese dal 1946, mi rendo subito conto della quantità considerevole di motorini che girano per le strade ed anche i numeri lo confermano: pensate che qualche anno fa stimavano più di 5 milioni di motorini su 10 milioni di abitanti con ovviamente un forte impatto sul traffico veicolare e sull'inquinamento.

Banalmente anche attraversare una strada nel centro della città è un'azione un po' complicata sia per la quantità di motocicli sia per il poco rispetto delle regole di circolazione ma pian piano s'impara il metodo giusto e ci si abitua. Oltre alla numerosità, rimango sbalordita dalla varietà di oggetti che trasportano con questi motorini: dai mobili in perfetto stile trasloco a decine e decine di uova.


A contrastare l'immagine di questo traffico caotico vi sono però venditori ambulanti, soprattutto donne, con il tipico copricapo che sostano agli angoli delle strade per vendere cibo, frutta o fiori.


Ad Hanoi c'è aria di festa: ad ottobre infatti si festeggia sia il Vietnamese Women's Day sia il 70° anniversario della liberazione di Hanoi.
E' stato bellissimo fare una passeggiata intorno al lago Hoan Kiem al tramonto ed alla sera e vedere numerosi gruppi di donne eleganti che chiacchieravano tra loro o che si facevano ritrarre in posa da esperti fotografi nel giorno della loro festa. Ovviamente ne abbiamo approfittato anche per dare un'occhiata a questa piccola oasi cittadina ben curata.



Su un piccolo isolotto è situata la Torre della Tartaruga, un'icona della città, a ricordo di una leggenda: verso la metà del XV secolo l’Imperatore Le Loi ricevette dagli dei una spada magica che utilizzò per sconfiggere i Cinesi; dopo averli scacciati un'enorme tartaruga dorata emerse dalle acque del lago, riprese la spada e si immerse per riconsegnarla agli dei. Non a caso il nome del lago significa proprio Lago della Spada Sacra.

Abbiamo visto anche l'Huc Bridge, il pittoresco ponte rosso e siamo arrivati fino all'entrata del Ngoc Son Temple realizzato in onore del Generale Tran Hung Dao, comandante delle truppe del Dai Viet, tuttavia, data l'affluenza non ci è stato possibile visitarlo.


Per la festa della liberazione tutta la città viene adornata con bandiere, manifesti e fiori rossi e gialli.



A causa degli eventi abbiamo visitato parzialmente il complesso del Mausoleo di Ho Chi Minh, rivoluzionario e politico vietnamita che fu proclamato presidente della Repubblica del Vietnam nel 1945.

Solo dall'esterno il Mausoleo, mentre nel giardino abbiamo visto l'iconica Chua Mot Cot, una pagoda di forma quadrata che si regge su un unico pilastro e quindi assomiglia ad un fiore di loto e il Dien Huu Temple costruito nel 1049.




In un momento libero ho visitato il Museo di Ho Chi Minh dedicato alla sua vita ed alla storia del Paese.


Tappa obbligata è la famosissima Train Street con il treno che passa a poca distanza da bar e ristorantini e dalle persone che svolgono le loro attività normalmente fino a pochi minuti prima del passaggio del treno.




Non ho osato essere così temeraria come un nostro compagno di viaggio per scattare una foto mentre stava per arrivare il treno.

(photo credit: @pablo_esco_al_bar_)
#viaggi#vietnam#vietnam del nord#hanoi#motorini#traffico#lago hoan kiem#torre della tartaruga#huc bridge#mausoleo ho chi min#ho chi min#chua mot cot#dien huu temple#museo ho chi min#train street
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AGOSTO 2024
Matera è una città tra le più antiche del mondo il cui territorio custodisce testimonianze di insediamenti umani a partire dal paleolitico e senza interruzioni fino ai nostri giorni. Rappresenta una pagina straordinaria scritta dall’uomo attraverso i millenni di questa lunghissima storia.
Matera è la città dei Sassi, il nucleo urbano originario, sviluppatosi a partire dalle grotte naturali scavate nella roccia e successivamente modellate in strutture sempre più complesse all’interno di due grandi anfiteatri naturali che sono il Sasso Caveoso e il Sasso Barisano. el 1993 l’UNESCO dichiara i Sassi di Matera Patrimonio Mondiale dell’Umanità
I Sassi di Matera sono il 6° sito in Italia in ordine cronologico, il primo nel meridione.
In occasione di questa iscrizione, per la prima volta l’UNESCO utilizza nei criteri e nelle motivazioni il concetto di Paesaggio Culturale, che in seguito verrà utilizzato per motivare l’iscrizione di altri siti nel mondo.
Il 17 Ottobre 2014 Matera è stata designata Capitale Europea della Cultura per il 2019
Matera è al centro di un incredibile paesaggio rupestre che conserva un grande patrimonio di cultura e tradizioni, ed è sede di eventi espositivi di grande prestigio nazionale ed internazionale. primi insediamenti umani nel territorio di Matera risalgono al paleolitico e si svilupparono utilizzando le grotte naturali che in gran numero definiscono il paesaggio rupestre di Matera. Nel corso del tempo alle grotte naturali si sono aggiunte quelle scavate dall’uomo che ha trovato nella friabile roccia tufacea una eccezzionale possibilità di insediamento al riparo dagli agenti naturali. I complessi rupestri hanno costituito la prima forma del nucleo urbano con ambienti ancora oggi presenti inglobati dentro edifici e fabbricati costruiti fuori terra dal medioevo in poi.
Dopo aver attraversato le fasi della preistoria: il paleolitico, il neolitico e le diverse età dei metalli la storia di Matera verrà fortemente caratterizzata dall’avvento del Cristianesimo. L’impronta cristiana diviene culturalmente dominante in breve tempo. Durante tutto il medioevo il paesaggio rupestre fu sistematicamente trasformato con la costruzione di imponenti luoghi di culto.
Durante il medioevo furono costruiti edifici imponenti tra i quali la maestosa Cattedrale di Matera, la chiesa di San Giovanni Battista, la Chiesa di S. Domenico, la Chiesa di Santa Maria della Valle Verde sulla via Appia. Da questo momento in poi prende forma una vero e proprio nucleo urbano concentrato inizialmente intorno alla Cattedrale che si trova in cima alla collina della Civita (Civitas, città) che divide in due i Sassi: il Sasso Barisano rivolto ad est e il Sasso Caveoso rivolto a sud.
Particolarmente interessanti sono le Chiese Rupestri che si possono visitare nei Sassi di Matera.
Questi luoghi testimoniano il passaggio evolutivo dell’uomo dalle fasi preistoriche al cristianesimo.
Le Chiese Rupestri si trovano infatti in luoghi di particolare importanza e con ogni probabilità erano già luoghi di culto nelle civiltà rupestri che hanno preceduto quella cristiana.
Quelle di maggiore interesse e visitabili sono:
NOI ABBIAMO VISTO:
Santa Maria de Idris - San Giovanni in Monterrone
La Chiesa di Santa Maria De Idris è situata all’interno dello sperone roccioso del Monterrone che domina il Sasso Caveoso, nelle vicinanze della Chiesa di San Pietro Caveoso e dell’omonima piazza. La posizione è stupenda e offre un panorama unico, sulla città e sulla Gravina.
Molto interessante il fatto che lanci De Gasperi abbia ordinato trasferimento delle famiglie che abitavano nei sassi questo intorno agli anni 50 perché le condizioni igieniche erano non più idonee. Abbiamo visto dei sassi Teixeira musei di 50 m dove abitavano circa 11 persone insieme agli animali. Ciò che rendeva non igienico l’ambiente è che non esisteva la rete fognaria. Mentre la rete dell’acquaera molto architettonicamente in genere fisicamente costruita attraverso un sistema di reti piovane.
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AREE DI SERVIZIO ALIMENTATE DAI PASSAGGI DELLE AUTO

