#Scalata
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fallimentiquotidiani · 2 years ago
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persa-tra-i-miei-pensieri · 2 years ago
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13° giorno
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dimensionesogno · 2 years ago
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PELLEGRINO
Pellegrino, non si passa così dentro una rosa. Quando sei entrato come luce nella mia stanza, adorna di cianfrusaglie, la polvere si è alzata lenta e ha tolto al tempo la sua connotazione di misura, come nei sogni. C’erano binari saldi a terra per il passaggio dei treni: morte, vita, andare, restare. Mi tormenta come un dondolo il giro della vite nel legno del pioppo, l’ombra sta scemando, è…
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kon-igi · 5 months ago
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I veri uomini camminano tacendo e senza vantarsi del dislivello in salita di 103 metri a un'altitudine di 900 metri con un tasso di ossigeno da bombola per scalata Everest, una borsa pesante e nel cuore i peccati dell'intera umanità di cui farmi carico.
Il fatto che il cardiologo mi abbia intimato di dimagrire è assolutamente accidentale.
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diceriadelluntore · 26 days ago
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Storia Di Musica #378 - The Doobie Brothers, Minute By Minute, 1978
I dischi della Rubrica di Giugno verteranno su dischi, per me molto belli, di gruppi che hanno una formazione a sei. Nella musica pop il sestetto è ancora più raro che nel jazz, però spulciando nella mia discoteca ho trovato delle belle storie da raccontare e ottimi dischi da ascoltare.
Si inizia oggi con una band che nasce, verso la fine degli anni '60, a San Francisco, dalle ceneri di band attive nella Bay Area. Il chitarrista Tom Johnston e il batterista John Hartman arrivano dal country che suonavano nei Pud (nati da un'idea di quel genio che fu Alexander Skip Spence, ex Moby Grape), a cui si aggiunge un bassista, Dave Shrogen e un altro chitarrista, Patrick Simmons, proveniente dagli Scratch. Si trovano un nuovo nome, The Doobie Brothers (con doobie che è uno slang per lo spinello) e iniziano una storia che durerà fino ad i nostri giorni, ma che nel decennio '70 li vedrà protagonisti di una scalata ai vertici, di qualità e di successo, grandiosa, attraverso alcune delle canzoni definitive degli anni '70.
Sin da subito la formazione ha dei puntellamenti: dal secondo disco, Toulouse Street (1972) entra in formazione Tiran Porter, bassista anch'egli proveniente dagli Scratch, a cui si aggiunge la seconda batteria di Michael Hossack. In questo disco, collabora il grande pianista dei Little Feat Bill Payne. Da questo punto, musicalmente, la band inizia a plasmare un suono particolare, con rimandi al soul, al gospel (soprattutto perchè, cosa piuttosto rara, tutti i musicisti sanno cantare bene) al funk che si pone a metà strada tra il grande cantautorato californiano e la musica potente del rock sudista alla Allman Brothers Band o Lynyrd Skynyrd. E sono dei grandissimi scrittori di hit, con alcune delle canzoni più belle degli anni '70: Listen To The Music (da Toulouse Street), la meravigliosa Long Train Running (uno strumentale in repertorio già da tempo dal vivo, canzone che passa spesso alla radio anche oggi), Take Me In Your Arms (cover di una hit precedente degli Isley Brothers, da Stampede, del 1975). La svolta definitiva arriva con l'ingresso in formazione di Michael McDonald, cantante e tastierista che aveva collaborato con gli Steely Dan: voce da nero su pelle bianca con gli occhi celesti, McDonald con la sue tastiere diviene il terzo centro tra Johnson e Simmons, che trovano una nuova alchimia per due dischi: Takin' It To The Streets (1976) e Livin' On The Fault Line (1977), poi Johnson se ne va, per gravi problemi di salute, e con l'ingresso in formazione in questi due dischi di Jeff Baxter, eccelso chitarrista già con gli Steely Dan, la formazione dei Doobie Brothers diviene un sestetto che nel 1978 scrive il suo capolavoro.
