paukzen
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Viaggi fuori dai paraggi
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Sognai talmente forte che mi uscì il sangue dal naso
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paukzen · 2 years ago
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Trans-Pyrénées - part 2: Hendaye - Cerbere
Ed eccoci alla seconda parte del viaggio, per chi volesse (ri)leggere il racconto della prima parte, si trova quì.
Per riprendere il discorso, abbiamo lasciato i vostri affezionatissimi ad Hendaye (o meglio Hondarribia, in Spagna) sull'Oceano, dopo 9 giorni di viaggio e quasi 1.100 km con 26.400 m d+ (e, per non tralasciare nulla, con all'attivo anche 28 cols, di cui 6 over 2000 m).
Per quanto riguarda i cols, cosa che ho omesso di dire fino ad ora, alcuni non sono veri e propri cols in quanto salite a fondo cieco, ma tant'è, per semplicità li chiamerò comunque cols, non me ne vorrete, e la stessa cosa farò per la parte spagnola con i Puerti, Coll e Colladi.
Inoltre, se in Francia i Pirenei erano suddivisi per i vari dipartimenti, in Spagna sono invece suddivisi per le varie comunità autonome, quindi seguirò questa suddivisione.
E vai con il ritorno!
Paesi baschi e Navarra
Lasciamo quindi Hendaye percorrendo una ciclabile in parte sterrata lungo il fiume Binasoa ma che a tratti ci porta su un brutto stradone, fino a quando non la lasceremo per affrontare i primi cols del ritorno, non troppo alti in realtà: Orabidea (550 m), Col d'Oxtondo (602 m), Col d'Ispeguy - Izpegiko Lepoa (690 m).
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Ecco la ciclabile, in effetti carina, evidentemente ex-ferrovia.
Entriamo anche in Navarra ma poi ritorneremo nei Paesi Baschi, passando anche dalla Francia, per poi tornare in Navarra quindi sul posizionamento geografico esatto dei vari posti non ci giurerei troppo. Nota: quì ad un certo punto chiedo a Mattia se siamo in Francia o in Spagna e la risposta mi giunge subito dopo da sola: Francia o Spagna purchè si magna! E mai risposta fu più veritiera.
Ad ogni modo la seconda tappa resta nella memoria per i seguenti fatti:
Mattia buca per 4 volte; non siamo riusciti a trovare il problema che risolveremo solo dopo tre giorni (e la quinta foratura) con l'acquisto di un nuovo copertone
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Mattia scopre la mattina di avere una ruota a terra
Affrontiamo la salita più dura del giro e cioè il col d'Arthe: 5,38 km, 601 m d+ e 11,2 % di pendenza media che però, tenendo sempre a mente la regola pirenaica della livella guasta, supera spesso il 20%
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Quì sopra gli spagnoli fanno gli spiritosi 😖
Il pranzo migliore del giro in un posto stupendo sotto al Col d'Iraty (o Iratiko Lepoak, per cui, dal numero di K, deduco che quì siamo nei paesi baschi, vai a sapere)
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il posto del pranzo (peccato la macchina)
Lasciamo quindi quest'area misconosciuta (che sicuramente con una breve ricerca riuscirei a inquadrare meglio, ma mi piace il mistero) con bellissimi paesaggi davanti agli occhi e la pancia piena.
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Ecco i bellissimi paesaggi summenzionati. Che poi è anche facile essere bello: non c'è nessuno, è verde e c'è un po' di panorama, tanto mi basta
Aragona
Dopo una notte in un bellissimo campeggio ad Isaba (a questo giro in una camera da 6 dove eravamo solo noi 2 e al costo di 15 € cad.) entriamo in Aragona attraverso prima il bel Col de la Pierre Saint Martin (1765 m) e poi il brutto brutto (anche se poi c'è chi saprà fare di peggio, ma non vorrei anticipare troppo) Col de Somport, stradun in cui faremo la conoscenza con il gravillon, e cioè dei granelli incandescenti che vengono sparsi sul catrame, anche lui rovente, il cui scopo è evidentemente solo quello di farci morire dal caldo, oltre a quello che già dobbiamo sopportare per il sole e l'afa, che quì fa la sua comparsa. Noi a pedalare sul gravillon a 300 °C è stata una situazione veramente tragicomica ed ero sicuro mi si fondessero i copertoni.
Questa regione spagnola (quì sono sicuro) è caratterizzata, oltre che come anticipato dal caldo afoso (che ci porteremo dietro per 5-6 giorni), da una serie di valli con torrenti in cui tutti fanno rafting, kayak e canyoning; e direi saggiamente, considerato il caldo che fa non appena esci dall'acqua (e ti vieni a sdraiare, eh, eh).
Tra i vari fiumi il mio preferito sarà l'Esera che avrà l'onore di ospitarci nel solo bagno extra mare (o oceano, non fate i precisini) del viaggio.
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Quì mentre ce ne andiamo rinfrescati e soddisfatti.
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Una delle tante gole che formano questi vari fiumi.
In questa fase del viaggio superiamo i cols (e simili) a colpi di 4-5 al giorno: Puerto de Cotefablo (1423 m), Puerto de Fanlo (1372 m), Collado de Foradada, Coll de Fadas (1470 m), Puerto de Bonansa  (1380 m), Port de Viu de Llevata (1230) e Port de la Creu de Perves (1335 m) fino all'ultimo fantastico Port de Cabus (2302 m) che affronteremo su sterrato (stavolta senza copertoni danneggiati) e che ci porterà nell'unico posto brutto del viaggio (ANDORRA, lo scrivo in maiuscolo così non ve lo scordate).
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Il bellissimo Port de Cabus, su cui incontriamo tra l'altro gli unici due italiani dell'intero giro, i simpatici Samantha e Ivan di Lecco (che saluto), che affrontano i Pirenei in gravel. Grandi!
Andorra
Entriamo quindi in Andorra - noto paradiso fiscale e che già per questo mi stava un po’ sulle scatole - che quasi subito si svela a noi, turisti ignari, nella sua bruttezza consistente in una valle stretta attraversata da uno stradone a 4 corsie trafficatissimo e costellata da brutte cittadine costruite apparentemente senza un piano regolatore.
Per raccontare questa fase del viaggio anticipo che abuserò del termine "brutto".
Per continuare con la descrizione, a valle si trovano costruzioni brutte (alcune anche moderne ma in quel contesto risultano comunque, come dire, ehm... brutte) mentre in costa prevalgono le “residenze” (così c’era scritto, perché ognuna aveva un nome, evidentemente perché fa più figo) che in estate troviamo semi-disabitate. Scopro infatti che Andorra è soprattutto luogo di vacanze invernali per catalani mentre il turismo estivo è affidato a cose trash tipo Naturland (che fa molto Adventurland, il divertente film di Greg Mottola), per creare la quale un versante della montagna è stato trasformato (leggi "deturpato" o "rovinato") con giostre, ristoranti, parcheggi e tutto il peggio che vi può venire in mente.
Poichè comunque ci sono le salite, alcune delle quali non riescono ad essere rovinate da quanto sopra, ma soprattutto è un paradiso fiscale, ci sono un sacco di pro; per chi non ha familiarità con il ciclismo, i pro sono banalmente i ciclisti professionisti, che si riconoscono per: bici da XXmila euri, divisa ufficiale della squadra, sono magrissimi e ti superano a velocità quintupla (ecco, io non sembrerei un pro neanche ad un cieco).
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In tutto questo posso almeno vantare una foto con i gemelli Yates!
Le salite che affrontiamo noi sono La Rabassa (2037 m), che non riesce ad essere rovinata del tutto da Naturland, ma soprattutto il bellissimo Col della Gallina (1910 m) - irregolare e durissimo - che risulta essere una perla forse perchè la strada è chiusa e incredibilmente senza piste da sci. Se ne saranno accorti gli andorriani? Non diciamoglielo.
Purtroppo foto della salita non ne ho perchè troppo impegnato a stabilire il record della scalata.
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Ho comunque la foto del cartello in cima con il dettaglio della salita
Per completezza, lo stesso giorno scaliamo anche il Certers (1310) e ci prepariamo mentalmente a lasciare senza rimpianto Andorra, che doveva comunque ancora mostrare il peggio, se solo fosse possibile.
Infatti, per ritornare in terra spagnola, dobbiamo ancora affrontare il Port d'Envalira. Ebbene, trattasi di una grossa strada trafficatissima (anche questa frequentata da un sacco di pro, che ormai sapete chi sono) a tre-quattro corsie e che conduce su una cima con una serie di benzinai (4 o 5) e ad una pista da moto. Giuro
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Ecco la prova
La parte francese (in effetti prima di rientrare in Spagna si passa per un breve tratto in Francia) è forse ancora peggio in quanto vi è una coda lunghissima di macchine che salgono per fare benzina e shopping a Pas del la Casa, un paese bruttissimo costituito solo da negozi orribili.
Un’altra cosa curiosa (e brutta) è che subito dopo la dogana vi è un cumulo di auto, danneggiate o a cui mancano pezzi, abbandonate lì in mezzo alla strada; la qual cosa mi ha incuriosito, ma non abbastanza per andare a cercare in rete una qualsiasi altra cosa su Andorra.
Come beffa finale, il Port d'Envalira vanta il titolo di Cima Coppi dell’intero viaggio (2409 m) e in generale è il passo più alto dei Pirenei e, scopro ora, anche il più alto d’Europa ad essere aperto tutto l’anno, così è.
Catalogna
Ed eccoci compiere l'ultimo tratto del nostro viaggio che ci porterà a Cerbere prima pedalando ancora in Spagna - e affrontiamo uno dei miei passi preferiti dell'intero giro, il Coll de Jou (1637 m) - e poi, dopo un po' di altri prima coll (Spagna) e poi cols (Francia), in Francia.
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A Cerbere, non bellissima devo dire anche se alla fine ci eravamo un po' affezionati, c'è questo curioso hotel (ex) a forma di nave.
Per non fare torto alla Spagna volevo segnalare anche che a Portbou c'è una bellissima opera dedicata a Walter Benjamin, che è arrivato lì scappando dai nazisti e poi, sentitosi in trappola, suicidato.
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Dettaglio dell'opera del land artist israeliano Dani Karavan.
Delle ultime salite cito solo il bel Col de Banyuls (355 m) e il Col de Belitres (165 m), quest'ultimo perchè tra andata e ritorno + bonus (ved. dopo) lo passiamo per ben 4 volte.
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Ed eccoci a Cerbere per la foro di rito!
Per concludere il racconto, a Cerbere arriviamo con 3 giorni di anticipo (ci eravamo mantenuti larghi per imprevisti vari, compreso possibile maltempo, ma alla fine questi sono stati molto limitati) e poichè a nessuno dei 2 piace particolarmente stare al mare, decidiamo saggiamente di andare a visitare Girona, a 1 ora di treno da lì. E comunque meglio passare gli ultimi 2 giorni di vacanza in Spagna piuttosto che in Francia, non me ne vogliamo i nostri cugini.
Totale seconda parte: 1.090 km x 25.600 m d+ (e 30 tra cols, puerti, coll, ecc...)
Totale andata e ritorno (arrotondato): 2.200 x km e 52.000 m d+ (+ 58 cols)
Considerazioni finali:
Clima: i Pirenei si confermano tollerabili in quanto a caldo (e a tratti freschi). Il temuto mal tempo c'è stato solo per 2 giorni negli Alti Pirenei, ma è un classico. Lato spagnolo più caldo del lato francese e afa subita solo in Aragona/Andorra per 6-7 giorni
Cibo: a parte i supermercati francesi di cui ho già accennato nella prima parte, in Spagna si mangia meglio che in Francia ed ho apprezzato particolarmente le birrette a 1,50 € (in Spagna). Sempre a proposito di cibo, qualcuno dovrebbe dire ai francesi che le patate NON sono verdura!
Alloggi: in certe zone abbiamo avuto un po' di difficoltà; comunque, talvolta con un allungo/accorciamento della tappa o spendendo qualche cosa di più, abbiamo sempre trovato qualcosa (B&B, Hotel e alloggi vari). La spesa per l'alloggio (camera doppia) andava dai 70 ai 110 €. Particolarmente costosa è la petit dejeuner (colazione) in Francia (tipo 12 € cad.). Unico alloggio insufficiente è stato il pernotto in una tenda in un campeggio con materassini evidentemente pieni di insetti (cimici?), i cui morsi mi sono portato dietro per una settimana
Macchine: all'interno poche e moltissimi cols-eccetera fatti senza nessuno. Sempre in generale, automobilisti molto più rispettosi dei ciclisti
Girona (bonus)
E così finiamo la vacanza a Girona che entrambi conosciamo come bella e, per quanto mi riguarda, anche solo perché città natale di Nicolas Eymerich (inquisitore domenicano protagonista del bellissimo ciclo di romanzi di Valerio Evangelisti, che consiglio vivamente).
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Girona e il suo fiume
Scopro che Girona è anche una specie di capitale europea del ciclismo (soprattutto gravel ma non solo) questo sia per il clima, che permette di pedalare tutto l'anno, sia perchè tutt'intorno, vicinissimo alla città, vi sono bellissime colline con sterrate e strade asfaltate (queste senza macchine o quasi).
Tra le salite, la più vicina e famosa è Els Angels, a cui ovviamente dedichiamo un'escursione, ma un’altra molto bella ma un po’ più lontana è Rocacorba.
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Rocacorba
Girona è inoltre costellata di negozi di bici supercool, (menziono qui il The Service Course, l’Eat Sleep Cycle e il Velodrom) e di bar a tema bici (Hors Categorie e Espresso Mafia per esempio) che noi ovviamente visitiamo. In quanto supercool, i negozi hanno prezzi di bici e abbigliamento inaccessibili, motivo per il quale io e Mattia ci limitiamo a comprare, giusto come ricordo, una t-shirt in cotone ciascuno (io in realtà mi volevo liberare anche dell’unica maglietta che mi ero portato super-sintetica e che non sopportavo più).
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L'ingresso dell'Hors Categorie
Anche il popolo dei ciclisti, magrissimi e tutti raphati o maapati, è in effetti supercool e girano tutti con biciclette deluxe. Le cicliste, neanche a dirlo, sembrano tutte modelle e mi viene il sospetto che siano pagate dalla comunità dei vari bike shop-bar-coffee-ecc… per rendere il posto ancora più cool, e ci riescono eccome!
Insomma, spero prima o poi di tornarci in inverno in gravel!
Un grande ringraziamento va a Mattia per la compagnia, l'organizzazione e in generale per l'entusiasmo.
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paukzen · 2 years ago
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Trans-Pyrénées - part 1: Cerbere-Hendaye
Poco dopo che le prime nevi comincino a sciogliersi ed a liberare i miei amati passi alpini (e riprenda la mia attività ciclistica) arriva il momento di iniziare a pensare alle vacanze estive che, seguendo io i seguenti principi:
Andare in un posto il più possibile fresco
Andare in posti senza folle di persone (e quindi anche macchine)
Cercare un po’ di avventura (quindi viaggio itinerante)
Evitare l’aereo (per ragioni ecologiste)
è da molti anni che consistono in viaggi in bici in aree montane.
Dopo avere affrontato negli ultimi due anni in bikepacking gli Appennini (da Savona a Reggio Calabria, lungo il crinale: 2.310 km e 44.628 m d+), con il mio usuale socio di bici Mattia, e le Alpi (da Trieste a Nizza, attraversando 35 passi e 5 nazioni per un totale di 2.003 km e 42.025 m d+), queste in solitaria, in quanto a catene montuose sono in effetti un po’ a corto di idee e così traccheggio piacevolmente (altro mio principio sarebbe quello di decidere il più tardi possibile) fino a quando Mattia non mi propone la Trans-Pyrénées, sempre in bikepacking: dal Mediterraneo all’Oceano Atlantico e ritorno - idealmente dalla parte francese all’andata (da sud-est a nord-ovest) e dalla parte spagnola al ritorno. Le città di partenza e arrivo sono quelle più o meno ufficiali di chi fa una Trans-Pyrénées: Cerbere (Mediterraneo) e Hendaye (Atlantico), entrambe le ultime in Francia al confine con la Spagna (nel rispettivo lato, ça va sans dire: iniziamo a padroneggiare la lingua).
[In effetti i Pirenei li avevo già percorsi una volta, in una sola direzione, ma in modo un po’ diverso (con bici da viaggio, borse pesanti e tenda) e in ogni caso li ricordo molto belli, c’è poca gente e il caldo non è opprimente (almeno nelle parti centrali), Infine, ovviamente, non è che il nuovo percorso coincida con quello già fatto, eh, ma anche se fosse...]
Poiché Mattia è il re del tracciamento percorsi a lui spetta buttare giù le tracce gpx - che includano naturalmente i passi più rinomati o belli - mentre io mi dedico a trovare sul percorso i posti con alloggi disponibili e ipotizzare possibili tappe. Nel mio inconscio spero comunque che le tappe si incasinino subito (cosa che succederà soprattutto al ritorno) in quanto, un po’ più di Mattia, cerco di organizzare il meno possibile (il mio viaggio ideale sarebbe non sapere niente: ne’ la meta, ne’ quanto durerà il viaggio, ecc... anche se questo ovviamente non è possibile).
Ad ogni modo il viaggio è pianificato e non resta che prendere i biglietti dei treni e preparare le bici. Opteremo entrambi per la bici gravel con copertone “endurance” (da 30 mm io, da 28 mm Mattia) in modalità tubeless (spoiler: ritorneremo con 4 copertoni di marche diverse, 3 misure differenti e con un copertone ciascuno con camera d'aria). Luci, due borracce a testa, attrezzi, camere d’aria e pastiglie dei freni completano l'equipaggiamento tecnico. Per quanto riguarda l'abbigliamento, partiamo con un cambio completo da bici, i vestiti da civili (pochissimi e con il pezzo forte delle ormai collaudatissime scarpe da scoglio) e un plasticone impermeabile in caso di pioggia. Unico accessorio superfluo per me è il kindle a cui non so rinunciare. Libro teorico del viaggio sarebbe dovuto essere The passenger del mio prediletto e recentemente scomparso, ahimè, Cormac McCarthy, ma leggerò tipo una ventina di pagine in tutto.
Peso della mia bici 16,2 kg contro i 18 kg suoi (vinto 😊).
Eleggo a mio personale spirito guida del viaggio Thibaut Pinot.
PS Il mio post sarà diviso in due parti sia perchè già di per se' troppo lungo, sia per l'odioso limite di foto di Tumblr che non mi permetterebbe altrimenti di mettere tutte quelle che vorrei. A proposito di foto, il mio socio Mattia ne fa di molto migliori, basta vedere il suo profilo instagram, ma ci mette un sacco a ordinarle, sistemarle e darmele e così vi dovete accontentare.
Ora ci aspettano solo 4 treni e 12 ore di viaggio e mi piacerebbe poter dire di non avere sbagliato treno al penultimo cambio :(. Di scusanti ne avremmo - tipo che il treno prima era in ritardo, che l'altro treno era in una parte della stazione diversa e che partiva 5 minuti prima del nostro dallo stesso binario, le cavallette, ecc... - ma in ogni caso ammetto che siamo stati due fessacchiotti. Per fortuna, arrivati a Marsiglia, troviamo una facile soluzione (a 50 € cad.) per arrivare a Cerbere il giorno stesso e così arriviamo a destinazione seppure alle 22 invece che alle 17. Per punizione a letto senza cena!
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Quì dimostriamo di non perdere il buonumore
Altra disavventura del viaggio sono inoltre dei piccoli "danni" alle bici dopo il trasporto: il mio cambio piegato (lo raddrizzeremo a mano e reggerà tutto il viaggio) e un dente danneggiato della corona anteriore della bici di Mattia che gli faceva spesso cadere la catena e che risolveremo del tutto grazie all'assistenza di Albera Bike (merci). Al ritorno invece, altro spoiler, lascerò la sacca per il trasporto bici a Cerbere e mi toccherà comprarne una nuova (però molto più bella e leggera e ingombrante, almeno questo).
E finalmente si parte!
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Foto di rito della partenza dalla spiaggia di Cerbere
Pirenei orientali
Il nostro viaggio incomincia in Catalogna, nei Pirenei orientali, e, sorpresa ma non troppo, inizia (come finirà) nella nebbia e con un po' di pioggerella. E così, come sempre mi capita quando sono in Francia e piove, canticchio tutto il giorno dentro di me quel verso di Paolo Conte che recita "... mentre tutto intorno è pioggia, pioggia, pioggia e Francia" e subito dopo quello di Jannacci che cita Conte e che recita "che bella quella canzone che parla della pioggia, della Francia e non fa confusione in mezzo a tutta 'sta ignoranza", tutto questo in un loop infinito.
Come primo impatto, nella Catalogna francese si notano subito i doppi nomi sui cartelli all'ingresso dei paesi (in catalano e in francese)
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Belli i cartelli dei paesi francesi, no?
e in generale la doppia lingua (scritta e parlata) mentre nella parte spagnola, che attraverseremo al ritorno, la rivendicazione indipendentista è molto più sentita e ci imbatteremo in moltissime bandiere esposte e in un sacco di scritte e cartelli indipendentisti.
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La nostra scritta preferita risulterà essere "Desobediència el camì de la independència"
Quì tralascio tutta una serie di miei pensieri sulla questione in quanto non la conosco approfonditamente e rischio di crearmi degli haters tra il mio migliaio di follower spagnoli :).
Ad ogni modo i primi passi o, meglio cols (in francese), ci mostrano subito che quì con le pendenze non si scherza (ved. Tour Medeloc) e che i geometri comunali pirenaici (indipendenti, eh!) probabilmente non avevano a disposizione una livella o era guasta. In generale, durante tutto il giro anche i cols che mostravano pendenze medie accessibili (6-7%) poi nascondevano insidie, costituite per lo più da km di discesa nel mezzo, che ti portavano le pendenze restanti come niente fosse al 10-11% e oltre; insomma, sono stato sul chi va là tutto il viaggio e guardavo giustamente con sospetto ogni col.
Passo dopo passo, inteso come col dopo col (altrimenti avrei scritto pedalata dopo pedalata) le quote si alzano, e si lasciano i Pirenei Orientali, non prima di avere svalicato anche il Col de Mollò, oggetto di tante battute nel corso del viaggio, cosa che dimostra anche la nostra maturità.
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Foto esemplificativa delle pendenze pirenaiche è quella di Mattia che affronta il 13% del Medeloc mentre io, con la scusa della foto, mi preparavo mentalmente.
Altra cosa da menzionare che varrà per tutto il viaggio è l'inizio dei nostri pranzi (e talvolta cene) ai vari supermercati, tra cui si distingue per qualità e scelta il Carrefour Montagne con i suoi prodotti Sodebo (soprattutto quelli a base di tonno e uova). L'accoppiata Carrefour/Sodebo meriterebbe quindi sicuramente il ruolo di sponsor del viaggio se solo ci avesse(ro) fornito il cibo gratis, ma invece... peggio per loro. Quella del cibo del supermercato è una delle poche categorie, tra l'altro, dove la Francia è risultata migliore della Spagna.
Ariege e Alta Garonna
Queste due parti dei Pirenei me le gioco assieme perchè fino ad ora non le avevo ben focalizzate nella mia testa (varrà anche per altre aree) e inoltre ce le giochiamo in 3 giorni totali anche se riusciamo a conquistare un bel po' di cols quali per esempio: Col de Pailhères (2001 m), il Col de Port (1249 M), Il col d'Agnes (1570 m), il Portet d'Aspet (1069 m) - dove purtroppo durante un Tour de France ha perso la vita Fabio Casartelli, campione olimpico - il Col de Mentè (1349 m), il Port de Bales (1755 m) e il Col de Peyresourde (1563 m).
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Il monumento commemorativo, non troppo bello in realtà, per Fabio Casartelli sul Portet d'Aspet.
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19 km di benheur (19 km di felicità), recita il cartello all'inizio della salita del Port de Bales, ed in effetti è bellissimo
Menzione d'onore al Col de Pailhères, terzo nella mia personale classifica dei passi più duri, ma soprattutto primo affrontato oltre i 2000 m (di poco, eh! Ma tanto basta).
In generale si attraversano belle cittadine e i paesaggi sono un po' più alpini rispetto ai Pirenei orientali. Oltretutto il tempo regge: fa caldo sotto il sole ma non si muore, quindi bene.
La tappa nell'Ariege risulterà inoltre essere la tappa regina dell'intero viaggio con bel 150 km affrontati e 3.860 m d+, si poteva forse far di meglio ma va bene così.
Iniziamo a trovare sulle strade un sacco di animali liberi (in questo caso mucche, ma rischieremo frontali anche con cavalli, capre e qualche volta anche tori 🫥) che ci faranno compagnia lungo (quasi) tutto il viaggio, non gli stessi però!
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Cedete lo passo!
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Questa invece è la cima del Col de Peyresourde da cui lasciamo l'Alta Garonna e che segna il nostro ingresso negli Alti Pirenei, là dove osano le aquile!
Alti Pirenei
Ed eccoli gli Alti Pirenei, quelli a cui è stato rivolto il mio pensiero fin dalla programmazione del viaggio! Cosa ci volete fare... a me piacciono le alte vette.
L'ingresso in questo dipartimento ci vede innanzitutto protagonisti delle salite a due laghi - Lac de Long de Cap (2160 m) e Lac d'Aubert (2148 m) - e dello sterrato del Col de Portet (2215 m) che mi vedrà squarciare un copertone (poi velocemente rimpiazzato alla cittadina sotto per fortuna). Il numero dei cols over 2000 m conquistati ha quindi un'impennata!
Negli Alti Pirenei comunque ci sono i cols più mitici e conquistiamo in ordine:
Col du Tourmalet (2115 m): affrontato con nebbia e pioggerella (e in cima 7 °C). Cmq dalla nostra parte (da Campan) abbastanza sostenibile ma poi il tempo è peggiorato e dall'altra parte c'era uno sciame di ciclisti che lo affrontava con pioggia più sostenuta e più freddo. Insomma quasi mi commuovo, che passione il ciclismo!
