#STORIA DELL'ANTICA GRECIA
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greciaroma · 1 year ago
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GLI OCCHI DELLA GRECIA: LA CITTÀ STATO IONICA DI ATENE
GLI OCCHI DELLA GRECIA: LA CITTÀ STATO IONICA DI ATENE
Ad Atene, legislatori, come Solone (inizio VI sec. a.C.), responsabili dell'arbitrato dei conflitti, redigono leggi scritte, d'ora in poi applicabili a tutti (nomoi). Un passo fondamentale nello sviluppo dello Stato dell'antichità. Ma l'insufficienza di queste riforme diede vita ad una nuova formula politica, tutta transitoria: ad un tiranno fu affidata ogni autorità sulla polis. Questi regimi dispotici consentono spesso come a Pisistrato che governa da "buon cittadino", di riportare il gruppo sociale al suo equilibrio. Ma non sempre resistono ai problemi di successione, né alle resistenze dell'aristocrazia e soprattutto alla volontà dei cittadini di assumersi finalmente le proprie responsabilità politiche. Per cui saranno necessarie riforme più radicali come la rivoluzione di Clistene nel 510 a.C ...
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alessandro55 · 1 month ago
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La moda nei secoli
5000 anni di eleganza maschile e femminile
testo di Mila Contini, presentazione di Emilio Pucci
Mondadori, Milano 1965, 318 pagine, 21,5x30cm, legatura editoriale con sovraccopertina illustrata a colori
euro 30,00
email if you want to buy [email protected]
"Chi non vede nella moda altro che la moda è uno sciocco" diceva Balzac, e infatti, proprio attraverso le immagini di 5000 anni di eleganza, un intero arco di storia si svolge; attraverso quell'elemento imponderabile e indefinibile che è la moda, vediamo nascere e morire, affermarsi e decadere mondi e regni, popoli e nazioni. I personaggi ieratici e solenni dell'antica terra del Nilo, la grazia raffinata e solare della Grecia classica, il lusso sfrenato della Roma imperiale, la staticità orientale della sontuosa Bisanzio segnano le tappe che la civiltà sorta sulle rive del Mediterraneo ha percorso prima del Mille. E dal crogiuolo del Medio Evo nasce l'Europa, si afferma la civiltà comunale, le repubbliche marinare dominano i mercati d'Oriente, percorrono la favolosa via della seta e delle spezie, fiorisce poi splendido il Rinascimento. I commerci avevano introdotto e diffuso Fuso di preziosi broccati, dei velluti, delle sete e delle pellicce : l'abbigliamento diventa sontuoso, i copricapi si fanno immensi. Le corti europee imitano la raffinatezza e il gusto di Manto va, Urbino, Ferrara, Firenze. Poi l'impero di Carlo V si stende immenso, il cupo fasto della corte di Spagna soffoca la brillante vivacità d'Italia e di Francia e l'abito muta foggia irrigidendosi nelle stecche del vertugado e della go-lilla. Infine Luigi XIV, la corte di Versailles, la cultura di Francia soggiogano l'Europa intera, la moda dimentica la semplicità diventando stravagante e frivola anche negli abiti maschili. Il secolo nato con il Re Sole muore tra i bagliori della Rivoluzione francese, mentre già l'economia inglese è trasformata dalla rivoluzione delle macchine. Nuovi mezzi di produzione, nuovi mercati cambiano ancora il volto dell'Europa e la moda cambia se stessa; ripetendosi si rinnova. Le suggestioni del mondo classico, il mito della bellezza greca liberano la donna da corsetti e crinoline, che poi ritornano, più rigide e più ampie, imprigionando ancora una volta il corpo femminile, deformandolo con stecche e busti. Il nostro secolo vede la donna liberarsi dalle imposizioni; la moda esiste, ma non è più dettata dalle corti: la moda si piega alle esigenze della vita moderna. È una storia affascinante e suggestiva narrata in questo volume.
24/05/25
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laportastretta · 8 months ago
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Viaggio attraverso le Ere - parte 2
Ripercorriamo le tappe delle Ere astrologiche e soffermiamoci sull'Era dell'Ariete. Esiste un nesso profondo tra queste transizioni cosmiche e le radicali metamorfosi della coscienza umana. Non si tratta della consueta lezione di astrologia: circa 4000 anni fa, con l'avvento dell'Era dell'Ariete, si verificò un mutamento profondo non solo nelle strutture del mondo, ma anche nella comprensione che l'uomo aveva di sé e del proprio ruolo nell'universo. Analizziamo innanzitutto l'epoca precedente, l'Era del Toro, simbolo di stabilità, dedizione alla Dea, agricoltura e un’intima connessione con la Madre Terra, nutrice e sostegno per l'umanità. Con l'arrivo dell'Ariete, l'umanità inizia a muoversi con rapidità e impeto. Si può comprendere meglio questo cambiamento riflettendo sulla storia di Abramo, leader della prospera città di Ur, che decide di abbandonare la sicurezza taurina per intraprendere un viaggio ignoto, spinto dal coraggio pionieristico che caratterizza l'Era arietina.
Questo impulso si manifesta nell'esplorazione, nella conquista e nella lotta per affermare i propri ideali. Non a caso, in questo periodo emerge una marcata cultura guerriera, come dimostra l'Esodo degli israeliti dall'Egitto: un altro viaggio verso l'ignoto, guidato dalla fede. Il simbolismo dell'ariete è centrale e perdura, basti pensare allo shofar ebraico, il corno di capro usato durante le celebrazioni religiose, che richiama questa antica eredità.
L'Era dell'Ariete non si limitò a segnare un'epoca di conquiste fisiche e militari, ma vide anche l'affermazione dell'individuo, dell'eroe, che affronta lotte interiori e sfide personali per realizzare sé stesso. Ulisse è l'archetipo di questo viaggio eroico, combattendo contro ogni avversità per tornare a casa. L'ambizione e la conquista personale, caratteristiche proprie di questa fase, plasmarono profondamente l'umanità, non solo esteriormente ma anche interiormente. A questa espansione si accompagnarono nuove leggi, nuove strutture e una necessità di equilibrio: è qui che entra in gioco la Bilancia, opposto polare dell'Ariete, il cui influsso bilancia l'energia dinamica con l'ordine e la giustizia.
Mentre si sviluppa l'idea dell'eroe, assistiamo anche a una fioritura intellettuale e filosofica: i pensatori dell'antica Grecia, i profeti d'Israele, i rishi indiani iniziano a riflettere su questioni fondamentali riguardanti l’esistenza, la società e l'universo. Le loro idee gettano le basi per le concezioni che ci accompagnano ancora oggi. È interessante notare che, parallelamente all'emergere di queste nuove correnti di pensiero, la conoscenza spirituale comincia a diventare più esoterica e riservata. Perché questo bisogno di segretezza? Un'ipotesi è che anticipasse l'arrivo dell'Era dei Pesci, caratterizzata dal misticismo, dalla spiritualità celata e simbolica.
Nel periodo arietino, mentre l'umanità si spinge oltre i confini fisici e intellettuali, sorgono nuove sfide. Le conquiste non furono senza costo: l'ambizione, se non moderata, poteva portare a esiti distruttivi. Le stesse forze di progresso che avevano spinto in avanti questa era ne sancirono anche il declino. Questo solleva una domanda: stiamo forse ripetendo, nella nostra epoca, questi stessi eccessi? Nonostante ci troviamo in un'era differente, quelle antiche energie sono ancora presenti, alimentando la competizione, il successo individuale e persino la glorificazione della guerra, temi centrali nell'Era dell'Ariete.
Questi archetipi continuano a plasmare il nostro modo di agire, e dobbiamo chiederci se ciò che perseguiamo sia davvero benefico per noi stessi e per la collettività. Conoscere le Ere equivale a tenere in mano uno specchio cosmico e riflettere su ciò che vi vediamo riflesso. Solo così potremo costruire un futuro più equilibrato e sostenibile. Studiamoci e domandiamoci dove si manifesta, nelle nostre vite quotidiane, quell'energia arietina, e come possiamo incanalarla per il bene comune, non solo per noi stessi.
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personal-reporter · 2 years ago
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Esperienze indimenticabili: Itinerari turistici nella Regione Campania
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La Regione Campania, nel sud Italia, è una delle mete turistiche più belle d'Europa. La regione vanta una grande ricchezza storica, artistica, culturale e turistica, attrazioni naturali come la Costiera Amalfitana, il Vesuvio, il Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, le bellezze archeologiche di Pompei, Ercolano, Paestum, il centro storico di Napoli, tutte mete famose ed imperdibili per ogni viaggiatore che voglia scoprire il territorio campano. La Costiera Amalfitana è una delle mete turistiche più importanti della regione, un tratto di costa che si estende da Vietri sul Mare a Positano, nel cuore del golfo di Salerno. La Costiera è famosa per le sue spiagge, le sue calette nascoste, le sue case colorate e per la sua bellezza mozzafiato. Le tribù campane, i magici borghi del paesaggio e la cultura tradizionale fanno di questa terra unica al mondo, un luogo dove il tempo sembra essersi fermato. Gli olivi, i vigneti, i limoneti, i giardini fioriti e i profumi del mare e della natura rendono la Costiera Amalfitana un luogo indimenticabile. Per gli amanti della natura, la regione offre il Parco del Cilento e del Vallo di Diano, una delle rare bellezze naturali al mondo. Il parco è stato dichiarato Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO e comprende una serie di paesaggi meravigliosi, come il monte Cervati, le gole del fiume Calore, le spiagge di Palinuro e Marina di Camerota e le montagne che costituiscono l'entroterra cilentano. Nel parco si trovano inoltre numerose testimonianze storico-archeologiche, come i templi greci di Paestum, il Castello di Sanseverino e il Santuario di Gethsemane. Per gli appassionati di archeologia, la Campania offre numerosi siti che testimoniano la grande civiltà che si è sviluppata in questa regione, come Pompei, Ercolano e Paestum. Pompei, la città sepolta dal Vesuvio nel 79 d.C., è il sito archeologico più famoso al mondo, dove i visitatori possono ammirare lo stile di vita dei cittadini romani e gli affreschi, mosaici e architetture che ancora oggi affascinano chiunque li vedano. Anche Ercolano, un altro sito archeologico vicino a Pompei, è testimone di un ricco passato romano, che include ville, terme, porte e templi. Paestum, infine, è uno dei siti archeologici più celebri della Magna Grecia, dove i turisti possono ammirare i templi dell'Antica Grecia e le sue meravigliose statue. Infine, la città di Napoli rappresenta un must per ogni viaggiatore. La sua storia, i suoi vicoli, i suoi monumenti e la sua gastronomia fanno di Napoli un luogo unico al mondo. Il centro storico di Napoli, con le sue chiese, i suoi palazzi storici, i musei, rappresenta la vera essenza della città partenopea. La gastronomia napoletana, inoltre, è famosa in tutto il mondo per la sua pizza, i suoi spaghetti con le vongole, il suo peperone imbottito e la sua sfogliatella. Insomma, la regione Campania è una delle mete turistiche più belle e affascinanti del Mondo. Offre ai viaggiatori una grande varietà di paesaggi, monumenti storici, tradizioni e bellezze naturali che valgono la pena di essere scoperte almeno una volta nella vita. La regione inoltre, con tutte le sue peculiarità, rappresenta un luogo perfetto per la visita di intere famiglie, per coppie di innamorati, per amici alla ricerca di emozioni forti. Quindi, cosa aspetti? Scopriamo insieme le meraviglie della Campania. Fonti: https://www.costiera-amalfitana.it/ https://www.parcoantichimirabilia.it/parco-del-cilento-vallo-di-diano-e-alburni/ https://www.pompeiisites.org/ https://www.comune.napoli.it/ Fonte immagine: Di Carlo Pelagalli, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=52612424 Read the full article
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gregor-samsung · 5 years ago
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“ C'era in Pericle, secondo Plutarco, l'idea di una partecipazione di tutti al benessere generato dall'impero: se i giovani in età militare si arricchivano nelle campagne militari, la folla dei lavoratori non inquadrati nell'esercito non doveva rimanere esclusa dai profitti, né parteciparvi senza operare. E così fece passare in assemblea progetti grandiosi, la cui esecuzione «richiedeva molto tempo e molte categorie di artigiani»: in questo modo «i cittadini rimasti a casa godevano degli utili pubblici non meno degli equipaggi, delle guarnigioni, degli eserciti impegnati in campagne». E Plutarco soggiunge qui una descrizione impressionante del molteplice tipo di manodopera impegnata in questa ondata «rooseveltiana» di lavori pubblici: falegnami, scultori, fabbri, scalpellini, tintori, modellatori d'oro e d'avorio, pittori, arazzieri, intagliatori, a tacere delle categorie di lavoratori impegnati nell'importazione e trasporto delle materie prime, dagli armatori ai marinai, piloti, cordai, cuoiai, minatori ecc.; «ogni arte assunse il ruolo di uno stratego e sotto ciascuna, schierata in bell'ordine, vi era la massa dei manovali». L'originario progetto del Partenone, concepito da Callicrate, l'architetto legato a Cimone (il quale col bottino della battaglia dell'Eurimedonte aveva già fatto costruire il muro meridionale dell'acropoli), fu abbandonato, Callicrate congedato e il ruolo di costruttore capo affidato a Ictino, il quale — secondo Vitruvio — scrisse addirittura un trattato intorno alla costruzione del Partenone (De architectura, 7, pr. 16). Lazzi di comici (Cratino, fr. 300 Kock), sarcasmo di pamphlettisti, attacchi di politici non mancarono. Gli oratori «vicini a Tucidide di Melesia — scrive Plutarco — inveivano contro Pericle in assemblea sostenendo che sperperava il danaro pubblico e dissipava le entrate». La reazione di Pericle è emblematica. Chiese in assemblea, rivolgendosi a tutti, se davvero avesse speso molto. Tutti in coro risposero: «Moltissimo!», e Pericle: «Bene, sia tutto messo in conto a me, però le iscrizioni votive [quelle dove si indicava il nome del dedicante] le farò a mio nome» (Plutarco, Pericle, 14). La mossa ebbe l'effetto desiderato: Pericle fu autorizzato ad attingere senza remore alle casse statali, o perché — osserva Plutarco — fu ammirata la sua generosità, o forse perché il popolo non tollerava di non condividere con lui la gloria di quelle opere. “
Luciano Canfora, Il cittadino, saggio raccolto in:
AA. VV., L’uomo greco, a cura di Jean-Pierre Vernant, Laterza (collana Storia e Società), Roma-Bari, 1991¹; pp. 133-34.
