#Linea Verde Sentieri
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brunopino · 2 years ago
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Su Rai Uno torna "Linea Verde Sentieri". Le prime due puntate di sabato 1 luglio dedicate a Puglia e Calabria
Da sabato 1 luglio torna il programma, realizzato con la collaborazione del Cai, che vede Lino Zani, Margherita Granbassi e Gian Luca Gasca andare alla scoperta dei sentieri della nostra penisola. Per cinque settimane andranno in onda dieci puntate, due ogni sabato. Si inizia con Puglia e Calabria. Milano, 30 giugno 2023Da sabato 1 luglio torna su Rai 1 “Linea Verde Sentieri”, il programma che…
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toastandmarmaladefortwo · 22 days ago
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Lo specchio del lago
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Corro 10 km tutti i giorni. Dalle 7 alle 8 del mattino. Ogni giorno che Dio manda in terra. Regolare come un orologio svizzero. Non mi ferma il caldo, non temo il freddo. Non mi spaventa assistere all’accorciarsi delle giornate durante l’autunno, né uscire col freddo e col buio d’inverno. Non ho paura dell’assalitore nascosto dietro a una siepe, perché io correrò più in fretta e veloce di lui. Posso essere più veloce di chiunque. Sono forte, mi alleno ogni giorno. Sono forte e veloce, non ho niente da temere, e poi con me c’è sempre Lena. La lego alla mia vita con il guinzaglio da corsa, ma non sarebbe necessario. Lena mi segue come un’ombra. È un Rhodesian Ridgeback. Una cagnolona di 30 chili dal manto fulvo e lo sguardo acuto. È con me da un anno; l’ho adottata dopo che la sua padrona è morta. Viviamo in simbiosi io e Lena. Ci prendiamo cura l’una dell’altra. So per certo che non permetterebbe mai che mi accadesse qualcosa di brutto. Lei corre al mio lato, io corro di fianco a lei. Siamo legate dal nostro guinzaglio d’amore. Nessuna delle due trascina l’altra. Il nostro incedere è ritmato, parallelo, simmetrico. Voliamo nella nostra corsa, leggere come nuvole. Siamo eleganti, belle da vedere. I nostri passi risuonano all’unisono, rimbalzando sullo specchio del lago.
Ogni mattina, infatti, partiamo da Ceresio, dove vivo. Lasciamo l’auto al parcheggio di via Monti. Da lì iniziamo la nostra camminata veloce per riscaldare i muscoli infiacchiti dalle ore di sonno. Attraverso le stradine raggiungiamo la Passeggiata del Lungolago a passo spedito, poi a velocità sempre crescente. Arriviamo alla Fiammetta, una piccola spiaggia a forma di falce di luna. La visuale da questa angolazione è davvero spettacolare; l’aria è tersa e i respiri iniziano a essere più ravvicinati. I battiti del cuore aumentano la loro frequenza, e si fanno sentire in gola. Ci lasciamo il lago alla nostra sinistra. Lo specchio dell’acqua riflette il paesaggio circostante. A volte l’immagine riflessa risulta talmente fedele all’occhio da non riuscire a distinguere quale sia quella reale e quale quella riflessa. Così anche tu non sai più dove ti trovi, se in un mondo realmente esistente o se sei nel suo riflesso, un’immagine di realtà creata dal tuo sguardo ingannevole. Così corro, corro sempre più veloce verso la linea di demarcazione tra reale e immaginario. Vado in contro a quell’orizzonte ogni mattina, ma non riesco mai a raggiungerlo. Nonostante la velocità, la forza nelle mie gambe, resto sempre sospesa in un limbo di incertezza.
Corriamo io e Lena, con gli occhi sulla strada, passo dopo passo, concentrate, imperturbabili. Il fascino del lago cerca di rapirci dai nostri intenti, ma noi siamo più forti, siamo come Ulisse, a fatica resistiamo al richiamo della sua bellezza, ma resistiamo. Superiamo le case incastonate nel verde, dove la gente ancora dorme, inconsapevole del nostro passaggio quotidiano. Le luci cominciano ad accendersi dietro le finestre, inviti di caffè e colazioni. Ma noi continuiamo a correre. Arrivate all’altezza di Villa Rina, tagliamo la statale e ci addentriamo nel bosco attraverso i sentieri che solo noi due conosciamo bene. E da lì ha inizio la fatica vera, ma l’aria da quelle parti ha tutto un altro sapore in bocca. Sa di muschio, di erba bagnata, di umidità che si appoggia sulle cortecce degli alberi e sulle labbra. È un’aria buona, densa, fresca, la si può masticare e ti sazia l’animo. È un’aria capace di lavarti di dosso tutti i tuoi peccati. Prendi un respiro, ti riempi i polmoni e potresti tuffarti nel lago e attraversarlo a nuoto, solo con quella scorta di ossigeno che la satura.
Il dislivello per raggiungere Ca’ del Monte, che è il nostro obiettivo, è di 500 m. Sgancio il morsetto del guinzaglio e lascio Lena libera di andare. E lei corre, avanti e indietro, ricoprendo più volte la distanza. Annusa, corre e si rotola a terra per prendere su di sé gli odori acri del bosco, poi annusa di nuovo, come un segugio, una cane da tartufi.
E difatti è stata proprio lei a trovarla. L’ho vista fermarsi in un piccolo spiazzo circondato da alberi. Annusava e scavava. Poi annusava ancora. La sentivo guaire. Mi chiamava evidentemente. I suoi latrati cominciavano a risvegliare l’intero bosco. Sembravano grida di aiuto. Quando l’ho raggiuta aveva già diseppellito un braccio. Ho iniziato ad osservarla, poi mi sono avvicinata e lì, nel punto in cui Lena scavava, mi sono paralizzata in una posa innaturale: la schiena curva e le mani aperte sulle cosce per ritrovare l’equilibrio che stavo perdendo. Il mio respiro ha cominciato a rallentare. Sapevo cos’era successo e cosa sarebbe accaduto da lì in avanti. Non ero sicura di voler essere coinvolta in quella storiaccia. Così ho atteso di ritrovare il fiato e la lucidità. Alla fine mi sono decisa a chiamare. Al carabiniere che mi ha risposto ho dovuto inviare la geo localizzazione; troppo difficile spiegare dove fossimo e perché. E anche quando mi hanno raggiunta, ho dovuto convincere tre persone del fatto che ogni mattina, da due anni circa, attraversavo quel bosco di corsa con la mia Lena. Mi guardavano come se fossi pazza.
Ho rilasciato varie deposizioni, in più tempi a più persone, cercando di entrare sempre più nel dettaglio; esattamente tutto ciò che avrei voluto evitare.
Il cadavere è stato diseppellito nel giro di qualche ora. L’autopsia, successivamente, ha rivelato che si trattava di una giovane donna, sui trent’anni circa, bionda, alta su per giù 170 cm, morta per un colpo alla nuca mentre correva. Il colpo era stato inferto con un grosso sasso che non era stato rinvenuto. La morte risaliva a un anno prima. Nessun fidanzato da incolpare, nessun movente. Un poco alla volta i dati biometrici hanno permesso di ricostruirne le sembianze: una bella ragazza dai tratti delicati, con una coda di cavallo bionda e il classico abbigliamento da runner. Durante le settimane successive sui giornali locali c’era solo lei. Quando ho visto per la prima volta la ricostruzione del suo volto, ho pensato di essere io il cadavere; l’identikit poteva combaciare con la mia foto tessera, solo un po’ sbavata. C’ero forse io sul quel giornale? Stessi zigomi, stessi capelli, identico sorriso. Ho immaginato di essere finita davvero nel riflesso del lago. Mi specchiavo in quell’immagine cercando di capire se fossi viva oppure morta, se quel ritratto realizzato al computer stesse riproducendo il mio volto o quello di una persona incredibilmente simile a me. L’ho guardata per ore interminabili, pizzicandomi la pelle, per capire se fossi realmente lì, davanti al giornale, fissando la foto di una sconosciuta, o se fossi morta, sparita, ingoiata dalla terra che circonda il lago, esiliata in una realtà parallela da cui potevo solo osservare il mondo, senza prendervi parte, senza poter urlare la mia presenza sulla terra, perché imprigionata in quel foglio di giornale.
Mi sono chiusa in casa per giorni, nel terrore di incontrare qualcuno, di trovarmelo di fronte e accorgermi che non mi vedeva, per poi capire che la donna nella foto ero effettivamente io. Lena è sempre stata con me in qui giorni, al mio fianco, ma covando una sorta di tristezza. Non so se i cani possano essere tristi. Questo implicherebbe consapevolezza e io non so se Lena possa essere consapevole di ciò che ci è accaduto. Mangiava poco e beveva di rado; per qualche tempo è uscita solo nel giardino, come me del resto. Non avevamo neppure più voglia di correre. Siamo rimaste in casa, tenendoci strette l’una all’altra. Quando le parlavo, lei mi guardava coi suoi occhi tristi. Ho pensato che volesse dirmi che ero morta, ma non sapeva come fare. Forse Lena conosceva la verità.
Ripensando a quei giorni di confusione totale, non so come avrei potuto superarli senza di lei, senza il suo affetto, senza la sua complicità. Lena mi ha salvata. E non è stata la prima volta. È entrata nella mia vita in uno dei periodi più bui della mia esistenza, uno di quei momenti in cui passi la metà del tempo cercando di decidere se farla finita, e l’altra metà a pianificare come farlo. Inizialmente avevo pensato di farmi risucchiare dal lago, una soluzione pulita, veloce. Mi sarei buttata dopo aver zavorrato tutti i miei vestiti con dei sassi. Avrei potuto abbandonarmi alle sue acque scure in una sera d’inverno. E poi avrei lasciato fare al freddo quello che le pietre, eventualmente, non sarebbero state in grado di portare a termine. Quanto romanticismo e quanto dramma in quel gesto.
Una mattina ero lì, alla Fiammetta, un giro di ricognizione, per vedere dove avrei potuto recuperare le pietre, reperire una barchetta, che avrei rubato, ma per poco, qual era il punto migliore da cui salpare per sparire velocemente nell’oscurità. E mentre studiavo le mie mosse per portare a termine i miei folli intenti, le ho viste, anche se sarebbe più corretto dire l’ho vista. Lena giocava sulla spiaggia, con la sua padrona, si rincorrevano, lei le lanciava un bastone che Lena prendeva, qualche volta al volo, con un’agilità incredibile, e lo riportava alla donna; aveva un’aria felice, come chi ha appena scovato un tesoro. Correvano insieme sulla spiaggia, giocando, intrecciandosi, le loro figure in movimento sembravano una danza di farfalle. Ho osservato a lungo quella scena, non riuscendo a distogliere lo sguardo. Percepivo qualcosa di divino nel loro legame. Un amore semplice, puro, totalizzante. Non ho potuto fare a meno di pensare che anch’io, se nella mia vita avessi avuto un rapporto simile, un amore altrettanto genuino e incondizionato, forse in quel momento non mi sarei trovata su una spiaggia a cercare sassi per annegare più velocemente. Allora sono tornata a casa. La pianificazione del mio suicidio aveva ormai perso parte del suo fascino.
Sarei tornata la sera, e così ho fatto. Dopo il tramonto ero di nuovo lì, alla Fiammetta. Nel cielo brillava una luna lattiginosa, illuminata a metà. Mi sforzavo di riprendere il filo dei miei pensieri autodistruttivi, ma le immagini della mattina continuavano a bucare il film che la mia mente cercava di proiettare: Lena e la sua padrona che giocavano sulla spiaggia, la danza delle farfalle. Ho guardato la luna, il suo volto era illuminato solo in parte, l’altra metà era buia, sparita, ingoiata dall’oscurità dell’universo. Ho realizzato che si trattava solo di un gioco di prospettiva, la parte di luna mancante in realtà c’era, era sempre lì, solo nascosta, le mancava la luce per brillare, aveva solamente bisogno che qualcuno la illuminasse. In quel momento qualcosa è detonato dentro di me, e lì ho avuto la mia epifania. Non dovevo lasciare che il buio mi oscurasse, ma dovevo permettere alla luce di entrare e far brillare la mia superficie, la mia vita. Così sono tornata a casa, risoluta, rinnovata. Gli intenti autolesionisti erano spariti, avevano lasciato posto ad altro, un nuovo sentimento, una sensazione che non avevo mai provato: desideravo ardentemente ciò che quella donna possedeva: un rapporto esclusivo con una creatura speciale, l’amore di un altro essere vivente; volevo essere guardata come lei, provare quel senso di appartenenza reciproca, dare e accogliere felicità.
Così sono tornata alla spiaggia anche il giorno dopo, ma non c’erano, il miraggio era svanito, e con lui i miei nuovi propositi. Ogni mattina andavo alla Fiammetta, a congelarmi il viso, quando il vento sferzava da Nord. Rimanevo lì ad aspettare che ricomparissero, per rivedere quella magia, per dare un senso alla mia vita. Per giorni e giorni mi presentavo in spiaggia, come un’amante abbandonata, una stalker della peggiore risma, ma con una tenacia che non riconoscevo in me stessa.
Poi una mattina le ho riviste, facevano joggin’ insieme, due sorelle legate attraverso un guinzaglio da corsa. Una a fianco all’altra, bellissime e maestose. Il guinzaglio cadeva morbido tra loro, non era necessario, il vincolo vero era l’amore. Di tanto in tanto si scambiavano un’occhiata, un sorriso, e poi avanti. Allora ho capito.
Da quel giorno ho cominciato a correre e a studiare. Registravo orari, giornate sì e giorni no; avevo persino iniziato ad appuntare il ciclo mestruale della donna, deducendolo da alcuni buchi negli allenamenti. Ho imparato i percorsi. Col tempo ho cominciato a prendere un buon ritmo anch’io, a correre veloce, affrontare le salite, superare le difficoltà, la pigrizia, i momenti di stanchezza. In qualche modo ho imparato a domare il mio spirito disubbidiente. Allora i miei allenamenti sono diventati quotidiani, più frequenti dei loro; la mia corsa più veloce. A volte ci incontravamo. Io e la donna ci scambiavamo un cenno di saluto, gesto abituale tra i runners.
