#residanceXL2018
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Conversazione con Enzo Cosimi
In attesa della prova aperta di questo pomeriggio alle 18.30 ho incontrato il coreografo Enzo Cosimi che mi ha raccontato qualcosa di più sul nuovo progetto triennale l’Orestea, del quale vedremo il primo studio sull’Agamennone.

Mi parli del tuo nuovo progetto artistico Orestea? L’Orestea è il mio nuovo progetto triennale. Dopo aver terminato la Trilogia sulle passioni dell’anima che indagava la paura collettiva, il desiderio e il dolore, ho scelto di fare uno studio sulla prima parte della tragedia. Con l’Agamennone ho deciso di concentrarmi su tre figure in particolare: Clitennestra, Egisto e Agamennone. Come solitamente avviene nei miei lavori non creo narrazioni ma racconti astratti ispirati all’indagine a cui mi sto riferendo. In questo lavoro, in particolare, ho preso ad emblema gli studi e le pratiche legati alla scena sadomasochista iniettandoli in un paesaggio astratto e rarefatto. La figura di Clitennestra è il fuoco dell’azione performativa. Collaborano a questo progetto tre giovani artisti: Alice Raffaelli lavora con me da vari anni, Giulio Santolini era già presente in Estasi mentre con Matteo De Blasio è la prima partecipazione con la compagnia. Ho deciso di lavorare con giovanissimi anche se abitualmente le figure di Agamennone o Egisto o la stessa Clitennestra sono interpretate da attori/danzatori maturi. Volevo creare questo lavoro confrontandomi su questi temi con menti ed energie giovanili. Sono già soddisfatto del risultato nonostante il poco tempo di lavoro. Da anni cerco un rapporto dialettico con i giovani. Non mi interessa più imporre coreograficamente totalmente i miei movimenti, cerco un rapporto dialettico. Nello stesso tempo non ho dimenticato il patrimonio segnico che ho costruito negli anni, tutto resta nella memoria. Credo che se non avessi fatto in passato quel lavoro di coreografia tout court non potrei lavorare secondo le modalità creative che utilizzo oggi. La coreografia c’è, anche se sembra invisibile. Diviene una percezione palpabile. Per me oggi è importante tornare al concetto di “opera”, rivitalizzando l’estetica classica e mettendola in relazione con il paesaggio contemporaneo.
Qual è l’immaginario che sta nutrendo questo nuovo lavoro? I riferimenti sono molti. Pasolini e tanti altri. In particolare ricordo la mitica Orestea di Peter Stein presentata circa trent’anni fa a Ostia antica. Andò in scena dal tramonto all’alba interpretata da attori tedeschi straordinari come Bruno Ganz o Edith Clever. In questo lavoro ho cercato di creare una drammaturgia dove la storia della tragedia dialogasse con le vite e le esperienze dei danzatori. È un’indagine dove creo un cortocircuito tra testi poetici, saggi sul sadomasochismo, testi propri e la tragedia stessa. L’incastro tra il reale e la finzione è un aspetto che negli ultimi anni mi interessa molto. Sto contemporaneamente anche lavorando a un’altra creazione I love my sister con un trans uomo. Da una profonda riflessione sulla sua storia di vita creo una drammaturgia che si sposta poi su altre zone liberandola dall’approccio documentaristico. Questo tipo di modalità è un aspetto che avevo già esplorato anche con Thanks o Estasi, ma nello studio su Agamennone e in I love my sister il testo troverà un equilibrio con la scrittura del corpo.
A che punto della tua ricerca coreografica per Orestea si inserisce questa residenza? Abbiamo fatto due settimane di lavoro a Torino e ora una qui a Mondaino. Quando Paolo Brancalion e Fabio Biondi mi hanno proposto questa serie di residenze ho pensato subito di tornare a una mia vecchia modalità di creazione, prendendomi dei tempi lunghi per poter sperimentare senza avere un debutto già programmato. Normalmente si lavora sempre in funzione della produzione finale, qui volevo concentrarmi esclusivamente sul lavoro di ricerca e sperimentazione. I luoghi di residenza influiscono molto sul lavoro creativo. Mondaino ad esempio è per me un luogo che mi dà la possibilità di generare un riverbero all’idea, all’azione che ho in mente. È uno spazio di residenza che io amo molto e riesce a far concentrare profondamente le nostre menti sull’indagine che stiamo portando avanti. È un luogo immerso nella natura, per noi, abituati ai grandi centri, diventa un’avventura mentale meravigliosa.
