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Chronicles from the falling. words & thoughts about italian and international politics. © Gian Luca Visconti * Est. in [email protected] copyrights belong to Respective owners. No copyright infringement intended.
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timber-42 · 4 days ago
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La vicenda del gruppo "Mia moglie", dal matriarcato alle mistificazioni - l'interferenza
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timber-42 · 5 days ago
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timber-42 · 5 days ago
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timber-42 · 5 days ago
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timber-42 · 5 days ago
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ANTISEMITISMO: REALTÀ O PRETESTO?
(tre quarti degli israeliani vogliono la deportazione da Gaza dei Palestinesi)
L'antisemitismo è un fenomeno complesso e secolare, un'ostilità, un pregiudizio o una discriminazione contro gli ebrei come gruppo religioso, etnico o razziale.
Va distinto dall'antigiudaismo, che era un'ostilità di natura principalmente religiosa verso gli ebrei in quanto non convertiti al cristianesimo. Infatti, alcune culture (Ellenista ed Egiziana) vedevano gli ebrei come un gruppo "diverso" per la loro rigida osservanza religiosa (monoteismo, riposo di sabato, regole alimentari) che li isolava dal resto della società. Mentre i Romani, che generalmente tolleravano le religioni altrui, entrarono in conflitto con gli ebrei per il loro rifiuto di venerare l'imperatore come una divinità, atto considerato un segno di slealtà. Questo portò alla distruzione del Secondo Tempio di Gerusalemme (70 d.C.) e alla successiva diaspora.
Successivamente la frattura divenne più profonda e teologica perché gli ebrei furono accusati collettivamente di deicidio, cioè dell'uccisione di Gesù Cristo (nonostante il processo e l'esecuzione fossero opera dei Romani). Figure ecclesiastiche come San Giovanni Crisostomo tennero omelie estremamente violente contro gli ebrei, definendoli "assassini di Cristo". Questo creò un potente stereotipo che si radicò nella cultura europea per secoli.
Nel Medioevo l'antigiudaismo religioso si tradusse in persecuzioni concrete a causa di accuse infondate come quella di uccidere bambini cristiani per usarne il sangue nei rituali e quella di profanazione dell'ostia.
Per questo agli ebrei, a cui spesso era vietato possedere terre o esercitare i mestieri delle corporazioni, rimase precluso tutto tranne il prestito di denaro (proibito ai cristiani dal peccato di usura). Questo creò lo stereotipo dell'ebreo avido e usuraio, che sfruttava i cristiani.
In quei secoli furono costretti a vivere in quartieri separati (i ghetti) e divennero capri espiatori per ogni calamità, come la Peste Nera (1348), che furono ingiustamente accusati di aver causato avvelenando i pozzi, e cacciati ripetutamente da vari Regni: Inghilterra (1290), Francia (1394), Spagna (1492).
Con l'Illuminismo e l'emancipazione degli ebrei (che ottennero pari diritti in molti paesi), l'odio cambiò forma. Non era più solo religioso, ma anche razziale e nazionalista.
Si diffuse l'idea pseudo-scientifica che gli ebrei non fossero solo un gruppo religioso, ma una "razza" inferiore e pericolosa, nemica della "razza ariana".
In quell’epoca di forti sentimenti nazionalisti, gli ebrei furono dipinti come un elemento estraneo, senza patria, che complottava per minare le nazioni dall'interno.
Due questioni specifiche possono essere portate ad esempio:
· un falso documentale (i Protocolli dei Savi di Sion - 1903) creato dalla polizia segreta zarista che descrive un presunto complotto ebraico per il dominio mondiale. Nonostante fosse stato smascherato come falso già negli anni '20, rimane ancora oggi uno dei testi più diffusi tra gli antisemiti;
· il caso di un ufficiale ebreo (l'Affare Dreyfus 1894-1906 in Francia) ingiustamente accusato di tradimento che scatenò un'ondata di odio antisemita in tutto il Paese, dimostrando che il pregiudizio era vivo anche nelle nazioni più "illuminate".
L'antisemitismo raggiunse il suo orrendo apice con il Nazismo (Leggi di Norimberga 1935; Notte dei Cristalli 1938). Hitler e il suo regime fecero dello sterminio sistematico degli ebrei d'Europa un obiettivo di Stato, basandosi su tutte le teorie antisemite precedenti e portandole alla loro logica conclusione (Soluzione Finale 1941-45).
Dopo la Shoah, l'antisemitismo aperto divenne socialmente inaccettabile in Occidente, ma non scomparve mai, assumendo nuove forme (negazionismo della Shoah, antisemitismo mascherato da antisionismo, antisemitismo radicale islamista).