L’area di servizio Arno Est sull’autostrada A1, tra Firenze e Arezzo, è diventata la prima al mondo ad utilizzare l’energia cinetica dei veicoli in decelerazione, per generare energia elettrica in grado di alimentare la stazione.
Una nuova tecnologia prodotta dal centro per la ricerca e l’innovazione del Gruppo Autostrade per l’Italia Movyon, è una piattaforma tecnologica capace di trasformare il passaggio di ogni veicolo che transita su un apposito modulo installato nell’asfalto, in elettricità, attivando un generatore elettromeccanico che alimenta un convertitore elettronico. L’energia prodotta può essere utilizzata in un’area di servizio per alimentare l’illuminazione, la cartellonistica e i generatori di ricarica dei veicoli elettrici, nel casello per far funzionare le casse, le sbarre e illuminazione. In questo modo è possibile far rendere invece che disperdere l’energia termica prodotta dall’utilizzo dei freni delle auto.
La tecnologia ‘Kinetic energy harvesting from vehicles’ che rende possibile questa innovazione si basa sull’impianto LYBRA sviluppato da una startup di Spoleto, la 20energy. Con un passaggio medio giornaliero di 9mila veicoli, un unico modulo produce 30 Megawattora all’anno pari a una riduzione di 11 tonnellate di CO2, equivalente al consumo annuo di elettricità di un condominio di 10 famiglie. In una barriera autostradale come Firenze Ovest verrebbe azzerato il fabbisogno energetico di circa 60 MWh/anno con solo due di questi impianti mentre l’utilizzo di questo sistema nelle barriere di Milano Nord e Milano Sud garantirebbe un risparmio di 70 tonnellate di CO2 ogni anno.
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Fonte: Movyon; 20energy; foto di Araf Khan