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ilquadernodelgiallo · 4 years ago
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Naturalmente si deve accettare come presupposto l'esistenza di dispute tra psicologi cognitivi, filosofi della mente e neuroscienziati su cosa sia la coscienza. Il fatto che la suddetta domanda venga posta almeno dai tempi dell'antica Grecia e dai primi buddhisti indica che la specie umana presuppone, da un certo punto in poi, la propria coscienza, e che la coscienza ha un certo effetto sul nostro modo di vivere. Per Zapffe, l’effetto è «una violazione nell’unità della vita, un paradosso biologico, un abominio, un’assurdità, un’esagerazione di natura disastrosa. È la vita che oltrepassa il suo scopo, e lo fa a pezzi. Una specie è stata armata troppo pesantemente, da uno spirito onnipotente esterno a essa, ma ugualmente minaccioso per il suo benessere. La sua arma è come un gladio senza l’impugnatura o la lama, una spada a doppio taglio che fende qualsiasi cosa; chi la brandisce però deve afferrare la spada e volgere una lama contro di sé.» [Wessel Zapffe, L'ultimo messia] _______________ «Perché» si chiede Zapffe «l’umanità non si è estinta già da tempo nel corso delle grandi epidemie di follia? Perché soltanto un numero discretamente piccolo di persone muore non riuscendo a sostenere lo sforzo del vivere? La coscienza dà loro un carico più difficile da portare?» Questa la risposta di Zapffe: «La maggior parte delle persone impara a salvare se stessa limitando artificiosamente la capacità della coscienza». _______________ Sappiamo di essere vivi e sappiamo che moriremo. Sappiamo anche che soffriremo durante la vita, prima della sofferenza – lenta o veloce – che ci condurrà alla morte. Questa è la conoscenza di cui «gioiamo» in quanto organismi più intelligenti a nascere dal ventre della natura. Stando così le cose, ci sentiamo imbrogliati se per noi non c’è altro che sopravvivere, riprodursi e morire. Vogliamo che ci sia qualcosa oltre a questo, o almeno pensare che ci sia. È questa la tragedia: la coscienza ci costringe alla posizione paradossale di doverci sforzare a vivere inconsapevolmente ciò che siamo, pezzi di carne destinata a corrodersi su ossa che vanno disgregandosi. ________________ Come accennato sopra, Zapffe arriva a due centrali conclusioni riguardo al «problema biologico» dell'umanità. La prima è che la coscienza era andata troppo oltre per essere un attributo tollerabile dalla nostra specie, e minimizzando questo problema siamo costretti a minimizzare la nostra stessa coscienza. Tra i tanti modi in cui questo può essere fatto, Zapffe sceglie di dedicarsi a quattro principali strategie: «1. ISOLAMENTO. Per non vivere precipitando nella trepidazione, isoliamo i fatti terribili dell’essere vivi, relegandoli in un remoto comparto della nostra mente. [...] 2. ANCORAGGIO. Per stabilizzare le nostre vite nelle acque tempestose del caos, cospiriamo per ancorarle in verità metafisiche e istituzionalizzate – Dio, Moralità, Legge naturale, Patria, Famiglia – che ci inebriano facendoci sentire solenni, autentici e al sicuro nei nostri letti. 3. DISTRAZIONE. [...] 4. SUBLIMAZIONE. […] In così tante parole, questi artisti e pensatori confezionano prodotti che offrono una fuga dalla nostra sofferenza, attraverso una sua simulazione artefatta – una tragedia o una distrazione filosofica, per esempio.» _______________ «Nessuno vuole ascoltare quelle ansie che teniamo chiuse dentro di noi. Soffocate l’urgenza di andare in giro a raccontare a tutti le vostre pene e i vostri brutti sogni. Seppellite i vostri morti ma non lasciate tracce. E assicuratevi di continuare a tirare avanti oppure andremo avanti senza di voi» [Zapffe, UM]. Nella sua dissertazione dottorale del 1910, pubblicata postuma con il titolo La persuasione e la rettorica (1913), il ventitreenne Carlo Michelstaedter verificò le tattiche con cui falsifichiamo l’esistenza umana in modo da barattare quello che siamo, o potremmo essere, con una speciosa visione di noi stessi. _______________ Sono i limiti dell’individuo in quanto essere, non l’atto di superarli, a creare l’identità della persona e a preservare in essa l’illusione di essere speciale, non uno scherzo del destino, prodotto di cieche mutazioni. […] La lezione: «Amiamo i nostri limiti, perché senza di essi a nessuno sarebbe permesso essere qualcuno» [Zapffe, UM]. _______________ La seconda delle due conclusioni centrali di Zapffe – che la nostra specie dovrebbe smettere di riprodursi – ci fa venire subito in mente un insieme di personaggi della storia teologica noti come gnostici. _______________ …Philipp Mainländer […] previde un'esistenza non coitale come il più sicuro patto di redenzione per il peccato di essere congregati in questo mondo. Tuttavia la nostra estinzione non sarebbe la conseguenza di un’innaturale castità, ma un fenomeno naturale che si verificherà quando l’uomo si sarà abbastanza evoluto da comprendere che la nostra esistenza è così vana, così senza speranza e insoddisfacente, che non saremo più soggetti a impulsi generatori. Paradossalmente, tale evoluzione verso un disgusto per la vita, verrebbe agevolata dal diffondersi della felicità tra gli uomini. Questa felicità si raggiungerebbe più velocemente seguendo gli insegnamenti evangelici di Mainländer al fine di ottenere la giustizia e la carità universali. Solo realizzando ogni possibile bene ottenibile in vita – così ragionava Mainländer – potremo comprendere quanto poco siano preferibili alla non-esistenza. _______________ Mainländer era certo che la Volontà di morire, che secondo lui sarebbe sgorgata nell’umanità, fosse stata innestata nel nostro spirito da un dio che ha pianificato la propria morte dal principio. L’esistenza era un orrore per lo stesso Dio. Sfortunatamente, Dio era immune agli effetti del tempo. L’unico modo che aveva per liberarsi di Se stesso era attraverso una forma di suicidio divino. Il piano di Dio per suicidarsi non poteva però funzionare fintanto che Egli fosse esistito come entità unica al di fuori dello spazio‑tempo e della materia. Nel tentativo di annullare la Propria unità in modo da potersi dissolvere nel nulla, Si frantumò – come una sorta di Big Bang – nei pezzi dell’universo soggetti al tempo, ovvero tutti gli oggetti e gli organismi che si sono accumulati in giro lungo miliardi di anni. Nella filosofia di Mainländer, «Dio sapeva di poter passare da uno stato di superrealtà al non‑essere soltanto attraverso lo sviluppo di un mondo reale e multiforme». Attraverso questo stratagemma Egli riuscì a escludere Se stesso dall’esistenza. «Dio è morto» scrive Mainländer «e la Sua morte è stata la vita del mondo.» […] Sotto questa luce, il progresso umano non è altro che il sintomo beffardo del fatto che la nostra caduta verso l’estinzione procede di buon passo, poiché più le cose cambiano in meglio, più progrediscono verso una fine certa. _______________ Il bisogno di queste idee nasce dal fatto che l’esistenza è una condizione priva di qualsiasi qualità redentrice. Se così non fosse, nessuno sentirebbe la necessità di idee come la nonesistenza ecumenica, un aldilà felice o il cammino verso la perfezione in questa vita. _______________ Ogni altra creatura del mondo è insensibile al significato. Ma quelli come noi, sul più alto gradino dell’evoluzione, sono saturi di questa brama innaturale, che ogni esauriente enciclopedia filosofica riporta alla voce VITA, SIGNIFICATO DELLA. _______________ Forse potremmo avere una giusta prospettiva sulla nostra scadenza terrena se smettessimo di pensarci come delle entità che mettono in scena una «vita». Questa parola è carica di sfumature di significato a cui non ha alcun diritto. Invece, dovremmo sostituire «esistenza» a «vita» e lasciar perdere quanto bene o male la mettiamo in scena. Nessuno di noi «ha una vita» nel modo narrativo‑biografico in cui intendiamo queste parole. Quello che abbiamo sono un certo numero di anni di esistenza. Non ci verrebbe mai da affermare che un uomo o una donna sono «nel fiore della loro esistenza». Parlare di «esistenza» invece che di «vita» spoglia quest’ultima parola del suo fascino. _______________ In parole povere, non possiamo vivere se non autoingannandoci, mentendo a noi stessi su noi stessi, e anche sull’invincibilità della nostra condizione in questo mondo. […] Isolamento, ancoraggio, distrazione e sublimazione sono tra i sotterfugi che usiamo per impedirci di lasciar dissolvere tutte le illusioni che ci tengono in piedi e in funzione. Senza questo imbroglio cognitivo saremmo messi a nudo per quello che siamo. _______________ A opporsi agli standard assolutisti del pessimismo, per come li abbiamo qui delineati, troviamo i pessimisti «eroici», o piuttosto gli eroici «pessimisti». […] Lo scrittore spagnolo Miguel de Unamuno, nel suo Del sentimento tragico della vita negli uomini e nei popoli (1913), parla della coscienza come di una malattia generata dal conflitto tra razionale e irrazionale. Il razionale viene identificato con le conclusioni a cui giunge la coscienza, principalmente con il fatto che moriremo tutti. L’irrazionale rappresenta tutto ciò che vi è di irrazionale nell’umanità, compreso il desiderio d’immortalità in uno stato fisico o non fisico. La coesistenza del razionale e dell’irrazionale trasforma l’esperienza umana in un groviglio di contraddizioni davanti alle quali possiamo chinare il capo rassegnati, o sfidarle eroicamente, e futilmente. La preferenza di Unamuno andava alla scelta eroica, posta l’implicita condizione che un individuo possedesse il fegato, fisico e psicologico, per affrontare la lotta. _______________ L’unica differenza è nel fatto che Unamuno, Dienstag e Brashear acconsentono volontariamente a una finzione che la gente comune non riconosce, almeno come regola generale, dato che talvolta anche i comuni mortali sono costretti ad ammettere l’esistenza di questa finzione: è solo che non ci si soffermano abbastanza da farne un punto d’orgoglio filosofico per poi complimentarsi con se stessi. Sodale filosofico di Unamuno, Dienstag e Brashear è il filosofo francese Albert Camus. Nel saggio Il mito di Sisifo (1942), Camus vede nello scopo irraggiungibile del personaggio del titolo una scusa per continuare a vivere anziché smettere. Nel suo commento all’orrenda parabola, insiste: «Dobbiamo immaginare Sisifo felice» mentre spinge il suo masso sulla sommità della montagna da cui rotolerà poi giù, infinitamente, per sua disperazione. _______________ L’obiezione che il pessimista debba uccidersi per essere all’altezza dei suoi ideali è spia, crediamo, di un tale crasso intelletto da non meritare risposta. Risposta che non è tutto questo affanno dare, peraltro. Semplicemente perché qualcuno ha raggiunto la conclusione che la quantità di sofferenza nel mondo è tale che sarebbe meglio non essere mai nati, questo non significa che per forza di logica o per sincerità costui debba uccidersi. Significa solo che ha raggiunto la conclusione che la quantità di sofferenza nel mondo è tale che sarebbe meglio non essere mai nati. […] La morte volontaria può apparire come una linea d’azione totalmente negativa, ma non è così semplice. Ogni negazione è adulterata o furtivamente innescata da uno spirito affermativo. _______________ «Per questa palese sproporzione tra la fatica e la sua ricompensa, la Volontà di vivere ci appare, da questo punto di vista, come una follia, se la consideriamo oggettivamente, oppure, intendendola soggettivamente, come un’illusione, che cattura ogni essere vivente e lo porta a esaurire le sue forze, per conseguire un risultato che non ha alcun valore. Se però esaminiamo le cose con più attenzione, troveremo anche qui che essa è piuttosto un impeto cieco, un impulso completamente infondato e immotivato.» [Arthur Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione] _______________ Per gli ottimisti la vita umana non necessita di spiegazioni, non importa quanti dolori si accumulino, perché possono sempre dirsi che le cose andranno meglio. Per i pessimisti non c’è abbastanza felicità – sempre che una cosa simile alla felicità possa essere raggiunta dagli uomini se non attraverso un errato luogo comune – che possa compensarci dei dolori della vita. _______________ In Better Never to Have Been: The Harm of Coming into Existence (2006), Benatar sostiene in modo convincente che, siccome una certa misura di sofferenza è inevitabile per tutti coloro che nascono, mentre l’assenza di felicità non danneggia quelli che potrebbero essere nati ma non lo sono, il piatto della bilancia pende a favore del non mettere al mondo figli. Quindi, chi si riproduce viola ogni sistema morale ed etico concepibile perché è colpevole di infliggere una sofferenza. Per Benatar la quantità di questa sofferenza, che si verifica sempre, non ha importanza. Una volta che la sofferenza è diventata inevitabile con la procreazione di un bel fagottino, è già stato oltrepassato il