#e così in loop
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Dialogo tipo tra Mami e Lilly.
Mami: ma comm si' bellell, nipotina miaaaa, fatt 'ra 'nu vas, vien ccà! 😍😍😍😚😚😚
Lilly: Sturmtruppen Telefunken BMW Volkswagen Angela Merkel 🇩🇪
Mami: UEEEEEE JEEE A 'STA CRIATUR NUN 'A CAPISC!!! 😤
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Io: Quante volte hai intenzione di riguardare la scena tancrosa delle "affinità elettive"?
Sempre io: Sì.
#il paradiso delle signore#il paradiso delle signore 9#9x132#tancredi di sant'erasmo#rosa camilli#rosaxtancredi#tancredixrosa#tancrosa#quella scena è talmente meravigliosa che non riesco a smettere di guardarla in loop#e il modo in cui si guardano...è evidente che c'è qualcosa tra loro#un qualcosa di meraviglioso tenero e dolcissimo#e meno male che non c'era un rapporto tra loro eh marcello?#questa scena sarà il mio appiglio per quando arriveranno i tempi duri#perché arriveranno. non mi illudo su questo ed è giusto così#ma almeno mi consolerà e mi farà tornare a sperare
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Mi piacciono davvero troppe cose su Vinted😭😭😭😭😭
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è veramente brutto vedere musulmani italiani fare battute omofobe, ed è anche brutto per me vedere gli italiani rispondere loro con un sottotono che è chiaramente razzista ma tu stai lì nel mezzo perché non sei come loro, ma leggi cose che comunque offendono anche te, e non c'è niente da difendere e c'è tanto lavoro culturale da fare però hey...tante persone educated e sane come me esistono quindi please non chiamate tutti in causa perché io non c'entro niente.........cioè è proprio brutto brutto che ti senti in dovere di dissociarti........mi infastidisce così tanto
#è che se mi lamento con i bianchi non voglio neanche dare loro la scusa per odiare la mia gente ancora di più#ma il punto è che la prima incazzata sono io#è un loop proprio#tu dici vabbè i vecchi....ma quando mai#i primi a farlo sono giovani e giovanissimi sono miei coetanei è proprio una cosa .....ci vuole così tanto lavoro culturale#e lo so che è un problema di integrazione e di progresso soprattutto. è socio-economico punto. prima di qualsiasi cosa#però la comprensione è una roba stancante quando sei una persona che ha studiato e ha una visione molto diversa di tutto e per fortuna
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è brutto perché non mi so spiegare cos’è che non va, non sono triste, non sono arrabbiato, non sono felice, non sono letteralmente niente, sento che la mia vita è piatta: dal lunedì al venerdì ufficio/palestra/commissioni, il weekend esco con i soliti 4/5 amici, poi ricomincia il loop, è sempre tutto così uguale, tutto così monotono, cerco di essere allegro e scherzare continuamente per non fermarmi a pensare e spegnermi ma lo sento nel petto che le cose non vanno
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Fuori dal loop, che è successo? Che altro abbiamo combinato?
In breve, in questi giorni è nata una polemica perché la pugile Angela Carini avrebbe dovuto affrontare l'atleta algerina Imane Khelif.
I nostri politici (Salvini, La Russa ecc) e le testate giornalistiche (tra cui roba tipo la Gazzetta dello Sport, parliamone) hanno diffuso la fake news che l'atleta in questione fosse una donna transgender, e quindi avvantaggiata, insomma abbiamo vissuto dei giorni stracolmi di transfobia per poi scoprire che no, la pugile non è una donna transgender, ma è una persona intersex, ovvero: alla nascita presenta caratteristiche di entrambi i sessi, quindi nessuna teoria GIENDER ma si tratta proprio della biologia a cui i transfobici si appellano. Inutile dire che l'atleta in questione è da sempre sottoposta ad esami per sapere se è effettivamente avvantaggiata, e così non è, i suoi livelli di testosterone sono comunque bassi e le permettono di gareggiare contro altre donne, infatti ha già gareggiato in passato, e indovina in po', non si è manco classificata così alta nelle competizioni in cui ha partecipato.