Dopo quasi un anno di allenamenti intensi, e la scoperta di una volontà incrollabile che non sapevo di possedere, ero finalmente pronta.
Una mattina le ho seguite, mantenendo una distanza di sicurezza. La ragazza aveva i capelli biondi raccolti in una lunga coda. Lena, come sempre, correva al suo fianco felice e diligente. Le ho seguite sul Lungolago e poi verso la collinetta che porta a Ca’ del Monte. Una volta addentratami nel bosco, ho cominciato a rallentare per porre una maggiore distanza tra noi. Lena doveva aver fiutato la mia presenza, perché si è fermata di colpo e ha iniziato a guardarsi intorno. Io ero nascosta dietro un albero, schiacciata contro il suo cappotto di muschio, immobile, per impedire lo scricchiolio delle foglie sotto i piedi, cercando di silenziare il mio respiro. A quel punto anche la donna si è guardata attorno, ma con uno sguardo veloce, non sembrava preoccupata. Sbagliava! L’ho colpita con una pietra alla nuca. Alla fine una pietra mi era servita davvero, ma non per uccidere me stessa. Lena ha cominciato ad abbaiarmi, a guaire intorno al corpo esanime della sua padrona. L’ho distratta con alcuni biscotti che avevo portato con me. Avevo studiato ogni loro spostamento per mesi; ma, giunta a quel punto, non sapevo più cosa fare. Così ho legato Lena alla mia vita, e abbiamo percorso la strada a ritroso. All’inizio era piuttosto recalcitrante a seguirmi, ma poi qualcosa l’ha convita, forse il ritmo della corsa, la consuetudine ad essere legata col guinzaglio alla vita di un’altra persona, o forse la mia somiglianza con la donna che avevo appena ucciso.
Arrivate a casa, le ho dato da mangiare e da bere, le ho mostrato la sua nuova cuccia, i giocattoli; ma lei ha rifiutato ogni mia lusinga. L’ho lasciata lì e sono tornata nel bosco portando con me una pala, avevo ancora un cadavere da nascondere. Ho scavato per ore. Non immaginavo che la terra potesse essere tanto dura, così poco collaborativa. Una volta che la buca era abbastanza profonda, vi ho buttato dentro il corpo di quella donna, colpevole solo di possedere ciò che io volevo. Poi sono tornata a casa per farmi una lunga doccia calda; dovevo lavarmi di dosso il ricordo di quelle immagini: il viso della donna, che si era cristallizzato in un’espressione interrogativa; le ciglia, che avevo sigillato passandole la mano sul volto attonito. Lena era distesa sul tappeto della sala. Mi fissava con uno sguardo accusatorio in cui mi è parso di cogliere anche dello scoramento.
Nei mesi successivi ho tentato costantemente di non pensare a quella donna, mentre cercavo di trasferire la sua vita dentro la mia. Col tempo io e Lena abbiamo cominciato a legare, la corsa è stato il nostro collante. Era lei a portarmi ogni giorno nel bosco, imboccava strade e sentieri conosciuti, ricalcava i tragitti di un tempo. Ma la mia sensibilità guastata mi ha resa così miope da non farmi capire cosa stesse realmente accadendo. Lena mi riportava ogni giorno su quella collina, non per consuetudine o per piacere, ma perché cercava lei, la sua vera padrona, e avrebbe continuato a trascinarmi lì finché non l’avesse ritrovata. Alla fine l’ho capito, io non ero niente per lei, se non il mostro che le aveva tolto la persona che più amava. Mi ci è voluto molto per accettare questa realtà, per accogliere dentro di me la consapevolezza che non ero degna neppure dell’amore di un cane. Ma una volta presa coscienza di ciò, ho capito che presto o tardi Lena l’avrebbe ritrovata, non aveva altro scopo ormai; il loro legame aveva avuto la meglio su quella triste imitazione di vita che andavo emulando. Colpevole di aver sognato, ho capito di aver rimandato il risveglio fin troppo, a quel punto non ho potuto fare altro che chiamare la polizia.
E ora cosa mi succederà?
Ora dovrà solo firmare questa deposizione e lasciare che la giustizia faccia il suo corso.
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corriere-di-lamezia · 2 years ago
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klimt7 · 2 years ago
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ANGOLI DI ROMAGNA
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La Pineta
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Vista la bella giornata di sole e le temperature, previste ovunque in salita, oggi non potevo far altro che andare a correre e a camminare al mare. A quel mare che mi è più vicino, e a cui, sono legato fin da bambino.
E allora ho scelto la Pineta.
La Pineta che va da Cervia a Tagliata di Pinarella. Un luogo prediletto dai runner, da chi ama la mountain bike oltre che dalle famiglie con bambini.
La pineta è un luogo speciale.
È ciò che resta oggi della grande foresta che copriva in tempi antichi, ( prima della conquista romana ) la fascia pianeggiante dell'Emilia-romagna.
In modo particolare, questa che ancor oggi viene chiamata "Pineta", vista la grande presenza di pini marittimi, parte da Ravenna e giunge all'incirca all'altezza di Cesenatico.
La "pineta", un luogo speciale, per diversi motivi.
Intanto rappresenta un biotopo per numerose specie di uccelli ( fringuelli, gazze, averle, gruccioni, usignoli, martin pescatori, passeri ) che da migliaia di anni trovano riparo in quest'isola verde, che corre parallela alle spiagge e alla linea della costa adriatica.
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Ovviamente, la Pineta originaria, che è stata progressivamente ridotta (ed anche sostituita in diversi tratti), dai centri abitati (che si sono ampliati, nel corso dell'ultimo secolo, sotto la spinta del flusso turistico e dell'edificazione di tanti alberghi e pensioni a conduzione familiare), oggi ha una composizione mista.
Alcuni tratti vedono la presenza quasi esclusiva del pino marittimo, mentre in altri tratti, vi è la coesistenza di specie diverse ( lecci, querce, noci, robini, frassini, olmi, ontani e altre ancora).
In un'operazione che mi pare molto preziosa, i Comuni della zona, hanno deciso da alcuni decenni, di preservare questo polmone verde della Romagna, piantumando a ripetizione nuovi alberi e rinfoltendo le zone in cui la salsedine e l'aridità del terreno, prevalentemete sabbioso, aveva indebolito la presenza degli alberi.
È in questo modo che oggi, chi attraversa questa fascia verde, si trova a camminare dentro " un bosco coltivato".
Un bosco protetto, curato, e oggetto di molteplici attenzioni.
Infatti tutta la pineta è attraversata da diversi sentieri paralleli alla linea della costa (e quindi secondo la direttrice Nord Ovest - Sud Est), e dai frequenti attraversamenti, che dalla zona a monte della pineta, conducono alle spiaggie.
Ma l'aspetto caratteristico è il sottobosco che viene tenuto in ordine e ripulito periodicamente, oltre che dal personale comunale, anche da diverse associazioni di volontari. L'obiettivo è abbastanza chiaro: ridurre al minimo l'accumulo di foglie e di aghi, per minimizzare il rischio di incendi...
E così, chi arriva qui dentro, si trova a camminare in un terreno ombreggiato e adatto anche al pranzo al sacco, grazie alle numerose panchine ed ai tavoli di legno collocati uniformemente nella Pineta.
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In questo modo, col tempo, l'intera Pineta, è diventata una sorta di seconda attrazione della costa romagnola.
Chi preferisce la vita di spiaggia ( gli ombrelloni, i lettini e i bagni in mare ), frequenta la fascia degli stabilimenti balneari.
Chi ama fare sport ( podisti, camminatori bikers ) e molte famiglie, che desiderano fare un pic-nic, sotto la maestosa copertura vegetale rappresentata dagli alberi, entra invece in pineta.
Qui, si possono utilizzare i percorsi attrezzati, (quelli con attrezzi specifici per l'esercizio fisico) oppure i sentieri all'ombra molto utili, sia per chi si sposta a piedi, che con le bikes, al riparo del sole e godendo di temperature molto più fresche rispetto alla spiaggia.
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sangha-scaramuccia · 5 years ago
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Il cammino della lana e della seta - 8
Il cammino della lana e della seta – 130 Km da Bologna a Prato.
L’idea di camminare per più giorni era nella mia testa, già da qualche tempo, e da Bologna a Prato non c’ero mai andata, neanche in macchina… E così, quando ho saputo da Teresa che c’era un posto libero (Grazia aveva rinunciato per una brutta tallonite), pochi giorni prima della partenza sono ufficialmente entrata nel gruppo “il cammino della lana e della seta”, già sapientemente organizzato, che il 17 agosto sarebbe partito alle ore 10 da piazza Maggiore, in Bologna, per raggiungere a piedi la città di Prato, in 6 giorni.
Teresa ha ottimizzato gli spostamenti così che, al termine del cammino, troveremo ad aspettarci la macchina, utilizzata fino a Prato, poi in treno per Reggio Emilia (ospiti di Paolo) e poi ancora treno fino a Bologna.
Preparo lo zaino cercando di mettere solo il necessario, ma scoprirò che si può fare di meglio, e parto per Magliano Sabina il 14 agosto, perché prima del cammino una bella uscita di arrampicata al Fosso dell’Eremo, con il Maestro Taino, ci sta proprio bene. La domenica mattina a casa dei Doc’s rimaneggio il bagaglio e tolgo già qualcosa, che lascio li. Prima di uscire pesiamo gli zaini: Teresa 7,5, Doc 8,5, Danila 8,5… si può fare!
Passiamo a prendere Massimo e partiamo per Prato, poi treno per Reggio Emilia dove Paolo viene a prenderci alla stazione. Una bella passeggiata a piedi per il centro storico, una pizza e poi a nanna che domani si comincia.
Entrando a casa di Paolo, ieri ho visto il suo zaino (piccolo e leggero). Così al mattino rimaneggio il mio lasciandogli alcune cose, che gentilmente mi porterà a Scaramuccia alla prossima sesshin. Per scaldare i muscoli andiamo a piedi alla stazione (40 minuti) e puntuali arriviamo a Bologna, in piazza Maggiore, dopo averla attraversata all’ombra dei caratteristici portici.
I camminatori (in ordine alfabetico) Andrea, Andreana, Anna, Carla, Claudio, Conci, Daniela, Elena, Giancarlo, Massimo S, Massimo, Paolo, Pierluigi, Piero, Roberto Doc, Roberto, Serena, Teresa, Vilma e la sottoscritta, sotto il caldo sole agostano, per via del ritardo di un treno, alle 11.45 partono per il cammino della lana e della seta.
Prima tappa, Bologna-Sasso Marconi, km 20 – dislivello +230 -200 mt. Dopo un giro in piazza Maggiore, Basilica di San Petronio, Palazzo del Podestà e Palazzo dei Banchi, andiamo verso la Torre degli Asinelli, percorrendo i numerosi porticati e ci dirigiamo verso la periferia dove sono visibili i canali che portano in città le acque un tempo utilizzate come forza motrice per muovere opifici idraulici, mulini e gualchiere e produrre quei tessuti, appunto, di lana e di seta che resero famosa la città. Arriviamo alla Chiusa di Casalecchio di Reno, attraversiamo il Parco della Chiusa, il bel Ponte sospeso di Vizzano, e costeggiamo il fiume Reno praticamente fino a Sasso Marconi, tutto in pianura, quasi tutto su asfalto e sotto un feroce sole che quando arriviamo alla “Locanda le tre virtù” di Sasso Marconi, finalmente decide di tramontare. Siamo tutti un po’ provati dal calore della giornata, in particolare per la mancanza di acqua da bere. Fa strano veder scorrere tanta acqua nel fiume e non vedere nemmeno una fontanella, eccettuata quella storica, a pompa, nel cortile di Palazzo de’ Rossi …ma una birra e una bella doccia ci rimettono in sesto consentendoci di camminare per altri 900 metri fino al ristorante per la cena, ammazza caffè e poi… nanna.
Seconda tappa, Sasso Marconi-Grizzana Morandi, Km 27 – dislivello +1400 -950 mt. Partenza ore 8.00 alla volta di Grizzana Morandi, bel paesino di media montagna dove a lungo soggiornò il pittore Giorgio Morandi. Per fortuna da Sasso Marconi lo zaino si è alleggerito perché Daniela ha trovato il modo di spedire da albergo ad albergo alcuni zaini/borse e… ne ho approfittato.  La via è sempre ben segnalata con piccoli cartellini rossi e bianchi che, come le briciole di Pollicino, ogni giorno ci conducono alla meta. Oggi si sale …e si prende un poco di pioggia. Prima una bella salitona nel bosco, fino alla cima di monte Baco, poi monte Caprara, sede di uno dei più grandi eccidi di civili da parte dell’esercito tedesco, durante la seconda guerra mondiale. Ormai ci sono solo i ruderi della frazione di Caprara, con una lacrima appesa per ogni abitante trucidato. Continuiamo il cammino attraverso il Parco storico di Monte Sole, vicino ai cunicoli e alle trincee della linea Gotica, che ospitò i soldati durante la guerra. Sosta al punto di ristoro, rigorosamente chiuso, poi fino alla cima del Monte San Salvaro, dove arrivo con fatica, per poi ridiscendere tra boschi e ulivi, fino al confortevole Hotel il Crinale, di Grizzana.
Terza tappa, Grizzana Morandi-Castiglione dei Pepoli Km 22 – dislivello +1100-1050 mt.  Dopo la salitona di ieri le gambe si fanno sentire e alle 8.30 partiamo in 18, Daniela e Andreana saltano la tappa. Anche oggi si sale e si scende. Ci dirigiamo verso Montovolo, su una carrareccia molto assolata, poi pieghiamo nel bosco e arriviamo a Burzanella, in tempo per vedere che il bar/alimentari ha appena chiuso. Va be’, ce ne facciamo una ragione, poi però, quando si riparte, sbagliamo direzione e facciamo nuovamente il giro. Ripresa la salita verso Ca’ terre Rosse, siamo rimasti in 16, Claudio ed Elena hanno trovato un passaggio in macchina;). Il percorso continua poi con una bella discesa fino al ponte sul torrente Brasimone, attraverso campi e sentieri costeggiati da rovi di more mature, e poi una bella salita finale, su asfalto, che ci sbriciola, arrivando all’albergo Il Ponte di Castiglione dei Pepoli alla spicciolata. La camera 322, al terzo piano senza ascensore, è il giusto finale di questa tappa… ma la cena e una buona dormita fa passare tutti i dolori.
