Aspirante scrittore e attore. Amante delle belle storie e persona a cui piace raccontarle.
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HypeOn: La casa di carta Parte 3
AAA Spoiler per quanto riguarda “La casa di carta”. Non leggete se non avete visto tutta la seconda stagione. Siete stati avvisati.
Bella maghi,
ci ho messo un po’ a mettermi a scrivere questo articolo, ma volevo studiarmi bene il trailer. Partendo dal presupposto che mi piace un sacco la canzone che hanno messo in sottofondo, ho pareri molto contrastanti: all’inizio, ma ancora adesso, ero “OHMIODIOESCELATERZAPARTECHEFIGATA” però, a mente “lucida”, posso dire con certezza una cosa, ovvero che questa stagione sarà o la migliore o farà talmente cagare da rovinare tutta la serie. Questi sono termini tecnici, ovviamente. Il dubbio mi è venuto quando Rio ha imbracciato un lanciarazzi, e mi ha fatto pensare “vuoi vedere che Netflix si è fatta prendere la mano e ha lanciato soldi in un camino sperando che tornassero indietro?”. Certo, sull’interpretazione degli attori non voglio neanche perderci tempo sopra (avendo visto troppo poco dal trailer), ma la costruzione di un altra casa di carta che non sia la zecca e vederli andare in giro con dei blindati militari non mi fa troppo ben sperare. Ma non voglio vedere tutto nero, c’è pur sempre la possibilità che sia una figata colossale e mi faccia completamente cambiare idea come ha fatto la prima e la seconda stagione, però devo anche dire che l’ultimo episodio mi piaceva come finale, con loro che scappano e vincono (la mia voglia di organizzare un colpo è cresciuta in maniera esponenziale di conseguenza...).
Angolo delle speculazioni: C’è il piano Chernobyl, ne sono sicuro al 99%. Dei palloni che si gonfiano e vanno in giro per Madrid e dei soldi che volano, non ci vuole molto a fare due più due. Poi, per l’amor del cielo, ditemi che avete capito si tratti di un flashback. BERLINO NON PUÒ ESSERE VIVO, hanno già detto che avrebbero girato delle scene a Firenze sul passato del Professore, quindi niente falsi allarmismi vi prego.
Direi che ho detto tutto.
Voto per soddisfare l’Hype: 8.68 (E mi sto tenendo anche abbastanza basso)
Per il resto, vi dico solo che torno con la prossima storia.
Ci si legge \(^o^)/
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Drunk; Capitolo 3
Capitolo 3: Un degno avversario
Non mi muovevo, continuavo solo a pensare a quei giorni che avevo passato lì dentro. E continuavo a ricordarli tutti.
Non appena aprì l'armadietto, quella sensazione gli cinse il petto senza l'intenzione di lasciarlo. Tutto ciò che lo circondava era completamente, dannatamente ordinario e calmo, e al contempo chiassoso e privo di tranquillità. Si doveva correre in classe facendo chissà quale fracasso lungo le scale per poi rimanere seduti, per ore intere, ad ascoltare una persona parlare e, nel migliore dei casi, fare qualche domanda. Riconobbe quella sensazione: noia. Ogni secondo che passava faceva aumentare la sua voglia di tornarsene in Cina, e l'idea di fare la distanza a nuoto stava smettendo di essere un'utopia e si stava trasformando in una possibilità.
Guardò alla sua sinistra e incontrò lo sguardo di John, qualche metro più in là, abbastanza allegro e sorridente da dargli fastidio. Cercò di ricambiare il sorriso (non riuscendoci molto bene), per poi infilare la testa nell'armadietto al fine di nascondere la sua espressione disperata. Si doveva calmare, stava esagerando e lo sapeva, ma al contempo non riusciva a immaginare che la sua vita fosse diventata una semplice corsa ai voti e alla sopravvivenza basata sul lavoro. Doveva pur esserci qualcosa di interessante, qualcosa che affievolisse il suo prurito alle mani e la sete di adrenalina.
-Ehi, Lans, ti sei presentato ancora oggi?-
In quelle parole, Hei sentì esattamente quello che stava cercando. In meno di un istante era di nuovo eretto, e la testa era schizzata fuori dall'armadietto, a guardare la situazione in cui imperversava il ragazzo a pochi passi più in là. Le mani, però, rimasero rilassate. Serviva di più.
-Te lo avevamo detto cosa sarebbe successo se ti fossi presentato di nuovo, no?- domandò un secondo quasi gongolando.
-Ragazzi, dai, sapete che non mi posso assentare da scuola, mi si abbassa la media.- cercò di ribattere John, decisamente nervoso. La prima cosa di cui Hei si accorse fu la totale indifferenza degli altri studenti, che passavano di fianco il gruppo senza neanche degnarli di uno sguardo. La seconda, invece, erano le gambe di John: tremavano, e non poco. Se alle sue spalle non ci fosse stata la parete, sarebbe caduto all'indietro.
-Come se a noi fregasse qualcosa della tua media.- sbeffeggiò un terzo, appoggiandosi alla fila di armadietti sbattendo la mano a pochi centimetri dalla testa del ragazzo, che sussultò. -Ti abbiamo detto di iscriverti al nostro club, e tu non lo hai fatto.-
-I...io non mi iscrivo ai club di combattimento.- spiegò puntando lo sguardo verso il basso. -N...non sono bravo a combattere.-
-Be', o fai un'eccezione o ti spezziamo le gambe.-
-John, va tutto bene?-
Hei, consapevole di aver usato il tono di chi domanda l'ovvio, non batté ciglio quando vide gli occhi dei quattro, e di qualche studente curioso non abituato alle intromissioni, schizzare verso di lui. Tutti gli sguardi trasparivano l'incredulità di chi sente o vede qualcosa di impossibile, e in quella scuola un evento del genere era tutto fuorché frequente.
-Cosa hai detto?!- domandò quello che aveva parlato per primo, sicuro di aver sentito male.
-Scusa, starei parlando con il mio amico, gradirei che non mi interrompessi.-
Il numero di occhi su Hei aumentò in maniera esponenziale, ma il suo sguardo rimase fisso su John, che, per imbarazzo e per spavento, non riusciva a proferire parola e i tremolii non gli permettevano di annuire o scuotere la testa con decisione. Come risposta a quella che interpretò come una provocazione, il ragazzo tirò fuori un coltello a serramanico dalla tasca della giacca in pelle e lo fece scattare, mostrando la lama. Hei non dovette degnarlo neanche di uno sguardo per capire che era in acciaio inossidabile, lunga quattro pollici e mezzo, e legata a un manico in legno. Abete, forse. -Ti ho chiesto cosa cazzo hai detto, coglione. Vedi di portare rispetto o gioco a bowling con la tua testa.-
-Puoi provarci, ma dovresti decapitarmi prima, e da quella distanza non ci riuscirai mai con un rasoio del genere.- Hei percorse la distanza che li separava con naturalezza, facendo trasparire una calma spaventosa nei movimenti. Non appena abbastanza vicino, afferrò la mano dell'altro con la sua, per poi portare di scatto l'arma all'altezza della sua gola, lasciandola a pochi centimetri dalla pelle. -Be'? Che succede? Devo avvicinarmi?- Nonostante tenesse letteralmente il coltello dalla parte del manico, l'altro non poté che sentirsi a disagio quando Hei fece un altro minuscolo passo in avanti, facendo toccare il filo della lama al suo collo. -Non ci posso credere. Mi hai minacciato con un'arma che non era affilata.- Dopo quell'affermazione delusa, l'avversario armato cadde a terra. I più veloci nelle vicinanze erano riusciti a vedere Hei tirargli un gancio sulla tempia, ma comunque non molto nitidamente. John, che adesso non riusciva più neanche a tremare, si limitò a tenere gli occhi sgranati e la bocca spalancata, avendo visto un solo pugno portare a terra una persona con tanta facilità. Gli altri due non diedero a Hei neanche il tempo di guardarli, essendo già scappati attraverso la folla e lasciando il loro compagno al suolo, inerme. Non appena si accorsero che lo scontro era in realtà finito ancora prima di iniziare, tutti i curiosi ripresero a camminare, evitando il corpo a terra come fosse un pozzanghera. Ignorarono anche Hei e John, come se non fosse successo nulla e la faccia che aveva quest'ultimo fosse in tutto e per tutto normale. -Stai bene?- domandò ancora il ragazzo senza la minima alterazione della voce.
-Ma tu chi diavolo sei?- gli domandò John, non sapendo più cosa pensare. -Lui aveva un coltello!-
-Poteva anche avere un carro armato, se non sa usarlo non è un problema.- spiegò facendo spallucce e ritornando al suo armadietto. -Se riesci a parlare, significa che non ci sono problemi.-
-Hei, non hai idea di chi fossero quei tre.- avvertì John chiudendo sbrigativamente l'armadietto prima di seguirlo. -Sono riserve non ufficiali della squadra di combattimento della scuola.-
L'altro alzò un sopracciglio di svariati centimetri. -E allora?-
-E allora... be'... loro... nessuno li fa arrabbiare!- sbottò in risposta. Non aveva un vero e proprio motivo, semplicemente, quando non faceva quello che gli dicevano, veniva picchiato per interminabili minuti, ma forse uno come Hei non sapeva cosa significasse trovarsi in mezzo a una rissa e non sapersi difendere. A Hei infatti non era capitato molto spesso di combattere al pieno delle sue potenzialità, essendo sempre stato quello che colpiva per primo e per ultimo. Sapeva infatti che un solo colpo bastava, come in quel caso, e molto spesso si era evitato parecchie rogne semplicemente mostrando ai suoi avversari che avrebbero perso, poi la paura avrebbe fatto il resto.
-Sai, nella succursale di Hong Kong c'era un gruppo di studenti. Dicevano che le arti marziali servivano per diventare forti. Li ho affrontati tutti insieme e li ho battuti, senza problemi. Loro probabilmente non hanno neanche un motivo per allenarsi se non il già sentito “voglio i pugni che fanno scintille”. Io mi sono allenato per tantissimi anni con un solo obiettivo.- raccontò lui sfogliando i nuovi libri di testo. John porse il viso in avanti, in attesa di un seguito a quella frase. Hei sbuffò una risata e, con il sorriso di chi racconta un evento ormai molto lontano, concluse con: -Potermi vantare e fare il saccente in questo genere di situazione.-
La giornata scolastica da quel momento in poi, si svolse normalmente, anche se Hei avrebbe descritto quelle sei ore come “i secondi più lenti e agonizzanti di tutta la sua vita”. Le lezioni, infatti, oltre a risultargli oltremodo semplici, possedevano quella caratteristica che lui sperava di incontrare il meno possibile: la costanza. Hei non era per nulla un tipo abitudinario, e di certo la prospettiva di ascoltare un gruppo di persone parlare per un ora a testa, per sei ore, cinque giorni a settimana per i successivi due anni non sembrava per nulla allettante dal suo punto di vista. Fu proprio per questo che, quando la campanella segnò la fine dell'ultima ora, senza aspettare nessuna parola da parte del professor Mortimer, l'insegnante di fisica, scattò in piedi, gettò alla rinfusa il libro nello zaino, e si lasciò guidare dalle gambe verso lo l'armadietto, dove avrebbe abbandonato lo zaino per poi correre verso la sua stanza, al 937 di Nomentan Street.
-Hei!- gli gridò John alle spalle, con evidente difficoltà nel tenere il suo stesso passo. -Volevo... solo ringraziarti... per prima...- spiegò con il fiato corto una volta raggiunto. -Non fosse... stato per te... avrebbero... continuato a... tormentarmi.-
Hei gli mise una mano sulla schiena, facendogli assumere una posizione bene eretta e, in meno di un paio di secondi, il fiatone scomparve. -Non dirlo nemmeno.- rispose lui, a disagio di fronte tante lusinghe e belle parole. -Di certo non sono il tipo da starsene con le mani in mano durante una situazione come quella, senza contare che stavo sentendo un leggero prurito ai palmi.-
“Chiediglielo.”
La voce alle sue spalle era chiara, concisa, e ben udibile alle sue orecchie nonostante il chiasso. La riconobbe immediatamente, e proprio per questo si rifiutò di girarsi. Era solo nella sua testa, anche se accettarlo gli sembrava comunque impossibile. La sentiva, non era stato lui a pensare a quella parola, né all'uomo che gliel'aveva detta. Eppure eccolo lì: nonostante fosse morto, non si faceva il benché minimo problema a dargli ordini, come se sentire la voce di una persona che non c'è fosse una cosa normale.
-Io... non sono molto bravo a farmi degli amici.- tagliò corto Hei, annuendo con lo sguardo basso, puntato sulla parete in alluminio. -Fino ad adesso ho avuto solo la mia famiglia. Mi chiedevo se tu... insomma... potessi... aiutarmi, non so...- farfugliò lui, imbarazzato.
-Certo.- rispose con fermezza John, quasi come se si fossero invertiti i ruoli. Hei chiuse di scatto l'armadietto e gli sorrise. -Torniamo a casa allora, la signorina Sheppard sarà in pensiero.-
-H...He...Hei?- Il ragazzo si voltò, alzando un sopracciglio non appena sentì pronunciare il suo nome con così tanta titubanza. Era un ragazzo del primo anno, con una giacca di pelle sopra la maglietta nera. Si accorse dell'abbigliamento solo in un secondo momento, con l'interesse attirato per la maggior parte sugli arti tremanti. In quella scuola cera troppa paura per i suoi gusti. -Devi andare in palestra. E adesso.-
-Come mai?- domandò riprendendo tutta la sicurezza che aveva accantonato discutendo con John. Non gli venne data nessuna risposta, ma l'evidente terrore nel ragazzo non si affievolì. -Io ho da fare, non va bene domani?-
Le guance del giovane vennero rigate dalle lacrime, ma non ci fu nessun singhiozzio, nessun pianto. -Ti prego... no.- gli sussurrò disperato. Hei divenne serio di colpo, con lo sguardo che scansionava il ragazzo, ormai quasi in automatico. Riusciva a sentire l'ordine che gli era stato dato “portalo in palestra” e anche la conseguenza in seguito al fallimento, molte più di quante potesse immaginare. Capì immediatamente due cose: primo, tutti quelli con una giacca di pelle appartenevano a uno di quei club, o come si chiamavano. Secondo, non gli piaceva per niente il loro modo di ragionare.
-Fammi strada.- ordinò chiudendo l'armadietto con una sola spinta infastidita. L'altro quasi trasalì, ma non perse tempo per avviarsi verso la palestra a passo spedito. -John, vieni.-
-Cosa? Perché devo venire?-
-Sei l'unico che conosco, e sai la strada per tornare a casa.- rispose Hei con semplità, che dell'appartamento della signorina Sheppard non ricordava neanche la via o il numero civico.
John non obiettò, seguendo i due fino a una delle palestre dell'istituto. Il ragazzo, dopo essersi assicurato che Hei fosse entrato, scappò via a gambe levate prima che uno dei due potesse proferire parola. Hei esaminò il luogo con la stessa rapidità che usava per farlo con le persone, vedendo quella che di fatto era una semplice palestra da pallacanestro, con tanto di spalti e panchine per le squadre. Al centro del campo era stato posizionato un rialzamento circolare poco imbottito, su cui se ne stava, a braccia incrociate, un ragazzo panciuto dai lunghi capelli neri tenuti all'indietro da in una pettinatura sudata.
-Quello sarebbe dove si svolgono i combattimenti?- domandò Hei avvicinandosi lentamente.
-Marcus Nix Phillers, molto piacere. È un cerchio con un raggio di cinque metri, e non credere che sia imbottito per attenuare le tue cadute a terra, serve solo per chi combatte scalzo.-
-Non è il mio caso.- sorrise Hei togliendosi la felpa. -Dobbiamo combattere? È solo un tuo capriccio?-
-No, di mio combattere non mi interessa. Mi hanno detto di farlo e io lo faccio, nulla più. Credo che voglia vedere cosa sei davvero in grado di fare.-
-A tal punto da terrorizzare un ragazzino?- domandò Hei, stavolta con tono più infastidito.