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Osservazione delle tendenze di mercato: OFUYC studia la doppia spinta di ETF Ethereum e Treasury per scuotere la compliance globale nel trading
Con l’annuncio di SharpLink Gaming di aver istituito una treasury Ethereum da 425 milioni di dollari, gli asset digitali entrano in un nuovo ciclo guidato dalle istituzioni. Il ritorno di Joe Lubin non rappresenta solo il passaggio di Ethereum dall’ecosistema sviluppatori a una configurazione strutturale di asset, ma spinge anche a una rivalutazione del modello di treasury aziendale attivo. In questo contesto, OFUYC Exchange osserva come i flussi netti costanti verso gli ETF ETH e l’adozione delle architetture DeFi da parte di colossi di Wall Street stiano insieme rimodellando la logica operativa conforme e il design dei prodotti delle piattaforme crypto. A differenza della treasury Bitcoin a funzione di “store of value”, Ethereum vanta il vantaggio programmabile di asset “a rendimento”, aprendo nuovi spazi immaginativi per la prossima generazione di infrastrutture finanziarie. Considerando le tendenze globali, OFUYC sottolinea che la sinergia tra treasury aziendali, architetture di stablecoin, strumenti di staking DeFi e RWA (real-world assets on-chain) costituirà la corsia strategica più profonda della competizione futura delle piattaforme di scambio crypto.
Avvio della strategia Treasury aziendale, OFUYC analizza la “narrazione istituzionale” di Ethereum che si concretizza
L’iniziativa Ethereum Treasury guidata da Lubin è sia un esperimento all’avanguardia di innovazione finanziaria, sia un passo chiave per costruire un riconoscimento istituzionale di ETH nell’attuale contesto di mercato. OFUYC Exchange rileva che questa strategia è simile al modello di treasury Bitcoin guidato da MicroStrategy nel 2020, ma spinge oltre introducendo meccanismi di “rendimenti da staking” e “struttura di capitale a volano”. Le aziende acquistano e mettono in staking ETH per ottenere simultaneamente rivalutazione e rendimenti stabili, ottimizzando così significativamente la struttura finanziaria. La reazione estrema del prezzo azionario di SharpLink riflette indirettamente le alte aspettative degli investitori tradizionali verso asset di treasury attivi.
OFUYC evidenzia inoltre che queste treasury ETH non solo rafforzano la sicurezza della rete, ma stimolano anche una rinnovata domanda per strumenti derivati DeFi. A differenza della logica di “accumulo” Bitcoin, Ethereum sta diventando un pool finanziario “partecipativo e produttivo”. In particolare, con sempre più aziende che includono ETH nella loro allocazione finanziaria, garantire sicurezza delle transazioni, clearing stabile e controllo del rischio diventerà una nuova sfida per tutte le piattaforme crypto. In risposta, OFUYC ha rafforzato l’integrazione con protocolli Layer2 mainstream nella propria architettura per mitigare l’impatto potenziale della volatilità di mercato sull’esperienza utente.
OFUYC rileva che le treasury ETH attivano il ciclo di costruzione delle infrastrutture finanziarie on-chain
Dietro il ritorno di Lubin nel mercato istituzionale, OFUYC osserva un rapido dispiegamento del “ciclo infrastrutturale” di Ethereum. Dall’acquisto in breve tempo di oltre 500 milioni di dollari in ETH da parte di BlackRock, ai flussi netti positivi degli ETF per 16 giorni consecutivi, emerge un’evoluzione nella percezione istituzionale del “valore misurabile e partecipativo” di ETH. OFUYC sottolinea che le istituzioni tradizionali, nel configurare asset crypto, preferiscono sempre più strutture che garantiscano compliance, liquidità e composabilità, caratteristiche in cui la versione attuale di Ethereum eccelle.
Nell’espansione globale, OFUYC accelera l’introduzione di moduli RWA e meccanismi di clearing stablecoin, rafforzando soprattutto nei mercati del Sud-Est asiatico e Medio Oriente la logica duale di “treasury aziendale + regolamento crypto”. Attraverso innovazioni tecnologiche come architetture modulari di smart contract, sistemi intelligenti di staking e modelli on-chain di controllo rischio, OFUYC Exchange ha costruito una struttura globale di trading che risponde alle diverse normative giurisdizionali. Rispetto alle piattaforme tradizionali, che offrono solo quotazioni e matching, OFUYC migliora l’espansione del mercato implementando tecnologie robuste per la compliance e la sicurezza dei fondi.
Punto di svolta strategico in vista, OFUYC prevede che la treasury aziendale possa essere il prossimo catalizzatore dell’ondata ETF
Secondo OFUYC, se il modello SharpLink avrà successo, si innescherà un secondo punto di svolta per le “treasury aziendali” dopo quella Bitcoin, spingendo gli asset on-chain come ETH verso un’allocazione istituzionale cross-market. Questa tendenza, unita al progresso legislativo sulle stablecoin e alle posizioni strategiche di colossi come BlackRock, libererà nuovi meccanismi di scoperta di prezzo e valore per il mercato.
OFUYC Exchange avverte che il futuro non riguarda solo l’apprezzamento degli asset, ma l’evoluzione dei poteri di configurazione istituzionale. Citando Keynes: “Il mercato può rimanere irrazionale più a lungo di quanto tu possa rimanere solvibile”, ma la trasformazione delle infrastrutture di mercato nasce spesso da giudizi strutturali di pochi pionieri. OFUYC continuerà a monitorare i mercati globali, cogliendo questi snodi strategici dall’ottica di una piattaforma di trading conforme, integrando tecnologia e governance.
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Dalla fabbrica di armi alla passerella: 140 anni di stile Arsenal
I. Introduzione
Il rosso cardinale che avvolge i corpi dei giocatori, le maniche bianche che solcano l’aria come bandiere di sfida, il cannoncino ricamato sul petto a ricordare un’identità forgia in oltre un secolo di storia: le maglie dell’Arsenal non sono semplici divise, ma pagine di un racconto collettivo. Dal 1886 a oggi, ogni tessuto ha assorbito sudore, glorie e sconfitte, trasformandosi in un simbolo che trascende il calcio.
Questa è la storia di come un club nato nella fabbrica di armi di Woolwich abbia cucito la sua leggenda anche attraverso i fili dei suoi jersey. Dalle strisce rossoblù delle origini, mutuate dal Nottingham Forest per mancanza di fondi, agli odierni capolavori tecnologici di Adidas, il viaggio delle maglie riflette l’evoluzione dello sport stesso: dai materiali rudimentali in lana degli anni ’20 alle fibre riciclate del 2025, dalle sperimentazioni audaci degli anni ’90 (come la divisa “Bruised Banana”) alle collaborazioni high-tech con designer come Stella McCartney.
Ma oltre alla tecnologia, ciò che rende uniche queste maglie è il loro peso culturale. Indossate da icone come Thierry Henry o Dennis Bergkamp, esposte nei musei del design, o indossate da fan in ogni angolo del globo, sono diventate oggetti di culto, ponti tra passato e presente. In questo articolo, esploreremo come un semplice indumento sportivo sia riuscito a incarnare l’anima di un popolo, e come l’Arsenal continui a bilanciare heritage e innovazione in un’era dove la maglia è ormai un prodotto di moda, un manifesto sostenibile e un’opera d’arte.
II. Le origini (1886-1920): Radici e primi simboli