confine tra un comportamento morale ed etico e un comportamento immorale e non etico. Questa violazione della morale e dell’etica esiste in ogni caso di procreazione, secondo Benatar. _______________ «Le orrende visioni del folle sono tratte dalla materia dei fatti quotidiani.» [William James, Le varie forme dell'esperienza religiosa] _______________ Nella sua conferenza La vita è degna di essere vissuta, James sosteneva che gli esseri umani,  a differenza dei cani, possono immaginare un ordine di esistenza superiore al loro, che possa legittimare le peggiori avversità della vita. _______________ Una volta che i meccanismi repressivi sono stati riconosciuti, devono essere cancellati dalla memoria – o nuovi meccanismi devono sostituire i vecchi – affinché si possa continuare a essere protetti dai bozzoli delle nostre vite. […] Anche se talvolta ammettiamo i mezzucci ingannevoli con cui continuiamo a fare quello che facciamo, si tratta solo di un livello ancora superiore di autoinganno e paradosso, e non della dimostrazione del fatto che risiediamo sulla cima di una metarealtà dove siamo davvero reali. […] Troppi di noi devono intorpidire la propria coscienza in modo da essere molto meno coscienti di quanto potrebbero, questa è la tragedia della razza umana, se qualcuno se lo fosse dimenticato. Quelli che non riescono a farlo ne pagheranno le conseguenze. _______________ Infine, molti di coloro che studiano l'autoinganno credono che noi non siamo in grado di autoingannarci, perché non possiamo consapevolmente sapere qualcosa e non saperla allo stesso tempo, poiché questo genererebbe in noi un paradosso. Ma altri studiosi. Hanno cercato di venire a capo di questo supposto paradosso. Un esempio di tale ragionamento è quello di Kent Bach (An Analysis of Self‑Deception, in Philosophy and Phenomenal Research, 1981), che illustra tre metodi per evitare quei pensieri indesiderati che sarebbero comunque accessibili alla coscienza di un individuo: razionalizzazione, evasione e interferenza. Questi sono identici alle strategie di isolamento, ancoraggio e distrazione evidenziate nella vita umana da Zapffe. Ognuno di questi metodi può mantenere il soggetto in uno stato di autoinganno. _______________ [David Livingstone] Smith è infatti uno psicoanalista e questo è chiaro dalla sua affermazione secondo cui la «costante possibilità dell’inganno è una dimensione cruciale di qualsiasi relazione umana, anche nella più centrale di tutti: la relazione con noi stessi». Per mettere in pratica tale inganno l’individuo deve reprimere la coscienza dell’inganno, cosa che non esclude un autoinganno a proposito della coscienza stessa e di cosa ciò svela sulla vita umana. _______________ «Non è l’anima a essere malata, sono le sue difese che cedono o che vengono rigettate essendo – correttamente – percepite come un tradimento del potenziale più elevato dell’ego.» [Zapffe, UM] _______________ In quanto specie ossessionata dalla sopravvivenza, il nostro successo è calcolato in base a quanto abbiamo allungato l’esistenza media, e la riduzione della sofferenza è solo un effetto collaterale di tale scopo. Restare in vita in ogni circostanza è una malattia che ci consuma. ________________ Per certe persone un sistema che comprende un aldilà di beatitudine eterna non è inutile. Potrebbero affermare che questo sistema è necessariamente utile perché gli dà la speranza di cui hanno bisogno per attraversare questa vita. Ma un aldilà di beatitudine eterna non è, e non può essere, necessariamente utile perché qualcuno ha bisogno che sia così. Fa solo parte di un parametro relativo, nulla di più. _______________ Nessun filosofo è mai riuscito a dare una risposta soddisfacente alla domanda: «Perché deve esistere qualcosa piuttosto che il nulla?». A prima vista sembrerebbe una domanda legittima, ma in fondo qualcuno di noi trova inspiegabile, addirittura illogico, che si arrivi a porla. Il quesito è un chiaro sintomo del nostro disagio nei riguardi del Qualcosa. Al contrario, nel Nulla non c’è niente di preoccupante, perché non siamo in grado di prenderlo in esame. […] Il perturbante genera una sensazione di erroneità. Traspira una violazione che allarma l’autorità interiore riguardo a come una certa cosa dovrebbe accadere, esistere o comportarsi. _______________ Un giorno le scarpe sul fondo dell’armadio attraggono la tua attenzione come mai prima. In qualche maniera si sono separate dal tuo mondo, sono apparizioni a cui non sai dare un posto, brandelli di materia senza qualità e significato stabili. Ti senti confuso mentre stai lì a fissarle. Che cosa sono? Qual è la loro natura? Perché deve esistere qualcosa piuttosto che il nulla? Ma prima che la coscienza possa fare altre domande viene azzerata in modo che le calzature tornino a essere, nella loro esistenza, familiari e non più straordinarie. […] La genialità dell’esempio di Jentsch [Ernest Jenstsch, Sulla psicologia del perturbante] sta nel fatto che egli spiega il perturbante non come qualità oggettiva di un qualcosa situato nel mondo esterno, ma come esperienza soggettiva di chi percepisce il mondo esterno. Così va nella vita reale: il perturbante è un effetto della mente, e basta. Eppure, in questo caso, almeno per l’osservatore medio, il perturbante ha un’origine efficace nello stimolo oggettivo, in qualcosa che sembra sprigionare un potere proprio. _______________ Trasformando traversie naturali in soprannaturali troviamo la forza di affermarne e simultaneamente negarne l’orrore, di assaporarle e al contempo patirle. […] Tramite l’orrore soprannaturale possiamo tirare, senza collassare, i fili del nostro stesso destino di marionette naturali, le cui labbra sono dipinte con il nostro stesso sangue. _______________ Coloro che con più veemenza si oppongono alla declinazione pessimista del determinismo sono i seguaci dell’indeterminismo libertario. Sostengono che noi disponiamo del libero arbitrio assoluto e possiamo divenire individui capaci di scegliere di voler fare una certa scelta e non un’altra. Dichiarano che siamo ciò che Michelstaedter negava potessimo diventare: individui incontestabilmente padroni di se stessi, e non il prodotto di un’indeterminabile serie di eventi e condizioni che risultano nella possibilità, per noi, di fare una sola scelta piuttosto che un certo numero di scelte, perché fattori al di là del nostro controllo hanno già badato a chi siamo come individui e a quali scelte, infine, faremo. Nella storia delle elucubrazioni filosofiche le tesi a favore del determinismo sono tradizionalmente le più contestate. Per quale ragione, a parte il fatto che esso trasforma l'immagine umana in immagine di marionetta? Il motivo è che le tesi a favore del determinismo vanno oltre la sacrosanta fede nella responsabilità morale. […] Nella vita di tutti i giorni il determinista duro e puro non è mai esistito, perché nessuno può affrancarsi dalla sensazione di disporre del libero arbitrio. Il massimo che possiamo fare è dedurre che subiamo determinazioni basandoci sull’osservazione della normale legge di causalità tra le cose del mondo e applicandola a noi stessi. Ma non possiamo percepire noi stessi in quanto determinati (un filosofo ha detto, e forse altri hanno pensato, tra sé: «Si può davvero credere al determinismo senza diventare pazzi?»). Il determinismo nel pensiero e nelle azioni non si può distinguere con l’esperienza, ma può essere soltanto dedotto sul piano astratto. Sarebbe impossibile per chiunque dire: «Io non sono altro che una marionetta umana». L’unica eccezione sarebbe un individuo che, vittima di una malattia psicologica, creda di essere controllato da una forza estranea. Se questo individuo dicesse: «Io non sono altro che una marionetta umana», egli verrebbe spedito seduta stante al più vicino ospedale psichiatrico, presumibilmente colto dall’orrore di aver percepito di essere una marionetta umana controllata da una forza estranea che opera al suo esterno o al suo interno o in entrambi. […] Odiare le nostre illusioni o tenercele strette non fa che legarci più saldamente a esse. Chi tiene al proprio mondo non può contrastarle senza vederlo poi crollare. _______________ In mancanza della sensazione di essere o possedere un io, sarebbe inutile discutere se siamo o non siamo liberi, determinati o una via di mezzo. Perché abbiamo un senso dell’io è stato spiegato in vari modi (per una delle spiegazioni possibili si veda il prossimo paragrafo). Possederlo è ciò che mette sul tavolo il dibattito «libero arbitrio contro determinismo». Anzi, è ciò che mette tutto sul tavolo, perlomeno sul tavolo dell’esistenza umana, perché nient’altro che esista ha la sensazione di essere un io che può fare o non fare qualsiasi cosa a piacimento. _______________ Non ci limitiamo a vivere le esperienze: le possediamo. Questo significa essere una persona. […] Ma la logica non può esorcizzare l’«Io», l’ego che ti guarda dallo specchio, così come la logica non può rimuovere l’illusione del libero arbitrio. _______________ Forse l’unico motivo di interesse nei confronti dell’io è questo: qualunque cosa ci faccia pensare di essere ciò che pensiamo di essere dipende dal fatto che possediamo una coscienza, la quale ci dà la sensazione di essere qualcuno, nello specifico un qualcuno umano, qualunque cosa esso sia, perché una definizione di «umano» condivisa e universale non l’abbiamo. Ma conveniamo che, anche se solo in pratica, siamo tutti io reali perché siamo coscienti di noi stessi. E una volta varcate tutte le soglie che qualificano in qualche modo il nostro io – siano essi il nome, la nazionalità, il genere o il numero di scarpe – eccoci sulla soglia della coscienza, genitrice di tutti gli orrori. E la nostra esistenza è tutta qui. _______________ Nel saggio The Shadow of a Puppet Dance: Metzinger, Ligotti and the Illusion of Selfhood (in Collapse, vol. IV, maggio 2008), James Trafford riassume così il paradosso di Metzinger: «L’oggetto “uomo” consiste di densissimi strati di simulazione, profilattico necessario alla quale, se si vuole tenere a bada il terrore concomitante con la distruzione delle nostre intuizioni a proposito di noi stessi e della nostra condizione nel mondo, è il realismo ingenuo: “La soggettività conscia è il caso in cui il singolo organismo ha imparato a soggiogare se stesso”». La frase che chiude Being No One di Metzinger si può considerare un’estensione del paradosso di Zapffe, per effetto del quale reprimiamo dalla coscienza tutto ciò che nella vita è sconvolgente e orribile. Per Metzinger questa repressione prende la forma del già citato realismo ingenuo, che maschera quella che in assoluto è la più sconvolgente e orribile rivelazione per un essere umano: che non siamo ciò che pensiamo di essere. A mitigare la vertigine di fronte a una così deplorevole illuminazione, Metzinger conferma che è «praticamente impossibile» per noi giungere alla consapevolezza della nostra irrealtà, per via delle manette della percezione umana che abbiamo dentro e che tengono la mente imprigionata nel sogno. _______________ «Un modo – tra un’infinità di modi – di guardare all’evoluzione biologica sul nostro pianeta è considerarla il processo che ha creato un oceano in continua espansione di sofferenza e confusione dove prima non c’era. Poiché a crescere senza sosta non è soltanto il numero dei soggetti consci individuali ma anche la dimensionalità dei loro spazi‑stati fenomenici, questo oceano aumenta anche in profondità. A mio giudizio è una robusta tesi contro la creazione dell’intelligenza artificiale: non dovremmo aumentare questo terribile caos senza prima aver capito a fondo che cosa sta davvero succedendo qui.» [Metzinger, BNO] _______________ Appare improbabile che uno possa mai vedere se stesso com’è nei termini di Metzinger. Vedrebbe l’orrore, allora, e saprebbe di saperlo: gli sarebbe impossibile credere che non è nient’altro che una marionetta umana. E adesso? Risposta: adesso diventi pazzo. […] Adesso sappiamo di essere paradossi perturbanti. Sappiamo che la natura ha sconfinato nel soprannaturale fabbricando una creatura che non può e non dovrebbe esistere secondo le leggi naturali, e invece esiste. Lo sprezzo di Metzinger per il volgare materialismo sembra basarsi sulla convinzione ottimista che la futura tecnologia della coscienza ci porterà in luoghi dove la «forma biologica della coscienza, nel grado di evoluzione a cui è giunta sul nostro pianeta» non ci ha condotti. […] Metzinger deve avere fede nel fatto che quando il resto dell’umanità avrà capito come funziona, giocheremo – in tutta sincerità e senza fingere – in un mondo nel quale, di giorno in giorno, in ogni modo, le cose andranno sempre meglio. Ma ci vorrà del tempo, e parecchio. _______________ Il significato che la nostra vita sembra avere è opera di un sistema emotivo di costituzione relativamente robusta. Mentre la coscienza ci dà l’impressione di essere persone, la nostra psicofisiologia è responsabile del renderci personalità