#all. marco volta
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vincenzodives · 2 years ago
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closed starter for @marcovolta location: base camp note: oi sir u me brotha?
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Vinny wasn't really sure what it was about Marco, but he seemed to be the only Dahlia witch he liked. Maybe it was because it felt like they had a lot in common. When they had first met, the witch had been cooking. Then he noticed the dead look in the other's eyes sometimes and that was enough for him to think that they could possibly be friends. There was also a hint of worry there though. He was slightly concerned that the guy might've actually slowly been losing his mind, but Vinny also didn't know him so he couldn't really come to that conclusion yet. Anyway, that was really what had brought him here now. "Hey, what's cooking?"
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potionboy3 · 1 year ago
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new ships of annie and sky!
rhiannon "nanny" hart & ivan klarić (victorian era)
idalia volta & marco rathbone (riddle era)
dorothea "dede" sharpe & russo reagan (marauders & golden era)
catlin malinda & hot guy (marauders & golden era)
we have arranged marriages for many of our children as of late so i decided to make one big post for all of them. i can't even choose a favourite, they're all lovely! @cursebreakerfarrier
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allthebrazilianpolitics · 11 months ago
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Sorrow and struggle in the Amazon: Tuíre Kayapó, the Indigenous Brazilian woman who postponed the end of the world, dies
Every time the state tried to silence Indigenous peoples in Brazil, the late Tuíre raised her voice
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Tuíre Kayapó, one of the most important Indigenous leaders in Brazil, died on Saturday (10) at a hospital in the town of Redenção, in the state of Pará. She was 57 and battled uterine cancer. Her death ended an outstanding story of defending the rights of Indigenous and Amazonian peoples. From the disputes about the Belo Monte Hydroelectric Plant up to the legal argument known as “marco temporal” (usually translated into English as "Time Frame Law"), Tuíre has always taken a stance about government attacks against forest peoples.
Tuíre raised international attention in 1989. That year, the city of Altamira, Pará, was home to the First Meeting of Xingu Indigenous Peoples. The event, which gathered 600 Indigenous individuals all painted for war, aimed at discussing the Kararaô Hydroelectric Plant, later renamed Belo Monte Hydroelectric Plant.
At a certain point, the then 19-year-old Tuíre put her machete on the face of the president of the Eletronorte company, José Antônio Muniz Lopes. According to her recollections of the episode in an interview with the Socio-environmental Institute (ISA, in Portuguese), Tuíre said to the man: “White man, you have no forest. This land isn’t yours. You were born in the city and came here to attack our forests and rivers. You won’t do this.”
The photograph of her action became known worldwide and drew the attention of authorities, activists and international artists, postponing the construction of the power plant for 20 years. After finished, Belo Monte was dubbed “the end of the world” among people in Volta Grande do Xingu. Tuíre was, in Aílton Krenak’s words, the woman who postponed the end of the world.
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gregor-samsung · 11 months ago
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" Chi sono gli uomini, i quali, senza che noi ce ne accorgiamo, ci suggeriscono cosa pensare, ci dicono chi dobbiamo ammirare e chi disprezzare, oppure come dobbiamo considerare la proprietà dei servizi pubblici, le tariffe doganali, il prezzo del caucciù, il piano Dawes* o l’immigrazione? Sono sempre loro che ci consigliano l’arredamento della nostra casa, il menu quotidiano, il modello di camicia più elegante, gli sport da praticare, gli spettacoli da vedere, le iniziative benefiche meritevoli di aiuto, i quadri degni di ammirazione, e perfino i termini gergali da inserire durante una conversazione e le battute di spirito che ci dovrebbero far sbellicare dalle risate. Se volessimo compilare l’elenco degli uomini e delle donne che per la loro posizione sociale devono essere considerati come opinion maker, avremmo una lunga lista di nomi recensiti nel Who’s Who. […] Una simile lista comprenderebbe migliaia di persone. Tuttavia sappiamo che molte di esse sono a loro volta sotto l’influenza di individui, spesso noti solo a una cerchia molto ristretta. "
*Piano Dawes: definito da una commissione di esperti finanzieri appartenenti alle potenze vincitrici della I Guerra mondiale presieduta dall’americano Charles G. Dawes, contribuì molto alla ripresa del marco e degli investimenti Usa in Germania. [NdT]
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Edward Louis Bernays, Propaganda. Della manipolazione dell’opinione pubblica in democrazia, traduzione di Augusto Zuliani, Fausto Lupetti Editore, 2008.
[Edizione originale: Propaganda, New York: Horace Liveright publisher, 1928]
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libero-de-mente · 19 hours ago
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Caro Jeff Bezos,
il 27 ti sposi a Venezia, e pare che tu abbia deciso di trasformare la Serenissima nel tuo personale parco giochi nuziale. Ho sentito che hai prenotato il Ponte di Rialto per farne il guardaroba degli invitati: migliaia di smoking e abiti da sera appesi come panni stesi al sole, con i gondolieri che spargono petali di rose nel Canal Grande mentre remano. In Piazza San Marco, invece, stanno montando i tavoli per il rinfresco d’apertura, con un esercito di piccioni addestrati a difendere tartine al caviale dai turisti affamati. Geniale, Jeff, quel tocco di classe del becchime al lassativo. Chi oserà avvicinarsi finirà sommerso, si ritroverà nel guano fino al collo, con i selfie-stick trasformati in bandiere bianche di resa.
Ma veniamo al punto, caro Jeff. Ti scrivo con il cuore in mano e il portafoglio un po’ più vuoto, perché, e tu lo sai di sicuro, sono un abbonato Prime da dodici anni. Dodici anni di pacchi consegnati a velocità supersonica, di serie TV in binge-watching, di “Alexa, ordina altra carta igienica” alle tre di notte. E tu, come mi ripaghi? Con un silenzio assordante. Nessun invito al tuo matrimonio, neanche un biglietto di terza classe per un angolo remoto della laguna. Mi aspettavo almeno un QR code per il buffet, Jeff lo sai che me lo aspettavo! O magari un drone che mi paracadutasse un flûte di champagne con scritto “Scusa, sei solo Prime Basic”.
Sai, mi ero già immaginato lì, tra i tuoi invitati VIP. Magari in un tavolo d’angolo vicino a un doge redivivo, a discutere di cripto valute con Elon Musk mentre lui cerca di vendermi un passaggio su Marte. Invece, nada. Zero. Nemmeno un "save the date" via e-mail, e dire che Amazon sa tutto di me: il mio indirizzo, le mie ricerche di “cuscino ergonomico per cervicale” e persino quella volta che ho ordinato Ulla la bambola che ti trastulla per sbaglio (storia lunga).
Ho convinto mia madre ad aprire un account Prime, le ho acquistato una dentiera stroboscopica (quando ride sembra un rap cattivo di Los Angeles), un deambulatore a quattro ruote integrali per quando nevica, una fornitura di pannoloni da due tonnellate e un proiettore a soffitto, che proietta le Madonne in tutte le versioni e i Santi del Paradiso, mentre lei recita il Rosario Mariano. Eppure, il grande Jeff Bezos, l’uomo che ha conquistato il mondo a colpi di scatoloni, non ha trovato un posticino per il suo fedele cliente. Mi bastava uno scatolino nell'angolo vicino al bagno.
Non fraintendermi, Jeff, non sono arrabbiato. Deluso, forse.
Ma ti auguro ogni felicità. Spero che il tuo matrimonio sia sfarzoso, con droni che scrivono nel cielo "Ai lov iù bebi" e Alexa come officiante che dice: “Vuoi tu, Jeff, prendere Lauren Sánchez come tua sposa, con la garanzia di un reso entro 30 giorni?”. E quando brinderete, magari con un calice di prosecco pagato in abbonamento, pensa a me. Io sarò a casa, a guardare un documentario su Prime, sperando che il prossimo pacco arrivi prima della fine del mondo.
Con affetto,
il tuo abbonato Prime di serie B.
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eseildomanifosseieri · 7 days ago
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Vorrei che di me rimanesse il ricordo della mia forza, certo non fisica, ma di quella emotiva, intellettuale.
Vorrei che di me rimanesse il coraggio di guardare sempre avanti, di vedere il bicchiere sempre mezzo pieno e la costanza di credere nel genere umano.
Vorrei che di me rimanesse una foto in cui sorrido tanto, dove la mia felicità la si legge dagli occhi e non dai 32 denti che si vedono. Vorrei che di me rimanesse una foto che lascia poco spazio ai momenti no, alla tristezza, alle giornate grigie.
Vorrei che di me, rimanesse il bene che ho voluto alle persone, quello che non sono mai riuscita a riservare per me stessa. Gli abbracci sinceri, consolatori in cui cercavo di ricaricarmi anche io. I sorrisi nati dopo le lacrime e quel senso di soddisfazione nell'essere riuscita a "salvare" qualcuno dal buio.
Vorrei poterti sentire, sapere che stai bene e che hai realizzato i tuoi sogni. Sapere che finalmente sei felice. Anzi, vorrei poterci essere per vedere tutte le persone a cui voglio bene realizzare quei fottuti sogni nel cassetto, tifare per loro e ricordargli che i sogni valgono la pena di essere seguiti. Avrei voluto abbracciare tutte le persone meravigliose conosciute qua, dirgli ancora una volta che "andrà tutto bene, che tutto si risolve". So per certo che Marco avrà una casa bellissima tra qualche mese, dove vivere e portare le sue donnine con le big boobs come piacciono a lui. Che Mirko riuscirà a cambiare lavoro, si sentirà pienamente fiero di lui e troverà una donna che lo abbraccerà quando fa gli incubi e alla fine inizierà ad amare la notte. So che Lorenzo troverà la sua strada, che sarà fiero di lui e guardandosi indietro sorriderà di tutte le salite fatte, e finalmente avrà gli occhi che gli sorridono forte e non solo il sorriso. Avrà la casa al mare che tanto sogna e un piccolo marmocchio a chiamarlo papà. So per certo che Valeria finirà l'università che tanto odia, che alla fine sarà lei a vincere su tutto e a portare a casa soddisfazioni, sorrisi e qualche soldo in più per essere meno stressati. So per certo che Giulia tornerà a ballare, indosserà le scarpine e tra gli spalti ci sarà Emanuel, che tanto lui la ama ma ancora non vuole ammetterlo a se stesso.
Vorrei che di me, rimanesse un po' di silenzio, lo stesso che mi ha accompagnata tanto negli ultimi mesi. Un silenzio riempito da pensieri mai detti ad alta voce, mai scritti ed incastrati tra una lacrima e l'altra.
Vorrei che nessuno piangesse per me, vorrei tanti sorrisi, perché in fondo il sole dentro l'ho sempre avuto.
Vorrei, ma mi hanno detto che ai morti non sono concessi desideri.
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raccontidiragazzi · 5 months ago
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Un nuovo inizio
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Seduto sul letto della sua nuova stanza condivisa con le spalle al muro, Alex maledisse ancora una volta suo padre. Sapeva che non si sarebbe mai adattato a un compagno di stanza, e ancora peggio a uno che era due anni più grande di lui. Era già stato preso di mira durante tutte le superiori. Un mese prima del diploma, dopo l’ennesimo scherzo sfuggito di mano, era finito in ospedale con un trauma cranico, e anche i suoi genitori invisibili alla fine si erano accorti che qualcosa non andava. In ogni caso, a suo padre non era mai importato di lui, sin da piccolo erano sempre stati troppo diversi. E Ginevra, come sua madre voleva che la chiamasse, era sempre in viaggio per lavoro. Ogni volta prima di partire prometteva che avrebbe chiamato, ma non lo aveva mai fatto.
Non aveva nemmeno un vero amico a cui sarebbe mancato nella cittadina di provincia dove era cresciuto, e la sua bacheca pietosamente vuota ne era una dimostrazione. Era partito solo da due giorni e nessuno si era ricordato del suo compleanno. Un messaggio di tre parole, una faccina con gli occhi a cuore e un po’ di soldi sulla sua carta erano gli auguri dei suoi genitori.
Alex batté la nuca un paio di volte contro la parete alle sue spalle. Poi sospirò, e tornò a scorrere il programma di studi sul telefono, sorseggiando una bibita fin troppo dolce. Finora, non era rimasto impressionato dal livello, solo il corso di programmazione attirò in parte la sua attenzione. Sembrava tutto troppo semplice, ma forse non era così per i ragazzi normali. In quel momento, però, avrebbe dato qualsiasi cosa per essere molto meno intelligente e solo un po’ più ordinario, proprio come gli altri.