L’Arsenal nacque nel 1886 tra le officine della *Royal Arsenal*, una fabbrica di armi a Woolwich, nel sud-est di Londra. I suoi fondatori, operai e artigiani, non immaginavano che quel club dilettantistico avrebbe un giorno vestito i colori di una delle squadre più iconiche del mondo. Le prime maglie, però, non erano rosse.
Strisce rossoblù e un debito al Nottingham Forest
Nel 1886, l’allora *Dial Square FC* (il nome originale del club) adottò una divisa a strisce verticali rosse e blu, ispirata a quella del Nottingham Forest. La scelta non fu dettata da un’estetica precisa, ma da una necessità pratica: il capitano Fred Beardsley, ex giocatore del Forest, chiese in prestito le maglie alla sua ex squadra per mancanza di fondi. Quel design rudimentale, cucito in lana pesante e cotone, sarebbe diventato il primo capitolo di una storia sartoriale.
La transizione al rosso puro e il simbolo del cannoncino
Nel 1891, con il passaggio al professionismo e il cambio di nome in *Woolwich Arsenal*, la divisa evolse verso un rosso più uniforme, ma ancora senza le celebri maniche bianche. Fu in questo periodo che apparve il primo emblema: un cannoncino, omaggio alle origini industriali del club. Disegnato in stile vittoriano, il simbolo – ripreso dallo stemma del Borough di Woolwich – divenne un’icona senza tempo, anche se nelle prime versioni era spesso assente sulle maglie, sostituito da semplici lettere intrecciate.
Materiali e contesto storico
Le divise di fine ’800 erano poco più che pesanti giacche da lavoro: la lana assorbiva il sudore e il fango, i colli alti limitavano i movimenti, e i colori sbiadivano dopo pochi lavaggi. Eppure, in quel tessuto grezzo si nascondeva già l’orgoglio di un’identità operaia. Quando nel 1913 il club si trasferì a Highbury, lasciando Woolwich e il suo retaggio industriale, la maglia rossa era ormai un simbolo di resilienza, pronto per la rivoluzione degli anni ’30.
Curiosità sepolte
- Nel 1919, l’Arsenal fu promosso in First Division in circostanze controverse: alcuni tifosi rivali insinuarono che il rosso delle maglie avesse “ipnotizzato” i dirigenti della Football League.
- Le prime maglie non avevano numeri: i giocatori erano riconosciuti solo dal ruolo o dai baffi (come quelli del portiere *Jimmy Ashcroft*).
Questa era fatta di stoffa grezza e simboli semplici sarebbe stata dimenticata senza il genio di Herbert Chapman, che negli anni ’30 trasformò quel rosso in un manifesto di modernità. Ma senza quelle radici, l’Arsenal non sarebbe stato lo stesso. Come scrisse lo storico Jon Spurling: *"Era una maglia da operai, per operai. Eppure, in quelle cuciture c’era già tutta l’ambizione di un gigante"*.
III. L’era classica (1930-1990): Icone e tradizione
Gli anni tra il 1930 e il 1990 segnarono la trasformazione dell’Arsenal da squadra di periferia a istituzione del calcio inglese, e le sue maglie divennero il manifesto visivo di questa ascesa. Sotto la guida visionaria di Herbert Chapman, il club non solo rivoluzionò il gioco, ma anche l’estetica delle divise, creando un’identità riconoscibile in tutto il mondo.
La nascita di un’icona: il rosso con le maniche bianche
Nel 1933, Chapman introdusse la maglia Arsenal rossa con maniche bianche, un design destinato a diventare sinonimo dell’Arsenal. La scelta non fu casuale: Chapman, affascinato dall’eleganza delle divise dell’AFC Bournemouth e del Charlton Athletic, volle un look che unisse tradizione e modernità. Il rosso, più vivace rispetto alle tonalità bordeaux delle origini, simboleggiava l’ambizione del club, mentre le maniche bianche aggiungevano un tocco di raffinatezza. Questo stile, completato da calzoncini bianchi e calzettoni neri, divenne il template per i decenni successivi, resistendo a guerre, cambi di proprietà e rivoluzioni sociali.
Materiali e innovazioni: dalla lana al nylon
Le maglie degli anni ’30 e ’40 erano ancora in lana pesante, con colli a bottoni che ricordavano più giacche da lavoro che divise sportive. Ma con il dopoguerra arrivarono i primi cambiamenti: negli anni ’50, l’introduzione di fibre sintetiche come il nylon rese le divise più leggere e resistenti. Negli anni ’60, i colli a V e i bordi a contrasto (spesso blu o gialli) aggiunsero un tocco di stile, mentre gli sponsor commerciali fecero la loro comparsa solo negli anni ’80, con la scritta *JVC* che campeggiava sul petto dei giocatori.
Maglie leggendarie e momenti storici
- Anni ’30-’50: Le maglie di Chapman e dei suoi successori, come Tom Whittaker, vestirono leggende come Cliff Bastin e Ted Drake, vincitori di cinque titoli nazionali tra il 1931 e il 1953.
- Anni ’70: La divisa con colletto a polo e dettagli gialli divenne famosa grazie alla vittoria della *Double* nel 1971, con giocatori come Charlie George e Frank McLintock che la resero immortale.
- Anni ’80: L’introduzione del design a *tonalità più scure* e l’arrivo dello sponsor *JVC* coincisero con l’era di George Graham, che portò l’Arsenal a nuovi successi, tra cui la storica vittoria a Anfield nel 1989, con Michael Thomas che segnò indossando una completini calcio oggi considerata un cimelio.
L’evoluzione dello stemma
In questo periodo, anche lo stemma del club subì trasformazioni significative. Dal cannoncino semplice degli anni ’30 si passò a un design più elaborato negli anni ’50, con l’aggiunta del motto *“Victoria Concordia Crescit”* (La vittoria nasce dall’armonia). Negli anni ’90, lo stemma fu ridisegnato per riflettere l’identità moderna del club, ma il cannoncino rimase sempre al centro, a ricordare le umili origini di Woolwich.
Cultura e identità
Le maglie di quest’epoca non erano solo indumenti sportivi, ma simboli di appartenenza. I tifosi le indossavano con orgoglio, e i giocatori le portavano come una seconda pelle. La divisa rossa e bianca divenne un’icona della cultura popolare, comparendo in film, fotografie e persino opere d’arte.
L’era classica dell’Arsenal fu un periodo di stabilità e tradizione, ma anche di piccole rivoluzioni che prepararono il terreno agli sconvolgimenti degli anni ’90. Come scrisse il giornalista Brian Glanville: *"Quelle maglie raccontano la storia di un club che ha saputo unire eleganza e sostanza, diventando un modello per il calcio mondiale"*.
IV. La rivoluzione moderna (1990-2025): Tecnologia e globalizzazione
L'ultimo trentennio ha trasformato le maglie dell'Arsenal da semplici divise sportive a veri e propri oggetti di culto globale, dove tecnologia, marketing e identità si fondono in un mix senza precedenti. Questa è l'era in cui il concetto di "maglia da calcio" è stato ridefinito, passando da indumento funzionale a prodotto di moda, veicolo di valori e strumento di connessione con una fanbase ormai planetaria.
1. La rivoluzione dei materiali: dalle fibre sintetiche alla sostenibilità
Gli anni '90 segnarono l'abbandono definitivo dei tessuti tradizionali a favore di tecnologie rivoluzionarie:
- Le maglie in *poliestere ultra-leggero* di Nike (fornitore dal 1994 al 2014) migliorarono traspirabilità e performance, con tagli anatomici studiati per i movimenti esplosivi del calcio moderno.
- Con il ritorno di Adidas nel 2019, l'innovazione ha sposato la sostenibilità: la maglia 2024/25 utilizza il 70% di materiali riciclati, mentre i packaging eliminano la plastica monouso. Un impegno che riflette la sensibilità ambientale del club e dei suoi tifosi.
2. Design iconici e sperimentazioni audaci
Questa fase ha regalato alcune delle maglie più memorabili della storia del club:
