#scusarsi
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#stare male#male#malessere#chiedere#scusa#scusarsi#scuse#frasi#amore#frasi belle#frasi d'amore#ti amo#amore a distanza#love#i love you#frasi tristi#innamorata#insieme#stare insieme#innamorato#innamorati#innamorarsi#sentimenti#amami#amare#amore mio#orgoglio#perdere#perdersi#peso
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“Penso che si capisca di avere accanto la persona giusta quando ci si può chiedere scusa senza parole.”
— B. Stevenson
#pensare#capire#accanto#persona giusta#chiedere#scusarsi#senza parole#frasi tumblr#frasi#frasi e citazioni#Stevenson
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Vorrei un abbraccio da qualcuno che sappia perché ne sento il bisogno. Un abbraccio che sa com'è stato distrutto ciò che sta ricostruendo.
#abbraccio#adfetto#lontananza#solitudine#incomprensibile#difficile#lontana#distante#paira#paura#dolore#tocco#braccia#mani#contatto#scappare#scusarsi#scusa#merito#immeritato#capire#emparia#parlare#sfogarsi#amore#pensieri#lui#lei#vita#morte
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#opinioni di un clown#consapevolezza#responsabilità#cambiamento#vergogna#scusarsi#moda#brutte abitudini#maleducazione#rispetto
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Lei è Lavinia Orefici, la giornalista che ha subito un trattamento indegno e inaccettabile da parte dell’ex Premier Romano Prodi.
Ha fatto il suo lavoro con garbo e professionalità, ponendo una semplice domanda. In cambio, ha ricevuto arroganza e maleducazione, un atteggiamento che non può e non deve essere giustificato. Ma c’è di peggio: qualcuno ha persino giustificato quel comportamento, perché, evidentemente, se una giornalista lavora per una trasmissione non gradita alla sinistra, può essere trattata così, senza scandalo né indignazione.
Lavinia Orefici merita solidarietà e sostegno da tutti. E se certa stampa e la politica di sinistra restano in silenzio, ci pensiamo noi a farle sentire che non è sola.
Potrebbe, per scusarsi, regalarle un profumo...ovviamente lo chiederebbe a Fassino
Ho visto anche io la clip di Prodi che litiga con la giornalista che gli chiede del manifesto di Ventotene e onestamente ci sono rimasta davvero molto male, nel senso che vista l’età che ha, arrabbiarsi così mi è sembrato��. vabbè poche palle io speravo di vederlo portarsi una mano al torace per un’arresto cardiaco live e invece.

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comuni cittadini italiani hanno iniziato a scrivere di scusarsi con i russi per queste parole indegne .
Abbiamo ancora italiani intellettualmente onesti
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#uomo#ammettere#sbagliato#sbagliare#scusa#scusarsi#piangere#pianto#vergogna#vergognati#amare#donna#difetti#pregi#vita#proteggere#riflettere#cammino#giudicare#apparenze#imparare#anima#persone#paura#sentimenti#sentimento#esprimere#saggezza#forza#problemi
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Ho imparato a misurare le persone in base alla capacità di dire tre cose:
“Scusa”.
“Ho sbagliato”.
“Ti voglio bene”.
— Ivan Morandi
#imparare#misurare#persone#capacità#dire#parlare#scusa#scusarsi#sbagliare#riconoscere#ti voglio bene#frasi tumblr#frasi#frasi e citazioni#Ivan Morandi
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oggi un negozio mi ha chiamato e solo perché non sapevo fare una cosa mi ha offesa pesantemente per 10 minuti nonostante il problema glielo avessi risolto. sono stanca di essere sempre quella che in queste situazioni fa quella che resta in silenzio mentre la controparte mi offende. vorrei essere come la mia collega che ha la cazzimma (e anche la faccia come il culo) che risponde sempre e comunque e non si fa mettere i piedi in testa da nessuno. e invece no, io sono sempre quella che resta zitta e chiede scusa anche quando non ha fatto niente e non c'è motivo per scusarsi.
io ve lo giuro che quando mi succedono questi episodi nella mia testa diventa tutto buio come se il cervello non comunicasse più, tipo televisione con le bande colorate e mi parte un raptus di rabbia che non sfogo... quindi la mia prima reazione impulsiva sarebbe: andare a dare fuoco al negozio con dentro suddetto tizio.
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politici e, soprattutto, giornalisti dovrebbero solo scusarsi con imane khelif, non mi stavo proprio interessando sinceramente alle olimpiadi ma dopo i giorni scorsi ho preso a cuore questa cosa e sto tifando per la pugile algerina più di quanto abbia tifato in generale per italiani e le sue lacrime dopo la vittoria di oggi sono state davvero toccanti, non posso e non oso immaginare cosa voglia dire per una donna (ma anche per qualsiasi essere umano) essere etichettata come un mostro, o qualsiasi altro epiteto utilizzato, su centinaia di giornali, siti, persino da figure politiche, semplicemente perché ha una condizione genetica con cui ha già dovuto fare i conti per tutta la sua vita
la razza umana è la peggiore razza che sia mai esistita sulla terra
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Se quella sera non avessi capito quanto la desiderassi