Minute By Minute esce nei negozi il 1 Dicembre 1978: si ridefisce il suono con un apporto più ricco e soul in tutto il disco e un'enfasi maggiore sui fiati e sul pianoforte di Michael McDonald rispetto alle chitarre di Patrick Simmons o Jeff Baxter. Che però si ritagliano il loro spazio in alcune grandi canzoni, come dimostrano la rockeggiante e tagliente Don't Stop To Watch The Wheels e Steamer Lane Breakdown dalle influenze bluegrass, a dimostrazione della loro enciclopedica ampiezza di repertorio. Quella che viene elevata a grandezza è la scelta di ritmi funky (Minute By Minute, per esempio, dallo spiccato grrove) e la voce tenorile slanciata di McDonald, che qui scrive una delle sue più grandi canzoni in What A Fool Believes, canzone che da sola vince 3 Grammy Awards. È ancora tutto molto avvincente, anche se il suo fascino non potrebbe essere più diverso dai precedenti lavori del gruppo (ad esempio, The Captain And Me, altro capolavoro del 1973). Il pubblico lo ha adorato, comprando qualcosa come tre milioni di copie, in classifica per 87 settimane e Minute By Minute vinse, oltre ai 3 per What A Fool Believes, anche il Grammy Award come Best Pop Vocal Performance by a Duo or Group , proiettando il gruppo al suo più grande successo di sempre.
Il momento grandioso della band continuerà con la sentita e fortissima esibizione ai concerti contro il nucleare No Nukes tenuti a New York nel 1979 e con One Step Closer, disco del 1980, altro successo commerciale, dove la formazione si allarga a 7 musicisti. McDonald scrive solo un brano, poi porta la band in un lungo tour di due anni che si trasforma in una sorta di lungo addio, con un disco doppio Lp dal vivo che esce nel 1983, Farewell Live. La band si riformerà molte volte, la prima nel 1989 senza McDonald con Cycles (che pur essendo un disco bruttino venderà un milione di copie ed ebbe un tour seguitissimo nelle Arene statunitensi) e con continui cambi di formazione suonano ancora oggi; una musica è bene sottolineare abbastanza lontana dal loro sofisticato e a tratti irresistibile pop degli anni d'oro, che, e succede poche volte, è perfetto da ascoltare in uno dei tanti Greatest Hits del catalogo Doobie Brothers.
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solosepensi · 7 months ago
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"Due etti di felicità, grazie".
~Mi spiace, signorina, ma non vendiamo felicità qui.
"Capisco. Sa dove posso comprarla?".
~Provi a chiedere più avanti, alla bancarella in fondo alla strada, il signor Destino so che qualche volta l'ha venduta.
~Grazie.
~Lei è il signor Destino?.
"In persona".
~Vorrei due etti di felicità, per favore.
"Ah, mi dispiace, non vendo felicità".
~E perché mai?
"Perché la felicità non si vende e non si compra".
~Sì, ma io ne ho bisogno, devo trovarla subito e so che lei è l'unico a potermi aiutare.
"Le ripeto, io non vendo felicità, semmai la regalo".
~Allora me la regali!.
"Se la vuole sono cento sassi".
~Cento sassi? E dove li trovo ora cento sassi? E come può una ragazza come me portare cento sassi?
"Veda lei, quando avrà portato i sassi le darò la felicità!"
~Tenga i suoi sassi, è stata una fatica enorme trovarli e poi trascinarli fin qui. Ci sono stati momenti in cui ho creduto di non farcela.
"Ma alla fine ce l'ha fatta... Bene, ecco la sua felicità".
~Posso chiedere come mai mi ha chiesto questi sassi?
"Molti credono che la felicità sia una semplice scelta: vado al bazar, la voglio, la compro.
Non sei felice?
Colpa tua, in fondo la felicità è nelle cose semplici. Questo è quello che si crede.
Si pensa che basti convincersi di essere felici per esserlo davvero. Ma la felicità è una cosa diversa, profonda, a volte capita, o meglio sono io a farla capitare, e altre volte è un'immensa conquista, la cima di una montagna scalata con caparbietà,
il frutto di una grande fatica passata attraverso il dolore.
I sassi non sono altro che il suo lasciapassare per la felicità, signorina".
~Ma perché non chiedere un solo sasso? O dieci magari?
"Perché per raccogliere e portare pochi sassi ci vuole un giorno ma per portarne cento ci vogliono molti giorni".
~Dunque?