- La "Bruised Banana" (1991-93), divisa away giallo-verde con pattern geometrico, inizialmente criticata ma oggi venerata come simbolo di un'epoca. Una versione retro, riproposta nel 2020, ha venduto oltre 250mila pezzi in poche settimane.
- La maglia oro-rossa del 2005, tributo alla "Invincibles Season", dove il metallizzato celebrava l'imbattibilità in Premier League.
- Le collaborazioni di lusso, come la linea Stella McCartney per l'Arsenal Women (2022), che unisce performance sportiva e estetica high-fashion.
3. Sponsor e globalizzazione: il business delle maglie
L'aspetto commerciale è diventato centrale:
- Lo sponsor *Emirates* (dal 2006) ha trasformato il petto delle maglie in uno spazio pubblicitario tra i più redditizi al mondo, con un contratto da 60 milioni l'anno.
- Le vendite globali riflettono l'espansione del brand: nel 2023, il 62% delle maglie è stato acquistato fuori dal Regno Unito, con picchi in Stati Uniti, Nigeria e Indonesia. Le edizioni speciali (es. la collezione "Adidas x Arsenal Heritage") sfruttano il legame emotivo con la diaspora africana e asiatica.
4. Tecnologia digitale e personalizzazione
- Realtà aumentata: Dal 2021, i codici QR sulle maglie permettono di accedere a contenuti esclusivi (interviste, statistiche live).
- Personalizzazione avanzata: Oltre a nomi e numeri, i fan possono aggiungere patch commemorative (es. le stelle per i titoli vinti) o scegliere font ispirati a epoche specifiche (come il carattere anni '90 nel 2023).
5. Controversie e dibattiti
Non tutto è stato acclamato:
- L'eccessiva rotazione dei design (3-4 nuove maglie l'anno) ha alienato alcuni puristi, che vedono nella commercializzazione una perdita di autenticità.
- Il prezzo medio (85€ per la versione "player" nel 2025) solleva questioni di accessibilità, nonostante le linee più economiche per i mercati emergenti.
V. Le maglie come fenomeno culturale
Dagli anni '90 a oggi, le maglie dell'Arsenal hanno smesso di essere semplici uniformi sportive per diventare veri e propri simboli culturali, capaci di influenzare la moda, la musica e persino i movimenti sociali. Questo capitolo esplora come il rosso e il bianco del club abbiano travalicato i confini del calcio, trasformandosi in un linguaggio universale di identità e appartenenza.
1. Dallo stadio alla strada: l'ascesa delle maglie nella moda urbana
- Celebrità e influencer: Da Idris Elba a Stormzy, le maglie dell'Arsenal sono diventate un must-have per gli amanti dello streetwear. Nel 2023, il rapper Dave ha indossato la retro "Bruised Banana" durante un concerto al Glastonbury Festival, scatenando un boom di ricerche online.
- Collaborazioni iconiche: La partnership con Adidas ha prodotto capsule collection ispirate alla cultura hip-hop (come la linea "Arsenal x Wu-Tang Clan" del 2022), mentre brand come Palace e Off-White hanno reinterpretato i design classici per un pubblico fashion-forward.
- Il fenomeno delle "maglie da terzo tempo": Sempre più spesso, le divise dell'Arsenal compaiono in contesti lontani dal calcio, abbinati a sneaker limited edition o giacche di design, come dimostrano le sfilate di Londra e Milano.
2. Un simbolo di identità e resistenza
- Diaspora e comunità globali: In paesi come Nigeria, Ghana e Thailandia, indossare la maglia dell'Arsenal è un modo per celebrare legami transnazionali. Il club ha capitalizzato questo legame con edizioni speciali come la maglia 2024 con stampe tradizionali yoruba.
- Messaggi sociali: Dalle campagne contro il razzismo (come i numeri "No More Red" del 2022) alle maglie arcobaleno per il Pride Month, l'Arsenal ha usato le sue divise come piattaforma per l'attivismo, coinvolgendo tifosi e giocatori in battaglie condivise.
- Tributi alla working class: Le collezioni retro, come quella del 2019 ispirata agli anni '80, omaggiano le radici operaie del club, con dettagli che ricordano le fabbriche di Woolwich.
3. Collezionismo e mercato secondario
- Maglie introvabili: La maglia del 1989 (indossata durante il titolo a Anfield) è stata venduta all'asta per £15.000 nel 2023, mentre le prototipi mai commercializzate (come la versione nera del 2001) sono oggetto di caccia da parte di fanatici.
- Il boom del vintage: Negli ultimi cinque anni, negozi come Classic Football Shirts hanno visto crescere del 300% le richieste di maglie Arsenal anni '90, spinte dalla nostalgia Millennial e dal fascino dell'autenticità.
- NFT e digital collectibles: Dal 2021, il club ha lanciato serie digitali di maglie storiche su piattaforme blockchain, con edizioni limitate che includono audio delle telecronache originali.
4. Cinema, musica e arte popolare
- Apparizioni cinematografiche: La maglia 2002 (della "Invincibles Season") compare nel film *The Gentlemen* di Guy Ritchie, mentre serie come *Top Boy* la usano come simbolo della cultura londinese.
- Ispirazione musicale: Album come *Made in the Manor* di Kano e *Psychodrama* di Dave citano l'Arsenal come metafora di resilienza, con copertine che omaggiano le divise classiche.
- Arte urbana: A Islington, murales dedicati a Thierry Henry e Ian Wright riproducono fedelmente i dettagli delle maglie indossate negli anni d'oro, diventando punti di pellegrinaggio per i tifosi.
5. Le maglie come "oggetti narrativi"
Ogni maglia racconta una storia:
- Quella del 2006 con il logo *Fly Emirates* debutto in Champions League, diventa il simbolo dell'ingresso del club nell'élite globale.
- La divisa 2020 con le tre stelle cucite a mano dai tifosi per celebrare i titoli nazionali, mostra come i fan siano diventati co-creatori dell'identità visiva.
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Meteo, la "super goccia fredda" arriva in Italia: crollano le temperature. Allerta grandine, nubifragi e tornadi. Quanto durerà Le previsioni meteo per le prossime ore prospettano eventi atmosferici certamente rilevanti, dovuti all'arrivo della "super goccia fredda" e al forte contrasto termico. Dall'oceano Atlantico giunge la perturbazione che cancellerà, almeno per un po', il caldo afoso di queste ultime settimane. Il passaggio di una massa d'aria decisamente più fresca porterà sull'Italia temperature più basse e pioggia a partire dalle regioni settentrionali e poi progressivamente verso il Centro. «È sicuramente un break importante che segna la fine della prolungata ondata di calore delle ultime settimane», dice all'ANSA il fisico dell'atmosfera Lorenzo Giovannini, dell'Università di Trento. «Non sarà la fine dell'estate», osserva, e dopo questa parentesi «ci sarà ancora caldo». La fine dell'estate: le previsioni La fine vera e propria dell'estate è dunque ancora lontana e si sa che le previsioni a lungo termine non sono attendibili, ma di sicuro «per alcuni giorni le temperature scenderanno di qualche grado al di sotto della media, e poi torneranno a salire. Quella in arrivo è comunque una svolta significativa», osserva l'esperto. La perturbazione proveniente dall'oceano Atlantico porterà aria molto più fresca rispetto a quella calda che da tempo stazione sull'Italia a causa dell'anticiclone africano, finora protagonista quasi incontrastato dell'estate 2024. La "saccatura": l'arrivo dell'aria fredda L'aria fresca in arrivo da Ovest tenderà quindi a incunearsi nella zona di alta pressione generando quella che in meteorologia viene chiamata una 'saccatura'. «L'arrivo