Eravamo a cena nel ristorante sotto casa. Ho visto come lui la guardava. M'è salita un'improvvisa vampata alla testa: un vero fuoco di gelosia. Ma la cosa comica è che non ero gelosa di mio marito! Si, perché lui infatti stava divorando con gli occhi Ornella, la nostra nuovissima e giovane vicina di pianerottolo, che era nello stesso locale a mangiare la pizza col fidanzato. Scherzando, ridendo e accarezzandosi teneramente. Si fissavano spesso negli occhi. Tornati a casa, avrebbero di sicuro scopato. Fossi stata in lui, le avrei rotto immediatamente quel bel culo tondo e sodo.

Dio, come mi piaceva! Io infatti m'ero scoperta inspiegabilmente e segretamente cotta di lei da subito, dalla prima volta che l'ho incrociata per le scale, con scatole in mano e camiciona sporchissima semi-aperta, che lasciava intravedere i suoi seni acerbi. Un rapido scambio di sorrisi e il suo mix di sudore e profumo m'aveva fatto grippare il cervello. Cosa che non avrei mai immaginato potesse accadere in mille anni. Forse però non avrei mai osato passare la linea, il limite. Se quella sera non avessi capito quanto la desiderassi. Perciò, tornati a casa, a mio marito coglione feci una cazzo di scenata di gelosia, più che altro per togliergliela dalla testa.

Poi scopammo a lungo, in modo davvero animalesco. E quindi il pomeriggio seguente avvenne tutto. Io ero a casa: insegno, quindi alle due rientro. Lui era ancora al suo studio di avvocato, giù in centro città. Suonai al campanello, per offrirle un dolce di benvenuto. Lei mi fece entrare. L'appartamentino però era zeppo di scatoloni e ancora completamente sottosopra. Si scusò, per questo. Allora la invitai a casa mia, dove saremmo state certamente più comode. Le preparai il tè con due fette di ciambellone e cioccolatini. Volevo conquistarla. Seppi che il fidanzato viene dalla Puglia a trovarla un paio di volte al mese, nel weekend.

Poi pian piano la feci bere molto: le offrii dello cherry buonissimo in dosi massicce. Entrammo quindi anche in intima confidenza. Sul divano, parlando le sfiorai più volte le gote, le ravviai i capelli e le poggiai le mani un po' ovunque senza apparente malizia. Le feci molti complimenti. Gradiva. Arrossiva. Ma le piaceva. D'improvviso la baciai. Per questo, presi un ceffone rapido e forte che mi fece fare una smorfia di dolore. Ero viola dalla vergogna. Dovevo essere veramente impazzita. Lo capii in un secondo. Abbassai la testa. Ero imbarazzata e restai immobile. Lei allora, per scusarsi mi prese il viso tra le mani e mi baciò le guance.