La tua indagine sulla figura dell’eroe si è sviluppata nei primi anni novanta attraverso una ricerca sulla natura del gesto eroico. Oggi questa figura torna in questo nuovo lavoro sui tragici greci. In che modo si modifica la ricerca da ieri a oggi rispetto a questo concetto in riferimento anche al contemporaneo? Quando quindici anni fa mi dedicavo alla figura dell’eroe, c’era una forte tensione ideologica e la cosa che a quel tempo mi dispiacque davvero molto fu che alcuni dei miei lavori furono tacciati di ideologia fascista: se indagavi l’eroe eri fascista. Opere come Il pericolo della felicità o Vittoria sul sole creavano una partitura vera e propria sull’approfondimento del “gesto eroico”. Oggi avevo voglia di tornare su questo tema con una prospettiva diversa. Dal punto di vista del lavoro sul corpo lo slittamento è stato totale. Prima mi concentravo sul muscolo e sul nervo, quindi sul sistema nervoso e muscolare. Erano lavori in cui avevo bisogno di corpi di un certo tipo, muscolosi ma anche non troppo fit. Erano coreografie estreme anche dal punto di vista linguistico. A quel tempo i miei danzatori dovevano essere allertati sul movimento contemporaneo ma dovevano conoscere anche il linguaggio del balletto. Oggi si è tutto sfaldato, l’eroe si è rotto. Mi interessa lavorare sui cocci, sui rottami, sulle rovine. Anche la scelta di corpi più naturali, meno legati alla fisionomia di muscolarità e nervo, rientra su questa linea di ricerca. Non è un caso che Giulio e Matteo siano più attori che danzatori. Alice nasce come danzatrice ma negli ultimi anni è riuscita a lavorare magnificamente anche sulla parola. Per me è stata una ricerca molto interessante, non sento fratture tra parola e movimento, sento che tutto si sta componendo in modo semplice ed equilibrato.
*nella residenza #Orestea - Agamennone (primo studio)
#residenza creativa#compagnia enzo cosimi#orestea#agamennone#Network Anticorpi XL#residancexl2018#residancexl
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Nella residenza creativa #Olimpia Fortuni
Alcune immagini dalle prove di DO ANIMALS GO TO HEAVEN? il nuovo lavoro di Olimpia Fortuni.
#residenza creativa#residenze 2018#photography#olimpia fortuni#do animals go to heaven?#danzacontemporanea#coreografia#residanceXL2018#Network Anticorpi XL
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Nella residenza #Daniele Albanese
Birds flocking (promo dal 1 study)
#residenza creativa#residanceXL2018#daniele albanese#BIRDS FLOCKING PROJECT#Network Anticorpi XL#teatro dimora l'arboreto
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Marco D’agostin #Avalanche
#residenza creativa#residanceXL2018#Network Anticorpi XL#teatro dimora l'arboreto#avalanche#marco d'agostin#danzacontemporanea
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[...] In un’ampia sala del Museo Civico di Bassano del Grappa, in dialogo involontario con una tela secentesca che ritrae San Giovanni Battista, Chiara Bersani offre il proprio corpo e il proprio mutevole viso all’Unicorno, mitica creatura cui l’uomo nel passare dei secoli ha attribuito virtù e caratteri ognora diversi. Un abito bianco, i capelli legati in una coda di cavallo, lo sguardo intenso a oltrepassare tutto ciò che la circonda – spettatori così come tele appese ai muri – la performer percorre accovacciata a terra il perimetro della sala. Si appoggia sui gomiti, si ferma, muove lentamente i piedi come flessibili pinne, allarga gli occhi azzurri stupiti di qualcosa che hanno inaspettatamente intercettato. Raggiunge il centro della sala e si scioglie i capelli e, poi, suona qualche nota su una tromba e a quella musica rispondono altri suoni da un’altra sala – sono tre giovani musicisti della Filarmonica Bassanese. La performer, silenziosa eppure capace di articolare un complesso “discorso”, ipnotizza per quaranta minuti gli spettatori e, allo stesso tempo, ne appare lei stessa ipnotizzata. I volti sono scrutati con gentile e stupita insistenza: lo sguardo della performer è quello di una creatura alla fiduciosa ricerca dei propri simili, come lei “unicorni” che l’umanità crea per capriccio per poi dimenticarsene con sventata leggerezza. Chiara Bersani, con dolce determinazione, invita a rallentare il nostro ritmo e a osservare più attentamente quanto ci attornia così da scoprire quanto affollata sia in verità la nostra supposta solitudine.