Una volta stabilito che l'antisemitismo non è nato con il Nazismo, ma ha radici profondissime, occorre disgiungerlo nettamente dall'antisionismo, posizione politica, ma non religiosa o razzista, che depreca e combatte unicamente il falso diritto di Israele di occupare le terre palestinesi costituendo uno Stato, con modalità violente che perdurano da 80 anni.
Di questo ho già parlato innumerevoli volte, giungendo a stabilire che il nuovo Ordine Mondiale costituito dopo la Seconda Guerra Mondiale dalla Società delle Nazioni aveva stabilito di “risarcire” in qualche modo gli ebrei per la Shoah patita, favorendo la nascita di un nuovo Stato confessionale che non esisteva prima, senza riguardo al popolo Palestinese che occupava di diritto quei territori da tempo immemorabile. Infatti, Israele non ha alcuna identità nazionale ma è un'accozzaglia di popoli e lingue di religione ebraica risultato della diaspora di biblica memoria. Del resto un errore simile fu fatto anche nella creazione della Liberia, Stato nato per ospitare gli ex schiavi afroamericani che avessero voluto tornare (quando la loro forza-lavoro non era più necessaria nelle piantagioni di cotone).
Ora, tutti sappiamo che a Gaza (e in Cisgiordania) è in corso un genocidio e di questo diamo la colpa a Netanyahu e alla Destra estremista di Smotrich e Ben Givr. Tuttavia, questi personaggi, se governano, bene o male è perché rappresentano la maggioranza nella Knesset del popolo israeliano.
UN SONDAGGIO INFATTI RIPORTA CHE IL 75% DELLA POPOLAZIONE ISRAELIANA VUOLE CHE I PALESTINESI SIANO DEPORTATI DA GAZA.
Allora, quello che succede è colpa SOLO del Governo e in particolare di Netanyahu?
La liberazione degli ostaggi è un motivo sufficiente per continuare con questo democidio o vi sono ragioni storiche che supportano la rivalsa degli ebrei contro il Mondo intero?
Le accuse di antisemitismo a chi si oppone sono fondate o servono solo a confondere le acque?
Ognuno provi a rispondere a queste domande, io l'ho già fatto.
Flores Komodo
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timber-42 · 16 days ago
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timber-42 · 16 days ago
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timber-42 · 17 days ago
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Competition destroys collective intelligence | Liv Boeree
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timber-42 · 18 days ago
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I 5 frame del vertice in Alaska: cosa hanno (veramente) comunicato Putin e Trump - Neuropolitica - L'Antidiplomatico
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timber-42 · 26 days ago
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Della banale efficacia del male.
1. Principio della semplificazione e del nemico unico.
E’ necessario adottare una sola idea, un unico simbolo. E, soprattutto, identificare l’avversario in un nemico, nell’unico responsabile di tutti i mali.
2. Principio del metodo del contagio.
Riunire diversi avversari in una sola categoria o in un solo individuo.
3. Principio della trasposizione.
Caricare sull’avversario i propri errori e difetti, rispondendo all’attacco con l’attacco. Se non puoi negare le cattive notizie, inventane di nuove per distrarre.
4. Principio dell’esagerazione e del travisamento.
Trasformare qualunque aneddoto, per piccolo che sia, in minaccia grave.
5. Principio della volgarizzazione.
Tutta la propaganda deve essere popolare, adattando il suo livello al meno intelligente degli individui ai quali va diretta. Quanto più è grande la massa da convincere, più piccolo deve essere lo sforzo mentale da realizzare. La capacità ricettiva delle masse è limitata e la loro comprensione media scarsa, così come la loro memoria.
6. Principio di orchestrazione.
La propaganda deve limitarsi a un piccolo numero di idee e ripeterle instancabilmente, presentarle sempre sotto diverse prospettive, ma convergendo sempre sullo stesso concetto, dubbi o incertezze. Da qui proviene anche la frase: “Una menzogna ripetuta all’infinito diventa verità”.
7. Principio del continuo rinnovamento.
Occorre emettere costantemente informazioni e argomenti nuovi (anche non strettamente pertinenti) a un tale ritmo che, quando l’avversario risponda, il pubblico sia già interessato ad altre cose. Le risposte dell’avversario non devono mai avere la possibilità di fermare il livello crescente delle accuse.
8. Principio della verosimiglianza.
Costruire argomenti fittizi a partire da fonti diverse, attraverso i cosiddetti palloni sonda, o attraverso informazioni frammentarie.
9. Principio del silenziamento.
Passare sotto silenzio le domande sulle quali non ci sono argomenti e dissimulare le notizie che favoriscono l’avversario.
10. Principio della trasfusione.
Come regola generale, la propaganda opera sempre a partire da un substrato precedente, si tratti di una mitologia nazionale o un complesso di odi e pregiudizi tradizionali. Si tratta di diffondere argomenti che possano mettere le radici in atteggiamenti primitivi.