Era rassicurante ma imbarazzata anche lei e non sapeva come comportarsi. Mi risolsi e di scatto la baciai in bocca. Tenendole la nuca, mentre contemporaneamente le sbottonavo la zip dei jeans. Schiuse le labbra e fece entrare la mia lingua. Le infilai subito la mano negli slip. Mi guardò cercando rassicurazione su ciò che stavamo facendo. Emise un grido soffocato. Però allargò le gambe. Le misi il medio nella vagina ora bagnatissima. Mi disse, rilassata, a occhi socchiusi: "ma che fai? Non l'ho mai fatto, con una donna. E poi vorrei sposarmi, l'anno prossimo." La rassicurai: non avrei mai lasciato mio marito, né rovinato i suoi progetti di giovane donna e futura moglie-madre. Volevo solo scoparla e leccarle la passera, il seno e il culo. Perché ero pazza di lei.

E glielo confessai. Si fece rossissima e bollente in viso, ma era evidentemente compiaciuta. Mi si spogliò davanti nuda. Era uno spettacolo di ragazza: bella e attraente, in rigoglio come può esserlo una donna di ventisette anni che si cura con yoga e palestra. Ma poi, rapida si rivestì e mi disse che forse sarebbe stato più intimo e sicuro andare a scopare nella sua camera. Devo dire che, pur essendo stata la prima volta lesbica per entrambe, ci siamo divorate come due vecchie ed esperte puttane. La amo profondamente.

E a tutt'oggi, quasi ogni pomeriggio me la lecco tutta ovunque e godo dell'expertise della sua bocca da vera troia di lungo corso. Infatti, amo in particolare i suoi splendidi lavoretti orali: ha una lingua da lucertola, in proporzione! Un quasi cazzo che mi entra facilmente nella vagina a cercarsi il clitoride! Quando lo raggiunge e me lo stimola, vado fuori di testa. La imploro di ficcarmi un dito in culo, quando sto per venire. Potrebbe ottenere qualsiasi cosa, da me. La mia giovane zoccoletta vicina di casa!
RDA
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Si siede accanto a me dentro un pullman buio che sfreccia. La saluto da sempre, ma forse non so dove abita,so o credo di sapere, ma non importa, tanto non ho voglia di parlare,ma a lei non interessa..... e intanto si siede accanto a me.
Qualcosa da due giorni mi stona dentro, ho pensieri che non so dire ,c'è un messaggio nell'aria che non sa come arrivarmi e questa donna ora si siede e non vorrebbe, ma dice che ha bisogno di dire.
Comincia il suo racconto, noto nel semi buio un brillante incastonato nella sua occhiaia destra e non scende,resta immobile per tutto il racconto.
Le sue parole sono una rondine ferita che torna a casa,quando nelle stanze camminava l'albero per le flebo,quando i figli crescevano con le lacrime fra i denti per non bagnare il letto della madre,quando l'ultimo respiro di questa si è rintanato nell'abbraccio del figlio.