Quarta tappa, Castiglione dei Pepoli-Vernio, km 20 – dislivello +800-1250 mt. Partiamo alle 8,30, oggi siamo 19, Claudio per via di un dolore alla gamba preferisce dirigersi direttamente a Vernio. Cominciamo con un bel sentiero nel bosco che ci porta fino al rifugio Ranuzzi e proseguiamo all’ombra dei faggi e dei castagni con scorci fiabeschi sulle valli sottostanti e piccoli borghi immersi nel verde. Siamo al confine tra l’Emila e la Toscana. Passiamo per Rasora, La Storaia, e troviamo un alimentari/bar che sta per chiudere ma… riusciamo a prendere una bella birra. Serena ci saluta, prende la corriera per Vaiano, e casualmente incontra Claudio. In 18 proseguiamo per Montepiano, con sosta caffè, poi un po’ di salita e di nuovo una bella discesa fino a San Quirico di Vernio. Lo strappo finale in salita per arrivare al B&B pozzo di Celle, viene ampiamente ripagato dal bagno in piscina tra gli ulivi, con vista sulla valle. Peccato che siamo stati divisi in due strutture e alcuni non hanno potuto godere della piscina.
Quinta tappa, Vernio-Vaiano, km 21 - dislivello +1000 -1100 mt. Dopo colazione salutiamo Anna e Andreana che interrompono qui il cammino, e in 18, anche oggi cominciamo in salita, su asfalto, ma al mattino la temperatura è accettabile. Attraverso sentieri e prati arriviamo prima a La Soda, e poi a Montecuccoli, con sosta al bar/ristorante, accanto alla Pieve di San Michele. Da qui ci dirigiamo sulla dorsale dell’appennino e la seguiamo fino al bivio per Sofignano. Il paesaggio è più arso e i sentieri pietrosi, attraversiamo in un sali e scendi dei boschi di conifere profumate dal calore del sole e tantissimi cespugli pieni di more. Poi cominciamo a scendere in un sentiero un poco angusto, con rovi ai lati, poi pietraia e Pierluigi cade a terra e si ferisce sul viso, ma il pronto intervento di Doc e del gruppo lo rimette in piedi in un battibaleno. Incontriamo una bellissima fonte d’acqua, dove più o meno ci immergiamo tutti. Poi ricomincia l’asfalto… il sole ...il caldo … ma arrivati a Vaiano, birra al bar e trasbordo in macchina fino al Podere le Figliule, vicino a Montecuccoli. Il posto è molto bello e il casolare, ben ristrutturato e accogliente, è posto sopra una collina verde, con cavalli e vista sulla valle. Dopo cena salutiamo Daniela e Elena, che dormono in un podere qui vicino e domani torneranno a Torino. All'aperto cerchiamo in cielo qualche stella cadente ma… il letto ci chiama e si va presto tutti a nanna.
Sesta tappa, Montecuccoli-Prato. Poiché il Podere prenotato per la notte trascorsa non è esattamente a Vaiano, bensì a metà strada tra Vernio e Vaiano, Paolo e Massimo hanno rielaborato il percorso dell’ultima tappa e non so bene quanti chilometri e quale sia il dislivello effettuato. Pariamo presto, dopo aver salutato Claudio, anche lui torna oggi a Torino. In 15 saliamo a Montecuccoli, poi di nuovo il sali e scendi fino al bivio per Sofignano, dove però andiamo dritti, fino al Passo delle crocette, per salire poi lentamente sul Monte Maggiore(955 mt). Arrivati in cima alcune mucche riposano al sole con intorno cavalli che brucano la poca erba arsa dal sole. Morbide colline scendono fino in pianura dove  in lontananza e molto in basso si vede Prato, nostra meta del cammino. Tutta una bella discesa, per la gioia delle ginocchia. Fortunatamente la Calvana la attraversiamo con un sentiero abbastanza ombreggiato, poi però tutto sole e asfalto per arrivare a piazza del Duomo a Prato, percorrendo la pista ciclabile lungo il fiume Bisenzio, che conduce alla porta Mercatale. La birretta dei saluti, dopo questa bella scarpinata, direi proprio che ci sta tutta e … anche delle vere patate fritte!
E stato bello camminare con voi e conoscervi un po’, giorno dopo giorno.
Alla prossima avventura, grazie a tutti,
Danila
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brunopino · 1 year ago
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Il Cammino di San Francesco di Paola a Linea Verde Sentieri
Clicca sull’immagne per vedere o rivedere il programma du RaiPlay
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marioottavianiphotography · 4 years ago
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Adoro le foto che guidano lo sguardo attraverso sentieri, strade, recinti, torrenti... proprio come questa! 🏞️ Anche il punto di vista dello scatto è importante per comunicare qualcosa in più per chi non era presente in quel momento; qui ci sta dicendo che si sta affrontando una bella salita! 😅 Inoltre il blu e il verde, pur non essendo tra loro colori complementari, si accostano perfettamente, grazie anche alla netta linea di separazione tra cielo e terra 🌐🌲 . Sto passando questi semplici ma essenziali concetti 'fotografici' alla fantastica classe 5^ B di #curnasco (la ex classe di mio figlio 😢) attraverso un corso 'base base' di cultura e tecnica fotografica di 5 pomeriggi e c'è una straordinaria risposta da parte di tutti i ragazzi! Grazie! 🙌🏻 . Questo entusiasmo (mio e degli alunni) insieme al lavoro svolto con @sony.italia, @freewayagency e l'alphateam, si sta trasformando in qualcosa di concreto per farmi strada (... o appunto, un sentiero...) attraverso l'insegnamento a diverse classi di età... Più dettagli in futuro 😉 . Grazie @ale.maro.81 per la bellissima gita, ti riconosci nella foto? 😁 . Per queste foto in alta definizione vi ricordo il mio photostream in @flickr dove troverete tanto altro ➡️ link in bio @marioottaviani . Attrezzatura utilizzata: Sony a7rII | Sony 24-240mm F3.5-6.3 OSS . #corsodifotografia #spiazzidigromo #rifugiovodala #valseriana #greenbeauty #green #verde #travel #nature #scenic #landscape_captures #outdoorphotography #photographylovers #photographysouls #picoftheday #pictureoftheday #earthescope #magicpict #natgeotravel #MarioOttaviani @rifugio_vodala_spiazzi @spiazzi.di.gromo @valseriana_e_scalve (presso Rifugio Vodala) https://www.instagram.com/p/COm2njBMZXg/?igshid=fa6eyjj8p2bt
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freedomtripitaly · 5 years ago
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Oltre 200 chilometri di sentieri naturali e di vie di montagna, che ripercorrono antichi camminamenti. Sono quelli che si possono percorrere sopra il paese di La Thuile, in Valle d’Aosta, una delle mete di villeggiatura più famose d’estate, ma anche nota meta sciistica durante l’inverno. Ciò che cattura immediatamente l’attenzione di chi viene qui in vacanza è la natura nella sua immensa purezza, con i suoi spazi infiniti, i vivaci contrasti di colore, i fitti boschi di conifere, le cime della catena del Monte Bianco che svettano da qualsiasi prospettiva le si guardino e l’iconico massiccio del Rutor che, con il suo esteso ghiacciaio, il sesto in Italia, sorveglia la vallata. Siamo in Valdigne, a 1.441 metri di altitudine e salendo ancor più in alto si scorgono bellissimi paesaggi di montagna che offrono tantissime belle passeggiate da fare. I percorsi qui sono tanti. Itinerari ben segnalati, nel pieno rispetto dell’ambiente naturale, con un’ampia varietà di ambienti e di panorami che vanno dagli ampi prati verdi, dove sostare per un pic-nic o per prendere il sole, ai freschi boschi, dove ripararsi dai caldissimi raggi del sole. I laghetti di montagna intorno a La Thuile @123rf La partenza dei sentieri si raggiunge con la funivia panoramica (si può acquistare il biglietto per l’impianto di risalita anche online a partire dal 4 luglio). Prendendo la cartina dei sentieri di La Thuile c’è solo l’imbarazzo della scelta. Da una parte ci sono i valloni di Youlaz, Orgères, Chavannes e Breuil, verdi, selvaggi, preziosi dal punto di vista geologico e ricchi di testimonianze storiche: quando si arriva in cima regalano un affaccio previlegiato sulla catena del Monte Bianco. Dall’altra ci sono i sentieri che portano verso la zona del Rutor, con le sue cascate, i laghi di Bellacomba, il lago Verde e il lago Grigio e il rifugio Deffeyes che segna il punto di partenza per la più impegnativa escursione verso il ghiacciaio del Rutor. Puntando invece verso il Colle del Piccolo San Bernardo, si può raggiungere il Lago Verney, il più vasto specchio lacustre naturale della Valle d’Aosta che si trova a 2.088 metri di altitudine. Di origine glaciale, intorno alle sponde del lago si trova una ricca varietà di flora. Procedendo oltre il lago si arriva al Colle del Piccolo San Bernardo dove, in corrispondenza della linea di confine tra l’Italia e Francia, c’è un punto di particolare magia. Si tratta della zona archeologica dove è stato rinvenuto un Cromlech, un cerchio di 46 pietre e 72 metri di diametro che probabilmente racchiudeva un dolmen al centro e, nell’antichità, era considerato un luogo di culto molto importante. Nella zona del Colle, tra immensi prati verdeggianti, già in territorio francese, l’abate Pierre Chanoux, sacerdote con la passione per l’alpinismo, diede vita, nel 1897, al Giardino Botanico Chanousia con l’obiettivo di far conoscere la bellezza e la rarità della flora alpina. Questo giardino botanico, il più alto d’Europa, ospita più di mille piante alpine. Nei percorsi tra i fiori ognuno può provare un’esperienza sensoriale unica. È visitabile da luglio a settembre. L’importanza come via di transito del Colle è testimoniata dall’Ospizio del Gran San Bernardo, un monastero costruito nell’XI secolo da San Bernardo di Montjou e dai resti di un tempietto gallico e di due “Mansiones” dell’epoca Romana, che garantivano ristoro e pernottamento ai viaggiatori e agli animali che già nel I secolo a. C. percorrevano questo valico come via verso le Gallie. L’Ospizio si trova a 2.473 metri di altitudine e pochi metri più a Sud è segnato il confine tra Italia e Svizzera. Esattamente dalla parte opposta rispetto al Piccolo San Bernardo, ci sono due bellisisme passeggiate adatte alle famiglie: quella che da Colle San Carlo conduce in 15 minuti al Belvedere di Arpy, una balconata da cui ammirare la catena del Monte Bianco oppure quella che porta al Lago di Arpy, uno specchio d’acqua da favola affacciato sul Monte Bianco. Ma l’escursione più bella da fare qui è quella verso le spettacolari cascate del Rutor, le più imponenti di tutta la Regione. Fanno parte della storia del paese e sono avvolte da miti e leggende, figlie dei laghetti alimentati dall’omonimo ghiacciaio. Le meravigliose cascate, visitabili d’estate, sono tre salti d’acqua impetuosi che si gettano in gole e precipizi scavando la roccia con tutta la loro potenza. Le cascate del Rutor @123rf Partendo dalla frazione di La Joux, a 1.603 metri di altitudine, a 3 km dal paese di La Thuile si può arrivare con un bel sentiero fino alla terza cascata che si trova invece a 1.996 metri. Il primo punto di osservazione si incontra dopo una ventina minuti di cammino dai casolari di La Joux, lungo una mulattiera che passa per boschi di conifere. La prima cascata è sorprendente, l’emozione dell’arcobaleno, la forza dell’acqua suscitano sensazioni incredibili. Un pianoro bucolico vicino al torrente è l’occasione per rinfrescarsi e concedersi qualche scatto fotografico, poi si riprende a salire per il sentiero che raggiunge la seconda cascata a 1.850 metri e di lì a poco anche la terza, sulla quale un ponte d’acciaio lungo circa 16 metri per 1,20 metri di larghezza permette a tutti di passare da una parte all’altra godendo dello straordinario spettacolo. Da questo punto si può tornare indietro seguendo il sentiero sull’altra sponda orografica oppure scegliere di salire al Rifugio Deffeyes (2.494 metri) proprio ai piedi del ghiacciaio, un’escursione impegnativa soprattutto per i bambini, ma molto bella. Un’altra opzione è quella di deviare a destra dopo le cascate seguendo la direzione dei laghi glaciali di Bella Comba. Il bellissimo Rifugio Deffeye @123rf https://ift.tt/3eBSgiL La Thuile, sui sentieri di montagna lungo gli antichi camminamenti Oltre 200 chilometri di sentieri naturali e di vie di montagna, che ripercorrono antichi camminamenti. Sono quelli che si possono percorrere sopra il paese di La Thuile, in Valle d’Aosta, una delle mete di villeggiatura più famose d’estate, ma anche nota meta sciistica durante l’inverno. Ciò che cattura immediatamente l’attenzione di chi viene qui in vacanza è la natura nella sua immensa purezza, con i suoi spazi infiniti, i vivaci contrasti di colore, i fitti boschi di conifere, le cime della catena del Monte Bianco che svettano da qualsiasi prospettiva le si guardino e l’iconico massiccio del Rutor che, con il suo esteso ghiacciaio, il sesto in Italia, sorveglia la vallata. Siamo in Valdigne, a 1.441 metri di altitudine e salendo ancor più in alto si scorgono bellissimi paesaggi di montagna che offrono tantissime belle passeggiate da fare. I percorsi