Col de Tentes (2210 m): a fondo cieco, bellissimo. Di seguito poi faremo anche un'altra salita nella fantastica val d'Ossau fino al Lac de Gloriettes (1668 m). Abbiamo schivato la pioggia per miracolo e appena giunti in albergo si è messo a piovere (e continuerà anche il giorno dopo, motivo per il quale pernotteremo a Luz-Saint-Sauveur 2 notti e io mi comprerò un antivento degli Haut Pyreenes e delle mutande del Tourmalet, alè)
Luz Ardiden (1729 m): fatto A/R dall'albergo sotto una pioggia scrosciante, in discesa molto freddo ma almeno per una volta senza le borse
Col de Tramassel / Hautacam (1615 m); fatto in compagnia di Luke, alias Switrchback Saturdays, e, gli ultimi km della salita, di Dauphine, una dodicenne con la maglia di campionessa del mondo che non ho dubbi che lo diventerà
Col d'Aubisque (1729 m) che dal nostro lato lo si fa dopo il Col de Soulor ed in pratica sono pochi km ma forse il più bel col pirenaico? Sì 😍
Agevolo foto varie:
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Mattia all'arrivo al Tourmalet (presto si coprirà)
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Il Luz-Ardinen sotto la pioggia
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Io che, pavido, scappo a ripararmi dalla pioggia dopo la conquista della cima.
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Dauphine che dà del filo dal torcere ai miei due compagni di salita
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La salita al Col d'Aubisque (siamo a 1500 m quì ma sembrano le Alpi): non è una gran foto e non rende, lo ammetto, per cui meglio guardarle sul web, qui, o sul profilo instagram del mio socio quando si degnerà di postarle :).
Pirenei Atlantici
Con l'ingresso nei Pirenei Atlantici e nei paesi baschi stiamo ormai terminando la prima parte del viaggio e uno penserebbe che si cominci a sentire l'aria di mare ma... sorpresa! Ci aspettano paesaggi scozzesi con pratoni verdi e pecore (che non ci sono nella foto per puro miracolo).
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Pratoni verdi e nessuna ma proprio nessuna macchina
Ad ogni modo i paesi baschi mi piacciono un sacco perchè non c'è nessuno (almeno all'interno), c'è un sacco di verde (come anticipato), fa fresco e infine hanno delle bellissime case bianche e rosse e bianche a verde (nessuna differenza politica o altro ma solo a piacere come ci ha spiegato un simpatico basco).
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Quì attraversiamo un paesino con le case di cui sopra
Da quì fanno anche la comparsa, in ogni paese, i campi da pelota.
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Foto artistica di Mattia con me che dimostro di non avere capito l'utilizzo del campo
Ne approfittiamo anche per imparare i rudimenti della lingua basca visto che è sufficiente aggiungere ad una normale parola delle X, K, U e Z tanto quanto basta per renderla irriconoscibile e quindi non capire più nulla.
I vostri 2 affezionatissimi, dopo avere affrontato l'ultimo passo, il Col de Saint-Ignace (129 m) - in basco Santinazioko Lepoa! 😁- arrivano quindi sull'Oceano e precisamente ad Hendaye che si rivela disordinata, trafficata e affollatissima e così abbandonata subito dopo la foto di rito (e ovviamente un tuffo nell'oceano) per andare a pernottare nella sorprendentemente bella Hondarribia (Spagna), dove faremo la migliore cena della prima parte del viaggio. Aggiornamento del punteggio: Francia 1 - Spagna 1.
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L'oceano!
Totale prima parte: 1.083 km x 26.400 m d+ (e 28 cols)
FINE PRIMA PARTE (continua quì)
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paukzen · 3 years ago
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Transalps
Eccoci quì, a raccontare dell'ennesimo viaggio in bici, stavolta per uomini duri.
L'idea nasce anni fa dopo essermi imbattuto in un libro intitolato La traversata delle Alpi in bicicletta, ma, per cause ancora da accertare, ne ho sempre rimandato l'attuazione. Dopo avere tracciato il percorso, infatti, questo è rimasto lì a decantare fino a quando Omar Di Felice fa una cosa simile, chiamando l'impresa Linea di confine (c'è pure il film), e così mi ritorna la voglia di riprenderlo in mano e contemporaneamente modificarlo con i passi che più voglio fare (in rete poi troverò molti altri spunti, in pratica mi sento l'unico a non averlo mai fatto).
Et voilà, il primo passo fondamentale è compiuto.
E ora c'è da pensare all'equipaggiamento che nella sua versione definitiva sarà così composto:
Bici: Canyon Grail, più comoda della bici da corsa e soprattutto con rapporti più agili (48-31 x 11-34)
Pneumatici: Vittoria Rubino Pro IV Graphene 2.0 da 28 'mm. Avrei voluto tanto gli Schwalbe G-One da 30 mm ma non li ho trovati. Cmq alla fine soddisfattissimo delle Vittoria
Tenda: già la scelta di partire in tenda è una scelta. Al di là del risparmio economico, la tenda mi fa molto più "viaggio" e in generale penso che in campeggio ci siano persone più simpatiche e avventurose rispetto agli hotel, chissà mai che. La tenda è comunque leggerissima (Big Agnes Fly Creek HV UL1) ma comporta anche materassino, sacco a pelo (entrambi Sea to Summit, forniti dal mio amico Gianluca), asciugamano, ecc... Più volte (spoiler alert), causa pioggia, finirò comunque in Ostello, B&B o albergo.
Borse (bikepacking): divise tra le collaudatissime Ortlieb, Miss Grape e Topeak.
Altro: le fondamentali luci, gli attrezzi e ricambi per forature, un ricambio di vestiti bici, scarpe da serata di tipo "da scoglio", e un abbigliamento abbastanza leggero ma che alla fine comunque risulterà sufficiente
Libro: unico accessorio assolutamente superfluo è l'e-reader dove prima di partire ho caricato il nuovo libro di Lawrence Osborne Il regno di vetro. Piaciuto, ma una volta finito passerò a Bugiardi e Innamorati di R. Yates e quì siamo ad un altro livello.
Ed ecco la bici al completo:
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Dettaglio non trascurabile, sarò da solo in quanto il mio usuale socio Mattia ha ferie troppo in là.
Il totale, alla fine del giro, sarà:
giorni: 15 (+ prologo)
km: 2003 (vabbè, facciamo 2000)
dislivello: 42.025 (vabbè, facciamo 42.000)
Passi/salite: 35, alcuni un po' "al limite" per il poco dislivello, ma giusto così
Figo, no?
Ed ecco il resoconto con immagini, tappa per tappa . Al solito, Tumblr mi limita il numero di foto, quindi cercherò di non sprecarle. Ne ho fatte più di 400 in tutto il viaggio (senza selezionarle ancora, però).
Prologo: Trieste - Gorizia, 50 km e 306 m d+
Questa non la conto come tappa vera e propria in quanto la partenza da Trieste è alle 16,00 e arrivo solo fino a Gorizia. In teoria l'idea iniziale era partire da lì prestissimo la mattina successiva ma poi la voglia di iniziare subito ha preso il sopravvento.
Comunque, eccomi alla punto ufficiale dell'inizio del viaggio e cioè Piazza Unità d'Italia.
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L'uscita da Trieste prevede un po' di lungomare e dentro di me penso che alla fine lo rivedrò solo tra una ventina di giorni. Non che mi dispiaccia veramente, alla fine sono pelagofobico (il mare ad agosto prevede caldo, gente e traffico), ma tant'è.
Appena entro nell'entroterra trovo boschi devastati da incendi (tipo Calabria l'anno scorso) e percorro anche una strada in teoria chiusa (lo scavalcamento di transenne o altro è un mio marchio di fabbrica) dove ancora si sente odore di bruciato. Poveri!
Poichè percorro strade secondarie non trovo nessuno e già sono di buonumore, addio città!
Alloggio: Agriturismo Gartrož (parto con posto al coperto perchè il giorno dopo volevo iniziare il viaggio con tappone, ma così non sarà)
Ristorante: Al Ponte Del Calvario, posto rustico ed economico dove mangio pasta al pomodoro (da vegetariano sarò sempre un po' in difficoltà con i menu) ed è ottima.
Tappa 1: Gorizia - Bovec (Slovenia), 80,50 km e 1.114 m d+
In partenza canticchio O Gorizia, tu sia maledetta ma più che altro è tutto un "na, na, ..." perchè di parole me ne ricordo 1 su 10.
Quindi urge un ripasso:
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Ad ogni modo si costeggia il fiume Isonzo, da un certo punto in poi su ciclabile, e si passa il confine con la S-LOVE-nia e successivamente la celebre Caporetto.
In Slovenia il fiume Isonzo cambia nome in Soca (ci sarebbero le corna sulla c, ma la mia tastiera non le prevede) e seguendo questo raggiungo Bovec (Plezzo in italiano), non prima di essermi completamente inzuppato grazie ad un acquazzone (o acquivento come scriverebbe Gianni Brera) che inizia verso l'ora di pranzo. Rifugiatomi sotto una tettoia nel centro del paese, ne approfitto per gustare un buonissimo Borek (in rappresentanza del cibo balcanico) e per rimirare perplesso il cielo plumbeo.
Poichè la pioggia non smette per un bel po' e le previsioni del tempo dicono temporali per tutto il giorno (oltretutto io dovrei iniziare a salire a quel punto), mi reco al campeggio più vicino, attendo che spiova un attimo, e monto la tenda.
Ah, la valle del Soca - nella foto seguente un tratto particolarmente stretto, poi la valle si aprirà - è bellissima e tutte le persone si dedicano a kayak, rafting, arrampicata e bici:
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Alloggio: Camping Polovnik, senza infamia e senza lode, anzi con lode visto che mi sono ricordato ora che il tipo della reception mi ha offerto una birra!
Cena: la peggiore pizza mai mangiata (me ne ricordo solo una in Corsica all'altezza, o, meglio, in questo alla bassezza) alla Pizzerija Črna Ovca, che comunque, vedo ora in rete, ha curiosamente ottime recensioni, vai a sapere.
Tappa 2: Bovec - Ovaro (Italia), km 112,5 e 2.570 m d+
Uno Stato (Slovenia) lo liquido subito (in pratica è stato un omaggio a Luka Doncic e Tadej Pogacar), così come i primi 3 passi.
Le previsioni del tempo non sono buone e così parto molto presto sperando di evitare i temporali.
A proposito, la sveglia sarà per tutto il viaggio alle 5,30: orario che mi permetterà di partire - dopo lo smontaggio tenda, la preparazione delle borse e la colazione - verso le 6,30. A proposito, una cosa disagevole della tenda sarà smontarla ogni volta da bagnata e ritrovarmela bagnata la sera successiva, vabbè.
La colazione invece sarà costituita quasi sempre da qualcosa comprato in un supermercato la sera prima come banane, succo di frutta (o caffè in lattina in alcuni posti), dei biscotti e/o cioccolato.
Ma eccoci al primo prestigioso passo! Passo del Predil (1): 1.156 msm, 7 km, 7,3%, 508 m d+. Non un passone, ma la pendenza media è più che onorevole e poi non c'è una macchina, quindi promosso.
Breve discesa (tra l'altro dal passo sono ritornato già in Italia) e si passa alla Sella Nevea (2): vabbè, non è proprio un salitone (non metto i dati che mi vergogno), più che altro un altopiano, ma mi porta in un'altra valle e quindi tecnicamente è un passo e quindi lo conto. Sull'altopiano ci sono dei laghetti e poche persone, mi sembra di capire più che altro pescatori, e pioviggina, così mi fiondo veloce (si fa per dire) sull'obiettivo di giornata (ma anche uno dei principali passi del viaggio) e cioè il mitico Monte Zoncolan (3), affrontato da Sutrio, quindi versante meno nobile e anche un po' meno duro: 1735 msm, 13.5 km, 8,9% (!) 1203 m d+. Sticazzi, meno male che è più facile da questo lato!
I primi 9 km sono comunque abbastanza agevoli il che mi spaventa in quanto, se la matematica non è un'opinione, gli ultimi 3-4 saranno tutti ovviamente al 13% (e infatti!). Ad ogni modo non metto mai giù il piede e arrivo in cima contentissimo.
PS Prima dello Zoncolan, passo da Tolmezzo che ricordavo bellina ma invece non piaciuta. Ci arrivi tramite SS (che tra l'altro un tratto sarebbe anche la ciclovia dell'Alpe Adria: c'è da vergognarsi a fare pedalare una famiglia lì), è calda e non vedi neanche le Pale di S. Martino!
In discesa scopro però perchè il lato nobile è dall'altra parte (a parte la pendenza media dell'11%) e cioè che è mooolto più bello! La strada è minuscola e passa attraversano gallerie scavate nelle rocce, c'è un gran panorama e in più ci sono cartelloni con foto dei ciclisti più illustri, che fa atmosfera.
Ecco una delle gallerie che si trovano lungo la (mia) discesa dallo Zoncolan.
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Della discesa dallo Zoncolan mi gioco un'altra foto:
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Prendo ancora un po' di pioggerella arrivando al campeggio Zoncolan, che mi ero segnato, e lì cosa scopro? Che hanno anche l'Ostello a 20 € (vs camping 14 €) e quindi OVVIAMENTE non c'è nessuna scelta da fare, anche perchè di notte è prevista ancora pioggia.
Alloggio: Ostello Zoncolan, camera bellissima tutta in legno da 6 in cui sono da solo. 20 stelle!!!
Sotto, la prova di quanto è bello l'ostello e che sono da solo.
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Ristorante: quello un po' gourmet del campeggio. Mangiato ottimamente e speso un po' più del dovuto, ma poi cosa mi lamento che tra Svizzera e Austria ci lascerò un capitale ogni volta (mangiando peggio)!
Tappa 3: Ovaro - Passo Tre Croci, km 103 e 3.283 m d+
Tempo? Una merda.
Si inizia con la Sella di Razzo (4) - che poi lungo la salita si passano 2-3 "selle" con altri nomi (tipo Ciampignotto) - che sta a 1.752 msm ed è uno dei valichi alpini più alti delle alpi Carniche, questo ve lo dico per cultura personale.
Alla Sella si arriva prima con salita su strada dove non c'è nessuno e poi si pedala su un altopiano, e cioè quello di Casera-Razzo, dove trovo anche una pista di sci di fondo.
Piaciuto? Piaciuto. Infatti a me piace tutto.
Dal Cadore però cambia tutto l'ambiente ed entro nelle dolomiti vere (scusa Friuli) che però significa purtroppo anche più traffico. Meno male che pioviggina ancora e quindi questo ha limitato un po' il traffico verso Misurina, dove c'è il famoso lago:
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E quindi ecco un'altra salita di quelle mitiche: le tre cime di Lavaredo (5)! 2333 msm, 7,2 km, 8%, 576 m d+. E anche quì i primi 3 km sono più o meno agili, mentre i successivi 4 km partono dall'11-12% per poi arrivare al 14 e 15%!!! Aggiungeteci che a 3 km dalla fine incomincia a piovere fortissimo (e per circa 20 secondi sembra pure un po' di nevischio) e va a finire che mi sento Pantani e quindi arrivo in vetta senza mai prendere in considerazione l'idea di girare la bici. Alla discesa penserò poi.
In cima mi rifugio nel rifugio (eh! eh!) Auronzo (ultra-affollato di gente da tutte le parti del mondo) dove mi rifocillo, a prezzi sorprendentemente onesti, con minestrone, torta e mitico bombardino!
Poiché di foto della salita non ne ho (troppa pioggia) - e tantomeno delle 3 cime (che sono riuscito a non vedere MAI causa nuvoloni - ne posto una di me fuori dal rifugio Auronzo: un mio amico ha commentato che sembro sulla prua di una nave e un altro ha aggiunto "sì, il Titanic":
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Io e altri ciclisti siamo comunque perplessi, fa freddissimo, e attendiamo il momento propizio per congelarci in discesa che infatti arriva dopo un'oretta. Piove ancora ma meno e così ci si fionda giù tutti più o meno nello stesso momento.
PS Visto che non si trattava di un passo, ma si trattava di una salita su e giù, ho lasciato le borse della bici a Misurina dietro un albero al coperto, poi per fortuna ritrovate, daje!
Piove e piove e piove e penso con desolazione al campeggio che mi aspetta dopo Cortina (che si scrive CoRtina ma si legge CoVtina), ma al Passo 3 croci (6) - che annovero anche questo con un po' di vergogna visto che non è che una salita minima - mi imbatto in una struttura B&B Hotels, che conosco perchè ci sono già stato a Genova, Savona e Firenze. Mi chiedono 130 € per una singola (scontata da 140) ma compreso di cena (all you can eat, ci tiene a precisare la tipa della reception) e colazione, mmm... Consulto velocemente i prezzi intorno (ormai tutto bagnato e ancora sotto la pioggia ho abbandonato l'idea del campeggio), che sono tipo il doppio, e quindi eccomi ancora al caldo.
Alloggio e ristorante: B&B Hotels, a cena mangio tantissimo e bene, per almeno 60 €, e a colazione lo stesso quindi tutto sommato soldi spesi benissimo.
Tappa 4: Passo Tre Croci - Alpe di Siusi, km 124 e 3.255 m d+
Siamo nel cuore delle dolomiti, che sono fantastiche per statuto, talmente tanto che quindi, come anticipato, le strade sono piene di macchine, moto e, per fortuna, anche biciclette.
Oggi c'è il sole, ed è un passo avanti, così timbro:
Passo Giau (7), da Pocol (lato più facile): 2.236 sms, 8.6 km, 8.3 %, 716 m d+. Bella mazzatina ma bellissimo.
Passo Pordoi (8), da Arabba: 2.239 msm, 9.4 km, 6.8 %, 637 m d+, più facile e bellissimo
Passo Sella (9), da bivio Pordoi: 2.214 msm, 5.5 km, 7.3 %, 399 m d+, corto perchè preso già in quota (è parte del Sellaronda) e bellissimo
Passo Pinei (10), da Ortisei: 1.442 msm, 4,3 km, 5,6%, 242 m d+, fatto anche e soprattutto per evitare la trafficatissima Val Gardena, che mi porta alla sempre piacevole Alpe di Siusi.
Una giornata top!
In rappresentanza dei 4 passi ci metto questa foto in cima al Giau:
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E, siccome non ho ancora messo una foto con le montagne delle dolomiti in tutta la loro magnificenza, aggiungo questa all'imbocco della salita del Sella:
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Alloggio: Camping Seiser Alm a 5 stelle e che costa 30 € / notte (e mi hanno pure fatto lo sconto!). Camping molto bello, ma che cazzo!
Ristorante: quello gourmet del campeggio. Speso un sacco, mangiato bene.
Tappa 5: Alpe di Siusi - Langenfeld, km 138 e 2.680 m d+
A parte l'ultima tappa, il tratto più caldo del giro (pianura e sole): scendo a Bolzano e da quì, su ciclabile, vado a Merano e quindi, sempre su ciclabile (stavolta gravel), arrivo alla bellissima San Leonardo in Passiria.
Unico passo del giorno è quello del Rombo (11): 2.491 msm, 29,1 km, 6,2%, 1.796 m d+, insomma un mastodonte. All'inizio pure trafficatissimo e strada stretta e quindi mi ingrugnisco un po', ma poi magicamente si svuota e si apre un panorama strepitoso, proprio in corrispondenza di una provvidenziale fontanella (unica acqua della salita) e di un punto, appunto panoramico, da cui si può ammirare la valle:
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Salita lunghissima su cui fatico molto perchè inizio ad essere un po' stanco ma la soddisfazione è anche quella di avere terminato il mio primo terzo di viaggio, non so se come km, ma psicologicamente (= fine dolomiti).
Sul Rombo c'è il museo Timmelsjoch Passmuseum e la bandiera austriaca, perchè l'altro obiettivo di giornata è anche quello di toccare il terzo Stato del giro.
Ecco il museo, abbastanza scenografico, che scopro essere stato appena rifatto, in quanto distrutto da un incendio:
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Arrivo nella Valle dell'Inn - dove c'è un po' di traffico ma che dà fastidio relativamente in quanto gli austriaci sono gente civile - e quindi al campeggio.
Campeggio: ottimo, il giusto compromesso tra quello basic e quello super-accessoriato. Ad ogni modo, se non siamo a livello di prezzi svizzeri, poco ci manca.
Ristorante: quello del campeggio. Non ricordo neanche quello che ho mangiato, quindi alla fine non deve essere stato ne' buonissimo ne' pessimo.
Tappa 6: Langenfeld- Curon Venosta, km 126,7 e 2.343 m d+
Il mio itinerario prevedeva di stare in valle seguendo l'Inn ma poichè la ciclabile era in parte sterrata e si interrompeva spesso per lavori mandandomi sulla statale (trafficatissima) decido di improvvisare una strada alternativa che, scopro, avevo già fatto in passato.
La deviazione si rivela azzeccatissima e mi fa conquistare prima il Gischlewess (quasi 10 km al 5%) e successivamente il Piller Hohe (altrettanti 10 km al 6%) (12) che a questo giro li conto come 1 passo (già Sella Nevea e passo tre croci erano un po' forzati).
A pranzo azzardo al supermercato una piadina con dentro cous-cous che scopro pure ottima.
Scendo successivamente in valle e, pur capendo che c'è qualcosa che non quadra, salgo al passo Resia (13) dalla strada sbagliata!!! Cioè da quella nuova: più trafficata e piena di gallerie. Che babbeo!
Faccio la foto d'obbligo al campanile in mezzo al lago, ripensando al bellissimo libro di Marco Balzano Io resto quì, e proseguo fino all'albergo dove sta passando le vacanze la mia amica Laura, così per una sera non sto da solo.
Foto forse sprecata perchè ne avrete già viste già tante uguali ma vabbè, mi è venuta particolarmente bene:
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Alloggio: Hotel Stocker, dove pago 85 € con cena e colazione. Ci sta.
Ristorante: quello dell'albergo. Buono ma pensavo meglio. Però Achille, il gestore, si rivela un maestro nel fare i cocktail (ha raccontato che studia, va a corsi, gare, ecc...) e così bevo un ottimo, ma veramente ottimo, Moscow Mule!
Tappa 7: Curon Venosta-Celerina, km 142,5 e 3.893 m d+
Dopo un'ottima dormita, parto presto e mi sento subito in formissima. Boh, forse mi sarò allenato a mio insaputa nella prima settimana. Oggi record di passi (anche se qlc un po' tirato per i capelli), in strade che conosco molto bene: sono infatti nel punto più vicino a casa mia. Tornare? Ma va'!
Comunque i passi sono:
Sua maestà Re Stelvio, (14), dalla parte nobile di Prato allo Stelvio: 2758 msm, 24.3 km, 7.4 %, 1808 m d+, e già questo giustificherebbe la giornata. Salita mostruosa con gli ultimi 15 km sempre sopra l'8% e vista strepitosa. Cosa vuole di più un ciclista?
Foscagno (15), da Isolaccia: 2.291 msm, 15.4, 6,1%, 946 m d+, insomma, una salita vera se non fosse che si conferma sempre brutto brutto. Trafficato e senza niente di particolare che lo renda un'esperienza da ripetere, ma poi puntualmente capita sempre di rifarlo.
Eira (16), vabbè questo saranno 3 km, sarebbe stato da contare insieme al Foscagno, invece no, ormai l'ho contato e boh.
Forcola di Livigno (17), da Livigno: 2.315 msm, 12.07 km, 3.7 %, 450 m d+. Ok, non difficile ma passo a tutto gli effetti, almeno questo.
Bernina (18): 2.329 msm, 3.35 km, 8.2 %, 276 m d+. Sì, ok, non lo faccio più, ma conto pure questo anche perchè ti porta in Svizzera! Mia croce e delizia.
Ecco gli ultimi temutissimi km del Re Stelvio con i relativi tornanti (48 in tutto):
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Ed eccomi in cima (tra l'altro non sarà la cima Coppi del viaggio, che beffa):
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Wow!!!
Tocco il 4 Stato e sono carichissimo per la giornata di oggi e per gli ormai non più lontanissimi Susten e Grimsel.
Ad ogni modo arrivo a Celerina, che ben conosco per le mie sciate in Engadina, abbastanza sul tardi e cercando quasi per curiosità i prezzi degli alloggi in internet, scovo a 50 € (in Svizzera è come regalato) un posto in dormitorio (ma in cui sarò ancora una volta solo!!!) all'Ostello Inn Lodge. Così è deciso.
Mi sarò meritato una birra o no???
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Alloggio: Inn Lodge, vedi sopra. Ottimo da ogni punto di vista, colazione inclusa, ma soprattutto perchè ancora una volta mi ritrovo da solo in camerata :)
Ristorante: da Bo's Co., che capisco solo ora leggersi "bosco" e in effetti è tipo giardino e improntato sul vegan/veggy. Mangio una pasta a 23 € ma il ragazzo che gestisce il posto, impietosito, me ne offre un altro ricco piatto. Ottimo!!!
Tappa 8: Celerina-Disentis, km 131 e 2.067 m d+
Diciamo "tappa di raccordo" perchè dopo avere scalato l'inedito Albula (19): 2316 msm, 9.5 km, 6.6 %, 629 m d+, che credevo brutto ma invece è bello (e comunque sempre meglio del vicino Julier) cazzeggio un po' e, a parte la salita di Versam (20) di 2,2 km che conto solo perchè MyCol la inserisce tra le salite d'Europa (sic.), il tutto è un lungo pianoro / leggerissima salita che mi porta a Disentis.
Evitando la statale, si percorre però la bellissima valle di Surselva, fatta appena un mesetto fa in senso contrario con Mattia, che è tutta canyon e strettoie e rocce e che rende questa tappa tutt'altro che noiosa.
La valle è fatta così:
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E poichè una foto della tenda prima o poi volevo metterla, eccola quì alle ore 5,30 della mattina successiva, in tutta la sua fierezza:
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Alloggio: TCS Camping Disentis, piaciuto un sacco!!! C'è anche un laghetto. A proposito, i campeggi svizzeri hanno praticamente sempre un locale chiuso a disposizione per leggere o guardare la tv (se c'è) o cose così e ovviamente è sempre ampio e pulitissimo. Insomma... E' solo perchè sono un signore che evito tutte le volte di dormire direttamente lì dentro. PS Tra l'altro pure nei cessi pubblici svizzeri, anche questi immacolati, c'è sempre questa tentazione. Chissà, prima o poi...
Ristorante: Quello del campeggio. Ho mangiato un poke di falafel (buono!) e patatine fritte.
Tappa 9: Disentis-Ulrichen, km 133,5 e 4.120 m d+, ovvero the Queen Stage!
Parto prestissimo perchè mi attendono 2 dei passi che più volevo fare da un sacco di tempo. Da Milano sono un po' lontani e così ho deciso di prenderli da Trieste, tiè!
E quindi dopo l'iniziale Oberalpass (21) 2.044 msm, 20,4 km, 5.7 %, 604 m d+, che prendo dal lato Disentis e che scende ad Andermatt - cittadina in cui ho evitato di alloggiare in quanto CoVtina della Svizzera e quindi bellissima ma costosissima - mi accingo finalmente a conquistare i miei due passi più attesi del giro:
Susten (22), da Wassen: 2.224 msm, 17.4 km, 7.5 %, 1308 m d+. Uuuh!