"Ehi, sei il nuovo inquilino?" La voce di uno sconosciuto distolse Alex dai suoi pensieri. Alzò lo sguardo sorpreso, per trovare un ragazzo alto davanti alla porta della stanza. Non l’aveva nemmeno sentito entrare in casa.
"Sì, ehm... sono Alessandro… Alex Labella", rispose imbarazzato. Parlare a un ragazzo come quello era davvero l’ultima cosa che avrebbe voluto fare.
"Sono Marco." Il ragazzo alto si appoggiò con la spalla allo stipite della porta, con noncuranza, fissandolo apertamente come se lo stesse valutando.
Alex si strinse nelle spalle, a disagio. “È… un piacere conoscerti." Farfugliò, mordendosi nervosamente il labbro inferiore.
"Frequenti davvero l’università?" Chiese l’altro, dubbioso.
Alex non riusciva a leggere l'espressione sul volto del ragazzo più grande. "Si!" Disse troppo in fretta. “Io… ho iniziato la scuola un anno prima.” Aggiunse quasi per giustificarsi. Anche se con il suo aspetto, probabilmente, non sarebbe passato per uno studente universitario nemmeno se avesse iniziato cinque anni prima. Era come se il suo cervello avesse assorbito tutta l’energia, senza lasciare nulla al resto del corpo per crescere come gli altri.
"Mmmh" Il ragazzo sembrò pensarci su, ma non lo contestò. "Quanti anni hai?"
Senza sapere esattamente perché, Alex sentì il suo viso riscaldarsi. "Diciotto."
"Ovvio. Ovvio, beh, sembri un tipo tranquillo e ho l’impressione che andremo d’accordo noi due." Disse alla fine Marco, che sembrava sempre terminare le sue frasi con un mezzo sorriso.
"Perché?" Sbottò Alex. Si rese conto tardivamente che era una domanda strana, ma i suoi schemi di conversazione erano già saltati quando il nuovo coinquilino gli aveva rivolto la parola, senza insultarlo o prenderlo a calci mentre era a terra.
Il ragazzo più alto lo guardò senza dire nulla per un lungo momento, dando l’impressione di essere stato preso alla sprovvista. Poi scoppiò a ridere. “Sono un tipo... turbolento. Immagino sia un bene che tu non sia come i miei soliti amici. Tendo a divertirmi… un po’ troppo con loro nei paraggi, e non sarebbe davvero una buona idea fare lo stesso anche a casa.”
Marco gli parlava in tono confidente, e Alex rimase imbambolato a fissarlo per tutto il tempo. Le piccole pause nel suo discorso gli diedero la possibilità di studiarlo con più attenzione. Teneva una mano in tasca, mentre reggeva lo zaino su una spalla con l'altra. Era davvero alto, vicino al metro e novanta. Aveva le spalle larghe e una corporatura snella che, tuttavia, suggeriva più muscoli di quanto sembrasse. La sua pelle era chiara, ma anche un po’ abbronzata, abbastanza da suggerire che gli piacesse stare all’aria aperta. I suoi occhi castani, limpidi, brillavano di intelligenza. Era bello, il tipo di ragazzo che Alex avrebbe fissato troppo a lungo, con conseguenze che di solito prevedevano qualche livido doloroso. E fissarlo era esattamente quello che stava facendo, si rese conto all’improvviso, quando il silenzio tra loro si dilungò per un tempo eccessivo.
"Oh, io non sono sicuramente quel tipo…" Borbottò Alex. “Non che ci sia niente di male, a volersi divertire, intendo. Voglio dire, è normale… ma io non…” Aveva già perso il filo del discorso e non sapeva neanche lui dove volesse andare a parare.
Il ragazzo rimasto fermo sotto la porta alzò un sopracciglio, lasciandolo parlare con un leggero sorriso sulle labbra.
“Immagino di essere solo un tipo tranquillo… proprio come hai detto.” Alex riuscì a concludere a fatica, con un nodo che andava formandosi nella gola. L’impressione di aver già rovinato tutto lo fece sgonfiare come un palloncino bucato.
Marco invece fece spallucce. "Ottimo. Sapevo che saremo andati d’accordo.” Disse, allargando il sorriso fino a mostrare i denti. "Alessandro, eh?" Aggiunse in contemplazione. “Mi è sempre piaciuto questo nome.”
Alex spalancò gli occhi, sorpreso da quell’affermazione improvvisa, e ancora una volta si ritrovò a fissare il suo nuovo coinquilino, mentre nessuno dei due diceva nulla per un po’ di tempo.
"Mi sei simpatico." Questa volta fu Marco il primo a rompere il silenzio. “Ma se vuoi un consiglio da amico, quella roba che stai bevendo non ti fa molto bene."
"Io… è solo… so che non dovrei.” Gli occhi di Alex caddero involontariamente sulla fila ordinata di lattine nel ripiano inferiore del suo comodino. Neanche suo padre sopportava che bevesse quelle cose dolci. Ma non per una questione di salute, infatti Alex aveva il sospetto che sarebbe stato orgoglioso se invece lo avesse scoperto a bere birra di nascosto.
“È tutta robaccia sintetica." Il tono di Marco era un po' cospiratorio. "Comunque io stavo per farmi un frullato. Frutta fresca e latte vegetale, ne vuoi?"
“Io…” Si, si, si, qualsiasi cosa, stava pensando Alex incantato dalle labbra in movimento dell’altro ragazzo. “D’accordo.” Disse invece cercando di mantenere calma la voce.
"Ottimo." Marco gli sorrise ancora e lanciò lo zaino sul letto identico dall’altro lato della stanza. “Banana, fragola e limone, ti piacerà, vedrai.”
"Mi piacerà qualsiasi cosa…" sospirò Alex tra sé. “Suona bene!” Esclamò a voce alta, strozzandosi leggermente.
Davvero, suonava troppo bene. Alex sentiva qualcosa agitarsi nel suo stomaco, nessuno gli aveva mai parlato in quel modo, come se fosse un essere umano. Ma aveva anche paura di illudersi. Solo perché il suo coinquilino gli aveva rivolto la parola non significava che volesse essere suo amico, pensò tormentandosi il labbro inferiore con i denti. Forse era solo un tipo educato.
Marco scivolò in soggiorno, che faceva anche da cucina e sala da pranzo. Un piccolo disimpegno all’ingresso e il bagno completavano il resto del loro appartamento. Alex pensava che fosse un po’ stretto per due persone, ma era comunque abbastanza vicino alle sue aule da non essere costretto a usare i mezzi pubblici ogni volta. Mentre Marco armeggiava rumorosamente in cucina, raccolse tutto il suo coraggio e decise di raggiungerlo.
“Posso… aiutarti?” Chiese nervoso alle spalle dell’altro ragazzo.
Marco lo guardò brevemente da sopra la spalla prima di rimettersi a lavoro. “No.” Disse allegro.
Ad Alex non importava davvero, preferiva di gran lunga stare lì ad approfittare di quella vista semplicemente perfetta.
“Però puoi registrare il tuo numero sul mio telefono.” Disse senza voltarsi. “È sopra il tavolo. Il codice è 092008. Mettici AAlex, con due a.”
Mentre l’altro azionava il frullatore, Alex spalancò gli occhi per la sorpresa. Il telefono di Marco era un modello successivo al suo, ma praticamente identico; quindi, aveva bisogno solo di qualche tocco per aggiungere il suo numero. Presto un AAlex campeggiava in prima fila nella lista dei contatti, vicino a un ALeo e un AMaxxi. Alex pensò brevemente di curiosare un po’, a Marco non sembrava dispiacere condividere le sue cose, ma non voleva tradire la sua fiducia e decise subito di non farlo. Invece chiamò il suo numero e chiuse al primo squillo, poi bloccò il telefono. Qualche secondo dopo, AAAMarco era anche il primo contatto nella sua breve rubrica, e questa piccola cosa gli diede una bella sensazione.
"Tutto bene?" La voce profonda di Marco fermò il treno dei suoi pensieri, teneva già un grande bicchiere pieno fino all’orlo in ogni mano.
"Sì, stavo solo… mi dispiace." Si scusò velocemente, bloccando appena in tempo l’imbarazzante verità che aveva rischiato di sfuggirgli dalle labbra. Alex prese il bicchiere che gli stava porgendo l’altro, e il profumo delle fragole invase i suoi sensi.
"Niente zucchero," disse Marco, osservando l'indagine di Alex. "Non mi piace troppo dolce, copre il sapore della frutta. Se non ci sei abituato all’inizio sembrerà un po’ strano, ma è meglio così, te lo garantisco."
Alex non poté fare a meno di ridacchiare. "Ti credo sulla parola." Disse gonfiando il petto per farsi scherzosamente coraggio, prima di prenderne un grande sorso. Marco aveva ragione, in realtà aveva un sapore un po’ strano, ma andò giù facilmente e non era per niente male. Il gusto delle fragole era più intenso e la dolcezza della banana dava il giusto equilibrio. Ne prese velocemente un altro sorso, leccandosi le labbra.
Marco lo aveva osservato per tutto il tempo con un sopracciglio alzato e un espressione bizzarra. "Cosa ne pensi?"
Alex ridacchiò. "Mmh, avevi ragione è un po’ strano, ma il sapore è incredibile. È molto buono… insomma, per essere un frullato.” Non riusciva a capire se il sorriso del ragazzo più grande fosse beffardo o meno.
"Allora vediamo cosa ho messo insieme." Marco fece un piccolo inchino, poi alzò la testa e rovesciò il bicchiere all'indietro, vuotandolo tutto d’un fiato in pochi secondi, prima di sbatterlo sul piano della cucina. "È così che un vero uomo beve il suo frullato alla fragola." Si asciugò rudemente la bocca con il dorso della mano, facendo balenare di nuovo il suo bel sorriso.
Alex non riuscì a trattenersi dal ridere.
E anche Marco sorrise ancora più apertamente, allungando il braccio per scompigliargli i capelli con la mano. "Mi piace quando ridi."
Alex si bloccò. Di certo non gli dispiaceva quel contatto, ma non se lo aspettava. E sicuramente non poteva ignorare la contrazione che il suo cazzo aveva dato in risposta.
"Comunque," continuò Marco incurante, come se non avesse appena accarezzato la testa di qualcuno che conosceva solo da quindici minuti. "Parlami di te, Alex. Come sei finito qui?"
Il sorriso che persisteva sulle labbra di Alex dalla risata di poco prima si offuscò leggermente. "I miei genitori… c’è la migliore facoltà di informatica del paese." Si corresse in fretta, anche se era sicuro che Marco potesse vedere da lontano la sua bugia. "Comunque credo che mi troverò bene." Disse cercando di stabilizzare la voce.
Ma ancora una volta, Marco gli sorrise soltanto, senza metterlo sotto pressione. "Beh, sono contento che tu sia qui. Ci divertiremo, vedrai."
C'era sicuramente qualcosa di strano nel modo in cui parlava il ragazzo più grande, ma ad Alex non importava molto. Comunque, probabilmente stava solo lasciando che i suoi nervi avessero la meglio su di lui. "E tu? Sembri più un tipo da re della festa, come sei finito a vivere qui da solo?"
"No, no." Negò Marco, appoggiandosi al banco della cucina. "Voglio dire, mi piace fare festa con i miei amici, ma preferisco avere un posto tranquillo dove riposare. Tipo una tana del drago, dove stare in pace quando ne ho bisogno.”
"Capisco." Non lo capiva davvero, ma era comunque stranamente affascinato da quella spiegazione.
"A proposito," Se ne uscì Marco all’improvviso. "Hai una ragazza che ti aspetta a casa, Alex?"
Il ragazzo più piccolo fece un rumore strano dal naso, sorpreso, arrossendo leggermente mentre si affrettava a scuotere la testa.
"Un ragazzo?" Ritentò Marco, in tono tranquillo.
Il rossore sul viso di Alex si scurì di diverse tonalità. "No, no!” Scosse la testa ancora più forte, alzando un po’ troppo la voce. “Ehm, non al momento." Finì per mormorare, trovando all’improvviso molto interessante fissare l’interno del suo bicchiere di frullato quasi vuoto. Qualsiasi cosa per evitare di incrociare gli occhi del ragazzo di fronte a lui, quando comprese di averlo detto davvero ad alta voce.