convinte che al gioco dell’esistenza valga la pena di partecipare. Possiamo avere ricordi unici e distinti da quelli di chiunque altro, ma senza le emozioni giuste a rivitalizzarli essi hanno lo stesso valore dei file digitali nella memoria di un computer, frammenti sconnessi di dati che non si uniscono mai in un individuo confezionato su misura per il quale le cose sembrano avere un senso. Puoi concettualizzare che la tua vita abbia un significato, ma se quel significato non lo percepisci allora la concettualizzazione non ha senso e tu non sei nessuno. […] Una brutta depressione invece fa evaporare le emozioni e ti riduce a guscio di persona abbandonata in un panorama brullo. Le emozioni sono il sostrato dell’illusione di essere un qualcuno tra altri qualcuno, oltre che della sostanza che vediamo nel mondo, o crediamo di vedere. _______________ Senza emozioni cariche di significato a tenere il cervello sulla strada maestra, perderesti l’equilibrio e cadresti in un abisso di lucidità. E per un essere cosciente la lucidità è un cocktail senza ingredienti, un intruglio cristallino che lascia i postumi di una sbronza di realtà. Nella perfetta coscienza non c’è che il perfetto nulla, conclusione perfettamente dolorosa per chi cerca di dare un senso alla sua vita. _______________ Questa è la grande lezione che impara il depresso: niente al mondo è intrinsecamente irresistibile. Qualunque cosa ci sia davvero «là» non ha il potere di proiettarsi come esperienza affettiva. È tutta una faccenda vacua dal prestigio unicamente chimico. Niente è buono o cattivo, desiderabile o indesiderabile o chissà cos’altro, tranne ciò che è reso tale dai laboratori interiori che producono le emozioni di cui ci nutriamo. E nutrirsi di emozioni è vivere in maniera arbitraria, inaccurata: attribuire un significato a ciò che non ne è provvisto. E però, che altro modo c’è di vivere? Senza lo sferragliante e inarrestabile macchinario delle emozioni tutto andrebbe in stallo. Non ci sarebbe nulla da fare, nessun luogo dove andare, niente da essere, nessuno da conoscere. Le alternative sono chiare: vivere nel falso, da pedine degli affetti, o vivere nei fatti come depressi o individui a cui è noto ciò che è noto al depresso. _______________ Il motivo: a intimidirci è la depressione, non la follia; a impaurirci è la demoralizzazione, non la follia; a mettere in pericolo la nostra cultura della speranza è la disillusione della mente, non la sua alienazione. _______________ Nonostante sia Schopenhauer che Nietzsche parlino a un pubblico di soli atei, sul piano delle pubbliche relazioni l’errore del primo è il non concedere all’umano alcun prestigio speciale nel mondo delle cose organiche o inorganiche, o di non agganciare alcun significato alla nostra esistenza. Al contrario di Schopenhauer, Nietzsche non soltanto prende le letture religiose della vita tanto sul serio da poterle criticarle in lungo e in largo, ma ha la caparbietà di rimpiazzarle con valori che tendono a un fine e a un senso ultimo, che persino i non credenti bramano come cani: un progetto in cui l’individuo possa perdere (o trovare) se stesso. La chiave della popolarità di Nietzsche tra gli amoralisti atei è il misticismo materialista, un trucchetto mentale che tramuta l’insensatezza del mondo in qualcosa di significativo, e rimodella sotto i nostri occhi la sorte a guisa di libertà. ________________ «In certi casi una persona può sviluppare un’ossessione per la gioia distruttiva, rimuovere del tutto l’apparato artificiale della propria vita e cominciare a farne piazza pulita con orrore ed entusiasmo. L’orrore deriva dallo smarrimento di tutti i valori che gli davano riparo; l’entusiasmo dalla sua ormai spietata identificazione e armonia con il segreto più profondo della nostra natura – l’instabilità biologica, la costante predisposizione a una fine tragica». [Zapffe, UM] In quanto negazione della vita, il pessimismo ha perso un grande portabandiera quando Nietzsche ha cominciato a gioire di ciò che dovrebbe far rabbrividire, una posizione psichica che di per sé è la più paradossale di tutte. __________ Come chi crede nel libero arbitrio libertario, i transumanisti credono che noi possiamo fare noi stessi. Ma è impossibile. Noi siamo stati fatti, lo testimonia l’evoluzione. Non ci siamo tirati fuori da soli dalla poltiglia primordiale. E tutto ciò che abbiamo fatto da che siamo una specie è una conseguenza dell’essere stati fatti. Non importa cosa facciamo: sarà ciò per cui siamo stati fatti e nient’altro. […] Ma non è che l’essere postumani sia un’idea del tardo XX secolo. Nella sua ricerca del «bene» o, come minimo, del meglio, essa ricapitola le nostre più antiche fantasie. […] Per definizione, i transumanisti sono insoddisfatti da ciò che siamo in quanto specie. Naturalmente credono che essere vivi vada bene – anzi, lo credono a tal punto che non sopportano l’idea di non essere vivi e hanno architettato strategie per restare vivi per sempre. Il loro problema è che vorrebbero rendere l’essere vivi qualcosa vada enormemente meglio di ora. E il potere del pensiero positivo non basta a portarli dove vogliono andare. Sono oltre tutto questo, o vorrebbero esserlo. Sono anche oltre la fede in Dio o in un aldilà di eterna beatitudine. […] I transumanisti hanno rimpiazzato l’alternativa alla disperazione del credente con la propria. Partono dal presupposto che trarremo un beneficio enorme dall’autotrasformazione in postumani, ma l’approdo del loro programma rimane sconosciuto. Esso potrebbe inaugurare un nuovo e dinamico capitolo nella storia della nostra razza, così come annunciare la nostra fine. Comunque sia, il balzo che profetizzano sarà anticipato da congegni di ogni genere e in qualche modo coinvolgerà l’intelligenza artificiale, la nanotecnologia, l’ingegneria genetica e altre declinazioni dell’alta tecnologia. Saranno, questi, gli strumenti della Nuova Genesi, il Logos del domani. […] Il transumanesimo incapsula un errore diffuso e longevo tra i portabandiera della scienza: in un mondo che va verso l’ignoto, non ci è dato neanche di iniziare i lavori della nostra Torre di Babele; mettiamoci pure tutto l’impeto e la fretta che possiamo, ma non cambierà niente. Andare verso l’ignoto non è una malattia curabile; se il problema fosse l’andarci alla velocità più alta possibile, forse potremmo risolverlo, anche se probabilmente no. E che differenza farebbe rallentare la progressione verso l’ignoto? […] Ma una possibilità che i transumanisti non hanno preso in considerazione è che l’essere ideale posto al termine dell’evoluzione possa dedurre che il migliore dei mondi possibili è inutile, o persino maligno, e che la miglior strada da imboccare sia l’autoestinzione del nostro futuro io. […] Questo mondo è pieno di gente che non smette di rivolgersi alla scienza chiedendole che la salvi da qualcosa. Altrettanta gente, forse anche di più, preferisce chiedere la salvezza ai vecchi e rispettabili sistemi di credenze, con le loro derivazioni settarie. [...] Crede in qualsiasi cosa comprovi la sua importanza come persone, tribù, comunità, e in particolar modo come specie che resisterà in questo mondo e forse in un aldilà che sarà pure incerto nella sua realtà e poco chiaro nella sua struttura, ma che sazia nella gente la brama di valori non di questa Terra: il deprimente, insignificante posto che la sua coscienza è costretta ogni giorno a schivare. _______________ La prima Nobile Verità [del buddismo] è l’equiparazione tra la vita del comune mortale e il dukkha (che significa pressappoco «sofferenza» ma a conti fatti indica qualunque condizione di pena vi possa venire in mente). La seconda è che a questo mondo bramare qualunque cosa – la salute fisica o mentale, la longevità, la felicità, persino l’eliminazione della brama stessa – è l’origine di ogni sofferenza. Queste due Nobili Verità stanno in cima a una religione che, quanto a disposizioni da seguire per la salvezza, non ha paragoni. Tali disposizioni cominciano con la terza Nobile Verità: che esiste un modo per cessare di soffrire; e continuano con la quarta Nobile Verità: che per liberarsi dai ceppi della sofferenza occorre seguire il Nobile Ottuplice Sentiero, una lista di cose da fare e cose da non fare molto simile al Decalogo dell’Antico Testamento, ma non altrettanto accomodante né espressa in parole altrettanto semplici. […] Eppure buddhismo e pessimismo non si possono districare l’uno dall’altro. Si somigliano troppo per non notarne le affinità. I buddhisti sostengono di non essere pessimisti ma realisti. Lo stesso dicono i pessimisti. _______________ Tutte le religioni devono avere eccezioni, altrimenti imploderebbero sotto il peso delle loro stesse dottrine. _______________ Ma qui sta il vero inghippo: se vuoi diventare illuminato non lo diventerai mai, perché nel buddhismo volere una cosa è esattamente ciò che ti impedisce di ottenere la cosa che vuoi. Detta meno tortuosamente, se vuoi porre fine alla tua sofferenza, non lo porrai mai. È il «paradosso del volere» o «paradosso del desiderio» e i buddhisti sono già pronti a fornire spiegazioni razionali e irrazionali del perché questo paradosso non è un paradosso. […] Non c’è niente di più futile che cercare consciamente, in qualcosa, la salvezza. Ma la coscienza fa sembrare che non sia così. La coscienza fa sembrare che 1) c’è qualcosa da fare; 2) c’è un posto dove andare; 3) c’è qualcosa che si può essere; 4) c’è qualcosa da sapere. […] Il «paradosso del volere» buddhista si può assimilare a un correlativo del paradosso di Zapffe (il paradosso degli esseri consci che cercano di rinunciare alla coscienza delle possibilità palesemente tristi della loro vita). La differenza tra il paradosso del buddhismo e il paradosso di Zapffe è che quest’ultimo non è disponibile a farsi risolvere, spiegare o negare, né razionalmente né irrazionalmente. ________________ Al mercato della salvezza, almeno a prima vista, l’illuminazione sembra l’offerta più conveniente di sempre. Piuttosto che dibatterti in un mondo che non vale il vuoto su cui è scritto, puoi impegnarti a ottenere una visione finale di cosa è e cosa non è. In termini generali, l’illuminazione è la correzione della coscienza e la costituzione di uno stato d’essere in cui l’illusione torbida viene spazzata via e soltanto un diamante di comprensione risplende. È il deserto supremo… se soltanto lo si potesse avere, se avesse una realtà al di fuori dello scalpiccio di locuzioni critiche che vi fanno riferimento. _______________ Come aveva scritto Zapffe molto prima che U.G. [Krishnamurti] cominciasse a fustigare ogni credenza del mondo, qualsiasi attività mentale andata oltre i programmi basilari del nostro animalismo non ha portato che alla sofferenza. («Nell’animale, la sofferenza è confinata in se stessa; nell’uomo apre squarci sulla paura del mondo e sulla disperazione per la vita».) _______________ Ma allora perché continuare a vivere? Naturalmente nessuno lo domandò in maniera così diretta a U.G. Ma la sua risposta giunse: non c’è alcun «tu» che vive, soltanto un corpo la cui unica occupazione è essere vivo e obbedire alla biologia. Ogni volta che qualcuno gli chiedeva come si diventava come lui, U.G. rispondeva che per loro era impossibile anche soltanto desiderare di diventare come lui, perché a spingerli verso l’obiettivo era l’interesse personale, e fintanto che avessero creduto in un io interessato a cancellare se stesso, quell’io si sarebbe mantenuto vivo e non avrebbe voluto la morte dell’ego. _______________ Come cerca di spiegare Segal parlando di sé: «L’esperienza del vivere senza un’identità personale, senza esperire un qualcuno, un “Io” o un “me”, è straordinariamente difficile da descrivere, ma assolutamente originale. È davvero un’altra cosa rispetto a una giornata storta, all’avere l’influenza o al sentirsi turbati, arrabbiati o in estasi. Quando l’io personale sparisce, dentro non c’è più nessuno che si possa localizzare e identificare con te. Il corpo è un semplice contorno, privo di tutto ciò di cui fino a poco prima si era sentito così pieno. La mente, il corpo e le emozioni non si riferivano più a nessuno: non c’era nessuno che pensava, nessuno che provasse sensazioni, nessuno che percepiva. La mente, il corpo e le emozioni continuavano a funzionare indenni, però; all’apparenza non avevano bisogno di un “Io” per continuare come sempre.» [Suzanne Segal, Collision with the Infinite: A life beyond the personal self (1996)] _______________ Gli ego‑morti tornerebbero al punto di partenza della specie: sopravvivere, riprodursi, morire. La consuetudine della natura si ristabilirebbe in tutta la sua insensatezza marionettesca. Ma sebbene si possa considerare il modello perfetto di esistenza umana, di liberazione da noi stessi, l’ego‑morte resta un compromesso con l’essere, una concessione all’errore madornale della creazione. _______________ «Lo scopo della vita umana è stato rivelato. La vastità ha creato questi