A chiudere questo quadro già imbarazzante c'è la nostra pugile Angela Carini che si è ritirata dopo 45 secondi contro Imane Khelif, (dice per i colpi ricevuti troppo forti), mettendosi addirittura a piangere. A fine incontro l'avversaria ha cercato di salutarla, ma lei l'ha ignorata. Agli occhi di tutti questa vicenda sta apparendo come un teatrino organizzato dalla nostra destra, perché la Carini ha ricevuto pressioni dai NOSTRI politici per rifiutarsi di gareggiare contro Imane, e boh difficile vederla diversamente.
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Professate tutti l'amore eterno, lo scrivete nei messaggi, io sventolante nelle storie e post sui social.
Ma nessuno resiste alla realtà , vi innamorate solo dell'idea , non della persona che avete accanto . Vi piace il brivido non la pazienza e l'attesa. Appena l'entusiasmo cala scappare, cercando qualcun altro che vi faccia sentire vivi e così in loop.
L'amore non vive di parole, ma di scelte e la verità è che non siete disposti a scegliere di restare anche quando tutto sta andando in fumo.
Volete l'eterno amore ma vi spaventa l'idea del per sempre.
Amore è anche litigio, discussione scontro , ma dipende come lo si affronta . Vi dirò di più amore è anche allontanarsi per un periodo , amore è ammettere che insieme si è presa la decisione sbagliata di allontanarsi, ma così facendo segrete le vostre strade i vostri sogni e vi potrete obiettivi. Questo vi da la forza di ritrovarvi ed amarvi come davvero si deve . Non arrendetevi mai di fronte alle difficoltà, prendete tempo parlate, comunicate ed ascoltatevi... E vedrete che un giorno o l'altro il per sempre non spaventerà più.
Io son felice perché tutto questo l'ho capito e vissuto. Ed ora credo proprio che sia io che lei saremo pronti ad un per sempre, forse non oggi e nemmeno domani , ma con il tempo la costanza è l'amore che ci contraddistingue sicuramente ci arriveremo.
#frasi#amore#citazioni#amore triste#citazione amore#fottetevi#pensieri#ho bisogno di te#compagnia#ultimopeterpan
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Se c’è una cosa che ho imparato, in questa vita troppo breve, è che il dolore non porta mai davvero alla rovina. Puoi piangere, crollare, sentirti ferita — ma poi, comunque, andare. Alzarti la mattina, correre, saltare, e poi, di nuovo, ogni notte… crollare.
E il giorno dopo, riaprire gli occhi, fingere, dimenticare. Il buio ritorna, e tu ti spegni. Torna il sole, e tu ti accendi. E così — in un loop infinito.
Fino a quando? Fino a quando non raggiungi il tuo obiettivo.
La chiamavo debolezza, un tempo. Ma adesso lo so. È una forma assoluta, vibrante, stramaledettissima forma di forza.
Non sono forte perché non mi spezzo mai
Sono forte perché mi spezzo ma… mi rialzo, sempre.
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CARI AMICI UOMINI
Dopo avere letto una pletora di articoli di giornale polemichetti e frignosetti sull'argomento, mi permetto, in quanto tesserato da 50 anni presso il Patriarcato, di raccontarvi come andrà a finire.
Intanto due o tre considerazioni sulle donne.
Le donne non devono essere 'conquistate'... Le donne hanno voglia di trombare tanto quanto voi, quindi se non le state trombando significa che non vi vogliono trombare. Punto.
Non dovete convincerle, non le dovete ammansire o ammaliare, non stanno facendo 'le difficili'... non vi vogliono trombare per una serie di motivi che voi non capite o che magari non hanno voglia di spiegarvi, anche perché magari ci sono donne stronze (o stanche o a cui girano i coglioni per fatti loro) che non hanno voglia di dare spiegazioni.
Non vi hanno fatto perdere tempo facendovela annusare.
Magari è successo l'esatto contrario, perché loro si aspettavano un uomo più interessante, perdendo così tempo prezioso nel credervi migliori di quanto non siate poi risultati.
Nessuno deve niente a nessuna. E viceversa.
Impacchettate le vostre palle blu e segatevi a casa. Ri-punto.
Ho incontrato parecchi omuncoli tambleri con le palle e l'orgoglio feriti che, frignanti per le aspettative tradite, sentivano di dover in qualche modo pareggiare i conti...