"Ehi, hai un sacco di tempo!". Marco gli diede una pacca sulla spalla, lasciando casualmente lì la mano. «E sono sicuro che qui avrai un sacco di pretendenti.»
Anche se non lo credeva possibile, in qualche modo, il rossore sul viso di Alex si fece ancora più profondo, e la grande mano sulla sua spalla sembrò improvvisamente troppo pesante. In realtà, tutto d’un tratto, ogni cosa sembrava più pesante. Anche il suo cuore batteva più veloce, come se non ricevesse abbastanza ossigeno, e si ritrovò ad ansimare.
"Ehi, qualcosa non va?" La voce di Marco lo scosse. "Sembra che ti stia per sentire male."
Alex si lasciò condurre verso il divano, sedendosi un po' più in fretta del previsto. "Io... Non lo so. Mi sento strano e... non riesco a respirare bene…” Un attimo prima era a posto, ma ora aveva troppo caldo, come se fosse in una sauna. E l’erezione dolorosamente stretta nei suoi pantaloni non lo faceva sentire meglio. “C'è qualcosa che non va."
"Alex." La voce di Marco era preoccupata. "Alex, guardami."
Stordito, Alex alzò a fatica lo sguardo verso il ragazzo chinato su di lui. Il tono di Marco lo stava spaventando ancora di più.
"Sei intollerante a qualcosa? Non ci ho pensato. È il latte di soia? Probabilmente non è niente, ma potresti avere una brutta reazione se fossi davvero allergico." Il ragazzo più grande sembrava seriamente preoccupato.
Alex non aveva mai avuto reazioni allergiche in vita sua e scosse la testa. "Pensi... che dovrei… chiamare un medico?" Ansimò.
"Non è il caso di reagire in modo eccessivo.” Marco cercò di mantenere la calma. “Se fosse una reazione allergica staresti molto peggio. Inoltre, se vai da un dottore forse chiamerà i tuoi genitori. Vuoi davvero preoccuparli così il primo giorno?"
"No… non voglio… chiamare... nessuno." Alex respirava con affanno, in cerca d’aria.
La mano di Marco gli sfiorò la guancia, ed era come un’àncora di salvezza, fresca e ferma. Alex si sporse inconsciamente verso quel tocco in cerca di rifugio.
"Come ti senti? Ti vuoi sdraiare? Puoi camminare o vuoi che ti porti a letto?" Marco gli rivolse quelle domande una dopo l’altra, in rapida successione e senza lasciargli davvero il tempo di rispondere.
"Posso camminare." Riuscì a dire alla fine Alex, non ne era del tutto sicuro, ma era troppo imbarazzato per consentire al suo nuovo coinquilino di portarlo davvero in braccio.
"Ehi, andrà tutto bene." Mentre lo accompagnava in camera, la voce di Marco era divenuta dolce, come se stesse parlando a un cucciolo spaventato. Nel suo stato di confusione Alex pensava che fosse tenero. "Dai, sali sul letto, lascia che ti aiuti."
Alex obbedì, strisciando sopra il morbido copriletto mentre stava diventando sempre più difficile concentrarsi. Anche la sua camicia leggera iniziava a farlo sentire soffocato.
La voce di Marco lo attirò di nuovo fuori dalla nebbia dei suoi pensieri. "Fai respiri profondi."
Atterrito, Alex, obbedì inconsciamente e lottò per controllare il suo respiro. Aveva sempre la sensazione che gli mancasse l’aria. Si rese vagamente conto che Marco gli stava ancòra accarezzando il viso, seduto sul letto proprio accanto a lui, mentre continuava parlare in tono calmo.
“Da bravo, Alex. Non credo che sia una reazione allergica. Devi solo rilassarti e andrà tutto bene.” 
Nel suo stordimento, il tocco fresco di quella mano era un sollievo dal calore che lo invadeva. 
“Sembra quasi che tu sia stato drogato.” Disse Marco con noncuranza. “Devi stare calmo, più forte batte il tuo cuore e più velocemente si diffonderà questa cosa."
Alex ci stava provando, anche se sentiva che c’era ancora qualcosa che gli sfuggiva, quella voce gentile lo stava davvero aiutando a calmarsi.
"La buona notizia è che non si tratta di droga da stupro". Il tono di Marco adesso era diverso, in qualche modo.
Un pensiero fugace attraversò la mente di Alex. "Come fai a saperlo?" Chiese prima che quella rivelazione gli sfuggisse.
"Perché," sussurrò Marco al suo orecchio. "Voglio che ricordi."
Alex cercò di raddrizzarsi, stordito, ma la presa sulla sua spalla si fece più pesante, trattenendolo sul letto, e un attimo dopo un paio di mani gli avvolsero la nuca, iniziando a massaggiarlo. Si sentiva bene, ma non osava concentrarsi su quello.
"Cosa… sta succedendo? Che… cosa stai facendo?" Provò ad alzare la voce, ma venne fuori debole. Anche la sua lingua era legata dentro la bocca.
"Quello che ho fatto," canticchiò Marco. “È darti un leggero rilassante muscolare e qualche goccia di sedativo. E adesso lo sto aiutando a diffondersi più velocemente". Il tono di Marco era così calmo, che ci volle qualche secondo perché Alex si rendesse conto di quanto fosse grave la sua situazione. "Tra poco... non sarai paralizzato, ma camminare, parlare e anche pensare non sarà più molto semplice per te."
Alex provò a dibattersi, considerando di alzarsi e scendere dal letto. Aprì la bocca per gridare, ma fu interrotto da due mani intorno al collo che si stringevano leggermente.
"Non combattere. Anche senza farmaci, non potresti fare davvero molto, non credi? Meno ti sforzi e meglio ti sentirai." Per dimostrarlo, Marco gli lasciò andare il collo e ricominciò a massaggiarlo dolcemente sulla nuca.
Aveva ragione, si sentiva meglio. Doveva semplicemente rilassarsi. I suoi pensieri si lasciavano guidare con facilità. No, non poteva. Questo era sbagliato. Doveva allontanarsi. Ma in quel momento, una mano si allungò tra le sue gambe per stringere la sua erezione palpitante, e tutti i pensieri sensati sfumarono dalla sua mente.
"Non devi preoccuparti, ti sto solo aiutando ad essere davvero te stesso. Forse hai sempre desiderato che un ragazzo più forte si approfittasse di te."
Alex cercò di lamentarsi, ma dalle sue labbra uscì solo un gemito quando quella mano invadente slacciò il primo bottone dei suoi jeans e scivolò all’interno.
"Come potrei lasciarti così?” Marco si sdraiò accanto a lui, continuando ad accarezzargli il cazzo attraverso la stoffa sottile. "Dopotutto, il corpo è molto più onesto della mente.” Continuò a sussurrare a pochi centimetri dal suo orecchio. “Hai solo bisogno di qualcuno che ti aiuti a prenderti cura di te stesso. Come potrei rifiutare un amico in difficoltà?" Marco si avvicinò ancora di più, iniziando a mordicchiargli delicatamente l'orecchio. "E non provare nemmeno a fingere di non aver fantasticato su di me dal primo istante. Ho notato come mi stavi guardando. E dove."
Alex piagnucolò mentre quei morsi delicati scendevano lungo il suo collo. Non era questo che voleva, giusto? Una parte della sua mente confusa non poteva fare a meno di chiederselo. No, era stato drogato. Marco lo stava molestando e non sembrava avere intenzione di fermarsi. Avrebbe dovuto gridare aiuto, avrebbe dovuto tentare di allontanarsi, ma tutto gli sembrava così difficile. Poi un’ombra passò su di lui e un secondo dopo le labbra di Marco erano sulle sue. E all'improvviso la situazione non sembrava più così grave. Il tocco di quelle labbra era morbido e tenero, il suo primo bacio era esattamente come Alex aveva sempre sognato che fosse; lo faceva sentire speciale, desiderato, come se fosse la persona più importante del mondo. E lo pervase di un tipo di calore diverso da quello che lo stava assalendo fino a quel momento.
Marco si allontanò solo dopo diversi minuti, quando entrambi avevano il respiro affannato. "Cazzo, sei gustoso, cucciolo. Sapevo che lo saresti stato." La brama pesante nella sua voce. Abbassò gli occhi sul corpo di Alex con un sorriso predatorio, mandando un brivido attraverso il ragazzo più giovane. "E non sono nemmeno arrivato al piatto principale." Disse, mostrando i denti.
Le dita agili di Marco iniziarono ad armeggiare con il colletto della camicia, sbottonandola con calma, e facendo scoppiare scintille attraverso la pelle di Alex in ogni punto che toccavano facendosi strada verso il basso.
Dopo aver sganciato l’ultimo bottone, quelle grandi mani cinsero quasi interamente la sua vita, e Alex ricordò ancora una volta quanto fossero diversi i loro corpi. E dallo sguardo negli occhi di Marco, anche lui sembrava pensare alla stessa cosa.
Il ragazzo più grande non perse altro tempo. Iniziò a sfilargli la camicia, fermandosi solo per sfiorargli i capezzoli, prima di trascinare le sue braccia inerti verso l'alto. Anche così, Alex aveva ancora troppo caldo, e Marco ancora una volta fu felice di aiutarlo, liberandolo anche dal peso dei pantaloni con movimenti abili. Un attimo dopo, le dita sorprendentemente lunghe del ragazzo più grande scivolarono sotto l’elastico della sua biancheria intima, e un brivido attraversò Alex. Con le ultime forze che gli erano rimaste riuscì a incrociare le gambe, evitando che anche l'ultimo dei suoi vestiti gli venisse portato via.
Marco scosse lievemente la testa. "Andiamo cucciolo, sappiamo entrambi che è quello che vuoi. Perché fare resistenza adesso?" La sua voce era dolce e condiscendente.
Alex piagnucolò di nuovo. Le parole stavano diventando sempre più difficili da pronunciare. "Io non... non farmi… male..." Alex odiava quanto sembrasse patetico, ma non c'era nient'altro che potesse fare.
"Cucciolo," mormorò Marco dolcemente, chinandosi su di lui finché le loro labbra non erano a meno di un centimetro di distanza. "Ti farò molte cose. Ma prometto che non ti farò mai del male."
Alex non voleva credergli, ma Marco sembrava così sicuro. Le sue gambe si rilassarono spontaneamente e il ragazzo sopra di lui sorrise, sporgendosi in avanti per posare un bacio sulla sua fronte. Riportò le dita all’elastico cedevole e senza sforzo fece scivolare la biancheria lungo le cosce del ragazzo. Lentamente, assaporando ogni istante.
Dopo i trenta secondi più lunghi della sua vita, Marco finalmente raggiunse i suoi piedi, e gettò quell’ormai inutile pezzo di stoffa da qualche parte dietro di sé. Alex emise un lieve mormorio scontento, ma il ragazzo più grande lo ignorò e intanto aveva già iniziato ad esplorare il suo corpo, come se fosse alla ricerca di qualcosa.
"Sto cercando qualche difetto…" Disse Marco, come se potesse leggere i suoi pensieri.
E la testa di Alex si riempì improvvisamente di tutti i difetti che vedeva nello specchio ogni volta che si guardava, preparandosi come poteva all’umiliazione che presto sarebbe arrivata.
"…qualcosa che rovini la tua perfezione Ma non riesco a trovarne nessuno." Concluse meravigliato il ragazzo sopra di lui. "Sei perfetto, cucciolo. Così incredibilmente perfetto." Marco stava facendo scorrere le mani lungo tutto il suo corpo, mentre parlava, facendolo rabbrividire.
Alex era sbalordito, avrebbe davvero voluto odiare tutto questo, ma le parole di Marco andavano dritte a un luogo remoto della sua mente, che contraddiceva tutte le sue convinzioni. Pensare stava diventando sempre più difficile man mano che il bisogno tra le sue gambe cresceva. E anche questo non sfuggì all'attenzione di Marco. "Dal primo momento che ti ho visto ero certo che saresti stato un cucciolo perfetto."