"Dunque la tristezza, il dolore, la rabbia, hanno bisogno di molti giorni per essere ascoltati e capiti. In un giorno puoi mettere da parte tutte queste cose, prendere la felicità e indossarla come una maschera ma ti servono più giorni per comprendere la tristezza e il dolore, per cullarli, e per far sì che alla fine la felicità ti entri dentro fino ad appartenerti davvero"...
~ Sabrina Ferri
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tittiloi · 2 years ago
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La scalata ©Tiziana Loiacono
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blacklotus-bloog · 2 months ago
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L'andare...
... da un mondo che conosciamo a uno di muta meraviglia. È come l'ansia di un bimbo la cui visuale è una collina, Oltre la collina è magia e ogni cosa sconosciuta, ma il segreto compenserà la scalata solitaria.
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Emily Dickinson
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i-am-a-polpetta · 4 months ago
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faccio pronto assistenza buongiorno dalla cyclette perchè devo allenare le gambe in vista della scalata di Parigi 2025 ma lo faccio mentre mi scofano dei muffin alle mele perchè la coerenza prima di tutto
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arreton · 5 months ago
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In questi giorni mi dicevo che devo tenere molto più presente l'idea che non è più possibile una scalata sociale – e dunque i poveri nascono poveri e muoiono tali e la stessa cosa vale per i ricchi che invece restano ricchi; sapevo già tutto questo ma ho sempre vissuto con l'idea che prima o poi le cose sarebbero cambiate in meglio – e che dunque molto probabilmente le condizioni economiche al limite della povertà che hanno caratterizzato la mia vita per più di trent'anni continueranno ad essere invariate fino alla morte. Ma! C'è un ma. O meglio: c'è un pensiero che si è insinuato ed è il seguente: se, contrariamente a quanto mi è stato inculcato e diversamente dunque da come sono stata educata, invece che ridimensionare i miei sogni mi portassi io alla loro altezza? Mi è venuto semplice, logico e lineare come un sillogismo, dirmi per tutti questi anni: sogno troppo in grande, rimpicciolisco i miei sogni e dunque le mie aspettative – causa anche questo, tra gli altri pensieri, dell'inaridimento del desiderio e dell'ansia –; se è stato un pensiero funzionale in passato, adesso non mi sta portando da nessuna parte. Allora il punto è: se smettessi di pretendere poco ed investissi (detta in maniera capitalistica) su me stessa portandomi e dunque elevandomi all'altezza del mio desiderio? Cioè: voglio questa cosa, come posso fare per raggiungerla? Non è possibile farla subito, bene allora la mettiamo da parte e prepariamo le condizioni per quest'altra cosa, chissà che non ci esce anche la prima. È un ragionamento che apre molte più prospettive rispetto a quello del ridimensionarsi, del farsi più piccoli. L'esempio lampante a tal proposito possono essere Crona e Black star di Soul eater: Crona non ha fatto altro che ridimensionarsi, vivere nella paura di non sapere come affrontare le persone, le cose le situazioni, rendendolo per tre volte oggetto di angherie e soprusi. Mentre l'ego sproporziato di Black Star si è rivelato utile in certe situazioni, come ad esempio nel non farsi frenare dalla follia del Kishin buttandosi a capofitto sempre dritto come un treno. Insomma vivere nella paura ti espone ancora di più al rischio di quanto effettivamente possa fare il correre il rischio. E poi lo dice anche Spengler, dall'alto del suo meraviglioso cinismo – l'unico cinismo che accetto poiché non si sente proprio la puzza di una benevolenza andata a male come in molte altre persone ciniche e burbere, ma si sente l'intelligenza e la consapevolezza di un Io forte: "capire il mondo significa per me essere all'altezza del mondo".
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angelap3 · 1 year ago
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...Quando la politica non è più partecipazione di popolo, non si cura delle masse e delle loro condizioni reali di vita, delle ingiustizie sociali e dei disagi ma si preoccupa di temi astratti, surreali, minoritari o distanti dalla popolazione, con quel catechismo neo-bigotto coperto di fuffa, supercazzole, fatto di migranti, gender e "bella ciao", lascia il passo e la scalata a chi la politica la usa come carriera, dominazione, arricchimento e potere. Il problema, dunque, non è solo dei “cacicchi” che comandano nel Pd a livello territoriale, come dice Conte; ma del tessuto malato dei partiti, che hanno perso la politica e la riempiono di ceffi e pupazzi.