Grimsel (23), da Innertkirchen: 2.165 msm, 26 km, 5.9 %, 1540 m d+. Uuuh!
A dire il vero il trasferimento Andermatt-Wassen non è il massimo, anche se all'inizio il percorso per bici prevede di passare da delle gole abbastanza suggestive, ma il Susten e il Grimsel sono tra i più bei passi che abbia mai fatto! Il Grimsel, a tratti sotto una leggerissima pioggerellina, era pieno murato di ciclisti e sulla salita c'era persino la polizia stradale a redarguire moto e macchine troppo sportive.
Due foto in rappresentanza dei due passoni svizzeri sono d'obbligo.
1) Ghiacciaio e un lago a forma di cuore (discesa Grimsel).
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2) Arrivo al passo Susten:
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Complice anche il tappone, finisco però poi a fare una scemata fermandomi troppo presto al campeggio Neufenen mentre avrei potuto proseguire un po' e portarmi avanti sulla infinita pianurona che mi aspetta il giorno dopo.
Alloggio: campeggio Neufenen, no comment. Tipo antipaticissimo, vuole solo contanti, non rilasciando nessuna ricevuta, e che non fa nessuna registrazione. Vabbè, alla fine dormo bene e quindi ok
Ristorante: Hotel Walser dove mi portano una pastasciutta non buonissima ma in compenso abbondantissima! Il prezzo non me lo ricordo ma comunque promosso!
Tappa 10: Ulrichen-Martigny, km 133 e 401 m d+
E dopo la Queen Stage mi tocca la tappa che più temevo: piattone infinito sulla ciclabile del Rodano. Alla fine ero più stanco che non a fare Susten e Grimsel!
Non ho molto da commentare a parte che, per quanto noiosa, una ciclabile così noi in Italia ce la sogniamo per come bene è tenuta e per la segnaletica.
Ciclabile del Rodano:
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Ogni tanto comunque la vista cambia di brutto. Cioè è uguale ma il fiume è dall'altra parte della ciclabile.
Intorno hai comunque le montagne e così alla fine, tra una sosta e l'altra, arrivo a Martigny dove si alza subito un vento fortissimo che mi impedisce di montare la tenda per un bel po'.
Oggi, va da se', unica tappa senza passi :(
Alloggio: campeggio Martigny
Ristorante: con una mossa azzeccatissima vado al ristorante Thailandese Siam-Thai dove posso mangiare riso a volontà! Alla fine non economicissimo, siamo sempre in Svizzera, ma il rapporto quantità-prezzo è ottimo.
Tappa 11: Martigny-Bourg St. Maurice, km 149,51 e 3.755 m d+
E oggi arriverò in Francia (quinto e ultimo Stato attraversato)! Inizia quindi l'ultimo terzo psicologico del mio viaggio.
La tappa inizia però malissimo perchè il Gran San Bernardo (24): 2.469 msm, 30.6 km, 5.7 %, 1.752 m d+, affrontato dalla Svizzera (da Sembrancher, anche se la salita inizia in pratica a Martigny) è davvero brutto brutto. All'inizio trafficatissimo, poi migliora un po' ma per finire in una galleria (per fortuna aperta sul lato salita) di tipo 8 km (boh). Gli ultimi 7 km sono invece molto belli (dal 7% al 9%) ma non ripagano secondo me tutto il tratto prima e quindi lo inserisco nella lista dei passi da non fare più.
Ecco una foto dell'ultimo tratto:
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A sorpresa però il lato italiano è molto più bello e, seppure ancora un po' trafficato, regala un bel panorama e infatti è pieno di ciclisti.
La discesa è velocissima e mi porta ad Aosta dove mangio un ottima farinata (anzi 2) accompagnata da coca-cola (anzi 2).
Non ho tanta voglia di fare il Piccolo San Bernardo (25), da Seez (Aosta): 2.188 msm, 27.7 km, 4.6 %, 1.284 m d+, ma poichè non vedo l'ora di arrivare in Francia mi ci metto d'impegno e proseguo. Che poi "Piccolo"... Sono 28 km di salita!!! Comunque è mooolto più bello del Gran San Bernardo, soprattutto in cima, e così sono contento per un sacco di ragioni.
Sono a 1.700 m di quota, è quasi sera e fa freddo e così non mi sembra il caso di andare in campeggio, o forse sono solamente un po' stanco per la tappona di oggi, quindi, tanto per cambiare, cerco un alloggio al coperto.
Alloggio: Albergo Belvedere, che mi fa 50 €. Un po' antiquato negli arredi e tutto ma perfetto!
Ristorante: quello dell'albergo: ottimo, ma proprio ottimo.
Tappa 12: Bourg St. Maurice - Saint-Michel-de-Maurienne, km 120,52 e 2.339 m d+
Il prestigiosissimo obiettivo di giornata è il passo più alto d'Europa, il col de l'Iseran (26), da Val d'Isere: 2.770 msm, 15,7 km, 6%, 932 m d+.
Fantastico!!!!! Bello, bello e ancora bello! Fatelo anche voi prima o poi!
Quì tre, anzi 4, ciclisti che arrancano :) sotto di me:
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Ma accipicchia arriva ancora la pioggerella in discesa, anche se in realtà non dà molto disagio, ma le previsioni per la notte e il giorno dopo sono pessime. Motivo per cui, dopo la brutta strada da Modane a Saint-Michel-de-Maurienne (pure lui brutto paese con un brutto campeggio dove ero già stato), trovo un albergo veramente messo male ad un costo ragionevole e anche per stasera non ho dubbi su cosa fare (e in effetti pioverà forte tutta notte).
Mi rendo conto adesso che gli alberghi non sono stati proprio pochi, ma ci sta, e resto contento di questo mix (anche se con un po' di freddo e pioggia in meno il bilancio campeggio/hotel sarebbe stato più favorevole). Ad ogni modo, scrivo anche come memo per il futuro, che in realtà anche quando faceva freddo di notte, in tenda sono stato sempre bene. La mattina uscire alle 5,30 era un altro paio di maniche, ma patendo un po' alla fine era più che fattibile.
Alloggio: Savoy Hotel
Ristorante: quello dell'Albergo, abbastanza pessimo.
Tappa 13: Saint-Michel-de-Maurienne - Guillestre, km 122,49 e 3.448 m d+
Quando penso alla Francia alla fine in realtà penso a questo.
Considerate le previsioni, pioggia tutto il giorno ma peggio nel pomeriggio, parto prestissimo con la speranza di non trovare brutto brutto e in effetti incredibilmente mi va benissimo.
Le salite verso Telegraph (27): 1.566 msm, 11.8 km, 7.3 %, 856 m d+ e Galibier (28): 2.646 msm, 18.1 km, 6.9 %, 1.245 m d+, che in pratica costituiscono un'unica salita (ma che io conto come 2 perchè sono 2), partono da 10 m dal mio albergo e mi accolgono con un bel sole, solamente velato a tratti. Sorpresa: non ci sono le marmotte (nooooo!), ma da Valloire in poi resta la mia salita preferita al mondo.
Agevolo una foto tra le 100 che ho fatto:
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Oltretutto, per via di una manifestazione (scopro solo in cima), la strada dall'altra parte è chiusa al traffico e quindi macchine e moto ZERO. Mi godo metro su metro e in cima c'è anche un ristoro aperto a tutti così mi rifocillo con banane, torte, succhi, cioccolato e qualsiasi cosa riuscissi ad ingoiare.
Però ecco la sorpresa, cioè non molto visto che mi era già successo lo stesso quando avevo fatto il Galibier un po' di anni fa: dall'altra parte, ma già sul passo a dire il vero, il tempo è completamente diverso: freddissimo, vento gelido e nuvoloni neri che porteranno per fortuna, da lì a poco, solo pioggerella.
Ad ogni modo scendo fino al Lautaret (passo che, almeno questo, ho avuto la dignità di non contare perchè fatto in discesa) e mi stupisco che con quel tempo ci siano ancora centinaia di ciclisti che iniziano la salita in quel momento (dal Lautaret è comunque più breve, circa 8 km) ed è tutto bellissimo.
Eccolì quì gli intrepidi, con uno strepitoso sfondo!
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Dopo il brutto stradone verso Briancon, che come sempre è pieno di ciclisti - e quindi gli automobilisti sono abituati e attenti - ancora sotto pioggerella, spunta un po' di sole e così decido in tutta fretta di rischiare anche il col de l'Izoard (29): 2.361 msm, 20 km, 5.7 %, 1.141 m d+ che in pratica faccio da solo, ma solo solo, nessuna macchina, nessuna moto, nessun ciclista. D'altro canto il cielo è ridiventato nero nero.
Anche l'Izoard, già fatto 2 volte in precedenza, è bellissimo e subito dall'altro lato c'è quel paesaggio lunare, la Casse Deserte, veramente suggestivo.
Una foto la metto per contratto con me stesso, ma quì potete vederne un sacco di migliori:
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Arrivo sotto la pioggia a Guillestre e quì tanto per cambiare, sdegnato il campeggio dove sono già stato, cerco una sistemazione all'asciutto.
Excursus narrativo: ogni volta che sono sotto la pioggia in Francia (che avviene spessissimo, come potete immaginare) mi viene sempre in mente Parigi di Paolo Conte quando canta "mentre tutto intorno è solamente pioggia e Francia".
Ah, a proposito di Paolo Conte, ovviamente la colonna sonora del viaggio nella mia testa è sempre stata Bartali: "Oh quanta strada nei miei sandali / quanta ne avra’ fatta Bartali / quel naso triste come una salita / quegli occhi allegri da italiano in gita / e i francesi ci rispettano / che le balle ancora gli girano / e tu mi fai dobbiamo andare al cine / e vai al cine vacci tu".
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Alloggio: cApVerb: che non è un albergo vero e proprio ma piuttosto una struttura per vacanze che da quanto ho capito ospita più che altro gruppi (scuole, boy-scout, disabili) ed infatti ha camerate invece che stanze. Pago 45 € per un letto e indovinate un po'? Mi ritrovo da solo anche questa volta (sono a 3 su 3, incredibile), alè! PS Pioverà tutta la sera e la notte e quindi ho di nuovo fatto mooolto bene.
Ristorante: quello della struttura. La cena costa 15 €, non superba ma mi danno il bis quindi va più che bene.
Tappa 14: Guillestre - Isola, km 131,81 e 3.782 m d+
Poichè sono uomo di mondo e conosco questa parte di Francia come le mie tasche, la mattina mi dirigo sicuro verso l'imbocco del Col du Vars ma, senza accorgermi, prendo un'altra salita che porta invece a Risoul (30): 1.850 msm, 14 km, 6.1 %, 850 m d+. Quando me ne rendo conto sono ormai a salita iniziata e comunque mi sento in formissima e così proseguo contento di aggiungere un altro traguardo al viaggio. Anche in questo caso nessuna macchina, ma sarà stato anche l'orario, e arrivato in cima mi ritrovo nell'ennesima località sciistica (tipo Isola 2000 o Vars) costruita malino e abbastanza anonima, ma con bellissime montagne intorno.
Risoul è una salita senza sbocchi e quindi, ridisceso a Guillestre, inizio quella che doveva essere la prima salita di giornata, il col du Vars (31): 2.111 msm, 19.4 km, 5.7 %, 1.111 m d+. Anche questo lo avevo già fatto 2 volte, e come si dice: bello, ma non ci vivrei. Neanche troppo duro, così scendo veloce verso Jausiers, cittadina che ha un campeggio bellissimo in cui sono già stato, ma a sto giro non mi fermo.
L'ultimo GPM in programma del giorno è infatti il col de la Bonette (anche questo già fatto, però dall'altro lato), anche se stavolta darò soddisfazione ai francesi e salirò fino alla Cima della Bonette (32): 2.802 msm, 23 km, 6,8%, 1.571 m d+, che poi sarebbe la strada asfaltata più alta d'Europa, non il passo. Cioè, il passo sarebbe a 2.715 msm ma per diventare la strada più alta d'Europa hanno fatto fare alla stessa un circolo intorno ad un colle lì di fianco così da raggiungere questo record. PS In internet comunque si trovano altre strade che si vantano della stessa cosa, quindi vai a sapere.
Vedete che è la strada più alta d'Europa (dicono loro)? Lo hanno pure scritto:
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E questa è la strada che hanno fatto girare intorno al colle (al 13%, eh! dalla foto non sembra, mannaggia a loro):
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Ad ogni modo, oggi tra l'altro finalmente il tempo è sempre stato bello, raggiungo Isola, cittadina in cui sono ormai stato più e più volte, e il suo campeggio, che già ben conosco.
Alloggio: Aire Camping-Car Park, che nel frattempo è diventato tutto automatico, nel senso che ti registri all'ingresso ad una macchina automatica e finisce tutto lì. Scopro ora che sarebbe vietato alle tende!!!! Vabbè, ormai è andata.
Ristorante: Pizzeria (e grill) attaccata al campeggio, sul laghetto. Bella location e pizza ottima ma davvero ottima.
Tappa 15: Isola - Ventimiglia, km 202,72 e 2.616 m d+
Sono all'ultima tappa!!!! Ho allo stesso tempo voglia di finire e non finire, così modifico il percorso all'ultimo e aggiungo il Col de Couillole (33): 1.678 msm, 6,02 km, 7.3 %, 1.168 m d+. Proprio bello, cavoli!!! Ho fatto benissimo. Mi accorgo solo in cima che lo avevo già fatto in passato, però dall'altro versante, ma non è come fare 2 volte Monticello, ovviamente.
Appena all'inizio della salita, buco per la prima volta nel viaggio (ci sta) ma ovviamente ho tutto l'occorrente e riparto quindi in frettissima perchè la tappa di oggi è lunga.
Sceso dall'altra parte del Couillole, con un'altra "salitina" raggiungo Valberg (34): 1.673 msm, 6.1 km, 3.8 %, 231 m d+, che è catalogato come passo, giustamente perchè ti porta in un'altra valle, sia da salite.ch sia da MyCol, e quindi questo vale a tutti gli effetti, nessun rimorso.
Da lì è tutta una discesa lungo la valle del fiume Var, che all'inizio è una vallata splendida incastrata tra le rocce e il fiume laggiù in basso ma poi diventa uno stradone brutto, brutto e ancora brutto e trafficatissimo.
Questa è la valle come si presenta all'inizio (poi peggiorerà):
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In più fa veramente caldo, come non lo provavo da 15 giorni, quindi sono solo contento di arrivare a Nizza il prima possibile. Solo verso la fine della valle inizia una ciclabile che mi conduce alle porte della città dove costeggerò il lungomare e mi domanderò come sempre come fanno le persone ad andare al mare ad agosto: boh, per me l'inferno.
Uscito da Nizza, seguo la ciclovia per Menton e mi ritrovo a fare l'ultimo passo del mio viaggio e cioè il col d'Eze (35): 507 msm, 10 km, 4.9 %, 490 m d+. Incredibile che anche in questo caso non incontro ancora nessuno. Sotto, sul mare, è un inferno, ma all'interno, a soli 5 km in linea d'aria, non c'è nessuno, vai a capire le persone.
Ormai sono praticamente arrivato, mi basta passare la frontiera, fare un breve ma brutto tratto su strada statale, ed eccomi finalmente a Ventimigliaaaaaaaaaaa!!!!!!!!!!
Ultima foto:
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Oggi tappa più lunga del giro (200 km) e quindi arrivo tardi, tipo alle 19,00, giusto per rendermi conto che non c'è nessun posto per dormire ad un prezzo accettabile (il minimo è 280 €) e il campeggio lo scarto a priori perchè ci sono già stato ed è affollatissimo, brutto e in più non sono tranquillo per la bici. Vabbè, prendo al volo l'ultimo treno per Genova.
E grazie come sempre all'ultimo pignone!
Addendum:
Da Genova il giorno dopo andrò, sempre in bici, in val Trebbia (ospite di Corrado) 2 notti. Da lì farò un giro in Val d'Aveto e mi fermerò al bellissimo campeggio di Cerignale ancora 2 notti e quindi, passando per la val Nure, l'ultima notte la passero da Marco a Zavattarello (Val Tidone), da cui il giorno dopo tornerò a casa (e bucherò per la seconda volta a Pavia).
Ci piazzo quindi altri 360 km e 6.575 m d+, mica cazzi. ad ogni modo questi non conteggiati nel viaggio.
PS Tra l'altro le strade interne della val d'Aveto sono veramente abbandonate a se stesse e ci sono solo piccole frazioni di quattro case in tutto. Insomma, strade bellissime che, anche se già conoscevo, sono da fare molto più spesso. D'estate no, però, perchè troppo caldo.
E un'altra estate è passata.
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paukzen · 4 years ago
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Appennino Bike Tour
Venuti a conoscenza della neo-nata ciclovia Appennino Bike Tour (ovvero l'attraversamento dell'Italia lungo gli appennini, appunto), io e Mattia decidiamo di percorrerla un po' in anticipo sui tempi (il percorso finale dovrebbe essere definito nei particolari proprio negli stessi giorni) e quindi coltiviamo il pensiero che saremo i primi a percorrerlo da "utenti", quale onore!
Un po' di preoccupazione c'è perchè abbiamo 17 giorni (ce ne metteremo in realtà 15) e, da parte mia, oltre al chilometraggio e al dislivello, temo anche il caldo, considerato che la partenza è fissata per sabato 7 agosto.
Le tracce si trovano sempre sul sito ufficiale ma spero verranno riviste dall'organizzazione in alcuni punti.
Si parte in bici da corsa e in modalità bikepacking (mooolto light). L'abbigliamento è minimal: due cambi completi da bici e per la sera un paio di "scarpe" tipo scoglio (che io a suo tempo avevo pagato molto meno di quanto vedo ora su Amazon), un paio di pantaloncini, una maglietta (che perderò presto, ma che ricomprerò), un antivento/antipioggia (ah! ah! ah!) e una camicia che all'uopo mi servirà per le serate in quota un po' più fresche e pure in bici nel caso (ma non servirà). Due borracce grandi che non saranno mai abbastanza e luci, perchè siamo previdenti e io conosco il mio socio.
Spoiler: problemi di trovare acqua sulla strada non ce ne saranno per quasi tutto il viaggio; solo nelle ultime due tappe un po' più difficile, ma niente che metta veramente in crisi.
I km ufficiali sarebbero circa 2.600 con 46.000 m di dislivello ma il nostro percorso terminerà a Villa San Giovanni (RC), rinunciando quindi alla parte siciliana, sia per disponibilità di giorni, sia perchè ci convince un po' meno anche per logistica (ritorno più complicato).
Inoltre il nostro viaggio partirà da Savona, invece che da Altare, per il fatto che semplicemente il treno da Milano ci porterà lì (si aggiungono quindi 15 km e 500 m di dislivello circa). Il percorso ufficiale prevede fino a Villa San Giovanni 37 tappe, quindi ci toccherà più che raddoppiarle ogni giorno.
Il nostro totale finale sarà di 2.310 km e 44.628 m d+ e attraverseremo 13 regioni, una ventina di parchi e, dice la guida ufficiale, anche circa 300 comuni, ma vabbè, contateli voi. A proposito, una cosa che ho pensato di fare troppo tardi è quella di fotografare i cartelli di tutti i paesi che hanno una parte del nome che contiene i termini sasso o pietra (Pietralunga, Pietrapertosa, Sassello, ecc...) ma appunto non l'ho fatto, sarà per la prossima volta 😊.
Nota: Nel post ci sono solo 10 foto perchè questo è il limite di Tumbrl, cercherò di non sprecarle.
1. Savona / Altare / Sassello / Rossignole / Ronco Scrivia / Albera Ligure: 163,42 km e 3.293 m d+
Alè, si comincia :)!
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Oggi c'è anche il nostro amico Federico LM, che ha deciso di accompagnarci per un paio di tappe, grazie!
Almeno all'inizio i paesaggi sono conosciuti, per es. si passa dal parco del Beigua e dal Monferrato (questo un po' di striscio in realtà) ma l'entroterra della Liguria è sempre un piacere. Poiché attraversiamo un po' anche il Piemonte, siamo già a 2 regioni.
Non fa nemmeno caldissimo e si mangia focaccia, quindi bene. Anzi benissimo, considerato che andiamo subito in vantaggio con la media dei km e del dislivello previsti, anche se mi ripeto che all'inizio devo stare attento a non esagerare.
Nel tragitto si fa un po' di sterrato, niente di che ma è un avviso per il proseguo.
Alloggio: Hotel Ristorante da Bruno, costo normale, camere un po' vetuste e cena casereccia non superlativa. Bruno, una volta visto il nostro abbigliamento da serata, ci relega nella parte "informale" del ristorante, vabbè.
2. Albera Ligure / Capanne di Cosola / Brallo di Pergola / Val Trebbia / Bobbio / Passo Santa Barbara e Sella dei Generali / Val Nure / Groppallo / Bardi: 124,21 km e 3.363 m d+
Anche oggi paesaggi conosciuti/molto conosciuti e secondo e ultimo giorno in compagnia di Federico LM.
La tappa inizia subito con la salita alle Capanne di Cosola (10 km al 4,6%) che avevo già fatto e ricordavo (e si conferma) bella. In cima c'è un albergo dove prima o poi mi piacerebbe dormire. E' per esempio sul percorso di una delle Vie del Sale (trekking).
Al Brallo ci si arriva più o meno da in quota, quindi non difficilissimo, e da un lato che non avevo mai fatto. In cima spicca la presenza del Luxury Shop di Ivo del Brallo, anche se ormai Ivo punta a vendere pellicce a Dubai (sic.). E' tra l'altro l'unico passaggio in Lombardia e che quindi conteggiamo nel numero delle regioni attraversate (ora 3 e prima della fine fine tappa arriveremo a 4 con l'Emilia Romagna).
Il giro prosegue con discesona, anche questa inedita per me: cioè non si arriva dal Penice ma da strada alternativa che passa da Ceci (dove tra l'altro c'è una pista da fondo che prima o poi vorrei provare) fino alla superaffollata Bobbio dove ci procacciamo un panino di dimensioni da vergogna e che consumiamo al parchetto (dove buco la prima delle due volte del giro, il mio socio in questa speciale classifica mi surclasserà).
Foto d'obbligo al Ponte Gobbo (che non posto per il limite di cui sopra) e si riparte.
Da quì la traccia ufficiale (che noi seguiamo pedissequamente) ci conduce alla Sella dei Generali passando dal Passo di Santa Barbara che si raggiunge via direttissima, quindi con muri molto impegnativi, e in questa particolare occasione sotto il sole.
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E quì è però d'obbligo il primo appunto sulla traccia ufficiale. Che senso ha inserire questi muri che arrivano al 20% quando da Bobbio si può arrivare alla Sella dei Generali su strada altrettanto bella, meno ripida e passando da paesini? Se vuole essere un giro per tutti, imho, questi tagli inutili (ce ne saranno tanti lungo il percorso) sono da eliminare.
Dalla Sella dei Generali si scende poi a Farini (val Nure) su strada sterrata a tratti impegnativa (per le nostre ruote da 25) e infatti cadiamo 2 su 3 senza conseguenze (io a 1 cm dalla fine, quasi da fermo). Non lunga per carità, e l'alternativa non la conosco, ma essendo la SP per Farini in discesa mi viene ancora il dubbio che la sterrata si potrebbe evitare permettendo quindi a più gente possibile di percorrere la ciclovia senza difficoltà gratuite con ogni tipo di bici.
Comunque da Farini, dopo l'ultima fatica di giornata - il valico di Groppallo (7 km al 6,6%) - giungiamo a Bardi, bella cittadina parmense che forse si prende un po' troppo sul serio ;). Lei, la sua Fortezza e i suoi "nobili".
Prima di arrivare a Bardi, in discesa Mattia buca rovinando anche il copertone e quindi il tema del giorno successivo sarà quello di trovare un ciclista. Ci penseremo.
Alloggio: Alberto Ristorante Bue Rosso, dalle recensioni non proprio idilliache: comunque spendiamo il giusto, dormiamo e mangiamo degnamente (pappardelle ai funghi porcini, io al secondo giorno consecutivo).
3. Bardi / Valmozzola / Berceto / Passo di Silara / Corniglio / Passo di Ticchiano / Castelnuovo ne' Monti: 138,46 km e 3211 m d+
Tappa in compagnia di Michele della Bardiani CSF Faizanè (o almeno di cui aveva la maglia 😉), che approfitto per salutare.
Le asperità principali di giornata sono rappresentate da:
Un passo che non so come si chiama - Valmozzola? Boh - come tra l'altro la maggior parte dei passi che faremo... A proposito, appello ai sindaci: ma mettetelo un cartello, eh! Ai ciclisti fa piacere!
Passo di Silara (18 km al 4,9 %), scritto alcune volte con 1 "L", altre volte con 2, vai a sapere.
Passo del Ticchiano: 12,23 km al 3,2 %
6 km circa di mazzate (muri dall'8% al 12%), da Selvanizza
Si passa quindi dalla bella cittadina di Berceto: "la città di montagna più vicina al mare" recita il cartello di benvenuto (e questo sarà tema di molte battute nel corso del viaggio) e dall'altrettanto carina Corniglio, con relativo castello di serie.
Oggi tappa mono-regionale in Emilia Romagna - e questa sarà una rarità del giro, cioè tutta la giornata in un'unica regione - che finisce a Castelnuovo ne' Monti, fuori dal percorso ma cittadina dotata di ciclista da cui ci approvvigioniamo di copertoni e camere d'aria (nel frattempo Mattia aveva bucato altre due volte). Così ci rilassiamo.
Comunque entriamo anche nel Parco Nazionale dell'Appenino Tosco-Emiliano.
Alloggio: Albergo Miramonti: senza infamia, senza lode.
4. Castelnuovo ne' Monti / Lama Mocogno / Montese / Gaggio Montano: 157,50 km e 2.757 m d+
Avevo detto che le tappe mono-regionali erano rare? Avevo ragione ma eccone subito un'altra e sempre in Emilia Romagna. Per la prima volta scendiamo sotto i 3.000 m di dislivello.
Dopo un po' di saliscendi iniziale, affrontiamo 20 km di discesa/pianura su SP che costeggia il fiume Secchia. Lo stradun è brutto brutto e con tratti molto trafficati (altro punto che l'organizzazione dovrebbe rivedere, anche se non sembrano esserci alternative senza sconvolgere il giro).
Purtroppo non sono il massimo (traffico) neanche la salita per Gombola/Polignano (8,54 km al 4,7%) e poi il saliscendi verso Lama Mocogno.