Alex non era un cucciolo, era abbastanza sicuro di non essere un qualche tipo di tenero animaletto, ma se questo significava che Marco avrebbe continuato a toccarlo e a parlargli in quel modo, avrebbe potuto imparare. No! Non doveva nemmeno pensarlo, era la droga a parlare…
Un altro bacio spazzò via nuovamente i pensieri dalla sua testa. "Aspettami qui per un momento, cucciolo. Tornerò tra un secondo.” Il calore e il peso di Marco si spostarono. Per la prima volta da quella che sembrava un'eternità, Alex non aveva mani estranee che vagavano su di lui. Era solo, eppure faceva ancora troppo caldo. Anche essere toccato lo faceva sentire caldo, ma in modo diverso, controllato. Questo invece era ovunque, come un incendio, e lo faceva contorcere per l'angoscia. Aveva bisogno di calmarsi, aveva bisogno di…
Il tocco di Marco rimise tutto al suo posto. Quando il calore del ragazzo più grande era di nuovo su di lui, si rese conto che il contatto con tutta quella pelle era molto meglio che essere lasciato solo.
Alex sbatté le palpebre, riuscendo a disperdere la nebbia nella sua testa per qualche secondo. Anche Marco era nudo adesso, eccitato, e la sua erezione svettava fiera, rendendo ancora una volta dolorosamente evidente tutte le differenze tra loro. Il cazzo del ragazzo più piccolo, però, si contrasse nonostante quel confronto impietoso. E mentre Marco riordinava le loro posizioni, spingendogli le ginocchia verso il petto, la realtà di ciò che stava per accadere colpì Alex come un fulmine, facendogli pompare più forte il sangue nelle vene.
"Tu… perché..." La mente di Alex stava di nuovo perdendo lucidità e non riusciva a formare frasi di senso compiuto. “Io… avrei…"
Marco rise di lui, mostrando per la prima volta un pizzico di crudeltà in contrasto con la dolcezza precedente. «Oh, lo so, cucciolo. So che mi avresti voluto comunque, ma appena ti ho visto, così indifeso, eri come un sogno a occhi aperti. Il mio sogno…"
Alex odiava il fatto che probabilmente il ragazzo sopra di lui non si sbagliasse, e piagnucolò scontento.
Nel frattempo, Marco continuò a sussurrargli all’orecchio. "…devi capire che scoparti è solo una delle tante cose che voglio farti.”
Il ragazzo più piccolo non poté fare a meno di piagnucolare ancora più forte. Probabilmente erano solo parole inquietanti per entrare nella sua testa, il fatto era che stava funzionando. Avrebbe voluto gridare, ma in quel momento, qualcosa di freddo entrò nel suo buco posteriore invadendo allo stesso tempo il suo corpo e la sua mente.
"Vedi," il tono di Marco era tornato a essere dolce. "Nemmeno un accenno di resistenza.” Spinse un dito avanti e indietro all’ingresso delle viscere di Alex, spargendo una sostanza fresca in ogni angolo nascosto. In breve tempo, un secondo dito si unì a quella danza, poi un terzo, subito dopo.
Alex sentì i muscoli stirarsi in modo innaturale, ma non gli fece male quanto si aspettava.
"Sai, pensavo che il tuo bel buchetto avrebbe richiesto un po' più di lavoro," rifletté Marco quasi fra sé, con un tono divertito. "Allora dimmi, cucciolo, cose è entrato qui prima? Solo qualche dito curioso? Hai nascosto qualche giocattolo? O hai già tentato qualcuno dei tuoi vecchi compagni di scuola a tirarti giù i pantaloncini nello spogliatoio?" Il suono dell’ultima domanda sembrava quasi aggressivo.
Alex voleva credere che fossero state le dita di Marco che premevano contro qualcosa dentro di lui, a causare la contrazione nel suo cazzo, e non il pensiero che il ragazzo che lo stava violando potesse essere geloso. Chi poteva essere geloso di lui? "Solo... solo le mie dita." Si sforzò di farfugliare, per pentirsene subito dopo.
"Quante?"
"Io… non ricordo… una... credo." Lo ricordava, ma non avrebbe mai voluto dirlo.
Marco fece qualcosa con le dita dentro di lui che lo costrinse a contorcersi e gemere allo stesso tempo. Non riusciva a dare un nome a quella sensazione, sapeva solo che era troppo intensa per essere giusta. 
"Non mentirmi, cucciolo. Quante dita?"
Alex scosse la testa, cercando di resistere, e Marco aggrottò le sopracciglia scontento. Quella sensazione sbagliata si diffuse, fino a formare un nodo nel suo stomaco, che lo costrinse ad ansimare e piagnucolare. "…Tre..." Cedette alla fine. La sensazione che si era intensificata quasi fino a fargli male si affievolì subito, lasciando al suo posto una piacevole pulsazione che dalla base della spina dorsale risalì fino al suo petto.
“Vedi, non era così difficile.” Lo consolò Marco, continuando a frugare dentro di lui con un po’ più di riguardo. "Essere onesto ti farà solo stare meglio, cucciolo." Con la mano libera accarezzò la sua guancia arrossata.
Alex cercò di lamentarsi, ma ogni rumore che usciva dalla sua bocca assomigliava a un gemito di piacere, facendolo bruciare per la vergogna. Non si era mai sentito in quel modo mentre faceva la stessa cosa da solo, nemmeno lontanamente. Dovevano essere quei maledetti farmaci. O erano le dita di Marco, molto più spesse e ruvide delle sue. O forse gli piaceva solo essere trattato in quel modo. Ma non voleva davvero soffermarsi su quel pensiero terribile.
Per fortuna, all’improvviso, non pensare sembrò diventare ancora più facile. Lo strano piacere che pulsava da qualche parte dentro il suo buchetto violato si stava trasformando in una pressione appena sotto l'ombelico. I suoi muscoli si contrassero; cercando di stringersi intorno all'intruso, per spingerlo fuori o forse tenerlo dentro, ma sicuramente provando e fallendo nel fare qualunque cosa. Al contrario, il suo corpo si arrese spinto inesorabilmente sempre più vicino all’orgasmo.
Alex cercò di formare le parole. Forse riuscì a emettere qualche suono pietoso, a malapena distinguibile dai gemiti indecenti che era certo uscissero da lui. Di sicuro non abbastanza da fermare Marco, che invece sembrava incoraggiato a lavorare ancora più velocemente con le dita. Chiuse gli occhi mentre sentiva di arrivare a un limite da cui non poteva tornare indietro e le sue palle si strinsero in modo familiare. Stava per venire sotto lo sguardo attento di Marco, a causa delle sue dita invadenti, e già sapeva che sarebbe stato l'orgasmo più forte che avesse mai avuto. Gli serviva solo un momento in più e invece era sempre lì, al limite. A quel punto, il piacere sarebbe già dovuto esplodere. Avrebbe dovuto raggiungere il picco, così sarebbe riuscito a rilassarsi e a pensare più lucidamente. Invece il suo piacere continuava a crescere, sempre di più, fino a quando il bisogno di sborrare divenne quasi doloroso. Allora trovò la forza di muovere il suo corpo incontro a quelle dita, alla ricerca del punto perfetto e l’attesa dell’orgasmo imminente lo travolse al punto da non percepire che Marco si era fermato.
Almeno finché il ragazzo più grande non iniziò a ridacchiare. “Te ne sei accorto solo ora, vero?" Il sorriso soddisfatto di Marco era abbagliante.
Se la mente di Alex fosse stata più lucida, avrebbe capito che era solo una provocazione, invece si accontentò di fissarlo, vagamente risentito. 
"Beh, come potrei dire di no a una richiesta così appassionata del tuo corpo?" Marco si allontanò senza preavviso, tirando fuori le dita.
Alex tornò a respirare, e la sua angoscia per essere stato lasciato proprio in quel momento svanì leggermente, quando si ricordò che non gli sarebbe dovuto piacere affatto. Proprio così, niente di tutto questo gli piaceva. Era solo colpa dei farmaci e quando il loro effetto fosse svanito, allora sarebbe tornato tutto a posto.
Mentre era perso nei suoi pensieri, Marco riprese a baciarlo, quasi con foga, facendolo sentire nuovamente meglio di quanto avrebbe dovuto. Se solo fosse riuscito ad articolare le parole, se avesse avuto il tempo di respirare, forse avrebbe potuto convincere Marco ad aspettare che l’effetto dei farmaci svanisse e…
"Sarà bello, cucciolo, te lo prometto," mormorò Marco dolcemente, quasi senza staccarsi dalle sue labbra. “Almeno per me.” Sorrise quando trovò quello che stava cercando, e una forte pressione sì schiantò contro il buchetto di Alex. Marco prese il suo viso tra le mani, in modo che fossero costretti a guardarsi dritto negli occhi, e spinse.
I muscoli cedettero, aprendosi intorno al cazzo di Marco con una facilità orribile, e permettendo al ragazzo più grande di infilarsi di un buon tratto con una sola spinta. Il dolore arrivò qualche attimo dopo, accecando Alex. Troppi nervi si erano accesi contemporaneamente e ancora non riusciva a dare un senso a quello che era successo, così chiuse gli occhi e gridò.
Ignorandolo, Marco si tirò fuori quasi completamente, con una lentezza agonizzante, poi si seppellì di nuovo. Il disordine nei sentimenti di Alex aumentò mentre il grosso cazzo incandescente infilzava quel punto magico già stimolato fin troppo con le dita. All'improvviso, in mezzo al dolore, il bisogno di sborrare tornò, crescendo rapidamente mentre Marco continuava a spingersi dentro di lui, apparentemente incurante della tempesta che stava causando.
Non ci volle molto prima che Alex si trovasse esattamente dove era prima, in bilico sul bordo di un orgasmo spettacolare, che sembrava addirittura amplificato dal dolore che provava in quel momento. Si rese conto di balbettare, le parole gli morivano nel cervello prima ancora che potessero arrivare alla bocca. Voleva pregare Marco di rallentare, e allo stesso tempo voleva implorarlo di andare più a fondo, più forte.
Alex rimase senza fiato quando l’orgasmo lo colpì tutto in una volta, il suo intero corpo si contrasse mentre ondate di piacere lo attraversavano. Eppure, non schizzò, almeno non come al solito; invece, il suo cazzo trascurato iniziò a perdere un flusso costante di sperma, che si andò ad accumulare sul suo addome. E l’orgasmo non si fermò. Il piacere bruciante indugiava oltre i normali secondi, mentre continuava a gocciolare su sé stesso, spossato da quel piacere intenso che lo portò rapidamente a perdere anche l'ultima flebile presa sulla realtà.
Da quel momento, Marco iniziò a scoparlo ancora più forte, lunghe e dure spinte che facevano sbattere Alex contro la testiera del letto. Nel suo stato di debolezza si sentiva usato, violato e incredibilmente vicino a un altro orgasmo. Non capiva come potesse venire di nuovo così presto, ma non poteva farci niente e Marco continuò ad andare avanti, colpendo tutti i suoi punti più sensibili, finché la sua vista non si offuscò e nient'altro contava. Solo lui, il cazzo che lo martellava dentro, i baci e le parole a volte dolci e altre degradanti che Marco gli sussurrava senza staccarsi dalle sue labbra. E il piacere che gli intorpidiva la mente spazzando via tutto il resto.
Alex tornò in sé solo quando il tono di Marco divenne più urgente. Gli aveva appena fatto una domanda, ma la sua mente era troppo lontana per ascoltare davvero. Allora il ragazzo sopra di lui lo strinse a sé. "Sto per sborrare…” ansimò tra un respiro pesante e l'altro. "Ti voglio… segnare… voglio farti mio… essere il primo… a riempirti…" Le sue spinte divennero irregolari man mano che il respiro diventava più veloce, finché con un ultimo grugnito affondò i denti nel collo di Alex, mordendo forte mentre il calore sbocciava nelle viscere del ragazzo più giovane.
Rimasero così per un po' di tempo; Marco si seppellì nel corpo di Alex, e il ragazzo più piccolo si rifugiò tra le sue braccia, entrambi sudati e con il respiro affannato. Alex si rese conto vagamente che stava piangendo, anche se non era sicuro del perché. Non era sicuro di nulla. Marco gli disse qualcosa a bassa voce, prima di districarsi lentamente dal loro abbraccio. Alex non lo sentì tirarsi fuori, ma all’improvviso si rese conto di essere vuoto e non era sicuro che gli piacesse.
Dopo un po’, Marco gli sollevò la testa e premette qualcosa di freddo sulle sue labbra. "Avrai sete. Bevi." Ordinò.
Alex obbedì inconsciamente, permettendo che il liquido gli venisse versato in bocca. Nella nebbia della sua mente, qualcosa gli diceva che avrebbe dovuto diffidare di farlo, anche se non riusciva a ricordare perché. Ma ormai era troppo tardi e inoltre aveva molta sete.