qui sono tanti. Itinerari ben segnalati, nel pieno rispetto dell’ambiente naturale, con un’ampia varietà di ambienti e di panorami che vanno dagli ampi prati verdi, dove sostare per un pic-nic o per prendere il sole, ai freschi boschi, dove ripararsi dai caldissimi raggi del sole. I laghetti di montagna intorno a La Thuile @123rf La partenza dei sentieri si raggiunge con la funivia panoramica (si può acquistare il biglietto per l’impianto di risalita anche online a partire dal 4 luglio). Prendendo la cartina dei sentieri di La Thuile c’è solo l’imbarazzo della scelta. Da una parte ci sono i valloni di Youlaz, Orgères, Chavannes e Breuil, verdi, selvaggi, preziosi dal punto di vista geologico e ricchi di testimonianze storiche: quando si arriva in cima regalano un affaccio previlegiato sulla catena del Monte Bianco. Dall’altra ci sono i sentieri che portano verso la zona del Rutor, con le sue cascate, i laghi di Bellacomba, il lago Verde e il lago Grigio e il rifugio Deffeyes che segna il punto di partenza per la più impegnativa escursione verso il ghiacciaio del Rutor. Puntando invece verso il Colle del Piccolo San Bernardo, si può raggiungere il Lago Verney, il più vasto specchio lacustre naturale della Valle d’Aosta che si trova a 2.088 metri di altitudine. Di origine glaciale, intorno alle sponde del lago si trova una ricca varietà di flora. Procedendo oltre il lago si arriva al Colle del Piccolo San Bernardo dove, in corrispondenza della linea di confine tra l’Italia e Francia, c’è un punto di particolare magia. Si tratta della zona archeologica dove è stato rinvenuto un Cromlech, un cerchio di 46 pietre e 72 metri di diametro che probabilmente racchiudeva un dolmen al centro e, nell’antichità, era considerato un luogo di culto molto importante. Nella zona del Colle, tra immensi prati verdeggianti, già in territorio francese, l’abate Pierre Chanoux, sacerdote con la passione per l’alpinismo, diede vita, nel 1897, al Giardino Botanico Chanousia con l’obiettivo di far conoscere la bellezza e la rarità della flora alpina. Questo giardino botanico, il più alto d’Europa, ospita più di mille piante alpine. Nei percorsi tra i fiori ognuno può provare un’esperienza sensoriale unica. È visitabile da luglio a settembre. L’importanza come via di transito del Colle è testimoniata dall’Ospizio del Gran San Bernardo, un monastero costruito nell’XI secolo da San Bernardo di Montjou e dai resti di un tempietto gallico e di due “Mansiones” dell’epoca Romana, che garantivano ristoro e pernottamento ai viaggiatori e agli animali che già nel I secolo a. C. percorrevano questo valico come via verso le Gallie. L’Ospizio si trova a 2.473 metri di altitudine e pochi metri più a Sud è segnato il confine tra Italia e Svizzera. Esattamente dalla parte opposta rispetto al Piccolo San Bernardo, ci sono due bellisisme passeggiate adatte alle famiglie: quella che da Colle San Carlo conduce in 15 minuti al Belvedere di Arpy, una balconata da cui ammirare la catena del Monte Bianco oppure quella che porta al Lago di Arpy, uno specchio d’acqua da favola affacciato sul Monte Bianco. Ma l’escursione più bella da fare qui è quella verso le spettacolari cascate del Rutor, le più imponenti di tutta la Regione. Fanno parte della storia del paese e sono avvolte da miti e leggende, figlie dei laghetti alimentati dall’omonimo ghiacciaio. Le meravigliose cascate, visitabili d’estate, sono tre salti d’acqua impetuosi che si gettano in gole e precipizi scavando la roccia con tutta la loro potenza. Le cascate del Rutor @123rf Partendo dalla frazione di La Joux, a 1.603 metri di altitudine, a 3 km dal paese di La Thuile si può arrivare con un bel sentiero fino alla terza cascata che si trova invece a 1.996 metri. Il primo punto di osservazione si incontra dopo una ventina minuti di cammino dai casolari di La Joux, lungo una mulattiera che passa per boschi di conifere. La prima cascata è sorprendente, l’emozione dell’arcobaleno, la forza dell’acqua suscitano sensazioni incredibili. Un pianoro bucolico vicino al torrente è l’occasione per rinfrescarsi e concedersi qualche scatto fotografico, poi si riprende a salire per il sentiero che raggiunge la seconda cascata a 1.850 metri e di lì a poco anche la terza, sulla quale un ponte d’acciaio lungo circa 16 metri per 1,20 metri di larghezza permette a tutti di passare da una parte all’altra godendo dello straordinario spettacolo. Da questo punto si può tornare indietro seguendo il sentiero sull’altra sponda orografica oppure scegliere di salire al Rifugio Deffeyes (2.494 metri) proprio ai piedi del ghiacciaio, un’escursione impegnativa soprattutto per i bambini, ma molto bella. Un’altra opzione è quella di deviare a destra dopo le cascate seguendo la direzione dei laghi glaciali di Bella Comba. Il bellissimo Rifugio Deffeye @123rf Oltre 200 chilometri di sentieri naturali e di vie di montagna intorno alla nota località di villeggiatura della Valle d’Aosta.
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.             ╰ 𝐜𝐥𝐮𝐛 𝐦𝐞𝐞𝐭𝐢𝐧𝐠 !                 📚 𝖼𝗅𝗎𝖻 𝖽𝗂 𝖺𝗌𝗍𝗋𝗈𝗇𝗈𝗆𝗂𝖺               📅 𝗃𝗎𝗇𝖾 𝟣𝟢, 𝟣𝟣:𝟥𝟢 𝗉.𝗆.               🔗 #𝖽𝖺𝗇𝗀𝖾𝗋𝗈𝗎𝗌𝗁𝗉𝗋𝗉𝗀                         ・・・    `` L'Orsa Maggiore (in latino 𝘜𝘳𝘴𝘢 𝘔𝘢𝘫𝘰𝘳) è una costellazione tipica dei cieli boreali. Le sue sette stelle più luminose, raggruppate nel famoso asterismo del Grande Carro, sono visibili per tutto l'anno nell'emisfero nord e non tramontano mai a nord del 41°N. ``   Fiorenzo, l'ormai anziano centauro che organizza personalmente e tiene i corsi del Club di Astronomia, introduce così agli studenti l'argomento del giorno - o sarebbe meglio dire della notte?! -, e la punta della piuma di Agape non fa che grattare rapidamente sulla pergamena, desiderosa di non perdersi nemmeno una sillaba di quanto stia dicendo.  `` Questo gruppo di stelle è noto fin dai tempi più remoti e le storie che ad esso si legano sono le più svariate: il riferimento all'asterismo come un orso (le quattro stelle orientali) inseguito da tre cacciatori (le tre di coda) è probabilmente il più antico mito a cui l'umanità faccia ancora riferimento. Esiste, però, anche la rappresentazione dell'orsa come madre: si tratta di Callisto, "la più top", che non è nata orsa ma ninfa votata ad Artemide. Chi voleva seguire Artemide doveva non solo possedere spiccate doti venatorie, ma anche rimanere vergine 𝚖̶𝚊̶ ̶𝚌̶𝚑̶𝚎̶ ̶𝚌̶𝚊̶𝚣̶𝚣̶𝚘̶ ̶𝚍̶𝚒̶ ̶𝚍̶𝚒̶𝚜̶𝚌̶𝚘̶𝚛̶𝚜̶𝚘̶ ̶𝚎̶̀,̶ ̶𝚚̶𝚞̶𝚎̶𝚜̶𝚝̶𝚎̶ ̶𝚜̶𝚘̶𝚗̶𝚘̶ ̶𝚝̶𝚘̶𝚛̶𝚝̶𝚞̶𝚛̶𝚎̶, come la dea. Callisto era così 𝚙̶𝚘̶𝚟̶𝚎̶𝚛̶𝚊̶ ̶𝚜̶𝚝̶𝚎̶𝚕̶𝚕̶𝚊̶,̶ ̶𝚕̶𝚎̶𝚝̶𝚝̶𝚎̶𝚛̶𝚊̶𝚕̶𝚖̶𝚎̶𝚗̶𝚝̶𝚎̶ ed era talmente virtuosa nell'arte della caccia da essere la prediletta della sorella di Apollo 𝚜̶𝚙̶𝚎̶𝚛̶𝚒̶𝚊̶𝚖̶𝚘̶ ̶𝚍̶𝚒̶𝚟̶𝚎̶𝚗̶𝚝̶𝚒̶ ̶𝚞̶𝚗̶ ̶𝚕̶𝚎̶𝚜̶𝚋̶𝚘̶-̶𝚍̶𝚛̶𝚊̶𝚖̶𝚖̶𝚊̶. ``  Ugh, forse non è proprio nel mood per rimanere davvero concentrata: ma la si può biasimare, considerato che è ormai al terzo giorno del mix letale che sono esami, insonnia e orride creature?!  `` Un giorno, quando Apollo col suo carro infuocato aveva percorso ormai più di metà del tragitto celeste, Callisto si trovava in un bosco fino ad allora scampato alla mano dell’uomo; era un lussureggiare di foglie e aghi splendenti che si intrecciavano col bruno dei tronchi, ora lisci ora nodosi, e tutti dal legno pieno di vigore. Abeti, lecci, castagni, querce 𝚜̶𝚝̶𝚘̶ ̶𝚌̶𝚊̶𝚣̶𝚣̶𝚘̶ ̶𝚗̶𝚘̶𝚗̶ ̶𝚌̶𝚎̶ ̶𝚕̶𝚘̶ ̶𝚖̶𝚎̶𝚝̶𝚝̶𝚒̶?̶ popolavano da secoli la montagna che da lontano si presentava abbigliata con un grande manto verde scuro. I fiori infine, ammorbidivano la ruvidità dei pendii con teneri petali 𝚏̶𝚛̶𝚊̶,̶ ̶𝚙̶𝚎̶𝚛̶ ̶𝚍̶𝚒̶𝚛̶𝚎̶ ̶𝚌̶𝚑̶𝚎̶ ̶𝚎̶𝚛̶𝚊̶ ̶𝚞̶𝚗̶ ̶𝚋̶𝚎̶𝚕̶ ̶𝚋̶𝚘̶𝚜̶𝚌̶𝚘̶ ̶𝚌̶𝚒̶ ̶𝚜̶𝚝̶𝚊̶𝚒̶ ̶𝚖̶𝚎̶𝚝̶𝚝̶𝚎̶𝚗̶𝚍̶𝚘̶ ̶𝚞̶𝚗̶𝚊̶ ̶𝚟̶𝚒̶𝚝̶𝚊̶:̶ ̶𝚘̶𝚙̶ ̶𝚘̶𝚙̶,̶ ̶𝚌̶𝚊̶𝚟̶𝚊̶𝚕̶𝚕̶𝚒̶𝚗̶𝚘̶,̶ ̶𝚜̶𝚒̶𝚗̶𝚝̶𝚎̶𝚝̶𝚒̶𝚌̶𝚘̶!̶ mentre la freschezza dei loro colori si sposava qua e là con rocce argentate. Non è esagerato dire che quel bosco avrebbe potuto chiamarsi anch'esso Callisto, perché era come lei: bellissimo e purissimo. La ragazza vi era capitata alla fine di una giornata trascorsa a inseguire nuove prede ed era ormai desiderosa di riposarsi 𝚖̶𝚊̶𝚛̶𝚢̶ ̶𝚜̶𝚞̶𝚎̶,̶ ̶𝚜̶𝚎̶𝚒̶ ̶𝚝̶𝚞̶?̶!̶. Nel bosco però capitò anche Zeus 𝚎̶𝚌̶𝚌̶𝚘̶𝚕̶𝚘̶ ̶𝚚̶𝚞̶𝚊̶,̶ ̶𝚖̶𝚊̶𝚗̶𝚌̶𝚊̶𝚟̶𝚊̶𝚗̶𝚘̶ ̶𝚐̶𝚕̶𝚒̶ ̶𝚜̶𝚝̶𝚞̶𝚙̶𝚒̶𝚍̶𝚒̶ che, alla vista della giovane, non seppe resistere e come già con altre era accaduto, desiderò farla sua. Per non intimorirla o metterla sulla difensiva, astutamente le si avvicinò assumendo proprio le sembianze di Artemide e fu quando la giovane manifestò di preferire la dea a Zeus che bramò possederla più di ogni altra cosa al mondo, manifestandosi in tutta la sua grandiosità e, senza lasciarle il tempo di capire, la strinse a sé vanificando per sempre il voto fatto a Artemide 𝚜̶𝚝̶𝚞̶𝚙̶𝚛̶𝚊̶𝚝̶𝚘̶𝚛̶𝚎̶ ̶𝚍̶𝚒̶ ̶𝚖̶𝚎̶𝚛̶𝚍̶𝚊̶. Alla fine, così come improvvisamente era apparso, il re dell’Olimpo si dissolse nell'aria facendo perdere ogni traccia. Callisto vagava disperata tra i sentieri del possente Menalo, dove tutto continuava a essere selvaggio e meraviglioso. Con lacrime di rabbia, la paura ancora martellante nel cuore, si faceva strada tra le felci baciate dagli ultimi raggi del sole e pini canori dentro i quali soggiornavano invisibili passerotti. A un tratto la figura fiera e agile di Artemide apparì a poca distanza dalla sventurata assieme al suo seguito. La dea vide Callisto e la chiamò, ma ella d’istinto fuggì, vedendo nella sua beniamina ancora l’immagine ingannatrice di Zeus. Fu la presenza delle altre ninfe a rivelarle che non era così. E si unì al gruppo. Tuttavia, la verità era destinata prima o poi a venire allo scoperto: Callisto infatti portava nel grembo un figlio. Fu la luna a scandire dolorosamente, mese dopo mese, l’età dell’adulterio. Per nove volte il candido disco rischiarò la notte fino a che venne il giorno in cui Callisto, insieme alla dea e alle altre ninfe, intraprese la sua ultima battuta di caccia. Al pomeriggio ognuna di loro vantava ormai un ricco bottino, simile a quello che Artemide esibiva con orgoglio, e l’abbondanza della selvaggina dava la misura del dispendio di energie richiesto per conquistarla. Così, quando giunsero in prossimità di un ruscello dall'acqua di cristallo, Artemide propose di fermarsi per un bagno. Dall’Olimpo intanto un’altra dea aveva osservato tutto fin dall’inizio e attendeva il momento giusto per mettere in atto la sua vendetta: era Era, la consorte di Zeus, tradita una volta di più dal suo sposo 𝚗̶𝚎̶𝚖̶𝚖̶𝚎̶𝚗̶𝚘̶ ̶𝚕̶𝚘̶ ̶𝚕̶𝚊̶𝚜̶𝚌̶𝚒̶𝚊̶,̶ ̶𝚙̶𝚎̶𝚛̶𝚘̶̀:̶ ̶𝚐̶𝚎̶𝚗̶𝚒̶𝚘̶. Quando dall'alto vide la scena dello scandalo, si incendiò di rabbia 𝚎̶ ̶𝚋̶𝚊̶𝚜̶𝚝̶𝚊̶?̶!̶. Per questo, decise di punire la donna privandola delle belle forme che il marito aveva amato: la trasformò in orsa, sebbene quella implorasse pietà 𝚖̶𝚎̶𝚐̶𝚕̶𝚒̶𝚘̶ ̶𝚌̶𝚑̶𝚎̶ ̶𝚚̶𝚞̶𝚒̶ ̶𝚒̶𝚘̶ ̶𝚗̶𝚘̶𝚗̶ ̶𝚖̶𝚒̶ ̶𝚎̶𝚜̶𝚙̶𝚛̶𝚒̶𝚖̶𝚊̶,̶ ̶𝚒̶𝚗̶𝚟̶𝚎̶𝚌̶𝚎̶ ̶𝚍̶𝚒̶ ̶𝚌̶𝚊̶𝚜̶𝚝̶𝚛̶𝚊̶𝚛̶𝚎̶ ̶��̶𝚞̶𝚎̶𝚕̶𝚕̶'̶𝚊̶𝚐̶𝚐̶𝚕̶𝚘̶𝚖̶𝚎̶𝚛̶𝚊̶𝚝̶𝚘̶ ̶𝚍̶𝚒̶ ̶𝚝̶𝚘̶𝚜̶𝚜̶𝚒̶𝚌̶𝚒̶𝚝̶𝚊̶̀ ̶𝚏̶𝚊̶𝚝̶𝚝̶𝚘̶ ̶𝚍̶𝚒̶𝚟̶𝚒̶𝚗̶𝚒̶𝚝̶𝚊̶̀ ̶𝚍̶𝚒̶ ̶𝚚̶𝚞̶𝚎̶𝚜̶𝚝̶𝚘̶ ̶𝚌̶𝚊̶𝚣̶𝚣̶𝚘̶. ``   E qui decide di smettere di scrivere, Agape, come segno di protesta nei confronti dell'ennesimo mito che non condivide: comprende che fossero altri tempi, che abbiano comunque il loro fascino sociologico, ma è più forte di lei. Riprende la piuma in mano soltanto quando si passa alla parte più tecnica e realmente astronomica, dove agli studenti è anche concesso dare un vero e proprio sguardo dal telescopio: la scrittura allora è visibilmente più disordinata, ché scrivere senza supporto - o con uno minimo come una cartelletta - non è esattamente emblema di comodità.  `` Il Grande Carro è formato dalle stelle principali della costellazione che sono chiamate, in ordine da est ad ovest, Dubhe, Merak, Phecda, Megrez, Alioth, Mizar e Alkaid (o Benetnash), e sono state assegnate loro le lettere greche da α ad η, nello stesso ordine. Mizar ha una stella compagna chiamata Alcor, appena visibile ad occhio nudo, che è un tradizionale test della vista. Entrambe le stelle sono in realtà doppie, e sono state, rispettivamente, la prima binaria visuale e la prima binaria spettroscopica scoperte. La Stella Polare può essere trovata disegnando una linea tra Dubhe e Merak, all'estremo del Gran Carro, e prolungandola di cinque volte. Altre stelle come Arturo e Spica possono essere trovate prolungando invece il lato lungo.  ``   Osservare la Stella Polare le ricorda un po' Pinocchio, nel momento in cui per la prima volta si vede arrivare la Fata Madrina: magari si celasse realmente lì, avrebbe davvero tante cose da chiedere. Chissà se fattibili, però. Insomma, la lezione continua con le stelle principali, le doppie, le variabili: la corvonero, però, rinuncia definitivamente a prendere appunti quando si rende conto di aver trascritto un typo grosso e devastante quanto un intero castello in fiamme. Meglio non lasciare altre tracce della propria stanchezza, ugh.