Mentre ascoltavo pensavo alla sostanza del tempo,a quanto quelle persone nei loro anni di dolore fossero lì con noi,fra le mie mani ,assieme alla fede del matrimonio di una nonnina che ho assistito 15 anni fa ,al suo nome inciso all'interno, Virginia,al fatto che da pochi giorni per una concomitanza di cose,ho avuto la necessità di portare,ho pensato al film che il giorno prima ho visto per caso,The Hours e mi ha lasciata stranita.
Ascoltavo e guardavo la donna,decisa a dire tutto e poi a scusarsi,come che non fosse stata lei a parlare, ho sentito che c'era dell'altro, non solo noi due dentro un bus che trapassava i tunnels.
Il viaggio stava finendo, lei si è alzata ed io finalmente ho avuto la consapevolezza di qualcosa da rivelare ad entrambe
Il tempo è un'illusione, la morte è un cambiamento di stato ,ma non di sostanza,noi che siamo nella carne siamo insieme a chi lo è stato,chi non è qui,vive con noi nella letizia dei nostri cuori pieni di nostalgia,che le cose belle in vita non passeranno mai,che le anime unite nella gioia e nel dolore sono destinate a cantare l'eternità insieme.
(Angela P.)
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ho appena sentito una persona -da cui mai me lo sarei aspettato nella vita- preparare delle lettere per scusarsi del suo comportamento con una persona per lui importante che rischia seriamente di perdere e gliele consegnerà a prescindere da come vada il chiarimento, solo perché sente di chiederle scusa.
Il mio cuoricino si è fatto piccolo piccolo, perché è una cosa così rara da vedere, un gesto che non ho mai ricevuto ma che vorrei così tanto ricevere.
Tutto questo per dire, non abbiate paura di chiedere scusa alle persone che amate e non abbiate paura di farlo in un modo "sdolcinato" se lo sentite. Fatelo solo perché è la cosa giusta e perché alcune scuse possono ricucire certe ferite, le vostre e quelle dell'altro.
*prenderefiato*
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Mi emozionano
le cose piccole
quelle che hanno pudore
di esistere
e che restano un passo indietro
quasi per scusarsi
di essere così belle
senza farsene accorgere
mi emozionano
i dettagli in punta di piedi
i miracoli timidi
le carezze invisibili
le distrazioni
che fanno cadere
tutti i muri degli occhi
mi emozionano
gli sguardi che inciampano
su cose nascoste
le gentilezze senza pubblico
gli abbracci dati sottovoce
i silenzi che si siedono accanto
senza invadere
mi emozionano
le storie che nessuno racconta
perché sono brevi
perché non gridano
ma sussurrano
fortissimo
mi emozionano
i respiri di chi
si trattiene per pudore
le parole cancellate
prima che escano
per paura che siano troppo vere
mi emozionano
le persone
che si emozionano
di nascosto
e poi fingono
che sia entrata
polvere negli occhi
mi emozionano
le vite
che passano leggere
accanto alle nostre
senza chiedere
senza disturbare
senza spiegare
mi emozionano
quelle cose
che per notarle
devi avere gli occhi
appoggiati al cuore
e il cuore
pronto a meravigliarsi
ancora
di tutto ciò che gli altri
chiamano
niente.