Laura Bevione su PaneAcquaCulture.net

*Chiara Bersani #Gentle Unicorn
#residenza creativa#residanceXL2018#paneacquaculture.net#laura bevione#chiara bersani#gentle unicorn
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Nella residenza #Compagnia Enzo Cosimi
Il teaser I love my sister
#residenza creativa#compagnia enzo cosimi#I love my sister#residanceXL2018#Network Anticorpi XL#armunia#teatro dimora l'arboreto
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Inizia oggi e prosegue fino al 14 luglio presso il Teatro Annibal Caro, Civitanova Marche (MC) la residenza creativa a cura di AMAT di Francesco Colaleo | CIE MF Maxime&Francesco per Farde-Moi

Sono trascorsi dieci giorni dalla ripresa di #fardemoi. Giorni intensi, di costruzione, creazione di senso, ricerca di equilibri spaziali, connessioni, impressioni e raccolta meticolosa delle intuizioni percepite. Oggi parliamo delle fonti che hanno ispirato il progetto. “Ceci n’est pas une nuage”, perché quelle che indossano gli artisti non sono nuvole, ma una loro rappresentazione. L’utilizzo scenico delle parrucche bianche over size, indossate dagli interpreti, rimanda all’universo pittorico di René Magritte e alle sue opere dove, sul volto dei soggetti della tela, si osservano mele verdi, nuvole, colombe... questa visione poliforme e surreale ha guidato il lavoro coreografico verso una logica di costruzione assurda, che non desidera seguire regole temporali standard, ma soltanto impressioni e visioni che stanno aldilà delle cose tangibili : depositate in quella zona delicata e segreta della memoria o dell’inconscio. [....]
prosegue sul blog della compagnia al link
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Noi non siamo stati i primi a vedere la polvere dell’Asia Minore d’estate, le sue pietre roventi, le isole profumate di sale e di aromi, il cielo e il mare di un azzurro implacabile. Tutto è già stato provato e sperimentato mille volte, ma spesso senza essere detto, oppure le parole che lo dicevano sono andate disperse o, se sono rimaste, esse sono inintellegibili e non ci commuovono più. Come nuvole nel cielo vuoto, noi ci formiamo e ci disperiamo su quel fondo di oblio”
M. Yourcenar, Archivi del nord
*nella residenza #Avalanche
Marco D’Agostin ci ha donato questo piccolo frammento che è stato molto importante ai fini della sua ricerca tratto da Archivi del nord di Marguerite Yourcenair .
#residancexl#residenza creativa#residanceXL2018#citazione tumblr#marguerite yourcenar#archivi del nord#avalanche#contemporary dance#marco d'agostin
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Intervista a Francesco Colaleo | Cie MF #Farde-moi

Mi parli del tuo nuovo progetto artistico Farde-Moi? Farde-Moi, dal verbo francese farder, significa truccami/ingannami. La pièce di danza contemporanea e physical theater per cinque interpreti desidera approfondire il tema dell’identità nella società di oggi. Chi siamo quando apparteniamo ad una stessa tirbù? Quanto siamo pronti ad osare e a cedere alle dinamiche di gruppo? In questo mondo che si sta paralizzando davanti alla diversità, come ci comportiamo? Paesaggi emotivi soffici e delicati, instaurano una poetica del gesto sospesa e onirica. Truccare un meccanismo coreografico, affinché se ne alteri il funzionamento, per cambiare le regole del gioco e vincere a tutti i costi. Disponiamo di una serie di maschere da utilizzare all’occorrenza: per il lavoro, per gli amici, per la famiglia, per gli sconosciuti, per gli amori e per gli amanti... delle maschere che abbiamo imparato a vestire in modo istintivo e che negano la possibilità di mostrare il nostro vero volto. Capacità, qualità, idee, sentimenti, emozioni si traducono in forme differenti, contenute