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personal-reporter · 2 years ago
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In cammino verso la Via delle Sorelle
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Con centotrenta chilometri, trentasei comuni attraversati, due siti Unesco, otto cammini incrociati, tre aree vitivinicole, parchi , riserve, il lago d’Iseo, è davvero unica  la Via delle Sorelle, il cammino che unisce Brescia a Bergamo, Capitale Italiana della Cultura 2023. Ideato da Slow Ride Italy nel luglio del 2020 su ispirazione della nomina di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023, studiato nel 2021 e presentato per la prima volta a gennaio 2022 alle Istituzioni, La Via delle Sorelle sarà un’eredità sostenibile per i due territori. I concetti chiave che hanno determinato la definizione del percorso sono stati quelli di creare una linea verde naturale tra due aree urbanizzate, entrare in contatto con gli altri cammini e sentieri sul territorio e  attraversare bellezze ambientali o architettoniche fuori dalle rotte turistiche. Da queste premesse è nato un cammino lento che unisce le due città e le loro province, per rappresentarne l’identità culturale e il patrimonio naturale Entrato ufficialmente nel Dossier Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023, il cammino è stato donato dall’Associazione Slow Ride Italy, con l’appoggio dei comuni attraversati. Il nome è nato su ispirazione del nuovo rapporto tra Brescia e Bergamo, che si assomigliano, sono vicine e che, come sorelle, possono competere, ma sono fondamentalmente unite. Nei suoi 130 chilometri, oltre a Brescia e Bergamo, il percorso attraversa 34 comuni, sviluppandosi sulla fascia collinare delle due città e province, con  delle specificità, naturali e culturali, tale da essere vissuta anche come gita giornaliera e del weekend. Intorno al cammino c’è una rete di accoglienza per dormire e mangiare, dove le realtà che hanno aderito offriranno prezzi calmierati ai camminatori in possesso di una credenziale che potrà essere richiesta direttamente sul sito, che varrà anche come biglietto di ingresso alla Riserva del Torbiere del Sebino, a cui andranno una parte dei proventi. La Via delle Sorelle ha una segnaletica verticale unica, finanziata da Regione Lombardia – Ersaf, che riporta il logo e la direzione di cammino ed è integrata da una segnaletica orizzontale. Inoltre il viaggio si arricchisce grazie al dialogo e all’interazione delle arti contemporanee chiamate a interpretare il rapporto tra uomo e natura, tra uomo e territorio, tra passato e presente. Si comincia con il posizionamento di opere d’arte contemporanea permanenti lungo le tappe del Cammino, per creare un cantiere creativo tra due città e trasformare la Via delle Sorelle in un palcoscenico a cielo aperto. Inoltre sono in corso altri progetti di ideazione da parte di artisti che stanno studiando il Cammino vhe, durante il 2023 e negli anni a venire, vi interverranno in un laboratorio dove arte, natura, cultura e produzione si intrecciano. La Via delle Sorelle ha il sostegno di Regione Lombardia, Fondazione ASM, Fondazione Cariplo e le Fondazioni di Comunità di Bergamo e Brescia, Visit Bergamo e Visit Brescia, l’Hdemia SantaGiulia di Brescia, l’Associazione Potatrek di Bergamo, Arthob, la Fondazione Bobo Archetti e  la Scuola Audiofonetica. Read the full article
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wallflowercamille · 8 years ago
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Camille, Lilith e Roxanne fanno la loro comparsa nella base che è stato loro assegnata stringendo un guanto di lana. La loro base è praticamente identica a quella dei Tassorosso, con l’unica differenza che Il loro stendardo reca un serpente color argento su campo verde. Per loro ci sono meno sentieri da imboccare, visto che sono soltanto quattro: uno che va verso nord, un’altro che si dipana verso sud e altri due che vanno verso sud-ovest uno e ad ovest l’altro.
«Bisogna proteggere lo stendardo» (…) La roccia deve essere trasformata in un animale, ragion per cui è alla forma di vita che deve prendere l`oggetto che fa appello, andandosi ad immaginare l`allungamento della roccia stessa, la creazione delle piccole squame che caratterizzano la pelle dell`animale. Lascia che la roccia prenda vita all`interno della sua mente, focalizzandosi solo su quell`immagine, lasciando da parte il resto. «Resferàntes» (…) E poi parte, ovviamente, con Camille.
Nella sua immaginazione va a crearsi una barriera invisibile agli occhi altrui, che vada a ricoprire tutta la parte anteriore, prendendo dalla parte sinistra, appoggiandosi quindi alla roccia, finendo dalla parte opposta, appoggiandosi sull`altra parte della roccia. Una barriera non troppo alta, fredda al tocco e di un materiale simile al vetro. Ovviamente il tutto dietro alla roccia su cui sta facendo l`incanto Lilith. Il polso va a costruire una spirale in senso orario, in direzione dell`erba, mentre l`immagine di questa barriera trasparente rimane impressa nella mente. « Plansvèrto! » (…) Dopo questo, parte di corsa seguendo Lilith.
(LILITH e CAMILLE) Qualche piccola accortezza per proteggere lo stendardo; Lilith riesce a tramutare la roccia in un serpente non troppo sveglio a dire il vero, ma almeno vivo. Sta lì attorno allo stendardo a farsi gli affari da serpente, non è detto che resti lì a fare la guardia visto che non c`è nulla che glielo imponga. Ma è meglio di niente. La barriera di Camille non è esattamente trasparente e non viene così ampia come lo avrebbe voluto lei, perché l`erba a disposizione era quella che era ed era decisamente poca rispetto alla superficie richiesta. Più la si stiracchia e più si assottiglia. Dopo queste accortezze, Lilith e Camille lasciano la base, l`avventura inizia! Pochi passi dalla partenza, e le serpeverde potranno già scorgere qualcosa che non va in lontananza, sul proprio sentiero. Si tratta di una grossa sfera carnosa, di almeno 2 metri di diametro. Quello che salta all`occhio è che la sfera fluttuante è provvista di una grande bocca irta di denti ed un occhione che scruta il sentiero. Tanti piccoli tentacoli si dipanano dalla superficie del mostro, ogni tentacolo che termina con un occhietto. Primo bivio: affrontarlo da sola o cambiare direzione?
(…) Il terrore nei suoi occhi compare all`istante, ma non si fa prendere troppo nel panico, perché la bacchetta è già tra le sue mani e gli occhi puntano già in direzione di quei tentacoli, senza dare troppa importanza al resto o rimarrebbe lì impalata nel terrore più assoluto. Quindi no bocca, no occhi, ma sì tentacoli. La bacchetta viene puntata subito verso quella bestia e in direzione dei tentacoli va a muovere nel modo più veloce possibile il catalizzatore da destra verso sinistra nella creazione di un taglio netto. L`intenzione e quello che si immagina è un taglio netto che vada a ferire la bestia, colpendo in pieno i tentacoli, facendoli ricadere a terra. « Diffìndo ! » la voce alta, chiara. Vai Lilith!
«Cam, di qua!» (…) La bacchetta continua ad essere stretta nella mano destra con forza ed è la prima cosa che le viene in mente, quando vede quell`occhio; si mantiene a debita distanza, evitando di avvicinarsi troppo a quella creatura che per quanto ne sa potrebbe anche ucciderla -anzi, sicuramente, Mallory non è proprio famoso per andare troppo sul leggero. L`intenzione è quella di mantenersi piuttosto lontana dal Beholder, proprio accanto a Camille, evitando che possa dirturbarle la magia in qualsiasi modo. E, se si tiene lontana, non c`è nemmeno bisogno di colpire l`occhio. L`inteno è quello di utilizzare un incantesimo che ha imparato più o meno ad inizio anno. Stringe leggermente gli occhi, concentrandosi e lasciando a Camille il tempo di cercare di tagliare quel tentacolo con un diffindo, e si avvicina leggermente con il busto, non tanto da essere colpito dall`odore di zolfo. «Incèndio» (…) «Viaaa» prende per la mano Camille, la mano libera, per superare il Beholder alla destra, tenendosi a debita distanza, e continuare per il sentiero.
(CAMILLE e LILITH) Il Beholder a questo punto si è accorto della presenza delle due ragazzine. Si gira verso di loro fluttuando e si avvicina lentamente. Camille entra in azione con un diffindo che riesce a tagliare solo uno dei tanti tentacolini della creatura, facendogli emettere un grugnito sordo. Ma non ottiene altro effetto se non quello di farlo arrabbiare e insistere nel puntarle. Lilith ci va più drastica, appiccando fuoco addosso alla creatura. Questa si mette a lamentarsi e ad agitare i tentacolini, restando così nel bel mezzo del sentiero. Due opzioni per le serpine: aggirare a loro rischio e pericolo la creatura, correndole oltre o continuare a darle battaglia.
« GRANDE LILITH! » a lei esclama, senza degnarle di uno sguardo perché la bestia è ancora lì, viva e pronta ad ucciderle. (…) La concentrazione è totale, mentre va ad immaginarsi di poter infliggere dolore a quella macchina di comando, l`occhio. Il polso è disteso, il braccio una linea perfetta rivolta verso l`altro. Il dolore immaginato è forte da provocare più volte uno sbattimendo di palpebra di destabilizzare la creatura. Ed è così che andrebbe a pronunciare il tutto. « Òculus effòdo! »
(…) E solo nel momento in cui l`incantesimo di Camille avrebbe avuto effetto si sarebbe avvicinata di un paio di passi, rompendo il confine di quella barriera invisibile; la bacchetta è fulminea ad alzarsi, già pronta e già pronta è la bocca quando si schiude a pronunciare quell`incantesimo, che ha lo scopo di allontanare il beholder dal centro del sentiero per farle passare illese. E` veloce, più veloce che può, il modo in cui s`avvicina a bacchetta già puntata ed urla un «Impùlsus!» (…) Celere, il modo in cui s`avvicina con l`intenzione di sfruttare la distrazione momentanea sia dovuta al fuoco, sia dovuta all`incantesimo -se riuscito di Camille. E poi fugge. Con Camille dietro, si spera.