circuiti umani per avere un’esperienza di se stessa fuori da se stessa che in loro assenza non avrebbe potuto avere» [Segal, CWTI]. Vivendo nella vastità come lei, nulla era inutile per Segal, perché tutto serviva allo scopo della vastità. Ed era una bella sensazione, superata la paura iniziale di essere uno strumento della vastità anziché una persona. _______________ «Trovai che per gli uomini della mia cerchia vi sono quattro vie d’uscita dalla terribile situazione in cui tutti ci troviamo. La prima via è quella dell’ignoranza. Essa consiste in ciò, nel non sapere, nel non comprendere che la vita è male e nonsenso. [,…] La seconda via è quella dell’epicureismo. Essa consiste in ciò: pur conoscendo la situazione disperata della vita, nel profittare per il momento dei beni che ci sono, nel non guardare né il drago né i topi, ma nel leccare il miele nel miglior modo possibile, specialmente se sul cespuglio ce n’è molto. […] La terza via è quella della forza e dell’energia. Essa consiste in ciò, nel distruggere la vita, dopo aver compreso che la vita è un male e un nonsenso. […] La quarta via è quella della debolezza. Essa consiste in ciò, nel continuare a trascinare la vita, pur comprendendone il male e l’insensatezza, e sapendo in anticipo che non ne può risultare nulla. » [Lev Tolstoj, La confessione (1882)] _______________ Il piano qui è cambiare la cornice nella speranza di creare l’illusione che la propria vita abbia un qualche valore. È un piano ateo, non dichiaratamente ma lo è. I teisti non hanno bisogno di cornici per affibbiare alla loro vita un significato, perché credono di poter identificare una cornice assoluta nel Potere Superiore anche se, in fondo, non ci credono. […] La fede in un assoluto o, in alternativa, la fede in una cornice di significato non teistica rischia di zoppicare senza preavviso. Crollata la cornice, ci tocca affidarci alle nostre risorse e cercarne un’altra. Nessuna di queste cornici garantisce protezione costante al nostro benessere mentale né assistenza mentre cerchiamo di dare un senso alla vita. Passare di cornice in cornice può darci un po’ di sollievo e di senso, almeno per qualche tempo, ma rimane sempre quell’ultima cornice, da cui non ci libereremo mai perché è un luogo di prigionia che attende di riempirsi di dolore e infine, in qualche forma, di morte. _______________ Nella sua opera più nota, Il rifiuto della morte (1973) Ernest Becker scrive: «A mio parere, chi ipotizza che conoscendo in pieno la propria condizione l’uomo impazzirebbe ha ragione, letteralmente ragione». Zapffe concludeva che riusciamo a non perdere la testa «limitando artificialmente il contenuto della coscienza». Becker trae la sua identica conclusione così: «[L’uomo] si va letteralmente a cacciare in uno stato di cieca indifferenza grazie a giochi sociali, trucchi psicologici, preoccupazioni personali così lontane dalla realtà della sua situazione che sono forme di pazzia, ma pur sempre pazzia». _______________ Nelle sue ricerche e studi clinici, la TMT [Terror Management Theory] indica la radice del comportamento umano nella tanatofobia, la paura di morire che determina l’intero panorama della vita. Per placare l’ansia di morte abbiamo quindi inventato un mondo che, con l’inganno, ci convince di poter continuare a esistere – anche solo simbolicamente – anche dopo la distruzione del corpo. […] All’immortalità personale siamo disposti a preferire la sopravvivenza di persone e istituzioni che consideriamo nostre estensioni: le nostre famiglie, i nostri eroi, le nostre religioni, le nostre nazioni. […] Neanche a dirlo, però, i nostri teorici della gestione del terrore indicano una scappatoia ottimista quando dicono che «le migliori visioni del mondo sono quelle che apprezzano la tolleranza del diverso, quelle flessibili e aperte alle modifiche, che aprono percorsi verso l’autostima in cui la prospettiva di nuocere al prossimo è ridotta al minimo». (Handbook of Experimental Existential Psychology, a cura di Jeff Greenberg et al.) _______________ Come specie condividiamo la preferenza per la differenza piuttosto che per l’unità. (Vive la différence! Vive la guerre!) Nessuno ci ha progettati per essere così: è soltanto il modo in cui siamo approdati, tentoni, all’incubo dell’essere. La vita fa preda della vita, come dicono Schopenhauer e la storia naturale. Il corpo di un organismo è il pasto di un altro. _______________ Uno dei grandi svantaggi della coscienza – della coscienza in quanto genitrice di tutti gli orrori – è senza dubbio che essa esacerba le sofferenze necessarie e ne crea di superflue, come la paura della morte. Sprovvisti di quel che serve a togliersi la vita (domandatelo a Gloria Beatty), coloro che soffrono pene intollerabili imparano a nascondere i propri patimenti, necessari e superflui, perché il mondo non batte il ritmo del dolore ma della felicità, poco importa se sincera o indossata come una maschera a coprire il più cupo abbattimento. ______________ «Verrà il giorno» ci diciamo «in cui disferemo questo mondo dove siamo sballottati tra lunghi tormenti e brevi gioie, e vivremo nel piacere tutti i giorni.» La fede nella possibilità di piaceri durevoli, elevati, è una ciancia ingannevole ma adattiva. Sembra che la natura non ci abbia fatti per stare troppo bene troppo a lungo, cosa che non gioverebbe alla sopravvivenza della specie, ma soltanto per stare bene quel tanto che basta a non farci lamentare che non stiamo bene tutto il tempo. […] Forse il messaggio ti sarà chiaro, allora: se non stai abbastanza bene abbastanza a lungo, meglio che tu finga di stare bene e che addirittura pensi come se stessi bene. […] Hai due scelte: comincia a pensare come Dio e la società vogliono che pensi, o sii abbandonato da tutti. _______________ Nell’Ultimo messia Zapffe ipotizza che con il passare delle generazioni diverranno più licenziose le maniere in cui l’umanità nasconde a se stessa la disillusione: più stupido e fittizio il suo isolamento dalle realtà dell’esistenza; più rimbecillenti e rozze le distrazioni da ciò che sbalordisce e terrorizza; più maldestro e scriteriato l’ancoraggio all’irrealtà; più grette, autoironiche e distanti dalla vita le sue sublimazioni nell’arte. Questi sviluppi non renderanno il nostro essere più paradossale di così, ma potrebbero rendere le manifestazioni della nostra natura paradossale meno efficaci e più aberranti. _______________ Che porre fine a tutta la sofferenza umana e animale piuttosto che farla continuare sarebbe una tragedia ancora più grande è un’opinione spacciata per fatto. Ammesso che «con questa fine qualcosa andrebbe perso» rimane da stabilire se quel «qualcosa» sarebbe meglio perderlo o conservarlo. _______________ Nel saggio Happiness Is for the Pigs: Philosophy versus Psychotherapy (in Journal of Existentialism, 1967), Herman Tønnessen cita la domanda in un’altra forma: «Che senso ha?». Poi spiega il contesto e il significato della domanda: «[…] Pertanto, più umana di qualsiasi altra brama umana è la ricerca di una visione totale della funzione – o disfunzione – dell’Uomo nell’Universo, il posto e l’importanza che egli potrebbe avere nel disegno cosmico più ampio possibile. In altre parole è il tentativo di rispondere o perlomeno di articolare qualsiasi domanda sia implicita nel gemito morente della disperazione ontologica: che senso ha? Ciò rischia di rivelarsi biologicamente dannoso o addirittura fatale per l’Uomo. L’onestà intellettuale e le grandi pretese spirituali di ordine e significato rischiano di condurre l’Uomo alla più profonda antipatia per la vita e rendere necessario, come sceglie di definirlo un esistenzialista: «un no a questo scatenato, banale, grottesco e disgustoso carnevale nel cimitero del mondo». La frase che chiude questo estratto da Tønnessen viene da Sul tragico di Zapffe. _______________ «A rendere tragica la razza umana non è il suo essere vittima della natura, ma l’esserne conscia. Far parte del regno animale alle condizioni poste da questa Terra va benissimo, ma appena scopri la tua schiavitù, il dolore, la rabbia, la fatica comincia la tragedia. Non possiamo tornare alla natura perché non possiamo cambiare il nostro posto in essa. Il nostro rifugio è nella stupidità… non c’è moralità, né sapere né speranza; c’è soltanto la coscienza di noi stessi a mandarci avanti in un mondo che… è sempre e soltanto apparenza vana e fluttuante.» [Joseph Conrad, lettera a R.B. Cunninghame Graham (1898)] _______________ Nessun’altra forma di vita sa di essere viva, né sa di dover morire. È una maledizione tutta nostra. Senza questo malocchio non ci saremmo mai allontanati così tanto dalla natura: a tal punto e tanto a lungo che diventa un sollievo ammettere ciò che abbiamo provato con tutti noi stessi a ammettere, cioè che da quel momento siamo stati stranieri nel mondo naturale.
Thomas Ligotti, La cospirazione contro la razza umana
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corallorosso · 4 years ago
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I lustrini di Sanremo sono lontani anni luce dal ciò che accade nel paese reale Già detto, già scritto e lo ripeto: i lustrini di Sanremo sono lontani anni luce dal ciò che accade nel paese reale. Le chiacchiere con gli ospiti menate troppo a lungo; la pubblicità invasiva; le donne (esclusi rari casi) che continuano a far da comparse e accompagnatrici a due maschietti conduttori, hanno un so' che di patetico. (...) Sanremo ha scelto l'autoreferenzialità; facendo finta che questa edizione fosse simile, in tutto e per tutto, a quella dell'anno scorso o a quelle d'altri tempi. Non è cosi. L'autoreferenzialità li induce a raccontare solo se stessi e a tentar di far diventare quel palco, per qualche ora, l'ombelico del mondo. Non poteva funzionare e, alla prova dei fatti, non sta funzionando. La scelta fatta dalla Rai e dai conduttori era stata motivata, nella conferenza stampa di presentazione, con la necessità di dare serenità agli italiani già stremati. Una cosa è dare serenità, altra cosa è distribuire noia in dosi così massicce che addormenterebbero anche un cavallo. Sono andati avanti su quella scelta iniziale; sono voluti andare per la loro strada senza ascoltare le critiche, non mutando nemmeno di una virgola un canovaccio un po' stantio. Stanno pagando pegno. Questo festival sarà anche un festival della canzone, ma non è il festival degli italiani, del paese che abitano. (...) Come fa un Festival della canzone italiana a far finta di niente e a cavarsela con qualche battuta sparsa qua e la tanto per apparire politicamente corretti ? Il formato scelto, - tutto televisivo - avrebbe avuto bisogno di atri tempi e di altri ingredienti, a iniziare dai testi. Nel formato televisivo i tempi contano, eccome. Non si possono far passare ore riempiendole solo di chiacchiere che non producono emozioni o lo se lo fanno non seguendo uno schema narrativo: eppure siamo nell'epoca dello storytelling, abusato ormai anche per raccontarci la storia dei vini e dei formaggi. Nel formato televisivo contano le emozioni, i contrasti, serve suscitare, per dirla, con un maestro dell'antica Grecia, ethos e pathos, etica e passioni. Invece è apparso tutto o quasi tutto scontato. (...) Qualche altra domanda, prima che la giostra finisca: quanto costa agli italiani questo festival? Magari con la pubblicità la Rai ci ha anche guadagnato? Quanto hanno preso i conduttori e i tanti ospiti saliti sul palco? Nel paese che dice di esser divenuto il luogo della trasparenza, non è da populisti porre queste domande. Si è tenuto conto, ad esempio, nell'erogare i giusti compensi della fase che attraversa la nazione? Non è per fare del facile populismo, per saper sapere tutto su Sanremo poiché è gestito da un ente di stato. Aspettiamo le ultime due serate, con ottimismo. Reggeremo e riascolteremo tutto e tutti. Un favore, signori, però io chiedo: ogni tanto mostrateci qualche immagine, qualche suono, qualche voce del paese reale. Quello che è fuori dall'Ariston. Maurizio Boldrini
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duital2090-20 · 5 years ago
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parliamo di viaggio I / IV
Cosa potete fare quando viaggi? Andate ai musei!!
Il viaggio è un ottimo modo imparare nuove cose sulla storia del nostro mondo. Quando io viaggio, cerco sempre di trovare un Museo quindi imparerò nuove cose. Penso che, quando andate in un nuovo paese, dovreste andare in un museo. Se non volete conoscere storia, potreste anche andare a vedere la bellissima arte. Amo musei. Sto studiando i studi classici all’università quindi amo imparare cose sul passato.
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[eccomi! Ero molto felice di essere in un museo]
Due anni fa, sono andata in New York con le mie sorelle e siamo andate a Metropolitan Museum of Art. Al MET ho imparato molto sulla storia di molte città antiche. La mia preferita era la storia dell'antica Grecia e dell'antica Roma.