Mi piacerebbe insultarvi in modo colorito e fantasioso ma credo che il vostro specchio ogni mattina stia facendo un lavoro migliore del mio.
E vi svelo un segreto, a voi che vi sentite demascolinizzati da tutte queste donne disinibite, rompicoglioni e pretestuose con le loro lotte femministe.
Le donne sono disinibite?
Scopatevi una bambola gonfiabile ascoltando in loop l'mp3 di vostra mamma che vi dice che voi valete.
Le donne sono pretestuose e rompicoglioni con le loro lotte?
Credo che 10.000 anni di patriarcato abbia conferito loro questo diritto e se a volte alcune polemiche possono sembrare davvero pretestuosamente costruite, pazienza... ci sta che per i primi tempi qualcha uomo possa pagare le colpe dei propri padri, dei propri nonni, dei propri bisnonni, di tutti i parenti defunti dal principio alla fine sino ad arrivare a quel coglione di Agamennone. Si difenderà e sarà riabilitato, lusso poco concesso all'altro 50% dell'umanità.
Se la vostra virilità è così fragile da sentirsi minacciata dalla normalità, allora si merita di essere distrutta senza rimorso alcuno.
Prima ci fate pace con questa consapevolezza, prima smetterete di lagnarvi e accetterete questa nuova normalità, più giusta perché restituisce allle donne il diritto negato da sempre di sentirsi intere.
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Cara Elisa,
sono nella moderna sala d'attesa del tuo dentista e come sempre quando ho del tempo libero scrivo.
Volevo dirti che rivederti anche solo per un paio d'ore è stato come aprire una finestra in una stanza che avevo lasciato chiusa da troppo tempo. L’aria era lì da sempre, ma me n'ero dimenticato il profumo.
E forse non ho molto da dire che non suoni fragile o stonato, ma voglio provarci lo stesso.
Ci sono storie che sembrano finite, e invece no. Restano lì, con la coda dell’occhio puntata sul passato, ma con la punta del piede ancora dentro il futuro.
Non hanno un punto.
Hanno solo una virgola che aspetta paziente.
E tu e io forse siamo stati questo: una frase interrotta nel mezzo, tra ciò che poteva essere e ciò che è stato.
Colpa mia, colpa tua, colpa del mondo, o forse di niente in particolare.
Magari siamo stati semplicemente umani.
Con tutte le nostre imperfezioni, i caratteri diversi, i modi sbagliati di volersi bene.
Solo due vite che si sono dovute allontanare, come succede nei film dove i protagonisti si incontrano ma non riescono a incastrarsi nel tempo giusto.
Però io non riesco a vedere il nostro rapporto come qualcosa che è finito.
Sento ancora qualcosa che vibra, come una canzone lasciata in loop a basso volume.
Tu che parli del destino, io che faccio finta di non crederci.
Eppure, camionista, eccoci qui, dopo tutto.
Anche se solo per poco.
Anche se non sappiamo se e quando ci rivedremo
Forse l’autore della nostra storia ha lasciato la macchina da scrivere sul tavolo e se n’è andato a fumare una sigaretta.
Forse ha solo messo in pausa la trama, lasciando i personaggi a galleggiare nel mezzo.
Magari ha tolto le dita dalla tastiera per un momento, per vedere cosa avremmo fatto da soli.
E forse io non ho fatto abbastanza.
Forse nemmeno tu.
Ma non serve pesare tutto.
Magari aspetta che siamo noi a decidere come va avanti.
O se va avanti.
O se resta lì, in quel limbo che non è né inizio né fine, ma solo presenza.
Io so solo che alla fine ti voglio bene.
Anche quando non ci si parla o ci si vede come prima.
E se anche non dovesse cambiare nulla, se il mondo continuasse a scorrere e noi con lui, io sarò comunque grato di averti incrociata, conosciuta e vissuta.
Come ti dico sempre tu sei una di quelle persone che non si dimenticano, Elisa.
Che resti un'amicizia, un ricordo o una promessa non detta, non importa.
A modo nostro, siamo stati una piccola storia.
E forse lo saremo ancora.
E se questa storia non ha avuto ancora un finale… va bene così.