La tappa è però caratterizzata soprattutto (come le seguenti) per il gran caldo, motivo per il quale prendiamo la drastica decisione, da questo momento in poi, di anticipare la partenza (fino ad oggi eravamo partiti sempre verso le 8,00) e così faremo. In 3-4 gg arriveremo a mettere la sveglia alle 5,00, per poi partire tra le 5,30 e le 6,00, noi uomini duri.
Arrivati a Lama Mocogno mangiamo e ci facciamo un bel pisolo all'ombra, ignari di quello che ci aspetta e cioè, dopo la discesa a fondovalle, una serie di muri, in parte sterrati, micidiali - al 15% quando andava bene - per Montese.
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E quì è d'obbligo un altro appunto per gli organizzatori: sono proprio necessari considerato che a Montese si sale anche da strada provinciale??? La strada sarà forse (sicuramente) un po' meno bella ma affrontabile da tutti anche senza bici elettrica o senza essere Contador. Io per esempio sono sceso dalla bici (il mio socio no) e mi ritengo abbastanza o molto allenato rispetto alla media. Aggiungo anche che in queste strade secondarie (ma anche terziarie e oltre) non c'è nulla: ne' acqua (in realtà questa la "scroccheremo" in una casa privata), ne' altro.
Alloggio: Antica Locanda La Posta, per ora il miglior posto del viaggio, anche considerato la simpatia della cuoca e della cameriera che hanno con gli ospiti una confidenza livello pro e che mi piace. Vicino c'è anche una lavanderia a gettoni così laviamo tutto bene per la prima volta.
5. Gaggio Montano / Porretta Terme / Barberino del Mugello / Croce dei Morì / Pratovecchio Stia / Poppi / Subbiano: 172,43 km e 2.564 m d+
Come dicevo, si parte prima - e i km percorsi ne sono la dimostrazione, anche se si pecca un po' nel dislivello - e si arriva in Toscana (regione n. 5).
Si parte in discesa passando da Porretta Terme - e a proposito uno degli obiettivi mancati è stato entrare in una termA (😂?, L'Accademia della Crusca dice di no) - e successivamente saliamo verso il lago di Suviana (e poi un po' oltre fino ad un passo che tanto per cambiare non ha un nome) a cui facciamo svogliatamente delle foto, ma comunque non fondamentale.
Sono stato breve perchè la tappa non è che sia stata delle migliori. Non riusciamo neanche ad annoverare tra i parchi attraversati il Parco del Casentino, a cui passiamo solo vicino.
Alloggio: da Chenno, spendiamo 45 € per una doppia con il bagno in condivisione, quindi per me ottimo (il mio socio è più riluttante per questo tipo di soluzioni). La cena invece è alla Corte dell'Oca, ristorante un po' sostenuto dove mangiamo bene e spendiamo un po' più del solito. Poichè siamo in Toscana io rispolvero il mio menù collaudatissimo da Tuscany Trail: ribollita per primo e pasta cacio e pepe per secondo.
6. Subbiano / Anghiari / Citerna / Gubbio / Assisi / Ponte S. Lucia: 166,39 km e 3.029 m d+
Dopo 2 giorni sotto i 3.000 m d+, torniamo a superarli in questa tappa tra Toscana e Umbria (regione n. 6) in cui comincio a sentire un po' la stanchezza e insisto con il mio socio a cercare una sistemazione con piscina, complice anche il caldo che da mezzogiorno in poi è devastante. Ad Assisi per esempio registriamo i 47 gradi, quarantasette! Avrei anche come testimonianza la foto del Garmin fatta da Mattia ma non mi voglio giocare una delle 10 del post, quindi fidatevi.
Il percorso è caratterizzato da due super salite, indovinate un po', senza nome: la prima di 6,8 km al 6,3%, ma con punte che superano il 10% e l'altra di 12,50 km ma con gli ultimi 5 km al 7,5% e anche quì con muri vari.
Comunque, come anticipato, siamo tra Toscana e Umbria e quindi, OVVIAMENTE, passiamo da posti da cartolina e paesi bellissimi quali Anghiari, Citerna, Spello, Gubbio e Assisi, dove mangiamo un gelato spettacolare contro ogni previsione (sembrava un bar per turisti) per giungere infine all'alloggio deluxe con piscina, posizionato a metà di una salita (che proseguiremo il giorno dopo).
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Aneddoto: sulla salita a fine tappa, sotto il sole e con 2 km all'8% si ferma un signore appassionato di bici che ci disseta e ci chiede se saliamo, come faceva lui, con il 53 (😂, non ce l'ho neanche il 53!) PS Questa cosa del 53 diventerà un altro tormentone del giro.
Alloggio: Guesia Village Hotel (con piscina) che è abbastanza di lusso in confronto ai nostri standard (e in effetti si rivelerà, a parte Scilla, il posto dove spendiamo di più). Anche la cena è sofisticata e per primo prendo, per dire, la pasta cacio e pepe con cozze (comunque non male, lo ammetto). Per il secondo (rombo) ci fanno attendere cento anni (non dico 1000 solo per una successiva esperienza). In definitiva, non fosse per la piscina, bocciato.
7. Ponte S. Lucia / Cerreto di Spoleto / Visso / Castelluccio / Arquata del Tronto / Illica: 116,13 km e 2.847 m d+
Oggi ci giochiamo Umbria, Marche e Lazio (le ultime due rispettivamente regioni n. 7 e 8) e saremmo pure vicino all'Abruzzo e quindi ad un certo punto non si capisce più un cavolo.
Ad ogni modo passiamo dal Parco dei Monti Sibillini e siamo pure confinanti con il Parco del Gran Sasso, aggiungeteci che transitiamo anche da Castelluccio, seppure in un periodo senza fioriture, e rischia di essere una delle tappe più belle di tutto il giro.
Il percorso però è caratterizzato quasi per intero dal passaggio in paesi terremotati (Visso su tutti) e dai loro alloggi temporanei, così ci viene un po' di tristezza e sembra strano che a parte Propaganda Live non parli più nessuno della loro ancora precaria situazione. Ad ogni modo pranziamo in un market situato in una baracca e affrontiamo la salita fino a Castelluccio (Forca di Gualdo: 10 km al 7,8%) e la successiva (Forca di Presta: 5 km al 3%).
L'arrivo, anche a causa della mancanza di alloggi per i prossimi 50 km �� Illica, prima della quale prendiamo però la prima pioggia del giro e iniziamo a fare conoscenza con i cani pastore del territorio (giuro che non mi spiego come hanno fatto in un occasione a non mordermi: ad un certo punto ero circondato da 3 pastori maremmani giganti che mi abbaiavano e mi ringhiavano a 5 cm). Boh, sarà il karma :)
Altra nota per l'organizzazione: forse dovrebbe avvertire di questo pericolo e dare 2 indicazioni su come comportarsi (da quello che ne so meglio scendere di bici, mettendola tra se' e i cani, togliersi casco ed occhiali e procedere lentamente. In caso di attacco vero ci sono video su youtube, se avete il tempo di consultarli mentre scappate.
Alloggio: B&B Lago Secco, il migliore alloggio di tutto il giro. 30 € cad., due letti in una casetta di legno, lavatrice, lavaggio bici, birra di benvenuto, cena casereccia buonissima e abbondantissima. La cena è consumata insieme alla famiglia (e ai loro amici) che lo gestisce (ma in realtà ci abitano anche lì visto che la loro casa non esiste più😢). E poi loro gentilissimi e molto umani e poi si parla con persone vere, insomma top.
8. Illica / Amatrice / L'Aquila / San Demetrio ne' Vestini / Parco Majella / Caramanico Terme: 163,27 km e 2.060 m d+
La partenza è caratterizzata da una salita su sterrata prima e sentiero di montagna poi (ma come??? @organizzazione: o avvisate o cambiate il percorso, seppure molto bello), che si fa necessariamente a piedi. Agevolo foto:
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Inoltre prima di Amatrice si passa da una fattoria con relativo inseguimento di cani rabbiosi.
Partenza non male ma alla fine riusciamo ad arrivare incolumi ad Amatrice anche se siamo ancora una volta colti da un po' di tristezza visto che anche Amatrice in pratica non esiste più (tra l'altro è notizia di questi giorni che dopo 5 anni dal terremoto è arrivata la prima gru per la ricostruzione).
La tappa non è caratterizzata da salite significative (facciamo comunque 2.000 m di dislivello, eh) ma da un avvicinamento a L'Aquila non bellissimo. Quì ne approfitto per comprare le tacchette nuove delle scarpe che dopo la salita nel bosco si erano distrutte.
Il pranzo è messo insieme ad un supermercato discount dove mi costruisco un elaborato panino philadelphia-fake e salmone dalla dubbia provenienza, il tutto bevendo una specie di Gatorade a 0,60 €.
Il finale, entrando nel Parco della Majella - a proposito siamo in Abruzzo ora (regione n. 9) - ripaga comunque tutto.
Arriviamo all'ennesima località termale, come dice il nome (Caramanico Terme), e anche a questo giro niente termA. Cittadina molto turistica ma piaciuta.
Alloggio: Albergo di Piero, non eccezionale come camere (2 singole minuscole) ma dalla cucina strepitosa (zuppa di lenticchie per me + crepe agli spinaci + formaggio eccezionale). Un "brava e BRAVA" alla cuoca.
9. Caramanico Terme / Passo San Leonardo / Guardiaregia / Isernia / Pietrelcina: 187,40 km e 3.210 m d+
La partenza è fantastica, siamo ancora in pieno Parco della Majella, con la salita al Passo San Leonardo (16 km al 4%) e successivo altopiano, in alcuni punti un po' costruito male a dire il vero (ved. per esempio Campo di Giove, a cui si arriva dopo un'altra salita di 10 km al 3,7 %).
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Appena iniziata la discesa, a Rivisondoli o Roccaraso, non ricordo, facciamo una seconda colazione (ormai, visto gli orari di partenza, la colazione vera in partenza è saltata) in pasticceria di lusso per proseguire poi (passando da Guardiaregia, bellina) fino ad Isernia, di cui non ho nessuna opinione.
Siamo in Molise, eh! Che quindi esiste (regione n. 10).
Da quì, per evitare la Strada Statale, la traccia ufficiale prevede una strada laterale con annessi muri, per fortuna non troppo lunghi, e con una fontana inaspettata e strepitosa.
Comunque, dopo un po', la SS ci tocca sorbircela (@organizzazione vuoi davvero fare percorrere questa strada ad una famigliola o non è questo il target della tua ciclovia?) e così il pranzo di ferragosto lo consumiamo in un autogrill, che poi non era neanche male.
Da notare però che la SS è la Statale 17 e così canticchio tutto il tempo il pezzo di Guccini & i Nomadi, cioè lo farei se ricordassi le parole. Un ripasso è d'obbligo, eccolo.
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Si arriva infine in Campania (regione n. 11) a PietrElcina (non PietrAlcina come i più, compreso me, credevano) che è famosa per essere il luogo di nascita di Padre Pio (altro obiettivo venuto in mente troppo tardi è contare le statue a lui dedicate, ce ne sono un sacchissimo). Ovviamente il luogo è un po' trash, lasciatevelo dire da un miscredente come me.
Prima di PietrElcina troviamo un posto che fa asinoterapia, che poi scopro ora si chiamerebbe più correttamente onoterapia, e così ci facciamo una serie di battute d'obbligo ma non proprio riuscitissime, forse perchè siamo un po' stanchi (solo ora me ne vengono in mente tante migliori).
Alloggio: Affittacamere La Dolce Sosta. Costo nella norma, camera discreta e cucina OTTIMA. Proprietari genuini ma che con timidezza chiedono il pagamento in contanti (senza ovviamente emettere fattura). Insomma bene, ma non benissimo.
10. Pietrelcina / Guardia Lombardi / Muro Lucano / Picerno: 156,61 km e 3.255 m d+
Ormai ci si sente quasi arrivati (vabbè, è ancora lunghissima ma ormai siamo nel pieno sud) e dalla CANpania, rinominata così a ragione (ved. dopo) dal mio socio, si arriva in Basilicata (regione n. 12).
La partenza è una combinazione perfetta di attacco di cani (a questo giro non cani pastore ma di privati che evidentemente non ritengono necessario legarli) e muri da denuncia all'organizzazione. Tra l'altro su uno di questi (1 km all'11%) prendo una coppa di Strava, trofeo prestigiosissimo, evidentemente perchè inseguito da un cane, se no non si spiega.
Si passa un po' nel nulla e la difficoltà maggiore si rivelerà mangiare qualcosa a pranzo. A Muro Lucano, dal nome e dall'aspetto affascinante, per esempio, non c'è NIENTE di aperto.
A proposito, tutta la Basilicata è costellata da paesini arroccati molto belli, ma causa limite di foto non ne posto neanche una.
La salita più significativa è il monte Carruozzo (🤣), 11 km al 4%, ma sorprendentemente vado ancora bene, piano ma bene, e infatti anche oggi superiamo i 150 km e i 3.000 m d+. Mattia invece non ha problemi a gestire le forze e procede, come tutto il giro e più in generale come sempre, più spedito di me.
Altro aspetto che non si può non notare della Basilicata è il numero impressionante di pale eoliche, con annesse polemiche. Ho scoperto tra l'altro che fotografare le pale eoliche è bellissimo e ho fatto pure una serie di foto pseudo-artistiche, che per vostra fortuna vi risparmio.
Dopo un'ultima salita si arriva a Picerno, che però non vedremo in quanto il nostro alloggio è situato fuori, così va la vita.
Alloggio: alla bella Locanda Arcadia, gestita da una signora dell'est che si sbatte tantissimo e ci prepara un'ottima cena.
11. Picerno / Abriola / Castelmezzano / Pietrapertosa / Aliano: 127,06 km e 2.873 m d+
Il ciclista accompagnatore di oggi è Gianluca di Ercolano o Portici (non ricordo più, comunque provincia di Napoli) che ha una MTB, fa gare e si vede. Un saluto anche a lui.
Il primo passo di giornata è quello della Sellata (almeno questo segnalato) che comporta una salita di 10 km al 5%, anche se le perle di giornata sono Castelmezzano (salita di 6 km al 8,3%) e Pietrapertosa (strada MERAVIGLIOSA, da top 5 di tutto il viaggio, 7 km al 5%). Sebbene i due paesi siano distanti circa 1 km in linea d'aria, in mezzo c'è una vallata, così se si vuole andare da uno all'altro senza fare la nostra fatica, si può fare (pagando) il volo dell'angelo che ti porta appeso ad una fune da uno all'altro, così. Dice il sito che si raggiungono i 110 km/h, sticazzi.
Siamo nel Parco Regionale Gallipoli Cognato "Piccole Dolomiti Lucane" (sic.).
La Basilicata, devo dire (in questo caso, scrivere), è la regione che più mi ha incuriosito in questo viaggio, forse perchè non c'ero mai stato o per i paesaggi alla Sergio Leone, e infatti mi ripropongo, appena tornato, di guardare il film Basilicata coast to coast (il quale si rivelerà purtroppo solo "carino" ad essere buoni e in pratica è uno spot promozionale della Regione).
Ad ogni modo si arriva ad Aliano, paese in cui ha vissuto in esilio Carlo Levi, che quì ha ambientato Cristo si è fermato ad Eboli (che mi ripropongo di leggere) e in cui è seppellito per sua scelta. E noi quindi, da bravi turisti, andiamo a visitarne la tomba.
Il paese è inoltre caratterizzato da una tranquillità non comune.
In più è sede del festival La luna e i Calanchi.
In più ci sono i calanchi, appunto.
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Insomma Aliano mi è rimasto un po' nel cuore e lo eleggo in questo preciso momento come paese simbolo dell'intero viaggio. E, in assenza di contradditorio, tappa più bella del giro (compresa discesa del giorno successivo).
Scopro in questo momento che è candidato come città della cultura 2024, e quindi faccio il voto di ritornarci, giurin giurello.
Purtroppo il percorso non ci fa passare da Craco che è una città fantasma (abbandonata a seguito di una frana) che avrebbe meritato sicuramente una visita (ma dista 34 km ed è fuori strada).
Alloggio: B&B Palazzo Scelzi, bello e pulito e nella piazza principale. Cena dalla Contadina Sisina, ottima cucina regionale con menù a prezzo fisso (25 €) ma con attese tra un piatto e l'altro pazzesche (alcuni clienti hanno abbandonato per sfinimento e alla fine, incredibilmente, anche noi).
12. Aliano / Roccanova / Parco Pollino / San Severino Lucano / Rotonda / Mormanno / Orsomarso: 137,63 km e 2.998 m d+
Come dicevo, la discesa da Aliano tra i calanchi è molto affascinante ma l'altro pezzo forte della giornata è il Parco del Pollino, che attraversiamo salendo verso San Severino Lucano (28,70 km al 2,5%, non proprio regolari).
Il parco sembra essere un po' più curato dal punto di vista turistico (per es. segnaletica in legno, anche nei paesi), rispetto al territorio attorno e va bene così.
Dopo il Pollino ci dirigiamo verso Mormanno, che prevede una salita molto irregolare con qualche muro, e quì troviamo da dormire nel fantastico Papavillage (Chalet) che prometteva fresco e piscina. Peccato che una volta arrivati scopriamo che è completamente abbandonato, sporco e malmesso (e piscina prosciugata). Così ci tocca proseguire.
Siamo sulla ciclovia dei parchi della Calabria (regione n. 13 e ultima, ahimè) e così proseguiamo fiduciosi verso il primo posto disponibile (e forse, pensiamo, direttamente fino il mare).
Segnalo che la ciclovia dei parchi della Calabria è caratterizzata da due particolarità:
Muri al 25% che ci chiediamo se sia stata progettata per la famiglia di Egan Bernal e per quella di Mathieu Van der Poel
Ipersegnaletica: cioè c'è un cartello ogni 10 m, pure quando non c'è nessuna svolta (il mio socio ironizza sull'utilizzo di fondi europei, vai a sapere)
Ad ogni modo arriviamo a Orsomarso, dal nome allitterato, e dopo aver constatato che sul mare non c'è nessun posto disponibile per la notte, andiamo alla ricerca di un posto per dormire, che troviamo all'ultimo. Intanto Mattia, che si vede che non sapeva cosa fare, buca ancora.
Orsomarso è un paese molto strano con una specie di madonna di Lourdes che lo sovrasta da una grotta illuminata, un po' inquietante a mio modo di vedere. Nonostante inoltre sia a una quindicina di km dal mare è decisamente un paese di montagna (Berceto trema) ed infatti siamo ancora nel Parco del Pollino. Comunque ci sono un sacco di attrazioni: un fiume (che si chiama Lao, bel nome) dove fare kajak/rafting, delle cascate, un castello ed è pure partenza di molte escursioni a piedi.
Curiosità che scopriamo e che ora copio&incollo da wikipedia: La squadra colombiana Orsomarso SC, fondata nel 2016 e con sede nella città di Palmira, trae il suo nome proprio dal comune calabrese.
Alloggio: B&B da Loredana, che poi è un appartamento affittato dal cugino di Loredana che ha un B&B ufficiale lì vicino (ma pieno in questa occasione) e che tra l'altro è il sindaco del paese. Ad ogni modo di fatture ne vediamo 2 (come no). Cena al Ristorante sul fiume La Costa che sembra fare un'ottima pizza ma noi prendiamo altro, comunque buono, mi sembra di ricordare. Abbiamo tra l'altro il piacere di scoprire in questa occasione il Tartufo di Pizzo, che, prima dell'arrivo della granita siciliana (ma ci torneremo), prenderemo ancora nelle tappe a venire, devo dire con risultati non all'altezza.
13. Orsomarso / Sant'Agata di Esaro / Passo dello Scalone / San Benedetto Ullano / Montalto Uffugo: 120,42 km e 2.441 m d+
Visto l'andazzo fino ad ora, questa la consideriamo una tappa di "riposo" anche perchè finalmente scovo un B&B con piscina che sembra bellissimo ad una distanza onorevole.
La tappa parte ancora con una discesa, fino al mare, che poi costeggiamo per circa 30 km su una strada costiera brutta e trafficata. I paesi che attraversiamo non sono da meno (brutti) e dopo una costosissima colazione prendiamo atto che fino ad oggi questo mito che tutto costa meno al sud non lo abbiamo veramente mai toccato con mano (poi boh, questa è stata la nostra esperienza). Ne approfitto anche per sfatare il mito dei peperoncini calabresi: io amo il piccante, ho sempre chiesto il peperoncino e mai era veramente piccante, mah. Magari sono stato sfortunato.
Arrivati a Belvedere marittimo (che poi il belvedere deve essere evidentemente la montagna alle spalle) incomincia però una salita bellissima, vista mare, fino al Passo Scalone (13,68 km al 4,7%).
Dopodichè la tappa è tutta un su e giù, senza niente in particolare da segnalare, fino alla tanto desiderata (almeno io) piscina.
Alloggio (con piscina): Home 4 Creativity - Coliving Calabria, nome quantomeno originale per il posto più figo dove siamo stati (anzi secondo, dopo Illica). Ad ogni modo:
Costo nella norma: miniappartamento con 2 stanze da letto spaziose e luminose (70 €)
piscina con vista spettacolare su Cosenza e sul Parco della Sila
libri dovunque, e così scopro Vecchia Calabria di Norman Douglas: raccolta di memorie di questo nobile inglese su molti viaggi condotti nella regione e che, se avessi più tempo nella vita, leggerei
cena buona, abbondante - preparata dal gestore del posto (ex-ingegnere che ha costruito il B&B con i suoi operai e poi ha cambiato vita) - casereccia e tipica: mangio i maccheroni (delle specie di spaghettoni, non quei maccheroni lì) e verdure molto buone
14. Montalto Uffugo / Cosenza / Aprignano / Parco Sila / Taverna / Catanzaro / Amaroni / Squillace: 177,46 km e 3.393 m d+
Senza dircelo a vicenda ci accorgiamo che con 2 tappe bene assestate potremmo finire il giro il giorno dopo. Comunque non ci poniamo obiettivi un po' per scaramanzia, un po' perchè rovinerebbe lo spirito del viaggio ("si arriva fino a dove si arriva", senza forzature).
La tappa inizia, come ci succede da un po' in effetti, in discesa e così si arriva velocemente a Cosenza conosciuta nel panorama mondiale dell'architettura per il ponte di Calatrava (che intravediamo e che comunque è uguale a tutte le sue cose. Scusa Cala, si scherza, eh!) e per l'università di Gregotti (che non vediamo ma sarà uguale alla Bicocca, infatti. Scusa Greg, si scherza, eh!). Per il resto sembra una città abbastanza anonima, ma poi chi sono io per dare certi giudizi.
Si fa un po' di stradun e iniziamo la salita (20 km al 4,35) verso il Parco della Sila. Cosa dire del parco? Al mio socio non piace eccessivamente per via della mancanza di panorama ma a me che sono più accomandante piace solo l'idea di essere in un parco e che ci sono alberi, quindi promosso.
Comunque, in mezzo all'altopiano, facciamo anche uno dei pranzi (che poi saranno state le 11,00) più soddisfacenti del giro (panino con formaggio locale e melanzane).
La tappa si contraddistingue poi per il passaggio a Catanzaro, che ha uno skyline che visto dal basso per 5 secondi può sembrare bello, prima di immettersi in una superstrada che incredibilmente finisce in un vicolo in città in mezzo ad un panettiere e ad un negozio di giocattoli (questo me lo sono inventato, perchè non ricordo esattamente cosa c'era ma potrebbe benissimo essere). Lasciando Catanzaro c'è ancora qualche squarcio carino della città ed è incredibile come dopo solo un paio di km dalla città non ci sia più letteralmente nulla, solo campagna, così è fatto il mondo.
E' tempo per il secondo pranzo di giornata e il secondo del viaggio in un autogrill, anche questo, devo ammettere, buono (che poi è il solito panino al formaggio e credo che prima della fine del giro mi trasformerò in un formaggio vivente: la vita del viaggiatore è dura per chi non mangia carne).
A pomeriggio inoltrato incominciamo a cercare un posto per dormire lungo il tragitto e, poichè a Taverna, Girifalco e Amaroni (tutte belle cittadine) non c'è nulla, si va diritti (si fa per dire) a Squillace (anche questa bellina con il castello d'ordinanza), leggermente fuori percorso.
Nella giornata di oggi è partito anche il gioco "conta le pande vecchie", risultato: 67
Alloggio: a 'sto giro ha l'onore di ospitarci il sig. Renato in un mini-appartamento senza finestre che comunque fa il suo dovere (farci dormire). A cena andiamo alla Taverna di Pepe, dove sono tutti un po' antipatici ma in cui mangiamo bene, come al solito, direi (siamo stati fortunati o forse eravamo sempre molto affamati).
15. Squillace / Fabrizia / Aspromonte / Santa Cristina Aspromonte / Scilla / Villa San Giovanni: 200,73 km e 3.334 m d+
Ultimo giorno!!!! Il menu di giornata prevede il Parco delle Serre, il Parco dell'Aspromonte e l'arrivo a Scilla, città rinomatissima e come vedremo intasatissima (e pure costosissima, insomma Scillissima), anche se da quì (spoiler) ci tocca un A/R a Villa San Giovanni, arrivo ufficiale del giro.
In partenza, partiamo da 200 m di altitudine e arriviamo a circa 1.200 m, rimanendo poi più o meno in quota per buon parte della tappa. Del Parco delle Serre non ricordo molto ma il Parco dell'Aspromonte mi piace un sacco (al mio socio all'inizio un po' meno, per via della mancanza di panorama, poi si redime e incomincia ad apprezzare anche lui le sue foreste e la ricca flora, almeno credo).
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Nel Parco l'attività prevalente è senz'altro il trekking anche perchè le strade sono veramente messe male (buche giganti) e infatti incontriamo in tutta la tappa un solo ciclista che ci accompagnerà per un pezzo, Roberto (che saluto) e che tra l'altro mi offre un biscotto al miele buonissimo e fondamentale per arrivare alla pausa pranzo.
Nel mentre prendiamo anche la seconda pioggia di tutto il giro, ma, poichè siamo riparati dalla ricca flora di cui sopra, non ci bagnamo, tiè.
Nella mia personale classifica dei parchi calabresi, se ve ne frega qualcosa, il Parco dell'Aspromonte vince di brutto. Purtroppo però scorgiamo ampie parti bruciate, sembra anche recentemente, come da cronaca di questo agosto 2021.
