Tumgik
#ci ho messo un'ora a convincerlo
intotheclash · 3 years
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"Non più di un'ora dopo eravamo già in vista della casa del Maremmano. Avevamo spinto sui pedali con foga, senza lamentarci e senza troppe parole. Persino quella salita infame ci era sembrata meno infame della volta passata. E Schizzo ci era rimasto sempre a fianco, senza prenderci in giro, anzi, fingendo pure di faticare. Il primo che scorgemmo nel cortile fu Antonio, come si poteva non vederlo. Era a torso nudo e stava armeggiando con un trattore che doveva avere la stessa età di Matusalemme. Certo che era grosso, perdio! Non il trattore. Cioè, anche il trattore era grosso, ma Antonio metteva paura. A ripensarci, credo che anche Sansone in persona ci avrebbe pensato due volte prima di attaccare briga con lui. Appena si accorse di noi, lasciò andare gli attrezzi che stava usando, si pulì le mani sui pantaloni da lavoro e ci illuminò con un sorriso a trentadue denti. Cazzo, pure i denti mi sembrarono giganteschi. “Ma bentornati, amici miei! Sono davvero felice di rivedervi.” E felice lo sembrava davvero. E ci aveva anche chiamato amici! Non vedevo l'ora di tornare in paese e raccontarlo a tutti. Col cazzo che qualcuno avrebbe ancora osato trattarci male o, peggio, malmenarci. Se la sarebbero vista con lui. Se li sarebbe mangiati vivi! Ma quello non era un giorno per le fantasticherie, avevamo un dovere da compiere. Una missione. Tagliai corto ed imboccai la via maestra delle parole: “Ascolta, Antonio, siamo venuti a parlare con…” Mi interruppe prima di aver finito. “Pietro sta giù alla vigna, giovanotti. Deve zappare l'erba sotto a tutti i filari. E noi abbiamo una vigna sterminata. Si è beccato una bella punizione stavolta. Nostro padre ha avuto la mano pesante.” Poi si abbassò sulle ginocchia e si guardò intorno con circospezione esagerata, tanto da strapparci un mezzo sorriso. “Credo che il vecchio voglia fargli pagare anche un po’ delle mie colpe. Cose vecchie, di qualche anno fa. Ma, personalmente, posso farci ben poco, in compenso il vostro amico è uno tosto e se la caverà senza danni.” Concluse, facendo l'occhiolino. “Veramente non siamo venuti per parlare con lui. Non subito almeno. Siamo venuti per parlare con tuo padre.” Mi voltai verso i miei amici, come a cercare conforto e appoggio. Loro annuirono contemporaneamente, indossando delle facce serie, adatte alla circostanza. “Dove possiamo trovarlo?” Antonio si alzò in piedi, oscurando il sole. Cazzo, nella sua ombra ci stavamo comodi anche tutti insieme. Forse c'era abbastanza posto anche per qualcun altro. “Andiamo, è giù alla stalla che sta terminando di mungere le mucche. Vi accompagno.”  Lo seguimmo in silenzio fino alla stalla. Lui si fermò sulla porta e ci fece segno di entrare. “qualunque cosa dobbiate dirgli, credo sia una faccenda privata. Vi aspetterò qui fuori, ma vi dico fin da ora che sono dalla vostra parte.” Disse. E ci scompigliò i capelli, uno per uno. Uno per uno nel senso di ad ognuno di noi; non nel senso dei capelli. Entrammo in fila indiana, non ci prendemmo per mano solo perché era roba da femminucce, non che non ne avessimo avuto voglia. Il vecchio maremmano era seduto su uno sgabello di legno, con un secchio di metallo tra le gambe divaricate e le sue mani viaggiavano veloci sulle enormi mammelle di una mucca pezzata, che non sembrava affatto infastidita. Anzi, ogni tanto, si voltava a guardarlo, come a volerlo ringraziare. Segno che quelle tettone gonfie da scoppiare qualche problema glielo davano. Il vecchio ci dava le spalle e si accorse del nostro arrivo solo all'ultimo, quando potevamo quasi toccarlo. Si voltò di scatto e gli lessi la sorpresa sul volto, ma si riprese subito. Ci sorrise. Anche lui, come Antonio, sembrò felice di rivederci. “Che piacere vedervi ragazzi! Benvenuti di nuovo in casa mia. Cosa posso fare per voi?” Lo sapeva. Sapeva il motivo della nostra visita, ma non sapeva tutto. “Siamo venuti