Il tempo aveva perso il suo significato, non sapeva se fosse passato un minuto o un giorno intero quando il letto affondò di nuovo e Alex sentì un peso vicino alla testa. Poi una mano sotto il mento lo costrinse a guardare in alto verso il grosso cazzo che gli veniva appoggiato sul viso.
«Apri grande, bello addormentato, ho qualcosa per te.»
Alex era abbastanza sicuro che il qualcosa fosse proprio quel cazzo. Non voleva, ma due dita nella sua bocca lo stavano già forzando ad aprirla. Cercò di mordere, ma non aveva energie e non poté fare altro che guardare mentre il bastone di carne scivolava dentro, riempiendolo in poco tempo fino all’ingresso della gola.
Tutto in Alex voleva ribellarsi. Non riusciva a respirare. Voleva respingere l'intruso che stava invadendo le sue vie respiratorie, ma il suo corpo non rispondeva. Nemmeno il riflesso del vomito voleva saperne di fare il suo lavoro, lasciandolo impotente a soffocare mentre l’asta scivolava dolorosamente sempre più in fondo. Dopo un lungo momento, il cazzo nella sua gola si tirò indietro, permettendogli a malapena di riprendere fiato prima di rientrare, acquistando gradualmente un ritmo costante.
Gemiti compiaciuti gli arrivavano a tratti. "Succhiacazzo… mi sta ingoiando intero… Bravo cucciolo..." Sbuffava Marco eccitato.
Alex riusciva a malapena a sentire il suo discorso sconclusionato, intervallato da gemiti rochi. In qualche modo, gli sembrava di essersi quasi abituato ad essere invaso. Provò a rilassarsi e si lasciò fluttuare, mentre un’altra ondata di calore lo attraversava. Marco però non gli diede molto tempo per adattarsi, iniziando a scopargli la bocca più forte e più veloce per molto tempo. Finché, senza preavviso, si sfilò completamente, lasciandolo ancora una volta troppo vuoto.
Presto, le gambe gli furono sollevate di nuovo sul petto, e un corpo rovente premette pesante su di lui. “Cucciolo, come ti senti?" La voce dolce di Marco attirò Alex come il fuoco per una falena, facendogli dimenticare momentaneamente le responsabilità del ragazzo più grande per la sua situazione. Significava che era finita? Alex emise un lieve sospiro speranzoso, che si trasformò immediatamente in un piagnucolio quando qualcosa di grosso violò nuovamente il suo buco abusato.
Un attimo dopo, Marco bisbigliò vicino al suo orecchio. "Lo so, cucciolo, fa male rifarlo così presto dopo la prima volta. Ma non ci vorrà molto prima che torni a piacerti, te lo prometto." Le sue parole avevano un suono così confortante. Poi il ragazzo più grande gli spinse le ginocchia più in alto verso le spalle. «Fammi entrare un po’ più a fondo, cucciolo, e ti prometto che andrà tutto bene.»
Senza aspettare, Marco avvolse una mano attorno al cazzo a mezz’asta di Alex, dandogli qualche colpo, inviando una nuova ondata di elettricità attraverso la sua spina dorsale, e contemporaneamente si spinse a fondo dentro di lui.
Lavorò lentamente con la mano, portando facilmente Alex alla piena erezione. "Hai un bel cazzo, cucciolo, un po’ piccolo ma ci potremo comunque giocare in molti modi."
Sovraccarico, Alex non rispose a quella lieve presa in giro, stava per svenire e non gli importava molto. Un leggero schiaffo sulla guancia, però, lo riscosse dal torpore poco prima che perdesse conoscenza. Alzò lo sguardo e notò il ragazzo più grande che lo fissava con attenzione. "Tutto bene, cucciolo? Resta con me…"
Alex poté solo piagnucolare in risposta. Si sentiva bene, anche bene, ed era sempre più sicuro che presto avrebbe perso la testa. Non era giusto che fosse così bello.
Marco gli sorrise e Alex odiò il calore che si diffuse nel suo petto in risposta.
"Sai, non posso immaginare cosa si provi ad essere al tuo posto." Il sorriso di Marco si aprì abbagliante a pochi centimetri dal viso arrossato di Alex. "Ma devi restare concentrato, pensa a me, continua solo a guardarmi e sono sicuro che ti sentirai meglio."
Probabilmente era una assurdità. Ma nonostante tutto, Marco lo aveva davvero fatto sentire meglio di quanto fosse mai stato. Forse se lo avesse ascoltato... Alex cercò in tutti i modi di togliersi quell’idea pericolosa dalla testa. Mentre faticava a pensare, all'improvviso, il suo corpo, già sensibile e ora doppiamente stimolato iniziò a fare male. Quel sovraccarico sensoriale era allo stesso tempo troppo piacevole e troppo doloroso. I suoi gemiti si trasformarono in piagnucolii e poi in grida, ma quando alzò lo sguardo verso il ragazzo che spingeva forte dentro di lui, con la vista offuscata dalle lacrime, tutto ciò che vide fu una gioia incontenibile sul volto dell’altro.
"Sei bellissimo anche quando piangi… cucciolo..." C’era euforia nella voce di Marco. "Ma per ora…" continuò a parlargli ansimando pesantemente. "Cerca solo di sopportare un po’… e presto ti riempirò ancora di più...”
Chissà come, Alex ci credeva. Presto sarebbe finita, anche se faceva ancora male. Non poté fare a meno di continuare a piangere mentre il ragazzo sopra di lui gli baciava il collo, le labbra e gli occhi bagnati di lacrime.
Marco, lo lasciò sfogare come voleva, continuando a baciare ogni angolo del suo viso e strofinandogli cerchi confortanti tra i capelli con le sue lunghe dita agili. Sembrava che si stesse avvicinando rapidamente all’orgasmo. Le spinte dure che stavano allargando il buco posteriore di Alex fino ai suoi limiti divennero irregolari. E sembrava anche che si stesse divertendo molto a masturbare il cazzo di Alex, strofinandolo a tempo con le sue spinte sempre più profonde e con i singhiozzi soffocati del ragazzo sotto di lui. Così, quando con un ringhio Marco si irrigidì riversando un secondo copioso carico di sperma nelle viscere del ragazzo, allo stesso tempo, strinse forte la presa sul cazzo di Alex facendolo schizzare fino al mento.
Crollarono l'uno sull'altro, respirando affannosamente mentre si riprendevano. In effetti, Alex era abbastanza sicuro che non si sarebbe mai ripreso, ma almeno gli fu permesso di respirare per un minuto.
Anche quella pausa però durò troppo poco. Presto sentì il ragazzo più grande iniziare a muoversi sopra di lui, afferrarlo come una bambola e girarlo a pancia in giù. Marco cercò di farlo sollevare a quattro zampe, ma quando fu chiaro che le gambe non lo avrebbero sostenuto, si accontentò di infilargli alcuni cuscini sotto la pancia, lasciandolo con il culo per aria. Arrossendo violentemente, Alex avverti un liquido denso iniziare a fuoriuscire dal suo buco, solo perché un dito lo riportasse dentro.
"Stai andando così bene, cucciolo." La voce di Marco alle sue spalle era di nuovo carica di dolcezza. "Ma non ho ancora finito con te. mi fai venire voglia di farti cose terribili. Solo… non svenire o non sarà divertente. Urla, piangi, non trattenere nulla… prenderò tutto quello che puoi darmi...". Si chinò su di lui, sussurrando in tono cospiratorio: «Sai anche tu che è esattamente quello che vuoi.»
Alex non poté davvero impedirsi di ricominciare a piangere, quando almeno quattro delle grosse dita di Marco allargarono nuovamente il suo buco già abusato. Marco, però, sembrava diventare ancora più rude alla vista delle sue lacrime, così, chiuse semplicemente gli occhi e cercò di non pensare all’enorme intrusione che sfondava ogni resistenza dei suoi muscoli indeboliti. Dopo un tempo indefinito e l’ennesimo lampo di dolore accecante, gli sembrò di sentire una serie di esclamazioni euforiche e la parola pugno fluttuare alle sue spalle. E all’improvviso si rese conto di avere una delle mani di Marco all’interno del corpo. Allo stesso tempo, dita giocose spingevano sulla pancia da fuori tracciando i contorni del mostro dentro le sue viscere maltrattate.
L'orrore di quello che gli stava accadendo si registrò a malapena nella mente di Alex, si sentiva come se stesse ricevendo le sensazioni di qualcun altro. Se chiudeva gli occhi, poteva quasi credere che non stesse succedendo a lui. Così, quando Marco si spinse ancora più a fondo nel suo corpo, non si oppose. Esausto, Alex non fece altro che crollare mollemente sui cuscini che lo sostenevano e lasciare che la sua vista si oscurasse.
Il resto della sera passò confuso. Si svegliava brevemente con una nuova sensazione troppo piacevole o troppo dolorosa, poi sveniva di nuovo altrettanto in fretta.
Alla fine, una luce forte che gli feriva gli occhi lo svegliò abbastanza da accorgersi di non essere più sul letto. Era in una piccola stanza con piastrelle chiare sul pavimento e sui muri. Il bagno, si rese conto, ringraziando il cielo. Era preoccupato che si sarebbe fatto la pipì addosso se non ci fosse andato subito, solo che aveva dimenticato di chiederlo. Ma invece del gabinetto, Marco lo spinse verso la doccia, guidandolo a mettersi in ginocchio. Il freddo della ceramica lo scosse quel tanto che bastava per alzare lo sguardo.
«Cucciolo, apri la bocca!» Ordinò il ragazzo più grande, in piedi davanti a lui. E Alex lo fece senza pensare, già abituato a eseguire i suoi comandi.
Marco teneva il proprio cazzo semieretto puntato verso di lui, e per un momento Alex si chiese perché si fosse preso la briga di portarlo fin lì solo per farselo succhiare di nuovo. Passò solo il tempo di formulare quel pensiero, prima che un flusso di liquido caldo sgorgasse abbondante schizzandogli contro la guancia, per poi correggere rapidamente la mira e atterrare nella sua bocca ancora aperta. Mentre tossiva per istinto, soffocato e sbalordito, storse il naso allo strano pensiero che il sapore non fosse così male.
“Tieni la bocca aperta!” Ordinò di nuovo Marco, riempendola ancora una volta, per poi mirare divertito ai capelli, al petto e persino al suo cazzo ancora duro mentre ingoiava senza pensare quello che aveva in bocca.
"L’hai bevuta? Non ci credo…" La voce di Marco era l’unica cosa che ancora riusciva a fare breccia nel sogno ad occhi aperti di Alex. Alzò lo sguardo verso il ragazzo alto, che sembrava ancora più grande visto da laggiù.
Chiaramente non aspettandosi una risposta, Marco entrò nella doccia insieme a lui e chiuse la porta di vetro alle sue spalle.
L’acqua fredda colpì Alex sul fianco, facendolo sobbalzare e stringere in un angolo. Marco gli tese la mano. "Vieni su, cucciolo. Ti aiuto ad alzarti."
Alex prese la mano che gli veniva offerta e si lasciò trascinare in piedi. Era incerto sulle gambe, ma riuscì a mantenersi in equilibrio con quella mano ferma su cui fare presa.
"Bravo il mio cucciolo." Marco gli diede un leggero bacio sulla fronte, e quando l'acqua si scaldò lo spinse sotto.
Mentre erano sotto il getto d’acqua calda sembravano quasi normali. Marco gli lavò i capelli e gli insaponò il corpo con attenzione. Si soffermò molto più del necessario sul cazzo e sul culo, ma era la cosa meno strana che gli avesse fatto quella sera, quindi Alex non se ne preoccupò. Inoltre, era gentile, come se gli importasse davvero, e quando finì di occuparsi di lui lo baciò di nuovo. Prima di lavarsi a sua volta.
Quando si furono risciacquati entrambi dal sapone, Marco girò Alex verso di lui e lo attirò a sé, in modo che le erezioni di entrambi fossero premute tra loro. "Lo sai, in realtà non avevo intenzione di scoparti di nuovo. Non pensavo nemmeno di avere abbastanza energia per farlo un’altra volta. Ma cielo, cucciolo, non immagini cosa mi fai…" Sembrava che Marco stesse parlando più che altro a sé stesso mentre bisbigliava al suo orecchio.