-È solo una recluta, lascerà il club entro la fine del mese, come fanno tutti dopo la leva. Tu,- si rivolse a John. -non gli hai spiegato niente?-
John, fin da quando era entrato nella palestra, non aveva proferito parola rimanendo con gli occhi spalancati e le braccia rigide. Ovvio, conosceva Marcus di fama, ed era riuscito a intravederlo di tanto in tanto per i corridoi, ma mai avrebbe pensato di incontrarlo di persona, né tanto meno di essere interpellato con così poco preavviso. Da quando Hei era entrato nella sua vita, le sue situazioni di shock erano aumentate parecchio. -No.- riuscì a malapena a farfugliare.
-Be', dopo vedi di farlo.- gli ordinò prima di riportare lo sguardo su Hei, che nel mentre era salito sul ring. -Conosci le regole dei combattimenti di tra scuole di arti marziali miste?-
-Ah, perché vorresti farmi credere che quella che fate voi sono arti marziali.-
Marcus sorrise, cogliendo l'ironia. -Non sono io a dare i nomi.- si giustificò lui. -Puoi fare all'avversario tutto quello che vuoi finché non agita o sbatte la mano, in quel caso è resa. Se superi la linea nera esci dal campo e perdi. Se l'avversario perde i sensi, vinci. Tutto chiaro?-
-E fammi indovinare, io dovrei batterti?-
A Marcus scappò una risata di pieni polmoni, e ci vollero alcuni abbondanti secondi prima che rispose. -Tu devi resistere contro di me per almeno tre minuti.- spiegò chinandosi a raccogliere il cellulare e mostrando il conto alla rovescia pronto per lo scopo. -Di solito non resistono per uno, ma tu sembri essere bravo. Potrei quasi divertirmi contro di te.-
-Spero lo sia anche tu.- ridacchiò Hei sgranchiendosi il collo. Lo aveva analizzato non appena visto, come faceva con chiunque altro, ma fino ad allora non aveva mai passato così tanto tempo a scansionare qualcuno. Nonostante nascondesse la sua confusione perfettamente, non aveva idea di che genere di avversario si trovasse di fronte: era grasso, e su questo non ci pioveva, ma fin troppo sicuro di sé. Era allenato, certo, ma non riusciva a capire quanto della sua mole fosse muscoli. Combatteva, non c'erano dubbi, eppure non aveva mai praticato nessuna arte marziale che Hei avesse mai visto. Neanche un giorno di pugilato, difesa personale o altro. Sembrava semplicemente un ragazzo che voleva rimettersi in forma, ma il tono con cui gli parlava suggeriva ben altro. Comunque, non avrebbe dovuto metterlo in difficoltà: avrebbe tirato un gancio destro al viso, così da metterlo fuori combattimento rapidamente e senza lasciargli il tempo di reagire. Uno di quella stazza non poteva essere veloce.
Quello che Hei non sapeva, era che Marcus si era reso conto di cosa stesse facendo l'avversario. E proprio per questo si rese conto di aver già vinto. -Il migliore.- concluse lui pigiando il pulsante rosso sullo schermo e lasciando cadere il cellulare a terra. Hei scattò tenendo il braccio indietro, posizionando l'altro a guardia delle costole, caricato per un gancio che colpì Marcus in pieno volto, con la forza aumentata dal movimento delle anche. Il braccio sinistro era sceso lungo il busto, e la schiena si era torta per aumentare l'enfasi del corpo. Ma il ragazzo non ebbe alcuna reazione, e sorrise vedendo il volto confuso dell'avversario, mentre spingeva il pugno contro quello zigomo inamovibile. Hei aveva sentito la pelle sbattere contro le sue nocche, le ossa accusare il pugno, ma sotto di esse sembrava stare un blocco di marmo. John deglutì e Hei cercò spiegazioni plausibili, fissando il volto dell'avversario deformato dal dorso delle sue dita. -Quindi sei uno di quelli veloci, eh? Certo, la precisione è ottima, l'ho quasi sentito. Ma dovrai fare di meglio. Prova con qualcosa del genere.-
Arrivò il turno di Marcus per tirare un gancio, e per un attimo sembrò sentirlo anche John a debita distanza da loro. Hei cadde sulla schiena, qualche metro più in là, con la testa che gli girava. Ci vedeva doppio. Stimò, per un istante di anormale lucidità, che un dolore del genere lo avrebbe sentito solo se, in quel punto esatto, lo avesse colpito un autobus a tutta velocità. Si portò due dita al labbro, inebriandosi del male che provava al viso. Il cuore cominciò a pompare a pieno regime e il suo volto si deformò in un sorriso soddisfatto. Quello sì che era un degno avversario.
--__--
Twittatemi che io vi twitto i miei capitoli XD: https://twitter.com/FFMaxCasagrande
Ho deciso di avere anche una pagina Facebook: https://www.facebook.com/MaxCasagrandeDreamer
Scripta blog, il sito con cui sto mandando avanti la collaborazione che ha anche l'esclusiva di “Ars Arkana” (oltre a un sacco di altre belle cose): https://www.scripta.blog/
Ma lo sapevate che ho anche Instagram?: https://www.instagram.com/max_casagrande_dreamer/
Sono sempre alla ricerca di Beta-tester. Quindi, se volete, fatevi avanti!
Se avete un po' di tempo, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo con una recensione o un commentino qui sotto, mi fa molto piacere XD. (E poi divento più bravo!)
Se vi va condividete il capitolo, così divento famoso!!! \(^o^)/ (mai vero, ma comunque apprezzo :P).
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Il Fabbro dell’inferno

Il Fabbro dell'inferno
Non riesco a dormire, quindi voglio raccontarvi una storia.
Questa storia, come molte altre che si rispettano, narra di un uomo in carne e ossa. Ma non è il tipo di uomo che potreste immaginare, un uomo gentile e misericordioso pronto a dare la vita per la sua patria o cose del genere. Lui era malvagio, potente e colmo di odio, abbastanza da essere temuto persino dal diavolo che sedeva sul trono più alto degli inferi.
Il Fabbro dell'inferno.
Non si sa da dove venga o dove viva al giorno d'oggi, né quando sia nato o se sia ancora vivo, nulla del suo passato o delle sue intenzioni per il futuro, ma posso dirvi tutto quello che si sa su di lui.
È un uomo barbuto e possente, con enormi braccia e una solida e pesante pancia. Indossa una benda sulla fronte, per rallentare il sudore e impedire ai lunghi capelli grigi maltenuti di andare a coprirgli la vista. Indossa anche una panciera in cuoio, ma essendo le informazioni scarse al riguardo potete considerare quest'ultima affermazione anche falsa, se vi fa stare più tranquilli. È sempre più alto di chiunque gli stia vicino, e capirete se si tratti di lui oppure no, perché riuscirete a sentire la sua cattiveria anche nel respiro.
È difficile incontrarlo, comunque. Non può essere invocato, chiamato o costretto a venire, è sempre e solo lui a mostrarsi di sua volontà. Se impugna un martello nella mano sinistra, potete trarre un sospiro di sollievo, perché si limiterà a chiedevi cosa desiderate. Voi dovete rispondere solo con qualcosa che potrebbe essere creata da un fabbro, altrimenti potrebbe arrabbiarsi e decidervi di strapparvi la vita a mani nude, e tenete a mente quanto è cattivo prima di pensare che qualcosa del genere sia impossibile. Lui potrebbe scegliere di accettare o meno la commissione, ma non ve lo dirà subito. Alla successiva notte di mezza luna si presenterà di nuovo da voi con l'oggetto richiesto. Non esigerà nessun compenso, e se ne andrà come se nulla fosse, camminando con passi pesanti e lenti. Non interrompetelo, perché quando vi darà le spalle avrà già incominciato a lavorare per il prossimo “fortunato”. Nessuno sa come abbia il potere di strapparvi la vita a mani nude, anche se personalmente credo ci sia di mezzo la magia. Di certo non morirete di morte violenta, ma se è lui l'ultima persona che vedete prima di espiare, sappiate che non vi sarà concesso il paradiso. Si pensa che questi poteri gli siano stati concessi dalla morte in persona, come pagamento per avergli forgiato la falce che usa ancora oggi. Sì, è bravo nel suo lavoro. Ma mi raccomando: chiedete qualcosa di complicato, quasi impossibile, altrimenti il lavoro potrebbe sembrargli noioso e non accetterebbe. Non vi succederà niente in questo caso, ma è un'opportunità da non sottovalutare, non trovate?
Se però, quando lo incontrate, impugnerà il martello nella mano destra, sappiate allora che fuggire o combattere è inutile. Lui vi ucciderà, con lo stesso martello che usa per forgiare, giorno e notte. Quel martello, di tanto in tanto, si spezza per il troppo lavoro che è costretto a sorbire. Ma questo non scoraggia il Fabbro, che chiude la mano a pugno e la sbatte contro qualsiasi cosa si trovi tra lui e l'incudine. Poi, quando si concede un po' di tempo per riposare, al suo risveglio il martello se ne sta lì, come se nulla fosse, poggiato sull'incudine. Francamente non ho idea se sia il martello a essere magico, o per paura dell'ira del Fabbro si aggiusti da solo, o ancora ci sia una qualche creatura che glielo aggiusti ogni notte. So che è così e tanto mi basta.
È inoltre molto difficile fargli del male: sappiate che le parole non lo scalfiscono nemmeno, a meno che non siate ancora più perfidi di quanto già non sia lui, e questo è impossibile, credete alle mie parole. Le uniche cose veramente in grado di ferirlo sono le armi da lui stesso forgiate, ma sappiate che molto di rado lui le crea per altri, e in ogni caso lui venderà cara la pelle, combattendo con le unghie e con i denti (e con il suo fidato martello, ci mancherebbe altro). Se però portate sempre con voi un oggetto da lui forgiato o un pezzo di esso, lui vi lascerà stare capendo di non avere conti in sospeso. Quando lui smette di parlare con qualcuno, lo fa per sempre.
Infine, sappiate che di notte, se siete persone che non vuole lasciar vivere, sentirete il suono del suo martello sbattere contro l'incudine, con la stessa precisione delle lancette di un orologio, come avviso del suo arrivo. Vi lascerà stare, tuttavia, se decidete di comportarvi bene come lui non ha fatto, perché il Fabbro non vuole avere niente a che fare con le persone gentili. Mio padre diceva che per allontanarlo basta canticchiare la sua filastrocca, ma non mi sembra molto efficace. In alcune parti del mondo le mamme, la notte del Fabbro (tra il 13 e il 14 giugno), sbattono tra di loro le padelle vicino le camere dei figli, come incoraggiamento per fargli comportare bene. Ma il suono del Fabbro non può essere confuso, perché è come se vi parlasse.
Temo di non sapere altro che possa tornarvi comodo contro questo mostro, e quindi devo andare, lasciandovi soli con queste righe. È notte mentre scrivo, e sento il suono del martello da giorni. Vi dico una cosa: rimettersi a dormire è completamente inutile.
Se dei bimbi son il più cattivo
Perché il Fabbro me lo ha detto
Io di viver' non ho motivo
Se ne occupa lui con un colpetto
Se il Fabbro ce l'ho di fronte
Di scappar non devo pensare
Se son una lei gli parlo da Conte
E se son' un lui mi devo inchinare
E se la forgia mi tien' caldo
E l'acciaio mi fa lavorar'
Non mi serve neanche un soldo
Perché il Fabbro non vuol' mangiar
Quindi se il Fabbro incontrerai
Attento a non veder' il suo martello
Perché quando lo guarderai
Avrai una risposta che è un fardello.
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Pareri a caldo: Final Fantasy XV
Ebbene sì, è successo.
Dopo tanto tempo, ho giocato a FF. Quasi per sbaglio, in realtà: dei miei amici mi hanno regalato la Royal Edition per il compleanno. Il tempo di istallarlo e ho cominciato a giocare, poi dopo che succede quella cosa in quella città, ho smesso completamente di fare le missioni secondarie e mi sono dedicato completamente nella trama principale (con il livello 38 e qualcosa come 60 elisir, 40 granpozioni e una trentina di finici accoppate).
Il gioco e bellissimo, e chiamarlo così lo svaluta secondo me. Forse non piace ai fan storici di FF, ma a me è piaciuto, e anche parecchio. Non so come fossero i precedenti FF con il combattimento a turni, ma so che i combattimenti in questo non sono noiosi, ma movimentati, divertenti e impegnativi quanto serve, e tanto mi basta.
La grafica è davvero ottima, animazioni fluide e tutte quelle cose che a me, francamente, non interessano.
Parliamo di cose serie: i personaggi sono tutti perfetti e caratterizzati come non avevo mai visto. La trama è semplice, lineare e non smette mai di interessare.
Scriverò tutto in maniera più dettagliata in una recensione, appena mi riprenderò dallo shock.
Voto a caldo: 10.000 con lode e bacio accademico (Non so se esiste, ma io questo voto non l’ho mai dato. Significa che secondo me è il gioco perfetto).
Ci si legge.
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Un adulto ti dirà che le conchiglie ti fanno sentire il suono del sangue che circola nell'orecchio, ma non dovrebbe mai dirti che non senti il rumore del mare per qualche strana magia. Cresci, ma restando bambino. Vivi, ma senza smettere di sognare.
M.J. Casagrande
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Recensione: Love, Death & Robots
Bella maghi,
non so se lo sapete, ma io ho due principali cause che mi allontanano dalla scrittura di questi articoli e delle mie storie: l’accidia (che ci sta sempre) e Netflix (e pure lui mica scherza). Mi sto recuperando un sacco di serie TV e film, anche se chiamarle serie TV mi fa strano, dato che le guardo o dal computer o dal telefono. Chiamiamole serie, facciamo prima.
In ogni caso, non so quanto tempo fa è uscita la tanto attesa Love, Death & Robots, di cui io ho sentito parlare, da brava persona che non si informa di nulla, solo dopo la sua uscita. Molti dei miei compagni di classe mi hanno detto “è la migliore serie di sempre”, “fantastica”, “bellissima” e un sacco di altre belle cose. E io sono qui per darvi la mia opinione. Chiedo scusa se faccio solo una recensione, ma per i motivi anzicitati non ho potuto fare un Hype-on e mi sono dimenticato di fare un Pareri a caldo. Nessuno mi paga per fare questo blog, quindi va bene così. La serie è uscita tanto tempo fa? Sì. Sono in ritardo con questo articolo e farlo uscire adesso è una pessima scelta di marketing? Certo. Sto pubblicando comunque questo post insieme a tutta la mia testardaggine? Decisamente.
Inizio con il dire che non volevo vederla questa serie, pensando fosse la classica storia futuristica piena di Robot. Non ci sono andato troppo distante, ma capisco di essermi sbagliato dopo i primi due minuti della prima puntata. In soldoni, ogni episodio è una piccola storia a sé stante, con un suo inizio e una sua fine, con tutti in comune l’amore, la morte o i robot (o tutti e tre). Personalmente non approvo il titolo, ma suona bene e non sono Tim Miller.

La serie è animata, e lo stile di disegno e animazione cambia ogni episodio. Non sono sicuro, ma credo che per ognuno di essi cambino disegnatori, team di animazione e produttori, anche se Wikipedia dice che i produttori, oltre a Miller, sono solo Jennifer Miller, Joshua Donen e David Fincher (dovrei fare un articolo a parte su di lui e un paio di parentesi non bastano, vi basti pensare che è il produttore di Seven (1995), The social Network (2010), House of Cards (i primi due episodi) e Mindhunter (2017) un’altra serie che trovate su Netflix e che mi devo recuperare).