Può restare un epilogo eterno, uno di quelli che tornano in mente nei momenti più strani, in un odore, in una frase sentita per caso, in un sogno che non capisci fino a quando ti svegli.
E magari, un giorno, ci troveremo di nuovo in mezzo a una frase non detta, e sapremo come finirla insieme.
O almeno, magari sapremo come riscriverla.
(Ritocchino? Si, ma quello giusto!)
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ep. 9x111 "mah, da come parli, mi sa che sarai tu a non poter fare a meno di lei" (Umberto a Tancredi riguardo a Rosa)
ep. 9x141 Tancredi ammette i suoi sentimenti per Rosa allo stesso Umberto.
Adoro questo genere di simmetrie.
#il paradiso delle signore#il paradiso delle signore stagione 9#9x111#9x141#tancredixrosa#rosaxtancredi#tancrosa#tancredi di sant'erasmo#rosa camilli#umberto guarnieri#altra scena che guarderò in loop. yep#e tancredi ha pure citato le affinità elettive. adoro#la dolcezza e la vulnerabilità con cui parlava dei suoi sentimenti per rosa. nemmeno per matilde parlava così. adoro questo personaggio#dai rosa svegliaaa#e anche voi sceneggiatori: non potete regalarci delle scene così meravigliose e poi darci marcello/rosa alla fine.#sarebbe un insulto alla nostra intelligenza
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Le persone normali mi fanno venire l’orticaria (letteralmente)
Ore 23:17.
Una zanzara mi ha punto sulla mano mentre cercavo di sembrare normale a una cena di gruppo. Appena seduta ho realizzato che il tema della serata non era “cosa avete fatto questa settimana?”, ma piuttosto: Chi è rimasta ancora senza figli e con il ciclo irregolare?
Spoiler: io.
A quanto pare metà delle mie ex compagne sono diventate mamme, l’altra metà sta scegliendo il colore del fiocco per il passeggino.
Io invece stavo scegliendo tra patatine e pizza.
Spoiler 2: ho preso entrambi e ho fatto finta di capirci qualcosa di alimentazione in gravidanza.
È che i bambini mi piacciono davvero, eh. Solo che mi sembra di essere rimasta indietro su tutto, le persone normali sanno sempre dove stare, cosa dire, quando procreare.
Io mi sento in ritardo anche quando sono in orario.
Alla fine della serata, ho raccolto il mio silenzio con la forchetta, ho sorriso a chi mi diceva “vedrai, anche tu prima o poi…”, e sono tornata a casa.
Ho tolto il "trucco", quei puntini di correttore sulle cicatrici dell'acne..come si toglie un travestimento da “persona funzionale”. Ora sono a letto, con il ventilatore puntato in faccia e mille domande in loop.
E tra tutte, la più banale: "Sto andando davvero così male, o sto solo andando in una diversa e lenta direzione che porterà a un traguardo?
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PS: Avrei voluto gloogare "è grave se a 22 anni non ho ancora trovato la mia vocazione, il mio compagno, o l’indirizzo giusto al primo colpo?"
Risposta top-votata del 2009, che avrei sicuramente trovato in un nostalgico sito:
“No, sei solo umana. E forse anche un po’ saggia.”
Firmato: una zanzara molto avanti coi tempi su Yahoo Answers.
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"Cosa fai nella vita?"
Una domanda semplice, in apparenza. Ma ogni volta che la sento, resto qualche secondo in apnea.
Come si fa a rispondere con una frase sola, quando la propria vita sembra una matassa di fili ingarbugliati, pieni di deviazioni, stalli, dubbi, tentativi? Non si può, e infatti... Tempo di lettura: 4 min e 84 sec (circa, dai, così dice un calcolatore gentilmente offerto dall’internet). Vado a tentoni e cerco di mantenere l’equilibrio su questa altalena di alti e i bassi. Non ho un buon senso dell’orientamento, mi manca qualche grado e se guardo lontano vedo tutto sfocato. Giro, vedo gente, mi muovo, conosco, faccio delle cose. Scrivo. Disegno. Condivido.
Il lavoro: perché rispondiamo sempre con quello?