Alla fine del parco si scende infine a Bagnaria per poi fare il lungomare fino a Scilla prima e successivamente, come anticipato, a Villa San Giovanni (e ritorno). All'arrivo ci facciamo fare la foto da una signora svogliata e non troppo talentuosa (ved. foto seguente. A sua parziale discolpa eravamo comunque contro sole) e torniamo a Scilla, dove ho l'occasione di mangiare la prima di innumerevoli granite alla mandorla, ovviamente con panna (Tartufo di Pizzo, arrivederci).
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Di Scilla posso dire che è molto bella e siccome siamo ad agosto ed è appunto bella ci sono miliardi di persone e macchine lungo il mare e così alla fine continuo a preferire, come scelta di vita, le montagne, amen. A Scilla fanno anche un "famoso" panino al pesce spada (9 €, azz...) che mangerò il giorno successivo al Civico 5, #Quellidelpaninocolpescespada dicono loro, e che conoscono tutti, ma proprio tutti, infatti farò 1 ora di coda.
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In quanto al gioco "conta le pande vecchie", arriviamo allo strabiliante numero di 139.
Alloggio: B&B da Mariarita (110 €) che è l'UNICO posto libero in tutta Scilla per dormire. La cena, su consiglio di Mariarita, è consumata al Ristorante al Ponte, che è forse il peggiore di tutto il paese, stando anche alle recensioni di google. D'altra parte arriviamo che sono le 19,00 e non avevamo assolutamente ne' voglia ne' tempo di mettersi a cercare un posto. Comunque il Ristorante (che ha più di 50 tavoli e 200-300 coperti, così a naso) offre un pessimo vino della casa, un risotto ai frutti di mare annacquato e una grigliata mista niente di che. Se vi piace il menu, ve lo consiglio.
16. Addendum: Scilla - Reggio Calabria
Mentre io mi passo una mezza giornata, non troppo goduta, al mare a Scillissima (però mangiando granite siciliane e il panino con pesce spada) e per la quale sono assolutamente non equipaggiato (mancanza di costume e di asciugamano e rimorchio di bici al seguito) il mio socio va a Reggio in bici (io andrò in treno più tardi) e così ci ritroviamo lì per l'ultimo giorno prima della partenza. Questo lo passeremo in parte nel fastoso (si fa per dire) Lido comunale (10€: ingresso, ombrellone e due sdraio). Le foto del sito non sono comunque per niente corrispondenti alla realtà in quanto la struttura è in evidente stato di abbandono: edifici semi-crollati, sdraio rotte, ecc... A noi è comunque piaciuto perchè siamo dei tipi semplici e ci basta poco.
Solo durante il viaggio di ritorno scopriamo che il lungomare Falcomatà di Reggio Calabria è conosciuto come il km più bello d'Italia (così come proferito da Gabriele D'Annunzio). Ciò mi lascia completamente basito e quindi taccio, senza avere nulla di particolare contro il lungomare, eh.
A Reggio NON andiamo a vedere i bronzi di Riace (che ignoranti) ma andiamo per ben 2 volte a mangiare da Lievito (buonissima pizza e buonissimo tutto, comprese le birre di cui hanno ampia selezione), per farvi capire le nostre priorità.
The end
E così il nostro viaggio si conclude con il ritorno a casa in treno: 2 frecciarossa con cambio a Salerno, 12 ore di viaggio in totale, compreso il tempo per cambio treno. A Salerno abbiamo quindi l'occasione di sgranchirci le gambe e visitare (da fuori) la bella Cattedrale, che così diventa l'ultima attrazione turistica del viaggio.
E' stato un viaggio bellissimo, il più lungo mai fatto in bikepacking e di sicuro il più impegnativo. A parte alcuni stradoni, i cani della CANpania e un po' troppi muri (di cui alcuni non necessari), i paesaggi sono notevoli e poi il fascino di attraversare praticamente tutta l'Italia per parchi e strade secondarie è incredibile e mi rimarrà dentro per un sacco di tempo.
Un augurio particolare che tutto possa tornare alla normalità nel più breve tempo possibile a tutte le persone che hanno perso cari e casa nei terremoti del centro italia e un auspicio che in futuro non ci siano più incendi a distruggere i nostri parchi. Ho letto che dall'inizio dell'anno ad oggi sono più di 150mila gli ettari di bosco andati a fuoco, “una superficie pari a quelle di Roma, Milano e Napoli messe insieme”.
E grazie ovviamente al mio socio Mattia che mi ha aspettato sempre in cima alle salite e accompagnato nelle lunghe pianure assolate. Inoltre fa foto molto belle ed ha un profilo instagram di tutto rispetto, seguitelo.
Ultima nota: il viaggio è costato circa 100 € al giorno a testa, compreso di biglietti del treno. Sono esclusi solo i copertoni del mio socio e la mia maglia tecnica in sostituzione di quella che avevo perso.
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paukzen · 5 years ago
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Classifica film 2020
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Come di consuetudine, ecco il mio classificone di quest’anno che, causa emergenza covid-19 e conseguente chiusura dei cinema è stato veramente strano. Molti film sono usciti direttamente su piattaforme (ma questo succedeva già, forse un po’ meno). Ad ogni modo:
Diamanti grezzi di Benny e Josh Safdie (Netflix). Secondo film dei fratelli dopo Good Time (bello). Quì ci vanno giù duro. Un commerciante di diamanti, dalla vita alquanto frenetica, si barcamena tra scommesse, debiti, famiglia e amante e naturalmente non gliene va bene una. Ritmo adrenalitico e con un Adam Sandler fenomenale. Molto piaciuto
Da 5 Bloods, A Spike Lee joint :). Sempre produzione e distribuzione Netflix, va così. Questo film comunque non punta ad essere un dei suoi blockbuster ma uno di quelli impegnati. E infatti é un film ambientato in Vietnam che pone però l'attenzione sulla questione razziale: 4 afroamericani veterani ritornano in Vietnam a recuperare il cadavere del loro comandante e forse anche qualcos'altro. Ma il tempo è passato, qualcuno ha votato Trump, Martin Luther King é stato assassinato e loro si portano dietro i fantasmi della loro guerra da emarginati (sia in Vietnam, sia in patria). Spike Lee non molla mai la presa e ogni suo film é importante, bello e giusto.
I miserabili, di Ladj Ly, forse l’uscita (sulle piattaforme di streaming) più attesa di quest’anno (insieme a Tenet) e ci piace ancora prima di vederlo: perché banlieue, l'Odio, Kassovitz, eddai. Comunque racconta un paio di giorni di tre poliziotti (uno dei quali appena trasferitosi) che se la devono vedere con un quartiere un po' difficile dove tutti cercano di comandare (poliziotti, mussulmani, zingari, ecc...). Mondo assai ricco e difficile in cui i più vulnerabili sono i ragazzini, ma... Peccato, poteva essere un capolavoro ma invece è solo un bel film
Midsommar di Ari Aster (sempre su piattaforme).Trattasi del film del pluripremiato Aster, quello di Heredatiry, che stavolta ci porta in una comunità/setta sperduta in Svezia dove vengono invitati, da un compagno di antropologia, 2 amici e la fidanzata di uno dei due. L'occasione é una festa che si tiene ogni 90 anni e che si celebra con numerosi riti. La critica lo ha osannato e dice che Aster indaga ancora una volta sui legami famigliari, ma non è che questo si capisce proprio.
Tenet di sua maestà Christopher Nolan (questo visto al cinema!). Film attesissimo, non particolarmente da me, che lo ha reso evento, anche a causa del lockdown da Covid. È una specie di mission impossible dove un agente segreto cerca di impedire la fine del mondo voluta da persone del futuro. Così si rimbalza avanti e indietro nel tempo con un sacchissimo di cose che ovviamente non si capiscono. Però girato benissimo ovviamente e si va vedere molto ma molto volentieri
The invisible man di Leigh Whannell. Una donna (Elisabeth Moss) scappa dal marito che la controlla ossessionamente e la picchia. Solo che non è finita per lei... Thriller che funziona anche e soprattutto grazie alla recitazione di EM e che, nonostante ci si aspetti tutto, riesce comunque a tenere la tensione. Va da se' che non tutto é spiegabile
Nomad: In the Footsteps of Bruce Chatwin, di Werner Herzog.  Ovviamente un doc (ormai gira solo questi) questa volta omaggio a Chatwin. Un vero Viaggiatore racconta un altro vero Viaggiatore, quindi. Scopro che i due erano diventati amici verso la fine della vita di Chatwin. Ovviamente c'é un po' di misticismo, come è giusto che sia.
Matthias & Maxime di Xavier Dolan, probabilmente l’ultimo da regista, gira voce nel nostro ambiente. M&M sono amici fin dall'infanzia ed ha un certo punto Maxime (Dolan) decide di trasferirsi in Australia. Matthias scopre di averlo sempre amato. Non un capolavoro, come gli ultimi del resto, ma qualunque cosa racconti Dolan, lo fa bene.
The Half of it di Alice Wu. Film adolescenziale... Visto perché un critico del New York Times lo ha citato come uno dei più bei film dell'anno. Un bravo ragazzo un po' timido e un po' semplice chiede alla supersecchiona di scrivere x lui una lettera d'amore alla più carina della scuola che poi si rivela essere pure intelligente e simpatica. La supersecchiona però è innamorata anche lei della stessa tipa. Trama adolescenziale, appunto, però trattata con intelligenza.
Favolacce, secondo film dei fratelli D’Innocenzo. Distribuito sulle principali piattaforme di streaming. Critiche ottime e così lo si guarda. Sono favolacce, iniziano male ma finiscono peggio. Raccontano Spinaceto, periferia romana, un realtà un sobborgo con case a schiera, giardini e tutto sommato non proprio povere anche se la disperazione, prima di tutto psicologica, la fa da padrona. Le vere vittime sono comunque i bambini che però resistono e si ribellano, e questo é forse il leitmotiv del film.
Tra i film che non entrano in classifica cito Sorry, we missed you di Ken Loach (un Riff Raff rifatto per la 100 volta), 1917 di Sam Mendes (per me proprio non riuscito) e Samp di Antonio Rezza e Flavia Mastrella (troppo ermetico). Vorrei citare anche l’Italiano Figli di Giuseppe Bonito (una merda! Ma la sceneggiatura era di Mattia Torre e poi c’erano i due Valeri - Mastrandrea e Aprea - insomma ci sono cascato)
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paukzen · 5 years ago
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Le mie letture preferite
Poiché periodicamente, perchè leggo tanto, qualcuno mi chiede dei consigli, ho fatto questo, così non mi ci devo rimettere ogni volta (dando per scontate un po’ di cose, e quindi niente classici)
Si parte dagli americani naturalmente, che come fanno loro le cose nessuno, eh:
I mostri sacri, così detti post-modernisti, che poi sono quelli che preferisco:
- David Foster Wallace (#RIP) 
Il mio autore preferito di sempre. La summa è Infinite Jest (1500 pag., letto 3 volte, ho fatto anche una guida alla lettura). Parla di dipendenza (facile, eh?) ma in realtà di tutto, quindi non inizio neanche.
Poi ha scritto un sacco di cose, tra cui:
- Racconti: per es. La ragazza dai capelli strani
- Saggi più o meno brevi, tra cui cito Tennis, TV, trigonometria e tornado (geniali) e uno illeggibile sul concetto di infinito, per dire
- Reportage bellissimi tra cui cito Una cosa divertente che non farò mai più (su una crociera, divertentissimo) e uno sulla campagna alle primarie di John McCain (inserito nella raccolta Considera l’aragosta)
Poi se uno si vuole cimentare, basta chiedere.
- Jonathan Franzen (che poi era anche un amico carissimo di DFW): Le correzioni. Fondamentale, su società e famiglia
- Don De Lillo: anche se non è un autore che amo particolarmente, il migliore per me è Rumore bianco che parla, al solito della società americana e molto di più. Poi avrebbe scritto anche Underworld, eh. Super-romanzo cult, sopravvalutato (imho, ma non lo dite, lo negherò).
- Thomas Pynchon. L’arcobaleno della gravità. Abbandonato, difficilissimo, ma non potevo non citarlo. PS C’è una puntata dei Simpson in cui un giorno nella scuola di Lisa arriva una bambina più intelligente di lei. Quando si incontrano, questa sta leggendo un libro. Lisa le chide: anche tu leggi l’Arcobaleno della gravità? E lei risponde “Rileggendo)”. Wikipedia comunque alla voce “trama”, recita: Impossibile rendere conto di una trama così lunga, complessa e frammentata ;)
Altri fottuti yankee:
-  Cormac McCarthy: La strada: romanzo post apocalittico ma questo lo avete già letto o visto il film. Poi se no altri tipo Meridiano di sangue o la Trilogia della frontiera (Cavalli selvaggi, Oltre il confine, Città della pianura) che ora è pubblicata in un unico volume
- James Ellroy, mio scrittore preferito (lo dico di molti). Scrive un po’ difficile, ma se entri nel mood non ne esci più. Cmq direi White Jazz, American Tabloid o 6 pezzi da mille. Uno che ha un’autostima tipo Ibrahimovic. Recentemente ha detto “Sono l’autore di sedici libri, tutti capolavori. E precedono i miei futuri capolavori. Questi libri vi lasceranno sconvolti, lavati a vapore a secco, ripiegati, messi in un angolo, fidelizzati, tatuati e sfanculati”. E ha ragione.
- Don Winslow: l’autore del momento, non fosse altro per la Trilogia del cartello sui narcos. Poi ne ho letti tanti e mi sono piaciuti così così tranne Broken, uscito da pochissimo e pubblicato curiosamente da Harper&Collins, 6 mini-romanzi (o racconti lunghi). I primi 3 capolavori (e valgono il libro), poi 2 così così e infine l’ultimo bello. Un racconto inizia così: “Nessuno sa come ha fatto lo scimpanzè a prendere la pistola” 😊 
- Michal Chabon: Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay. Sono 800 pagine di pura letteratura, per me capolavoro. Premio Pulitzer 2001 #sticazzi
- Naturalmente John Fante. Tutto.
- Se volute vantare un romanzo da sfoggiare e che stanno leggendo tutti (mia madre per dire lo ha letto due volte di seguito) c’è Stoner di John Williams, romanzo del 1965 poi andato nel dimenticatoio, ripubblicato un paio di anni fa da Fazi e diventato bestsellers. Un po’ triste. Si legge in un pomeriggio lungo.
-  A proposito di tristezza non posso non consigliare Richard Yeats. Il mio preferito è Disturbo alla quiete pubblica (che poi è il meno triste di tutti) ma il suo libro cult è Revolutionary Road. E’ pubblicato tutto da Minimum Fax, quindi fa figo solo per questo
- Perdersi di Charles D’ambrosio: mini-saggi per i tipi di Minimum Fax. Quanto mi è piaciuto!
Italia:
Boh, al momento mi vengono in mente:
- Roderick Duddle di Michele Mari, un romanzo d’avventura vecchio stile (tipo Twain), molto bello e lui per me è il miglior scrittore italiano (anche se a volte ti sembra che scriva in un modo come per dire “guarda come sono bravo e figo e con le parole posso fare tutto”, ma non è così). Di Mari cito anche Tu, sanguinosa infanzia (anche per il titolo bellissimo)
- Giaime Alonge: Il sentimento del ferro. Spy-story storica. Fandango edizioni
-  Wu Ming: vabbè, a partire da Q (che hai già letto, chiunque tu sia) e poi un po’ tutti tipo Asce di guerra, 54 e Manituana. Tranne gli ultimissimi, i libri si possono scaricare gratuitamente quì
- Un libro che mi è piaciuto tantissimo è La città dei vivi, di Nicola Lagioia.
-  Un romanzo di quelli dimenticati e poi riscoperti e bellissimi è La vita agra. Autobiografia del suo essere venuto a Milano, come giornalista, e c’è dentro anche la pelota basca, e questo basta. Sarebbe un classico secondo le mie regole, ma vabbè, ormai l’ho messo anche perchè ci sono molto affezionato
Aggiunta postuma ma fondamentale:
- Works di Vitaliano Trevisan, un libro doloroso ma pieno di vita e umanità. Lo eleggo miglior libro italiano degli ultimi 50 anni. E poi ora è ripubblicato con un appendice (testo inedito) che mi venire voglia di ricomprarlo
Europa:
- Emmanuelle Carrere: l’autore più cool del momento (molto radical chic e un po’ snob, ma glielo concediamo visto i libri). Per me tutti capolavori e cito Limonov, Vite che non sono la mia, La vita come un romanzo russo e L’avversario (di questo ha pure fatto il film, da regista). Ovviamente Adelphi visto il tipo
- Altri francesi: evitando Pennac (che ci ha rotto le palle da circa 20 anni) e andando più in là nel tempo c’è Boris Vian (genio vero). Sputerò sulle vostre tombe e La schiuma dei giorni. Musicista e altro. Ha per esempio scritto la fantastica poesia “Io non vorrei crepare”, che inizia così “ Io non vorrei crepare / prima di aver conosciuto / i cani neri del Messico / che dormono senza sognare”, chapeau
- Ah, giusto, sempre francia (e chiudo con i cugini anche perchè non ci stanno simpatici), TUTTO Izzo. Noir mediterraneo. Marsiglia. Cosa volete di più? Ah, credo che a parte la Ferrante sia l’autore più venduto da edizioni e/o, O forse me lo sono inventato, ma mi piacerebbe fosse così
- Zadie Smith: Denti bianchi. Romanzo bellissimo inter-razziale, tra l’altro d’esordio. E poi siamo un po’ tutti innamorati di lei
- Di inglesi un po’ di moda eviterei John Niven (magari qualcuno ve lo consiglia) che a parte A volte ritorno (su Gesù che torna in terra, divertentino) il resto mi sembra trascurabile
- Sempre da quelle parti (stavolta Irlanda), per citare uno di quegli autori molto leggeri (alla Nick Hornby) a me è piaciuto Paddy Clarke ah ah ah! di Roddy Doyle, ma non vorrei fare la figura del tenerone
-  A proposito di irlandesi un’autrice che fa molto figo leggere di adesso è Sally Rooney. Parlarne tra amici e Persone normali. Io ne ho letto 1 su 2 (piaciuto con riserva, quindi va bene).
- Il collezionista di mosche di Fredrik Sjorberg. Saggio (?) sulle mosche di uno che è un collezionista di mosche. Divertente e arguto. Della leccatissima e un po’ snob Iperporea (che quindi mi sta un po’ sulle palle). Unico nordico che cito, anche se vanno tantissimo di moda, perché io di tutti quei romanzi gialli di 500 pagine non so cosa farmene.
Est:
- Trilogia della città di K di Agotha Kristoff. (ma questo lo hai già letto sicuramente, sempre “chiunque tu sia”)
Ungheresi, ci faccio un capitolo a parte, solo per:
-  Tibor Fischer: La gang del pensiero (fantastico e fa riderissimo). Uuuhhh, scopro ora che è ripubblicato da poco da Marcos y Marcos, quindi non avete scuse. E dopo, se vi va, anche Sotto il culo della rana.
Fantascienza, anche se non sono un culture del genere:
-  Kurt Vonnegut, che poi non sarebbe proprio fantascienza, cioè si, però... Uno di quei premi Nobel mancati. E’ da leggere tutto (io per tipo 1 anno non avevo letto altro che lui). Perle ai porci, La colazione dei campioni, Mattatoio n. 5, Un pezzo da galera, Madre notte e tutti gli altri
- Ciclo di Eymerich di Valerio Evangelisti. Questo è fichissimo: un inquisitore domenicano alle prese con l’eresia dell’epoca ma con viaggi temporali nel presente/futuro (non lui, ma la storia). Ce ne sono tanti, ognuno si può leggere da solo. Consiglierei di partire con Mater Terribilis (che è uno degli ultimi) e poi uno non si stacca più e li legge tutti dal primo
- Robert Shekley, ecco un altro mio autore preferito: scrive romanzi di fantascienza (brevi) paradossali e satirici. Non dico nessun titolo, il bello è trovare un romanzo di Shekley a caso sulle bancarelle tra i 1000 Urania che girano e comprarlo a caso. Vi piacerà sicuramente
-  L'uomo che cadde sulla terra di Walter Tavis
- Anche se sarebbe un classico, cito infine Il vagabondo delle stelle di Jack London. Monumentale
Noir (ecco la mia categoria preferita), posto che alcuni li ho messi tra americani, francesi, ecc… va così.
- Jim Thompson, o per meglio dire, il maestro Jim Thompson. Pubblicato tutto da Fanucci ma poi come tanti se lo è rubato Einaudi. Avete senz’altro visto un qualche film tratto da un suo libro. Tra i numerosissimi titoli Colpo di spugna, Rischiose abitudini, E’ già buio dolcezza, Getaway, ma si potrebbe continuare per sempre. Se devo scegliere 1 autore di noir, scelgo lui.
-  Charles Willeford: autore preferito da Tarantino (poi boh, probabilmente ad ogni intervista ne dice uno diverso). Ripubblicata quest’anno da Feltrinelli la Quadrilogia di Miami, a cominciare da Miami Blues. 
- Jack Ritchie: racconti noir brevi/brevissimi, uno che ha detto che potrebbe scrivere I Miserabili in un paio di pagine (grande!). Comunque: Un metro quadrato di Texas e È ricca, la sposo e l’ammazzo
-  Joe Landsdale: negli ultimi anni scrive 1 libro al mese praticamente. Il ciclo di Hap & Leonard (due investigatori improvvisati che si cacciano dei guai. Uno bianco etero, l’altro nero e gay e repubblicano) è divertentissimo. Gli ultimi da evitare. In generale è l’autore di cui ho letto più libri (27) ma la metà non ne vale la pena, Ho ben due libri autografati da lui, tiè
- Leo Malet. Come ho fatto a scordarmelo fino ad adesso??? Nero/nerissimo. A parte il ciclo di Nestor Burma (consigliato, un romanzo per ogni arrondissement di Parigi), i miei preferiti sono quelli della Trilogia Nera quali La vita è uno schifo, Il sole non è per noi e Nodo alle budella (associazione mentale: i film noir francesi di Melville & co.). Tutto dei tipi di Fazi, recentemente ha anche messo in unico volume la trilogia, quindi è facile.
- Un libro geniale: Vedi di non morire di Josh Bazell. Mooolto tarantiniano
- Elmor Leonard, TUTTO. Che poi è tradotto da Wu Ming 1
Random:
- Micky Spillane: spionaggio vero nella categoria “hard-boiled”. Parte tutto da lui
- Leggermente fuori fuoco di Robert Capa, che racconta le sue vicende nell’Europa della Seconda guerra mondiale. Ovviamente corredato di foto che hanno fatto la storia
- Due romanzi belli e con titoli altrettanto belli: Domani nella battaglia pensa a me (Javier Marias) e Questo bacio vada al mondo intero (Colum McCann)
- Open di Agassi. Se siete quei due in Italia che non l’hanno ancora letto
- Il tempo è un bastardo di Jennifer Egan, che non si dica che non si leggono donne. Premio Pulitzer e tant’è. Altro Minimum Fax
- I dilettanti di Donald Barthelme!!!!! Antologia di racconti bellissimi!!!! E poi pure Atti innaturali, pratiche innominabili, che contiene il racconto “Il pallone”, spessissimo citato da DFW come suo punto di partenza.
- Addio biciletta (anche con il titolo di L’avvocat in bicicletta) di Gianni Brera. Gli arbori del ciclismo, che storie… Fantastico.
- Della serie “Libri di montagna”: uno su tutti, La morte sospesa di Joe Simpson. Incredibile. Se no praticamente tutto Walter Bonatti
Saggi:
Comunque bisognerebbe leggere tutti La sesta estinzione di Elisabeth Kolbert è il libro dei nostri tempi sul cambiamento climatico ma non solo e tutte le conseguenze, ecc… Ogni capitolo parla di un animale estinto o in via di estinzione e da lì racconta il perché e apre mondi. Anche lei premio Pulitzer ma sarebbe da premio Nobel. Tutti dovrebbero leggerlo. Per niente noioso, se qualcuno se lo chiedesse
Aggiungo infine il libro-raccolta di Internazionale Extra In cerca di fortuna,  sull’emigrazione italiana dall’ottocento a oggi, come al solito raccontata attraverso articoli dell’epoca della stampa di tutto il mondo
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paukzen · 5 years ago
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5 cose in cui credo del futuro
In tempi di quarantena da coronavirus, e a seguito di una lunga chat su whatsapp, ho ripensato a delle cose che periodicamente mi fanno riflettere.
Di seguito le posto sottoforma di test che ogni tanto sottopongo ai miei amici e a cui chiedo di rispondere da 1 (totalmente in disaccordo) a 5 (totalmente d’accordo).
Naturalmente si può discutere molto su ogni singolo termine ma in generale credo che si capisca il senso delle affermazioni.
1) Il mondo è destinato sempre a migliorare in termini di diritti civili, disparità economiche ed eguaglianza in genere
2) Le generazioni che seguono sono sempre un po’ più “intelligenti” (cultura, apertura mentale, adattabilità, ...) di quelle precedenti
3) Tutti gli Stati (intesi come organizzazioni politiche con poteri nei limiti geografici definiti) sono destinati a ingrandirsi sempre di più fino a diventare un unico “stato”
4) Diventeremo tutti meticci (cioè nessuna notevole diversità di colore della pelle, colore capelli, occhi, ecc...)
5) La religione scomparirà nei termini che conosciamo. Ci sarà ancora fede ma “dissociata” dalle religioni principali (cristianesimo, islam, induismo, buddhismo...)
Io voto 5 alle prime 4 domande e 4 all’ultima.
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paukzen · 5 years ago
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Le magnifiche 7
E’ da un po’ di tempo che mi voglio comprare una bici gravel e, con la scusa del  Tuscany Trail, mi sono informato un po’ partendo dall’articolo di bicidastrada che ne riporta 100.
Le 2 caratteristiche che cercavo erano il telaio in carbonio e, solo preferenza, il cambio Shimano GRX 810. Infine naturalmente il costo: sotto i 3000 euro
Ecco quindi la mia classifica delle 6 bici gravel:
1) Grail CF SL 8.0, GRX 810, nerazzurra (eh!), € 2.699,00
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2) Rose Backroad: GRX 810, petrol-black, € 2.613,26
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3) Diverge Sport Carbon: Shimano 105, turchese, € 2.899,00
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4) Giant Revolted Advanced 1, sram apex, wine purple, € 2.499,00
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5) BMC URS Four, sram apex, bordeaux, € 2.999,00
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6) Scott Addict Gravel 30, GRX 600, verdone, € 2.999,00
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7) Willier Jena, shimano 105, blu / red matt € 2800,00
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Tra quelle che mi piacciono di più, ma fuori classifica per il budget, nomino la Warbird (la mia top), la Trek Checkpoint (che in carbonio sono tutte sopra i 3.000 €) tutta la gamma Exploro della 3T e quella della Stigmata della Santa Crux.