In ogni caso, la domanda che contraddistingue le mie recensioni (come se fossero famose per questo): vale la pena di guardarlo? La serie ha uno dei vantaggi migliori che mi possa venire in mente: ogni episodio dura circa un quarto d’ora e nessuno dura più di trenta minuti. Non scherzo dicendo che l’ho finita in un pomeriggio che è volato via come una farfalla in primavera. Gli episodi non fanno fisicamente in tempo a diventare noiosi e superflui, perché sono riassuntivi per natura. Ognuno di essi può essere estrapolato e diventare una serie o un film “normale” con una semplicità che mi inquieta. Di conseguenza: non ci sono scuse. Non è la serie migliore di Netflix, senza ombra di dubbio, ma è certamente una delle più godibili e che si merita di essere recuperata. La cura ai dettagli la rende una delle serie che non mi fa dubitare della sua posizione, e la fama che ha è completamente meritata. Sì, dovreste guardarla, in poche parole. E poi, se vi stancate al terzo episodio, avrete perso una trentina di minuti, non un’ora e quaranta o più.
Ve lo dico velocemente perché non è importante: il mio episodio preferito è “Mutaforma” mentre quello che mi è piaciuto di meno è “La discarica”. Tutti gli altri, però, li considero piccoli capolavori, cosa che è incredibile. Non c’è un solo episodio bellissimo e tutti gli altri sono nella media, ma tutti quanti sono di altissimo livello (tranne “La discarica”, non riesco proprio a farmelo andare giù quello...).

Il genere della serie non è ben definito: alcune volte è satirico, altre volte horror, altre ancora comico. In certi momenti sembra di annegare in un fantascentifico noir mentre altre in un fantasy moderno. In poche parole, anche il genere si adatta perfettamente a ogni tipo di pubblico. Preferisco non dirvelo in questa recensione, voglio sentire la vostra opinione a riguardo nei commenti.
In poche parole, io la considero come una Black Mirror animata che non vuole perdere tempo. C’è critica sociale, c’è speranza ma anche una grande voglia di mettere uno specchio sullo schermo per mostrare allo spettatore una società che non è né pessima né bellissima, ma semplicemente realistica e non molto distante dalla nostra. Quindi: se volete una serie TV che vi faccia riflettere per poco tempo, ma quanto basta per lasciarvi con qualche domanda, anche profonda, vi strappi un sorriso e in alcuni momenti sia in grado di lasciarvi senza fiato con dei veri colpi di scena, allora Love Death & Robot è la serie che fa per voi.
Votino: 8.65/10

Quindi, questa era la mia recensione di LDR. Spero vi abbia convinto a guardarla o aiutato a mettere in chiaro le idee. Il prossimo articolo, almeno in teoria, dovrebbe essere dedicato alla mia ambientazione, ma sapete che io a programmare la mia vita non sono molto bravo. A breve dovrebbe arrivare anche, in teoria, un nuovo capitolo o racconto autoconclusivo, ne ho praticamente una decina all’80% e non so quale finire prima (lo so, sono una persona orribile, ma Netflix non aiuta).
Non c’è nient’altro da aggiungere, quindi non mi resta da dire che torno con la prossima storia.
Ci si legge \(^o^)/
Le immagini sono prese da Google, non sono mie.
Come da prassi, qua sotto tutti i link:
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Sono sempre alla ricerca di Beta-tester. Quindi, se volete, fatevi avanti!
Se avete un po' di tempo, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo con una recensione o un commentino qui sotto, mi fa molto piacere XD. (E poi divento più bravo!)
Se vi va condividete il capitolo, così divento famoso!!! \(^o^)/ (mai vero, ma comunque apprezzo :P).
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Genesi delle Terre Arcane
Bella maghi,
lo so, il Silmarillion è una figata, Tolkien era un genio, ma anche oggi lo leggo domani, che la lista di roba da leggere è ancora tremendamente lunga. In ogni caso, credo siamo tutti d’accordo che la difficoltà non sia pensare e immaginare una genesi, quanto raccontarla usando quelle parole che la fanno sembrare un vero e proprio testo sacro, e questo mi ha sempre scoraggiato dallo scrivere come la mia ambientazione sia nata e dal dare spiegazioni al riguardo molto confuse e poco dettagliate. Ma qualche giorno fa, in risposta alla mia curiosità derivata da un’ora senza niente da fare a scuola, un mio amico mi ha riassunto, in modo inquietantemente semplice, il Nuovo Testamento, facendomelo anche capire con una semplicità quasi allarmante.
Quindi ho pensato: perché impiegare anni a chiudermi nella Genesi delle Terre Arcane quando posso riassumerla in un articolo? Perderà un bel po’ della sua magia, senz’altro, ma ce n’è sta così tanta nel mio mondo che magari compensa.
Prima di cominciare voglio dirvi che no, non sono un esperto, e sì, l’ambientazione è nata per sbaglio, quindi se troverete incongruenze o dettagli di trama banali è perché non ci ho lavorato quanto effettivamente il mondo merita e sono un grande fan delle cose palesi. Inoltre questo riassunto è mooolto schematico e, appunto, riassuntivo, quindi i dettagli si sono persi , andando semplicemente a lasciare le basi di quello che è successo da quando non c’era niente a quando le Terre Arcane sono diventate abitabili.
Quindi, senza ulteriori indugi, vediamo tutto quello che è successo prima che il più anziano degli Elfi potesse ricordare (perché non esisteva, non dategli la colpa che gli Elfi hanno un’ottima memoria anche senza mangiare broccoli).
Innanzitutto, bisogna dire che nessuno sa con esattezza come tutto cominciò. Non si sa se esistesse prima Era (signore overpower che ha creato tutto, conosciuto anche come l’Arconte) oppure la magia. Quindi, quando entrambe le cose hanno cominciato a esistere insieme, l’Arconte era intriso di magia talmente tanto da muoverla come poche cose. Lentamente cominciò a pensare, completamente da solo, a farsi delle domande e a darsi delle risposte (qualcosa che dovrebbero fare molte altre persone, ma questo è un altro discorso). La cosa che mi piace assai, è che riuscì a capire di esistere senza l’aiuto di nessuno, completamente da solo, senza che qualcuno glielo dicesse, dato che nessuno effettivamente c’era. Quindi, dato che aveva passato un po’ di tempo immerso nella magia (qualche miliardo di anni), decise giustamente di crearsi compagnia, e creò tre esseri che successivamente diventeranno noti come gli Ascesi: Lumenediel, Zadriel e Galuiriel. Passarono molto tempo insieme nel nulla, a parlare e immaginare (come nei salotti illuministi che gli insegnanti di storia cercano di rendere interessanti), e ognuno di loro creò una lingua: Era inventò l’Arcano (la lingua che serve per castare), Zadriel il franco, una lingua straordinariamente semplice simile al nostro inglese, ed era di fatto quello che usavano più spesso, Lumenediel il sasfino, quello che potrebbe essere il nostro latino (e non a caso quelli che capiscono il sasfino si contano sulle dita di una mano), e Galuiriel era solito parlare, anche da solo (non esattamente un buon segno), l’aztecul, quella che in seguito diverrà la lingua degli Aztecul, appunto (gli Aztecul, con la “A” maiuscola, sono la razza e sono simili ai demoni che vengono mostrati nell’Inferno di Dante Alighieri).
Era, poi, concepì il mondo, quelle che effettivamente sarebbero state le Terre Arcane, e le creò (senza molti problemi, per quei pochi che ancora pensano alla mia ambientazione come “low magic”) lasciando la possibilità ai suoi tre compagni, gli Ascesi, di modificarlo e migliorarlo come potessero. Lumenediel disse di volere una luce, che illuminasse tutto il mondo costantemente e che mostrasse tutto ciò che l’Arconte aveva creato. Così Era creò un guscio di fuoco tutt’intorno, affinché fosse sempre illuminata. Lumenediel, non convinto, pensò che una luce come quella non avrebbe reso giustizia alle Terre Arcane (che erano di fatto completamente illuminate, e vedere sarebbe stato un pelino difficile dato che chiunque avesse aperto gli occhi sarebbe diventato cieco in un paio di secondi), e non appena spiegato il tutto a Era quest’ultimo creò anche la luna, ammassando il rivestimento di fiamme in un solo luogo (tipo accartocciando il tutto), creando così il sole. Infine, se avesse avuto le braccia, avrebbe dabbato per decadi (ricordate che sto riassumendo, quindi non pensiate che la luna e il sole siano stati creati in un secondo e senza pianificazioni). A quel punto, Era diede a Lumenediel il potere della luce e della verità, e contento com’era Lumenediel esplorò tutto il creato, anticipando gli altri Ascesi. Poi fu il turno di Galuiriel (un pezzo di stronzo di proporzioni bibliche, come scoprirete in altri articoli), che propose di creare interi popoli affinché potessero adorare Era come un Dio. La cosa accadde per metà, dato che al nostro caro signorino onnipotente la seconda parte non piaceva (era pur sempre umile il ragazzo), ma creare gente varia gli piaceva eccome, cominciando a ragionare quelle che sarebbero state le varie razze ad alta voce (queste ultime quattro righe dovrebbero impegnare interi capitoli in una genesi fatta bene, che anche oggi scrivo domani). Zadriel per quanto fosse il più ingenuo e gentile, era riuscito a intuire il piano di Galuidriel, così propose all’Arconte di creare dei guardiani che proteggessero chiunque abitasse nelle Terre Arcane. Così, prima di chiunque altro, vennero creati Fenix e Marillion.
In soldoni: Era crea Marillion dicendogli che dovrà proteggere tutti gli abitanti delle Terre Arcane, Marillion gli fa giustamente notare che non c’è nessuno oltre a loro, Era bandisce momentaneamente Marillion (la storia di Marillion dettagliata ve la porterò prima o poi, ma bene o male va in una dimensione parallela a imparare a tirare con arco) e crea Fenix, dicendogli di fare il “capo cantiere” delle Terre Arcane (che allora non erano esattamente ospitali, piene di vulcani e gas tossici), Fenix fa notare che non c’è nessuno oltre a lui a rendere il pianeta abitabile, quindi Era crea i draghi (gli Ascesi stanno a guardare, prendendo appunti) e, per qualche migliaio di anni, il mondo viene lavorato come se fosse pongo. Nel mentre, a immagine e somiglianza di Fenix, vengono creati altri Arcani, 12 in totale: Biblio, Kin, Miondalf, Puppet, Brathair, Sera, Ostar, Damin, Lux, Nox, Lust e Born. Quasi tutti loro, mentre il mondo viene reso abitabile, si rifugiano su un’isola molto a nord, dove imperversa una tormenta di neve quasi sempre (ma sulla storia degli Arcani torneremo in un altro articolo ^^).
Dunque, il mondo è stato reso abitabile, Marillion è tornato (un pochino confuso avendo viaggiato per universi paralleli neanche fosse un personaggio Marvel), i draghi vanno in giro senza niente da fare e gli Arcani camminano spensierati per tutte le Terre Arcane che ora sono una bomba. Ma adesso? Era aveva promesso un sacco di gente! E di fatto ci ha lavorato su per un pochino, e a giudicare da come li ha presentati a tutti si era palesemente dimenticato e ha improvvisato metà delle razze, arrivate nel seguente ordine senza molte cerimonie: Elfi, Uomini, Fate, Nani, Orchi, Holleb, Lepricani e Sirene (ce ne sono anche altre, ma arrivano poi).
State tranquilli, da qui in poi ci sarà tempo perché i casini arrivino. Non abbiamo visto ancora nessuna delle marachelle di Galuidriel, ma sappiate che ne ha combinate di tutti i colori.
Detto questo, credo di aver detto tutto. Fatemi sapere cosa vorreste sapere più su questa ambientazione, e fino ad allora non mi resta che augurarvi buon viaggio, io torno con la prossima storia.
Ci si legge \(^o^)/
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Sono sempre alla ricerca di Beta-tester. Quindi, se volete, fatevi avanti!
Se avete un po' di tempo, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo con una recensione o un commentino qui sotto, mi fa molto piacere XD. (E poi divento più bravo!)
Se vi va condividete il capitolo, così divento famoso!!! \(^o^)/ (mai vero, ma comunque apprezzo :P).
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L'arroganza, se usata con intelletto, è una delle più grandi doti che qualcuno possa avere
M. J. Casagrande
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L'uomo senza storie vive nel passato. L'uomo senza belle storie vive in un inferno
M.J. Casagrande
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L'uomo cerca la pace solo per cambiare avversario
M.J. Casagrande
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[...]E la sai la cosa peggiore? Non mi interessa. È sempre stato questo il mio problema. Per quanto mi sforzassi, per quanto amassi ogni mio personaggio, non sono mai riuscito a vederlo come una vera persona, in carne e ossa, che respira, cammina e vive. Il tuo problema viene da quel tuo scatto d'ira? Molto bene: concentrati su qualcosa, quando senti la rabbia salire al cervello. Pensa a Lysandra, a tua sorella, all'amore o una di queste stronzate qui. La risposta è così semplice? Sì. Perché sono stato io a creare questo mondo, sono stato io a creare te, ho comandato ogni avvenimento affinché tu distrugessi Kaminesh e venissi a chiedermi dove hai sbagliato per darti questa risposta. Lo capisci? Io creo vite, è vero, ma mi assicuro che siano di merda per dare la soluzione come se fossi Dio.
Max (MJ Casagrande) in "Ars Arkana: le rovine di Kaminesh"
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Se è vero che tutte le storie sono state raccontate, non le abbiamo ancora sentite in ogni modo possibile
Pietro Sgherzi
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Ars Arkana; Capitolo 3
Capitolo 3: Primi incantesimi
-Hai mai ucciso qualcuno?- domandò Tyrell. Teneva le braccia incrociate e si poggiava ad una parete, dando una spalla ad una delle finestre al primo piano della taverna. Shydow era seduto ad un tavolo, la mano destra che brillava di un acceso giallo con il palmo contro le braccia di Alyx. La luce rendeva difficile distinguere le varie ferite, che svanivano completamente quando la mano si spostava. Cicatrici, tagli, graffi... tutto svaniva nella luce tenue.
-Perché me lo chiedi?- chiese a sua volta senza distogliere lo sguardo dall'incantesimo.
-Perché non vuoi rispondere?-
-Anche se lo facessi, tu non saresti in grado di cambiare opinione su di me. Ti ci vorrà tempo, e anche parecchio.-
-Potrebbe volerci di meno se rispondessi alla mia domanda.-
La luce si spense e Shydow si alzò. Alyx rimaneva in silenzio, forse ancora troppo timida per parlare, e Lysandra era china su una grande marmitta a girare una minestra scura e densa, dietro il bancone. -Certo.- ridacchiò avvicinandosi a piccoli passi a Tyrell. -Ho iniziato con la mia famiglia: quando ottieni i poteri magici, hai un'implacabile voglia di usarli. E così ti chiedi: perché dovrei fermarmi? Chi sono loro per dirmi di smettere? Io sono superiore ad esseri così inferiori... così, una sera, li ho costretti a prendere un coltello a testa e ad uccidersi a vicenda, senza che potessero fare nulla.-
-D...davvero?- domandò il ragazzo deglutendo, quando ormai l'altro lo aveva raggiunto. I centimetri di differenza non erano molti, ma in quell'istante gli sembrava di star parlando con una montagna.
-Sì, come no, e poi sono venuto in un villaggio a dannarmi l'anima per far fuori un ciclope. Ma ti pare?! Da quando le persone con una treccina sulla faccia sono persone cattive?- chiese indicandosi il viso. -Non ho mai ucciso nessuno.- rassicurò poi tornando verso la ragazza. -Ci vorrà ancora molto?- domandò a Lysandra.
-È quasi pronta, sto aspettando che le patate finiscano di cuocersi.- rispose grattandosi la nuca.
-Fa male?- domandò titubante Alyx, una volta che Shydow si sedette di nuovo di fianco a lei. Si stringeva tra le spalle, continuando ad assecondare quell'istinto che le consigliava di farsi piccola il più possibile. -Fare la magia, intendo.-
-No, anche se mette una certa fame.- spiegò lui riprendendo quel sorriso rassicurante che aveva ogni volta che le parlava.