Per anni non ho capito perché la prima risposta che ci viene in mente a “cosa fai nella vita?” riguarda quasi sempre il lavoro. Poi ho iniziato a lavorare anche io. E ho capito. 🥲 Domani è il 1° maggio, la festa dei lavoratori. E allora oggi porto un pezzo scomodo della mia storia. Era il 2017 e a scriverlo sembra passato un secolo, ma se mi concentro mi sento ancora lì. Sento ancora la consistenza ruvida e alienante di tutte quelle ore. Ore scandite dal ritmo incessante delle macchine che stampavano in modo frenetico un foglio dietro l’altro. Macchine che incollavano, bucavano, tagliavano, fustellavano, si inceppavano e si prendevano una raffica di martellate e insulti. Ore che erano 8, per 5 giorni a settimana. A volte pure 6. Troppo, per troppo poco. Vabbè. Un giorno mi presi di coraggio e chiesi un aumento. Non sto qui a spiegarvi le dinamiche ma mi ritrovai con mezz’ora di lavoro in più al giorno. Cornuta e bastonata. A queste 8 ore e mezza dovevo aggiungere: mezz’ora di macchina all'andata, un'altra al ritorno e un’ora di pausa pranzo che spesso mi andava di traverso per i discorsi tossici e le occhiate pesanti che volavano e mettevano un disagio che ancora oggi mi fa senso. Mettiamoci poi il caldo asfissiante in estate e il freddo che entrava nelle ossa in inverno. Vestiti sempre sporchi, fili di colla dappertutto e mani perennemente secche e afflitte da mille piccoli tagli che hanno scalfito perfino la mia serenità eeee... l’opera è completa! Alla fine di quelle giornate, l'unica cosa che facevo era trascinarmi a casa, con il mal di testa, il malumore, stanca, senza energia per fare altro. Doccia, cena e a letto. E via, di nuovo, il giorno dopo. Una ripetizione ossessiva, un loop che non mi dava tregua. Una trappola. Mi sentivo come un'appendice di quelle macchine, un ingranaggio anonimo in un meccanismo grigio e incattivito. Non ero più una persona con le sue peculiarità, le sue curiosità, le piccole gioie, i legami affettivi. Non c'era tempo, non c'era spazio. Ero un pezzo di una catena di montaggio, un elemento che doveva semplicemente "funzionare" lì e in quel preciso istante, per quel compito specifico. Un pezzo che, altrimenti, poteva essere facilmente sostituito. In qualsiasi momento. In quel momento - che si è protratto per tipo… 6 anni?! - facevo solo quello. E la risposta a "cosa fai nella vita?" era inevitabilmente e tristemente quella: lavoro in una tipografia.
Quel lavoro mi ha insegnato cosa non voglio
❌ Non voglio sentirmi uno strumento, un pezzo intercambiabile in una macchina più grande. ❌ Non voglio il peso di una routine alienante che non lascia spazio alla creatività, alla crescita personale, alla semplice umanità. ❌ Non voglio sentire l'amaro retrogusto di giornate che si susseguono identiche, senza un guizzo di novità o di stimolo. ❌ Non voglio sentirmi limitata perché donna, perché certe macchine potevano usarle solo i maschi. Senza un reale motivo se non un inutile pregiudizio. ❌ Non voglio sentire di non valere niente e di dovermi accontentare.
Solo che queste cose, non le vedevo. O mi riusciva difficile accettarle. Fortuna che avevo un collega che mi ripeteva in continuazione di cercare altro, di non fossilizzarmi, che ero sprecata lì dentro, che non mi avrebbero fatta crescere.
E sono grata di averlo incontrato in mezzo a tutto quel frastuono.
Perché è anche grazie a lui se ho trovato la forza di non starci più.
Perché in mezzo a quella fatica, qualcosa l’ho capita: ✨ Il tempo libero non è un lusso. È ossigeno. ✨ Un ambiente di lavoro sano non è un bonus. È un diritto. ✨ Sentirsi parte di qualcosa non è utopia. È possibile. ✨ Non sei tu il problema se non ti riconosci nel lavoro che fai.
Guardo indietro con ancora un sacco di rabbia. Ma anche tenerezza. Per quella me che ha resistito. Che non si è spenta. Che si è portata a casa ogni sera, anche quando tutto sembrava inutile. Che alla fine si è data una svegliata. Il lavoro non dovrebbe mai consumarci.