per parlare con lei, signore.” Dissi, non riuscendo ad impedire alla mia voce di tremare. Smise di mungere, diede un colpo a mano aperta sull'enorme culone della mucca, che si avviò pigramente verso l'uscita della stalla, ci fissò uno per uno e rispose: “Bene, vi ascolto. Prima però perché non bevete un bicchiere di questo latte appena munto? E’ delizioso e vi farà digerire meglio tutta la strada che avete dovuto fare per arrivare quassù.” Non fece in tempo a terminare, che Bomba aveva già sposato la proposta, seguito a ruota dal Tasso, da Tonino e da Sergetto. A me non piaceva molto il latte, figurarsi quello appena munto, con quel sapore così prepotente, ma annuii lo stesso, per cortesia, senza troppo entusiasmo. Schizzo ci pensò sopra qualche secondo, a cercare parole che, evidentemente, non trovò, visto che disse, senza mezzi termini: “A me il latte fa schifo. Signore.” “Per prima cosa, non chiamarmi signore, sembra che tu voglia tenermi a distanza. E mi fa sentire più vecchio di quello che sono. Chiamami Giovanni, che è così che mi chiamano tutti. Anche perché è il mio nome. Seconda cosa: come può farti schifo il latte? Anche tu, come tutti noi, sei cresciuto grazie al latte. E sono sicuro che, da piccolo, non ti bastava mai.” “Si, ma ero piccolo. Ed era di mia madre! non era di mucca appena munta!” “Certo, non era di mucca, ma a mungere, se mi lasci passare il termine, tua madre ci pensavi tu stesso e la tua voglia di diventare grande. Ma non serve discutere. Hai ragione anche tu: se non ti piace non devi berlo per forza.” Prese cinque bicchieri da una vecchia credenza che, sicuramente, aveva vissuto momenti migliori, ed iniziò a riempirli. “Ditemi allora. Cosa volevate chiedermi?” Ci fu un attimo di panico a quella domanda diretta, mi accorsi che le parole proprio non volevano uscire. Fu Tonino il più lesto a reagire: “Senta signor Giovanni, abbiamo saputo della punizione. Di quella che ha dato a Pietro. Siamo venuti a chiederle di ripensarci.” Lui continuava a guardarci, ma senza parlare. Segno che c'era bisogno di altre parole. Dovevamo convincerlo. Tonino aveva rotto il ghiaccio, ora potevo proseguire: “Si, lui non merita di essere punito. Ci ha difesi, è stato coraggioso. Lo ha fatto per noi. Non ha avuto paura di battersi per una cosa che riteneva giusta. Ed era giusta, cazz…volo! E quelli erano in tre e lui da solo. E se le avesse prese, nessuno di noi si sarebbe sognato di dargli una mano. Me ne vergogno ancora, ma è così. Mai nessuno di noi ha mai osato  mettersi contro i grandi, invece Pietro le ha suonate a tutti e tre. Anzi, a due, perché il terzo se l'è fatta sotto. Merita un premio, non una punizione. Si è comportato meglio di tutti noi messi insieme. È  un amico vero! Per questo la preghiamo di lasciarlo andare. Basta punizione. Ma se non è di questo parere, se è deciso a continuare, allora punisca anche noi. Al campo c'eravamo tutti. Stavolta non ci nascondiamo e la punizione la dividiamo in parti uguali. Questo dovrebbero fare dei buoni amici.” Parlai tutto d'un fiato, senza nemmeno una pausa. Forse evitando persino di respirare, per non permettere alle parole di nascondersi. Il vecchio ci fissò a lungo, quasi a voler saggiare la fermezza della nostra volontà. “Quello che hai appena detto ti fa onore giovanotto. Anzi, vi fa onore, perché immagino che la pensiate tutti allo stesso modo, vero?” Non ricevette risposte, ma i segni di assenso fatti con la testa non lasciavano spazio a diverse interpretazioni. “Si, lo immaginavo,” Proseguì, “Sembrate decisi ad andare fino in fondo. Anche se, in cuor vostro, ne sono sicuro, sperate che non ce ne sia bisogno. Che mi commuova. Ma avete dato la vostra parola e, tra uomini, la parola è sacra. E’ un impegno che va mantenuto a tutti i costi. Mai mancare alla parola data, è questo l'insegnamento che riceverete oggi. Ne va della vostra credibilità e della vostra dignità di persone.” La cosa non sembrava prendere una bella piega. Si avvicinò ad una cassapanca