(LILITH e CAMILLE) Dopo il primo giro di rodaggio, le due ragazzine sembrano essersi calate molto meglio nella parte delle avventuriere combattenti, tanto che mettono su al volo una strategia niente male. Ovviamente se c`è una cosa che un Beholder odia è che gli si vada a toccare l`occhio principale. Anche gli altri possono vedere, sì, ma quello principale è evidentemente il suo punto debole. Il dolore lo prende e lo costringe a gemere e distrarsi e seppure l`impùlsus di Lilith non sia sufficiente a mandare il bestione chissà dove, almeno un pochino funziona e le due sono libere di passare oltre.
« Siamo pazzesche, LILITH! »
«Grandiiii» si fermerebbe anche a dare il cinque a Camille se non fosse che devono andare avanti.
(LILITH e CAMILLE) Il piccolo duo serpe arriva in prossimità della costa, dove il sentiero segue un`ansa naturale prima di inoltrarsi verso la boscaglia. Nel bel mezzo, troneggia una sorta di piccola colonna, alta non più di 140 cm. Una sorta di piedistallo insomma, sulla cui cima è adagiata una sferetta di cristallo con la base a punta metallica, una sorta di trottola. Uno spioscopio insomma, che per chi non dovesse saperlo, segnala con anticipo se ci si trova in presenza di un pericolo. Per adesso è ferma immobile e sta alle ragazze decidere che farne.
La colonna su cui posiziona gli occhi è alta abbastanza, ma il giusto da mostrare quello che c`è sopra; una sfera cristallina con una punta in metallo. Guarda Lilith, guarda la sfera, mentre il braccio si innalza nuovamente. E` lì che andrebbe a concentrarsi su quell`oggetto e sul farlo volatilizzare in aria, facendo sì che questo incominci a levitare verso l`alto. Non per un motivo preciso, ma se quell`oggetto è lì vorrà pure dire qualcosa e magari non toccarlo è meglio. Cerca di spostarlo con l`immaginazione semplicemente verso l`alto. Il movimento del polso di metà giro in senso orario e un affondo con l`aiuto del piede verso quell`oggetto, rimanendo distante quanto basta per far sì che questo funzioni. « Wingàrdium Leviòsa! »
Lo spioscopio, in cime, è silenzioso, e per il momento sembra non succedere nulla. Si guarda intorno, con la bacchetta che stringe la mano destra pronta ad agire nel caso in cui lo spioscopio -se davvero di uno spioscopio si tratta- comincerebbe a girare. Si guarda intorno, parando le spalle a Camille -è alle spalle che deve guardare o alla colonna?- e alternando occhiate alla colonna stessa, seguendo la traiettoria della bacchetta di Camille stessa che fa volare l`oggetto verso l`alto. (…) «se è davvero uno spioscopio me lo intasco» (…) «Cam… Andiamocene di qui il prima possibile» e se è solo uno spioscopio, ovviamente, prima di fuggire se lo prende tra le mani. E` sempre utile.
(LILITH e CAMILLE) Lo spioscopio trovato dalla squadra serpe sembra veramente essere solo uno spioscopio. Quando Camille lo fa levitare, quello levita docilmente. Resta fermo per tutto il tempo, senza indicare alcun pericolo. Quindi Lilith sarà in grado di intascarselo senza danni apparenti e proseguire oltre.
«Cam… lo reggi un po` anche tu?» accetta un`amica codarda e fifona Cam, dai. E difatti, quelli che farebbe mentre cammina andando avanti proprio per il sentiero e costeggiando il bosco, è passare quello spioscopio all`amica, osservandone qualsiasi minimo cambiamento. (…) «Se non ti ispira puoi anche buttarlo. A me sembra strano abbiano lasciato uno spioscopio in giro per il percorso»
« Uhm… Tutto qui? » Lo spioscopio parte in aria e sono le mani di Camille ad afferrarlo ora. E` così che proseguiranno il tragitto, continuando a passarsi da una mano all`altra, da una serpe all`altra quello spioscopio che, nei loro occhi, non è visto bene. « Tuo turno! » pronta a rilanciarlo all`altra.
(LILITH e CAMILLE) Il povero spioscopio non voluto passa di mano in mano senza far male a nessuno, ma ad un certo punto inizia ad illuminarsi, lampeggiare e girare su sé stesso. Starà per esplodere? Starà indicando alle due un pericolo imminente? SKREEK! Un lampo di luce rossa esplode dietro alle due serpeverde facendole balzare in aria e rischiando di farle finire stese lunghe a terra. Non è stato lo spioscopio, no. Su una roccia poco lontano, proveniente dal bosco, si erge un esserino non identificato, basso più o meno 150 cm, vestito tutto di pelliccia e ossa e zanne di vari animali. Indossa per maschera il teschio di un cervo con tanto di corna a palco parecchio inquietanti, che lo rendono alto quanto un essere umano. L`essere inquietante non sembra emettere nessun giudizio. Le guarda, porta avanti le dita e le schiocca e WHAAM! Altra esplosione e altri detriti lanciati contro le ragazzine. Ora sì che avete un degno avversario.
« Lilith, guardalo! » sempre in direzione dello spioscopio. « PORCO BOLIDE » (…) Ed è così che andrà a concentrarsi su una corda spessa e forte, di un colorito marrone chiaro, ma dalle sfumature più scure nei nodi di quest`ultima. Spessa di circa cinque centimetri. Immagina che queste vadano a stringere il corpo di quello che si trova davanti. Sperando che si tratti davvero di un essere umano. O qualcosa del genere. Da bloccarlo con questa corda. La bacchetta puntata contro, il polso va ad eseguire una rotazione disegnando in aria un piccolo nodo, che in realtà nella sua immaginazione è piccolo sì, ma stretto e forte. « Incarceràmus! » Voce chiara, incanto scandito. Lilith aiutaci.
«Porco di un crup» (…) E` uno scudo, quello che la mente va ad immaginarsi, l`incantesimo che le ronza in testa sin da quando ha preso lo spioscopio in mano, qualcosa che è capace di proteggere sia lei che Camille ancor prima che il tizio schiocchi le dita per far volare roba contro di loro. «Scùtum!» (…) «Che diavolo è» (…) «Che diavolo sei»
(LILITH e CAMILLE) Lo strano essere inquietante non dice nulla né risponde ad alcuna domanda delle due ragazzine. Evita velocemente le corde, evocate con tanta bravura, schioccando semplicemente le dita e riapparendo dietro le spalle delle due ragazzine. Un altro schiocco di dita e il terreno sotto i loro piedi si apre e le incastra fino a metà busto. Lo scudo castato da Lilith serve a ben poco e l`essere è di nuovo pronto a schioccare le dita.
«Cammmm mi sta prendendo l`ansia» «siamo bloccate e questo tizio ci farà uscire dalla gara madonna ma che bolidaccio è» «Se è davvero un elfo domestico la prossima volta che ne vedo uno ad Hogwarts lo friggo» è quello che mormora a bassa voce, andando poi a togliersi… l`elastico. Eeeeh, che pensavate. E lanciarglielo. «Sei libero? Sei un elfo libero!» «Sei un elfo libero eeee vattene?» «Per favore, puoi andartene?»
Il guanto di lana entra in scena. Viene lanciato in aria, verso quella persona/bestia/chissà che cosa. Magari è un elfo. « LIBERO, LIBERO, SEI LIBERO! » Nel frattempo la bacchetta viene rivolta verso il basso. Ha in mente una consistenza morbida e soffice, proprio come del cotone. Quello che va ad immaginare è che quella parte di terreno nel quale sono sprofondate e nel quale si ritrovano incastrate cambi materia trasformandosi in una nuvoletta di cotone. In pratica tanto cotone soffice sotto i loro piedi, sulle loro cosce e sul loro busto, in modo da avere una facilità morbida e veloce nell`uscire da lì. Il polso esegue un movimento mentre con la bacchetta crea una spirare nel verso orario dell`orologio. « Plansmùto! »
(LILITH e CAMILLE) Ingegnoso il tentativo di Lilith, ma un elastico può valere come indumento? Comunque sia, mentre glielo lancia la sfiga vuole che una folata di vento glielo ributti addosso. Il guanto di Camille invece lo raggiunge ma la creatura sembra impassibile. Sta per schioccare di nuovo le dita proprio quando la ragazzina sta per fare il suo incantesimo, ma….
Il profondo suono di un corno risuona per tutta quanta la valle, facendosi sentire in ogni angolino, anfratto, caverna o sottobosco di Rhun Island. È il segnale che il primo turno del torneo è concluso. I piccoli hanno finito, è ora che lascino i loro progressi - o regressi - in mano a quelli più grandi.
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tricotilla-blog · 8 years ago
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Tra le sue braccia
Mi guardo attorno e ancora non mi sembra possibile di essere qui. Mi guardo attorno e vedo solo centinaia di persone che mi passano accanto veloci e senza neppure sfiorarmi. A guardarli bene, sembra che camminino su dei binari immaginari tanta è la loro abilità nell'evitare di urtarsi a vicenda. Mi guardo attorno e mi rendo conto di essere davvero a New York. La Grand Central Station mi appare in tutto il suo splendore: il soffitto a volta decorato con una mappa stellare, le grandi vetrate laterali, l'enorme bandiera a stelle e strisce che scende dal soffitto a testimoniare l'orgoglio americano ferito dagli attentati dell'undici settembre, il punto informazioni, forse, più caratteristico al mondo riconoscibile dall'orologio a quattro facce che lo sovrasta e che adesso segna le nove del mattino. Appena le nove del mattino e lei è già un pulsare di visi, occhi, voci, idiomi, colori, profumi che si mescolano fra loro perfettamente. Mi guardo attorno e lo vedo venirmi incontro con i biglietti della metro tra le mani. Abbiamo deciso di venire a New York per prenderci una pausa da tutti i nostri giorni; per dare finalmente alla nostra favola tutto quello che si merita. Prendiamo la metro, destinazione Columbus Circle. L'albergo scelto si chiama Mandarin Hotel, nellUpper West Side. L'abbiamo scelto per il nome - ci sembrava simpatico - e ovviamente per la posizione: quarantotto suite panoramiche che si affacciano su Central Park e sullo skyline di Manhattan. In questo periodo dell'anno uno dei motivi per cui vale la pena venire a New York è proprio Central Park o come lo chiamano i newyorchesi "Il Giardino della Città". È impossibile non rimanerne estasiati perché il verde delle foglie sugli alberi si trasforma in mille gradazioni di giallo, arancio, rosso fino ad arrivare al marrone più intenso. Oggi l'aria è fredda tanto quanto basta per stare all'aperto senza congelare, così decidiamo di sfidare il vento dell'ottantaseiesimo piano dell'Empire State Building. Ci incamminiamo sulla strada per eccellenza di questa città, la Fifth Avenue, fino all'incrocio con la trentaquattresima. Mentre camminiamo, sfilano davanti ai nostri occhi le più importanti marche del lusso italiano. Il traffico di pedoni sul marciapiede sfida quello delle auto sulla strada ed è solo quando i semafori segnano il rosso e tutto si ferma che ci si rende veramente conto della quantità di taxi presenti; una flotta di yellow-cab pronta ad esaudire ogni tua voglia di spostamento. Senza neppure rendercene conto arriviamo a destinazione e sul marciapiede la coda di gente in attesa di salire è già lunga ma tra baci, carezze e risate complici per noi il tempo passa in fretta e in ascensore, a oltre trecentosessanta metri al minuto, ci ritroviamo catapultati sulla terrazza panoramica. E lì, con il vento gelido che ti accarezza la faccia e ti fa lacrimare gli occhi, il cuore si ferma e perde momentaneamente il battito tanta è la bellezza del panorama. In effetti, non si distingue con precisione il momento esatto in cui le lacrime scese per il freddo, lasciano il posto a quelle provocate dall'emozione. Tant'è, che sono necessari alcuni secondi per rendersi veramente conto di essere sul tetto del mondo. Sarà stato il freddo pungente o la scarica di emozioni vissute, il fatto è che abbiamo bisogno di una pausa. Proseguiamo lungo la Fifth Avenue e arriviamo all'incrocio con la quattordicesima, la imbocchiamo e ci dirigiamo verso il Greenwich Village. Qui il ritmo rallenta, agli angoli delle strade è facile trovare cafe', negozietti tipici e piccole botteghe. Ci fermiamo al "Cuba", un ristorante che offre cucina cubana. Il bello di essere a New York è che puoi trovare tutto ciò che vuoi; anche un quartiere stile europeo dove mangiare un ottimo aijaco, tipico piatto nazionale cubano. Usciti dal locale, prendiamo la linea rossa della metro e da Christopher Street-Sheridan Square con sole cinque fermate siamo a Times Square. Se sull'Empire si ha l'impressione di essere sul tetto del mondo, a Times Square ci si sente al centro. Un centro fatto di mille luci colorate accese giorno e notte, schermi LCD perennemente in funzione attaccati alle pareti dei grattacieli come fossero quadri in una stanza. All'inizio si rimane storditi perché non si sa da che parte guardare; c'è troppo di tutto. Troppa luce persino di giorno, troppa gente sui marciapiedi, troppi negozi, Poi l'attenzione si concentra su ogni minimo dettaglio e tutto è perfettamente incastonato, come un puzzle a grandezza naturale. È qui che ogni Capodanno la famosa palla argentata cade dal tetto del One Times Square. È qui che le persone si lasciano alle spalle il passato ed entrano nel futuro scambiandosi un bacio. Ci scopriamo stanchi di tutto quel camminare, guardare, scoprire, rimanere a bocca aperta e senza fiato. Adesso abbiamo bisogno di noi. Sauna, palestra, spa, centro benessere e piscina coperta sono solo alcuni dei servizi offerti dall'albergo. Noi scegliamo l'ultima; una piscina all'ultimo piano completamente circondata da vetrate. Essendo la vigilia del giorno del ringraziamento, in molti si sono riversati nelle strade della Grande Mela a festeggiare. La troviamo quindi deserta e incredibilmente romantica. L'acqua è calda, le luci sono soffuse e incastonate nel bordo della vasca ci sono candele profumate che emanano nell'aria un dolcissimo profumo di vaniglia. Se non fosse la realtà, potrebbe somigliare alla scena di un film. E invece no. Siamo noi due, la nostra storia, il nostro amore ed è chiaro a entrambi che non abbiamo bisogno di niente di più. I giorni passano inesorabilmente. Me ne rendo conto ora più che mai mentre, seduta sul letto, lo osservo dormire sdraiato al mio fianco. La brezza sposta lentamente le tende bianche; sembra che danzino sulle note di una musica non udibile dall'orecchio umano. Lo osservo di nuovo. Si muove lento tra le lenzuola e con gli occhi chiusi allunga la mano, cercandomi. Io mi lascio trovare. Anche oggi è una bellissima giornata di sole e la temperatura è perfetta per godersi una colazione tipicamente americana in terrazza. "Ti sei divertita ieri sera?" mi chiede portandosi alla bocca un muffin al cioccolato. Lo guardo sorridendo perchè so a quale parte della serata si sta riferendo. Il suo smoking nero, il mio vestito da sera con lo strascico, la Boheme, i suoi incredibili costumi, il suo magico allestimento, il Metropolitan Opera House, le sue splendide scalinate di marmo, i chilometri di tappeti rossi, i raffinati lampadari di cristallo che vengono sollevati fino al soffitto poco prima di ogni spettacolo. Mi risveglia il suono della sua voce. "Secondo te dove vanno?" mi chiede sorridendo con malizia. Lungo la strada per l'albergo, passeggiando nella zona sud di Central Park, abbiamo cominciato a parlare di libri e ci è venuto naturale pensare entrambi a "Il Giovane Holden". E proprio come il suo protagonista ci siamo chiesti dove andassero le anatre quando d'inverno il lago gela. La fantasia ci ha portato, con loro, in luoghi immaginari. La mattina seguente è trascorsa tranquilla a spasso tra i musei e nel pomeriggio abbiamo deciso di fermarci a mangiare al Brooklyn Bridge Park. Ci ha fatto compagnia una vista mozzafiato del ponte di Brooklyn e abbiamo percorso a piedi i sentieri lungo le rive dell'Hudson godendoci l'ennesima giornata di sole e di relax; in vista della serata che abbiamo deciso di dedicarci. "Cielo Club". Meat Packing District. Atmosfera accogliente, ottima musica e fiumi di champagne hanno fatto da cornice alla nostra ultima serata. Ed eccoci qui. Abbiamo cercato di esorcizzare il momento con ogni mezzo ma inesorabile ce lo siamo trovati davanti. Ci incamminiamo verso i binari e aspettiamo con lo sguardo perso nel vuoto, il treno che ci porterà all'aeroporto e infine a casa. Non abbiamo il coraggio di dire nulla forse per la paura di sciupare tutto quello che abbiamo vissuto insieme. So che anche lui vorrebbe che il tempo si fermasse adesso. Siamo risvegliati dal passaggio di un treno. È stato un attimo. Come quando ricevi una scossa improvvisa, hai un brivido, ti si accende un'idea nella testa. In quel preciso istante il silenzio che ci stava circondando è stato rotto magicamente, come fosse un incantesimo, da una sola parola: "facciamolo!". Sono passati mesi da quel momento e come se fosse lo strano scherzo del destino, oggi, ci ritroviamo ancora sulle scale mobili di una stazione metropolitana newyorchese. Quella sera, guardandoci, abbiamo capito che non potevamo lasciare che finisse tutto così; come termina una qualsiasi vacanza. Non potevamo tornare a casa come se nulla fosse successo. Volevamo che ogni dettaglio diventasse la nostra quotidianità e abbiamo deciso di rimanere per sempre. Per sempre New York. Per sempre insieme. Per sempre noi tre. Guardiamo oltre la grande vetrata, sta nevicando. Mi stringe tenendomi stretta tra le sue braccia e la sua mano si appoggia leggera sulla mia pancia. Siamo un incastro perfetto. Una sensazione unica. In momenti come questo ti rendi conto che basta poco per essere felici.