-Quindi... io sarei come te?- chiese Tyrell staccandosi dalla parete, avvicinandosi al tavolo dove i due erano seduti.
-Più o meno. Io sono molto più potente, come tu non sarai mai, ma in parole povere sì, sei come me.-
-E come potresti dirlo con tanta certezza?- domandò Lysandra, riempiendo una ciotola in legno con il contenuto della marmitta.
-“Basta” è una parola in Arkano, la lingua di tutti coloro che sanno manipolare l'energia magica.- spiegò Shydow verso la ragazza, inalando a pieni polmoni il profumo che veniva da quella direzione. Non ricordava di aver mai sentito un odore così buono. -Nello stesso istante in cui l'hai pronunciata, hai lanciato il tuo primo incantesimo.- aggiunse rivolgendosi a Tyrell. -Certo, non volevi. Hai visto tutta quella violenza e hai pensato “che sarà mai dire questa parola?”. Be', gli Arkani non lo pensano mai, soprattutto quando stanno per urlare.
-E che cosa significa “basta” in Arkano?- A chiedere questa volta fu Alyx.
-Basta.- rispose Shydow con tono ovvio, quasi confuso dalla domanda. -Ma è un basta diverso da quello che avete presente voi. Si usa solo in momenti molto seri. Ad esempio se qualcuno ti sta versando acqua in un bicchiere, per fermarlo non si dice “basta”. Non in Arkano, per lo meno. È una lingua che quasi da subito si era deciso di usarla solo per il suo scopo: la magia. Non si parla in Arkano, altrimenti le conseguenze sarebbero inenarrabili.-
-Tutti gli incantesimi sono in Arkano?-
-Sì, Tyrell, tutti gli incantesimi. Nasce da un'unione tra la lingua delle fate e quella dei draghi, codificata in maniera da essere semplice.-
-Lo dici come se fate e draghi esistessero davvero.- commentò Lysandra lasciando il vassoio sul tavolo, posizionando tre ciotole di fronte a sé, Alyx e Tyrell, lasciando la quarta dov'era.
Shydow sospirò prima di prenderla. -Esistono eccome, ma se non mi credi non fa nulla.-
-Parlando di cose più serie: si può curare?- chiese il ragazzo, infastidito dalla situazione.
-La magia? No, non si può... curare. Puoi scegliere se imparare a controllarla o meno.-
-Ma io non l'ho mai voluta! Io non voglio essere... questo! Voglio solo essere Tyrell!-
-Perché? Perché dovresti voler rinunciare ad un dono?-
-Essere inseguito dalla Chiesa non mi sembra qualcosa di vantaggioso...- commentò in risposta.
-Be'... sì, ma la magia ne vale la pena. Soprattutto per chi ha talento, e tu sembri averne.- disse Shydow impugnando un cucchiaio. -Far svanire nel nulla un'evocazione senza nessun tipo di addestramento è qualcosa che oserei aggettivare come prodigioso, senza contare che i maghi di norma non possono lanciare incantesimi senza strumenti. Avete del pane? Lo preferirei bianco.-
-Cosa vuol dire aggettivare?-
-Descrivere, più o meno. Direi che quello che ha fatto Tyrell è prodigioso. Ha rivelato grandi capacità.- rispose a Lysandra. -Avete del pane? Lo preferirei bianco.-
-Cos'ha di bello la magia? È un peccato.- ribatté Tyrell, seguendo con lo sguardo la sorella diretta alla dispensa.
-È un peccato per la Chiesa, mica per me. Per me è peccato non usarla. Comunque, in molti la descriverebbero come un'arte profonda e che migliora la vita. Io credo semplicemente che muovere le cose senza toccarle sia una gran figata, e sono solo le basi.- Shydow sembrò accorgersi di una scintilla di interesse nello sguardo del ragazzo, quindi continuò. -Controllare le menti, lanciare magie in generale, vedere nel futuro, leggere i pensieri delle persone... dopo un certo livello vige la regola “il tuo unico limite è l'immaginazione”.-
-Tu... come hai imparato?-
-Una volta, molto tempo fa, c'era una scuola. Da lì partiva tutta l'energia magica del mondo, e fluiva in tutti i mari e tutte le terre.-
-Come se quest'isola non fosse l'unica terra del mondo. Anche io so che non ci sono continenti oltre il mare. Sono come le storie che dicono che la fine dello spazio sia più distante di trecento leghe dal suolo, o che la terra sia sferica.- disse Lysandra con tono ovvio avvicinandosi con una grossa pagnotta.
-Se ti dicessi quanto è davvero grande il mondo ti spaventeresti.- sogghignò. -Tornando sul pezzo, io vi consiglio di venire con me.-
-Perché dovremmo?-
-Quale pezzo?- chiese poi Tyrell dopo Lysandra.
-Credete davvero che vi guarderanno di nuovo come prima? Per loro ormai siete mostri, entrambi, per giunta. Non si può però dire lo stesso di me, altrimenti sarei un gran bell'ipocrita. So che tu vuoi imparare ad usare questi poteri e che tu vuoi proteggerlo e sì, ho letto i vostri pensieri, prometto di non farlo più.- annunciò annoiato alzando la mano e mostrando le dita distese. -Se cancellate completamente tutte le idee che la Chiesa vi ha infilato in testa dalla vostra nascita, sarà anche facile. Non guardatemi con quelle facce.-
-Non ci stai chiedendo qualcosa di semplice.- commentò Lysandra.
Shydow però, invece di ribattere, puntò lo sguardo verso Alyx, che continuava a fissare la scodella colma di minestra. -Non mangi?- le domandò alzando un sopracciglio.
Gli occhi di lei si riempirono di stupore. -Posso?!- chiese lei incredula.
-Ovviamente!- esclamò Lysandra. -Di certo sono più propensa ad offrirla a te che a... lui...- aggiunse accennando a Shydow.
-L'ha preparata per te. E poi, finché stai con me, non puoi mica saltare i pasti.-
Confusa afferrò un cucchiaio e, titubante, lo immerse nella brodaglia. Tirandolo fuori si trascinò dietro anche un grosso pezzo di carota. Lentamente, con mano tremante dall'emozione, lo portò fino alla bocca, inspirando a pieni polmoni prima di iniziare a masticare. Gli occhi le divennero lucidi un istante prima di ingoiare, per poi di continuare a mangiare con maggiore rapidità e meno cura.
-Uno che distrugge città secondo te potrebbe dire qualcosa del genere?- domandò Tyrell a Lysandra. Shydow allungò un sorriso, perdendolo quando però il ragazzo puntò il proprio sguardo su di lui. -E va bene, qualsiasi cosa serva, io la farò.-
-Fr...-
-Lysandra, ha ragione, e non dirmi che non hai mai nutrito qualche dubbio anche tu. Adesso siamo i cattivi, quindi non possiamo avere ragione in ogni caso.-
-Devo ammetterlo, sei riuscito a fare in pochi minuti quello che avevo previsto avresti fatto in mesi. Sbalorditivo.- si complimentò Shydow lasciando il cucchiaio. Come per magia, adesso la ciotola era vuota, anche se nessuno dei tre lo aveva visto mangiare. -E poi sì, ha nutrito dei dubbi. Non guardarmi così, i tuoi pensieri implorano di essere letti!-
Lysandra, ignorando l'ultima frase e capendo che ormai era diventato qualcosa di normale, sospirò, porgendosi in avanti. -Fammi capire: noi veniamo con te e tu ti assicuri che... non veniamo uccisi? Insomma, anche io credo che restare qui non sia una buona idea. Gazwig troverà un modo per contattare la Chiesa.-
-In realtà ho una vera e propria missione da portare a termine, ma durante il viaggio nulla mi vieta di proteggervi o insegnarvi. Se mi seguirete, vi assicuro che non ve ne pentirete, e potrete vivere una vita che in molti possono solo immaginare.-
-Io ho già accettato!- esclamò Alyx a bocca piena.
Tyrell e Lysandra si scambiarono un paio di sguardi. Aveva ragione: quello che diceva la Chiesa gli sembrava sempre più strano e netto ogni secondo che passava, anche se non avevano mai veramente pensato fosse completamente vero. Lei era insicura ma suo fratello no, come se fosse tutta la vita che ci stesse pensando sopra.
-Ci hai convinto, verremo con te.- acconsentì Lysandra riportando lo sguardo sull'Arkano.
Si alzò non appena vide gli occhi della ragazza, allungando un sorriso. -Il mio nome è Shydow Bryden Neyer, sono uno degli Arser più potenti di sempre, e ora potete considerarvi sotto la mia protezione e la mia tutela.-
-Dovevi dirlo per forza.-
-Certo che no, ma suona bene, non trovi?-
In una foresta molto più ad ovest di Bryamor, lontana dalla più vicina delle città, si potevano sentire distintamente alcuni bisbigli. Nessuno ricordava da quanto, ma girava voce che quella foresta fosse completamente invasa dalle fate, abbastanza da darle il nome stesso di “Bosco delle fate”. La Chiesa continuava a ripetere che quel nome era errato, data l'inesistenza di tali creature, e che il vero nome fosse “Foresta di Zhivanna”. Ciò che continuava a non spiegare erano però quelle voci che si potevano sentire quando si camminava in uno dei sentieri che lo attraversavano e che, di notte, erano perfettamente udibili anche al di fuori dello stesso.
E quel giorno sembrava essere un'eccezione, visto che le voci si riuscivano a sentire anche da pochi minuti dopo mezzogiorno. Bisbigli, confusi e frenetici, che viaggiavano più veloci del vento da un albero all'altro.
-Hai visto? Era senza vestiti!- esclamò una voce, che sembrava star cercando di trattenere le risate.
-Quindi sei riuscito a vedere i segni.- constatò un'altra in risposta, questa volta più adulta. -Quello lì è della Chiesa, ne sono sicura.-
-Sai cosa ha detto Mamma, nessuno può avvicinarsi.- continuò la prima.
-Secondo voi Billy dovrebbe saperlo?- domandò una terza timidamente.
-Se deve saperlo, l'Albero glielo avrà già detto, no?- rispose una quarta con tono saccente.
-Ma lo hai visto? Ha i capelli bianchi come Mamma.-
-È caduto dal cielo come una di quelle stelle che ogni tanto scendono di notte.-
-Ha ragione! Ha ragione!-
-E quando si sveglia?-
-Ma siamo sicuri che sia buono?-
-E se ci strappa le ali?-
Un solo verso e tutte le voci si zittirono all'improvviso. Un sussurro autoritario, come quello di una madre nei confronti di un bambino.
Lysandra rimaneva ferma, con le braccia incrociate, all'entrata della locanda. Fissava insospettita le provviste viaggiare da sole verso il carro appena “ottenuto” dal mercante che, la sera prima, aveva sfidato Shydow. Di tanto in tanto si univano anche oggetti che né lei né Tyrell avrebbero voluto lasciare lì. Disegni, lettere, piccole scatole... fluttuavano indisturbate e con grazia fino ad un posto ben preciso del mezzo, incastrandosi alla perfezione e limitando lo spreco di spazio. La gabbia era stata distrutta dall'Arser, che aveva utilizzato il metallo per rinforzare le ruote e creando quelle che lui chiamava “molle”. Si trovavano sopra le travi, ma lei non riusciva a capire a cosa servissero, per quanto le osservasse.
Al posto del conducente, sedeva Alyx, che guardava di fronte a sé tenendosi le ginocchia al petto, circondando le gambe con le braccia.
-Tutto bene?- domandò Lysandra alla ragazza, che annuì timidamente dopo essersi voltata verso di lei. -Ti chiami Alyx, giusto?- Annuì di nuovo. -Conosci quel Neyer.-
-No.- rispose sussurrando.
-Lui sembra conoscerti.-
-Mi... mi ha chiesto come mi chiamo, se mi avesse conosciuto... non l'avrebbe fatto.- borbottò.
-Be', io non ho mai incontrato uno che fa tutta questa roba gratis. Uno così gentile non esiste né in cielo né in terra.- affermò massaggiandosi la nuca.
-Ti sei fatta male?-
-È da quando il ciclope è scomparso che ho uno strano dolore. Sono sicura che passerà con una dormita.- rispose facendo spallucce.
-Tutti pronti?- chiese Shydow uscendo dalla taverna. -Tyrell è in bagno, non dovrebbe metterci molto.-
Alyx annuì. -Perché lo fai?- domandò Lysandra.
-Che cosa?- domandò Shydow, voltandosi verso di lei.
-Anche ammesso che i maghi non distruggano per divertimento, nessuno è così gentile senza motivo.-
-Magari mi piace la compagnia.- rispose facendo spallucce. Il suo solito sorriso enigmatico si perse all'improvviso, facendo alzare un sopracciglio alla ragazza. -Tu eri qui ieri sera.-
-Ehm... già... sai, ci siamo incontrati qui.-
-Cosa succede?- chiese Alyx incuriosita avvicinandosi ai due.
-Qualcosa non quadra.- spiegò Shydow massaggiandosi il meno, come alla ricerca di qualche pelo in più nella corta barba non curata. -Tu dicevi alle persone che un ciclope sarebbe arrivato il giorno successivo, giusto?-
-Esatto.-
-E allora perché nessuno se n'è andato? Come facevi ad essere così calma?-
-Io... non lo so. Non sarebbe arrivato prima di mezzogiorno.- rispose lei con il tono di chi formula un'ipotesi.
-E come lo facevate a sapere? Con tutta questa precisione, tra l'altro. Non ci sono orologi in questo villaggio, una stima del genere sarebbe stata impossibile anche per un veggente.-
Lysandra ci pensò sopra per un paio di secondi, ma nulla. Detestava ammetterlo, ma aveva ragione. Quel che era successo, tuttavia, le sembrava così logico fino a quel momento. -Allora cosa sta succedendo?-
-Ho paura che qualcuno ci stia osservando. Che tutto quanto sia controllato, ma da qualcuno di inesperto. Scegliere come far avvenire eventi non è qualcosa di facile, e per lui deve essere la prima volta. Fa entrare un mostro in un villaggio con la precisione di un orologio di Kaminesh e si assicura che ci sia un bersaglio che pensi che tutto ciò è normale. Ma perché?-
-Hai idea di chi possa essere?- chiese Alyx.
-No. Mi viene in mente una sola persona, ma sono sicuro sia morto. E da parecchio tempo, aggiungerei...-
-Cosa è successo da parecchio tempo?- domandò Tyrell avvicinandosi al gruppo.
-Nulla.- rispose prontamente Lysandra, fissando Shydow con sguardo fermo. -Giusto?-
-La tua capatina in bagno, parlavamo di quanto ci stessi mettendo.- continuò l'Arser andando verso il carretto. Neanche Alyx disse una parola.
-Non vorrei essere colui che dice l'ovvio, ma non servirebbero dei cavalli?- chiese ancora Tyrell, notando l'assenza di animali d'avanti il mezzo.
-Cavalli? Dove andiamo noi non ci servono... cavalli.- rispose Shydow con voce profonda, sedendosi al posto del conducente e afferrando le briglie sciolte. -Se aveste visto quel opera stareste ridendo.-
-Quale opera?- domandarono i tre all'unisono.
-Non importa.- tagliò corto lui dando un colpo di frusta alle cinghie di cuoio, che si fermarono a mezz'aria come legate a destrieri invisibili. Ormai Tyrell e Lysandra stavano facendo l'abitudine a tutta quella magia, ma Alyx la osservò comunque meravigliata. -Partiamo.-
“Trenta giorni per tornare a casa...” pensò.
Circa trenta anni prima quella città neanche esisteva. La Chiesa aveva un metodo infallibile per capire dove costruire le loro “sacre” città: i cardinali uscivano nelle praterie con i loro bastoni, camminando con passo pacato, e, più o meno una volta per vita, il bastone affondava nel terreno di circa quaranta centimetri. Il terreno veniva consacrato e grazie ad ottimi architetti, operai eccellenti e qualche miracolo, la città sorgeva nel giro di un paio di mesi, pronta ad essere popolata. Era stato Zalomon, circa dieci anni prima, a consacrare quel luogo e ad invocare i miracoli che avevano fatto sorgere Zietra in meno di tre settimane.