Un appunto: ho da 5 anni una fantastica Surley Straggler, con telaio in acciaio che ho utilizzato tantissimo per viaggi in bici con portapacchi per borse, tenda, ecc... Ci sono affezionatissimo e per questo tipo di attività non la cambierei mai.
Purtroppo testata per gravel un minimo competitivo si è rivelata non adatta, sia perchè forse un po’ piccola, sia perchè pesante e poco agile. 
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paukzen · 5 years ago
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Classifica film 2019
Come ogni anno ecco la mia personalissima classifica dei migliori film usciti in sala (o su Netflix o su altro) nel 2019
- Parasite di Bong Joon-ho. Che bomba!!! Una famiglia che vive ai margini della società si arrabatta come può, non senza furbizie e comportamenti fuori dal socialmente accettabile (non può non venire in mente Un affare di famiglia di Kore'eda). In qualche modo riesce piano piano a intrufolarsi nella vita (e nella casa) di una famiglia di ricchi borghesi svolgendo le più diverse mansioni e approfittandone ancora una volta con metodi quantomeno discutibili. Da lì in poi, il film, che parte come una commedia, diventa prima dramma, poi thriller e infine splatter. Dentro c'è tutto il cinema possibile e i registri, così come i livelli di lettura, sono molteplici. I temi sono in primis quello della lotta di classe naturalmente, ma si parla anche di relazioni umane, di empatia, di tutto. Joon-ho non dà un giudizio ma si mantiene al di sopra di tutto, ci fornisce solo un valanga di cose a cui pensare. L'arte come dovrebbe essere. Fantastico. Voto: 9
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- C’era una volta...A Hollywood (notate come ho fedelmente tolto lo spazio dopo i puntini di sospensione) di Q. Tarantino.  Che mancasse un po' di storia già  si sapeva, che fosse comunque bello lo sapevo, che gli attori fossero bravi, le musiche perfette e la sceneggiatura non avesse una sbavatura, pure (come sempre). Stavolta sembra che manchi qlc, che fondamentalmente é appunto la storia. Scene prolungate all'eccesso e dialoghi tarantiniani sembra, dopo la visione, che non reggano tutto il film. Poi ci ripensi un giorno e alla fine è comunque uno dei più bei film dell’anno.  Voto: 8,5
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- The Irishman, un film di mafia di M. Scorsese. No, non siamo nel 1980, ed infatti è un’altra di quelle cose fatte da Netflix e che esce al cinema solo in alcune sale e per pochi giorni, vabbè. Sembra un po' l'operazione (molto più riuscita) fatta da Clint Eastwood con gli Spietati per "chiudere" un genere cinematografico. The Irishman racconta tutta una generazione di mafiosi attraverso le parole di un umile e fedele soldato che sembra aver giocato un ruolo da protagonista in quegli anni. Di Scorsese, con De Niro, Al Pacino e Joe Pesci, che vuoi dirgli? Che é troppo lungo? Che é meglio vederlo al cinema e in lingua originale? Che ha un sapore di poco nuovo? Tutto questo e rimane bello. Voto: 8
- L’ufficiale e la spia di R. Polanski. La storia del capitano ebreo Dreyfus, ingiustamente accusato di essere una spia a servizio della Germania. Film dalla sceneggiatura d'acciaio. Nessuna pecca: attori perfetti, storia impeccabile, fotografia magnifica, ritmo e tensione dosati alla giusta maniera. Cosa volere di più?  Voto: 8 
- Joker, di T. Phillips, quello di Una notte da leoni e altri film così e che si è aspettato come un evento dopo che ha vinto a Venezia. Comunque c’è un ottimissimo Joaquin Phoenix (che è il 90% del film) e che interpreta un disadattato con problemi psichici che vorrebbe diventare un clown. La sua solitudine e pazzia lo fa però scontrare col mondo. Trama forse banale ma il film c'é, cazzo se c'é, anche se alla fine è uno di quei film che più ci ripensi e meno ti fa pensare al capolavoro. Voto: 7,5
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- La favorita, di Y. Lanthimos che questa volta fa la persona seria e ci spiazza con un film ambientato nell'Inghilterra del XVIII secolo dove, alla corte della regina, é in atto una sfida senza esclusioni di colpi di due ragazze di corte x conquistare il ruolo di favorita e contemporaneamente gestire le sorti della nazione. Emma Stone fantastica come sempre ma anche le due comprimarie. 10 candidature agli Oscar, vedremo.  Voto: 7,5
- I fratelli Sisters, di J. Audiard, cioè uno dei miei registi preferiti, che fa un western di produzione americana. E su queste due cose non ho opinioni in merito.  E' la storia di due fratelli violentissimi che vanno alla ricerca di un cercatore d'oro per rubargli i segreti del mestiere, diciamo così, ma poi nel viaggio cambiano un po'. Cast stellare (John C. Reilly, Joaquin Phoenix e Jake Gyllenhaal) per un film fatto benissimo (che sembra un po' dei fratelli Cohen) ma che poteva essere un capolavoro. Comunque da vedere, eh! (al cinema)  Voto: 7
- Martin Eden, di Pietro Marcello. Libero adattamento del romanzo di Jack London (che non ho letto) ambientato in una Napoli cangiante nel periodo (fine 800, inizio 900, dopoguerra, anni '70-'80) in cui un marinaio (Luca Marinelli, ovviamente bravissimo) vuole diventare scrittore per poi affermarsi come saggista di pensieri individual-socialisti che fanno arrabbiare un po' tutti. Montaggio fantasioso così come la colonna sonora. Film vivo, per questo mi é piaciuto  Voto: 7
- Close enemis - Fratelli nemici di D. Oelhoffen. Ambientato in una Parigi dove non si vede mai la torre Eiffel (e questa é già una notizia) parla della difficile vita nelle banlieue degli immigrati (comunque di seconda e terza generazione) ma soprattutto dell'antica amicizia di due ragazzi che su fronti opposti (poliziotto della narcotici uno, trafficante di droga l'altro) si barcamenano nella vita. Anche se sembra tutto già un po' visto (Audiard in primis), il film é avvincente dall'inizio alla fine. Grande!  Voto: 7
- Green Book di P. Farrelly, uno che fino ad ora si era dato a commedie unpolitically correct e che quì invece prova a fare il serio con un road movie che affronta il tema del razzismo, in un modo molto classico.  La storia (vera) è quella di un italiano (Viggo Mortensen, perfetto) un po' rozzo che fa da autista ad un musicista nero (Mahershala Ali) colto e ricco durante un tour negli stati più razzisti degli USA negli anni '60. Ci sono un sacco di furberie e poi é facile non fare il razzista con il singolo, più difficile con la massa. E quindi é un film che piacerà a tutti, e quindi é piaciuto anche a me.  Voto: 7
- Maradona, un documentario di A. Kapabia che ha vinto l’Oscar come miglior documentario (appunto) e che racconta la storia di Maradona raccontata attraverso immagini d'archivio. Niente di nuovo per chi come me conosceva e aveva visto più o meno tutto di Maradona, altrimenti fondamentale  Voto: 6/7 
-  La mia vita con John F. Donovan di X. Dolan.  Ok, manca qualcosa. Sceneggiatura un po' sfilacciata e alcune scene evitabili. Colonna sonora però al solito impeccabile e momenti intensissimi. Non il miglior Dolan ma piaciuto.  Voto: 6,5
- Free solo di J Chin e E. Chai Vasarhelyi, un documentario su Alex Hollond che ha scalato El Captain nel parco di Yellowstone in modalità free solo, cioè senza corde, sicure, ecc... A parte il personaggio, che da solo merita tutto l'interesse possibile, la scalata é sconvolgente. Mai provato una tensione così da tanto tempo, cavoli!  Voto: 6,5
- Il traditore di M. Bellocchio.  "Solito film di Bellocchio" verrebbe da dire e in effetti lo é. Ricostruzione delle vicende che hanno portato ai maxiprocessi di mafia grazie alle confessioni di Tommaso Buscetta che non si riconosce più nella mafia del corleonese Totó Riina. Bravissimo Favino. Alcune cose (omicidio Falcone e processo Andreotti) buttate dentro un po' velocemente  Voto: 6,5
- Storia di un matrimonio di N. Baumbach. Non era il mio film e lo sapevo. Ma c’era Scarlett Johansson. Comunque: storia di un matrimonio (e amore) finito con tutto quello che ci si può immaginare di contorno. Uno si innamora e gli piacciono alcune o molte cose dell'altro, poi non gli piacciono più o gli piacciono ancora ma diventa irrilevante rispetto alle cose che non vuole più. Così va la vita  Voto: 6+
- Vice - L’Uomo nell’Ombra di A. McKay, quello de La grande scommessa. Un film in partenza un po' pericoloso su Dick Cheney, vice presidente di Bush figlio ma in pratica il vero direttore d'orchestra dell'amministrazione. E’ girato un po' alla Michael Moore e forse semplifica un po' le cose ma alla fine si va vedere e contribuisce alla comprensione della storia contemporanea. Nulla da dire neanche su Bale (ingrassatissimo) e Amy Adams (e come potrei mai???). È tutto  Voto: 6+
- The Guilty - Il colpevole di G. Möller. Thrillerone danese tutto incentrato su conversazioni telefoniche tra un poliziotto dalla psiche alquanto compromessa e vari interlocutori tra cui una ragazza rapita (lui lavora al 112 di Copenaghen). Manca un (bel) po' x essere un film bellissimo. Però si guarda Voto: 6
- Antropocene di J. Baichwal, E. Burtynsky e N. de Pencier, un doc che già dal titolo rimanda al fantastico e necessario libro La sesta estinzione di E. Kolbert. E infatti il tema è quello: come l’uomo ha influenzato la natura e le conseguenze di tutto questo (ovviamente negative). Immagine bellissime non supportate da una narrazione alla loro altezza. Molto meglio il libro di cui sopra. Voto: 6
-  La mafia non è più quella di una volta, di F. Maresco (senza Ciprì).  Una specie di film che racconta, nel solito modo abbastanza geniale, di come Palermo abbia dimenticato Falcone e Borsellino e forse non li abbia mai amati. Alla fine però c'é una speranza. C'è pure Letizia Battaglia.  Voto: 6 (stiracchiato)
- Dolor y Gloria di P. Almodovar. Non lo volevo vedere pensando "sarà il solito Almodovar", poi poiché tutti ne parlavano benissimo l'ho visto e... é il solito Almodovar. In questo caso parla di un regista con un po' di problemi fisici e psicologici che per una serie di coincidenze si ritrova a ricordare e riaffrontare il suo passato. Mi ha lasciato poco
- The Border di A. Abbasi, un iraniano-svedese. Film che vado a vedere con grandi aspettative. Parla di una donna malforme con la dote di "sentire" le emozioni delle persone e per questo motivo lavora come addetto alla sicurezza in un porto. Poi un giorno incontra uno come lei e... Insomma, idea originale (tratta da un racconto di un tipo), messa in scena accurata ma forse manca un po' di poesia e scade in un moralismo di cui non ne sentivo il bisogno. Voto: 6-- 
- The Mule, di C. Eastwood. È la storia (vera) di un vecchio signore (ovviamente interpretato da Eastwood) che a settant'anni passati si mette a fate il corriere di droga x il cartello di Sinaloa (che ora dopo Winslow e Narcos è diventato di moda). Ogni film di Eastwood viene accolto come un capolavoro e io ogni volta vado a vederlo pieno di speranza x poi venire deluso. Storia interessante ma raccontata senza poesia, IMHO. E anche se aspetto comunque il suo prossimo film (già in fase di montaggio, pare) per gridare al capolavoro, si va vedere. Nonostante questo: Voto: 5,5
- Stanlio e Ollio, di J. Baird: biopic su Stanlio e Ollio che si concentra sull'ultima tourneé in Europa, alla fine della loro carriera, alla ricerca di un rilancio. Io vado a vederlo sopratutto perchè ancora mi rieccheggia nella mente Triste, Solitario Y Final di Osvaldo Soriano. Film fatto bene ma tutto molto convenzionale, senza coraggio.  Voto: 5,5
- Us, cioè Noi, di J. Peele, quello di Get Out, che non era per niente male. Questo parla di "diversamente umani", che poi sono dei nostri doppi, che salgano in terra da un mondo sotterraneo. Il film regge bene per un tempo poi si perde decisamente.  Voto: 5,5
- Miserere di B. Makridis, un film greco che sfrutta la scia di Lanthimos ma senza la sua genialità, imho.  Una donna é in coma, suo marito scopre di stare bene quando gli altri lo commiserano. Poi lei esce dal coma e... Ma anche chi se ne frega  Voto: 5,5
- American Animals, di B. Layton. Nel mortorio dei film di giugno decidiamo di vedere questo doc su una grottesca rapina che ha un manifesto che riporta recensioni entusiaste di un po' di soggetti vari. Non che mi fidi troppo, eh, e infatti il doc non è poi sta gran cosa anche se all'inizio mi ha interessato e poi divertito un po'. In realtà credo che all'inizio l'ho trovato interessante perchè non avevo letto da nessuna parte che era una rapina strampalata (anche se poi c'era scritto pure sulla locandina)  e così mi chiedevo come potesse essere riuscita e come mai era fallita.  Voto: 4,5
- La casa di Jack, di L. Von Trier. Un serial killer (Matt Dillon) si racconta attraverso 5 "incidenti" ad un Virgilio (Bruno Ganz, appena scomparso) che cercherà di guidarlo nella lettura delle sue azioni/ossessioni. Lars Von Trier al solito esagera con una narrazione filosofeggiante e moralista che ci vorrebbe mostrare l'indifferenza della società davanti ai nostri orrori (il richiamo all'olocausto é esplicito). Non ci riesce  Voto: 4,5
- Suspiria di L. Guadagnino. Prima visione dell'anno al Cinema Mexico con la presenza del regista che ormai è supercool (ci sono le musiche di Thom Yorke, per dire) in tutto quello che fa e si permette assolutamente di girare quello che vuole senza alcun compromesso. Ne esce un film (remake? no, reboot? forse) lunghissimo abbastanza enigmatico con cose belle (colori - diversissimi da quelli di D. Argento - e fotografia) e altre boh (tipo il montaggio e il plot) Ne sospendo il giudizio in attesa di una seconda visione che probabilmente non arriverà mai. Voto: s.v.
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paukzen · 6 years ago
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Sardegna Gran Tour
(O - come da hashtag ufficiale su Instangram - #SardiniaGranTour, anche se poi, pensandoci adesso, sarebbe stato meglio #SardiniaBikeTour, vabbè)
Fu così che Ricky lanciò la proposta di un giro della Sardegna in 5 giorni da effettuarsi in novembre, mese notoriamente soleggiato e caldo. Gli invitati accettano pur facendo notare che 5 giorni forse sono un po’ pochi (così si estende a 9). Sul periodo, invece, nulla in contrario: impossibile che piova a novembre.
Partecipanti: Paukzen (il sottoscritto), Ricky, Luca e Paolo (lui solo da Cagliari in poi). Spoiler: Luca si rivelerà compagno di viaggio perfetto: gli va bene tutto e non si lamenta mai (cioè a parte del pedalare, ma questo è secondario).
Itinerario: seguire da Porto Torres tutta la costa della Sardegna tornando al punto di partenza, facile, no? Km previsti 11.000, dislivello previsto: sconosciuto, ma abbiamo calcolato non meno di 1000 m ds+ a tappa.
Nota: le foto sono mie, di Paolo e le più belle di Ricky, fate voi
1 tappa: Porto Torres - Stintino - Alghero - Bosa: 140,63 km e 949 m ds+
Si parte!!! E la prima tappa tutto bene, cioè: a parte la foratura di Ricky appena uscito di casa, la ruota dimenticata davanti ad un bar di Porto Torres (a seguito del cambio di camera d’aria), e poi recuperata, e gli abbondanti scroscioni (grossi scrosci, boh) di pioggia. 
Siamo comunque talmente freschi che già deroghiamo alla più o meno implicita regola di evitare degli avanti e indietro su strade chiuse e deviamo per Stintino (che poi questo era più o meno previsto), prima località turistica del giro.
Eccoci quì (due su tre), fiduciosi e ottimisti.
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La strada da Alghero a Bosa sono 40 km di nulla, ed è fantastica, e per l’occasione viene scattata la foto migliore della vacanza, a mio insindacabile giudizio.
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Alla fine si arriva a Bosa, si trova un B&B che neanche mi ricordo com’era e si mangia pizza al trancio (buonissima) seduti all’aperto nel bar accanto, che ha il merito soprattutto (l’unico) di offrire birra Ichnusa da 0,66 l alla modica cifra di 2,50 euro. 
Il viaggio non poteva iniziare meglio, ma poi.
2. Bosa / Cuglieri - S’Archittu - Oristano: 70,29 km e + 675 m ds+
Ed ecco finalmente la pioggia che tanto temevamo, tutto il giorno e a secchiate. D’altro canto le previsioni erano ideali.
La tappa odierna oltretutto parte malissimo con due gomme a terra su sei (una di Luca durante la notte e una mia, in camera in diretta, giuro). Si scopre che ho un copertone distrutto, ma grazie ad un ragazzo appassionato di bici che gestisce il B&B Muraglia Vecchia (che ovviamente consiglio a tutti quelli che andranno a Bosa) rattoppiamo il tutto e in qualche modo si riparte.
L’attrazione turistica del giorno è l’arco di S’Archittu che infatti fotografiamo (sotto la pioggia).
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Decidiamo poi saggiamente, visto la pioggia incesssante, di saltare a piè pari la penisola del Sinis, così
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e andiamo diretti a Oristano dove ci attende un hotel a 4 stelle che di 4 stelle aveva soltanto la sfarzosità degli spazi comuni. Comunque l’abbiamo pagato 70 euro in tre con colazione abbondante, quindi, noi che alla fine badiamo solo alla pancia, non ci lamentiamo.
Faccio notare solo (tralasciando l’acqua calda della doccia che arrivava solo a momenti) che per esempio non aveva il servizio lavanderia e così ci tocca andare in una lavanderia (appunto) a gettoni, con asciugatrice. Scopriamo tra l’altro essere un posto ideale per rimorchiare se non fosse che c’erano solo 60enni. Però potenzialmente, eh.
Alla sera i miei due compagni di viaggio vogliono mangiare assolutamente carne ma non si mettono d’accordo sul grado di cottura così seconda sera, seconda pizza, vabbè.
Segue breve passeggiata per Oristano e buonanotte.
Ah! Dimenticavo il super-gioco del viaggio: contare le vecchie Panda! Ce ne sono ancora un sacco in Sardegna e, se non fosse per il loro stato (e le targhe delle più diverse città continentali), mi verrebbe da pensare che ci sia una produzione ancora attiva in loco. Sui numeri siamo sulle 50 panda per tappa, mica cazzi. Avevo pensato anche di fare una sorta di media al km di Panda per tappa ma poi anche chi se ne frega.
3. Oristano - Arborea - Marceddì - Costa Verde -  Arbus - Sulcis - Buggerru - Nebida: 121,50 km e 1.846 m ds+
I vostri affezionatissimi quì partono separati. Io vado dal ciclista a comprare due nuovi copertoni (ma apre alle 8,30), loro si avviano senza di me (il gruppo si riunirà più tardi sulla scena del disastro, ved. dopo).
Il primo pensiero della mattina comunque è: stasera niente pizza!
Dopo la brutta strada SS fino ad Arborea (e vi risparmio le lunghe digressioni di dove mettono gli accenti i sardi) si passa dalla Costa Verde, quella delle dune di Piscinas, con paesaggi naturalmente molto belli, e, sulla successiva temibile salita verso Montevecchio, avviene il patatrac... (suspense mentre agevolo una foto della Costa Verde)
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E cioè a Ricky si rompe la sella e finisce con il culo a terra, buon per lui che aveva la borsa e così se lo salva (almeno fino ad oggi, eh! eh!)
Ad ogni modo arriva ad Arbus alla bersagliera, 
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dove troviamo un ciclista (o quasi) che ripara in qualche modo il danno e mangiamo tre panini spettacolari con 4,26 euro totali (e ci regalano pure una birra, forse perchè sono notoriamente bello, vai a sapè).
Ecco i panini.
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Quindi ripartiamo verso la temibilissima salita di Buggerru (che poi sarebbero ben due, una prima e una dopo, e che soffriamo un sacco, come testimoniato ampiamente dai lamenti di Luca) che ci conduce a Nebida, dove dormiamo in un B&B gestito da amici guide/arrampicatori di Ricky.
A Nemida c’è il famoso Pan di Zucchero, che poi sarebbe quella cosa là in fondo nella foto sotto, ma ammetto che ci sono immagini migliori.
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Per cena ci dicono che c’è una sola cosa aperta: una pizzeria, alè!
Primo giorno senza pioggia: di nuovo alè! Stavolta senza ironia.
4. Nebida - Sant’Antioco e le saline - Porto Pino - Chia - Pula: 136,15 km e 1.017 m ds+
Oggi si parte con tipo 20 km di discesa (ottimo) e con un vergognoso vento a favore che ci porta, ad una media di 60 km/h (o forse era leggermente meno), a Sant’Antioco dove troviamo un cielo nero nero nero ma nero e allora decidiamo di evitarne il giro, tiè.
Dopodichè, per espiazione, ci infiliamo in una strada sterrata in mezzo alle saline e al vento (stavolta più o meno contro) e da lì andiamo al bel Porto Pino (dove non c’è un caxxo di aperto per il pranzo), poi a Chia (altro posto fantasma in questo periodo) e infine, su una brutta strada, a Pula.
A Porto Pino ci siamo tutti e tre, anzi quattro col porto, indovinate qual’’è il porto.
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Poichè ho più o meno deciso di mettere due foto per giorno, la seconda è dedicata ai numerosissimi porta-bici sardi che hanno solo un difetto che vi faccio indovinare da soli.
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La sera dormiamo in un affittacamere con un giardino curatissimo da dei tipi particolari (= alcolizzati = simpatici) che hanno tipo 11 gatti, così va la vita.
E indovinate un po’? Non mangiamo la pizza!!! 
Tra l’altro anche oggi alla fine non prendiamo pioggia perciò va tutto per il meglio, anzi no (ved. giorno successivo). 
5. Pula - Nora - Cagliari - Villasimius - Punta Carbonara - Costa Rei - Muravera: 152,19 km e 1.251 m ds+
E infatti oggi ci dovrebbe essere l’incontro con Paolo che però rimane vittima del maltempo con conseguente ritardo mostruoso del traghetto che lo traghetta a Porto Torres con tipo 8 ore di ritardo e quindi giungerà a Cagliari solo la sera.
Necessariamente quindi l’incontro avverrà solo il giorno successivo sulla strada per Lotzorai e noi tre ci spariamo il super-tappone di 152 km fino a sera a Muravera (questo l’ho scritto solo per fare la rima).
Note: fino a Cagliari strada bruttissima dove ci siamo giocati almeno 2 vite a testa, da Quartu a Muravera invece forse la più bella strada del viaggio. Andateci (in bici).
Le foto delle tappa di oggi lo dimostrano:
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Figo, eh?
Per completezza concludo dicendo che la notte l’abbiamo passata in un appartamento con cucina alla incredibile cifra di 45 euro in tre. Poi per rimediare abbiamo fatto 88 euro di spesa, vabbè.
6. Muravera - Lotzorai: 87.61 km e 586 m ds+
Tappa facile facile, unendoci finalmente con Paolo a Muravera che alle 9,00 del mattino si era già sparato 60 km da Cagliari, ben gli sta.
Noi invece al suo arrivo eravamo alla seconda colazione.
Ed ecco finalmente Paolo, dal davanti
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e poi anche dal di dietro (è quello con la maglia verde, ovvio)
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Ad ogni modo a pranzo siamo già nei pressi di Lotzorai e mangiamo in un posto pessimo al porto di Arbatax che per vegetariani offre solo delle pastasciutte precotte che lasciamo perdere. Ma me lo ricorderò per il futuro, cari miei.
Il pomeriggio lo passiamo al fantastico B&B The Lemon House di Ricky & Elena a riposare. Ne approfittiamo per vedere (per quanto mi riguarda per l’ennesima volta) il film cult coreano Old Boy, che solo i veri intenditori di cinema sanno apprezzare (quì c’è una frecciata che qualcuno coglierà di sicuro).
Ne approfittiamo anche per lavare e asciugare tutto il nostro vestiario per l’ultima volta.
Per cena siamo invitati dall’ospitalissima famiglia di Luca per una grigliata a base di carne. A me, in quanto vegetariano, viene offerto, oltre ad un ottimo pesce spada sempre alla griglia (sono un vegetariano che però mangia pesce, eh), un minestrone fantastico e come dessert, questo per tutti, un tiramisù come raramente ne ho mangiati in vita mia. Il tutto accompagnato da vino come se piovesse. Si è fatto baldoria insomma.
7. Lotzorai - Passo Genna Silana - Dorgali - Orosei - Siniscola - Budoni: 137,76 km e 1.728 m ds+
Uhhh!!!! Oggi c’è in programma, subito alla partenza, la cima Coppi del giro che i due locali conoscono a memoria (fatta tipo due volte in bici in vita loro).
La bagarre per la conquista della vetta è stata veramente avvincente, come testimoniato dalla mia bellissima foto.
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Pantani ci fa un baffo.
Comunque ce l’abbiamo fatta, ecco la prova:
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Per il resto la tappa passa da Dorgali, Orosei (bella), Siniscola (bella) e finisce a Budoni. Si capisce che non la ricordo bene?
A Budoni dormiamo in un bel appartamento dove purtroppo si mangia veramente male (carbonara con vongole, secondo un antica ricetta inventata al momento da Ricky). Ah, no! Ho controllato ora, esiste davvero. Sarà che non abbiamo aggiunto il ciuffo di prezzemolo...
Purtroppo visto che l’abbiamo cucinata noi non possiamo lamentarci con nessuno.
8. Budoni - Golfo Aranci e Porto Rotondo - Costa Smeralda e Porto Cervo - Palau - Santa Teresa di Gallura: 142,69 km e 1505 m ds+
La tappa odierna inizia, e poi prosegue, con la pioggia e prevederebbe un pedissequo costeggiamento (?) del mare.  
Peccato che Ricky, febbricitante, tenta ad ogni bivio di boicottarla palesandoci scenari apocalittici di maltempo, salite tipo Mont Ventoux sulla costa, km inverosimili (dice 180, facendo la costa) e orario di arrivo improponibile (alle 20,00 di sera, assicura).
Al bivio per Porto Cervo quindi c’è il primo vero momento di contrasto, si fa per dire, nel gruppo.