in corpi fatti di pelle e strati di cotone. L’urgenza creativa trova la sua ispirazione nel desiderio di potersi confrontare con l’altro, cogliendo qualità e impressioni. Farde-Moi passa dai fru fru all’essenziale, da quadri pittoreschi alla più semplice espressione umana. Un’opera che desidera sondare, con il linguaggio della danza contemporanea, un tema che il teatro ha abitato per lungo tempo: l’umorismo ed il sentimento del contrario. Pirandellianamente scrivendo, si desidera indagare sulla natura delle persone e delle cose, comprendendo fino a che punto il pubblico possa partecipare ed aderire in maniera comica o umoristica, dinnanzi alle storie e alle personalità degli interpreti, riconoscendosi nei caratteri e nelle personalità tradotte dai corpi in movimento ed inseriti in un quadro globale che sia la sintesi sincera di una personale identità coreografica, che si compie nel tempo e nello spazio. Senza mettere in scena nessun carnevale, gli interpreti maschereranno la loro natura, rivelando un’apparenza forse ingannevole. Farde-Moi vuole esprimere la complessità umana con leggerezza, stabilendo un contatto empatico, diretto, profondo e duraturo con chi osserva, attraverso una riflessione che parte e si muove dal corpo.
Qual è l’immaginario che sta nutrendo questo nuovo lavoro? L’immaginario che sta nutrendo questo lavoro è di matrice surrealista, ispirato all’universo di Magritte e alle sue opere dove, sul volto dei soggetti della tela, si osservano mele verdi, nuvole, colombe. Questa visione poliforme ha guidato il lavoro coreografico verso una logica di costruzione assurda, che non può e non desidera seguire regole temporali standardizzate, ma soltanto impressioni e visioni che stanno aldilà delle cose tangibili: direi piuttosto che sono depositate in quella zona delicata e segreta della memoria o dell’inconscio.
A che punto della tua ricerca coreografica per “Farde-moi” si inseriscono queste residenze a Rovereto? Il lavoro-progetto-percorso ha superato i 40 minuti e ha trovato, credo e spero, una sua prima espressione onesta e sincera secondo le intuizioni ricevute. Abbiamo imbastito l’impianto coreografico, bilanciandone ritmi e scene madri: adesso bisognerà diluire il tutto con riflessione e un’attenta analisi per raggiungere la durata esatta.
Attraverso il linguaggio della danza indagate nell’umano, ricercando nella memoria, nel gioco e nel turbamento delle sue dipendenze. Oggi l’indagine si sposta sull’identità e rispetto ai precedenti lavori dove il solo, il duo o il trio hanno dominato la scena ora vi aprite a un gruppo. Che cosa comporta questo ulteriore slittamento nella vostra ricerca? Aprirsi ad un gruppo più numeroso è stata un’esigenza fortissima, legata al bisogno sincero di condivisione e trasmissione del gesto coreografico, per superare i limiti compositivi che possono avere un duetto o un trio e confrontarsi con una spazialità più dinamica e densa. Per noi indagare sull’identità e sulla personalità significa, d’altronde, approfondire temi nostalgici ed umoristici che affondano le loro radici nel terreno della memoria e che sono comunque governati dalle regole di un gioco che è in sé l’atto creativo e compositivo. Per cui non credo si possa parlare di uno spostamento del campo di indagine, ma piuttosto di un suo approfondimento.
Cosa ti porti a casa dopo questi giorni di lavoro? Prima di ogni cosa porto un’esperienza di vita e un bagaglio pieno di scoperte e sensazioni. Aprirsi al gruppo ha significato aprirsi a nuovi rapporti, a incontri non soltanto lavorativi. Adesso sto ancora digerendo tutte le informazioni e gli stimoli ricevuti dai primi due attraversamenti di residenza artistica, ma sono grato e profondamente felice.