di questa massa d'aria fredda è atteso a Nord nelle prossime ore», dice Giovannini, portando fenomeni anche intensi, come temporali, grandinate e vento forte. Sarà comunque un passaggio veloce. Al Centro Sud le cose andranno diversamente perché l'aria fredda «si isolerà e stazionerà per qualche giorno sulle regioni centrali e meridionali», secondo un fenomeno noto ai meteorologi. «Le onde di aria fredda che si muovono da Ovest verso Est possono staccarsi dal flusso principale e tendono a isolarsi e a rimanere stazionarie», dice Giovannini. La "goccia fredda" e i possibili tornado Dalla saccatura principale si stacca cioè quella che i meteorologi chiamano una 'goccia fredda'. Questo nucleo di aria più fresca tende poi a mescolarsi lentamente con l'aria preesistente. Anche in questo caso, conclude l'esperto, «è possibile che il contrasto fra la masse d'aria calda e quella fredda possa generare fenomeni temporaleschi intensi, grandinate o fenomeni vorticosi come trombe marine». O, come riporta La Stampa, le "supercelle temporalesche". Si tratta di strutture temporalesche complesse e organizzate, caratterizzate da un'intensa rotazione interna chiamata mesociclone. Queste formazioni sono note per la loro lunga durata e per la capacità di generare eventi meteorologici estremi, tra cui forti raffiche di vento, grandine di grandi dimensioni e, in casi rari, anche tornado.
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Istat: il rapporto sulle imprese italiane
Le imprese italiane fotografate dall'Istat. L'Istituto Nazionale di Statistica ha, infatti, diffuso i primi risultati della seconda edizione della Rilevazione multiscopo, parte integrante del Censimento permanente delle imprese. Questa rilevazione ha affrontato aspetti quali il tipo di gestione aziendale e l'eventuale passaggio generazionale, gli ostacoli, le pratiche per attrarre e o trattenere personale qualificato, localizzazione dei principali concorrenti, dipendenza finanziaria da fonti esterne e da banche. I dati sono stati raccolti tra il mese di novembre 2022 e il mese di marzo 2023 e si riferiscono all'anno 2022. Le imprese italiane coinvolte dall'Istat Il campione utilizzato per la rilevazione dei dati ha riguardato circa 280mila imprese con 3 e più addetti. Questo tipo di azienda rappresenta un segmento importante per il nostro sistema produttivo. Il 1.021.618 di unità presenti sul territorio, infatti, costituisce il 22,5% delle imprese italiane e produce l'85,1% del valore aggiunto nazionale. Impiega 13,1 milioni di addetti (74,7%) e 11,5 milioni di dipendenti (96,0%). Delle realtà prese a oggetto di studio, il 78,9% (805mila unità) sono microimprese, cioè realtà con un minimo di 3 dipendenti e un massimo di 9, il 18,5% (189mila) sono imprese di piccole dimensioni (con 10-49 dipendenti) mentre le medie imprese (50-249 addetti) sono il 2,2% (22.861 unità) e le grandi imprese (250 addetti e oltre) lo 0,4% (3.969 unità). Il 28,7% delle imprese è attiva nel Nord-ovest, il 22,7% nel Nord est, il 21,3% al Centro e il 27,3% al Sud. Confrontando i dati a partire dal 2018 si rileva che negli ultimi anni, il numero delle imprese è calato mentre è aumentato quello degli addetti. Nello specifico, tra il 2018 e il 2021 le imprese sono diminuite dell’1,2% (-12mila), mentre sono aumentati del 3,8% gli addetti (+480 mila). Le piccole imprese (con 10-49 addetti) hanno registrano un leggero aumento (+3mila unità in valore assoluto tra il 2011 e il 2021), ma è diminuito il loro peso occupazionale (26,1% nel 2018; 25,7% nel 2021).Contestualmente, è aumentato il peso occupazionale delle imprese di medie (50-249 addetti) e grandidimensioni (con 250 e più addetti). In particolare, il peso delle medie imprese, in termini di occupazione, è passato dal 16,1% del 2018 al 16,9% del 2021, quello delle grandi dal 28,3% del 2018 al 29,3% del 2021. Settori che crescono e che calano Quali sono i settori in crescita e quelli che rallentano? La risposta a questa domanda risente molto dell'influenza della pandemia. Le conseguenze economiche scaturite dalla crisi sanitaria hanno avuto un forte impatto sul settore terziario. Nel 2018 le imprese del terziario erano il 70,4% mentre nel 2021 sono scese al 69,6%. Il livello di occupazione nel terziario è calato dal 64,0% del 2018 al 63,4% del 2021. In compenso, il settore continua a impiegare circa i due terzi degli addetti totali. I dati rilevati dall'Istat rilevano una particolare difficoltà di certi settori a tornare ai livelli pre-pandemia, come le attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento, i servizi di ristorazione e alloggio. Questi ultimi due settori registrano un calo dell'occupazione rispettivamente del 10,7% e del 6,2%. Nel loro complesso i Servizi registrano una diminuzione del 2,2% del numero delle imprese e un aumento del 2,8% del numero dei addetti. Un settore che in questi anni sta decisamente crescendo è l'industria. Le imprese del settore sono aumentate dell'1,3% con un aumento del 5,5% degli addetti. Il peso sull'economia è del 30,4% per le imprese e del 36,3% per gli addetti. Il settore trainante è quello delle Costruzioni. Grazie alla politica degli incentivi fiscali, superbonus 110% per intenderci, si assiste a una crescita del numero delle unità del 10,2% e del 18,8% del numero degli addetti. Quello delle Costruzioni, inoltre, è l'unico settore in cui si rileva un aumento del numero di imprese e dell'occupazione delle aziende micro: +6mila imprese e +38mila addetti. Il nodo delle risorse umane Nel periodo post-pandemia (anni 2021-2022) un'impresa su due è stata coinvolta nell'acquisizione di risorse umane: il 45,1% delle microimprese, il 71,9% delle piccole e quasi il 90,0% tra le medie e le grandi unità. Il settore che più ha avuto bisogno di personale è stato quello delle Costruzioni. Tra le aziende al di sottodei 10 addetti che hanno acquisito risorse umane, due su tre hanno assunto dipendenti con contratto atempo indeterminato (60,6%), una su due a tempo determinato (53,6%), il 17,1% con rapporto dicollaborazione e il 4,2% con contratto di somministrazione. Il rapporto Istat rileva anche gli ostacoli per l'acquisizione delle risorse umane. Riguardo a queste difficoltà, il 43,2% delle imprese lamenta l'impatto di oneri fiscali e contributivi troppo elevati, il 38,2% si dice incerto sulla sostenibilità futura dei costi delle nuove risorse, il 28,8% lamenta difficoltà nel reperimento di personale con le competenze tecniche necessarie e il 15,2% ha problemi di natura finanziaria. Secondo le aziende intervistate sarebbe difficile trovare personale non solo con competenze tecniche ma anche con competenze trasversali, le cosiddette soft skill come il problem solving, la capacità di lavorare in team e l'adattabilità a nuovi contesti. In copertina foto di StartupStockPhotos da Pixabay Read the full article
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Trieste a spasso
Passeggiare a Trieste
Come avete visto, ho passato qualche giorno a fotografare gatti e non solo, a camminare tanto. Come prodromo alle camminate successive vi propongo, come ultimo passaggio a nord-est (poi andiamo decisamente più a sud) un dolce flaner per le strade di Trieste, a cui si può aggiungere, dato che ormai il caldo è arrivato, anche una indicazione su dove buttarsi in mare. Qui è presto detto: a Barcola…