Non dovrebbe annullarci, né farci sentire meno di quello che siamo. Dovrebbe invece lasciarci spazio per vivere. Per sbagliare, per crescere, per respirare. Fare cose oltre al lavoro, fare cose che ci definiscono oltre il lavoro.
Tra l'altro, non è detto che il lavoro debba per forza coincidere con la nostra passione o il nostro scopo. Non ho mai creduto alla storia della vocazione: lavoriamo tutti per avere in cambio dei soldi.
Il lavoro deve rispettare la nostra dignità, il nostro tempo, la nostra umanità.
E tu, cosa hai imparato a non volere più dal lavoro? E cosa sogni per il tuo futuro? Cosa rispondi al "cosa fai"? Se ti va di raccontarmi un pezzetto della tua storia, delle tue esperienze anche se scomode, di quello che non vuoi o quello che desideri... scrivimi pure, se ti va. O butta giù i tuoi pensieri su un foglio, potrebbe aiutarti se sei in un momento di confusione, a fare chiarezza, ad ammettere quelle cose che forse sai già ma non riesci ad accettare...
Ma, alla fine, cosa faccio?
Se te lo stai chiedendo, dopo tutta sta tiritera che ho messo su, provo a risponderti qui.
Chiarisco subito: non lavoro più in tipografia. Dopo quella esperienza ho fatto un anno di servizio civile e poi mi sono sbilanciata in una cosa che non avevo mai considerato seriamente. E che è arrivata per caso.
Da qui ho scoperto che esiste la sindrome dell'impostore.
Vado a tentoni. Mi sbilancio. Oscillo. Per lavoro scrivo, penso, sintetizzo pensieri e do un ordine alle cose. Ogni tanto sbaglio e lascio refusi qua e là. Disegno, scrivo, penso. Cerco un senso. Aiuto i miei, mi alleno per essere più forte e agile. Sogno tazze stampate a mano, da me. E se vuoi sostenermi, puoi farlo offrendomi un caffè. 🫶
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C’è un momento in cui il silenzio non è solo una scelta, ma una necessità. È quel punto in cui le parole non bastano più, in cui ogni spiegazione sembra inutile, in cui ogni tentativo di aggiustare qualcosa che si è spezzato finisce per fare più male che bene. Sto in silenzio, ma non perché sono debole. Non perché mi manchi il coraggio di dire quello che penso. Sto in silenzio perché dentro di me c’è un caos che non posso più ignorare, e l’unico modo per non affondare è smettere di cercare negli altri ciò che non troverò mai.
Mi sono sempre definita forte, quella che c’era per tutti, che trovava una soluzione anche quando sembrava impossibile. Quella che dava tutto senza chiedere nulla in cambio, che metteva il cuore davanti a ogni cosa. Eppure, eccomi qui, con un vuoto dentro che non so più colmare, con un silenzio che pesa più di qualsiasi parola non detta.
Non è facile accettare che le persone a cui tenevi di più possano essere quelle che ti deludono nel modo più profondo. Non è facile realizzare che chi pensavi fosse un porto sicuro era, in realtà, una tempesta mascherata da calma. Le delusioni non arrivano mai da chi non conta niente per te. Arrivano da chi hai lasciato entrare nel cuore, da chi credevi fosse diverso.
Sto in silenzio perché non ho più energie per spiegare, per giustificare, per lottare contro un muro di indifferenza. Non voglio più cercare attenzioni da chi non ha mai davvero voluto esserci, né provare a far capire il mio dolore a chi non lo ha mai preso sul serio. Il silenzio è il mio modo di proteggermi, di mettere un confine tra me e chi non merita più di attraversarlo.
Ci sono state notti in cui mi sono chiesta cosa avessi sbagliato. Dove fosse il problema. Se ero io quella “troppo sensibile”, “troppo esigente”, o semplicemente “troppo”. Mi sono data mille colpe, ho cercato di cambiare, di migliorarmi, di adattarmi a persone che non avrebbero mai fatto lo stesso per me. E sai cosa ho capito? Che il problema non ero io. Era il fatto che cercavo in loro qualcosa che non potevano darmi.