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Intervista a Chiara Bersani #GentleUnicorn

[ph. Roberta Segata courtesy Centrale Fies]
Mi parli del tuo nuovo progetto artistico Gentle Unicorn? Cosa faresti se domani mattina, davanti alla porta di casa, trovassi un Unicorno? Questa domanda è stata la partenza del lavoro nonché la riflessione che lo sta accompagnando durante tutto il percorso creativo. È una domanda rivolta a me prima che alle altre persone. È stato chiaro fin da subito che il mio interesse non era nel cercare una risposta ma nell'esplorare la dimensione di sospensione che porta con se. Il piano temporale in cui si muove la ricerca è quello compreso tra il momento in cui vediamo qualcosa di sconosciuto e il momento in cui assumiamo una posizione nei suoi confronti. Questo è il tempo in cui desidero agire e il dubbio che lo muove è il sentimento che tento di esplorare.
Qual è l’immaginario che sta nutrendo questo nuovo lavoro? È molto difficile identificare un immaginario preciso che in questo momento stia nutrendo il mio lavoro. Da quando ho aperto la ricerca per la creazione di Gentle Unicorn tutto quello che è accaduto nella mia vita è entrato a far parte della creazione. Mi riferisco a libri, film, mostre, viaggi ma anche ad incontri o semplici conversazioni tra amici. Se questa “apertura” c’è stata anche nei lavori precedenti, sicuramente per Gentle Unicornha toccato apici particolarmente forti. In fondo è nella natura stessa di questo progetto essere fortemente connesso al mio quotidiano: non si può pensare di costruire un’identità in modo artificiale. Bisogna tenerla legata ad altre identità e renderla autonoma piano piano. Renderla indipendente in modo graduale.
A che punto della tua ricerca coreografica per Gentle Unicornsi inserisce questa residenza al Teatro Comunale di Teramo? Quando sono arrivata a Teramo il lavoro era più o meno a metà: erano stati identificati alcuni punti cardinali dell’identità dell’unicorno e con loro era stato trovato un percorso, una storia. Questo mi ha permesso di arrivare a Teramo con alcune domande precise che sono diventate linee guida dell’intera residenza. Alcune riguardavano l’illuminazione: in quale ambiente si muove l’unicorno? Appartiene alla luce o alla penombra? Altre domande invece riguardavano le frasi con cui raccontare la storia. E poi c’è una domanda che mi segue in tutto il percorso di ricerca: Cosa succede a chi vede l’unicorno? Quella di Teramo è stata la terza residenza che abbiamo scelto di concludere con uno sharing in cui testare i punti che ci sembrava di avere identificato. Se nella residenza di Bassano del Grappa presso il CSC – Centro per la Scena Contemporanea abbiamo mostrato una prima forma anatomica dell’Unicorno, in quella di Roma presso Carrozzerie NoT abbiamo sperimentato una camminata, in quella presso il Teatro Comunale di Teramo abbiamo condiviso un ambiente e la possibilità di viverlo.
La tua indagine sul concetto di corpo politico ti porta in questo nuovo lavoro a essere autrice e performer sola in scena per la prima volta. Che cosa comporta questo ulteriore slittamento nella tua ricerca in riferimento anche alla figura “mitologica” con cui andrai a confrontarti sulla scena? Questo è un momento di passaggio molto importante nel mio percorso autoriale e performativo. La riflessione sul corpo politico è nata dal mio corpo ma fino ad ora è stata esplorata in condivisione con altri corpi. È stato un percorso bellissimo che mi ha portata ad affrontare questa mia prima esperienza di solitudine per ricondurre la ricerca là dove è nata. Si tratta anche del momento in cui si affrontano le proprie paure sia squisitamente tecniche sia umane. Ovviamente essere sola sulla scena non significa esserlo in tutto il percorso. Quando parlo della creazione di questa piccola opera parlo sempre al plurale perché accanto a me si sono alternate e si alternano tutt’ora artisti, amici, collaboratori che mi accompagneranno fino al debutto.
Cosa ti porti a casa dopo questi giorni in residenza? Dalla residenza abruzzese porto a casa un paio di immagini di cui sono convinta e che desidero approfondire, una mappatura piuttosto chiara dei livelli coreografici di questo lavoro e una prima intuizione di ambiente che mi emoziona molto. Porto anche a casa un'importante dubbio legato al pubblico e all'immagine che desidero consegnargli. La residenza di Teramo mi ha permesso di arrivare alle ultime due residenze (Barcellona presso Graner e Santarcangelo) con una grande chiarezza rispetto a quelli che sono i nodi da sciogliere e con un piano di lavoro piuttosto chiaro.