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Il presidente di Cuba, Miguel Díaz-Canel, ha valutato alcuni giorni fa in una riunione di governo gli effetti dell'uragano Ida nel Paese. Le autorità della Protezione Civile hanno relazionato sui preparativi all'evento e sul suo impatto nella zona sud dell'Isola della Gioventù, la prima a ricevere l'assalto del fenomeno atmosferico. Più di 2.000 persone, la totalità degli abitanti a rischio del luogo, sono state evacuate mettendo in moto il meccanismo di prevenzione che fa di Cuba una eccellenza nella organizzazione della protezione dei propri cittadini nonostante le difficoltà di risorse dovute a 60 anni di blocco economico e non ci sono state perdite di vite umane, ha riferito la televisione nazionale. Il Capo di Stato Maggiore della Protezione Civile Nazionale, Generale di Divisione Ramón Pardo Guerra, ha affermato che gli organi di gestione, i rifugi, i centri di elaborazione, trasporto e comunicazione sono rimasti attivi per tutto il periodo del passaggio dell'uragano nelle province dell'Avana, Pinar del Río, Artemisa e Mayabeque, e sull'Isola della Gioventù. L'uragano ha poi lasciato la zona ovest di Cuba per dirigersi sugli Stati Uniti dove, come ci racconta skytg24, "l'impreparazione delle autorità" non è stata in grado di prevenire vittime, che al momento raggiungono il numero di almeno 50 morti. "La coda dell'uragano Ida - ora declassato a tempesta tropicale - continua a provocare vittime, danni e disagi negli Stati Uniti. Sono almeno 50 le vittime finora contate in 8 Stati Usa, di cui 13 nella città di New York: tutte persone annegate, in auto o in seminterrati Dopo la devastazione in Louisiana, quindi, Ida ha scaricato tutta la sua furia sul Nord-est degli Stati Uniti. New York ma anche il New Jersey, la Pennsylvania e il Connecticut sono le aree più colpite dalle violente piogge che hanno colto di sorpresa le autorità nonostante l'allarme dei meteorologi, provocando inondazioni e allagamenti e seminando distruzione. Nel solo New Jersey, ha detto il governatore Phil Murphy, in 23 hanno perso la vita: si tratta soprattutto di persone sorprese dall’acqua mentre si trovavano in auto. Tra le altre vittime, 16 nello Stato di New York, tre nel sobborgo di Westchester e altre tre vicino a Filadelfia, in Pennsylvania. Ha perso la vita anche un giovane poliziotto del Connecticut." (Rete Solidarietà Rivoluzione Bolivariana)
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Perché la luna piena del lupo di stanotte si chiama così I nativi americani non sfruttavano il calendario gregoriano per scandire i propri mesi, bensì un calendario lunare, legato ai cicli del satellite della Terra. Poiché le vite delle tribù erano strettamente connesse agli equilibri della natura, i capi decisero di assegnare ai diversi pleniluni dell'anno tutti nomi di fenomeni/eventi naturali con un impatto significativo sulle comunità, dai raccolti agli animali, passando per la caccia, la pesca e gli eventi atmosferici. Come indicato, il plenilunio di gennaio prende il nome di Luna Piena del Lupo perché nelle rigide notti invernali questi animali tendono a ululare di più. A causa del freddo, inoltre, si avvicinavano di più ai villaggi e di conseguenza i nativi americani ascoltavano più spesso i loro malinconici richiami. All'epoca si credeva che i lupi si “lamentassero” del freddo, ma oggi sappiamo che gli ululati hanno significati molto più profondi nella biologia di questi splendidi animali. Tra i nomi secondari più significativi del plenilunio di gennaio vi è sicuramente quello di Luna Centrale, così chiamata dagli Assiniboine delle Grandi Pianure settentrionali poiché si verifica all'incirca a metà della stagione fredda. Gli altri appellativi dati dai Cree, dagli Algonchini e dai Dakota si riferiscono invece al fatto che la neve di questo periodo spesso solidifica, formando un duro e spesso strato ghiacciato.
Quando vedere la Luna piena del Lupo: gli orari e gli altri fenomeni celesti di gennaio 2022 Oggi lunedì 17 gennaio la Luna sorgerà attorno alle 16:30 (ora di Roma) a Nord Est, affiancata dalla costellazione dei Gemelli. Il disco lunare sarà pochi gradi più in basso della stella Polluce, la più luminosa della costellazione e la diciassettesima del firmamento. Come indicato, l'effettiva fase di pienezza sarà raggiunta 47 minuti dopo la mezzanotte, quando il satellite della Terra si troverà a Est, abbracciata dai Gemelli e dalla costellazione del Cancro. La Luna Piena tramonterà poco dopo le 08:00 del 18 gennaio a Sud Ovest. Come specificato dalla NASA, tuttavia, il disco lunare ai nostri occhi appare pieno per molte ore prima e dopo l'effettivo plenilunio, pertanto potremo godere dello spettacolo astronomico (meteo permettendo) per più giorni. La Luna Piena del Lupo è solo uno dei fenomeni celesti che ci attendono nelle ultime due settimane di gennaio: lo stesso giorno del plenilunio, ad esempio, compirà un passaggio ravvicinato l'enorme asteroide (7482) 1994 PC1, che sarà visibile con un piccolo telescopio; all'alba del 29 gennaio potremo invece ammirare una spettacolare congiunzione astrale tra Luna, Venere e Marte nel cuore della costellazione del Sagittario; mentre il 31, come indicato dall'Unione Astrofili Italiani (UAI), ci sarà il picco massimo della corrente meteorica delle Alfa Leonidi. Per tutte le notti con un buon binocolo o un telescopio saranno inoltre visibili alcune comete, come la 29/P Schwassmann-Wachmann e la 67/P Churyumov-Gerasimenko nella costellazione del Toro e la C/2019 L3 ATLAS in quella dei Gemelli. https://www.fanpage.it/.../stanotte-brilla-la-luna-piena.../ https://www.fanpage.it/ °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° Because tonight's wolf full moon is called that Native Americans did not use the Gregorian calendar to mark their months, but a lunar calendar, linked to the cycles of the Earth's satellite. Since the lives of the tribes were closely connected to the balance of nature, the leaders decided to assign to the different full moons of the year all names of natural phenomena / events with a significant impact on communities, from crops to animals, through hunting, fishing. and atmospheric events. As indicated, the full moon of January is called the Full Moon of the Wolf because in the cold winter nights these animals tend to howl more. In addition, because of the cold, they came closer to the villages and consequently the Native Americans listened more often to their melancholy calls. At the time it was believed that wolves "complained" of the cold, but today we know that howls have much deeper meanings in the biology of these beautiful animals. Among the most significant secondary names of the January full moon there is certainly that of Central Moon, so called by the Assiniboines of the Northern Great Plains since it occurs approximately in the middle of the cold season. The other names given by the Cree, Algonquin and Dakota instead refer to the fact that the snow of this period often solidifies, forming a hard and thick layer of ice.
When to see the full Moon of the Wolf: the times and other celestial phenomena of January 2022 Today Monday, January 17, the Moon will rise around 16:30 (Rome time) in the North East, flanked by the constellation of Gemini. The lunar disk will be a few degrees lower than the star Pollux, the brightest in the constellation and the seventeenth in the firmament. As indicated, the actual phase of fullness will be reached 47 minutes after midnight, when the satellite of the Earth will be in the East, embraced by Gemini and the constellation of Cancer. The Full Moon will set shortly after 08:00 on January 18 in the South West. As specified by NASA, however, the lunar disk appears full to our eyes for many hours before and after the actual full moon, so we will be able to enjoy the astronomical spectacle (weather permitting) for several days. The Full Moon of the Wolf is just one of the celestial phenomena that await us in the last two weeks of January: on the same day of the full moon, for example, the huge asteroid (7482) 1994 PC1 will make a close passage, which will be visible with a small telescope; at dawn on January 29 we will be able to admire a spectacular astral conjunction between the Moon, Venus and Mars in the heart of the constellation of Sagittarius; while on the 31st, as indicated by the Italian Amateur Astronomers Union (UAI), there will be the maximum peak of the meteoric current of the Alpha Leonids. For all nights with good binoculars or a telescope some comets will also be visible, such as 29 / P Schwassmann-Wachmann and 67 / P Churyumov-Gerasimenko in the constellation of Taurus and C / 2019 L3 ATLAS in that of Gemini. https://www.fanpage.it/in Tecnologia/scienze/stanotte-brilla-la-luna-piena-del-lupo-perche-si-chiama-cosi-e-quando-vederla-nel-cielo/ https://www.fanpage.it/
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Arco di Giano presso San Giorgio al Velabro // Roma 27.08.20 // L'arco di Giano è un tetrapilo, un arco quadrifronte (ossia con quattro arcate) di Roma. Tuttora conservato, sorge presso la chiesa di San Giorgio in Velabro, poco distante dal Tempio di Ercole e dal Tempio di Portuno, ed era stato edificato, ai margini del Foro Boario probabilmente alla metà del IV secolo. Probabilmente deve essere identificato con l'Arcus Divi Constantini citato dai Cataloghi regionari presso il Velabro. Il nome moderno non si riferisce al dio bifronte Giano, ma piuttosto deriva dal termine latino ianus, che indica un passaggio coperto, o una porta. Come gli iani testimoniati dalle fonti nel Foro Romano, non si trattava di un arco trionfale, ma probabilmente di una struttura destinata ai banchieri che operavano nel Foro Boario. L'edificio, che ha pianta quadrata ed è alto 12 m con 16 m di lato e presenta quattro massicci pilastri che sostengono una volta a crociera. Essi sono costruiti in cementizio e rivestiti da blocchi di marmo di reimpiego. Al di sopra doveva presentare un piano attico ed un tetto forse di forma di piramidale, la cui struttura in opera laterizia, che in origine doveva ugualmente essere rivestita di marmo, fu demolita nel 1827 perché a torto ritenuta parte della fortificazione medioevale impiantata sopra l'edificio romano ad opera dei Frangipane (che ne avevano anche chiuso i fornici). Nei piloni vi sono molte nicchie che forse ospitavano statue in grandezza quasi naturale, esse sono 12 su ogni faccia Est ed Ovest e 2 su ogni faccia Nord e Sud e altre 10 sono finte. In totale quindi 28. Le nicchie in origine dovevano ospitare statue ed erano inquadrate da edicole con piccole colonne, oggi perdute, poggianti sui cornicioni, ed erano coperte da una semicupola a conchiglia scolpita nei blocchi di marmo del rivestimento.
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Note a margine dello scandalo Agamben