Andrew Faber
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Il postino dei messaggi in bottiglia viveva solo in cima ad un’altura con un albero soltanto a fargli ombra. Tutto il tempo teneva gli occhi fissi sulle onde, in cerca di un luccichio di vetro». Quello del postino è un lavoro che conduce nell’intimità delle persone, bisogna saperlo fare con discrezione e rispetto: si entra nelle vite degli altri ed è necessario farlo in punta di piedi, a maggior ragione se il messaggio è contenuto in una delicata bottiglia di vetro. Grazie ad un retino il postino raccoglie messaggi che sembrano venirgli incontro e poi parte, affinché ogni parola giunga a destinazione. Perché, sapete, chi manda un messaggio in bottiglia spesso sa che il destinatario è molto lontano: «A volte doveva viaggiare finché la bussola non arrugginiva e la solitudine diventava tagliente come una squama di pesce». Ma la fatica è tutta ripagata perché i messaggi che consegnava («il più delle volte») «rendevano le persone piuttosto felici». Che raro e meraviglioso lavoro il suo!
Quotidianamente assisteva a piccole schegge di luminosa felicità: era lui a portarle nella sua tracolla, lui le aveva delicatamente raccolte tra i flutti, lui le affidava gratuitamente a colui al quale erano destinate.
Sarà stato forse contagiato da quelle schegge, perché «tutte le volte che apriva una bottiglia, sperava di vedere il proprio nome campeggiare in cima al foglio», ma puzzava di pesce lui, di sali, «di sogni di marinaio». «Nessuno gli avrebbe mai scritto un messaggio. Però gli sarebbe piaciuto». Finché un giorno nel retino rimane impigliata una bottiglia un con messaggio, ma senza destinatario: «Questo invito potrebbe non arrivare in tempo, ma sto organizzando una festa. Domani alla marea della sera in riva al mare. Per piacere, verrai?».Il postino percorre in lungo e in largo la sua città, interroga i destinatari abituali delle missive, tutti esprimono rammarico e stupore di fronte una lettera così compita, ma nessuno riconosce il mittente. Il postino è addolorato: è la prima volta che non riesce a svolgere il suo lavoro e forse gli pare di aver sbriciolato quella scheggia di felicità che qualcuno gli aveva affidato. Così la sera dopo, stringendo tra i guanti rossi una manciata di conchiglie, si presenta all’invito, per scusarsi. E quando arriva «Eccoti!». L’abbraccio degli amici a cui il postino tante volte aveva regalato la felicità sono tutti lì: erano loro i mittenti della lettera? Hanno solo colto l’occasione? Non lo sappiamo. Sappiamo però che la felicità è contagiosa e non si può fare a meno di chiedere che riaccada:«alla fine quando sorsero le prime stelle e poi la luna, il postino raccolse la bottiglia che non era riuscito a consegnare. “Forse” si disse con la bocca piena di torta, “sì, forse riproverò a consegnarla domani”
Michelle Cuevas
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tornano TUTTI. specialmente chi sa di averti fatto del male.
È successo tutto all’improvviso. Dopo un anno esatto di silenzio, di distanza, di vuoti riempiti con forza, con lacrime, con fatica e determinazione… lui si è rifatto vivo.
Un messaggio, come se niente fosse. Come se il tempo non avesse scavato dentro di me, come se la sofferenza non mi avesse trasformata.
Mi ha scritto per “chiarire”, per “scusarsi” (quando mai un narcisista lo fa veramente?), o almeno così sembrava dalla prima frase. Ma le sue parole non erano scuse. Erano l’ennesimo tentativo di riscrivere la narrazione a modo suo. Sembravano più che altro delle giustificazioni dei suoi comportamenti manipolatori.
Ancora una volta, si è posizionato al di sopra, come se sapesse cosa è giusto, come se potesse ancora spiegarmi chi sono, cosa ho sbagliato, cosa dovrei imparare.
E lì, ho capito.
Il ciclo karmico si era finalmente compiuto.
Quello che io avevo attraversato con dolore, lui lo stava solo iniziando a comprendere. Forse.
Io avevo già fatto il mio lavoro interiore: avevo attraversato ogni buio, mi ero guardata negli occhi nei giorni peggiori, avevo smesso di aspettare che qualcuno mi salvasse, perché avevo imparato a salvarmi da sola.
Non cercavo più la sua approvazione, né le sue spiegazioni. Avevo già chiuso quella porta dentro di me, e quando ho letto quel messaggio, non ho sentito più nulla. Solo la conferma che avevo ragione ad andare via.
Il vero errore è stato restare accanto a qualcuno che non era in grado di amare allo stesso modo.
E così ho risposto.
Non con dolcezza. Non con pazienza. Non con il cuore in mano come una volta.
Ma con tutta la forza che ho conquistato nell’ultimo anno.
Crudo? Forse. Ma liberatorio. Autentico. Mio.
Perché le chiusure non sono sempre poetiche. La vita vera non è come nei film.A volte servono spine, serve fuoco, serve rompere il cerchio con una scossa, non con una carezza.
Quel messaggio non era per lui.
Era per me.
Per la me che si era sentita persa, colpevole, sbagliata.
Per la me che piangeva la notte chiedendosi “cosa ho fatto di male?”.
Per la me che aveva avuto paura di restare sola, di ricominciare, di non essere mai più abbastanza.
Quella me ora non c’è più.
Sono cambiata, sono cresciuta, sono rinata.
E se la vita mi ha messa davanti a questo momento, è solo perché dovevo chiudere il cerchio. Ho capito che da una persona con problemi di personalità non avrò mai delle risposte, ma solo caos.
E ora so che non tornerà più. E anche se lo facesse, non troverebbe più nessuno ad aspettarlo.

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