Le amicizie vere, quelle che ti toccano l’anima, non ti fanno sentire un peso, non ti fanno dubitare del tuo valore. Non ti fanno sentire sola, anche quando sei circondata da gente. Ma io mi sono sentita così, troppe volte. Ho provato a ignorarlo, a fingere che non fosse importante, ma la verità è che non riesco più a far finta di niente.
Sto in silenzio perché non so più chi ho accanto, chi è lì per davvero e chi è lì solo per convenienza o abitudine. Non so più distinguere chi mi ama da chi mi tollera. E questo dubbio mi uccide. Mi spegne. Mi fa sentire come se stessi vivendo in un loop infinito, in cui do tutto e ricevo solo briciole in cambio.
E sì, mi allontano. Mi allontano non perché non mi importi, ma perché mi importa troppo. Mi allontano perché non so più come gestire tutto questo, perché il peso di questa delusione è troppo grande da portare da sola. Mi allontano perché ho bisogno di spazio, di tempo, di silenzio per ritrovare me stessa, per capire chi merita davvero di stare nella mia vita.
Non è rabbia quella che provo, né rancore. È qualcosa di molto più profondo, più silenzioso. È rassegnazione. È la consapevolezza che alcune persone non cambieranno mai, che non importa quanto tu le ami o quanto tu ti impegni per loro: non saranno mai in grado di darti ciò di cui hai bisogno.
E io non voglio più accontentarmi. Non voglio più scusare comportamenti che mi fanno male, né accettare mezze verità o promesse vuote. Ma, allo stesso tempo, non so nemmeno più fidarmi. Ogni parola sembra vuota, ogni gesto sembra avere un secondo fine.
Mi guardo intorno e vedo solo ombre. Ombre di quello che pensavo fosse vero, di quello che pensavo fosse importante. Mi chiedo se riuscirò mai a fidarmi di nuovo, se ci sarà mai qualcuno che non mi faccia sentire così. Ma la verità è che non lo so.
Non riesco a vedere una via d’uscita da questo dolore. Non riesco a immaginare un futuro in cui il peso di queste delusioni non mi segua come un’ombra. E forse, per ora, va bene così. Forse il silenzio è l’unico rifugio che mi resta. Ma non chiedetemi di fidarmi di nuovo. Non chiedetemi di aprire il cuore a qualcun altro. Perché quel cuore, ora, è stanco. E non so se sarà mai più lo stesso.
Anonimo🖤
#citazioni#nostalgia#pensieri#quotes#vita#tristezza#citazione#frasi#frasi vita#realtà#cambiamenti#persone tossiche#tradimento#tumblr#parole#sentimenti#cuore#solitudine
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E lo sto dicendo con sti belin di cerotti in faccia ma sono molto felice per questo anello (armatura da dito, preferisco) e soprattutto ho rifatto il trago! (di nuovo? Sì, di nuovo, dev'essere tipo la sesta volta che lo scrivo ma continuo a farlo chiudere e riaprire e sarà così in loop fino alla morte probabilmente)
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“L’ETERNO RITORNO ALL’UGUALE”
Freud chiamava l’eterno ritorno all’uguale, la coazione a ripetere:
“ci sono individui che nella loro vita ripetono sempre, senza correggersi, le medesime reazioni a loro danno, o che sembrano addirittura perseguitati da un destino inesorabile, mentre un più attento esame rivela che essi stessi si creano inconsapevolmente con le loro mani questo destino. “
La coazione a ripetere è uno dei sintomi più comuni che appartengono alla nevrosi.
Come si esce dalla coazione a ripetere?
Ricordarsi, il ricordo di sé, come lo chiamava Gurdjieff è l’azione che ciascuno può compiere per uscire dal loop, per ritornare padroni di sé.
“Il ricordo di sé” è sceglier dove mettere l’attenzione e così essere responsabili di ciò che si pensa, si sente, si agisce.
Il processo di ricordarsi di sé è
“il raggiungimento di uno stato di equilibrio dei tre centri (centro mentale, emotivo, fisico) il cui manifestarsi nella vita quotidiana risveglia l’uomo ad uno stato di coscienza che gli permette finalmente di percepire sé stesso nella Vera Realtà.”
G. I. Gurdjieff
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