Brecht pensa all'epoca senza storia di cui dà un'immagine la sua poesia agli artisti figurativi, e di cui alcuni giorni dopo mi ha detto che egli ritiene l'avvento più probabile della vittoria sul fascismo. Ma poi Brecht aggiunse ancora qualcos'altro per giustificare l'inserimento dei Canti infantili nelle Poesie dell'esilio, ed espose questo motivo - in piedi davanti a me, sul prato - con una veemenza che ha solo di rado. "Nella lotta contro quelli non si deve tralasciare nulla, Essi non si propongono cose da poco. Pianificano per trentamila anni, mostruosità. Picchiano su tutto. Ogni cellula si contrae spasmodicamente sotto i loro colpi. Per questo non bisogna dimenticarne nessuna, Essi storpiano il bambino nel grembo materno. Non non dobbiamo assolutamente dimenticare i bambini". Mentre egli parlava così, io sentivo agire su di me una forza non inferiore a quella del fascismo; una forza, voglio dire, che scaturisce da strati della storia non meno profondi di quella fascista.
Walter Benjamin, dall'appunto da Svedborg del 3 agosto 1938, Conversazioni con Brecht
Dove la riflessione critica attuale di Giorgio Agamben sulla pandemia e l'eccezione ci pare irriti maggiormente e persuada meno, nel profondo, è nel suo restituire l'immagine di un consenso passivo allo stato di eccezione imposto nella pandemia del coronavirus. Un'immagine che si presenta come una manifestazione di normalizzata adesione alla ingiunzione del primato assoluto della nuda vita, della vita fatta coincidere con la sua mera riproduzione, priva di ogni attributo di esperienza della libertà. L'immagine di questo consenso significherebbe che la nuda vita si rivela il solo orizzonte, o valore, rimasto all'esperienza umana, il che equivale a dire che l'umano si nega ormai ogni esperienza: si rivela dunque si intuisce come un fatto, un dato che emerge in questa circostanza ma che le preesiste.
Per inciso, occorre annotare che qualcosa d'altro sembra a sua volta rivelarsi come preesistente o proemiale alla gestione della pandemia: e che vale per il proletariato storico, id est industriale, quanto per tanta parte della sua demografia presente, ossia la maggioranza di anziani lasciati morire a casa sotto la legittimazione della protezione sociale dal contagio, mentre la verità è che mancano i posti letto e per questo veniamo chiusi in casa tanto quanto viene lasciato peggiorare chi ha contratto il virus - proprio allo stesso modo di come la demografia del paese non per giovani è determinata qui dalla distribuzione miserabile del reddito, ergo dalla miseria del welfare, ovvero dalla sua predazione. Quest'altro preesistente è, diversamente da una sia pur ingiunta promessa di garanzia della riproduzione biologica, la sua assoluta relatività: su scala globale relatività alle latitudini rispetto al privilegio, su scala locale relatività alla convenienza della riproduzione sociale della macchina economica, su scala temporale relatività di ogni forma di vita e dell'esistente stesso alla forza distruttiva della predazione. Esperienza, dunque, del potenziale tanatologico custodito dalla presente società umana.
Eppure nella situazione presente l'immagine restituita da Agamben, ossia quella nella quale apparirebbe che il cemento sociale al quale sembriamo oggettivamente aderire si rivela essere il comando della sola nuda vita, non è inesatta: almeno fin tanto che si conferma un consenso diffuso alla sospensione o alla disincarnazione di ogni relazione sociale, sotto la minaccia per la riproduzione biologica rappresentata dalla pandemia. Ma cosa significa questo?
Vi è in una conferenza di Georges Canguilhem del 1955, contro qualsiasi identificazione dell'organizzazione sociale umana con l'organismo vivente, un passaggio molto significativo. Canguilhem in sostanza argomenta che la società umana, ogni società umana o meglio la società umana in generale, pur avendo a che fare con il vivente perché composta di umani viventi, non ha nulla a che fare dal punto di vista della sua funzionalità con l'individuo, in quanto non obbedisce alle leggi di omeostasi di un organismo biologico singolare, né con la specie, in quanto non è confondibile con l'umanità che (e qui fa un ricorso formidabile a Bergson) resta sempre aperta alla ricerca della sua socievolezza specifica, mentre la società è per definizione chiusa (e qui si comprende che per società umana in generale va intesa ogni società costituita per esclusione e come singolarità astratta, trascendente corpi e affetti). La società è un mezzo, uno strumento, dice Canguilhem, esige regole ma non ha in sé stessa alcuna capacità di autoregolazione, anzi il suo solo presumibile stato di normalità è il disordine, dunque la regolazione le proviene da altrove - e qui, sempre per il tramite di Bergson, Canguilhem risale ancora più sorprendentemente a Platone sullo stesso tema dal quale Walter Benjamin era risalito per pervenire alla sua critica del corpo sovrano e della legge disvelandone filologicamente la finzione: la giustizia. Canguilhem usa la giustizia secondo Platone, forma suprema della società e al contempo ad essa superna, irriducibile ai suoi corpi, per fare funzionare la contrapposizione bergsoniana tra saggezza ed eroismo: non vi è nella società, diversamente dall'organismo vivente, alcuna saggezza e la prova che il suo stato normale è la crisi è il suo bisogno di eroismi e di eroi che sullo sfondo di una situazione di crisi emergono e vengono invocati a darle soluzione - legittimati da una rappresentazione di estremo pericolo che è lo specchio del permanente senso di minaccia percepito dalla società nella sua natura precaria.
È chiaro che, in barba ad alcuni forzati quanto marxianamente stupefacenti sincretismi, che hanno purtroppo corso nel dibattito teorico, qui si tratta della riproduzione sociale nella sua materialisticamente determinata distinzione dalla riproduzione semplice.
Proviamo a fare funzionare a sua volta Canguilhem in quella che può apparire la contraddizione di Agamben tra la sua cattura della verità politica sullo stato d'eccezione e una aporia del suo discorso attuale quanto alla normalità, alla regola dell'eccezione come insegnata dalla tradizione degli oppressi - per dire con il Benjamin dell'VIII tesi Sul concetto di storia. Quale natura particolare ha l'adesione presente all'eccezione formale di fronte a questa pandemia? O meglio: perché è in questa circostanza che si afferma l'ingiunzione alla nuda vita?
Questa pandemia non è la dengue, che tuttora fa più contagi e vittime del coronavirus in America Latina, o la febbre gialla che ha fatto nuove stragi negli ultimi due anni dal Sud Est asiatico all'Africa: questa pandemia è globale perché minaccia i rapporti globali determinati della società capitalista. Parte dalla metropoli del comparto globale dell'edilizia come rifugio dei capitali in seguito alla crisi finanziaria del 2008 e investe principalmente, oltre agli stati petrolieri e del conflitto sul petrolio in Medio Oriente, la Cina, l'Europa e gli Usa. Ciò dà conto della rappresentazione del pericolo ma non ancora dell'adesione sociale che essa ottiene: per afferrarla occorre forse pervenire a porsi il dubbio se questa stessa adesione non si presenti in realtà se non come apparente. Il che non esime dal constatare la forza di reificazione storica dell'immagine apparente e dunque dal constatare, come fa Agamben appunto catturando la verità dell'immagine di questo momento, che l'adesione alla garanzia della nuda vita come fondamento del patto sociale è la forma con la quale il momento stesso si presenta alla storia. Ma sappiamo, proprio con Agamben e da Benjamin, che quella garanzia e quel patto, entrambi, sono finzione. Ovvero una falsa sintesi di opposti: tale quale, in stretta parentela, quella della legittimità sovrana in rapporto a giustizia e legge. Che cosa l'esperienza degli oppressi insegna sul rapporto tra la forma-di-vita della società capitalista e la riproduzione semplice se non che questo rapporto semplicemente è nullo? Che la missione della società capitalista, inverata nel trentennio della globalizzazione, è precisamente l'esclusione, il disinteresse, la libertà del comando, ossia del profitto, da ogni garanzia di riproduzione biologica? Ora è questa verità, affermata nella pratica del comando e introiettata dagli oppressi, che appare come nudità: si accetta l'ingiunzione del comando all'isolamento e alla sospensione della vita sociale proprio perché nell'istante del massimo pericolo per la società e, coincidentemente ma non insieme, per la vita biologica si condensa tutta l'esperienza del divorzio tra le due. In altre parole affiora istantaneamente alla coscienza degli individui che a deporre la finzione del patto sociale è stato già il potere stesso: e dunque a presentarsi nuda è la realtà della società, è la sua coincidenza col potere, è la sua impotenza a produrre qualsiasi omeostasi, autoriparazione delle ferite ai corpi, protezione della vita.
Vero è che in questa registrazione istintiva della verità sulla società e sul potere si riproduce di fatto l'ingiunzione ad aggrapparsi alla nuda vita quale unico orizzonte dei comportamenti sociali: ma sarebbe meglio dire che vi si riflette. Per un verso infatti il potere ingiunge la sospensione della vita sociale come condizione necessaria alla propria rilegittimazione: per l'altro invece questa stessa sospensione trova adesione tra le persone solo come una condizione consapevolmente forzata dall'assenza evidente di qualsiasi potenza di difesa efficace della vita da parte del potere e della sua organizzazione sociale. In tale dicotomia e oltre l'immagine istantanea di una forzata convergenza possiamo intravvedere il bivio tra forme-di-vita che si prepara. Meglio ancora: il bivio tra una emergenza di forma-di-vita che a partire da questa nudità della società e del potere ne seceda per affermare il valore della vita come incontro e mutuo aiuto dei corpi negli affetti e riapra così l'orizzonte di un'esperienza libera - e una forma-di-vita invece imposta come riproduzione della società e del suo comando, riconfigurati esattamente sull'accettazione della verità della loro im-potenza sostanziale alla protezione della vita, dei corpi e degli affetti come nostro comune, e anzi sull'accettazione del loro destinarci alla separazione al cospetto di una distribuzione di morte. E questo tanto più quanto più - come pare proprio il caso della nostra situazione presente - la riconfigurazione della società capitalista e dei suoi rapporti generali di potere prende la forma di un predominio del capitalismo digitale, della cattura dei dati e di una funzione predittiva dei dispositivi del controllo: ossia di una presa totale sul biologico che al contempo lo mineralizza.
In questo senso, per quanto altrettanto sconvolgente dell'immagine restituita da Agamben, l'anonimo Monologo del virus diffuso da Lundi Matin appare un'operazione discorsiva dotata di una diversa efficacia e potenza: proprio nel suo rivolgersi alla forma attuale - colta in questo istante - del comportamento sociale medio per porlo di fronte a quella scelta. Una scelta che sembra prendere fin da ora globalmente corpo in molti e diversi segnali di vita conflittuale, che tendono a sfatare l'immagine cristallizzata di una decisione comune sulla vita stessa paralizzata nella cattura da parte della nuda tanatocrazia cui corrisponde l'automa che è pervenuto ad essere il Leviatano.
Comitato Corrispondenza e Traduzione - Sezione romana dell’Internazionale Vitalista.
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Il progresso della conformità nell'era dell'AI: l'aggiornamento strategico di OFUYC nel 2024
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