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[Questa è una delle mie statue preferite chiamata “The Head of a Youth”]
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[Questa è una statua che ho visto al Louvre chiamata “The Winged Victory of Samothrace”]
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alessandro55 · 1 month ago
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La moda nei secoli
5000 anni di eleganza maschile e femminile
testo di Mila Contini, presentazione di Emilio Pucci
Mondadori, Milano MCMLXV 1995, 318 pagine,21,5x30cm,
euro 30,00
email if you want to buy [email protected]
"Chi non vede nella moda altro che la moda è uno sciocco" diceva Balzac, e infatti, proprio attraverso le immagini di 5000 anni di eleganza, un intero arco di storia si svolge; attraverso quell'elemento imponderabile e indefinibile che è la moda, vediamo nascere e morire, affermarsi e decadere mondi e regni, popoli e nazioni. I personaggi ieratici e solenni dell'antica terra del Nilo, la grazia raffinata e solare della Grecia classica, il lusso sfrenato della Roma imperiale, la staticità orientale della sontuosa Bisanzio segnano le tappe che la civiltà sorta sulle rive del Mediterraneo ha percorso prima del Mille. E dal crogiuolo del Medio Evo nasce l'Europa, si afferma la civiltà comunale, le repubbliche marinare dominano i mercati d'Oriente, percorrono la favolosa via della seta e delle spezie, fiorisce poi splendido il Rinascimento. I commerci avevano introdotto e diffuso Fuso di preziosi broccati, dei velluti, delle sete e delle pellicce : l'abbigliamento diventa sontuoso, i copricapi si fanno immensi. Le corti europee imitano la raffinatezza e il gusto di Manto va, Urbino, Ferrara, Firenze. Poi l'impero di Carlo V si stende immenso, il cupo fasto della corte di Spagna soffoca la brillante vivacità d'Italia e di Francia e l'abito muta foggia irrigidendosi nelle stecche del vertugado e della go-lilla. Infine Luigi XIV, la corte di Versailles, la cultura di Francia soggiogano l'Europa intera, la moda dimentica la semplicità diventando stravagante e frivola anche negli abiti maschili. Il secolo nato con il Re Sole muore tra i bagliori della Rivoluzione francese, mentre già l'economia inglese è trasformata dalla rivoluzione delle macchine. Nuovi mezzi di produzione, nuovi mercati cambiano ancora il volto dell'Europa e la moda cambia se stessa; ripetendosi si rinnova. Le suggestioni del mondo classico, il mito della bellezza greca liberano la donna da corsetti e crinoline, che poi ritornano, più rigide e più ampie, imprigionando ancora una volta il corpo femminile, deformandolo con stecche e busti. Il nostro secolo vede la donna liberarsi dalle imposizioni; la moda esiste, ma non è più dettata dalle corti: la moda si piega alle esigenze della vita moderna. È una storia affascinante e suggestiva narrata in questo volume. Più di 300 documenti a colori e altrettanti in nero, alcuni dei quali assolutamente inediti, illustrano il cammino percorso dagli uomini e dalle donne attraverso i millenni. Non soltanto una storia della moda e del costume, dunque, ma anche uno specchio delle ambizioni, delle vanità, delle debolezze umane.
21/05/25
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viaggianteviaggi · 2 years ago
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Viaggio ad Atene tra miti e leggende.
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Un viaggio ad Atene è quello che devi fare se vuoi scoprire la capitale storica della Grecia. Una città sinonimo della nascita della civiltà occidentale.  È una delle città più antiche del mondo e vanta una storia che dura da oltre 3.400 anni. Atene si trova nella regione centrale della Grecia ed era una delle più grandi città-stato dell'antica Grecia. È stata la patria di filosofi e studiosi come Platone e Aristotele ed è la culla della democrazia.La città è dominata dall'Acropoli, una collina che ospita il Partenone, un antico tempio. Il Partenone è uno dei monumenti più famosi di Atene ed è un simbolo del patrimonio culturale della città. Fu costruito nel V secolo a.C. e la sua costruzione richiese circa 15 anni per essere completata. Oggi è Patrimonio dell'Umanità e la sua imponente struttura è ancora impressionante.Ad Atene, i visitatori possono fare una passeggiata nel Museo dell'Acropoli, noto per la sua collezione di sculture e opere d'arte. È una destinazione imperdibile per chiunque sia interessato alla cultura e alla storia greca. Il museo è aperto tutti i giorni e offre un'eccellente opportunità per conoscere il Partenone e vedere i suoi numerosi manufatti.
Viaggio ad Atene: il Museo archeologico nazionale ed i suoi tesori del passato
La città vanta anche una serie di altre strutture e monumenti antichi, come il Tempio di Zeus Olimpio, considerato uno dei più grandi templi dell'antica Grecia. Questo tempio fu completato nel II secolo d.C., ed è una vera testimonianza delle capacità ingegneristiche e architettoniche degli antichi greci.Un altro punto di riferimento degno di nota è l'antica Agorà, che era il mercato e il centro sociale dell'antica Atene. Oggi, i visitatori possono passeggiare tra le rovine del fiorente mercato e ammirare le diverse strutture ed edifici che un tempo si ergevano alti.Atene è una città che mostra un mix di fascino antico e modernità. Ad esempio, Piazza Omonia è uno degli incroci più trafficati e affollati della città. È una rappresentazione perfetta della vita frenetica di Atene. Qui, i visitatori possono vivere la vivacità della città ed esplorare i numerosi negozi e ristoranti presenti nella zona.Una delle cose migliori di Atene è il cibo. La cucina greca è conosciuta in tutto il mondo e Atene non fa eccezione. Qui, i visitatori possono gustare deliziosi piatti a base di ingredienti freschi come olio d'oliva, formaggio feta e frutti di mare. La moussaka, un piatto tradizionale greco a base di melanzane, patate e carne macinata, è assolutamente da provare.
L'Acropoli di Atene
Atene è anche un paradiso per gli amanti della vita notturna. La città ospita una serie di bar, club e ristoranti per tutti i gusti. Dai cocktail bar di lusso ai club underground, Atene ha tutto. Per un'esperienza unica, i visitatori possono recarsi ai bar sul tetto e gustare un drink con vista sulla città.Oltre ai monumenti e alle attrazioni, Atene è anche nota per la sua gente cordiale e amichevole. I greci sono noti per la loro ospitalità e sono orgogliosi di accogliere i visitatori nel loro paese. I visitatori possono trascorrere del tempo chiacchierando con la gente del posto e conoscendo la cultura e le tradizioni dei greci.In conclusione, Atene è una città che ha qualcosa per tutti. La sua ricca storia, la deliziosa cucina e la vivace vita notturna lo rendono una destinazione ideale per chiunque cerchi un'esperienza indimenticabile. Che tu sia interessato alla storia antica o desideri semplicemente vivere la vita frenetica di una città moderna, Atene ha tutto. Quindi, fate le valigie e dirigetevi verso questa meravigliosa città per una vacanza indimenticabile!Oppure scegliete tra le altre destinazioni europee. Read the full article
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stillucestore · 3 years ago
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"L'iconica scultura greca immortalata nel momento prima del lancio si è arricchita di una fonte di luce inaspettata. Un connubio perfetto tra storia e contemporaneità". Uto Balmoral. Discobolux Lamp di Uto Balmoral per Seletti è una lampada da tavolo in resina ispirata all'iconica opera scultorea del mondo ellenico, concentrato di suggestioni dell'antica Grecia. Una luce calda che si diffonde nell'atmosfera circostante con un flusso luminoso morbido e ambientale, perfetto per accompagnare la lettura o esaltare semplicemente le morbide geometrie. Discobolux subito disponibile e pronto per la spedizione, il regalo perfetto per il tuo Natale 🎁 Il Natale comincia dalla Luce. #StilluceStore #Seletti #Natale2022 (presso Stilluce Store) https://www.instagram.com/p/CmZedzwIFfG/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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personal-reporter · 2 years ago
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Da Aristotele a Twitter: l'evoluzione dei modi di dire nel corso dei secoli
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I modi di dire sono un patrimonio linguistico che affonda le proprie radici nel passato e attraversa i secoli, portando con sé le influenze culturali e storiche delle epoche passate. Queste espressioni idiomatiche costituiscono un affascinante ponte tra il passato e il presente, poiché molti dei modi di dire che utilizziamo ancora oggi sono stati tramandati attraverso generazioni e continuano a influenzare il nostro linguaggio quotidiano. Da Aristotele, il celebre filosofo dell'antica Grecia, fino all'era digitale di Twitter, esploreremo in questo articolo l'evoluzione e l'influenza dei modi di dire nel corso dei secoli. Origini antiche dei modi di dire: I modi di dire hanno radici profonde nella storia umana e sono stati tramandati oralmente da tempi antichi. Aristotele, il grande filosofo greco del IV secolo a.C., ha lasciato un'impronta indelebile nel mondo dell'intelletto e del linguaggio. Le sue opere sulla retorica e la logica hanno influenzato l'arte dell'argomentazione e della persuasione, creando un impatto duraturo nel nostro modo di esprimerci e di utilizzare le metafore nella comunicazione quotidiana. L'era medievale e l'influenza religiosa: Nell'era medievale, la religione cattolica ha esercitato un'enorme influenza sulla società e sulla lingua. La Bibbia è stata tradotta in diverse lingue e il suo insegnamento ha influenzato il modo in cui le persone si esprimevano e comunicavano. Molti modi di dire hanno avuto origine da passaggi biblici o da concetti teologici. Ad esempio, l'espressione "mettere la mano sul fuoco" ha radici nella storia biblica di tre giovani ebrei, Sadrach, Mesach e Abednego, che furono gettati nella fornace ardente ma non furono bruciati poiché un angelo li proteggeva. L'espressione è ancora oggi usata per indicare la piena fiducia in qualcuno o qualcosa. L'influenza della letteratura: Le opere letterarie hanno giocato un ruolo fondamentale nell'evoluzione dei modi di dire. I grandi autori hanno creato espressioni e metafore che sono diventate patrimonio comune della lingua. Ad esempio, William Shakespeare ha introdotto una vasta gamma di modi di dire nel linguaggio inglese. Espressioni famose come "Essere o non essere" da "Amleto" o "Tutti i mondi sono un palcoscenico" da "Come vi piace" sono entrate a far parte della lingua comune e sono ancora utilizzate nel contesto moderno. L'era moderna e i modi di dire contemporanei: Con l'avvento dei mezzi di comunicazione di massa, come la stampa e la radio, i modi di dire hanno iniziato a diffondersi più rapidamente e a raggiungere un pubblico più ampio. Con l'avvento della televisione e dei mezzi di comunicazione digitali, i modi di dire hanno continuato a evolversi per riflettere i cambiamenti sociali e culturali. Nuove espressioni sono entrate in uso comune e molte di esse sono state influenzate dallo slang giovanile e dalla cultura popolare. L'influenza dei social media: Con l'avvento dei social media, come Twitter, Facebook e Instagram, la diffusione dei modi di dire si è accelerata ulteriormente. La brevità dei messaggi sui social media ha portato alla creazione di nuove espressioni brevi e immediate, come "OMG" (Oh mio Dio) e "LOL" (Ridendo a crepapelle), che sono diventate parte integrante della comunicazione online. Inoltre, i social media hanno contribuito a diffondere modi di dire e espressioni idiomatiche da un paese all'altro, rendendo il linguaggio ancora più interconnesso e globale. Da Aristotele a Twitter, queste espressioni idiomatiche hanno attraversato epoche e culture, adattandosi ai cambiamenti sociali e tecnologici. Continuano a svolgere un ruolo vitale nel nostro linguaggio quotidiano, aiutandoci a connetterci con il nostro passato e a riflettere sulle trasformazioni della nostra società. Fonti: - https://it.wikipedia.org/wiki/Aristotele - https://it.wikipedia.org/wiki/Religione_nel_Medioevo - https://it.wikipedia.org/wiki/Letteratura_medievale - https://it.wikipedia.org/wiki/William_Shakespeare Read the full article
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bruskous · 7 years ago
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Apro Facebook, vedo cosa piace alle persone, esco da Facebook terrorizzato. Che qualcosa sia andato storto dai tempi dell'antica Grecia ad oggi è evidente. Citando Sini "uno non può interessarsi di tutte quelle vaccate, perché se conosce Platone non ce la farà, è impossibile, mi spiego?". Non voglio certo dire che bisogna SOLO parlare di filosofia, ma se pensiamo che il massimo divertimento per la gente comune, spesso analfabeta, era assistere alle tragedie che hanno fatto la nostra storia e, per i più audaci, indagare problemi di natura matematica... ed era per loro un grande diletto, gente che usava a malapena i cavalli (ai tempi di Omero si dice che il cavallo non fosse ancora del tutto addomesticabile) eppure aveva una profondità che non era straordinaria, semplicemente normale! Platone scrive (nell'Apologia se non sbaglio) che non importa vivere quanto vivere bene, e non intendeva secondo agio e comodità, ma bene, cioè secondo virtù, ricercando, dialogando, e per quale motivo? Per la libertà. E io farei una grande puntualizzazione alla Costituzione italiana: il lavoro rende sia liberi che schiavi, dipende come si vive. Ma forse i padri costituenti erano talmente avanti che dicendo che il lavoro rende liberi avevano già pensato, come presupposto implicito, il vivere bene, secondo virtù. Forse hanno sovrastimato un po' le nostre capacità?