11. Principio dell’unanimità.
Portare la gente a credere che le opinioni espresse siano condivise da tutti, creando una falsa impressione di unanimità.
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timber-42 · 1 month ago
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CHE IL LAVORO NOBILITA L'UOMO È UN'INVENZIONE DEL PADRONE.
"Non si può chiedere a un corpo stanco e consumato di dedicarsi allo studio, di sentire il fascino dell'arte: poesia, musica, pittura, né meno che abbia occhi per ammirare le infinite bellezze della natura. Un corpo esausto, esausto dal lavoro, esausto dalla fame e dalla tisi non ha voglia di altro che dormire e morire. È un'ironia goffa, una beffa sanguinosa affermare che un uomo, dopo otto o più ore di lavoro manuale, abbia ancora in sé la forza di divertirsi, di godere in forma elevata e spirituale. Possiede solo, dopo il compito schiacciante, la passività dell'abbrutimento perché per questo non ha bisogno di altro che lasciarsi cadere, trascinare. Nonostante i suoi cantori ipocriti, il lavoro nella società attuale non è che una condanna e un'abiezione. "
"I bei canti alle masse attive, laboriose, pressanti: gli inni ai muscoli vigorosi: le alate perorazioni al lavoro che nobilita, che eleva, che ci libera dalle cattive tentazioni e da tutti i vizi non sono altro che pura fantasie di gente che non ha mai preso il martello né il bisturi, di gente che non ha mai piegato il dorso su un'incudine, che non si è mai guadagnata il pane con il sudore della fronte. "
SEVERINO DI GIOVANNI
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timber-42 · 2 months ago
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Per la critica della democrazia politica
La società capitalistica, considerata nelle sue condizioni di sviluppo piú favorevoli, ci offre nella repubblica democratica una democrazia piú o meno completa. Ma questa democrazia è sempre compressa nel ristretto quadro dello sfruttamento capitalistico, e rimane sempre, in fondo, una democrazia per la minoranza, per le sole classi possidenti, per i soli ricchi La libertà, nella società capitalistica, rimane sempre, approssimativamente quella che fu nelle repubbliche dell'antica Grecia: la libertà per i proprietari di schiavi. Gli odierni schiavi salariati, in forza dello sfruttamento capitalistico, sono talmente soffocati dal bisogno e dalla miseria, che «hanno ben altro pel capo che la democrazia», «che la politica», sicché, nel corso ordinano e pacifico degli avvenimenti, la maggioranza della popolazione si trova tagliata fuori dalla vita politica e sociale. Democrazia per un'infima minoranza, democrazia per i ricchi: è questa la democrazia della società capitalistica. Se osserviamo piú da vicino il meccanismo della democrazia capitalistica, dovunque e sempre - sia nei «minuti», nei pretesi minuti particolari della legislazione elettorale (durata di domicilio, esclusione delle donne, ecc.), sia nel funzionamento delle istituzioni rappresentative, sia negli ostacoli che di fatto si frappongono al diritto di riunione (gli edifici pubblici non sono per i «poveri»!), sia nell'organizzazione puramente capitalistica della stampa quotidiana, ecc. vedremo restrizioni su restrizioni al democratismo. Queste restrizioni, eliminazioni, esclusioni, intralci per i poveri, sembrano minuti, soprattutto a coloro che non hanno mai conosciuto il bisogno e non hanno mai avvicinato le classi oppresse né la vita delle masse che le costituiscono (e sono i nove decimi, se non i novantanove centesimi dei pubblicisti e degli uomini politici borghesi), ma, sommate, queste restrizioni escludono i poveri dalla politica e dalla partecipazione attiva alla democrazia. Marx afferrò perfettamente questo tratto essenziale della democrazia capitalistica, quando, nella sua analisi della esperienza della Comune, disse: agli oppressi è permesso di decidere, una volta ogni qualche anno, quale fra i rappresentanti della classe dominante li rappresenterà e li opprimerà in Parlamento!
  Lenin, Stato e Rivoluzione
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timber-42 · 2 months ago
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timber-42 · 2 months ago
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timber-42 · 2 months ago
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SIAMO RIMASTI SENZA PAROLE PER DESCRIVERE IL MONDO
Provvedono con una modesta proposta Mario Del Pero e Federico Romero su "Domani" del 24/6/2025.
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In un processo storico che appare al contempo accelerato ed erratico, è inevitabile interrogarsi sulle categorie da usare per leggere e comprendere quel che sta avvenendo.
Gli storici si affidano a un passato che offre moniti, analogie e presunte lezioni. Lo slittamento autoritario in corso in tanti paesi, così visibile nel caso degli Stati Uniti di Donald Trump, porta talora a invocare il parallelo con il fascismo, fatto anche da importanti suoi studiosi come Robert Paxton o Timothy Snyder.