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cento40battute · 5 years ago
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Inizia la riapertura di hotel; ricominciamo a vivere open air
Una piccola selezione di indirizzi da nord a sud. Per una breve vacanza che ci faccia rifiorire
Ogni regione italiana si sta attrezzando per tornare a una nuova normalità. Di giorno in giorno aumenta la riapertura di strutture alberghiere; l’ospitalità si attrezza per permetterci di prenderci una pausa da quanto accaduto in questi mesi.
Alto Adige – Il respiro della montagna
Val Passiria: boschi e prati silenziosi, sentieri da percorrere in bicicletta, la natura che calma. Come base l’hotel Stroblhof, disponibile dal 20 giugno con tre piscine esterne e i suoi accompagnatori per le attività active.
Oltre alla sanificazione giornaliera a ozono delle aree comuni, l’hotel ha modificato l’area buffet, ampliandola e dotandola di personale che servirà con protezioni piatti e porzioni scelte. La maggior parte dei piatti verrà portata al tavolo; sale da pranzo e bar sono stati ampliati per garantire la distanza fra i tavoli.
Lo stile architettonico dello Stroblhof è contemporaneo, il vetro non crea barriere visive fra uomo e natura. La Skypool all’ultimo piano – riservata agli over 16 – permette di galleggiare ammirando la valle dall’alto; la Silent Pool ha un gioco di specchi sul soffitto; la piscina Family è riservata ai bambini, con dondoli per il relax e sauna trasparente per i genitori.
Nella Spa le cabine hanno luce naturale; particolare il trattamento alla quarzite argentea dalle proprietà energizzanti.
In un colpo d’occhio: 115 camere, ristorante, due bar, 2 piscine interne e 3 esterne, tre saune, due bagni di vapore, nove cabine trattamenti, palestra, parcheggio. Gratuitamente: shuttle, escursioni accompagnate, tennis, 40 mountain bike, miniclub.
www.stroblhof.com
Veneto – Passeggiate e degustazioni di vino
Tra Padova, i colli Euganei e la laguna di Venezia sorge una proprietà dove oltre 600 ettari di terreno narrano 1000 anni di storia.
Racchiuso da mura cinquecentesche, si trova il complesso monumentale, cuore del Dominio di Bagnoli: Villa Widmann Borletti, i giardini, gli antichi granai, la Cantina benedettina, il Brolo con le vigne e il laghetto, e l’agriturismo, ricavato da quelle che un tempo erano le scuderie. 
3 appartamenti ricreano l’atmosfera di una casa di campagna; ognuno dotato di due camere da letto con bagno privato, cucina e area living. Gli ospiti trovano in casa alcuni prodotti locali e nel giardino le biciclette per visitare la tenuta.
Le giornate trascorrono a contatto con la natura, tra una passeggiata nel Brolo – il lungo viale di pioppi che apre la strada ai vigneti e al boschetto – yoga o fitness tra le vigne, bird watching, un barbecue o un pomeriggio a bordo piscina, visita dei giardini di Villa Widmann Borletti con la collezione di statue seicentesche che rappresentano i segni zodiacali.  
E quando arriva sera, degustazione nella Cantina, in primis del Friularo docg, rosso color rubino, ma anche di Merlot, Cabernet, Chardonnay, Sauvignon, Prosecco e Spumanti metodo classico.
www.ildominiodibagnoli.it 
Toscana – Stile Eco friendly in Maremma
Riapertura il 20 giugno per il resort che è stato eco friendly ante litteram: la proprietà svedese del Riva del Sole Resort & Spa ha sempre adottato le modalità sostenibili tipiche del Nord Europa.
Hotel e residence sono incastonati in 27 ettari di pineta e sono alimentati da energie rinnovabili. Il ristorante, dal nuovo restyling, amalgama il design alla tradizione toscana. Il centro wellness si sviluppa all’interno e all’esterno, in un alternarsi di piscine, aree relax, cabine per trattamenti con prodotti della linea Maria Galland.
Castiglione della Pescaia è un ottimo punto di partenza per scoprire la Maremma toscana: la Riserva Diaccia Botrona, le pinete del Tombolo, Roccamare e Poggio Ballone, il Santuario dei Cetacei, area marina protetta. Senza scordare i Castelli (come quello di Colonna), Torri (come Cala Galera, fortificazione costiera tra Castiglione della Pescaia e Punta Ala) e importanti aree archeologiche (Vetulonia).
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www.rivadelsole.it
Campania – A casa dai Cannavacciuolo
Nei luoghi da cui è cominciato il fortunato percorso dello chef bistellato, si può soggiornare nella casa di Antonino e Cinzia Cannavacciuolo, 6 camere affacciate sul Golfo di Sorrento.
PH Beatrice Pilotto
La coppia fa sentire celebrities anche gli ospiti, con la colazione servita nel proprio terrazzo, i letti king size e le vasche idromassaggio a sfioro presenti in ogni sistemazione.
Design Contemporaneo e Feng Shui sono il DNA di Laqua Charme & Boutique, dove dalla recente riapertura la purificazione avviene attraverso una tecnologia sviluppata dalla Nasa e sistemi bio allergy free.
Un luogo intimo e raccolto in una zona splendida del Belpaese, ideale per scoprire Positano, Amalfi, Ravello. E al ritorno rilassarsi nel centro benessere, nella vasca con acqua salina a 34° o nella sala massaggi.
PH Beatrice Pilotto
www.laquaspasorrento.it
Calabria – Mare e tanti sapori
C’è una tavolozza di colori e sapori in questa proposta: quelli della collina, del mare che dista sette chilometri, quella della cittadina di Pizzo di Calabria, famosa per il gelato e il tonno, quella dei frutti succosi che gli ospiti del Popilia Country Resort possono cogliere direttamente.
Affacciato sul Golfo di Sant’Eufemia, a un’altezza di 350 metri, il complesso che ha annunciato la riapertura in giugno offre 16 camere e 25 cottage di varie metrature, ristorante con specialità calabresi di mare e di terra, campi da tennis.
Percorso vita con postazioni nel verde, jogging in libertà, minigolf: sono tante le opzioni per vivere all’aperto, ritrovare energia e salute. La Spa offre vari rituali di benessere fra cui uno dedicato specificatamente alle donne, con massaggio anti età olio d’oliva di Calabria ed esfoliante corpo con sale marino e arancio amaro.
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www.popiliaresort.it
Luisella Colombo
Giugno, rinascere in Italia Inizia la riapertura di hotel; ricominciamo a vivere open air Una piccola selezione di indirizzi da nord a sud.
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pangeanews · 5 years ago
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“E cos’è la vita se non un cabaret dove lacrime e risa sono un’unica onda?”. Il giovane Nabokov, l’anima russa e la magia dell’arte che trae meraviglia dalle cose semplici
Mi incanta la prosa degli autori alle prime armi. Ora questa raccolta di Nabokov saggista, Think, write, speak (ne avete letto qui) mi sfida.
*
Nabokov ha 24 anni quando compone su tre fogli il saggio che mi interessa. S’intitola Risata e sogno. Il nostro eroe aveva tradotto a 23 anni Alice nel Paese delle meraviglie. A 22 si era divertito invece con la prosa ‘da gnorri’ di Romain Rolland, un precursore di Terzani.
*
Due incisi rapidissimi. Primo. Nabokov maturo sarà altra cosa: poche traduzioni, poche poesie in confronto ai suoi vent’anni. Mentre da giovane leggeva in lingua, si snervava per lo stile orrendo di Stendhal e componeva poesie a pioggia. Secondo. C’è una crasi tra Nabokov giovane e la sua versione matura? Esiste una linea di sutura interna al suo periodo russo, invece della consueta metamorfosi impostagli dell’emigrazione in USA?
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Ma cos’è maturità? È tutto, come voleva Shakespeare? Ripeness is all? È quindi è tutto qui?
*
Il filologo ci direbbe ora che dal saggio giovanile Risata e sogni al romanzo adulto di dieci anni dopo, Kamera obscura, poi passato in inglese come Una risata nel buio, il passo è lungo. Io tendo a credere invece che nel suo pezzo giovanile siano i germi e i batteri di quel che sarà dopo. E quindi dal saggio giovanile si arriva dritti dritti alla prosa poetica di Lolita. La trama è sempre quella…
*
Ogni pezzo giovanile è macchiato: anche se l’autore è di ottima famiglia, come il conte Vladimir, c’è comunque sempre un alito di fastidio nella prosa dello scrittore as a young man. Un tentativo di capire. Di andare per le spicce.
*
In conclusione, consigli per il lettore giovane di Nabokov: andare in una città hipster come Firenze – portarsi in un posto dove la gente legga veramente tanto – prendere un blocco di romanzi di Nabokov in biblioteca e uscirne con questa sporta sotto braccio come se si arrivasse da una macelleria – sentire una voce da Cuba, dal Cile o dall’Asia – cominciare a scrivere. (Andrea Bianchi)
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Vladimir Nabokov, Risata e sogno
Arte è meraviglia permanente, una magia col trucco per mettere insieme due e due e farne un cinque, o un milione, o magari farne uno di quei numeri giganti e voraci che danno la caccia alla mente e la intimoriscono fino al delirio distorsivo dell’incubo matematico. L’arte afferra con foga le cose semplici del mondo e le mescola per farne forme meravigliose, le imbeve di colori, ricava Madonne dalle fioraie fiorentine e trasforma in grandi sinfonie i tenui canti degli uccelli e dei ruscelletti. Le parole di uso comune, i nostri piccoli sogni e le preoccupazioni divengono qualcosa di magico sul palco quando l’arte, la magia favolistica, dà un tocco di rosso alle labbra della nostra vita. Chè l’arte sa che non v’è nulla di semplicissimo, nulla né di assurdo né di orribile che non possa sotto una certa luce scivolare e finire dentro la bellezza, e l’arte russa tra le altre è stata particolarmente abile da questo punto di vista.
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Quando mi esprimo così non penso a gente come Gogol’, quel genio del grottesco che era in grado di trovare il segreto della commedia sublime nella pozza di fango di un piccolo borgo depresso o nelle fattezze dei chierici di provincia che hanno urgenza di flatulenze; né penso alle passeggiate oscure di Dostoevskij attraverso i reami del distorto e della follia. Vorrei parlare, invece, di un palco che sta a mezzo di queste vicende.