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daniela--anna · 4 years ago
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"I più coraggiosi, sono sicuramente quelli che hanno la visione più chiara di ciò che è davanti a loro, gloria e pericolo allo stesso modo, e nonostante ciò, escono per affrontarlo"...
~Tucidide~
Tucidide, figlio di Oloro, del demo di Alimunte ( Alimunte, 460 a.C. circa – Atene, dopo il 404 a.C., ma, secondo altri, dopo il 399 a.C.), è stato uno storico e militare ateniese, tra i principali esponenti della letteratura greca.
Grazie al suo capolavoro storiografico "La Guerra del Peloponneso" che insieme all'opera erodotea costituisce una delle fonti principali di storia antica, gli studiosi e storici moderni hanno potuto ricostruire alcuni eventi della dell'antica Grecia.
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uriello-bello · 5 years ago
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AD&D: Advanced Dedication&Delusion
"Ah sì, ne ho letto a riguardo. Quindi Tartaret aveva ragione, dopotutto" Mellico de Platacuna, L'aspirante diplomatico Significato del nome: "Mellico" è un raro cognome presente in Patagonia, nonché un termine in un dialetto sudamericano che indica una persona amica. Il nome richiama anche i termini "mellito", e "melico", un tipo di componimento poetico cantato che accompagnava la musica nell'antica grecia, oggigiorno noto come lirica. Melico è anche il nome d'arte di Manuel Salazar, tenore portoricano. "De" veniva comunemente usato nei cognomi dell'antica nobiltà spagnola mentre "Platacuna", letteralmente "culla d'argento", è la fusione di due frasi provenienti dalla cultura spagnola e inglese; Essere nato in culla d'oro e Essere nato con un cucchiaio d'argento in bocca. Servono a indicare l'origine benestante nonché l'essere nato da due diverse società. Lui: Rampollo ultimogenito della famiglia nobiliare de Platacuna, Mellico è nato e vissuto attraverso gli influssi e la coesistenza di due culture. Se per molti mezz'elfi il senso di non-appartenenza e il divario tra le due specie è assai comune, l'ambiente e l'educazione nobiliare hanno mitigato, se non completamente annullato, questo possibile risvolto psicologico. Sottoposto al rigido schema educativo dell'alta società Mellico ha appreso tramite educatori e scuole private svariate discipline e aspetti dello scibile: dall'alfabetizzazione alla matematica, dal galateo alle conoscenze arcane, dalla scherma alla religione, dalle arti alla caccia, dalla storia alla politica. Unito a tutto questo, Mellico ha sviluppato in special modo un interesse nel campo della linguistica, delle arti e dell'entoantropologia a cui tanto dedicava il poco tempo libero a disposizione. D'indole placida e nonviolenta, Mellico è fermamente convinto delle possibilità espresse dalla lingua, dal dialogo e dalla diplomazia non solamente come mero mezzo per accordi economici-politici, ma principalmente nella sua forma culturale. Quasi trentenne, Mellico ottenne un impiego per raccomandazione del padre; L'approccio interamente teorico finora sostenuto e l'autostima costruita nei decenni si scontrarono con la durezza dei fatti. Nonostante l'approccio maturo e la comprensione del problema, i miglioramenti tardavano a palesarsi. La svolta avvenne in un pomeriggio pigramente passato nella biblioteca di famiglia, quando l'occhio colse una frase. "Era sempre estremamente sensibile all'origine sociale dei popoli, per questo basta vivere in mezzo ai cafoni". Convinto dei benefici di un'esperienza lontano da casa e tra i cafoni, Mellico convinse i genitori a fargli intraprendere un'esperienza formativa di vita lontano dalle sicurezze e gli agi della condizione familiare, ma...possibile che anche questo non fosse abbastanza? Da qui in poi è tutto da annotare. Classe: Bardo (Possibile sviluppo: Psionico. La necessità di trovare metodi di comunicazione alternativi e la possibile contrarietà alla diplomazia all'interno del gruppo può portare Mellico a sviluppare poteri mentali per migliorare le sue possibilità di successo nello stabilire contatti) Arma: Rapier, Flauto di Pan Allineamento: Legale Buono Pregi: -Avendo trascorso tutta la sua vita a leggere e a studiare, Mellico ha sviluppato varie tecniche di apprendimento e di memorizzazione, efficaci soprattutto se applicate a qualcosa scritto. -Nonostante sia riottoso a farne uso l'influenza e la nomea della famiglia de Platacuna è nota nella bocca delle persone e, generalmente, può essere considerato un comodo lasciapassare Difetti: -Non è che non conosca il valore dei soldi, essere di buon lignaggio non significa necessariamente essere un pelandrone viziato. Il fatto che sia ben conscio del valore dei soldi significa che utilizza il loro valore come linguaggio aggiuntivo per la sua diplomazia, aprendo troppo le tasche. -Vivere ogni giorno in un mondo che presta estrema attenzione a nomee, titoli e gerarchie può influenzare gli animi più malleabili. Mellico può essere facilmente assoggettabile dalle figure autorevoli -Mellico ha una personalità che si può definire bendisposta con le persone, per questo ha una tendenza al perdono e al dare qualche chance di troppo anche a chi non se le merita; le persone per questo lo considerano anche un idiota Oggetti peculiari: Taccuino, Anello-sigillo Influenze: -Considerazione personale sulla pochezza della diplomazia tra i giocatori -"Carisma? Weeh!" (The Gamers: Dorkness Rising) -Nobiltà spagnola di fine XVII° secolo -Illuminismo -Romanticismo europeo -Faerie Queene -Ignazio Silone -"The Emperor's New Clothes" (Hans Christian Andersen) -Tam Elbrun (Star Trek: The Next Generation)
"Il mio nome? Oh, ne ho avuti tanti, La picchiatrice magica...da bambina mi chiamavano Il bullo di Cater Street" Sweetchild K'lettereacazzodicanesenzavocali, La disinfestatrice dell'occulto Significato del nome: Il nome riprende il classico clichés dei cognomi fantasy formati da sostantivo-aggettivo/aggettivo-sostantivo, ovviamente è stata ripresa la canzone dei Guns n' Roses "Sweet Child O' Mine" che si contrappone agli usuali toni epici. Il cognome è una semplificazione nonsense sull'idea dei cognomi orcheschi secondo delle suore razziste. Un minuto e trentasette secondi fu la durata dell'effetto di un esperimento in un centro di ricerca magica attua a sviluppare gli incantesimi sui portali magici. Gli effetti collaterali furono svariati quando la rete di portali interconnessi si espandeva momentaneamente fuori controllo, fra questi ci fu anche un'infante orco che sparì dalla sua culla e comparve all'interno di un orfanotrofio gestito da suore. Sicuramente rinforzava gli stereotipi, ma Sweetchild crebbe fin dall'infanzia come quello che ci s'aspettava da un orco: prepotente, sbrigativa, facilmente irritabile e manesca. Le suore pensarono male di poter sfruttare la sua figura per fare propaganda e proselitismo cercando di indirizzare la giovane nella sacralità. Un tentativo venne fatto anche cercando un approccio con la magia, ma la ragazza si scoprì essere di più di quello che ci s'aspettava da una della sua specie. Compresa la struttura basilare della magia e della sua natura olistica, Sweetchild fu in grado di apprendere aspetti della magia che cercavano di tenergli preclusa. Fortunatamente maggiorenne, Sweetchild fu buttata fuori dall'orfanotrofio quando iniziò ad utilizzare magie piromantiche per bullizzare e sperimentare magie troppo pericolose. Con la necessità di trovarsi un lavoro Sweetchild aprì un ufficio, offrendo di eliminare ogni problema di natura sovrannaturale della città. Tra il costo della vita, i danni da ripagare  e l'occasionale problema giudiziario Sweetchild è pronta ad accettare ogni caso ben pagato. Da qui in poi è tutto da annotare. Classe: Mago (Possibile sviluppo: Monaco. Essendo conscia del suo carattere e di come sia un impedimento al suo lavoro e alla sua vita può prendere in considerazione di sottoposti ad allenamenti di autocontrollo) Arma: Bastone ferrato (Idealmente: Guanti tirapugni) Allineamento: Caotico Neutrale Pregi: - Difetti: -Sweetchild, a causa del suo peculiare cognome e all'incidente nella sua giovinezza, si trova in uno stato di disagio che può facilmente scadere in una reazione aggressiva quando si trova di fronte a parole lunghe e complesse, essendo di fatto hippopotomonstrosesquipedaliofobica Caratteristiche peculiari: -Per aggirare la sua fobia, odiando di fatto persino il suo nome, adopera frequentemente numerosi soprannomi e incita gli altri ad usarli e ad inventarne di nuovi. -L'incidente le ha causato una bruciatura di secondo grado allo scalpo, facendole perdere completamente la ricrescita dei capelli. Indossa una parrucca e vestiti alla moda umana per avvicinarsi alla specie. Influenze: -Fantasy umoristico -Harry Dresden (The Dresden Files)
"Non avrai paura se...si è finalmente alzato...una grande luce rossa" Barduk The Heptahedron, Il veggente ciarlatano Significato del nome: Barduk è un villaggio rurale al confine tra Iran e Turchia, nella lingua aborigena significa anche "essere vicino" e venne usata per classificare una specie di anellidi. Una parola simile è usata per indicare una persona trapassata.   "Barduk" si risvegliò in una landa. Analessi. "Barduk" non sembrava diverso o uno di quelli destinati ad allontanarsi dalla classica vita della sua specie; forse era un po' più basso della norma, ma si allontanò presto dal nido famigliare per contribuire agli studi della loro maledizione; un classico considerando che l'altra alternativa più famosa e frequente fosse diventare un qualche furfante o sgherro sacrificabile alla mercé di qualche attività losca. Ah sì, guardava spesso anche il cielo. Riuscito ad entrare a far parte degli allievi di un mago, la sua fretta e la necessità di primeggiare lo portarono ad ardire troppo, dimostrando che in fondo c'è un motivo per cui i kenku furono maledetti. Scoperto dal mago che si sentì tradito nella fiducia, "Barduk" venne ulteriormente maledetto con un incantesimo amnestico e affidato agli altri allievi affinché lo allontanassero. Usato come cavia per un incantesimo di teletrasporto, benché gli altri non fossero un numero esiguo ma pur sempre alle prime armi, riuscirono a malapena e con una totale assenza di controllo a riuscire nel loro intento. Ma tutto ha un costo: spedito chissà dove, assieme a "Barduk" viaggiò l'intera eredità magica innata di uno studente. "Barduk" si svegliò in una landa. "Barduk" si svegliò senza memoria con un corpo che non riconosceva e, chissà perché, incapace di parlare correttamente. Viaggiando lungo i sentieri notò che le poche persone incontrate non condividevano il suo stesso corpo e le loro reazioni non erano rassicuranti, eppure il suo cervello funzionava bene e attraverso prove ed errori comprese come convivere con quel corpo. Guardava spesso anche il cielo, chissà perché. La prima civiltà insediata che incontrò non gli fu favorevole. Seppur allontanato a forza, nella notte "Barduk" ritornava per strisciare fino a raggiungere il retro della tenda dello sciamano del villaggio e ascoltava, chissà perché ascoltare gli faceva bene. Tutto questo avvenne per giorni, poi settimane. C'era però qualcosa che non capiva in quello sciamano, perlomeno gli era chiaro che si chiamava Barduk. Quella sua routine non poteva però durare a lungo; temendo di essere scoperto "Barduk" s'intrufolò nella tenda di Barduk. La visione improvvisa della figura inumana che entrava fu abbastanza per il vecchio che morire di crepacuore. "Barduk" si guardò intorno, la tenda interamente schermata all'ingresso da un telo permetteva una riservatezza totale allo sciamano. Degli uomini entrarono nella tenda senza permettersi di attraversare il telo, impanicato "Barduk" parlò attraverso la voce di Barduk, rassicurati gli uomini uscirono. Barduk comprese la vita della sciamano e si rese conto che poteva farla anche lui. Non fuggì subito, viveva delle offerte della popolazione e praticava esercizi divinatori per soddisfarli, a volte gli bastava enunciare frasi enigmatiche sul tempo di domani. Fuggì prima che l'odore di cadavere fosse troppo evidente. Attualmente Barduk continua questo stile di vita girando la stessa zona geografica viaggiando per paesi e villaggi vendendo parole vuote sul futuro e previsioni climatiche, ma tutto questo non durerà a lungo. Barduk è stanco, non può continuare a vivere alla giornata, ma soprattutto non vuole più essere solo. Da qui in poi è tutto da annotare.   Classe: Stregone (Specializzazione: Divinazione) Arma: 2 Pugnali e una balestra Allineamento: Caotico Neutrale Pregi: -Barduk sembra avere una spiccata abilità per predire i mutamenti climatici e le sue previsioni diventano sempre più precise ed accurate più tempo passa nella stessa zona. -Barduk, mosso dalla necessità di sopravvivere con i limitati mezzi a sua disposizione, ha sviluppato una certa bravura nell'arte dell'improvvisazione. Difetti: -Colpito dagli effetti di un'amnesia retrograda Barduk scopre ogni giorno qualcosa di nuovo sul mondo rendendolo particolarmente inefficace nei vari campi delle conoscenze -La maggior parte delle persone che vedono Barduk per la prima volta non hanno una buona impressione di lui e raramente i commenti su di lui sono elogiativi. Preso singolarmente viene considerato vulnerabile ed una facile preda Oggetti Peculiari: -Corda nera e pietruzze. Un semplice oggetto di scena. Caratteristiche peculiari: -Barduk ha una cicatrice sotto forma di crepa nel lato destro del becco -Barduk inspiegabilmente indossa sempre vesti grigie, viola o che presentano entrambi i colori Influenze: -L'allegoria cristiana nella letteratura per ragazzi -Narratore inaffidabile -The Man from Earth -Barduk Dar Buk (Personaggio mai sviluppato)