Marcello Veneziani
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diceriadelluntore · 1 year ago
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Alto Bordo
Come mi ero promesso, ogni trimestre sto recuperando un classico in lettura. Martedi ho finito di leggere La Signora Delle Camelie di Alexandre Dumas Figlio. Pubblicato nel 1848, capolavoro della letteratura dell'Ottocento, Dumas racconta la storia d'amore tra Marguerite Gautier e Armand Duval, un affresco incredibile, e dai tratti molto moderni (soprattutto per quanto riguarda il carattere e le idee di Gautier, tanto che all'epoca fece scandalo e trascinò il romanzo ad un tumultuoso successo) di quel demi monde del tempo, cioè un ambiente sociale corrotto e che ostenta gli atteggiamenti propri di un ceto elevato (lo stesso Dumas scrisse una commedia nel 1855 dallo stesso titolo, e fu lui l'inventore di questo termine).
Più che la storia, celeberrima anche perchè Dumas ne ricavò un'opera teatrale in 5 atti e Giuseppe Verdi ne musicò una versione su libretto di Francesco Maria Piave, La Traviata (1853 la prima rappresentazione) considerata il suo capolavoro e che fu tratta direttamente dalla trasposizione teatrale di Dumas e da allora una delle opere liriche più famose e rappresentate del mondo, c'è un particolare meno noto.
A fine libro Dumas scrive: "...scrissi questa storia esattamente come mi era stata raccontata. Essa ha un solo merito che le sarà contestato, quello di essere vera". Non è solo un espediente narrativo, ma è davvero la realtà: Dumas infatti si ispirò alla sua relazione con Marie Duplessin per il personaggio di Marguerite. Eccola in un bellissimo quadro dell'artista Édouard Vienot
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Nata poverissima in Normandia, fu presto abbandonata dalla madre. Il suo vero nome era Alphonsine Rose Plessis, e quando arrivò giovanissima a Parigi, lavorando come sarta, un negoziante, per cui lei lavorava, nel 1839, quando ha solo 15 anni, diviene il suo primo amante. Inizia così una scalata sociale incredibile, in pochi mesi diviene l'amante di personaggi sempre più illustri e la protagonista delle serate mondane parigine. Cambia nome in Marie Duplessis, in cui l'aggiunta del du al cognome d'origine, conferisce un tocco aristocratico, impara non solo a leggere e scrivere (arriverà ad avere una biblioteca enorme) ma anche a suonare il pianoforte, diviene l'amante di uno dei più potenti aristocratici parigini, e fece scandalo incredibile la sua relazione con Agénor de Gramont duca di Guichem, che innamorato pazzo di lei si fa vedere ovunque con Marie, tanto che la famiglia, scandalizzata dalla frequentazione di tale personaggio, gli impone di lasciare Parigi. Con Dumas, ebbe una relazione di circa un anno, dal settembre 1844 all'agosto 1845. Alexandre e Marie trascorrono un periodo insieme in campagna a Saint-Germain-en-Laye, un piccolo comune dell'Ile de France a poca distanza da Parigi (episodio che verrà replicato identico nel libro, quando Armand e Marguerite vanno a Bougival, paesino che diventerà una sorta di mito dei dintorni di Parigi per il romanzo e perché buen ritiro dei maggiori pittori impressionisti). Dumas la lascia con una famosa lettera, che esiste ancora, dopo l'ennesimo tradimento. Tra gli amanti famosi, anche il compositore Franz Listz, il conte svedese von Stakelberg, ambasciatore a San Pietroburgo e il conte Édouard de Perrégaux col quale convola a nozze a Londra nel 1846. Travolta dai debiti e soprattutto debilitata dalla tisi, muore il 3 febbraio 1847. Ai suoi funerali partecipa una folla enorme e la vendita all'incanto dei suoi beni, disposta per risarcire i numerosi creditori, vedrà i partecipanti strapparsi di mano, con morbosa attrazione, gli oggetti andati all'asta, e tra i pezzi forti le opere prime di famosi romanzi dell'epoca firmati per lei dai più grandi autori (anche questo fatto ripreso pari pari nel romanzo). Aveva passione per i gioielli, per le stole di pellicce, per i cavalli e soprattutto per le camelie, sempre presenti nel suo appartamento: spesso rosa e bianche, rosse quando non poteva ricevere i suoi amanti.