#residenze 2018#residenza creativa#residanceXL2018#Network Anticorpi XL#ACS – Abruzzo Circuito Spettacolo#Santarcangelo festival#teatro dimora l'arboreto#chiara bersani#gentle unicorn#intervista#conversazione
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Waiting for #ResiDanceXL2018
Gli autori sostenuti saranno:
Silvia Gribaudi Daniele Albanese Enzo Cosimi Marco D’Agostin Francesco Colaleo_CIE MF Olimpia Fortuni Chiara Bersani
I partner della rete Anticorpi XL che hanno aderito all'azione nel 2018:
ACS - Abruzzo Circuito Spettacolo (Abruzzo) AMAT - Associazione Marchigiana Attività Teatrali (Marche) Armunia (Toscana) Artedanzae20 (Lombardia) Arteven - circuito multidisciplinare regionale del Veneto (Veneto) Capotrave – Kilowatt (Toscana) Oriente Occidente – incontri internazionali di Rovereto (Trentino Alto Adige) C.L.A.P.Spettacolodalvivo - Circuito Lombardia Arti Pluridisciplinari (Lombardia) CSC - Centro per la Scena Contemporanea/Operaestate Festival del Comune di Bassano del Grappa (Veneto) Fondazione Piemonte dal Vivo - circuito regionale dello spettacolo (Piemonte) Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza (Veneto) L'arboreto – Teatro Dimora di Mondaino (Emilia – Romagna) Santarcangelo dei Teatri (Emilia – Romagna) Teatro Akropolis (Liguria) Teatro Pubblico Pugliese (Puglia)
Ulteriori aggiornamenti al sito della rete Anticorpi
#residancexl#Network Anticorpi XL#waitingfor#residenze creative#residanceXL2018#Danza Contemporanea#danzacontemporanea#coreografia
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ORESTEA (PRIMO STUDIO) E I LOVE MY SISTER #Enzo Cosimi
ORESTEA - AGAMENNONE (primo studio)
da Orestea di Eschilo regia, coreografia, scene e costumi Enzo Cosimi interpreti Alice Raffaelli, Giulio Santolini, Matteo De Blasio video Stefano Galanti

[ph. Daniela Zedda]
Cosimi, dopo aver portato a compimento la trilogia sulle passioni dell’anima, di cui fanno parte Fear Party, Estasi e Thanks for Hurting Me, comincia ad esplorare un nuovo territorio delle passioni, legate al mito dell’eroe. Il punto di partenza è l'Orestea, una trilogia composta da tre tragedie distinte ovvero Agamennone, Le Coefore, Le Eumenidi composte da Eschilo nel 458 a.C. Come nell’Orestea, tre saranno gli spettacoli di Cosimi, di cui l’Agamennone costituisce la prima indagine. Enzo Cosimi, si avvicina all’Orestea, interessato alla tematica dell’Eroe. Questo è un tema caro al lavoro di Cosimi e della sua compagnia, su cui già nei primi anni ’90 ha lavorato, producendo alcuni dei suoi spettacoli più fortunati: Il pericolo della felicità, Vittoria sul Sole, Prologo delle tre femmine. Ad esso si aggiunge la Pentesilea, prodotta in occasione degli eventi per Copenhagen Capitale Europea della Cultura, nel 1996. Attraverso questi suoi lavori, ha indagato il senso più profondo del tragico, per compiere una ricerca sulla natura del gesto eroico. Le collaborazioni artistiche per questi lavori sono state estremamente importanti, tra cui Luigi Veronesi, Miuccia Prada e Daniela Dal Cin. Al tema, che continua ad affascinarlo, torna ora con uno sguardo completamente diverso. Negli anni lo stesso significato del concetto di eroe è profondamente cambiato e il tentativo è quello di raggiungere l’essenza della tragedia. L’eroe è solo, privo di pari perché impareggiabile. Solo sconfinando, entrando in un territorio straniero, egli può incontrare un nemico in grado di uguagliarlo. Il suo stato di eroe è sostenuto proprio dall’esistenza di questo suo uguale e contrario, questo doppio speculare, che fa dell’eroe una figura completa, che ne perfeziona l’esistenza e il destino. Solo quando incontra il suo negativo, infatti, l’eroe può vivere pienamente o morire. L’eroe vive della forza dell’altro. L’originaria natura dell’eroico è doppia anche perché non si esaurisce nel solo gesto, ma ad esso contrappone un’interiorizzazione dell’atto che deve essere psichicamente supportato. Lo spettacolo vede la presenza di due danzatori già da qualche tempo assidui nel lavoro di Cosimi, Alice Raffaelli e Giulio Santolini, per ribadire la necessità mai venuta meno di intraprendere un percorso di ricerca e approfondimento del linguaggio coreutico che sia condiviso e protratto nel tempo; ad essi si aggiungerà un terzo giovane performer che per la prima volta collabora con la compagnia, Matteo De Blasio. La ricerca di Cosimi porterà a combinare brani classici con sonorità digitali.