"Senti, piccolo fringuello di palude, non voglio un trattamento di favore" Gilda "Frida" Petroselli, La mancata pornostar Significato del nome: Frida era l'iniziale prima scelta divenuto in seguito il nome della falsa identità. Gilda era il nome di un locale di spogliarello nella mia città locale, chiuso a causa di un proprietario che favoreggiava la prostituzione. Nemmeno il cognome ha una particolare motivazione. Petroselli senior, povero compianto Petroselli senior. Aveva avuto una grandiosa idea per assicurarsi l'esclusiva di una nuova fetta di mercato. L'idea gli venne con l'incontro di un gruppo di invocatori approfittatori; chiedere favori alle divinità non è poi così inusuale; pensare di comprarli? Meno. Ma piegarne una al proprio volere per usare la divina concezione e creare un nuovo feticismo pornografico? Nulla servì veramente a qualcosa, né i preparativi, né le precauzioni, né le offerte, le congiunzioni propizie o l'essersi rivolti a una divinità minore: Petroselli senior venne graziato a portare per nove mesi in grembo il suo malgiudizio. Nove mesi dopo nacque Gilda, che poco aveva d'umano. In tutti quegli anni Gilda non riusciva a dire se veniva cresciuta con fare paterno, ma poteva di certo dire che si prendevano molta cura di lei, fornendogli attenzioni e la migliore vita che poteva sperare. Gli anni del consenso passarono e diedero il loro frutto di giovane donna. Scoperto il segreto del suo aspetto e il motivo della sua nascita dalla bocca di suo padre Gilda reagì all'istante decapitandolo con un calcio. Dopo essersi resa conto della gravità che pendeva sulla sua situazione scappò senza un piano, preoccupata sulla riuscita della sua fuga. Cercò asilo presso una setta monastica dove fu sicura di trovare quello che cercava: momentaneo riparo, apprendere particolari tecniche di meditazione e controllo corpo-mente per raggiungere l'astinenza sessuale e persone che la praticassero. Lasciata la setta dopo qualche anni e ancora preoccupata dal passato, "Frida" non passa mai lunghi periodi nella stessa città, in genere accorciati a causa delle reazioni alle molestie, dove svolge il primo lavoro accettabile che riesce ad ottenere. Da qui in poi è tutto da annotare. Classe: Monaco Arma: Disarmata, specializzata in calci Allineamento: Caotico Buono Pregi: -Anni di allenamento, alimentazione e cure hanno sviluppato al meglio il peculiare corpo di Gilda fornendogli una forma fisica e delle capacità atletiche fuori dalla norma -Gilda non è stata cresciuta solamente per avere un buon corpo, ma anche per essere una bellezza mozzafiato. La sua bellezza naturale è stata migliorata e ritoccata con la chirurgia estetica. Le persone sono generalmente bendisposte con un bel faccino. -Disprezzare apertamente la sessualità e gli approcci non richiesti su base giornaliera hanno contribuito a rendere Gilda non impressionabile e maldisposta ai tentativi di manipolazione e seduzione Difetti: -La rivelazione sul motivo della sua nascita ha lascia Gilda enormemente scossa al punto da essersi promessa di non avere mai a che fare con la sfera sessuale. Se provocata, molestata o se assiste a delle molestie reagisce prontamente e in modo violento. -La sua natura divina può avergli fornito molti vantaggi, tuttavia non gli permette il lusso di passare inosservata. Difficile non notarla. Caratteristiche peculiari: Gilda è un'umana dal sangue divino. Le caratteristiche fisiche anormali abbondano: pelle celeste, lineamenti somatici allungati, assenza di peli nel corpo, capigliatura ottenuta con un trapianto sintetico, altezza ben sopra la media, corporatura allungata. Influenze: -Tropo "Superarma nata in laboratorio" -Un vecchio fumetto ormai disperso
"E siamo a quattro" Hipetic Treuebonn Significato del nome: Hipetic è la storpiatura involontaria del cognome della pittrice croata d'arte naif Jasminka Stipetic. Treuebonn è il rimaneggiamento di Traubonn, che molti anni addietro doveva essere il primo personaggio. Treue significa in tedesco fedeltà, inoltre la sua pronuncia fonetica è "Troie". Hipetic aveva ormai quasi raggiunto la metà del ciclo vitale senza essere mai uscito dai confini della contea. Nei decenni che si accavallarono Hipetic acquisì esperienza, si fece un nome, avviò un'attività, divenne un proprietario terriero nel campo dell'allevamento bovino, si sposò ed ebbe una famiglia. Nonostante tutto questo sarebbe potuto essere ben più ricco di quel che è, ma per Lei spendeva cura, attenzioni e ovviamente soldi. Spendeva più per Lei che per se stesso, la tenuta o la famiglia. Non era solo una questione di soldi, ma anche di considerazione, importanza e legami. Quando c'era brutto tempo, soleva andare a passare la notte con Lei nel suo giaciglio, per Lei ingaggiò un musico affinché suonasse per Lei. Con Lei, il loro nome divenne noto nella contea come coppia affiatata e imbattibile, portandosi per nove anni consecutivi il primo premio di bellezza alla fiera annuale di contea. Se anche non avessero mai vinto i sentimenti di Hipetic non sarebbero cambiati, lui era orgoglioso di Lei. Mancavano pochi mesi alla decima vittoria quando, rincasando, seppe dalla moglie novità riguardanti degli uomini del governo. Aumento delle tasse, forse una guerra o un'invasione imminente, Hipetic scrollava le spalle d'indifferenza a quegli argomenti. La sua reazione cambiò quando sua moglie dovette informare che tra gli averi confiscati dagli uomini c'era anche Lei. Rimase in silenzio per tutta la sera, poi s'incazzò come una bestia; il giorno seguente si preparò e lasciò la tenuta incamminandosi verso la capitale. Questa è la storia di un nano e della sua vacca. Da qui in poi è tutto da annotare. Classe: Ranger (Possibile sviluppo: Barbaro.) Nemico Prescelto: Umani e tutte le loro progenie Arma: Accetta e frusta Allineamento: Caotico Neutrale Pregi: -Sostenere quasi un secolo d'attività come proprietario di un'allevamento non è un lavoro semplice. Hipetic per questo ha lentamente sviluppato un particolare sonno leggero. Difetti: -Hipetic non è razzista, ma sono gli umani e le loro progenie che hanno rotto i coglioni. Se restavano a casa quel giorno, non staremmo qua a bacarci i coglioni. I rapporti con uomini, mezz'elfi e mezz'orchi potrebbero essere più difficili del solito. -Hipetic non sa nuotare. Caratteristiche peculiari: -Hipetic ha cinque figli, questo significa che per il bene della famiglia ingoia cinque insulti se vengono indirizzati a qualcosa a lui caro. Al sesto insulto alza indistintamente le mani, inclusi amici. Hipetic tiene il conto e ricorda. Hipetic non scorda. Influenze: -Mio babbo -Traubonn
"Nell'encardia c'è un potente veleno. Come lo so? Ma è l'arma segreta di Jillus, l'assassino millemiglia!" Daniel (?), L’avventuriero genuino Significato del nome: Per qualche motivo tutti i Daniele che ho conosciuto erano persone di corporatura enorme anche senza un allenamento fisico. Proveniente da una famiglia di braccianti, Daniel è venuto alla luce portando con sé due doni: una stazza fisica di tutto rispetto e un'intelligenza inusuale, portata all'eseguire gli ordini. Persa nelle ripetute azioni meccaniche del lavoro agricolo la sua mente andava altrove, oltre le montagne, attraverso le città fortificate, i mari in tempesta e le pianure degli gnoll. Appassionato dalla fabula, le leggende e la storia militare degli eroi tutto questo divenne più di una passione, scivolando ben presto nell'ossessione monomaniacale. Dovendo contribuire alla leva militare, suo padre non ebbe dubbi di quale figlio poteva liberarsi  momentaneamente spedendolo in caserma. Sebbene considerato da sempre e da tutti un mentecatto, Daniel primeggiava alternamente nei risultati; tutto questo non era dato soltanto dalla sua propensione a seguire gli ordini quanto un'intelligenza insospettabile mirata nella memoria e nella coordinazione fisica esclusivamente dedicata alla sua ossessione. Uscito di caserma e rinfrescato nell'autostima, Daniel sentiva che poteva perseguire la strada che l'avrebbe portato assieme alle figure del suo mito personale Venne preso da una compagnia in rapida ascesa come scudiero. Di ruolo scudiero, di fatto garzone. Mai valorizzato, venne sempre rilegato a ruoli di fatica in retrovia. La compagnia sbandò e si disperse quando il loro eroe rimase ucciso. Senza più una motivazione per rimanere in piedi, la compagnia si disgregò velocemente e ognuno prese la sua strada. Abbandonato e rimasto solo e, per la prima volta nella sua vita, senza una guida. Da qui in poi è tutto da annotare Classe: Guerriero Arma: Spada lunga e scudo tondo Allineamento: Neutrale Buono Pregi: -Daniel è un idiota sapiente con una grande memoria e intelligenza cinestetica, tuttavia può applicare le sue capacità solamente in direzione del suo unico interesse: gli eroi. Difetti: -A causa della sua condizione mentale Daniel non è propriamente in grado di badare completamente a se stesso Caratteristiche peculiari: -Seppur sbiadito e con la vernice rovinata in più punti i più attenti possono notare un noto stemma impresso su cotta e scudo Influenze: -Il concetto di avventuriero ed eroismo classico nei giochi di ruolo -Fafhrd (Fafhrd&The Grey Mouser) -Me stesso -Young McGuffin -Sigau Nogau
Jessika Apgast Star Jon Painkiller Sigau Nogau
Jim "Uriel" Marks, La spia industriale Significato del nome: Un fedelissimo di una città-stato lapine impiegato nello sviluppo bellico e tecnologico. E'stato scelto per viaggiare nei pericoli del mondo esterno per rubare e copiare ogni idea utile. Sorriso, aspetto e parlantina mentono. Classe: Artificiere Armi: Due pugnali e una peparola Allineamento: Legale Neutrale Influenze: -Uriel Swain -Marco Polo -Società giapponese durante la politica Sakoku -Società giapponese nel periodo post-occupazione -Mouse Guards e Watership Down
Umano ladro, La prima donna Un mediocre attore teatrale di drammi avventurosi presso una piccola compagnia itinerante. E' egotisticamente convinto di se stesso e di poter fare qualsiasi cosa. Criticato da un pubblico più raffinato, è convinto di poter essere in grado di essere persino il ruolo che interpreta. Viaggio sabbatico ispiratore. Influenze: -Grey Mouser (Fafhrd&The Grey Mouser) -Danny Kaye -"Io so far tutto anche meglio di te" (Popeye) -Stanis La Rochelle (Boris)
Umano warlock, Il dropout universitario Uno studente accademico di magia che per superare un esame acconsente di siglare un contratto di favore. Divenuto l'apporto energetico di un parassita emotivo dei piani esterni ha acquisito poteri e conoscenze superiori alle sue necessità al prezzo della capacità di provare stimoli. Totalmente apatico, è stato portato di peso all'avventura da amici convinti di poterlo scuotere e di approfittare dei suoi poteri. Classe: Warlock Allineamento: Neutrale Puro
Umano paladino, L'esattore Riuscito ad entrare a far parte dei cavalieri del regno, inizia dal gradino più in basso senza partecipare a nessun impegno importante per lungo tempo. Nascosto sotto un'armatura completa, è la guardia scelta dell'esattore delle tasse con lo scopo di intimidire e far rispettare la volontà del sire. Avviene un coup d'etat che rovescia la corona. Ricercato come nemico del popolo, deve abbandonare il sogno da paladino, l'armatura e la provincia. Cerca di ottenere ugualmente quello che non è riuscito ad avere
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SPECIALE GRECIA - RHODOS...☀️🏝l'isola del RELAX tra calette e MARE CRISTALLINO e capitale del DIVERTIMENTO con oltre 100 locali tra pub e discoteche. SI narra la leggenda che Apollo, il Dio Sole, l'abbia scelta come casa e che sia per questo motivo che a Rodi ci sono 300 giorni di bel tempo all'anno. Rodi infatti è un'isola magica, dove immergersi nella storia millenaria dell'antica Grecia e passeggiare tra le mura della sua città medievale (Patrimonio dell'Unesco), ma anche cambiare spiaggia e panorama ogni mattina, scegliendo un giorno di poltrire in una caletta di sabbia deserta e il giorno dopo di dedicarsi al kitesurf e ai lidi più frequentati. 👉PRENOTA SUBITO :) Partenza da Catania / chiedi per le altre città... https://www.instagram.com/p/Bu5tkpXFOCK/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=1e6rweopxbdid
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