Marie Duplessis è la più famosa delle lorette: il termine fu coniato dal giornalista Nestor Roqueplan in un articolo del 20 Gennaio del 1841 su uno dei primi giornali autoprodotti, una cosiddetta Nouvelles à la main, che aveva indicato le cortigiane con un certo gusto e stile con questo termine, preso in prestito dalla Chiesa della Madonna di Loreto (Notre Dame De Lorette, nel IX arrondissement.
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L�� si radunavano le giovani donne con stile, che si contrapponevano alle grisette (le sartine), che popolavano il quartiere latino, che erano ragazze che vivevano fuori dalla famiglia che accettavano regali dagli uomini di ceto sociale più elevato, senza necessariamente prostituirsi: grisette deriva da quello di una stoffa adatta da lavoro, con la quale si confezionavano vestiti di basso valore, spesso di colore grigio. È interessante come dei toponimi indicassero in maniera elegante un mestiere che sebbene all'epoca niente affatto scandaloso, veniva "nascosto" perchè in società non si poteva dire.
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ambrenoir · 8 days ago
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Nel gennaio del 1847, una giovane di appena 23 anni agonizzava da sola a Parigi. Il suo nome era Marie Duplessis.
Regina delle cortigiane, musa dei salotti e simbolo di un’epoca, sarebbe morta di tubercolosi — la malattia silenziosa che infestava il XIX secolo.
La sua vita breve, segnata da splendore e tragedia, avrebbe ispirato opere eterne: La signora delle camelie, di Alexandre Dumas figlio, e La Traviata, di Giuseppe Verdi.
Marie Duplessis nacque come Rose Alphonsine Plessis, il 15 gennaio 1824, nella povertà brutale della Normandia. Figlia di un venditore ambulante alcolizzato, la sua infanzia fu fatta di violenza, negligenza e delusione. A 14 anni, il padre la vendette a un uomo che la portò a Parigi. Lì, cominciò lavando vestiti in una lavanderia per un salario misero.
Analfabeta e senza prospettive, Marie aveva solo una risorsa: una bellezza ipnotica. Capelli scuri, occhi neri profondi, una pelle chiara che sembrava fatta di porcellana. Presto si rese conto che uomini ricchi erano disposti a pagare caro per la sua compagnia. E lei sapeva come negoziare.
Sognava di più. Voleva diventare una “grisette”, una donna che frequentava caffè, teatri e atelier bohémien, musa e amante degli artisti. Era il primo gradino di una scalata che costruì con intelligenza, fascino e sangue freddo.
Risparmiò centesimo dopo centesimo per apparire raffinata: un modesto abito di seta, un cappello che le copriva il viso, stivali eleganti. Presto diventò una “lorette”, corteggiata da uomini influenti, definita “abbagliante” e “irresistibile”. A 16 anni era già una figura nota nei salotti di Parigi.
Uno dei primi uomini a mantenerla fu M. Nollet, proprietario di un ristorante, che le diede un appartamento e tremila franchi. Quando non poté più sostenerla, lei non esitò: trovò un altro. Poi un altro. E un altro ancora.
Finché conobbe Agenor de Guiche, futuro Duca di Gramont. Lui la rese la sua amante ufficiale, incoraggiandola a prendere un nome più elegante: Marie Duplessis. Rimase incinta di lui a 17 anni. Il bambino morì poco dopo la nascita. Marie pianse, ma non si fermò. Non poteva permettersi di fermarsi.
La relazione con de Guiche finì quando lui sposò una nobile scozzese. Ma l’esperienza con l’aristocrazia formò Marie. Imparò a parlare con grazia, a comportarsi da signora, a vestirsi come una duchessa. Ogni giorno riceveva mazzi di camelie — simbolo della sua immagine. Nacque così la “Dama delle Camelie”.
Marie perfezionò la sua figura pubblica con maestria. Frequentava i ristoranti più costosi, i casinò più esclusivi, i circoli intellettuali più prestigiosi. Era presenza fissa tra artisti, musicisti e nobili. Allo stesso tempo, nascondeva un lato diverso: generosa, aiutava orfani, accoglieva donne emarginate, tendeva la mano a chi era caduto — forse rivedendo in loro se stessa.
Nonostante ciò, non sfuggiva alle critiche. La chiamavano bugiarda, manipolatrice. Quando veniva affrontata, rispondeva con ironia:
“Mentire sbianca i denti.”