La chiesa l'aveva fatta ergere dal terreno personalmente e completamente da solo, forse per mostrare a tutti cosa fosse veramente in grado di fare: pareti, vetrate, porte, campane... tutto usciva dal terreno lentamente come se scoperto dopo una lunga e silenziosa partita a nascondino. E proprio all'ultimo piano di quella chiesa, circa una decade dopo, Zalomon stava camminando a grandi passi, nel corridoio principale al piano più alto della chiesa, diretto alla camera dei moderatori. Era furioso. Il cielo si era annuvolato, non sapeva se per colpa sua o meno. In fondo, era di umore grigio.
-Chi non ha buone notizie per me, è meglio se cerca di lasciare l'isola.- affermò spalancando le alte porte di legno. I due moderatori si alzarono dalle poltrone al capo della tavola rettangolare e chinarono la testa, tenendosi le mani avanti. Alazog si passava due dita della mano destra sulla barba marrone scuro ben curata, massaggiandosi il mento. Teneva il volto puntato verso l'orizzonte, scrutandolo con attenzione attraverso la grande vetrata.
-Nessun purificatore o sacerdote riesce a capire come ciò sia potuto succedere.- cominciò Diz, il moderatore primario. -Non sappiamo come possa qualcuno aver lanciato un incantesimo con questa precisione nonostante la distanza.-
-Non ti ho chiesto di elogiarlo, ti ho chiesto buone notizie.- ringhiò Zalomon incredibilmente infastidito, lasciandosi cadere su una poltrona lato opposto della tavolata.
-Come se ce ne potessero essere.- interruppe Alazog senza voltarsi. Il suo tono era calmo, come se non lo riguardasse e non fosse nulla di serio. -Tuo figlio è letteralmente scomparso nel nulla dopo essersi trasformato in un Arkano. In una delle mie cerimonie private tra l'altro, temo di dovermi sentire offeso.-
-È una cosa seria, per l'amor del Tempo!-
-Sto attendendo istruzioni dal Sommo Parlatore. Anche tu starai facendo lo stesso, immagino. O devo immaginare che anche la tua fede vacilli di fronte a cose futili come l'amore nei confronti di un figlio?-
I due moderatori sgranarono gli occhi, lanciandosi a vicenda un'occhiata incredula cercando di muoversi il meno possibile. Una cappa di silenzio calò all'istante all'interno della sala, dove anche il battito dei cuori sarebbe potuto essere udibile. La tensione riusciva ad essere percepita in maniera distinta, come se i presenti fossero immersi al suo interno fino alle orecchie. Zalomon, con sguardo quasi vuoto e sereno, si alzò, e raggiunse Alazog con passo lento e cadenzato, scandendo il tempo, e lo guardò negli occhi. -Dillo di nuovo, e mi assicurerò che tutti i bastoni dei purificatori entrino per la loro interezza nel tuo sacro culo.- ringhiò in sussurro.
L'altro sembrò divertito, alzando le sopracciglia dallo stupore. -Bene, ti confermi di nuovo come l'unico cardinale non nato in una città, su un territorio sacro. Suppongo sia questa la vera natura che cerchi tanto di nascondere. Il tuo comportamento ortodosso è...-
-Qualsiasi cosa tu volessi dire, ormai ha smesso di interessarmi. Voi due, cosa credete di fare?-
Diz, l'altro moderatore, deglutì. -Pensavo di dire che il sacerdote Astryal è stato rapito da un Arser.-
-Certo, e poi inseriamo nella storia anche un drago.- ribatté Niz, il secondo moderatore. -Come reagirà il popolo sapendo che un diavolo è sulla terra? Nessuno potrebbe crederci, non importa se lo dice un parroco o il Parlatore. Per tutti non sono che una leggenda, sciocco. Quello che ci serve, è un potente stregone, che giustifichi l'uscita di una decina di purificatori dalla città.-
-Non dieci, uno.- corresse Zalomon con tono cupo, avvicinandosi ai due. -Sarò io ad occuparmi della situazione, personalmente. Chiunque altro interferirà ne dovrà rispondere direttamente a me, chiaro? Spargete la voce all'interno di tutta l'isola.-
-E cosa ne sarà della Chiesa, in tua assenza?- domandò Alazog con intenzioni di scherno.
-La gestirai tu, come sempre.- rispose sprezzante. -E non credo di dovervi dire che questa conversazione non è mai avvenuta.- aggiunse rivolgendosi ai due.
-Ai vostri ordini, eminenza.- conclusero Diz e Niz con un profondo inchino, allontanandosi a piccoli passi senza voltare le spalle.
Alazog, prima di parlare, attese che i due si fossero chiusi la porta alle spalle, e fossero a debita distanza per non sentire neanche una parola. -Cosa succederà quando te lo ritroverai davanti?- domandò senza distogliere lo sguardo dall'orizzonte.
-La conosci la maledizione dei purificatori, sai benissimo cosa succederà. Il mio corpo si muoverà da solo e io non sarò in grado di fare nulla.- rispose cupo Zalomon con il capo chino.
-Prima di benedire la tua missione, voglio sentirtelo dire.- Non c'era tregua o pietà in quel tono, solo odio verso la magia e un forte desiderio nel sentire quella previsione.
-Lo ucciderò, e mi verrà spontaneo farlo nel modo più doloroso possibile.-
Quello che nessuno dei due aveva considerato era la preoccupazione di Zenyth che, come nessuno sarebbe stato in grado di prevedere, si era appostato con l'orecchio sulla porta. Una mano sulla bocca, l'altra sul petto, per assicurarsi che fosse solo lui a sentire il suo cuore sul punto di esplodere. Ma anche lui era vittima della maledizione, e di intervenire non gli venne neanche in mente.
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Sono sempre alla ricerca di Beta-tester. Quindi, se volete, fatevi avanti!
Se avete un po' di tempo, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo con una recensione o un commentino qui sotto, mi fa molto piacere XD. (E poi divento più bravo!)
Se vi va condividete il capitolo, così divento famoso!!! \(^o^)/ (mai vero, ma comunque apprezzo :P).
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Gli scrittori hanno tutti quanti la stessa e unica regola: scrivere le altre.
M. J. Casagrande
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Ars Arkana; Capitolo 2
Capitolo 2: La profezia di mezzogiorno
Shydow fu sorpreso di risvegliarsi nello stesso posto in cui si era addormentato. La cosa infatti non accadeva molto spesso, ma quel giorno in particolare si era immaginato un risveglio brusco, con la locanda distrutta ed il suo letto scaraventato a qualche metro dal luogo in cui si trovava, anche se questa visione non gli aveva impedito di addormentarsi beatamente e senza molti pensieri.
E invece stava scendendo le scale con tranquillità, avvolto da uno strano silenzio che neanche il vento sembrava voler disturbare. Tuttavia, nonostante la giornata fosse iniziata nel migliore dei modi, non riusciva a stare tranquillo. Qualcosa non andava. Mancava una sensazione, un oggetto, un odore, una persona... mancava un tassello a quel mosaico che formava ogni attimo di quei secondi. C'era come già troppa magia nell'aria ancora prima del suo intervento.
Ritrovatosi di fronte il bancone della locanda, la sua attenzione venne immediatamente catturata da un uomo. Teneva un bicchiere in una mano e la bottiglia poco distante, e si poggiava al piano in legno con un gomito. Il bicchierino, più piccolo di una tazzina da caffè, era pieno fino all'orlo, ma il liquido marrone semitrasparente restava immobile esattamente come il braccio che lo reggeva.
-Ti consiglio di scappare, qui non è sicuro.- disse semplicemente Shydow guardando il cappello a falda larga, marrone scuro come il cappotto, che gli copriva completamente il viso.
-Dovunque tu vada non è sicuro, è così che condanni tutte le persone che ti vogliono bene.- commentò lui portando di scatto il bicchiere alle labbra e rovesciando il contenuto all'interno della bocca, per poi sbatterlo con forza sul bancone, rompendolo. Nonostante la mano si fosse tagliata, lui non batté ciglio, rimanendo impassibile come se nulla fosse successo.
Shydow si avvicinò a piccoli passi, tenendo il mantello nella mano sinistra e la destra lungo il fianco. -Ci conosciamo?- domandò incuriosito.
-Sì, ma tu fai finta di non sapere chi io sia.- rispose lui volgendogli lo sguardo, era inespressivo, e lo guardava con gli occhi vitrei e grigi. -Com'è che dicevi? Un viaggio dagli stessi aspetti... in un giorno della terza stagione... il suo sacrificio sarà compreso...-
Un brivido corse lungo la nuca di Shydow e poi per tutta la schiena. Si sedette di fianco l'uomo, osservandolo con uno sguardo che non aveva mai usato. La preoccupazione si era impossessata del suo viso, e la curiosità lo consumava. -Dove hai sentito queste parole?-
-Io sono il coccodrillo.- rispose con semplicità lui rimanendo immobile. -E nel corpo di questo capitano, ti avverto che è giunto il giorno.-
Shydow sgranò gli occhi. -Perché questo silenzio? Perché nessuno sta scappando?-
L'altro non rispose. Continuò a fissarlo per qualche interminabile attimo, dove forse il tempo si era dimenticato di dover scorrere. Solo quando la paura aveva riempito completamente le vene del ragazzo e le sue mani cominciarono a tremare, l'uomo misterioso riprese a parlare, ripetendo solo due parole con un filo di voce, in un rauco bisbiglio. -Tic... tac... tic... tac... tic... tac...-
Shydow eseguì uno scatto repentino che fece ribaltare lo sgabello. Non si curò se l'uomo stesse continuando a parlare, preferendo concentrarsi su qualsiasi cosa ci fosse lì fuori.
Appena aperta la porta, dovette portare una mano poco sopra la fronte per permettere agli occhi di riabituarsi lentamente alla luce del sole. Se non era mezzogiorno, lo sarebbe stato presto. Aveva dormito troppo, ancora meno tempo per intervenire.
Tolta la mano, sospirò guardando tutti coloro che si trovavano nel villaggio la sera prima erano immobili, imbambolati e fermi a fissare il vuoto. Blayke voleva inviargli un messaggio, e in questo modo ci era riuscito molto bene. Gli sfuggiva qualcosa, qualcosa che Phyneas aveva intuito con parecchio anticipo, considerando quanta organizzazione richiedesse uno spettacolo come quello. Non voleva pensarci, non voleva più pensieri di quanti la Chiesa già non gliene desse.
Pensò, quindi, che concentrarsi sul presente fosse la mossa migliore, anche se l'arrivo del ciclope non lo turbava per niente. “Un problema alla volta” continuava a ripetersi mentalmente. Si avvicinò con passo svelto fino alla folla ben ordinata, ignorando quasi in automatico gli occhi vitrei che avevano gli abitanti. Se ne stavano lì, inermi, disposti in ordinate con il viso rivolto verso le montagne, in lontananza.
-Ehi, svegliatevi, non è il momento di poltrire!- esclamò scuotendo una ad una le spalle dei presenti, che sembrarono svegliarsi da un sonno molto piacevole. Era come se la mano di Shydow stesse brillando di una strana luce gialla, anche se forse era un semplice gioco di ombre con quel sole così acceso.
In mezzo al borbottio confuso di molti, alcune voci si fecero preoccupate e la paura non ci mise molto a contagiare i presenti. Non avevano idea di cosa fosse successo, o di come mai il sole fosse già così alto nel cielo. Il pensiero di essere in ritardo dilagava ed era per la maggiore, insieme alle domande sul da farsi.
La paura si trasformò in puro terrore quando un sordo tonfo si sentì in lontananza. Segnò anche l'arrivo di uno spaventoso silenzio, rendendo ancora più forti quei suoni che si avvicinavano di secondo in secondo, scandendo il tempo. Con la precisione delle lancette di un orologio, i colpi diventavano sempre più forti e ben udibili, e con loro i battiti dei cuori di tutti i presenti. Shydow si fermò, con la mano sulla nuca di una giovane bambina, quando voltò lo sguardo alle sue spalle.
Dalle alte chiome di una modesta foresta ad est, comparve. Alto circa una decina di metri, dalla pelle grigia-bluastra, vestito di stracci e panni a brandelli e dai pochi unti capelli bianchi poco curati come la lunga barba pece, era lì, immobile, mentre fissava la prossima preda stringendo la presa sull'arma rudimentale nella mano destra. Sembrava che il suo tronfio respiro fosse sulla nuca di ognuno dei testimoni che, ormai, erano completamente paralizzati (tranne Shydow, che riprese a scuotere le persone con la stessa delusione di chi confonde una falena con una farfalla). Il ciclope era arrivato.
Zenyth misurava impaziente a grandi falcate la porta chiusa che dava alla camera del fratello. Non era mai stato un tipo molto paziente, e dalla sua nomina a purificatore sembrava esserlo diventato ancora di meno. Si era quasi dimenticato dell'odio che covava nei confronti del grande orologio per quante volte lo aveva guardato attraverso la grande finestra colorata. Astryal era appena puntuale, cosa che lo infastidiva non poco. Fosse stato per lui, si sarebbe preparato il giorno prima, lasciandosi un abbondante anticipo di almeno diciotto ore considerando l'importanza dell'evento. Astryal sarebbe diventato sacerdote, superandolo ufficialmente di rango nella gerarchia ecclesiastica.
Le porte si aprirono lentamente, spinte dai due servitori che, ormai da due ore, lo stavano vestendo con le dovute ed opportune cerimonie. Il lungo abito bianco e oro cadeva perfettamente sul ragazzo, esaltando la carnagione abbronzata del viso e della mano destra, che teneva saldamente lungo ramo di mogano dritto e levigato.
-Superiore.- salutò Zenyth con un profondo inchino.
-Non cominciare, sono ancora un purificatore, almeno per il momento.- sorrise Astryal avvicinandosi rapidamente e mettendogli una mano sulla spalla, invitandolo a rialzarsi. -E poi, il tuo giorno è tra meno di tre settimane, no?-
-Lasciateci soli.- ordinò ai due, che si congedarono dopo un inchino ancora più formale di quello di Zenyth.
-Oggi sembri ancora più brusco e teso del solito.- osservò il ragazzo, allungando l'occhio oltre la vetrata e guardando l'ora. “Però, sono in anticipo...” pensò tra sé e sé.
L'altro doveva essere riuscito a sentire quelle parole in qualche modo, a giudicare dallo sguardo con cui lo guardava. -Io dovrei benedire il suolo che siete destinato a calpestare per giungere alla cappella, mentre nostro padre, con tutto il rispetto che posso provare nei suoi confronti, è terribilmente in ritardo.-
-Prima di dire altro, ti chiedo di smetterla di parlare come i libri che leggi. È snervante! Senza contare che invecchierai prima dicendo cose come “giungere” o “destinato a calpestare”. E comunque la cerimonia formale non viene praticata da secoli, neanche nostro nonno l'ha fatta.- aggiunse prima che Zenyth potesse fare altrettanto.
-Astryal ha ragione, nemmeno io ho pregato per ogni passo che facevo in direzione della cappella.- raccontò Zalomon avvicinandosi a piccoli passi. I due volsero lo sguardo verso di lui, abbassando il capo subito dopo.
-Cardinale.- salutarono i due all'unisono.
-Dovete stare pronti, nella cappella non c'è solo vostro padre.- scherzò lui alzando una mano, segno che i due intesero come permesso per levare la testa.
-Lo sospettavo.- commentò Astryal ricambiando il sorriso.
-Dunque, col permesso di entrambi, io consiglierei di procedere, dato che abbiamo solo trenta minuti.-
-Per arrivare alla cappella... ragazzo mio, ti ricordi che noi siamo già nella chiesa?- domandò l'uomo preoccupato verso Zenyth.