"Ti propongo un patto.” Disse serio all’improvviso, riadattando leggermente le loro posizioni in modo che potessero guardarsi negli occhi. “Dimmi di no solo una volta, scuoti la testa, o qualsiasi cosa per comunicare che non sei interessato e ti riporto subito a letto per riposare. Oppure voltati, reggiti con le mani al saliscendi della doccia, e possiamo aiutarci a vicenda a stare bene ancora una volta.”
Alex era quasi certo che fosse un trucco. L’acqua della doccia aveva dissipato un po’ della nebbia che gli offuscava la mente, ed era quasi sicuro che, anche se avesse detto di no, Marco avrebbe fatto comunque quello che voleva. Ma forse poteva davvero scegliere, doveva solo dire di no, provarci non costava nulla. Allora perché non lo stava già facendo?
Le mani di Marco trovarono la sua vita, stringendolo a sé, e gli premette un bacio sulle labbra. "Scegli, cucciolo." Era un ordine, ma in quel momento suonava come una preghiera. E Alex si sciolse.
Girandosi a fatica, Alex riuscì ad afferrare la barra della doccia per evitare che la sua faccia colpisse il muro, quasi cadendo mentre si chinava, esponendosi. Gli sembrava di sentire il sorriso di Marco bruciargli la schiena.
"Sei un bravo cucciolo." Marco scivolò dentro di lui senza sforzo, come se il buco di Alex fosse fatto per il suo cazzo. Non disse molto di più. Iniziando a muoversi a un ritmo lento che crebbe costantemente, sempre più forte fino a quando ogni spinta non portò Alex ad ansimare. Ad un certo punto le sue gambe cedettero, così Marco lo girò e si insinuò in lui, sollevandolo di peso, inchiodandolo tra il suo ampio petto e la parete della doccia, mentre lo tirava su e giù sul suo cazzo tenendolo in braccio. Alex avvolse istintivamente le gambe intorno alla vita del ragazzo più grande, poggiando il viso sulla sua spalla e iniziò a gemere piano. Non poteva farne a meno. Ogni sensazione gli sembrava amplificata e Marco sapeva davvero come scoparlo. Come fare in modo che ogni spinta inviasse ondate di piacere attraverso di lui, che finivano inevitabilmente in un punto alla base del suo cazzo, facendolo vibrare. Sapeva come sussurrargli parole dolci all'orecchio proprio quando aveva bisogno di sentirle. Come baciarlo così ferocemente che Alex dimenticò tutto, tranne le sensazioni piacevoli che gli stava dando in quel momento. Per tutta la durata di quella scopata, Alex dimenticò di essere stato drogato e violato ripetutamente, dimenticò gli abusi e si lasciò andare al piacere. Venne senza toccarsi su entrambi i loro petti, sbiancando per l'intensità dell’ennesimo orgasmo.
Marco lo seguì pochi istanti dopo, con un ringhio basso e due colpi profondi come unico avvertimento prima che una sensazione di calore si diffondesse dentro di lui. Solo che poi lo tenne fermo, senza dire niente e senza tirarsi fuori, e dopo alcuni istanti un'altra ondata di calore si riversò nelle sue viscere. Questa volta, però, non si fermò dopo pochi secondi, continuò per quasi un minuto intero, fino a quando Alex non sentì la pancia gonfiarsi leggermente a causa del volume di piscio con cui Marco lo aveva appena riempito. Ma il ragazzo esausto era già troppo lontano per preoccuparsene.
Marco lo accompagnò fuori dalla doccia senza lasciarlo andare. L'ultima cosa che il ragazzo percepì era una pressione fastidiosa sul fondoschiena e un lieve bacio sulle labbra, prima che il mondo iniziasse a svanire.
Alex spalancò gli occhi al suono dell'allarme, poi li richiuse immediatamente perché la luce che filtrava dalle persiane socchiuse era troppo intensa, e si raggomitolò su sé stesso, stordito e dolorante. Sfortunatamente, nulla di tutto questo impedì all’allarme di continuare a suonare all’infinito. Così, alla fine, si costrinse a rotolare fuori dal letto e inciampò incerto per la breve distanza fino alla sua scrivania, dove apparentemente aveva lasciato il telefono. Lo afferrò distrattamente e silenziò la sveglia, infastidito.
Voleva solo tornare a letto. Le sue lezioni sarebbero iniziate la settimana successiva e non aveva bisogno di alzarsi. Stare in piedi, infatti, si stava dimostrando uno sforzo eccessivo, e Alex ricadde più che sedersi sul suo letto. Si sentiva come se fosse stato investito da un treno. Frugò nella sua memoria, cercando di ripercorrere il giorno precedente. Era arrivato nel suo nuovo appartamento, aveva sistemato le sue cose, poi...
Tutto gli tornò in mente in un’alluvione. Quasi tutto. Alex era profondamente consapevole di alcuni vuoti preoccupanti nella sua memoria. Ma ricordava già più di quanto volesse e proprio in quel momento, il suo telefono squillò.
Era un messaggio. Da un certo AAAMarco.
"Buongiorno cucciolo. Dormito bene?"
Maledetto. Cazzo. Cazzo. Cazzo. Non doveva rispondere. Doveva bloccare il numero e cercare di dimenticare tutto. No, dovrebbe chiamare la polizia. No, dovrebbe... Maledetto. Maledetto. Cazzo.
Poi nella tempesta che si era scatenata nella sua mente, balenò improvviso un pensiero inquietante. Come faceva Marco a sapere… “Come fai a sapere che mi sono appena svegliato?” Inviò il messaggio colto dal panico.
“Ho impostato una sveglia per cinque minuti fa. Dormire tutto il giorno non ti fa bene, cucciolo."
"Sei entrato nel mio telefono?" Il terrore si insinuò dentro Alex, gelandolo fino alle ossa.
"Il riconoscimento facciale va bene…” Scrisse Marco. 
“Fino a quando non sei troppo fuori di te per impedire a qualcuno di puntare il telefono sul tuo bel viso.” Una faccina con le lacrime per le risate concludeva il messaggio.
“Oh! A proposito, tanti auguri per il tuo compleanno, cucciolo, anche se con un giorno di ritardo."
Marco fece una breve pausa prima di scrivere ancora.
"Ma non preoccuparti, non ho visto molto sul tuo telefono. Solo le cose di cui avevo bisogno."
In qualche modo, questo non servì a placare le ansie di Alex. “Se non mi lasci in pace chiamerò la polizia!” Scrisse con le dita tremanti, pregando che bastasse per spaventarlo.
"Nooooooooooo… e io che pensavo avessimo legato. Ci siamo divertiti così tanto ieri sera."
Alex stava per rispondere, ma poi molte foto iniziarono ad inondare lo schermo del suo telefono. Immagini di sé stesso. Di spalle mentre si faceva scopare. A pancia in su, in ginocchio, con la bocca piena sformata da un cazzo troppo grande. Il suo buco ancora aperto e arrossato che perdeva sperma. Lui con la bocca piena di piscio e uno sguardo sognante. E infine, un breve video di lui e Marco che si baciavano gemendo di piacere. Ogni immagine era riuscita in qualche modo a catturare un momento in cui sembrava felice. Persino beato. Se Alex non avesse vissuto quei momenti in prima persona, avrebbe creduto davvero che la persona in quelle foto fosse pienamente soddisfatta.
"Vedi? Abbiamo già un sacco di bei ricordi."
Alex era contento che Marco non potesse vederlo tremare attraverso lo schermo. "Devi cancellare tutto."
"Ma sono i nostri ricordi, cucciolo."
"Vuoi ricattarmi? Che cosa vuoi?" Dopo aver inviato il messaggio si sentì un po’ stupido. Non era che avesse qualcosa per cui valesse la pena essere ricattati.
"Voglio te." Rispose semplicemente Marco.
“???”
"Forse non mi credi, adesso, ma non ho mentito quando ho detto che sei come un sogno diventato realtà.”
“Mi piaci.” Aggiunse dopo qualche secondo.
Mi piaci. Mi piaci. Mi piaci. Alex non riusciva a smettere di rileggere il messaggio, ma non osava crederci. Non sarebbe mai potuto piacere a un ragazzo come Marco. E comunque drogarlo per costringerlo a fare sesso non era una bella dimostrazione di affetto.
“Non fraintendermi…” Scrisse Marco quando non ricevette risposta. “Ti ricatterò volentieri per averti, se necessario, ma preferirei di gran lunga che fossimo entrambi d’accordo. So che non hai odiato del tutto quello che è successo ieri sera."
Alex si arrabbiò.
"Davvero? Mi hai drogato così tanto che non riuscivo a ricordare nemmeno il mio nome e adesso vuoi convincermi che ero complice?”
“Non sono così stupido.”
“Non voglio più avere niente a che fare con te.”
Dopo quella sfilza di messaggi, Alex lanciò il telefono da parte sul letto e affondò la testa nel cuscino, gridandoci dentro.
Erano solo le droghe. Doveva essere così. Non c'era altro modo per spiegare quanto gli fossero piaciute alcune delle cose che erano successe. Perché sicuramente non era stato bello. Non avrebbe potuto. Non dovrebbe.
Contro il buon senso, riprese il telefono alla serie di suoni di notifica. Ovviamente ancora tutti messaggi da Marco.
"Beh, è un peccato, perché non era una richiesta.”
“Se collabori cercherò di non sconvolgere troppo la tua vita.” 
“Ma se continui a fare resistenza, dovrò spezzarti finché potrai mangiare solo dalla mia mano, quando ti darò il permesso di farlo..."
Marco lasciò il messaggio in sospeso per un minuto prima di continuare.
"Non voglio farlo. Sarei molto più felice se fossimo insieme in questa cosa. Ma come ho detto, cucciolo, tu mi fai fare cose terribili."
Le lacrime rigarono gli occhi di Alex. "Ti odio." Scrisse d’impulso.
"No, non mi odi. Forse odi il fatto che ho ragione. Perché ancora non sai nemmeno tu cosa vuoi davvero."
Aveva ragione, ma Alex non glielo avrebbe mai detto.
"Mentre ci pensi.” Scrisse Marco con una faccina sorridente di contorno. “Potresti fare una doccia per schiarirti le idee, e magari approfittarne per svuotare il tuo bel buchetto da tutto lo sperma e dal piscio che ci ho sigillato dentro.”
Irrigidendosi, Alex si tastò intorno al sedere per la prima volta, trovando un pezzo di plastica duro. Aveva pensato che il malessere generale fosse solo una conseguenza degli abusi del giorno prima; invece, aveva una specie di tappo dentro di sé. E se Marco avesse detto la verità, sarebbe stato ancora pieno... Maledetto. Cazzo. Maledetto. Si rifiutò di riconoscere la leggera contrazione del suo cazzo a quella realizzazione.
"Oh, quasi dimenticavo. Nel frullato c’era solo un po’ di liquore alla fragola."
Alex riuscì a malapena a digitare il messaggio talmente le sue mani tremavano forte. “Cosa intendi?"
"L’idea era farti sciogliere un po’, per conoscerci meglio, ma poi sei andato nel panico e non sono riuscito a resistere alla tentazione."
La mente di Alex tornò a quel momento in cucina. Il frullato aveva un sapore strano, ma era buono e l’aveva mandato giù in fretta. Poi quella sensazione di caldo lo aveva invaso e si era un po’ spaventato, ma doveva essere per via della droga. Dopo non era più riuscito a muoversi e non poteva opporsi a quello che stava succedendo. Giusto?
Un’altra notifica lo fece sobbalzare. «Allora siamo d’accordo, adesso ti lascio riposare e prenderti cura dell'erezione che hai pensando a me. Ci vediamo a casa più tardi.” Marco lo salutò con una faccina dagli occhi a cuore.
Alex bloccò lo schermo del telefono senza rispondere e rimase a fissare il soffitto, cercando di elaborare tutto. Ci rinunciò dopo pochi minuti e invece diede al tappo di plastica incastrato nel suo buco dolorante un piccolo strattone sperimentale. Era bloccato saldamente. Quindi era più grande di quello che sembrava. Maledetto. Maledetto. Maledetto.
Si diresse verso il bagno, chiudendosi dentro anche se non c’era nessuno in casa. Per qualche minuto rimase a fissare il suo riflesso nel grande specchio sopra il lavandino. Il collo, il petto e il suo culo erano un pasticcio di piccoli ematomi più o meno scuri. Aveva i capelli scompigliati e le sue labbra erano gonfie. Non voleva nemmeno sapere che aspetto avesse il suo buco posteriore.