Tra i suoi amanti ci furono il conte di Stackelberg, il pianista Franz Liszt e il conte Edouard de Perregaux, con cui si sposò a Londra — anche se il matrimonio non fu mai riconosciuto in Francia.
Nel 1844 visse un’intensa storia d’amore con Alexandre Dumas figlio, breve ma passionale. Dumas non poteva mantenerla, ma non la dimenticò mai. Due anni dopo, trasformò Marie nell’eroina del romanzo che commosse tutta Europa.
Ma il tempo correva veloce, e la malattia ancora più veloce.
La “peste bianca”, com’era chiamata la tubercolosi, consumava Marie. Provò di tutto, spese fortune, viaggiò alla ricerca di una cura. Niente funzionò.
Nel 1846 sposò il conte de Perregaux, cercando una qualche sicurezza. Tornata a Parigi, era ormai troppo tardi. Nel febbraio del 1847, debole e quasi dimenticata, morì in una stanza, accudita solo da una domestica e da pochi medici. Aveva appena 23 anni.
Il suo funerale, al cimitero di Montmartre, raccolse una folla silenziosa. Pochi sapevano dire se piangevano per lei, per se stessi o per tutto ciò che Marie rappresentava: bellezza, dolore, ambizione e la fragilità di chi cerca di sopravvivere al mondo con il proprio fascino.
Oggi, secoli dopo, Marie Duplessis vive ancora nell’arte — nelle parole di Dumas, nelle note di Verdi, nel ricordo di un’epoca in cui anche i fiori più rari appassivano troppo presto.
Morì giovane, ma lasciò un profumo che non si è mai dissipato.
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jose-rossetti · 9 months ago
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E riecco Draghi prendere di mira la nostra sovranità per trasformarci in...
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Persino ad un ignorante come me è evidente che la scalata dell' impero è togliere i diritti costituzionali eleminando il valore del popolo in modo da essere liberi di imporre ogni decisione che porta " Loro" interesse. Solo una cosa è positiva ed è che nonostante Macron Mattarella & Company hanno questo fastidio che un po' gli mette paura non in senso fisico personale ma che li rallenti troppo il raggiungimento del loro dominio.
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abr · 1 year ago
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I soliti scontati noiosi parenti serpenti in casa Pd
Se si fan questo tra loro, figuratevi cosa sian pronti a inventarsi per i non parenti.
" Il «caso Bari» (...) si era trasformata per Decaro in un atout politico: sindaco popolarissimo, con percentuali altissime di consenso e descritto dagli stessi pm che conducono le indagini penali come gran nemico dei boss locali, aveva capito al volo che il ruolo del perseguitato politico gli giovava.
All'esterno, proiettandolo sulla scena nazionale, portato in processione antimafia da Don Ciotti e acclamato sabato dalla folla barese radunata in suo supporto dalla Cgil. E all'interno, blindando la sua candidatura da capolista nel Sud alle Europee e il suo ruolo di potenziale contraltare nel Pd a Elly Schlein. Il voto del 9 giugno, nei piani dei suoi supporter dem (come il governatore campano De Luca, il sindaco di Reggio Falcomatà, il lucano De Filippo, l'abruzzese D'Alfonso) poteva diventare una sorta di primaria virtuale (...): se Decaro - come assai probabile - la battesse nelle preferenze, la segretaria ne uscirebbe indebolita. (...)
Ma Emiliano (volutamente, per qualcuno; o inavvertitamente, nell'ansia di dimostrare di essere solo lui il vero padrone di Puglia, secondo i più) gli ha rovinato la festa, sollevando un polverone con quell'imbarazzante esternazione sull'incontro con la sorella del boss, fatta dal palco di Bari (...). Grazie a lui ora Decaro è costretto a giocare in difesa, mentre alcuni suoi sostenitori picchiano duro contro Emiliano: «Parole scomposte, stile sopra le righe, fa danni», accusa Nichi Vendola. «Decaro è un bravissimo amministratore e persona perbene. Non posso dire lo stesso di Emiliano», infierisce".
via https://www.ilgiornale.it/news/politica/linciampo-sindaco-nella-scalata-nazareno-2301341.html
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bi-naesala · 1 year ago
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iniziamo la scalata
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