-Certamente, ma trovo far aspettare due cardinali una gigantesca forma di mancanza di rispetto.- ribatté ovvio.
Astryal prese un profondo respiro. -Temo di dover concordare con mio fratello. Meglio cominciare ad avviarsi.-
-Giusto.- acconsentì Zalomon indicando il corridoio ai figli, che presero la strada.
-Le mie stanze sono state esaminate?- domandò distrattamente. Per quanto non lo desse a vedere, la cerimonia lo eccitava parecchio, quindi gli sembrava giusto cercare di pensare ad altro fino al momento in cui sarebbe dovuto entrare nella cappella, fissato dalle più alte cariche della Chiesa. Ripassare le preghiere non sarebbe stato utile, anche se le numerose simulazioni lo tranquillizzavano, in minima parte.
-Da cima a fondo.- rispose Zalomon fissando la lunga lastra di marmo di fronte a sé, che misurava con grandi passi. -Tuttavia non è stata trovata nessuna traccia, nessun segno d'effrazione.-
-Ma le parole del Sommo non portavano alla camera di Astryal?- domandò perplesso Zenyth.
-Certo, più precisamente in un luogo bagnato dai raggi di luna, quindi esattamente nella zona del giaciglio. È questo che mi preoccupa di più. Finché la questione non potrà dirsi risolta, continuerai a cambiare stanza ogni sera. Consideralo un invito da parte di tuo padre, ed un ordine da parte di un tuo superiore.-
-Non avevo comunque intenzione di disubbidire, padre.- sottolineò il ragazzo, diventando sempre più serioso ogni secondo che passava.
Zalomon osservò il volto pensieroso del figlio, e decise di continuare la strategia che gli aveva visto usare pochi attimi prima. -Com'è andata la pittura?- domandò guardando in avanti.
-Bene, credo. La cerimonia in sé è durata un po' più del previsto, ma non c'era molto da fare al riguardo. Credo fosse colpa mia. Devo ammetterlo, sono molto agitato.- spiegò Astryal mostrando le mani tremanti.
-Zenyth, potresti precederci fino alla cappella, per piacere?- domandò Zalomon voltandosi verso il figlio maggiore. Il ragazzo non diede la possibilità di aggiungere una sola parola a nessuno dei due che già aveva cominciato a camminare a grandi falcare verso la scalinata a metà corridoio, lasciandolo solo in balia del padre. -Ricordati, che non devi farlo per forza.- rammentò lui prendendolo per le spalle, attirando a sé il suo sguardo. -Siete entrambi diventati purificatori prima dei diciotto anni e pochissimi hanno ricevuto la nomina di sacerdoti a diciassette.-
-Zenyth lo farà a quindici.- borbottò abbassando la testa.
Ciò che voglio dire è che so quanto è difficile, e voglio ricordarti che non devi farlo solo per me, ma per te stesso. Hai seguito un percorso spirituale egregio in questi anni, e devi dartene atto.-
-È solo che... più passa il tempo e meno sento di doverlo fare.- spiegò lui titubante. -Temo non riusciate a capire, per voi dev'essere stato molto più semplice.-
-Ci misi il doppio del tempo per far applicare la pittura purificata, visto che continuavo a tremare come una foglia nel vento autunnale.- ridacchiò Zalomon, superando il figlio ed avvicinandosi alla finestra. Si portò le mani dietro la schiena mentre fissava un gruppo di ragazzi giocare nel grande cortile in pietra. -E poi inciampai per le scale, per il ritardo, si intende. Eseguii tutta la cerimonia con un grosso livido sulla fronte, anche se il cappello da sacerdote riusciva a coprirlo senza problemi.-
-Voi... avete fatto questo?- domandò incredulo.
-E non ti dico cosa è successo quando sono stato nominato cardinale...- commentò senza perdere il sorriso. Sì voltò verso Astryal, contagiando il suo volto e portandolo ad incurvare le labbra. -Mai nessuno ti punirà per un errore. Alazog, l'altro cardinale, non è così cattivo come tu possa immaginare.-
-E... be'...- Astryal cercava disperatamente un modo per ribattere, volendo difendere la sua paura che, all'improvviso, era divenuta immotivata. Se avesse sbagliato, cosa improbabile considerando le numerose prove, non sarebbe successo nulla, e se nulla fosse successo, tutto sarebbe rimasto esattamente come era prima di allora.
Senza aggiungere una parola, il ragazzo guardò il padre prendendo un profondo respiro e calmando il cuore che cercava, taciturno, di uscire dalla gabbia toracica senza farsi notare, allungando un sorriso sul volto illuminato dai raggi del sole penetrati dal soffitto in vetro.
Riprese a camminare, guardando in avanti e seguito dal cardinale, riprendendo un'espressione seria.
Era tranquillo, nulla sarebbe potuto andare storto.
Certo, come no...
In pochi rimasero al loro posto non appena il ciclope cominciò a caricare in direzione delle abitazioni in legno. Alcuni erano caduti in ginocchio e avevano cominciato a pregare, facendo storcere il naso a Shydow. La maggior parte iniziò a scappare, correndo nella direzione opposta o verso i campi a nord. Altri ancora rimanevano impalati, con la mente sovraccaricata da tutte quelle informazioni arrivate tutte insieme.
-Andate al sicuro!- gridò il ragazzo abbastanza forte da farsi sentire sopra le urla ad una donna con il figlio tra le braccia.
-Nessun posto è sicuro, ormai. Solo la morte.- rispose lei serrando gli occhi e stringendo l'abbraccio.
-Piano con l'allegria signora, mi raccomando...- borbottò sarcastico Shydow, cercandoli con lo sguardo. Ci volle poco più di un secondo perché gli occhi li cadessero verso Lysandra e Tyrell che, per chissà quale motivo, stavano correndo verso la locanda esattamente come il ciclope. Aveva anche intravisto il mercante della sera prima, ma preferì fare altro anziché osservare quelle due grasse gambe tremanti.
I fratelli, in quel momento, non avevano la minima idea su cosa fare, pensare o dire. Qualcosa li costringeva a correre verso quel posto che entrambi chiamavano casa da prima che riuscissero a ricordare. Volevano proteggerla, volevano tornare a quando le preoccupazioni ancora non c'erano. A quando potevano tornare dai loro genitori. “Nessuna magia o miracolo può ridarvi ciò che vi è stato tolto” ripeteva spesso l'anziano del villaggio, e adesso quelle parole rimbombavano come pesanti tamburi nelle menti di entrambi. Forse però non serviva nessuna delle due cose, né un miracolo, né una magia. Forse era vero. Forse serviva solo lasciarsi cadere nel confortevole abbraccio della morte, sperando che sarebbe stato qualcosa di rapido, netto. Senza esitazioni. Si fermarono solo una volta giunti di fronte la taverna, puntando i piedi dando le spalle alla costruzione, distanti almeno una trentina di metri. Videro la distanza che li divideva dal ciclope ridursi sempre di più, mentre il suolo sotto i loro piedi non accennava a voler smettere di tremare.
La testa di Lysandra si riempiva sempre più di domande: come mai era già mezzogiorno? Cos'era successo? C'era della magia? Cosa stava facendo Shydow? E Tyrell? Perché non era scappata insieme a tutti gli altri? Cosa sarebbe successo? Sarebbe stato doloroso? Non aveva detto nulla a suo fratello, che fosse arrabbiato con lei?
Lo sguardo le cadde verso Tyrell che ricambiò guardandola negli occhi, deglutendo. Nessuno dei due aveva idea di quale fosse la parola giusta da usare in quel momento, o se ne esistesse una. La paura su quel futuro così ignoto continuava ad aumentare, e con essa la velocità del respiro dei due, ormai quasi all'unisono. L'uno desiderava che l'altro fosse tranquillo, ed entrambi pensarono che il modo più semplice, per quanto banale, fosse un abbraccio. Lei si chinò leggermente verso di lui, cingendolo e facendo scorrere una lacrima attraverso gli occhi chiusi non appena vide che anche Tyrell aveva ricambiato il gesto. I passi si erano fermati, troppo vicini a loro per far intuire un lieto fine.
-Mi dispiace...- mormorò Lysandra sentendo il respiro del mostro sopra la sua testa. Cominciò a stringere la presa sulla schiena di Tyrell, in attesa dell'impatto con la grossa clava di legno che aveva intravisto in lontananza, o con una delle due manone che riusciva facilmente ad immaginare. Il cuore di entrambi batteva all'impazzata, facendoli vivere quei secondi di nero e silenzio molto lentamente. Forse un po' troppo lentamente, dato che il momento non sembrava voler arrivare. E poi silenzio? All'improvviso? Fino a pochi secondi prima tutti stavano urlando!
Titubante, dopo almeno un paio di interminabili secondi, decise di aprire gli occhi, vedendo quelli spalancati del ragazzo rivolti verso la sua sinistra. Non appena anche lei decise di voltare lo sguardo in quella direzione, non poté non sgranare gli occhi e spalancare la bocca anche lei: il grosso ciclope teneva ancora la mazza alzata sopra la testa, pronta a colpire, ma gli arti, il busto e la stessa arma erano legati da spesse cinghie color lava illuminate da luce propria. Cinque di quei vincoli si protraevano però verso le spalle dei due e Lysandra, con lo stesso timore con cui aveva aperto gli occhi, questa volta decise di girarsi, lentamente.
Dietro di loro, vide Shydow con la mano destra chiusa a pugno, le funi legate al polso ed un sorriso beffardo in faccia. Tendeva i muscoli del braccio senza troppo sforzo, bloccando completamente il mostro di quasi otto metri con palese semplicità.
“Ormai scappare è inutile...” pensò. “Un Arkano ed un Ciclope... siamo spacciati.”
Per quanto fossero bravi a nasconderlo, Zenyth e Astryal sapevano quanto potessero essere noiose le cerimonie private della Chiesa. Una cerimonia si dice privata quando a presenziare vi è una lista di persone specifiche, indiscriminate da posizione nella gerarchia ecclesiastica o dalla dottrina d'appartenenza, invitate per l'occasiona nel giorno del signore di almeno tre mesi prima della data prevista per l'evento designato; era una frase che entrambi avevano imparato a memoria ormai da parecchi anni. Se non si era il cardinale reggente si doveva rimanere in silenzio, alzati, seduti o in ginocchio. I veri fedeli ascoltavano le preghiere nella lingua antica di Kalgamesh, mentre i più annoiati si fingevano interessati pensando ad altro.
Zenyth si trovava lì, in piedi, alla destra del padre e con le spalle rivolte alla porta chiusa, mentre osservava Astryal in ginocchio al centro della stanza, con il lungo abito bianco che lo circondava come i petali fanno con un fiore. Entrambi, in ogni caso, si scoprirono contrariati dall'assenza del terzo cardinale. Zenyth vedeva il capo chino di suo fratello trovandosi ad alcuni metri dietro di lui e percepiva lo sguardo preoccupato attraverso la testa. Conosceva quel tipo di paura: la paura di dimenticare o sbagliare un dettaglio. Non c'era alcuna punizione neanche per il più grande degli errori, come entrambi ormai sapevano bene, visto che il Dio dai tre volti perdona sempre chi si pente. Ma ormai, quasi sacerdoti, non era il caso di commetterne dal loro punto di vista.
Ci vollero diversi minuti prima che la cerimonia arrivasse quasi al termine, quando la parola passò ad Astryal. Alazog, il primo dei tre cardinali, si voltò verso il ragazzo, diviso da lui solo per qualche gradino, tenendo l'alto e candido copricapo da sacerdote tra le mani con estrema cura.
-Copre la testa affinché gli abomini non possano toccare la tua mente.- disse nell'antica lingua senza nome.
-'Che il mio cuore è protetto dalla mia fede e dalla mia forza.- aggiunse il ragazzo con tutta la sicurezza che riuscì a trovare. Il cuore gli si era fermato di colpo, sapendo che, in quel momento, non avrebbe dovuto titubare. Zenyth, alle sue spalle, prese un profondo respiro di sollievo, non appena sentì quelle parole venire dette senza alcun intoppo.
-E quando Kalgamesh ti porgerà la mano...-
-...Io sarò pronto a lasciare queste spoglie mortali, per ottenere la gloria eterna al suo fianco.- concluse Astryal abbassando il capo ancora più.
Alazog portò il cappello sopra la testa, scendendo quei pochi gradini e giungendo di fronte al ragazzo. -Con il potere conferitomi e con la mia nomina, ti investo con il titolo di sacerdote della Chiesa del Dio Kalgamesh. Titolo che ti accompagnerà anche quando la tua fede lascerà queste mortali carni.- affermò adagiando il copricapo sulla testa del ragazzo, che deformò il volto in una smorfia di dolore. Inizialmente pensava che fosse solo stretto e che il cardinale lo avesse spinto troppo contro le sue tempie, ma la sensazione di bruciore era distinta e netta.
Zenyth alzò un sopracciglio quando vide del fumo grigio chiaro levarsi dalla testa e dagli abiti di Astryal, che cominciò ad ansimare. Si accorse che anche suo padre, Zalomon, osservava il centro della cappella confuso, credendo si trattasse di un gioco di luci o qualcosa di simile. Astryal si erse sulle ginocchia e posò il piede destro a terra, accompagnato dal respiro affannoso ed il cuore che batteva all'impazzata. Erano causati da una sola idea, l'unica cosa a cui non aveva pensato.
Si alzò di scatto, facendo volare via il cappello e cominciando a togliersi febbrilmente i lunghi vestiti, strappandoli quando sentiva troppa resistenza. I neri capelli ordinati si erano sciolti cadendo sulle spalle, diventando argentei in pochi secondi, come se il colore fosse versato in quello stesso momento da un recipiente invisibile. La pittura gesso si era scurita, divenendo color mattone e facendo sembrare i disegni cicatrici molto accurate e precise. Zenyth osservava la scena incredulo e terrorizzato quasi quanto lo stesso Astryal. Non sentiva dolore, o per meglio dire non ci stava facendo caso. Sperava solo di svegliarsi, in qualsiasi momento, nel suo letto umido di sudore. -I...io... non sono... io...- Si guardava le mani e le braccia disperato, non sapendo cosa pensare né tanto meno cosa dire. Vide solo il cardinale Alazog cambiare drasticamente espressione. Non spaventata, ma severa, quasi delusa. Lo guardava come gli avevano insegnato a guardare un Arkano.
Il pugno di Shydow era fermo mentre le cinghie rosso acceso tenevano il ciclope immobile, a pochi passi dai due. Lo sguardo di Tyrell rimaneva fermo sull'incantesimo di vincolamento, mentre quello della sorella viaggiava lungo le funi, facendo avanti e indietro rapidamente.
-Spostatevi da lì! È pericoloso!- gridò Shydow muovendo repentinamente il braccio verso sinistra, capovolgendo il gigante e costringendolo a terra, dove si divincolava speranzoso di liberarsi. Lysandra non se lo fece dire due volte e prese il Tyrell per una spalla, trascinandolo e allontanandolo dalla locanda. -Bene, ora siamo solo noi due mi lasci carta bianca o facciamo finta che sia un duello alla pari?- ridacchiò il ragazzo aprendo la mano. I vincoli scomparvero, dissolvendosi nell'aria come fumo colorato, e permettendo al ciclope, parecchio confuso, di rialzarsi. Neanche il tempo di rimettersi pienamente in piedi, che già aveva cominciato a caricare il ragazzo, con molta più grinta di quella appena usata verso la taverna parata dai due fratelli.
-BASTA!- esclamò Tyrell. La parola era uscita dalla sua bocca quasi da sola, senza che lui potesse controllarla.
Lysandra avrebbe assunto un'espressione confusa verso di lui, non avendo mai sentito un tono simile da parte sua, ma la sua attenzione era stata completamente catturata dal ciclope, se così si può dire. Lo stesso, infatti, era scomparso nel nulla subito dopo la parola del ragazzo, come era stato per le cinghie dalla mano di Shydow. Quest'ultimo osservava Tyrell allungando con un lungo sorriso soddisfatto sul volto.