tutta tarlata e ne tirò fuori una scatoletta di metallo, dalla quale estrasse un gigantesco sigaro toscano. Lo accese con esasperante lentezza fino a farne uscire una nuvola di fumo azzurrino e puzzolente. “Sapete già dove ho spedito il vostro amico?” “Si, lo sappiamo, signor Giovanni.” Rispose Tonino preoccupato. “E sapete anche cosa sta facendo?” “Sappiamo anche questo.” Disse il Tasso, tradendo una crescente impazienza. Sembrava lo stesso gioco che fa il gatto con il topo. Con i topi, in questo caso. Eravamo tutti impazienti. Ci stava mettendo alla prova, ma se sperava che avremmo mollato, si sbagliava di grosso. Eccome se si sbagliava. Aveva intenzione di punirci tutti? Bene, che lo facesse allora. Anzi, male, ma non ci avrebbe messo paura. Tutti per uno! Ci indicò, con la punta del sigaro, un angolo ben preciso della stalla. “Laggiù ci sono cinque zappe, prendetene una a testa e raggiungete il mio ragazzo. Uno di voi rimarrà senza, così potrete darvi il cambio e riposarvi a turno. Su, andate, che c'è molto da fare. Ricordate che oggi si pranza alle due in punto. Vedo che non portate orologi, quindi regolatevi con il sole. Se non sapete come si fa, chiedete al vostro compagno di sventura, lui ha imparato.” Dovette godersela un mondo ad ammirare le nostre facce smarrite. Non era certo quello il risultato che speravamo di ottenere quella mattina. Aveva ragione mio padre: il vecchio maremmano era bello tosto. Ci fece un mezzo sorriso, non saprei dire se per confortarci, o per prenderci per il culo, poi ci congedò: “ Andate pure, fuori c'è Antonio che sarà lieto di indicarvi la strada. Buon lavoro, ragazzi!” Si, ci stava decisamente prendendo per il culo. “Buon lavoro una bella sega!” Pensai, mentre con la mia zappa in spalla uscivo mogio, mogio, dalla stalla.
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intotheclash · 4 years
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Non più di un'ora dopo eravamo già in vista della casa del Maremmano. Avevamo spinto sui pedali con foga, senza lamentarci e senza troppe parole. Persino quella salita infame ci era sembrata meno infame della volta passata. E Schizzo ci era rimasto sempre a fianco, senza prenderci in giro, anzi, fingendo pure di faticare. Il primo che scorgemmo nel cortile fu Antonio, come si poteva non vederlo. Era a torso nudo e stava armeggiando con un trattore che doveva avere la stessa età di Matusalemme. Certo che era grosso, perdio! Non il trattore. Cioè, anche il trattore era grosso, ma Antonio metteva paura. A ripensarci, credo che anche Sansone in persona ci avrebbe pensato due volte prima di attaccare briga con lui. Appena si accorse di noi, lasciò andare gli attrezzi che stava usando, si pulì le mani sui pantaloni da lavoro e ci illuminò con un sorriso a trentadue denti. Cazzo, pure i denti mi sembrarono giganteschi.
"Ma bentornati, amici miei! Sono davvero felice di rivedervi." E felice lo sembrava davvero. E ci aveva anche chiamato amici! Non vedevo l'ora di tornare in paese e raccontarlo a tutti. Col cazzo che qualcuno avrebbe ancora osato trattarci male o, peggio, malmenarci. Se la sarebbero vista con lui. Se li sarebbe mangiati vivi! Ma quello non era un giorno per le fantasticherie, avevamo un dovere da compiere. Una missione. Tagliai corto ed imboccai la via maestra delle parole: "Ascolta, Antonio, siamo venuti a parlare con..." Mi interruppe prima di aver finito. "Pietro sta giù alla vigna, giovanotti. Deve zappare l'erba sotto a tutti i filari. E noi abbiamo una vigna sterminata. Si è beccato una bella punizione stavolta. Nostro padre ha avuto la mano pesante." Poi si abbassò sulle ginocchia e si guardò intorno con circospezione esagerata, tanto da strapparci un mezzo sorriso. "Credo che il vecchio voglia fargli pagare anche un po' delle mie colpe. Cose vecchie, di qualche anno fa. Ma, personalmente, posso farci ben poco, in compenso il vostro amico è uno tosto e se la caverà senza danni." Concluse, facendo l'occhiolino.