La crisi della governance globale, del multilateralismo, delle sue norme e delle sue istituzioni pare a sua volta determinare il ritorno a un'epoca di conquiste territoriali, asimmetrie di potenza e uso reiterato della forza che rimanda alle logiche imperiali (e, oggi, occidentaliste) di un'epoca lontana. Inducendo quindi a usare la categoria d'imperialismo per cercare di spiegare una struttura delle relazioni internazionali altamente gerarchizzata, in cui poche grandi potenze per l'appunto "imperiali" controllano e si spartiscono il mondo, attraverso un dominio diretto o indiretto di territori fuori dai propri confini, dispiegando senza remore forza e violenza.
Gli sconcertanti conflitti d'interesse e l'ormai inestricabile sovrapporsi tra pubblico e privato, in cui la diplomazia di uno stato è messa direttamente al servizio dell'arricchimento di un presidente e della sua famiglia, induce ad applicare categorie come cleptocrazia o patrimonialismo, dalle quali sistemi liberali e democratici, con i loro checks and balances, parevano essere almeno in parte immuni.
Sono tutte analogie suggestive e accattivanti. Offrono utili chiavi di lettura. Ma a ben guardare risultano zoppe e parziali: esili e in ultimo insufficienti, come spesso accade quanto invocando un passato lontano si cercano lezioni che, decontestualizzate, mal si attagliano a un presente specifico e distinto. Per leggere il quale è forse più utile affidarsi ad altre categorie interpretative, più capienti e meno determinate, storicamente e intellettualmente.
Se leggiamo e proviamo a spiegare la nuova politica internazionale, è quella – deliberatamente provocatoria ed evocativa - di "gangsterismo" a essere forse la più utile. Il modello è qui quello di un crimine organizzato le cui forme e strutture delineano lo schema, la filosofia e le pratiche di un nuovo tipo di governo della cosa pubblica. Che riprende e combina alcuni aspetti dell'autoritarismo, dell'imperialismo o del patrimonialismo. Ma li declina appunto in forma peculiare e specifica, appoggiandosi a tre pilastri fondamentali.
Il primo è la violenza. Usata come prassi della politica: come strumento con cui minacciare, piegare, punire e se necessario eliminare rivali o nemici. Una violenza, questa, che non viene dissimulata o negata, ma è ostentata e celebrata. Perché la possibilità di dispiegarla definisce le gerarchie di potenza e la capacità quindi di agire sulla politica, interna ed estera. Perché è strumento primario di ricatto e intimidazione, con cui silenziare il dissenso o imporre le proprie posizioni, come ben abbiamo visto negli arresti arbitrari di tanti studenti che hanno manifestato su Gaza. Perché praticata in modo discrezionale e frequente, irrora quella retorica della crudeltà – nella quale qualsiasi empatia umana diventa sinonimo di debolezza - che costituisce una delle cifre distintive nella narrazione e auto-rappresentazione di questo gangsterismo politico.
Il secondo pilastro è quello clientelare, cleptocratico e nepotistico. Anche in questo caso, non si nega o nasconde, ma si mostra ed esibisce. Si presenta come espressione del successo politico l'arricchimento proprio e della propria cerchia permesso dal controllo delle istituzioni e delle leve del potere politico. Lo avevamo visto bene nell'ascesa di Putin e nella prima esperienza presidenziale di Donald Trump. Lo vediamo ancor meglio, in modo eclatante, in questo Trump II, con società d'intermediazione di criptovalute create dal Presidente a ridosso del voto di novembre, speculazioni borsistiche immediatamente successive a decisioni sui dazi, relazioni esterne piegate a questi interessi privatistici (si pensi solo all'ultimo viaggio di Trump nei paesi del Golfo).
Il terzo e ultimo pilastro, infine, è quella della legalità, interna e internazionale. Si smantellano gli organi d'intermediazione e di controllo interno (una delle prime iniziative di Trump è stato l'immediato licenziamento degli ispettori generali di tutti i dipartimenti dell'Esecutivo). Si alterano gli equilibri tra i poteri a vantaggio di quello Esecutivo, sotto il cui controllo si cercano di porre tutte le agenzie indipendenti. Si fa strame di un diritto internazionale, già da tempo indebolito e delegittimato, ma che non si finge nemmeno più di voler rispettare, anzi. Si propongono senza pudori deportazioni collettive e pulizie etniche per far spazio a speculazioni immobiliari, come nel surreale caso della Riviera a Gaza. Si afferma, insomma, la legge del più forte, cinico e spregiudicato, del boss che ostenta il proprio dominio con esibito compiacimento.
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timber-42 · 2 months ago
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timber-42 · 2 months ago
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