I LOVE MY SISTER
ideazione, regia, coreografia Enzo Cosimi video Stefano Galanti performer Egon Botteghi organizzazione Anita Bartolini produzione Compagnia Enzo Cosimi, MiBACT lo spettacolo conclude la trilogia Ode alla Bellezza – tre creazioni sulla diversità
I LOVE MY SISTER vuole indagare quel processo identitario che costituisce oggi un fenomeno sempre più posto all'attenzione della cultura contemporanea, ormai non disposto a rimanere silenzioso. Una tematica ancora per certi versi scabrosa, una ricerca che approda ad un segno spettacolare multidisciplinare nell'intento di svelare, di esplorare, una complessa dimensione che riunisce miti, antichi archetipi sessuali e recenti artifici virtuali che da sempre affascinano l’essere umano. Un’indagine sulla transessualità dei corpi che reinventano il loro abitare lo spazio fisico, urbano e sociale e che pagano lo scotto di un’invisibilità inflitta che relega ai margini le loro storie, a maggior ragione quando queste storie riguardano persone FtoM, ovvero da femminile a maschile.
ODE ALLA BELLEZZA, 3 creazioni sulla diversità, propone una riflessione su figure emarginate nella società contemporanea. La caratteristica è quella di coinvolgere nel lavoro persone appartenenti a delle minoranze o interpreti non professionisti, rendendole protagoniste. Gli allestimenti sono pensati per spazi non prettamente teatrali. Nel 2015, è stata presentata, in co-produzione con Cagliari Capitale Italiana della Cultura, la prima tappa del progetto, LA BELLEZZA TI STUPIRA’ che ha coinvolto venti homeless, in un lavoro creativo sul territorio, in collaborazione con la Caritas cagliaritana. Nel 2016 è stata la volta di CORPUS HOMINIS, sul rapporto tra la vita/esistenza di omosessuali anziani e la contemporaneità. Il percorso è stato facilitato dagli incontri curati dal Cassero di Bologna e dal Circolo Mario Mieli di Roma. Entrambi i lavori sono passati attraverso interviste video o audio che hanno portato una bruciante testimonianza delle scelte di vita delle persone coinvolte.
#compagnia enzo cosimi#enzo cosimi#residenze creative#residenze 2018#danza#I love my sister#orestea#Network Anticorpi XL#teatro dimora l'arboreto#residanceXL2018
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Marco D’Agostin #First Love
Inizia oggi e prosegue fino al 21 settembre presso Villa Rossi Martini, Genova, la residenza creativa a cura di Teatro Akropolis di Marco D’Agostin per First Love (titolo provvisorio)

[ph. Andrea Macchia]
First Love un progetto di e con Marco D’Agostin suono LSKA consulenza scientifica Stefania Belmondo e Tommaso Custodero consulenza drammaturgica Chiara Bersani movement coach Marta Ciappina luci Alessio Guerra foto Andrea Macchia direzione tecnica Paolo Tizianel promozione Marco Villari organizzazione Eleonora Cavallo produzione VAN 2018 coproduzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale / Torinodanza festival e Espace Malraux – scène nationale de Chambéry et de la Savoie, nell’ambito del progetto “Corpo Links Cluster”, sostenuto dal Programma di Cooperazione PC INTERREG V A – Italia-Francia (ALCOTRA 2014-2020) in collaborazione con Centro Olimpico del Fondo di Pragelato progetto realizzato in residenza presso la Lavanderia a Vapore, Centro Regionale per la Danza con il supporto di ResiDance XL – luoghi e progetti di residenza per creazioni coreografiche (azione della Rete Anticorpi XL – Network Giovane Danza D’autore coordinata da L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino)