Le posizioni sono le seguenti: Ricky vuole accorciare, Fede vuole essere fedele al piano e passare da Porto Cervo, Luca si rimette alla maggioranza (ma lamentandosi preventivamente).
La situazione è più o meno questa.
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Situazione di stallo, quindi (alla messicana? No purtroppo, che tanto mi avrebbe fatto sentire in un film di Tarantino). 
La decisione sta quindi a Paolo che dopo decine di minuti di tensione dice una cosa tipo: “Ma vaffanculo, passiamo da porto Cervo!”, così ha parlato e così si fa. 
Si merita l’unica foto del giorno.
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Pranziamo in un posto tipico (benzinaio) visto che è tutto chiuso o con prezzi improponibili (Porto Cervo è un enclave svizzera, no?) e veloci come il vento giungiamo a Palau e infine a Santa Teresa di Gallura.
Una cosa: la Costa Smeralda è anche detta in gallurese (esiste il gallurese? sì) Monti di Mola (scopro ora), il che per tutto il giorno mi ha fatto rimbombare nella testa l’omonima canzone di De Andrè che parla di un giovane che si innamora di un asina (e viceversa). Eccola quì.
Alla sera dormiamo in uno scadente hotel, anche conosciuto come topaia o bettola, scelto da Luca, che (non l’hotel, ma Luca) dopo avere visto la reception del posto, la prima cosa che dice è: “Domani la colazione non la facciamo quì” E noi naturalmente ubbidiremo.
A questo punto del viaggio ci è tornata la voglia di pizza e, complice anche una pioggia clamorosa che non ci fa allontanare dall’hotel per più di 100 metri, ci infiliamo in una pizzeria (appunto) di fronte alla sopracitata topaia (o bettola) e concludiamo la serata con birra a volontà.
9. Santa Teresa di Gallura - Porto Torres: 109,97 km e 1047 m ds+
In teoria doveva essere una tappa facile, ma. 
Ma un sacco di saliscendi e vento contro (alla fine, almeno quello, per la prima volta dall’inizio del giro) ci rendono la tappa più dura del previsto.
Per fortuna la formazione belga a ventaglio è ormai collaudatissima.
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Il morale però è alto sia per la vicinanza del traguardo sia perchè miracolosamente riusciamo a schivare la pioggia. 
A pranzo mangiamo un super-panino a Castelsardo, che ha il terribile difetto di potere essere raggiunto solo dopo una salita interminabile (e successiva discesa), ed è la prima volta che come vegetariano non mi trattano da appestato, bene.
Lungo il tragitto vediamo un sacco di cacciatori (è domenica) che in gruppi di 20 alla volta vanno a caccia di cinghiali, facile, eh? Codardi che non siete altro. Comunque (noi compagni cinghiali) conquisteremo il mondo, è solo questione di tempo, daje!
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Sul porto di Porto Torres (o quasi) facciamo le foto di fine giro tutti contenti come bambini.
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Totale: km: 1.098,79 / m ds+: 10.604
Foto sparse del giro.
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Fine! Ah, che nostalgia...
Si ringrazia lo sponsor ufficiale (usato a profusione da Ricky)
Una dedica speciale va anche al nostro ispiratore, colui che ha fatto questo:
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paukzen · 6 years ago
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La transdolomitica
Premessa
Prima esperienza di bikepacking per lungo tragitto (già provato per we o 3 giorni ed è eccezionale) e valuto come prima cosa l’attraversamento delle Alpi da Trieste a Nizza (e prendo pure il libro). Pensandoci un po’ su però, anche per le notti da passare in svizzera decido che è un po’ troppo impegnativo e complicato per la prima esperienza e cambio sulla, da me denominata, Transolomitica, ricalcando il percorso della Transdolomitic way. Curiosamente quando riguardo il percorso dopo un mese ne trovo un altro. Forse ho preso quello del 2018 o 2017, vai a sapere.
Il bagaglio
Parto con la mia Canyon Endurace attrezzata in questo modo:
1) Sul tubo orizzontale del telaio il Node con dentro: chiavi di casa (le essenziali), spazzolino da denti e dentifricio, powerbank e cavi vari, passaporto e “portafoglio”. Peso: 0,5 kg
2) Sottotelaio: Cartina (praticamente mai usata), intimo, maglia mavik antivento, gambali e bracciali, minipompa, frontale, telo antigelo. Peso 0,9 kg
3) Sottosella (16 litri): un ricambio di tutto per la bici (calze, sottocasco, ciclisti, maglietta), kway (mai usato), fantasmini, scarpe ultraleggere che si rivelano perfette, pantaloncini per la sera, t-shirt, maglietta leggerissima decatlhon (usata pochissimo), due paia di mutande (una persa subito), maglia pesante (usata poco) e giacca gore semipesante, e-reader (lettura: Il confine di Don Winslow). All’occorrenza ci stavano anche barrette e gel. Peso: 3,8 kg
Addosso ho naturalmente un completo di ciclismo e un anti-vento nella tasca posteriore della maglietta.
A corredo menziono anche: luce anteriore e posteriore + borraccia 0,75 litri + borraccia con attrezzi e camera d’aria di ricambio + pezzo di copertone.
Devo dire che mai avrei potuto fare un bagaglio migliore di questo. Le cose pesanti pesanti le ho usate pochissimo però direi necessarie se si fa un viaggio in montagna.
Ed ecco la mia compagna di viaggio 
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Il viaggio
In totale fatti 1.490 km e 29500 m d+ e  27 salite/passi (ok, fatto male i conti, seppure un po’ imbrogliando, volevo farne 28 come il Raid dei Pirenei dell’anno scorso) che naturalmente diventano nei racconti 1500 km e 30000 m d+ 
1 tappa: Trento - Val Cembra - Passo Lavazé (1/27) - Obereggen (2/27) - Vipiteno (165 km e 3.000 m d+)
Parto bene, facendo la Val Cembra in una strada quasi parallela alla statale ed è molto bella. 
Il passo Lavazè lo affronto con entusiasmo sia perchè è il primo sia perchè è un posto a cui sono molto affezionato andandoci quasi ogni anno a sciare. 
Alla fine della discesa però a sorpresa la strada per Bolzano è chiusa così mi tocca farmi la salita fino a Obereggen, breve ma molto intensa. Cominciamo bene...
Comunque sono in forma e il pranzo lo faccio già dopo i due passi. Da quì è tutta ciclabile fino al Brennero ma comunque decido di fermarmi a Vipiteno per fare una notte di più in Italia.
Noto che sulla ciclabile c’è un sacco di gente in bici (molti con quelle elettriche) cosa che poi non ritroverò sul resto della strada. Comunque bene.
2 tappa: Vipiteno - Passo Brennero (3/27) - Innsbruck - Passo Kuhtai (4/28) - Pillerhohe (5/27) - Fliess (147 km e 3.146 m d+)
La salita fino al Brennero la conoscevo anche se non sono riuscito a prendere la ciclabile del Val d’Aveto (penso). Cioè l’avevo fatta una volta in discesa e non mi sembrava quella, boh. 
Dal Brennero la strada è brutta brutta (statale con macchine che viaggiano velocemente,ecc... Comunque sono in discesa e quindi il fastidio è limitato) e si scende fino quasi a Innsbruck dove c’è la deviazione per il Kuhtai che si rivela una montagnona (2.017 m) e neanche facile perchè molto irregolare. Però bellissima anche perchè non c’è nessuno. In cima fa freddo e scendo subito. 
Dopo la discesa mi perdo in un bosco (ma avevo tracciato la strada con Strava cavoli!!!!) e così mi tocca scarpinare con bici in spalla per passare il fiume di fondo valle. Dopo c’è subito il Pillerhohe, anch’esso tosto: 7 km all’8,2%, comunque lo faccio bene e oltretutto non c’è un cane, tipo così
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La valle è abbastanza solitaria e in discesa mi fermo a Fliess, un piccolo paese dove trovo però un albergo che mi fa pagare pochissimo. Bene.
3 tappa: Fliess - Passo Resia (6/27) - Glorenza - Passo Stelvio (7/27) - Bormio (130 km e 2.867 m d+)
Oh, il passo Resia è incredibile. Mi riferisco soprattutto all’immenso lago in cima... Comunque prima di arrivare in Italia c’è una città bellissima in Austria che si chiama Nauders. Da passarci mille vacanze invernali (se ci fossero anche le piste da fondo naturalemente).
La salita è fattibilissima in scioltezza, alla fine si riduce a 9 tornanti (morbidi) e poi è in pratica un lunghissimo altopiano, tutto in ciclabile.
Il pensiero di tutto il giorno va però al successivo Passo dello Stelvio che ho già affrontato più volte ma dalla parte facile. Stavolta mi tocca il lato “nobile” da Prato allo Stelvio. 
Si inizia con una pendenza abbordabilissima finchè non incontri il cartello “48 tornanti” e allora pensi “ok”. Però poi i tornanti dopo sono dopo 2 km ciascuno e allora ti inizi a preoccupare... E infatti, se la matematica non è un opinione, gli ultimi 10 km sono tutti sopra l’8% ma più vicino ai 9. 
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Insomma una tortura che affronto inizialmente con la più bella ciclista che abbia mai incontrato e che ha pure lei una Canyon Endurance.
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Dopo lo Stelvio nella mia idea iniziale c’era quella di fare pure il Gavia ma c’è una pioggerella, fa freddo e arrivo a Bormio alle 18,00. Insomma, spendo un sacco di soldi per dormire (l’unica volta del viaggio) e decido saggiamente di rimandare il Gavia al giorno dopo.
  4 tappa: Bormio - Passo Gavia (8/27) - Val Camonica – Esine (105 km e 1504 m d+)
E quindi il Gavia, che molti mi dicono essere la loro salita preferita, lo affronto dalla parte facile e cioè da Santa Caterina. I paesaggi e la vista sono fantastici e così si arriva in cima. Su però fa freddissimo e anche oggi inizia a piovere, così arrivo a Ponte di Legno e mi rifugio in un bar attendendo la fine della pioggia, che arriva.
Mi faccio tutta la Val Camonica (strada brutta e trafficata) e arrivo a Esine. Mi tocca però qui redarguire quel ciclista che mi si è messo dietro per 15 km e poi appena mi distraggo un attimo, scatta senza mettersi davanti. Mah, vai a capire. Poi alla fine per principio naturalmente lo vado a riprendere, scambiamo due parole e si rivela anche simpatico. Ma non si fa così!
A Esine trovo la Casa di Carla pagando pochissimo e trovando una bella ospitalità (in paese c’è pure una pizzeria buonissima) e così mi ripropongo di tornarci abbinando Passo Presolana + Passo Vivione, Passo Crocedomini o una così così. In bkpk, ovvio.
5 tappa: Esine - Passo Crocedomini (9/27) - Passo San Rocco/Capovalle  (10/27) - Moniga del Garda (126,44 km e 2.547 m d+)
All’inizio del Crocedomini c’è un cartello che dice CHIUSO, ma figuratevi se mi faccio fermare da una cosa così... Poi quando mancano 5 km c’è un cartello che dice “passo chiuso anche per ciclisti” e mi comincio a preoccupare ma ormai sono lì e così continuo confidando di trovare un modo per passare. E infatti la fortuna aiuta gli audaci e stanno finendo proprio in quel momento di mettere un parapetto, così riesco a transitare, alè!
La salita è bella bella (l’avevo già fatta) e in cima c’è un rifugio ospitale, talmente ospitale che gli lascio la mia maglietta che intanto mi ero cambiato. Azz... Mi toccherà comprarne una nuova un paio di giorni dopo.
Di seguito ci sono Capovalle e la Val Vestino che conosco bene. Uno dei posti più belli in bici del lago di Garda, anche se il lago della Val Vestino è abbastanza inquietante. 
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Da lì vado a riposarmi un paio di giorni a Moniga del Garda da mia sorella, perchè sono stanco, sì.
6 tappa: Moniga del Garda - attraversamento Garda con traghetto da Toscolano Maderno a Torri del Benaco - San Zeno in Montagna (11/27) - monte Baldo (12/27) - Rovereto (117 km e 2.502 m d+)
Riposatissimo mi godo anche l’attraversamento del lago con il traghetto e, sbagliando strada faccio una salita in più fino a San Zeno in Montagna, che per fortuna è molto bella. Dopo però ridiscendo un sacco e affronto il Monte Baldo quasi da quota lago. 
Avevo visto che la pendenza media era del 6% e così sono tranquillo ma azz..., ci sono tratti al 20%!!!! Insomma, mi ammazza.
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Però la salita è top!!!
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7 tappa:     Rovereto - Calliano - Passo Sommo (13/27) - Passo Vezzena (14/27) - Asiago - Valle Stagna - Bassano del Grappa (108 km e 1.975 m d+)
Passo Sommo e Passo Vezzena bruttini e trafficati ma mi portano ad Asiago e da quì a Gallio dove mangio ospite della mia amica Cristina.
Mangio, mangio (e bevo) e dopo arrivo a Bassano del Grappa (dove dormo per 23 euro in una singola nell’Ostello comunale) scendendo dalla Val Stagna. Valle strettissima che prenderà il sole 2 ore in tutto l’anno e che dev’essere bellissima da fare in salita. Pure in discesa non è male però. Macchine, persone, animali e  cose incontrate zero di zero.
8 tappa: Bassano del Grappa - Monte Grappa (15/27) - Passo San Boldo (16/27) - Belluno (113 km e 2.736 d+) 
Il Monte Grappa è famoso per avere 10 salite. Io ne faccio una sostanzialmente a caso (cioè la strada che mi ha caricato Strava) e che si rivela essere la stessa che avevo già fatto anni fa al Monte Grappa bike day. 
In cima c’è il Sacrario e anche una trincea che si può visitare e ogni volta pensi come caxxo facevano quelli a stare su per anni, al freddo, vestiti come erano vestiti, e combattere e andare a morire a migliaia.
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In discesa incontro degli sventurati che hanno scelta un’altra strada per salire e, cavoli, quella sì che è tosta.
Ad ogni modo devo arrivare a Belluno così scendo da quella parte in una strada assurda che mi ripropongo di non fare mai più e me lo registro nella mente: strada dissestata, gallerie, mucche, mucche dentro le gallerie...
Il passo San Boldo  è bello e pure stranissimo. Negli ultimi km ci sono 4-5 tornanti dentro gallerie e pure i semafori (quindi inutile guardare i tempi:)) visto che questi sono strettissimi. Ci è passato pure il giro d’Italia quest’anno.
La prospettiva dal basso merita una foto.
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Alla fine arrivo a Belluno, da me rispettata perchè vince ogni anno come città dove si vive meglio. Io faccio solo un giro in centro ma va bene così.
9 tappa: Belluno - Longarone - Vajont - Passo S. Osvaldo (17/28) - Forcella Pala Barzana (18/27) - Passo Rest (19/27) - Passo Mauria (20/27) - Lozzo di Cadore (164 km e 3.296 m d+)
Da me votata a mio insindacabile giudizio come tappa più bella di tutto il giro.
Parte un po’ male perchè la statalona da Belluno a Longarone è trafficatissima. Qualcuno mi ha detto che c’era una strada alternativa ma giuro di no, Ho ricontrollato dopo. 
All’inizio della prima salita c’è la diga del Vajont e così non puoi non metterti a ripensare alla disgrazia avvenuta x anni fa. Ci sono targhe, memoriali, turisti, ecc... E in effetti la sua vista fa impressione. 
Da lì in poi, ufficialmente dopo Erto, e una specie di avanzata in posti sempre più sperduti e infine dimenticati da dio, fino a Passo Rest. 
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La strada c’è, all’inizio pure bella larga con due corsie ben definite ma poi si arriva in valli dove non incontro una macchina in tutto il giorno. Nel mezzo pranzo in una specie di supermercato/bar dove pago un panino al formaggio di baita e una coca-cola 3,30 euro. Pazzesco.
Salita al Passo Mauria bruttina, ed arrivo ad Ampezzo prima e a Lozzo di Cadore poi, dove non c’è molto a parte un B&B fantastico dove pago 30 euro.
Insomma, giornata perfetta. Ci scappa pure una birra ovviamente.
10 tappa: Lozzo di Cadore - Cortina - Passo Cimabanche (21/27) - Dobbiaco (71 km e 892 m d+)
Ok, questa tappa cazzeggio un po’. Pioviggina, fa freddo, e voglio arrivare a Dobbiaco e stare fermo un giorno.
Passo da Cortina e come sempre c’è traffico e code e gente vestita da supermontagna con roba ultratecnica e costosissima che la usa per fare lo struscio in centro. Vai a sapere.
Ad ogni modo NON si vedono le Tre Cime di Lavaredo (sarebbero dietro le nuvole), il modellino davanti sì.
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Pure il Passo Cimabanche lo metto ma in effetti da Cortina sono 14 km al 2%... Ho fatto cavalcavia decisamente più impegnativi. Con gli sci da fondo lo faccio ogni anno ed è decisamente più impegnativo.
11 tappa: Dobbiaco - Passo Furcia (22/27) - Corvara - Passo Gardena (23/27) - Ortisei - Passo Pinei (24/27) - Prato Isarco - Passo Nigra (25/27) - Carezza (151 km e 3.587 m d+)
Dopo un giorno di riposo passato fondamentalmente a leggere Winslow parto presto e motivatissimo,
Passo Furcia fantastico e nonostante una rampa dei box al 15% e gli ultimi 2 km (8,9% e 7,5%) lo faccio benissimo. 
Il Gardena lo affronto sotto una pioggerella ma non è molto impegnativo.10 km al 6,2%, solo alcuni tratti un po’ più duri al 10%. Peccato che ci siano nuvole basse che nascondono un po’ la vista di quelle fantastiche dolomiti che mi attorniano. In cima fa freddo anche perchè siamo sopra i 2000.
Il passo Pinei in realtà non me lo ricordo quindi va bene così, mentre il passo Nigra lo affronto, volendo evitare la statale (e una brutta galleria), da una strada secondaria che ha pendenze al 24%!!! E ho detto tutto, sigh.
Questa è la prova.
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Sono però in formissima e andrei pure avanti se non fosse che si mette a piovere di brutto e mi tocca fermarmi in un posto a caso all’inizio della discesa che si chiama Carezza ed è famoso per un lago omonimo da cui passo il giorno dopo. Carino, eh, ma vabbè è un laghetto e c’è gente che ci viene apposta, boh.
12 tappa: Carezza -  Obereggen (26/27) - Passo Lavazè (27/27) - Val Cembra - Trento (95 km e 1.505 km)
Ormai è finita. Inizio la giornata con una lunga discesa e poi guarda un po’, rifaccio l’Obereggen ma dall’altra parte e pure stavolta è una mazzata: 7 km al 10% di media! 
E non è neppure finita visto che subito dopo (ancora) c’è il Passo di Lavazè che però da questa parte è più abbordabile che non da Cavalese.
Pranzo in anticipo a Cavalese, così per darmi un tono, e scendo a Trento ancora una volta per la Val Cembra e ancora una volta evitando la statale. Ma curiosamente (e per fortuna, giusto per cambiare) non è la stessa non-statale dell’andata e così mi godo la valle da un’altra prospettiva.
Arrivo a Trento con ampio margine per prendere il treno e tornare a Milano in serata ma da anni voglio vedere il MUSE e così mi fermo la notte.
Sul MUSE dico innanzi tutto bravi che mi hanno tenuto la bici (viaggio senza catena o lucchetto o altro) nel loro magazzino e poi che, nonostante meriti senz’altro una visita, forse è un po’ troppo targettizzato su bambini/adolescenti. E anche che l’ha progettato Renzo Piano, tiè.
Il MUSE
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paukzen · 6 years ago
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Lolita
Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo-li-ta. Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo un metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita.
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paukzen · 6 years ago
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Classifica film 2018
Usciti al cinema in Italia nel 2018 o direttamente su Netflix o che ne so
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1) Mektoub, My Love: Canto Uno, di A. Kechiche. Parla delle avventure d’estate di un gruppo di amici poco più che ventenni ed è un racconto (anche di formazione) che passa attraverso vive immagini di corpi, di giovinezza, di vacanze e di atmosfere estive. Inutile dire che bastava pochissimo per rovinare tutto ma Kechiche per fortuna non ci è riuscito.
2) Roma di A. Cuaron, un film uscito su Netflix negli stessi giorni in cui è uscito in alcune sale cinematografiche e che ha oltretutto vinto Venezia (il Festival di Cannes invece non accetta film distribuiti così). Cuaron è impeccabile e rigoroso nel fare questo film (neorealista?) profondamente introspettivo e umano anche se qualcuno dice poco sincero, Dal punto di vista tecnico ci sono anche un sacco di cose da dire a partire dal fatto che è girato in 65 mm con un bianco e nero magnifico (l’inseparabile Lubezky gli ha tirato il pacco così ha fatto tutto da solo, compreso il montaggio) e proseguendo dagli attori (molti) non professionisti e impeccabili. Insomma, chapeau.
3) 1945 di F. Torok, e per una volta non ci mettiamo fantasia per creare una traduzione bizzarra del titolo. Ad ogni modo il film è tratto da un libro  e parla di quello che provoca l’arrivo di due ebrei, alla fine della guerra, in un piccolo paese ungherese. Il tutto senza che questi facciano niente, semplicemente per il fatto di essere lì. Bello bello.
4) Tre manifesti a Ebbing, Missouri di M. McDonagh, quello di In Bruges e 7 psicopatici quindi già in partenza si candida ad uno dei miei film preferiti. Il film sembra fatto dai fratelli Coen per humor nero, ambienti, situazioni e naturalmente per la presenza di Frances McDormand in grande stato di forma. Poi ci sarebbe pure Woody Harrelson. Infine contiene il miglior discorso fatto ad un prete da tanto tempo a questa parte. Piaciuto un sacco insomma
5) Dogman di M. Garrone, un film riuscitissimo vuoi per i due straordinari attori (Marcello Fonte un pelino di più), vuoi per la luce, gli ambienti e la regia. Si esce dal cinema citando Uma Thurman: “Ho detto cazzo che botta, che botta cazzo! Cazzo che botta!" 
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6) Oltre la notte di F. Akin. Quella cosa che certi film ti piacciono a priori solo per il fatto che sono ambientati ad Amburgo, che sono girati da un regista onesto, che c’è una perfetta Diane Kruger, che denunciano un razzismo sempre più pericoloso, ecco questo.
7) Sulla mia pelle, di A. Cremonini. Innanzi tutto la classifica è mia e io la faccio come voglio. E questo film, tratto dalla storia vera di Stefano Cucchi, mi ha preso l’anima, oooooh. Si tratta di opera prima e devo dire che ci vuole molto coraggio e intelligenza a fare un film così. Parlerei volentieri anche di come il regista è riuscito a raccontare la solitudine di Stefano Cucchi senza facili accuse alla polizia e a tutto lo Stato (vabbè, forse solo un poco ma non è il centro del film) e dell’ottima prova attoriale di Alessandro Borghi, ma fidatevi e basta, vi prenderà l’anima (ooooh).
8) Un affare di famiglia, di Hirokazu Kore’eda, che bisogna dire che questi giapponesi hanno nomi fichissimi. Il film continua la ricerca del regista sulle dinamiche famigliari e questa volta indaga i rapporti di una famiglia auto-costruita un po’ borderline. La domanda di sottofondo è se è meglio vivere in una famiglia imposta dal mektoub (destino in tunisino, una delle mie parole preferite degli ultimi tempi, quindi la uso :)) o in una scelta da te. Funziona.
9) La donna elettrica di B. Erlingsson, un film islandese (in realtà una coproduzione di più paesi, vabbè) e a noi tutto quello che a che fare con l’islanda ci piace. Ma questo film si fa veramente amare da un ambientalista come me sia per la missione anarchico-ecologista della protagonista sia per gli splendidi paesaggi. Ci sono poi un paio di furberie, ma peccato veniale.
10) Il filo nascosto di P.T. Anderson, ovvero di un mostro sacro del cinema. Il film tratta di una relazione sentimentale e degli equilibri che si formano e ha sicuramente spessore e naturalmente inquieta un po’. Promosso.
11) BlacKkKlansman, a Spike Lee joint, quanto lo volevo scrivere :). Piaciuto un sacco. Spike Lee va avanti diritto per la sua strada di raccontare la storia degli afroamericani in questo caso attraverso le vicissitudini del primo poliziotto nero infiltrato nel Ku Klux Klan. Sembra un po’ assurdo, lo so, ma così è successo veramente (c’è anche il libro della storia scritto dallo stesso poliziotto). Bellissima colonna sonora.
12) The Reunion, di A. Odell, un film del 2013 che esce solo ora nei cinema e tant’è. Opera prima di un artista svedese che ha fatto parlare di se’ in passato e che nell’occasione si mette a nudo per raccontare in una forma assai particolare il bullismo di cui è stata oggetto durante gli anni scolastici. In realtà è più un film sulla incomunicabilità e sull’ipocrisia su cui si fondano molte relazioni dei giorni nostri. Detta così sembra banale ma il film è bello bello, punto.
13) Il sacrificio del cervo sacro di G. Lanthimos, che ovviamente non tradisce. Situazioni surreali per affrontare problemi etici, osservare la natura umana, ecc... Disturberà, lo so.
14) Chiamami con il tuo nome di L. Guadagnino, un italiano che ha avuto successo in America e che nessuno sapeva chi era fino a ieri. Poi fa questo film molto pacato su un amore (vabbè, omosessuale, ma che cambia?) estivo ambientato negli anni ‘80 nei dintorni di Crema e ne sentiremo ancora parlare.
15) Nella tana dei lupi di C. Gudegast (opera prima) di cui denuncio innanzi tutto il vergognoso taglio nella distribuzione italiana. Cmq il film, che strizza molto più di un occhio a Heat - la sfida di Mann si lascia proprio vedere, A parte svariati buchi di sceneggiatura (che poi forse poi sono stato io a non capire) e i personaggi/situazioni un po’ troppo stereotipati, la tensione regge e il coinvolgimento è totale. Attori bravi.
16) Omicidio al Cairo di T. Saleh che ovviamente vista l’ambientazione e il nome del regista è un film egiziano... ah, no: in realtà è svedese. Ad ogni modo è un bel giallo/thriller che parla anche, assolutamente senza retorica, di corruzione, del potere, di immigrazione e di quella bellissima piazza Tahrir e di quello che sembrava potesse succedere nel 2011 ma poi.