Entrò nella doccia e aprì l’acqua calda al massimo, mettendosi subito al lavoro per togliere il tappo, impaziente. Giustificò il fatto di masturbarsi mentre lo faceva, ripetendo a sé stesso che sarebbe stato più semplice toglierlo se fosse riuscito a rilassarsi. Alla fine, venne due volte, una volta mentre tirava fuori il mostro grande quasi come il suo pugno, e di nuovo mentre esplorava sé stesso con le dita. Solo per assicurarsi di essere davvero pulito. E mentre si abbracciava le gambe, accovacciato sotto l’acqua calda senza più energie, non poté fare a meno di chiedersi quante altre volte sarebbe finito così. E quanto sarebbe stato bello se Marco fosse stato nella doccia insieme a lui…
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anchesetuttinoino · 11 months ago
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Caro Feltri, inorridisco davanti alle parole del padre di Filippo Turetta, assassino di Giulia Cecchettin, pronunciate in carcere, durante una visita al ragazzo. L'uomo pare giustificare il gesto del figlio, lo consola, gli dice che non è l'unico ad avere commesso un femminicidio, che ce ne sono stati altri e che, in fondo, non poteva controllarsi. È uno scherzo o cosa? Che razza di padre è questo qui? Marco Vizzari
Caro Marco, forse non gradirai il contenuto della mia epistola ma non posso fare a meno di esprimere il mio pensiero in maniera onesta, senza farmi trascinare da un moto di indignazione collettiva che sta investendo in queste ore un poveraccio che non ha commesso alcun delitto, ove conveniamo che avere un figlio che si macchia di omicidio non è un reato bensì una tragedia. Bene. Ti ritieni inorridito, come tanti, quasi tutti, la collettività intera, per le affermazioni del babbo di Turetta durante quella che è stata - e questo è bene puntualizzarlo - la prima visita al figlio in carcere, ossia il primo incontro tra il ragazzo e i genitori una volta che il primo è stato arrestato in Germania e tradotto in Italia. Era il dicembre del 2023 e queste intercettazioni, che riguardano un momento di dolore, intimo e privato, vengono divulgate adesso dalla procura e finiscono sui giornali. Il contenuto di questo colloquio, corredato di immagini fotografiche, non è uscito da solo, aprendo la porta, dai palazzi della giustizia. Qualcuno lo ha ceduto a qualche giornalista, senza curarsi delle conseguenze, le quali pure potrebbero essere gravi per questi genitori, in particolare il padre, Nicola Turetta, che saranno fatti bersaglio di odio, odio che può facilmente volgere in violenza. Il materiale in questione, peraltro, non ha alcun valore investigativo e alcuna rilevanza processuale, non costituisce una prova in relazione alle accuse di cui deve rispondere il ragazzo, che ha confessato il crimine e ha rinunciato all'udienza preliminare per entrare subito nel vivo del rito. Quindi dobbiamo chiederci per quale motivo questa intercettazione sia stata pubblicata. La risposta è evidente: perché l'opinione pubblica si indignasse e questo padre venisse dato in pasto alla massa famelica. I giornalisti talvolta assecondano i peggiori appetiti del popolo. E lo fanno in maniera spregiudicata, calpestando ogni valore e qualsiasi principio etico.
Ma io non mi indigno. Non mi indigno per un padre traumatizzato, piegato dal dolore, che, dopo avere ottenuto consigli dagli psicologi su come rapportarsi al figlio, incontra quest'ultimo in galera, dopo avere temuto che si fosse suicidato, un padre che ha difficoltà ad accettare e metabolizzare che colui che ha messo al mondo, che ha visto bambino, possa avere compiuto un delitto tanto orribile, che possa avere avuto la freddezza di accoltellare un essere vivente, un essere umano, una ragazza, la sua ex ragazza, Giulia. Il signor Turetta non ha assolutamente giustificato la condotta del figlio. Egli dice: «Hai fatto qualcosa, però non sei un mafioso, non sei uno che ammazza le persone, non sei un terrorista, hai avuto un momento di debolezza. Devi farti forza». Nicola Turetta quasi cerca di persuadere se stesso, di rassicurare se stesso, non soltanto il figlio: no, non sei un assassino, non è possibile che tu lo sia. Inoltre, da buon padre ha tentato di consolare Filippo e di fargli capire che non lo abbandona. Cosa avrebbe mai dovuto dirgli per risultarvi simpatico: «Ammazzati, non ci vedrai mai più, ti odiamo, da oggi non sei più nostro figlio»? Parlate tutti di valori cristiani, vi sconvolgete davanti agli insulti alla fede cristiana, eppure quando qualcuno applica la parola del Signore, quando un padre non rinnega il figlio che ha sbagliato atrocemente, ecco che vi scandalizzate.
Vedo in tutto questo contraddizione e ipocrisia.
Io mi indigno semmai per l'immoralità di chi ha diffuso e pubblicato queste intercettazioni, che fanno parte di un colloquio assolutamente privato e intimo e che privato e intimo avrebbe dovuto restare.
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alonewolfr · 10 months ago
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Avevo appena finito il militare e facevo il “bibitaro”, portavo le bibite con il camion.
Con le ragazze non ero capace, però andavo in moto e questo piaceva. Loredana mi è stata dietro tre anni. Finché una sera, fuori dalla discoteca, le ho detto: “Allora mettiamoci insieme”. Quanto ho dovuto corteggiarla.
È durata 30 anni. Eravamo legatissimi.
E io tornavo sempre a casa.
Era mia madre, mia moglie, tutto.
È stato merito di Loredana se mi sono diplomato.
Durante l’adolescenza, scoprii che lei, per la prima volta, era andata a ballare con un altro. Così presi la moto e corsi in quella discoteca. Me la ricordo ancora, c’era Jovanotti ragazzino alla consolle. Non fu una cosa molto molto romantica, ero irascibile a quei tempi: afferrai Loredana e me la portai via.
Sì, e sono sempre rimasto un tipo molto geloso. Negli anni ci siamo fatti delle litigate epocali, io e Loredana. Diventavo matto perfino se la guardava un cameriere. Però era bello fare l’amore, dopo. Con lei che mi veniva contro perché voleva prendermi a cazzotti.
Da un paio di giorni aveva un fortissimo mal di testa, ma vai a pensare...
Lei e i bambini stavano per partire per il mare, sarebbero rimasti in vacanza un paio di mesi. Invece, ha chiuso gli occhi e mi si è accasciata fra le braccia mentre chiacchieravamo.
Io le parlavo all’orecchio, ma mi sono accorto che parlavo da solo, e ho maledetto Dio.
Ha vissuto altri due giorni, ma senza riprendere conoscenza. Se non lo provi non lo puoi capire.
Rocco non ne ha più parlato. Il piccolo mi dice: “Papà, perché non chiedi a Gesù di farla tornare?”. Moltissime persone mi sono state vicino. La sua morte ha unito le mie due vite: la gente semplice da un lato, dall’altra tutti gli attori italiani. Loredana per me è stata tutto.
La madre dei miei figli, la donna con cui sono stato per trent’anni e che, dopo essersi sentita male, se ne è andata dalla mattina al pomeriggio senza che io le abbia potuto dire neanche "ciao". I suoi genitori mi hanno trattato come un parente stretto e io non ho avuto nemmeno il tempo di salutarla. La sua morte è un evento che né io né i miei figli abbiamo mai metabolizzato. Non ne abbiamo mai parlato. Non siamo mai andati al cimitero insieme, anzi, in 7 anni, al cimitero sono andato due volte in tutto. Le fotografie le ho a casa, ma non le guardo, non è roba per me perché lei è ovunque, nei ricordi, nelle stanze, nei viaggi a Barcellona che non farò più.
Penso che un dolore così grande non si possa superare. Ci siamo conosciuti quando eravamo quattordicenni e per i primi due anni della nostra relazione ci siamo sfiorati solo la mano. Quando è così, dopo 30 anni insieme, è impossibile. Loredana era tanta, in ogni senso. Bella davvero. E sapeva fare qualsiasi cosa: studiava, lavorava, cucinava.
Rocco e Diego sono bravi in tutto, proprio come lei. Alle volte ci basta uno sguardo: loro vedono il mio dolore, e io il loro, e rimaniamo attaccati. Poi ognuno ha il suo modo, il suo metodo molto personale, per uscirne. È così, la vita...".
|| Marco Giallini
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giuseppelaporta · 8 years ago
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Analisi sulla cisterna del vescovado di Termoli.
Dopo aver effettuato il primo sopralluogo nella cisterna, si è potuta iniziare tutta una serie di studi di ricerca per localizzare e circoscrivere questo edificio nello spazio e nel tempo.
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La cubatura si presenta in modo naturalmente trasandato per via del lungo tempo di non-utilizzo e chiusura seguita dal prosciugamento.
È facile da subito notare molte delle linee di erosione e sedimentazione lasciate dai vari livelli idrici dell'invaso, con un ampio margine ben marcato sulla malta idraulica, nella mezzeria o poco al di sotto.
La volta a botte presenta un sesto lievemente rialzato, in mattoni, con tre scassi, uno di raccolta e due di incanalazione, circondati da circa 4 piccoli canali, due per lato, collegati a loro volta ai sistemi di ruscellamento derivanti dalle coperture superiori al vano preso in considerazione.
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Si è potuti passare attraverso lo scasso principale, che a differenza del muro settentrionale, arriva ad avere uno spessore di quasi 2 metri, all'incirca intorno al metro e 50 cm, il che farebbe pensare ad una struttura fortificata, oppure ad un addossamento postumo in seguito alle stratificazioni successive.
Quanto alla datazione, per il momento è incerta, ma resta molto plausibile l'identificazione da noi proposta, che vede questa cisterna come il vaso di fabbisogno idrico di una torre maestra, o torre mastio.
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Lo fa percepire la precisa proporzione del vano interno 5×5 m circa, contestualizzata alle caratteristiche tecniche e soprattutto alla documentazione storica che attesta la presenza di una torre collegata all'antico palazzo vescovile di Termoli, riportata già dal Rocchia nella sua Cronistoria di Guglionesi, databile già al 412 d.C. nel corso delle guerre greco-gotiche.
Se unita unita alla possibile presenza di un antico complesso monastico a doppio quadriportico tra il vescovado ed il palazzo Ragni, è oltremodo fattibile ipotizzare l'esistenza di una torre mastio usata dal clero termolese per potersi difendere dagli attacchi via mare, come quelli che avverranno già nell'VIII secolo.
Come per tutte le torri maestre di un insediamento fortificato, esse dovevano possedere un punto di raccolta delle acque piovane, una cisterna naturalmente, come nei casi della Rocca di Oratino, della Torre di San Marco Argentano e, nel caso della sua stessa presenza, del monastero di Santa Maria della Strada, presso Matrice (CB).
Di questa struttura ci porta memoria lo stesso Vescovo Tommaso Giannelli belle sue memorie, facendo notare come nel '700 la sua mole danneggiata e rattoppata, fosse ancora visibile, per poi essere inglobata nelle espansioni dell'edificio diocesano tra '800 e '900.
Nel secolo scorso la sua cisterna era adoperata unicamente per la conservazione "al fresco" delle damigiane di vino nel corso dell'eposcopato di Mons. Santoro, mentre poco dopo venne definitivamente tamponata con una lastra di marmo, fino ad oggi.
Gli studi proseguiranno, e a mio avviso, è possibile quasi al 100% che questo edificio potesse essere collegato alla vecchia basilica tardoantica di Termoli, forse il suo stesso campanile fortificato, alla stregua di chiese come la cattedrale di Otranto e la chiesa madre di Macchia d'Isernia.
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vincenzodives · 2 years ago
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closed starter for @marcovolta location: dahlia house note: bruddas
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In and out of death and Vinny always found himself back here, back in the Dahlia house. He'd already sought out Vivianne. Now, he'd been looking for Abel. Maybe he'd find that annoying oaf somewhere around here. Okay, he wasn't an oaf, but annoying was the right word. The last time they'd spoken, the witch had brought up Viola. It had felt like a cheap shot to him, but that seemed to be all Abel ever did to him. Nevertheless, that was who he had been looking for in the crowded house. Instead of the older man, he found someone else entirely. He was in the kitchen, cooking a meal that could probably feed this entire house and more. Very interesting. "Holy shit." He walked further into the room and looked at everything on the table. "You make all this yourself?"