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L’animo russo è ricco del potere di insufflare vita nelle varie forme d’arte che trova nelle altre nazioni; andò così col cabaret francese (un rendez-vous di poeti, attori e artisti), senza perder nulla della sua leggerezza e del suo tocco brillante. Ma nel far ciò il cabaret prese un netto sapore russo. Il folklore, le canzoni e i giocattoli altrui furono richiamati a nuova vita producendo l’effetto delle curve a lacca e di quei sentieri arricchiti di colori che sono associati, nei miei pensieri, col primo blu del giorno primaverile russo. Ricordo bene quei giorni e quella fiera lieta, Verba, simbolo vivente della felicità tremolante della nostra terra. Cumuli umidi di batuffoli, carpinifolia non ancora bionda ma color grigio perla e intagliata nel colore insalubre della campagna; tutto poi era portato in città e venduto lungo i boulevard, in file doppie di stand in legno allestiti per l’occasione. Lì circolava un flusso infinito di gente che comprava e il rosso porpora brillante e appiattito del fango sotto i loro piedi era riverberato dai coriandoli che la gente lanciava per aria. Venditori in grembiule urlano i loro prezzi – indiavolati in stretti abiti di cotone tutti rattoppati come scudi da far leggere al cartomante.
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Ancora, rivedo palloncini rossi sformati che si sgonfiano e poi tubi di vetro riempiti di alcol colorati dove danzano i diavoletti come fossero in una bottiglia verde dove la membrana di gomma indiana venga schiacciata sul suo fondo. E agli stand, sotto il drip drip delle betulle marrone sprizza il sole di marzo e altre merci ancora sono esposte, creme di wafer e dolcezze europee, pesci dorati e canarini, crisantemi artificiali e scoiattoli di stoffa, maglietti di fine tessuto, fusciacche e bandane, armoniche e balalaiche e giocattoli, giocattoli e ancora giocattoli. Tra i miei preferiti c’era un set con una dozzina di baba, di donne del popolo, ognuna di un goccio più piccola della prossima e incastrata dentro l’altra così che stavano bene tutte insieme.
Amavo moltissimo un giocattolo fatto di due personaggi intagliati, un orso e un contadino. Erano fatti per andar l’uno contro l’altro quando fosse azionata un’incudine di legno. E c’erano anche figure eccentriche dipinte a colori vivaci, con piccole figure a rilievo sui fianchi, ed erano in piombo e pesanti sicché non c’era nessuna mano in grado di farle giacere su un fianco – sempre si sarebbero ributtate verso l’alto con un’energica oscillazione… e in mezzo a questi rollii c’era un liscio cielo blu e tetti bagnati che riverberavano come specchi e il ding dong dorato delle campane di chiesa che si mischiava con le grida della fiera…
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Questo mondo di giocattoli, colori e risate, o per meglio dire l’impressione condensata di quel mondo, è stata magicamente rivissuta sul palco dei cabaret francesi. Ho parlato di Verba solo per mostrare quel che intendo quando parlo di ‘romanzare’ nel folklore russo il quale è espresso da questi giocattoli in legno, brillanti e ben piallati. Questi giocattoli sono stati creati per vivere e danzare sul palco. L’arte ha aperto loro l’anima stessa delle splendenti sfumature di un tramonto. Ma questo non è tutto. V’è infatti un’altra bellezza profonda, un altro incanto dentro la Russia…  Infatti il cabaret è essenzialmente una varietà artistica, un’espressione di altri modi e temperamenti, di risata e sogno, di brillar di sole e foschia e questo tipo di bellezza è stata lei pure resa dall’arte. Ché se i colbacchi russi e le cupole sono meravigliosamente colorati in tinte brillanti c’è infatti anche un altro lato dell’anima russa espressa da Levitan in pittura e da Puskin (e altri) in poesia. Ed è quel triste e nebbioso movimento d’anche, destra sinistra destra sinistra, tipico dei canti nazionali, “i più teneri sulla terra”, per usare le parole del poeta inglese. Suonano, quei canti, lungo strade deserte al tramonto sulle rive di fiumi enormi. A questo si aggiunge lo strano charme della pallida luce nordica che schiocca come un fantasma attraverso la città, anch’essa fantasma.
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Forse più giù ancora v’è un’intensità mistica in questo amore da viandanti. L’amore zingaro.
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Perciò allo spettatore viene da ridere e sognare. Una cosa e l’altra. Soldatini in legno, bambole dalle facce arrossate, muzik valorosi che sembrano dei samovar con la barba scorrono danzando davanti ai nostri occhi e infine questo intero romanzo dalla faccia pallida passa come un vento cantando di notti insonni e terre lontane. E cos’è la vita stessa se non un cabaret dove lacrime e risa sono un’unica onda di magnifici tessuti multicolori?
Vladimir Nabokov 
*traduzione di Andrea Bianchi 
L'articolo “E cos’è la vita se non un cabaret dove lacrime e risa sono un’unica onda?”. Il giovane Nabokov, l’anima russa e la magia dell’arte che trae meraviglia dalle cose semplici proviene da Pangea.
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tmnotizie · 6 years ago
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ANCONA – Gli eventi in calendario da domani martedì 27 agosto a giovedì 29 agosto
MARTEDI 27 AGOSTO
al Cinema ITALIA – c.so Carlo Alberto
per la rassegna TROPICITTA’ – ore 21,30 proiezione del film  BOHEMIAN RHAPSODY
ingresso € 6,50 ridotti € 5,00
VARANO – 45° FESTIVAL del DIALETTO – rassegna teatrale dialettale marchigiana
ore 18,30 apericena con i produttori di vini locali
ore 20,00 VARANO CANTA concorso canoro
ore 21,30 COLPA DE LI BROCCOLI E DELL’AMOR-commedia brillante in due atti di Loredana Cont  compagnia NUOVA CAPPELLETTE – Porto San Giorgio (FM)
MERCOLEDI 28 AGOSTO
al Cinema ITALIA – c.so Carlo Alberto
per la rassegna TROPICITTA’–ore 21,30 proiezione del film REX – UN CUCCIOLO A PALAZZO 
Ingresso € 6,50 ridotti € 5,00
per la rassegna NEL RAGGIO DELLA MUSICA Note all’alba e sotto le stelle
CHIESETTA DI PORTONOVO
ORE 19,00 Concerto al tramonto NOTE DAL MARE
Margherita Scafidi arpa, Silvia Badaloni violino, Rosetta Martellini voce recitante
INGRESSO LIBERO
VARANO – 45° FESTIVAL del DIALETTO – rassegna teatrale dialettale marchigiana
ore 18,30 apericena con i produttori di vini locali
ore 20,00 VARANO CANTA concorso canoro
ore 21,30 PIGIAMA PER SEI – commedia brillante in due atti di Marc Camoletti – regia E. Forti            compagnia GLI AMICI DEL TEATRO – Loro Piceno (MC)
FESTIVAL ADRIATICO MEDITERRANEO
ore 18,00 Parco CITTADELLA – c/o il Segretariato iniziativa Adriatico Ionica
                consegna del premio ADRIATICO MEDITERRANEO a Enzo Avitabile
ore 19,00 LA MOLE – Foyer Auditorium Orfeo Tamburi
                presentazione della GUIDA LONELY PLANET ALBANIA
                 con Silvia Castelli e Piero Pasini- in collaborazione con UlisseFest
ore 21,00 LA MOLE – Corte
                CONCERTO ARSENE DUEVI / ENZO AVITABILE
                in collaborazione con AMAT
www.adriaticomediterraneo.eu   – infoline 370-3557877
NOI IN GIOCO PER LA MACROREGIONE ADRIATICO IONICA
campo comunale “A. Caldaroni” – Aspio –     dalle 18,30  GIRONE 1
campo federale “G. Paolinelli”  – Baraccola – dalle 18,30 GIRONE 2
GIOVEDI 29 AGOSTO
VARANO – 45° FESTIVAL del DIALETTO – rassegna teatrale dialettale marchigiana
ore 18,30 apericena con i produttori di vini locali
ore 20,00 VARANO CANTA concorso canoro
ore 21,30 CHI PE’ RIFFE, CHI  PE’ RAFFE  – di Emanuela Corsetti – regia Fabio Ragni                compagnia Ass. Culturale SIPARIO – JESI (An)
CANDIA – FESTA DEL COVO
ORE 19,30 Apertura stands gastronomici
ore 21,30 serata latina con “KASINO LATINO”
FESTIVAL ADRIATICO MEDITERRANEO
ore 06,00 Scalinata del PASSETTO
                CARLO MAVER in concerto
ore 17,00 LA MOLE – Sala Boxe
                “La voce degli altri: alle origini dell’Europa” con Ivano Dionigi – docente Letteratura Latina
                   a cura dell’Associazione Italiana Cultura classica
ore 17,00 Libreria FELTRINELLI
                  “Come tradurre la neve. Tre sentieri nei Balcani”. Presentazione del libro di Maria Grazia Calandrone, Alessandro Anil, Franca Mancinelli ore 18,00 c/o sede Autorità Portuale – Sala Marconi  per “Dialoghi a due sponde. Idee per la macroregione Adriatico Ionica”.
                 PORTI E TRASPORTI
                 con Zeno D’Agostino, Presidente Autorità di sistema Portuale Adriatico Orientale, e
                  Rodolfo Giampieri, Presidente Autorità di sistema Portuale dell’Adriatico Centrale
ore 19,00 LA MOLE – Sala Boxe
                MIGRAZIONI: LA ROTTA BALCANICA
                incontro con Massimo Moratti, vice direttore ufficio Regionale AMNESTY INTERNATIONAL
ore 21,00 LA MOLE – Corte
                 Concerto PIPO ROMERO TRIO
                 Jose Maria Romero Gajete, chitarra; Israel Mera Rodriguez, percussioni; Alexis Maxime
                  Lefevre, violino                       in collaborazione con AMAT
 www.adriaticomediterraneo.eu   – infoline 370-3557877
PASSETTO
NOI IN GIOCO PER LA MACROREGIONE ADRIATICO IONICA
ore 21,00 incontrarsi tra calcio e spettacolo di fronte ad un mare che unisce
campo Federale “G. Paolinelli” – Baraccola
dalle ore 16,00 le classificate di ogni girone disputeranno le finali
dal 25 al 31 agosto a 800 anni dalla partenza di San Francesco dal porto di Ancona, la Pastorale Giovanile Ancona-Osimo e l’Arcidiocesi di Ancona-Osimo organizzano Sulle orme di Francesco – cammino rivolto ai giovani dai 16 ai 30 anni. tappe: valleremita (Fabriano)– Staffolo- Filottrano-Osimo- Numana-Sirolo – ANCONA – Assisi (in pullman)
E..STATE IN BUS      fino al 1 settembre; 7-8 settembre e 14-15 settembre
per PORTONOVO    linea 93  e linea 94:  30 corse/giorno
                                     NAVETTA di COLLEGAMENTO FERMATA 93 – BAIA sempre gratuita
per PALOMBINA      LINEA A –  LINEA B – LINEA C – LINEA J : 70 corse/giorno
integrazione scontata dell’abbonamento scolastico per periodo estivo: -40€
per il PASSETTO     linea 91 – linea  92 – CS – Linea ¼:  oltre 100 corse/giorno
biglietto integrato bus + ascensore a 3€ per andata e ritorno
numero verde 800218820       www.conerobus.it        www.atmaancona.it
MOSTRE
dal 7 agosto all’8 settembre
PINACOTECA “francesco Podesti” e Galleria d’Arte Moderna- vicolo Foschi 4
mostra personale di CLAUDIO MONTECUCCO  “LEGGERE”
orari: martedi, mercoledi, giovedi 17-20 /  venerdi 10-20 /  sabato e domenica 10-13 17-20
ingresso intero 6€
c/o INFORMAGIOVANI – PIAZZA ROMA
fino al 30 AGOSTO “PERCHE’ PARTIRE” – mostra fotografica dell’autrice Michela Verdenelli – reportage sulle motivazioni delle partenze dall’Africa subsahariana verso l’europa
orari: lunedi e martedi  9,30-13,00  / 16,00-19,00
mercoledi e venerdi 9,30-13,00     / giovedi 10,00-18,00
MUSEO TATTILE STATALE OMERO – MOLE VANVITELLIANA
FINO AL 1° SETTEMBRE –  RABARAMA e i giovani artisti
ingresso libero –  orario luglio e agosto: dal martedi al giovedi e sabato 17-20.                                                            venerdi, domenica e festivi 10-13 e 17-20. tel. 071-2811935    [email protected]     www.museoomero.it
per la rassegna SCRIGNI SACRI – Le meraviglie dell’arte – VII edizione
MUSEO DIOCESANO “Mons. Cesare Recanatini”  – piazzale Duomo –
aperto con visite guidate GRATUITE tutti i venerdi ore 10-17, oltre a tutti i sabati e le domeniche (ore 10-12,30 e 16-19)
info: 320 8773610  www.museodiocesanoancona.it   [email protected]
fino al 22 novembre aperture straordinarie delle seguenti chiese:
chiesa di Santa Maria della Piazza: da sabato a giovedi ore 10-12 e 16-18 venerdi ore 10-18
chiesa dei SS. Pellegrino e Teresa (conosciuta come degli Scalzi): da sabato a giovedi ore 7,30-11, venerdi ore 7,30-15,30
ESTATE IN MOVIMENTO 2019
Il Comune di Ancona e la UISP propongono una serie di attività gratuite all’aria aperta che si svolgeranno dal 1 giugno al 30 settembre nei parchi cittadini:
PARCO CITTADELLA
TAI CHI – lunedi dalle ore 18,00 alle ore 19,00
YOGA – martedi dalle 9,00 alle 10,00
1 KM IN SALUTE – martedi dalel 18,00 alle 19,00
GINNASTICA DOLCE – martedi dalle 19,00 alle 20,00
NORDIK WALKING – giovedi dalle 8,30 alle 9,30
PARCO BELVEDERE
YOGA- lunedi e giovedi dalle 9,00 alle 10,00
TAI CHI – lunedi dalle 10,00 alle 11,00 e il  mercoledi dalle 18,30 alle 19,30
PARCO DEGLI ULIVI
YOGA  – martedi dalle 18,00 alle 19,00
FORTE ALTAVILLA
YOGA – mercoledi dalle 18,00 alle 19,00     
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