17) Principe libero, L. Facchini. Finalmente un bel film italiano nato per la televisione (co-produzione RAi tra l’altro). La sceneggiatura (di Giordano Meacci) è convincente e cerca di andare un po’ più in là della semplice biografia ma soprattutto Luca Marinelli è perfetto come De Andrè e si conferma il miglior attore italiano in circolazione. Poi ci sono ovviamente le canzoni di De Andrè, che ve lo dico a fare
18) La ballata di Buster Scrubbs dei (soliti) E. & C. Coen, un altro film che è uscito su Netflix... Piaciuto
19) Corpo e anima di Ildikò Enyedi. E’ un film ungherese che parla di corpo e anima (e cervi, che poi sarebbero le anime) e su cui non ho molto da dire se non che ha vinto l’Orso d’oro a Berlino.
20) The Post di S. Spielberg. Essendo un film di Spielberg si fa fatica a trovare difetti di produzione: regia ottima, attori bravissimi, fotografia e sceneggiatura senza pecche. Ovviamente la sensazione è di un prodotto troppo ben confezionato ma senza anima.
21) Private Life di T. Jenkins, un film che è uscito su Netflix e non ha neanche visto il cinema. Per citare il mio amico Mauro: sembra un film dell’ultimo W. Allen però bello
22)   Kilian Jornet: Path to Everest, di S. Montaz-Rosset e J. Serra. Quì si giudica il personaggio più che il film, posto che ci sono immagini bellissime, e Kilian è uno di cui se ne sentirà parlare. Un suo compagno di arrampicate dice che sarà il Messner del futuro. Vedremo. Intanto ce lo godiamo così, daje!
23) Annientamento di Alex Garland, su cui ci sarebbe da dire che è un film distribuito in italia da Netflix (in USA è uscito al cinema) e che Garland (dopo anche Ex Machina) è stato citato da molti come il regista di fantascienza del futuro. Tratto dal primo libro di una trilogia cult, le atmosfere ci sono, la regia c’è, le attrici ci sono, il plot un po’ meno. Per quanto mi riguarda promosso senz’altro, ma con riserva.
24) Dark Night di T. Sutton, un film che parla del massacro perpetrato da un giovane americano in un cinema nel Colorado. In realtà il film racconta dei momenti prima e della società che ha permesso questo: facilità di reperimento delle armi, pomeriggi passati davanti ai videogame, culto dell’immagine come unica realizzazione di se stessi. Film interessante ma che, riecheggiando uno stile in tutto e per tutto “Gus Van Sant”, si perde un po’ troppo in sequenze intimistiche che non raggiungono del tutto il loro scopo #imho
25) Opera senza autore di F. Henckel von Donnersmarck, un film di 188 minuti (che passano, eh) ispirato alla storia dell’artista tedesco Gerhard Richter, anche se poi, approfondendo, la parte più significativa della storia sembra inventata. 
26) Il gioco delle coppie di O. Assayas. Doubles vies sarebbe il titolo originale, sempre meglio della traduzione italiana che ammicca a quel pubblico che cerca storie d'amore e appunto coppie. Il film è fatto di dialoghi brillanti di gente brillante, una cosa che può irritare specialmente se il risultato non è del tutto all'altezza. Comunque si lascia vedere
27) Fahrenheit 11/9, di M. Moore. Moore butta dentro un sacco di cose (troppe) e il filo conduttore, anche se esplicito fin dall’inizio, si perde durante la visione. Credo abbia girato molte parti negli ultimi senza sapere esattamente cosa farci e poi le abbia messe tutte dentro quì. Poi siamo tutti d’accordo che Trump è cattivo e la democrazia è sempre più in pericolo, eh.
28) Cold War, di Pawel Pawlikowski e la fatica più grande l’ho fatta (cioè scrivere correttamente il nome del regista). Trattasi di film polacco in b&n (candidato all’Oscar per miglior film in lingua straniera) che parla di una storia d'amore durante la guerra fredda. Le premesse non ci sono. Il film neanche. Visto perché il film di Assayas era pieno, poi vai a sapere se quello era meglio...
29) Funeralopolis di A. Redaelli, uno che ha 27 anni. Visto al Beltrade sopratutto perchè ambientato tra Bresso, Sesto San Giovanni e Milano anche se poi Sesto San Giovanni non l’ho mai riconosciuta. Parla dell’amicizia di due ragazzi ma soprattutto della loro vita ai margini, del loro essere tossicodipendenti e cose così. All’uscita il docufilm mi era piaciuto, poi parlando con il mio socio mi sono convinto che fosse un po’ troppo costruito, e così insomma l’ho rivalutato in negativo.
30) Don’t worry, Di un’istituzione, quale Gus Van Sant. Io, che non leggo mai le trame dei film prima di andarli a vedere e nemmeno guardo i trailer, dalle pochissime cose che sapevo mi ero fatto l’idea di un film tutto sesso, droga & rock and roll, ma invece. Parla di un tetraplegico alcolista che ad un certo punto smette di bere (e da quì i 12 passi) e insomma... Anche un po’ lunghetto dal mio punto di vista
31) Wonderful Losers - A different world di A. Matelis, una coproduzione di 8 paesi di cui cito per brevità solo la Lituania (paese del regista) e l’Italia (è girato durante il Giro d’Italia). Parla dei gregari del ciclismo e della loro ingrata sorte di “invisibili” sempre a digiuno di vittorie. Il tutto avviene attraverso l’intervista a sei di loro più o meno conosciuti. Naturalmente è un documentario.
32) Visages, villages di Agnes Varda (una che ha 88 anni e che ha fatto più cose lei nella vita di quante ne farei io in 10) e JR (fotografo 33enne). Si tratta di un doc su un viaggio che fanno questi due artisti in francia alla ricerca di persone, luoghi, storie e cercando di rendergli omaggio attraverso delle grosse fotografie. Il tema del viaggio è sempre un po’ furbetto e anche i due personaggi sono fatti per essere un po’ amati, e infatti ci riescono. 
33) Zombie contro zombie di Shuichiro Ueda, una comedy-zombie con una storia strana: costato 20.000 euro ne ha incassati 20 milioni (!). E’ infatti diventato un kult con la kappa ma i suoi meriti, a parte una storia un po’ originale e un po’ di divertimento non sono moltissimi.
34) Poesia senza fine, A. Jodorowsky, che è la storia di come lo stesso Jodorowsky, cresciuto con un padre borghese e autoritario, si è votato all’arte nel Cile del dittatore Ibanez. E naturalmente lo ha fatto in modo violento, surreale ed eccessivo. Potete immaginare che dentro ci sia un po’ di tutto tra nani, poli-pittori, ballerini simbiotici, ultra-pianisti e così via. Il film è stato finanziato mediante crowdfunding e fa parte di una trilogia. Poi oh, non è che io abbia molto feeling con Jodoroswsky.
35) A quiet place di J. Krasinski. Le critiche in generale positive mi spingono ad andare a vedere questo horror dalle premesse promettenti e di un regista che probabilmente si dovrà seguire in futuro. Il film però, per quanto girato bene, si rileva un po’ noioso e con un po’ di “falle” che comunque hanno sempre i film horror. Però alla fine lascia qualcosa.
36) Doppio amore di F. Ozon il cui titolo fa un po’ schifo ma anche l’originale (L’amant double) non è un granchè. Ozon ci prende in giro con un thriller psicologico dal sapore depalmaniano-hitchcockiano-polanskiano che però se non sei uno di loro non funziona.
37) La forma dell’acqua di Guillermo del Toro, con cui non ho mai un buon rapporto. E infatti mi è piaciuto più no che sì.
38) Morto Stalin, se ne fa un altro di A. Iannucci, uno che ha un nome italiano ma italiano non è. Divertentino.
39) Life in four elements di N. Halla: un film, anzi un docufilm, finlandese che sembra voler dire chissà che, ma poi...
40) Danmark, di Larsen. Vincitore del Milano Film Festival. Domanda difficilissima: indovinate dov’è ambientato? Comunque trattasi di film di formazione che non mi ha dato nulla e parole più non spreco.
Film mancati: soprattutto Farhadi e Panahi mi vengono in mente, poi il film horror Hereditary, First Man (?) ma soprattutto credo Un sogno chiamato Florida.
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paukzen · 7 years ago
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Dizionario delle mie parole preferite
D’ora in poi segnerò quì tutte le mie parole preferite, man mano che le scopro.
Acquivento: pioggia unita a vento, bufera (da Gianni Brera)
Caj (turco): tè
Heimat (tedesco): La patria, intesa come tutto ciò che costituisce lo spirito, le radici, l'identità di un popolo. Ha anche un richiamo a “nostalgia”.
Hoppipolla (islandese): saltare nelle pozzanghere 
Mektoub (arabo): destino
Shoganai (giapponese): andare avanti accettando le cose che avvengono al di fuori del nostro controllo, senza lasciarsi abbattere dalle avversità della vita
Skog (norvegese): foresta
Yakamoz (turco): Riflesso di luna sull'acqua
Zabardast (pakistano): stupendo
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paukzen · 7 years ago
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Raid dei Pirenei (zazarazzà)
Dopo avere scalato un paio di anni fa le Alpi francesi mi rimanevano i Pirenei e così mi sono affidato al Cyclo Club Bearnais per l’organizzazione. Cioè: per 12 euro ti danno le indicazioni dettagliatissime del percorso, una targhetta da mettere sulla bici e una medaglia alla fine se lo finisci in 10 giorni. Ovviamente la medaglia la voglio :)
Per dimostrare di averlo fatto in 10 giorni (o meno) ti danno una carta da fare timbrare a qualche commerciante in un po’ di posti lungo il percorso.
Ad ogni modo sono 28 passi (ma alcuni sono veramente bassi, si fanno in discesa o sono un proseguimento di altri), 800 km e 18000 metri di dislivello, tiè.
Nei 28 passi ci sono ovviamente tutti quelli che i ciclisti vorrebbero fare: Col du Tourmalet, Col d’Aspin, Col d’Aubisque, Col de Portet-d’Aspet, Col d’Agnes, per dire.
Io affronto il giro dopo avere fatto 950 km in sei giorni (Velodyssee), così se non proprio preoccupato di non riuscire a finire il giro nei tempi, un po’ sul chi va là lo sono.
Ma veniamo a noi. 
1 tappa: Hendaye - Larrau (117 km, 4 passi, 2461 m dislivello)
Proprio perchè sono un minimissimo preoccupato, parto da Hendaye con determinazione e mi dimostro subito un po’ stanco. Non aiuta il fatto che per tutto il giorno piove, ragione per cui, dopo avere fatto 4 passi (i primi due praticamente inesistenti), arrivo in discesa a Larrau e, tremando dal freddo, decido di passare la prima notte in albergo.
All’arrivo la mia consueta birra di fine giornata è sostituita degnamente da una cioccolata con panna :). Non sono più quello di una volta.
Quello che non mi aspettavo è la sofferenza sul Col Budincurucheta e Col de Bagargui (che in realtà è un proseguimento del primo).
Siamo in territorio basco (francese, anche se non vorrei dire qualcosa di unpolitically correct, che con la geopolitica non si scherza, eh) e la cosa più lampante è la diversità della lingua, come da cartello sottostante. Che poi fa un po’ ridere comunque il nome di questo passo, ah! ah! matte risate.
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2 tappa: Larrau - Estaing (116 km, 4 passi, 2900 m dislivello)
Continuo bene anche se continua a piovere e il Col d’Aubisque si rivela bellissimissimo. Più dalla parte opposta di dove sono salito io, come scopro. Al contrario la prossima volta, però :)
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Il più duro della giornata è però il Col de Marie-Blanque (7,5% di pendenza media, punte al 10-11%) che però è il primo di giornata e così passa tutto sommato liscio.
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E sono a 8 passi. E il tempo è sempre un po’ così.
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3 tappa: Estaing - Arreau  (90 km, 2 passi, 2400 m dislivello)
Oggi è in programma finalmente il Tourmalet, con il col d’Aspin a rimorchio - nel senso che si scende un po’ e poi si risale di poco -  e così mi rende omaggio il sole. Ovviamente è il karma.
La salita al passo è quella nobile da Luz Saint Sauveur ed è pure sabato così la strada è piena di ciclisti e come sui grandi passi delle Alpi ci sono i fotografi che ti fanno le foto e poi ti danno il bigliettino con data e orario per scaricartele (a pagamento, sa va san dir).
Per la prima volta nel giro incontro degli italiani (un gruppo di ciclisti di Borgomanero) ma in effetti la strada è costellata di ciclisti di ogni tipo compreso il mio (futuro) amico neozelandese Evan. 
La salita è ovviamente dura, ma non durissima, come da grafico sottostante.
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Foto del giorno (e che lo dico a fare):
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4 tappa: Arreau - Saint Beat  (70 km, 2 passi, 1500 m dislivello)
Essì, mi sto lasciando un po’ andare dopo la partenza decisa... A mia discolpa c’è un temporale clamorosamente in arrivo nel primo pomeriggio e un pranzo faraonico annaffiato di vino blanco a base di tapas in Spagna, visto che ogni tanto si passa il confine. Per il cibo comunque la Spagna batte la Francia 100 a 0. Non me ne vogliate cugini transalpini.
I due passi di giornata (col de Peyresourde e col du Portillon) dovevano essere identici per lunghezza (10 km), pendenza media (6,5%), ecc... ma in realtà si rivelano molto differenti. Tanto è regolare il primo (che tra l’altro è quello dove Pantani affondò il primo attacco ai danni di Ullrich nel tour vincente del 1998) tanto è nervoso e irregolare il secondo, così la fatica nel secondo caso è doppia :(
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Il pomeriggio presto, sotto un cielo nero come la pece, arrivo ad un campeggio chiuso dove mi accoglie la gentilissima signora figlia del proprietario che, preoccupata evidentemente della mia sorte, non solo mi fa accedere ma mi offre pure per dormire all’asciutto un locale che una volta serviva da svago per i campeggiatori, ale’!
Nel frattempo arriva un ragazzo belga (Francis) che viene ospitato anch’egli nella stanza, così ora siamo in due. Ma senza niente da mangiare. 
Va da se’ che il paesino è veramente sfigato poverino (il 90& delle case o è visibilmente inabitata o riporta il cartello “vendesi”) e non c’è ovviamente nessun posto per mangiare. Ma la fortuna aiuta gli audaci e così, durante un giro perlustrativo, mi imbatto nel sindaco che mi invita all’aperitivo del paese dove potrò senz’altro mangiare qualcosa. Estendo naturalmente l’invito al belga. 
Mentre sotto la pioggia e un cielo nero nero ci dirigiamo circospetti verso il luogo dell’aperitivo ecco che vediamo un ciclista procedere a rilento nel paese. E chi è se non il neozelandese Evan che cerca disperatamente un campeggio? Se prima eravamo in due in quella stanza, ora siamo in tre. Tutti contenti andiamo finalmente a mangiare ma soprattutto a bere e ci raccontiamo i nostri viaggi.
La foto della cumpa è doverosa:
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5 tappa: Saint Beat - Seix  (75 km, 3 passi, 2200 m dislivello)
Vabbè, dopo la bevuta di ieri, un altro giorno di pigrizia, anche perchè, indovinate un po’?, piove.
Il primo passo di giornata è il temutissimo Col de Mente, 9 km al 9,1% di pendenza media che tra l’altro parte a circa 1 m dal campeggio. Lo affronto lento e stanco ma in realtà mi piace e devo dire che la pioggerella in salita è quasi piacevole. 
Così mi butto di getto, si fa per dire, sul seguente Portet d’Aspet dove mi imbatto quasi subito nel memoriale dedicato al povero Fabio Casartelli che in quel punto ci lasciò la vita. Complice la giornata grigia e la pioggia, che a questo punto diventa fitta, mi intristisco un poco fino a quando incontro un altro personaggione del viaggio: tale Ivano Vinai, ciclista e scrittore. Scambiando 4 chiacchiere, facendo qualche foto, un altro incontro del viaggio se ne va’. Mi dice che scriverà di questo viaggio e che mi citerà senz’altro. Ci conto, eh!
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6 tappa: Seix - Ascou   (112 km, 5 passi, 2800 m dislivello)
Ecco, mi sono ripreso, complice un rinvigorente sole pomeridiano (finalmente!) e il fascinoso col d’Agnes.
Della giornata la cosa più bella è però il col Marmare che si scala (climb, in inglese viene meglio, gli americani ci fregano con la lingua) lungo una stradina senza anima viva che sembra di essere nel piacentino. Poi il passo in teoria è chiuso per frana e questo aiuta, vabbè. Io me la rischio un po’ dicendomi che in bicicletta senz’altro riuscirò a passare ed infatti è così. Daje!
Alla sera arrivo nel più bel campeggio fino ad ora, vicino al Lago di Ascou, che naturalmente per la famosa legge “laghetto di montagna + valle senza niente = olandesi” è pieno di olandesi.
Attaccata c’è anche una gite d’etape con annesso ristorante in cui faccio la miglior cena in Francia. Tanto sono rilassato e contento che mi riprometto di tornarci prima o poi nella mia vita. Nodo al fazzoletto.
E questa è la stradina che porta al Col Marmare.
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7 tappa: Ascou - Cattlar   (83 km, 4 passi, 2100 m dislivello)
Devo dire che ormai mi sento quasi arrivato. La quota inevitamente si abbassa e infatti il col Marmare mi è sembrato quasi un passo basso-appenninico.
L’ultimo passo rilevante è invece il col de Pailheres - 2001 m, odissea nello spazio :) -  che affronto all’inizio di giornata. E’ lungo 21 km ma sale abbastanza regolare, anzi no rivedendolo,
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ma comunque io lo climb (eh! eh!) agilmente, anche perchè comincio a sentire l’aria del mare e forse anche a intravederlo.
La salita è inoltre fantastica, eccola quì nella fase finale. Sembra in piano, eh? Invece è rossa (ved. grafico sopra)
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8 tappa: Cattlar - Cerbere  (131,5 km, 4 passi, 1600 m dislivello)
Oggi volo e mi divoro i quattro passi un po’ finti che mancano per concludere e che mi conducono al mediterraneo.
E così finisco in 8 giorni!!! Alè!
A dire la verità gli ultimi km sul mare non sono granchè sicuri per i ciclisti.visto il traffico, anche veloce, di macchine ma scopro così la costa rocciosa di quella parte di francia catalana che si chiama Costa Vermiglia, almeno così dice wikipedia e non ho motivo per dubitarne. E il mare è uno splendore tipo sardegna o corsica, robe così.
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Ma al mare al solito ci resisto giusto una sera, così va la vita.
Zazarazzà (tra i francesi che si incazzano)
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paukzen · 7 years ago
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Canal du Midi
Questa è la terza parte del mio viaggio e deciso all’ultimo di farla un po’ a sorpresa. E una sorpresa è stata anche la bellezza di questo canale che collega (insieme al fiume Garonna) l’oceano Atlantico con il mar Mediterraneo.
Il canale, lungo 241 km e tutto pianeggiante, parte da Sète e arriva a Tolosa e tutta la sua storia si può leggere su wikipedia, quindi non spreco altre parole. E’ pure patrimonio dell’Unesco.
Ad ogni modo lo inizio dopo un viaggio in treno da Cerbère, finito il Raid dei Pirenei, a pomeriggio inoltrato e la partenza è subito un po’ strana. I primi 25 km sono infatti tra oceano e lo stagno di Thau e la ciclabile affianca spiagge da una parte e campeggi lunghi anche 5 km dall’altra.
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                                      20 km di lungomare così
Il canale è molto suggestivo, seppure l’ambiente per tutti i 240 km rimane ovviamente molto simile, e le cose che balzano più agli occhi sono le numerose barche, molte delle quali di crociere organizzate, e le numerose chiuse (tutte con il proprio nome) che aiutano anche a capire dove ci si trovi.
In mezzo tanti paesi medioevali, di cui il più famoso e affascinante è senz’altro Carcassone. Ma non mi fermo, eh! Sempre per troppo caldo e gente.
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    Questa è l’unica foto che ho fatto a Carcassonne, roba da instangram :)
Cosa importante: la ciclabile (a parte gli ultimi 30 km) è tutta su sterrato, alcune volte facile, altre volte un vero e proprio sentiero single track che alla fine mi impegna assai a causa delle vibrazioni e della mia bici pesante e non ammortizzata. Nelle vicinanze dei paesi è abbastanza frequentata ma negli altri tratti si pedala spesso per km senza incontrare anima viva.
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                                                  Single track
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          Single track: per dire che in alcuni punti non è proprio agile agile
Bellissimi sono alcuni bar/ristoranti che si incontrano lungo il canale, ombreggiati e super-tranquilli.
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L’unica foto che ho di questi bar/ristoranti in realtà è l’Ocean Salad buonissima che ho mangiato a Poilhes. Ah! Qui ho rincontrato Evan, un neozelandese che ho incrociato più volte sui pirenei.
Ah! Ho trascorso due notti sul canale: la prima, per mancanza di campeggi e cellulare scarico per verificare bene alternative, in un castello fighissimo (e per niente caro curiosamente) a Puichéric, 
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                          La mia camera nel castello, per dire
la seconda in un campeggio molto semplice e tranquillo che è tutto quello che cerco, daje!
Di seguito foto random.
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                                                        Una chiusa
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                               Una aperta :)))), no scherzo: un ponte
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                                              Scorcio (sfuocato)
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                                                  Altro scorcio
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                                           E altrissimo scorcio
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Questo è un tipo che mi ha inseguito per 10 km e mi ha riportato il cellulare che mi era caduto sulla ciclabile. Grazie!!!!!
E insomma... Il Canal du Midi così è!
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paukzen · 7 years ago
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La Vélodyssée
In quest’estate torrida decisi di fare in solitaria la Vèlodyssee (che è la parte francese dell’Eurovelo 1) da Nantes a Hendaye, come prima parte del mio viaggio.
Innanzi tutto il sito ufficiale è questo.
Anzi, innanzi tutto è incredibile come Parigi (dove ho fatto cambio treno e stazione per Nantes) sia diventata una città ciclabile dall’ultima volta che ci sono stato (circa 5 anni fa). Poi leggo in rete che entro il 2020 lo sarà completamente. Chapeau!
Fatto sta che siccome il mio obiettivo era soprattutto quello di arrivare ad Hendaye per affrontare il Raid dei Pirenei, questa parte del viaggio la faccio praticamente raddoppiando tutte le tappe ufficiali e così divoro 950 km in 6 giorni, il che significa che più tappe sono state di 150 km e passa.
E’ anche la settimana più calda dell’anno - ma anche una delle più calde che quì si ricordino in assoluto (cambiamenti climatici? nooooo...) - così in realtà le mie tappe sono continuamente inframmezzate da soste moooolto lunghe in svariatissimi bar, chioschi, parchetti, ... dove bere e rinfrescarmi.
Ma veniamo a noi: la ciclabile affianca in pratica l’oceano ma data la natura del paesaggio ad esso circostante in realtà questo non lo si vede quasi mai.
In pratica, da nord a sud, posso citare 4 paesaggi principali:
1) L’oceano a nord: quì siamo vicini alla Bretagna (io inizio la ciclabile subito dopo, seguendo da Nantes la Loira, la cui immissione nell’atlantico segna il confine della regione) e i paesi sono molto british (avete presente Dunkirk? ecco) mentre le spiagge, seppure presenti, sono caratterizzate da una marea impressionante e risultano per lo più spopolate, considerato - penso io - la temperatura dell’acqua e il clima. Infatti lo sport del posto sembra essere la barca a vela = nessun contatto con l’acqua. Oltretutto l’immissione della Loira è un porto commerciale gigante e quindi da molti posti la vista sembra essere quella su porto Marghera, non proprio da vacanza, cioè.
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               Paesaggio oceanico non proprio da vita da spiaggia
2) La foresta: questa parte è la più figa. Ad un certo punto (da Soulac-sur-Mer verso Lacanau-Océan) si fanno più di 100 km senza NULLA in mezzo tranne qualche accesso al mare con relativi posti dove bere e mangiare qualcosa (ma non molti, eh! Tipo 2-3). Dentro la foresta ci sono solo ciclisti :), considerato che le macchine non ci possono entrare (è parco naturale) e per i pedoni è troppo lunga da attraversare. Mi superano praticamente tutti, molti con equipaggiamento da crono mentre io sono in equipaggiamento viaggio (bici acciaio e bagnagli al seguito.
L’oceano è subito lì di fianco ma separato da alte dune, quindi non lo si vede quasi mai a meno di volerlo andare a vedere e io non lo faccio accontentandomi dei pochi squarci.
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                        La foresta (questa foto vale 100 km di paesaggio)
3) La laguna: ecco, questo paesaggio invece è quello più inatteso: c’è una vera e propria infinita laguna fatta di canali, laghetti, parchi ornitologici (ovviamente, anche questa è una zona più o meno protetta) ma privo assolutamente di ombra, ed è per questo che è la parte che ho sofferto di più. 
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          Laguna che descrivere come “soleggiata” sarebbe riduttivo
Mi fermo in una cittadina che mi ricorda la mia amatissima Venezia, vabbè, facciamo Chioggia, dai.
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Ad ogni modo anche quì l’oceano si vede poco perchè lontano e, tanto per cambiare, poco accessibile. Quì si sono sviluppati dei campeggi con all’interno robe tipo acquatica di Milano e infatti ho la netta sensazione che la gente manco ci va all’oceano. Per questo motivo batto anche il record di pagamento di un campeggio (28 euro per una persona e una tendina!!!! contro una media di 10). 
4) Spiagge e surf: quì siamo a sud (più o meno da Arcachon a Hendaye) ed è la patria del surf. Ci sono dei bei posti con scogliere (che sostituiscono le spiagge sabbiose che hanno caratterizzato la costa fino ad ora) e baie e anche delle belle città come Biarritz, con il suo faro, che però, pur essendo mooolto affascinante, è troppissimo piena di turisti e quindi me la batto velocemente.
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                                                  Scogliera
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                                Quei puntini sono tutti surfisti
Alla fine si arriva ad Hendaye e quì finisce la prima parte del mio viaggio.
Come considerazioni finali posso dire che:
- Paesaggi: belli e vari
- Ciclabile: praticamente tutta su sede separata
- Difficoltà: nessuna. Il dislivello è inesistente (unici sali e scendi a sud sull’oceano)
- Segnaletica: molto presente anche se in realtà la ciclabile cambia nome andando verso sud: all’inizio è Velodyssee, poi diventa La Vélocéan, poi la Vendée a velò e poi cambia ancora nome fino a tornare Velodysee alla fine. E’ comunque abbastanza intuitivo capire quali cartelli seguire. Solo in ingresso e soprattutto in uscita dalle città più grandi si perde.
In definitiva promossa in pieno e adatta veramente a tutti. Consigliatissima a chi voglia provare una vacanza in bici per la prima volta.
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