-E finalmente, dopo quasi un anno e mezzo, eccoci qua.- sussurrò guardando il cielo. Non ci aveva fatto caso fino a quel momento: era una bella giornata. -Mi restano trenta giorni.-
Chi era rimasto fermo, in ginocchio a pregare, o aveva preferito nascondersi a scappare, si avvicinava lentamente al ragazzo, incuriosito da quello che aveva appena visto e sperando che non fosse ciò che pensava. Non molti erano riusciti a vedere interamente la scena, ma la descrizione, ridotta ad un sussurro viaggiava rapidamente da bocche ad orecchie.
Dalla folla spiccava una persona sulle altre, mentre si avvicinava a passo spedito. Shydow non conosceva il suo nome, ma bastava guardare le lunghe vesti candide oro e panna per fargli capire che fosse un uomo della Chiesa, probabilmente un parroco. Ciò, tuttavia, non gli fece perdere il sorriso, che però muto fino ad un piccolo ghigno.
-Nel nome del Dio dai tre volti, ti ordino di metterti in ginocchio.- ringhiò lui mettendosi in mano un lungo contapreghiere.
-Ha davvero mai funzionato? Qualcuno ha mai fatto quello che gli dicevi con questa semplicità?- domandò beffardo alzando le sopracciglia. -È chiaro che non lo farò. Sarebbe molto più logico cercare di scappare.-
-E allora spero che il tuo tornare all'Oblio sia qualcosa di doloroso, abominio.-
-FERMO!- sbottò una voce dietro molte altre teste. Al suo suono, però, l'uomo si arrestò immediatamente, fermando anche la lunga collana ornata di palline in legno. -Gazwig, allontanati da lui.-
-Signore, lo avete visto! È chiaramente uno di quei mostri!- protestò il parroco rimanendo immobile, spostando solo di poco lo sguardo.
-Può anche essere un paio di pantaloni, per quanto mi riguarda, ha salvato comunque le nostre vite.- continuò facendosi strada e rivelandosi al giovane: era un anziano gobbo con lunghi capelli e barba grigi scuro, che si reggeva ad un basso e nodoso bastone d'ebano. I vestiti logori e poco colorati erano vecchi e tenuti insieme da numerose toppe e cuciture, mentre uno strano berretto rosso cucito forse per una banana molto grossa, vista la lunghezza, era in perfetto stato. -Voglio che tutti quanti, qui presenti, si sentano in debito con quest'uomo che ha scacciato il ciclope.-
-La prego, non dica così... mi fa sentire vecchio. Ho diciannove anni, non me li faccia anche sentire.-
-Sono diciannove anni di troppo.- borbottò in bisbigli confusi Gazwig.
-E comunque, dovete ringraziare me solo in parte, il merito è anche di Tyrell.- spiegò mettendosi le mani in tasca e accennando a lui con il capo. Ognuno dei presenti sgranò gli occhi, puntando il proprio sguardo verso il ragazzo che, a sua volta, lo dirigeva verso Shydow. -Oh, andiamo, era palese. Neanche un paio di giorni e ci sarebbero arrivati da soli.-
-Io... sarei... un Arkano?-
-Per parafrasare un bel libro ti dico: tu sei un mago Tyrell.- recitò lui soddisfatto, perdendo il sorriso quando si vide unico ad aver colto il vero senso di quella frase. -Ma esatto, sei un Arkano. Certo, credo soltanto che tu sia un mago, non è facile dirlo con così poco.-
-Tyrell non può essere un mago!- esclamò Lysandra. -Non ha mai neanche fatto finta di usare la magia!-
-E allora? Solo perché tu non sei mai salita su un cavallo significa che non sappia cavalcare? Vista l'occasione, l'adrenalina... cioè, volevo dire le emozioni, e tutto il resto, la magia ha pensato bene di schizzare fuori dal suo corpo.- spiegò Shydow gesticolando. -C'è qualche problema a riguardo?-
-Be'... insomma...-
-Sono un mostro.- interruppe Tyrell con decisione. La sorella, in realtà, non aveva idea di come continuare la frase, e Shydow, con le mani in tasca e un ghigno compiaciuto sul volto, lo sapeva. -Quelli come te uccidono persone, interi villaggi, per puro divertimento!-
-Hai idea di quanto sia stancante usare la magia? Mica sono uno che spreca energia per passatempo.- rispose voltandosi poi verso l'uomo anziano, appeso al suo bastone. -Zaahid, giusto?-
-Ehm... io in realtà non ho detto ancora il mio nome...-
-Ah, già... scusi, quando si legge nella mente delle persone si tende a dimenticare cosa si è detto. Mi chiamo Shydow Neyer, e non richiedo alcun tipo di ricompensa per ciò che ho appena fatto, al contrario di quello che lei crede. Vorrei solo pranzare e andarmene da questo villaggio, in modo anche da permettervi di proseguire con le vostre vite come se io non ci fossi mai entrato.-
-Non ho niente da obiettare.- rispose lui pacato.
-IO SÌ!- sbottò Gazwig furente prima di indicare i tre. -Stiamo davvero prendendo in considerazione di lasciar andare via questi tre mostri? Senza nessun provvedimento?!-
-Scusa, ma cosa c'entra lei?- domandò confuso Shydow accennando a Lysandra.
-È amica vostra...-
-Silenzio! Non litigare come un bambino, Gazwig! O sarò costretto a prendere provvedimenti.- gridò Zaahid sovrastando il parroco con tono furente, ammorbidendolo appena si rivolse a Shydow. -Saremo sempre in debito con te, ragazzo.-
-Allora si presenti a Kaminesh tra trenta giorni, capirà quando dover partire. Se non vi dispiace, sono in ritardo per un duello.-
Il mercante a malapena avrebbe combattuto contro una persona normale, ma duellare contro un Arkano era qualcosa che non avrebbe fatto neanche morto. Non appena il ciclope era scomparso, e quello Shydow si era fermato a parlare di fronte a tutti, era corso alle stalle, dall'altro lato del villaggio, a legare il carro ai due cavalli in fretta e furia. Normalmente sarebbe stato più rapido, ma la paura nei confronti di quello che aveva appena visto era indescrivibile. Prima si era fatto mezzogiorno all'improvviso, il ciclope era apparso dal nulla e con la stessa rapidità era scomparso sotto i suoi occhi. C'era troppa magia per i suoi gusti, e quella gli sembrava una di quelle situazioni in cui era meglio tagliare la corda.
Si sedette sulla panca nella parte anteriore del carro, afferrò le redini con mano tremante e diede un deciso e forte colpo di polso, facendo partire i cavalli.
-Appa.-
Gli animali inchiodarono, facendolo cadere dalla piccola carovana. Dopo il tonfo, cercò di mettersi in piedi il più velocemente che riuscì. Aveva riconosciuto la voce.
Estrasse un coltello dalla cinta, puntandolo verso Shydow con mano tremante subito dopo essersi voltato. -N... non ho paura di te... f...fai un altro passo e io ti...-
-Non recitare se non sai essere convincente.- disse il ragazzo usando il tono di un professore che corregge uno studente, muovendo una mano come per scacciare una mosca. Il coltello volò via dalla mano del mercante, conficcandosi in una trave della stalla. -E non usare oggetti come quello, potresti farti male.-
Probabilmente non aveva mai neanche preso in considerazione l'idea di ascoltarlo, dato che era caduto al suolo con le mani tra la fronte e la terra. -Pietà! Sono solo un mercante, ho moglie e figli!-
-Due delle tre cose che mi hai detto non sono vere, ma non importa. Alzati.- ordinò prendendolo per un braccio, rimettendolo in piedi. -Prendo i tuoi cavalli, il tuo carro e tutto ciò che contiene. Questi dovrebbero bastare a pagare quel poco di onesto che c'è la sopra.- aggiunse mettendogli tra le mani una piccola sacca, lasciando che le monete risuonassero. Lo sguardo gli cadde sulla gabbia, e inevitabilmente sulla ragazza al suo interno, rannicchiata nell'angolo opposto che si faceva il più piccola possibile. -Le monete.-
-Come?- domandò lui in un sussurro, misurando incredulo il peso della piccola sacca.
-Ci eravamo accordati per dieci monete. Ricordi? Gli splendi? Sono le monete d'oro.- spiegò lui indicando la gabbia. Senza esitazioni lui aprì la borsa appena ricevuta, afferrando con poca attenzione alcuni splendi e lanciandoli verso la ragazza, che istintivamente chiuse gli occhi, non essendo sicura di cosa si trattasse. -Molto bene, la città da cui ti conviene ricominciare si trova a ventiquattro miglia in quella direzione. Un piccolo borgo senza molta criminalità. Ti conviene avviarti se vuoi arrivare prima del tramonto.-
Non se lo fece ripetere due volte, anche se per poco non se ne andò prima ancora di lasciargli il tempo di finire la frase. Con le monete ben strette in pugno, cominciò a correre verso il sentiero che gli aveva indicato Shydow, con passo decisamente più svelto di quello che il ragazzo sarebbe stato in grado di immaginare su quelle gambe.
In pochi passi si portò alle spalle del carro e salì con un piede alla volta, non degnando di sguardo ogni oggetto lasciato disordinatamente. Si chinò di fronte la gabbia, portando lo sguardo sulla serratura.
-Sasam.- sussurrò, sentendo poi un distinto suono metallico. Afferrò le sbarre, le fece scorrere verso l'alto e aprì la gabbia. Chinato, fece qualche minuscolo passo verso la ragazza, ancora più rannicchiata sperando come di riuscire a sfuggirgli, schiacciandosi contro la parete opposta.
Lui sospirò. -Tu... sei davvero molto forte...- commentò senza riuscire a tenere lo sguardo. Lei intravide un paio di occhi lucidi sul suo volto, ma preferì non interrompere il suo silenzio. -Riesci a capire quello che dico?- Lei annuì. -Sai chi sono?- Scosse la testa, titubante. -Sai cosa sono queste?- domandò portando una delle monete, molte più di dieci, di fronte agli occhi. Annuì di nuovo. -Sai come ti chiami? Potresti dirmelo, per favore?-
-Alyx.- sussurrò lei.
-Ciao Alyx, io sono Shydow, Shydow Neyer.- si presentò lui con un sorriso. -Secondo te voglio farti del male?-
-No... direi di no...- rispose, quasi confusa dalle sue stesse parole.
-Esatto. Io non ho intenzione di farti del male.- rispose avvicinandosi di qualche minuscolo passo, contento di non vederla più molto spaventata o intenta ad indietreggiare. -Vorrei che tu venissi con me per un po'. Mi piacerebbe prendermi cura di te finché non crederai di poter... continuare da sola.-
-Perché vuoi farlo?- domandò con voce rotta. Dopo alcuni istanti di silenzio decise di alzare lo sguardo, puntando gli occhi verdi su quelli viola del ragazzo.
-Forse sono semplicemente gentile.- scrollò lui le spalle. -Ma... diciamo che... devo un favore ad una persona.- aggiunse vago, rimettendosi in piedi. -Da qualche parte troveremo qualcosa di meglio di quegli stracci.- sorrise porgendole una mano. Alyx non ricordava molto, ma non rammentava di una sola occasione in cui qualcuno le avesse posto la mano con tanta gentilezza. La afferrò con le poche energie che riuscì a trovare, appoggiandosi a lui non appena alzata. Le gambe erano stanche e prive di forza, colpa forse di tutti quei giorni passati seduta o sdraiata. Shydow la reggeva senza sforzo, tenendola con delicatezza, timoroso della sua fragilità. -A quanto pare non sono l'unico ad aver saltato la cena.- ridacchiò.
--__--
Bella maghi,
chiedo a scusa, mi sono accorto in ritardo di non aver messo la storia anche qui ^^.
A breve dovrebbe arrivare anche il nuovo capitolo di Drunk, se ho avuto la decenza di pubblicare gli altri capitoli pure qui (che testa...).
Twittatemi che io vi twitto i miei capitoli XD: https://twitter.com/FFMaxCasagrande
Scripta blog, il sito con cui sto mandando avanti la collaborazione che ha anche l'esclusiva di “Ars Arkana”: https://www.scripta.blog/
Sono sempre alla ricerca di Beta-tester. Quindi, se volete, fatevi avanti!
Se avete un po' di tempo, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo con una recensione o un commentino qui sotto, mi fa molto piacere XD. (E poi divento più bravo!)
Se vi va condividete il capitolo, così divento famoso!!! \(^o^)/ (mai vero, ma comunque apprezzo :P).
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I problemi non sono fatti per essere risolti da soli.
Maximus "Max" Bighouse (M.J. Casagrande)
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Ars Arkana; Capitolo 1
Capitolo 1: Il viandante misterioso
Sarebbe bello cominciare questa storia come cominciano tutte le belle storie, con la frase “era una notte buia e tempestosa...”, ma in realtà tutto comincia di pomeriggio inoltrato, quando sono entrato nel villaggio sbagliato. Che diamine, se non fossi stato stanco tutto sarebbe stato più facile...
Sarete zelanti, oppure annoiati, ma in ogni caso le parole stanno per arrivare, che le vogliate o meno. Vi basti sapere una cosa: il mio mondo, come forse anche il vostro, è un luogo triste. Perché? Perché, come forse anche il vostro, è privo di magia. Ciò non toglie che possa essere usata: si può prendere dall'Oblio, da Kalgalesh, il Dio dai tre volti, o dalle stelle.
Non sono molte informazioni, ma sono sufficienti per iniziare.
Godetevi la storia, finché pensate ancora sia solo un racconto di fantasia.
Ormai era questione di minuti perché il sole sparisse dietro l'orizzonte, lasciando lo spazio al cielo scuro e alle lune che, in quel periodo dell'anno, si mostravano tutte e tre nel loro splendore, dal crepuscolo all'alba. Nessuna nuvola a macchiare la volta celeste, che a breve avrebbe sfoggiato tutte le stelle con smania di attenzioni. Di fatto era appena giunta la primavera e, con essa, la nuova stagione di produzione del villaggio. Bryamor era famosa in tutta l'isola per la sua birra, che veniva commerciata in lungo e in largo.
Quel pomeriggio, e quella sera, non facevano però parte di un giorno normale. Gli adulti si erano divisi in due fazioni ben distinte: chi ponderava il da farsi e chi pregava. Pregava per destino clemente, qualcosa di indolore o, in minor parte, per qualche speranza.
Tyrell, però, non era un adulto. Con i suoi sedici anni, non gli era permesso di partecipare alle riunioni del villaggio, quindi trovava più proficuo spendere il suo tempo ad aiutare alla locanda piuttosto che restare fuori dalla capanna del saggio a girarsi i pollici. La preoccupazione di ogni abitante, di fatto, non aveva contagiato nessun forestiero o mercante, considerando l'affluenza alla taverna e in quanti avevano preso una stanza, decisi a fermarsi in attesa dell'alba del giorno successivo. Tutti, ciò nonostante, sapevano.
-Ehi! Qui, altre due pinte!- esclamò allegro un omone cingendo il compagno con un braccio, alzando l'altro per attirare l'attenzione del cameriere.
-Arrivano immediatamente.- sorrise in risposta Lysandra, riempiendo due grossi boccali fino all'orlo con il liquido frizzante, inclinandoli per evitare di riempirli solo di schiuma. -Al tavolo laggiù.- disse a Tyrell, lasciandoli sul bancone di legno che, nonostante la pulizia, mostrava quanti fossero effettivamente gli anni della locanda.
-Subito.- rispose prendendoli entrambi e avviandosi a passo svelto verso il grosso signore che ancora teneva il braccio levato. Sapeva che non era cosa buona far aspettare chi chiedeva più di mezza pinta, soprattutto se teneva una spada sulla schiena.