"Veramente non siamo venuti per parlare con lui. Non subito almeno. Siamo venuti per parlare con tuo padre." Mi voltai verso i miei amici, come a cercare conforto e appoggio. Loro annuirono contemporaneamente, indossando delle facce serie, adatte alla circostanza. "Dove possiamo trovarlo?"
Antonio si alzò in piedi, oscurando il sole. Cazzo, nella sua ombra ci stavamo comodi anche tutti insieme. Forse c'era abbastanza posto anche per qualcun altro. "Andiamo, è giù alla stalla che sta terminando di mungere le mucche. Vi accompagno."  Lo seguimmo in silenzio fino alla stalla. Lui si fermò sulla porta e ci fece segno di entrare. "qualunque cosa dobbiate dirgli, credo sia una faccenda privata. Vi aspetterò qui fuori, ma vi dico fin da ora che sono dalla vostra parte." Disse. E ci scompigliò i capelli, uno per uno. Uno per uno nel senso di ad ognuno di noi; non nel senso dei capelli. Entrammo in fila indiana, non ci prendemmo per mano solo perché era roba da femminucce, non che non ne avessimo avuto voglia. Il vecchio maremmano era seduto su uno sgabello di legno, con un secchio di metallo tra le gambe divaricate e le sue mani viaggiavano veloci sulle enormi mammelle di una mucca pezzata, che non sembrava affatto infastidita. Anzi, ogni tanto, si voltava a guardarlo, come a volerlo ringraziare. Segno che quelle tettone gonfie da scoppiare qualche problema glielo davano. Il vecchio ci dava le spalle e si accorse del nostro arrivo solo all'ultimo, quando potevamo quasi toccarlo. Si voltò di scatto e gli lessi la sorpresa sul volto, ma si riprese subito. Ci sorrise. Anche lui, come Antonio, sembrò felice di rivederci. "Che piacere vedervi ragazzi! Benvenuti di nuovo in casa mia. Cosa posso fare per voi?" Lo sapeva. Sapeva il motivo della nostra visita, ma non sapeva tutto.
"Siamo venuti per parlare con lei, signore." Dissi, non riuscendo ad impedire alla mia voce di tremare.
Smise di mungere, diede un colpo a mano aperta sull'enorme culone della mucca, che si avviò pigramente verso l'uscita della stalla, ci fissò uno per uno e rispose: "Bene, vi ascolto. Prima però perché non bevete un bicchiere di questo latte appena munto? E' delizioso e vi farà digerire meglio tutta la strada che avete dovuto fare per arrivare quassù." Non fece in tempo a terminare, che Bomba aveva già sposato la proposta, seguito a ruota dal Tasso, da Tonino e da Sergetto. A me non piaceva molto il latte, figurarsi quello appena munto, con quel sapore così prepotente, ma annuii lo stesso, per cortesia, senza troppo entusiasmo. Schizzo ci pensò sopra qualche secondo, a cercare parole che, evidentemente, non trovò, visto che disse, senza mezzi termini: "A me il latte fa schifo. Signore."
"Per prima cosa, non chiamarmi signore, sembra che tu voglia tenermi a distanza. E mi fa sentire più vecchio di quello che sono. Chiamami Giovanni, che è così che mi chiamano tutti. Anche perché è il mio nome. Seconda cosa: come può farti schifo il latte? Anche tu, come tutti noi, sei cresciuto grazie al latte. E sono sicuro che, da piccolo, non ti bastava mai."
"Si, ma ero piccolo. Ed era di mia madre! non era di mucca appena munta!"
"Certo, non era di mucca, ma a mungere, se mi lasci passare il termine, tua madre ci pensavi tu stesso e la tua voglia di diventare grande. Ma non serve discutere. Hai ragione anche tu: se non ti piace non devi berlo per forza." Prese cinque bicchieri da una vecchia credenza che, sicuramente, aveva vissuto momenti migliori, ed iniziò a riempirli. "Ditemi allora. Cosa volevate chiedermi?"