First love muove dall’assurda esperienza che ho imposto alla mia anatomia, da ex sciatore di fondo convertitosi in danzatore. Come risolvere il rebus di un corpo che è stato per la prima metà dei suoi anni sacrificato alla montagna, e per la seconda metà dedicato alla coreografia? Ho tentato nel tempo di riorganizzare tutto quello quello che attraverso la pratica sportiva sulla neve si è depositato nel corpo: posture, agonismo, preparazione atletica.Ho sempre pensato all’ingresso in scena come al cancelletto di partenza; l’adrenalina messa in circolo è della stessa natura. Eppure, non ho mai trovato un’articolazione organica per questo travaso di esperienza. È ora giunto il tempo di tornare alla montagna, di capire come i cortocircuiti di segni anatomici, di presenza e di intenzione possano essere ricomposti, a un temperatura di 10 gradi centigradi sotto lo zero. Esistono la pista giusta, la neve perfetta, la condizione fisica ideale per uno spettacolo di sci di fondo, o una gara di danza contemporanea? First Love è una performance ispirata alla più celebre gara della campionessa piemontese di sci di fondo Stefania Belmondo, la 15km a tecnica libera delle Olimpiadi di Salt Lake City 2002, che le procurò l’oro al termine di una formidabile rimonta.
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[..] In Avalanche Marco D'Agostin e Teresa Silva si muovono in una landa desolata, entrambi alle prese con un racconto che è già accaduto, con una storia che vive nel suo essere raccontata e lo è nel miscuglio delle lingue: italiano, spagnolo, francese, inglese e portoghese. Avalanche ovvero valanga è un 'rotolare', un movimento morbido e continuo in cui gesto e parola si mischiano, per correre giù a valle, al cuore dell'ultima istanza possibile del vivere e dell'essere. Ad un certo punto i segni verbali di quella storia lasciano il loro valore semantico, la loro consequanzialità narrativa per farsi semplici brandelli di lingue, di idiomi che significano per la loro musicalità. Su questo respiro linguistico Marco D'Agostin costruisce una partitura coreografica di estrema precisione e di raffinato tecnicismo, c'è a tratti una sinergia assoluta fra il suono delle parole pronunciate nei cinque diversi idiomi e il movimento dei due danzatori, dispersi in uno spazio che si costruisce con l'intrecciarsi dei corpi. Marco D'Agostin si conferma un autore pieno di talento e di intelligenza, a tratti un po' cerebrale, ma in grado – quando si lascia andare alla creazione del movimento – di emozionare, rapire lo sguardo dello spettatore, farlo entrare nella grammatica di una danza che non è mai fine a se stessa, ma vive come connubio di pensiero e corpo. Ed è questa tensione continua che fa di Avalanche uno spettacolo non semplice, in cui si entra pian piano, si rischia a tratti di sentirsi respinti, si riceve un pugno e poi una carezza, ma alla fine scatta qualcosa. Questo qualcosa è la capacità del movimento dei due ballerini di farsi racconto, respiro agito di un pensiero che va in cerca di un non finito, di un limite, di un infinito che si palesa nel socchiudere gli occhi, nello scrutare le imperscrutabili pause fra un gesto e l'altro, fra una sillaba e l'altra, un movimento e l'altro. Si esce da Avalanche pieni di domande, consapevoli che qualcosa non funziona, ma che alla fine questo poco importa perché ciò che conta è l'intelligenza con cui D'Agostin pone le domande nel suo essere coreografo di una danza affamata di parole non per dirsi o dire, ma per essere.
Nicola Arrigoni su Sipario.it
*Marco D’Agostin #Avalanche
#residenza creativa#residanceXL2018#avalanche#marco d'agostin#Network Anticorpi XL#danzacontemporanea#residenze 2018
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Nella residenza #Marco d’Agostin
Il video di Roberta Segata per le AUGMENTED RESIDENCY di Centrale Fies. In questa residenza Marco D'Agostin con Teresa Silva.
#residenze creative#residanceXL2018#marco d'agostin#avalanche#Network Anticorpi XL#augmented residency#Centrale Fies
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Nella residenza #Chiara Bersani
Intervista intorno alla residenza per Gentle Unicorn a Centrale Fies.
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