La porta venne aperta di scatto e per poco non si staccò dalla parete. Il tonfo che provocò venne accompagnato da un paio di tuoni, che echeggiavano per tutta la pianura, limitata solo dalle montagne in lontananza, ad ovest. Tyrell e Lysandra guardarono la soglia incuriositi ed aprirono la bocca per salutare e invitarlo ad accomodarsi, ma le parole si erano fermate in gola. Non avevano capito quale fosse il motivo, restando a guardare il misterioso uomo avvolto nel mantello e fermo sulla porta. C'era qualcosa di strano in quello che stavano vedendo, qualcosa di sbagliato. La pioggia fuori cadeva a terra spostata leggermente dal vento, colpendo il terreno con forza e coprendo il cielo, rendendolo grigio e privo del fascino e che lo caratterizzava in quell'orario.
Il grande soprabito blu scuro tendeva al viola e lo ricopriva completamente, non mostrando neanche una minima parte della pelle. Per quanto si muoveva, poteva anche esserci una statua sotto quel mantello.
Il chiacchiericcio vicino alla porta riprese mentre quello del resto della sala non si era neanche interrotto. Tyrell, dopo aver posato i boccali al tavolo, si avvicinò con attenzione, spaventato e incuriosito allo stesso tempo. -Lei... vuole bere qualcosa, signore?- domandò titubante.
-Oh sì!- esclamò togliendosi il cappuccio di scatto e allungando un sorriso. Il giovane sobbalzò e si portò rapidamente una mano al petto. -Sono arrivato appena in tempo! Ha giusto cominciato a piovere.- aggiunse voltandosi e chiudendo la porta. -Se avete una camera libera gradirei fermarmi per la notte, e vorrei cenare, già che ci sono.-
Mentre il viaggiatore, poco più che ragazzo, si avvicinava al bancone, Lysandra mise via il solito pensiero che faceva quando vedeva qualcuno entrare nel locale (riguardante la grandezza della loro scarsella.) e dovette ammettere che era, come lei lo avrebbe definito, un gran bel ragazzo. La pelle del viso e delle mani era abbronzata, ma di chi il sole lo vedeva solo camminando parecchio. I lunghi capelli neri cadevano all'indietro, distanti solo alcuni centimetri dalle spalle, eccezion fatta per tre ciocche legate in una treccia sospesa pericolosamente vicina all'occhio destro, a metà strada per l'orecchio.
-Una pinta?- chiese Lysandra, non sapendo cos'altro dire mentre il viandante prendeva posto al bancone.
-Oh sì, sarebbe l'ideale.- rispose lui in un sorriso, sfregandosi le mani coperte dai guanti senza dita per qualche secondo per poi unirle e poggiarci sopra il mento, con i gomiti ben piantati sul tavolo. -Ho saputo che qui si fa la birra migliore del mondo.-
-Qui a Bryamor il luppolo cresce come da nessun'altra parte, anche se il merito sembra essere di tutti gli ingredienti, ma io la vendo e basta. Se ti interessa qualcosa dovresti parlare con Poiren: sa parlarti per più di un'ora sulle proprietà del malto se lo unisci al grano.- ridacchiò Lysandra riempiendo un boccale di rame. -E se è la prima volta che la provi, sembra tu debba berla qui dentro. Per quanto sono riuscita a capire, ne esalta la fragranza.-
-È da solo?-
-Come?- domandò a sua volta lui, voltandosi verso Tyrell.
-Per la camera... è da solo?-
-Oh, sì, sono da solo.- rispose distratto cingendo con le dita il boccale di rame, che gli sembrava contenere però molto più di una sola pinta.
-Un tipo come te che se ne va in giro da solo? C'è qualcosa che non va...- commentò la ragazza non appena Tyrell si fu allontanato abbastanza, diretto alla camera che avrebbe ospitato il forestiero per la notte.
-Può succedere, non sono un grande compagno di viaggio.- Bevve un avido sorso di birra prima di continuare. Doveva ammetterlo: era davvero ottima. -Parlando d'altro, non conosco ancora il tuo nome.-
-Può succedere, non te l'ho ancora detto.- disse lei con un sorriso beffardo sul volto. -I miei genitori mi hanno consigliato di non dire come mi chiamo agli sconosciuti.-
-Allora rimediamo subito, Shydow Neyer, al tuo servizio.-
-Lysandra Myllts, molto piacere.-
-Lysandra... un nome bellissimo.- commentò. -Ha un qualche significato?-
-No, o se ce l'ha nessuno si è mai disturbato a dirmelo. Temo di non essere una di quelle persone che crede nel significato dei nomi o cose del genere. Cosa puoi dirmi del tuo, invece?-
In quello stesso istante, una fragorosa risata scoppiò alla destra dei due, un paio di tavoli prima di quello che aveva servito Tyrell. Al tavolo erano seduti quattro uomini, e dai vestiti potevano sembrare molto, ma non guerrieri. E a Bryamor, oltre agli abitanti, si trovano solo guerrieri, alla ricerca di modi per spendere soldi del loro ultimo incarico, mercanti fermatisi per una sosta lungo il tragitto, o viaggiatori. Nei casi rimanenti, per ridere in quel modo si doveva aver superato il terzo bicchiere ormai da parecchio tempo. -Be', che devo dirvi? Sono fortunato e basta!-
-Trovare merce sul bordo della strada non è semplice fortuna!- esclamò a sua volta uno dei quattro seduti al tavolo. Shydow voltò lo sguardo verso il gruppo, incuriosito, senza però muovere di un solo millimetro la testa.
-Non so cosa ci facessero in quel monastero, ma quando l'ho presa era ridotta male.-
-Mi stai dicendo che l'hai trattata bene?- domandò un terzo con tono decisamente poco serio.
-Non appena messa in gabbia le ho dato da mangiare, dovevo fare altro? Una come quella venduta come schiava mi permetterà di comprarmi una locanda tutta mia! Ero stanco di questi viaggi, anche io ho bisogno di stabilirmi.- ridacchiò prima di continuare a bere.
-Un acquirente non sarà facile da trovare.- avvertì Shydow tornando a guardare di fronte a sé, fissando le molte bottiglie alle spalle di Lysandra. -Te la prendo io, se vuoi liberartene in fretta.-
Questa volta fu il silenzio a riempire la locanda. Nessuno fiatava, e tutte le parole, che prima viaggiavano rapide per aria, scomparvero in un'istante. Forse era curiosità, dato che compravendite del genere non avvenivano molto spesso, e non in luoghi così affollati, o forse c'era qualcosa, ad impedire ai pensieri di tramutarsi in parole, bloccandosi in gola senza voler proseguire. Qualcosa che nessuno riusciva a capire.
La ragazza avrebbe volentieri voluto ribattere, ma, come per tutte le persone nel resto della sala, la bocca non sembrava volersi muovere. Si era fatta ingannare,quello Shydow era ancora peggio di quanto potesse immaginare. -Fammi un'offerta.- rispose lui sorridendo. Non appena l'aveva sentito parlare, le sue sopracciglia si erano allontanate il più possibile degli occhi per lo stupore. Sapeva che “merce” come quella non si sarebbe venduta da sola, né facilmente.
-Dieci.- disse lui secco.
-I platini sono pezzi molto grandi...-
-Io parlavo di monete d'oro.- corresse Shydow, per poi bere un altro sorso abbondante, senza distogliere lo sguardo.
L'uomo si alzò. -È un po' poco.-
-Se vuoi puoi dargliene di più.-
-Dare... a chi?-
-Alla ragazza. La ragazza che hai rapito, stuprato e messo in una gabbia.- Shydow si alzò e guardò l'uomo negli occhi. -Devi darle dieci monete d'oro e lasciarla libera.-
Ci vollero alcuni interminabili secondi immersi nel silenzio prima che la taverna si riempisse di una fragorosa risata. Quasi tutti avevano trovato quelle parole troppo divertenti per essere vere. -E io che pensavo che tu fossi serio!- esclamò il mercante dopo un respiro profondo, che però non gli permise di smettere di ridere.
-Ti consiglio di accettare la mia offerta.- disse Shydow impassibile, come se il silenzio non fosse mai stato interrotto.
-Altrimenti?- chiese, perdendo l'allegria sul volto ed assumendo un'espressione minacciosa.
-Altrimenti sono sicuro che troverò un modo per convincerti.-
-Se vuoi combattere potevi dirlo subito.-
-Non credo questo sia il momento né il luogo adatto a farlo.- affermò lui, ancora immobile. Lysandra stava per ordinargli di uscire, ma fu come se il ragazzo l'avesse battuta sul tempo. -Domani, per le dieci credi di riuscire a smaltire la sbornia?-
-Ne sono sicuro.- sibilò lui. Il silenzio era tornato, e quelle parole, per quanto sussurrate, si sentivano distintamente. Shydow, comunque, si limitò a seguirlo con lo sguardo, senza spostare minimamente il volto quando il mercante lo avvicinò pericolosamente al suo orecchio.
Dopo un paio di infiniti attimi di sguardi, l'uomo se ne andò verso il piano superiore, raggiungibile tramite la scala in un angolo del piano. Solo quando non riuscì più a vederlo, Shydow si voltò, con molta calma, e tornò al suo posto, rimettendosi seduto. Le chiacchiere ricominciarono e lui bevve un altro sorso abbondante.
-Devo chiederti scusa, ho pensato che tu fossi un...-
-...Losco pezzo di merda che compra schiavi?- domandò in un sorriso. -Domani lo batterò, e lei con quelle dieci monete potrà fare quello che vuole.-
-Te lo sconsiglio.- borbottò lei, diventando improvvisamente cupa. -Uno degli esploratori che è arrivato questa mattina ha detto che un ciclope si sta dirigendo in questa direzione. Metà degli uomini in grado di combattere stanno accompagnando una carovana di mercanti, ma non possiamo richiamarli in tempo.-
-Ho visto il cartello di avviso appeso fuori dal villaggio.- raccontò annuendo.
-Ogni abitazione sarà rasa al suolo, e forse si salveranno la metà di noi. I qui presenti sanno di andarsene prima del suo arrivo, all'alba. Se vuoi, puoi ancora andartene.-
-Tu, fino ad adesso, sapevi tutto questo e mi hai sorriso? Come se nulla fosse?- domandò scettico.
Lysandra scrollò le spalle. -Cerco di non pensarci. Io e mio fratello non vogliamo muoverci di qui. In molti pensano che io non sappia, ma invece sono sicura che domani, prima di mezzogiorno, saremo entrambi morti. Lui ne è ancora all'oscuro.-
-Io non me ne vado.- sospirò Shydow alzandosi e lanciando un paio di monete d'oro sul bancone. -E non ho intenzione di farti crepare.-
-Credi di riuscire a battere un ciclope da solo?-
-Ne sono fiducioso.- sorrise voltandosi verso le scale.
Ebbe il tempo di fare qualche passo prima che Lysandra si accorgesse il valore dei dischetti aurei che aveva lasciato sul piano in legno con poca cura. -Questi sono troppi!- sbottò. -Anche ammesso che quello che dici sia vero, non posso ripagarti in nessun modo, che tu sconfigga il gigante o meno.-
-Se dovessi vincere, tu sarai mia.- ridacchiò lui. Le parole non erano serie, e ciò fu facilmente intuibile alla ragazza. -Altrimenti, morirò prima dell'ora di pranzo.-
-Non prendi una schiava, prenderesti una come me?- chiese ironica, speranzosa che anche Shydow stesse scherzando.
-Sono un tipo volubile.- sorrise compiaciuto prima di continuare verso le scale.
Lei lo raggiunse a grandi passi, fermandosi di fianco al ragazzo e separata da lui solo dal lungo bancone. -Come facevi a sapere che era una ragazza? E cosa le aveva fatto...-
Shydow si fermò, allungando un sorriso. Fissò il vuoto per qualche secondo, poi si voltò. Scrollò le spalle pigramente e disse solo una parola. -Magia.- e mosse febbrilmente le dita delle mani, con i palmi puntati contro di lei.
A Lysandra scappò una risata. -Tu non sei un mago, i maghi uccidono le persone. Se tu lo fossi, avresti già distrutto il villaggio.-
-Inizialmente volevo farlo. Ma te l'ho detto, sono volubile.- concluse salendo le scale.
Il piano superiore era formato solo da un corridoio, che collegava tra di loro tutte le stanze. Nonostante il legno fosse parecchio segnato dal tempo, continuava ad essere in buono stato, grazie sicuramente alla cura dei due giovani proprietari.
Pensò solo in quel momento di non aver chiesto a Lysandra quale fosse la sua stanza, visto che delle dieci porte che vedeva nessuna era aperta. Sospirando si voltò, triste di tornare di sotto dopo quella che avrebbe definito una bell'uscita ad effetto.
-Signore...- interruppe Tyrell da in fondo al corridoio, fermandolo all'improvviso. -La sua stanza è pronta.-
Il cuore di Shydow raggiunse lo stomaco non appena sentì la parola “signore”, e sembrò sprofondare ancora più con la frase subito dopo. “Non sono così vecchio, per favore, non darmi del lei” pensò tristemente, prima di riprendere il suo sorriso. -Grazie.- sorrise girandosi, cercando di non pensarci. -Allora ci vado subito.-
-Lei... non vuole andare via?- domandò perplesso il ragazzo, una volta raggiunto da Shydow.
-Nessuno al piano di sotto sembra voler andare via.- ribatté voltandosi, la schiena posata sulla porta.
-Ma loro lo faranno comunque. Tutti scappano dai mostri.- disse Tyrell con semplicità, fissando l'altro dal basso verso l'alto.
-E tu, invece? Non scappi?-
-Mia sorella non me l'ha detto, crede che io non lo sappia. Tutti gli adulti pensano che quelli più piccoli di loro siano anche più stupidi.-
-Io non lo penso.- sorrise Shydow incrociando le braccia. -Penso che morire senza fare niente sia sbagliato.-
-Anche scappare?-
-Soprattutto scappare.-
-Be'... io domani combatterò. Non mi interessa se dovessi perdere!- esclamò prevedendo la domanda che sarebbe arrivata.
-In tal caso, ti aiuterò.- Le braccia si sciolsero e Shydow mise una mano sulla maniglia.
-P...perché dovreste farlo?- domandò confuso Tyrell.
-Mi piacerebbe dire che è perché sono volubile, ma non avrebbe minimamente senso. Quindi dirò che... sono gentile, o cose del genere.-
-La gentilezza non porta le persone a morire.-
Shydow scoppiò in una fragorosa risata, forte e a pieni polmoni, che non fece altro che aumentare la confusione del ragazzo. -Se credi che un ciclope possa uccidermi significa che non mi conosci o non hai idea di cosa ci sia in giro per il mondo. Molto probabilmente entrambe, o forse semplicemente non ho fatto abbastanza cose stupide affinché il mio nome arrivasse fino a qui.- ragionò facendo spallucce ed entrando nella camera, chiudendosi la porta alle spalle.
Tyrell scese le scale.
Quel tipo era pazzo, lo sapeva, e sarebbe morto il giorno seguente.
--__--
Bella Maghi!!!
Lo so, era un sacco di tempo che non mi facevo sentire, ma la scuola è molto cattiva T.T.
In ogni caso, spero abbiate apprezzato il capitolo, a breve, almeno in teoria, dovrebbe uscire il numero due, ma potete già leggerlo sul blog di scripta XD. Ricordatevi di seguirmi sui miei social e... be’, buona vita e ci si legge.
Twittatemi che io vi twitto i miei capitoli XD: https://twitter.com/FFMaxCasagrande
Su Tumblr trovate tutte le mie storie originali!: https://www.tumblr.com/blog/maxcasagrandechannel
Scripta blog, il sito con cui sto mandando avanti la collaborazione che ha anche l'esclusiva di “Ars Arkana”: https://www.scripta.blog/
Sono sempre alla ricerca di Beta-tester. Quindi, se volete, fatevi avanti!
Se avete un po' di tempo, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo con una recensione o un commentino qui sotto, mi fa molto piacere XD. (E poi divento più bravo!)
Se vi va condividete il capitolo, così divento famoso!!! \(^o^)/ (mai vero, ma comunque apprezzo :P).
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