Ci fu un attimo di panico a quella domanda diretta, mi accorsi che le parole proprio non volevano uscire. Fu Tonino il più lesto a reagire: "Senta signor Giovanni, abbiamo saputo della punizione. Di quella che ha dato a Pietro. Siamo venuti a chiederle di ripensarci." Lui continuava a guardarci, ma senza parlare. Segno che c'era bisogno di altre parole. Dovevamo convincerlo. Tonino aveva rotto il ghiaccio, ora potevo proseguire: "Si, lui non merita di essere punito. Ci ha difesi, è stato coraggioso. Lo ha fatto per noi. Non ha avuto paura di battersi per una cosa che riteneva giusta. Ed era giusta, cazz...volo! E quelli erano in tre e lui da solo. E se le avesse prese, nessuno di noi si sarebbe sognato di dargli una mano. Me ne vergogno ancora, ma è così. Mai nessuno di noi ha mai osato  mettersi contro i grandi, invece Pietro le ha suonate a tutti e tre. Anzi, a due, perché il terzo se l'è fatta sotto. Merita un premio, non una punizione. Si è comportato meglio di tutti noi messi insieme. E' un amico vero! Per questo la preghiamo di lasciarlo andare. Basta punizione. Ma se non è di questo parere, se è deciso a continuare, allora punisca anche noi. Al campo c'eravamo tutti. Stavolta non ci nascondiamo e la punizione la dividiamo in parti uguali. Questo dovrebbero fare dei buoni amici." Parlai tutto d'un fiato, senza nemmeno una pausa. Forse evitando persino di respirare, per non permettere alle parole di nascondersi. Il vecchio ci fissò a lungo, quasi a voler saggiare la fermezza della nostra volontà. "Quello che hai appena detto ti fa onore giovanotto. Anzi, vi fa onore, perché immagino che la pensiate tutti allo stesso modo, vero?" Non ricevette risposte, ma i segni di assenso fatti con la testa non lasciavano spazio a diverse interpretazioni. "Si, lo immaginavo," Proseguì, "Sembrate decisi ad andare fino in fondo. Anche se, in cuor vostro, ne sono sicuro, sperate che non ce ne sia bisogno. Che mi commuova. Ma avete dato la vostra parola e, tra uomini, la parola è sacra. E' un impegno che va mantenuto a tutti i costi. Mai mancare alla parola data, è questo l'insegnamento che riceverete oggi. Ne va della vostra credibilità e della vostra dignità di persone." La cosa non sembrava prendere una bella piega. Si avvicinò ad una cassapanca tutta tarlata e ne tirò fuori una scatoletta di metallo, dalla quale estrasse un gigantesco sigaro toscano. Lo accese con esasperante lentezza fino a farne uscire una nuvola di fumo azzurrino e puzzolente. "Sapete già dove ho spedito il vostro amico?"
"Si, lo sappiamo, signor Giovanni." Rispose Tonino preoccupato.
"E sapete anche cosa sta facendo?"
"Sappiamo anche questo." Disse il Tasso, tradendo una crescente impazienza. Sembrava lo stesso gioco che fa il gatto con il topo. Con i topi, in questo caso. Eravamo tutti impazienti. Ci stava mettendo alla prova, ma se sperava che avremmo mollato, si sbagliava di grosso. Eccome se si sbagliava. Aveva intenzione di punirci tutti? Bene, che lo facesse allora. Anzi, male, ma non ci avrebbe messo paura. Tutti per uno! Ci indicò, con la punta del sigaro, un angolo ben preciso della stalla. "Laggiù ci sono cinque zappe, prendetene una a testa e raggiungete il mio ragazzo. Uno di voi rimarrà senza, così potrete darvi il cambio e riposarvi a turno. Su, andate, che c'è molto da fare. Ricordate che oggi si pranza alle due in punto. Vedo che non portate orologi, quindi regolatevi con il sole. Se non sapete come si fa, chiedete al vostro compagno di sventura, lui ha imparato." Dovette godersela un mondo ad ammirare le nostre facce smarrite. Non era certo quello il risultato che speravamo di ottenere quella mattina. Aveva ragione mio padre: il vecchio maremmano era bello tosto.
Ci fece un mezzo sorriso, non saprei dire se per confortarci, o per prenderci per il culo, poi ci congedò: " Andate pure, fuori c'è Antonio che sarà lieto di indicarvi la strada. Buon lavoro, ragazzi!" Si, ci stava decisamente prendendo per il culo.
"Buon lavoro una bella sega!" Pensai, mentre con la mia zappa in spalla uscivo mogio, mogio, dalla stalla.
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