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potionboy3 · 6 months ago
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youtube
the volta family | riddle era | RE-UPLOAD
the volta crime empire spans several countries, distributing illegal substances all over the wizarding world. the casinos and the brand of firewhisky give a semblance of legitimacy to the family's more questionable dealings but that's not where the real money is. erebus volta has the unquestioned rule of the wizarding underground within his grasp, if only he can keep his family under control and beat loretta larkspur in her own game.
in order of appereance video:
erebus volta kronus volta (gryff) @fischerfrey gretta volta (gryff) marlon volta (gryff) idalia volta iason volta illias volta (gryff) skylla volta melinoe volta (gryff) ft. loretta larkspur (gryff) hugo larkspur (gryff) leighton larkspur & marco rathbone @cursebreakerfarrier
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bicheco · 2 years ago
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Siamo uomini o generali?
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Non è bello giudicare le persone dalla faccia, però qualche volta aiuta. Anche perché “dopo una certa età ognuno è responsabile della sua faccia” (Camus). Noi, lo confessiamo, la prima volta che incrociammo lo sguardo del generale Francesco Paolo Figliuolo, un po’ meno espressivo di un boiler spento, fummo colti da parecchi dubbi sulla nomina a supercommissario al Covid. Ma esitammo a esternarli perché era stato SuperMario Draghi in persona a posare lo sguardo su di lui, trasfondendogli la sua infallibilità con la sola imposizione delle mani. Infatti tutti ne parlavano come di un genio (veniva dal Genio degli Alpini). Il suo piano vaccinale era copiato da quello del famigerato Arcuri, i vaccini li avevano acquistati i putribondi Conte e Speranza, ma si gridò al miracolo. Parlava come il colonnello Buttiglione, poi promosso a generale Damigiani: frasi secche, ficcanti, perentorie, rese più solenni dai 27 nastrini che gli piastrellano il lato sinistro dell’uniforme: “Il Piano Vaccini si articolerà in due fasi: 1) procurarceli, 2) inocularli” (e rigorosamente in quest’ordine), “Vacciniamo anche chi passa”, “Sono abituato a vincere, “Svoltiamo”, “Acceleriamo”, “Cambiamo passo”, “Chiudiamo la partita”, “Fuoco a tutte le polveri”, “Diamo la spallata”, “Stringiamci a coorte” (con rima beneaugurante), “Fiato alle trombe” (posseduto da Mike). Ma ogni volta, quando finivamo di scompisciarci, ci scoprivamo circondati da bocche a culo di gallina e gridolini estatici. Così finimmo per rassegnarci all’idea che il problema fosse soltanto nostro. Spezzate le reni al virus, Penna Bianca fu promosso da Draghi a Comandante Operativo di Vertice Interforze (dal Covid al Covi) e paracaduto dal fronte ungherese (a fare bau ai russi) a quello del Niger (con i brillanti risultati a tutti noti). Poi la Meloni lo rimpatriò e, siccome è multiuso, ne fece il supercommissario all’alluvione in Emilia-Romagna. Anche lì gli esiti sono sotto gli occhi di tutti: cantieri fermi, fondi col contagocce, zero ristori alla gente disperata. L’altroieri, l’apoteosi: il generalissimo, pancia indentro e petto infuori, marcia sulle zone alluvionate mostrando i soldi del Monopoli. Poi, alla prima domanda dei cronisti, gli parte l’embolo e dice cose che, al confronto, Bertolaso era Churchill: “È inutile che adesso venga a dare delle date. Non abbiamo date, perché dobbiamo mettere a punto le procedure e le piattaforme”. E mentre lui mette a punto, quelli si incazzano. Protesta persino il Pd, che fino a ieri lo portava in processione. Lui è sempre lui, ma non s’è accorto che è cambiato il mandante. Se ti manda Draghi, sei coperto dal mantello di supereroe. Se ti manda la Meloni, sei un povero Figliuolo qualunque, la gente ti sgama e può finalmente sbudellarsi dal ridere.
Marco Travaglio
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marcovolta · 2 years ago
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@bleedingwings
location: Outside the Dahlia House
notes: meetcute meetcute meetcute
Lunch was almost ready, but something was triggering the wards outside, Vivianne, Abel, and some of the adepts had been crazy precautious lately with all the new security that had gone up it was hard for a supernatural to make it on the block without some alarm going off. Marco wanted to say it was a bit extra but considering everything that was going down it had to be better to be safe than sorry. Thanks to Viv's association with Michael, it was easy to tell when one of the seraphim were hanging about, either through the wards or his own perception.
"Oh hey," Marco greeted from the door, "were you looking for Nate or Michael?" He asked, "They're not here right now- I think Vivianne is..." Where was she again? "I'm not sure, but I just made lunch if you wanted to wait for them to get back." Things had been quiet around the house since so many of their coven were living elsewhere now, Marco wasn't exactly a fighter but he liked to consider himself an essential service. Well, maybe not essential, but he was definitely happy to help.
"I'm Marco by the way, Volta." She was pretty, really really pretty.
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sparviero44 · 2 years ago
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Nassiriya 12 nov 2003. Quella mattina di 20 anni fa alle 10,40 (ora di Bagdad) le 8,40 italiane, (ricordo come se fosse oggi , perché ero lì) la sede dei carabinieri MSU (Multinational Specialized Unit) un camion cisterna forzò l'entrata del l’edificio, che una volta ospitava la camera di commercio della città, per poi saltare in aria. Sul veicolo c’era un kamikaze e bordo aveva tra i 350 ed i 500 chili di esplosivo , provocando successivamente l'esplosione del deposito munizioni della base e portanto la morte di diverse persone tra Carabinieri, militari e civili. Massimiliano Bruno, Maresciallo Aiutante
Giovanni Cavallaro, Sottotenente
Giuseppe Coletta, Brigadiere
Andrea Filippa, Appuntato
Enzo Fregosi, Maresciallo Luogotenente
Daniele Ghione, Maresciallo Capo
Horacio Majorana, Appuntato
Ivan Ghitti, Brigadiere
Domenico Intravaia, Vice Brigadiere
Filippo Merlino, Sottotenente
Alfio Ragazzi, Maresciallo Aiutante
Alfonso Trincone, Maresciallo Aiutante
Massimo Ficuciello, Capitano
Silvio Olla, Maresciallo Capo
Alessandro Carrisi, Primo Caporal Maggiore
Emanuele Ferraro, Caporal Maggiore Capo Scelto
Pietro Petrucci, Caporal Maggiore
Marco Beci, cooperatore internazionale
Stefano Rolla, regista.
A PERENNE MEMORIA E AFFINCHE’ I LORO VOLTI NON VENGANO DIMENTICATI
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susieporta · 2 years ago
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Condivido questo post di Marco Frigerio.
Da più di dieci anni è attivo un CERCHIO DI UOMINI presso il nostro centro fondato da me e ora condotto da alcuni anni dal nostro Claudio Agosti .
Sono estremamente felice che si spendano queste parole e che la necessità di " fare cerchio" tra pari sia sempre più sentita e testimoniata.
Grazie Silvia Gadda per avermelo segnalato.
"Ho visto ieri sera su Rai 3 “Nel cerchio degli uomini”, documentario di Paola Sangiovanni. Avevo prenotato la televisione, puntato la sveglia, preannunciato la visione in casa; tanta aspettativa non è andata delusa. Se doveste trovarlo su Rai Play ( https://www.raiplay.it/dirette/rai3/Nel-cerchio-degli-uomini-9f284ffc-9816-410a-8735-f9e2ef44a633.html ) non perdetelo.
Cosa sarà mai, vi chiederete. E in fondo me lo chiedo anche io: cosa c’è di strano e straordinario in un gruppo di maschi che si mettono in cerchio e parlano di sé, dei propri trascorsi nelle relazioni, matrimoni, incontri con le donne della propria vita, della violenza agita o subita? Eppure straordinario lo è.
Forse perché c’è un gesto, non visibile e totalmente inusuale: prima di sedersi nel cerchio c’è uno svestirsi dalla corazza e deporre le armi che è totalmente inedito nei rapporti tra maschi. Non esagero. Isabella, che lo stava vedendo con me – e quanto è insolita una visione del genere perché lei mi abbia chiesto “ti dispiace se lo vedo anche io”? – a un certo punto ha detto “pensa, quanta sensibilità”.
Io sono convinto che quella sensibilità, che di solito associamo al genere femminile, ci sia in tutti i maschi: nascosta sotto un monolite di pietra costruito nei millenni dal patriarcato, e nei decenni dall’educazione alla quale i maschi sono sottoposti. E’ curioso come, durante un incontro filmato nel documentario con un gruppo di studenti e studentesse, tre gruppi – uno solo maschile, uno misto e uno femminile – chiamati a elencare cinque caratteristiche che si associano e rendono l’uomo e la donna conformi a quelle che sono le aspettative della società, abbiano dato sostanzialmente le stesse risposte: su tutte forza e dominanza per i maschi, sensibilità e capacità di accudire per le donne.
E’ ovvio ed evidente il valore aggiunto alla società che potrebbe venire da uomini, magari, perché no, forti, ma anche sensibili e capaci di cura. Ma semplicemente l’eventualità non viene presa in considerazione, in un binarismo forzato in cui al valore oggettivo dell’essere forti E sensibili, capaci di leadership E di cura, si preferisce un apparire sterile e previsto dal copione dei ruoli: forte se sei uomo, sensibile se sei donna, uomo che comanda, donna che cura. Caratteristiche in sé neutre, creano divisione se poste in una tabella rigidamente binaria: non è l’oggetto, ma la riga che divide maschile da femminile che rende quelle caratteristiche potenzialmente un fattore di accettazione sociale o di discriminazione.
Ho segnato un sacco di spunti su alcuni post it. Spunti che sarebbero da discutere in un cerchio degli uomini. Ho partecipato più volte a incontri così, non in modo continuativo (bravi a Torino a continuare per anni, in questo Maschile Plurale ha una costanza ammirevole) al di là della mia volontà. Ogni volta è un momento bellissimo di confronto integralmente e totalmente umano, senza sovrastrutture né prevaricazioni, o censure. Un momento, anche in un singolo incontro, che rende palese che un altro tipo di maschile è possibile. Mi ha fatto sorridere vedere affrontati alcuni temi (la pornografia a esempio) già incontrati, e dei quali si è parlato in modo diretto, pulito, etico direi. Tra uomini sensibili. Non violenti, con una non violenza che non è riferita solo alle donne, ma in generale a tutti i rapporti e le relazioni, principalmente a quelle tra maschi.
Ecco, mi è piaciuta l’immagine della relazione tra maschi (negli spogliatoi, sul lavoro, nella comunità, nella quotidianità) sempre fatta a cono. Un cono che nel cerchio degli uomini si appiattisce per diventare cerchio, senza che nessuno provi a prendere un lembo di quella rete che si crea tra i partecipanti e a portarlo in alto, a creare uno squilibrio, qualcuno più in alto a dominare – virilmente – gli altri. Bisogna essere capaci di ascoltarsi e condividersi, e non è semplice. E anche di lasciare che chi vuole tendere la rete per avere una posizione di prestigio se ne vada per conto suo: mollare gli ormeggi della base per lasciare uno straccio vuoto di sé a chi non conosce altra logica che l’affermazione del privilegio. Qualcuno diceva nel documentario che il cerchio degli uomini come strumento di contrasto alla violenza rischia di dimenticare la critica al patriarcato come necessità fondamentale; personalmente, a pelle, mi sembra che il cerchio degli uomini sia in sé una pratica anti patriarcale per come costruisce relazioni.
Mi rendo conto che sto andando in ordine sparso. Forse riuscirò ad essere più puntuale e coerente quando lo rivedrò. Mi porto un po’ di delusione (diciassette sul palco a Torino, una dozzina negli incontri che ho fatto a Milano pre-covid, sei o sette negli incontri bergamaschi) ogni volta che vedo quanti pochi maschi hanno la possibilità di vivere un’esperienza così liberatoria e portatrice di felicità. E mi porto anche, chissà, la voglia di diventare counselor e lavorarci un po’, in futuro, su questo magnifico strumento di trasformazione maschile."
Marco Frigerio
➡️ se volete saperne di piu della nostra iniziativa ecco il link:
https://centrodivenire.net/attivita/percorsi-di-sviluppo-personale/cerchi-degli-uomini/
Gloria Volpato
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