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I Windir sono una delle prove che il black metal in Norvegia, alla fine degli anni ’90, aveva ancora delle novità assolute da presentare. Valfar, unica mente dietro questo progetto, ha deciso di mischiare epic, folk e black metal. E fin qui, niente di nuovo. La cosa particolare �� che lo strumento principale, alla pari delle chitarre, è la fisarmonica. Non solo però… ci sono diverse cose per le quali i suoi prodotti, Arntor, ein Windir soprattutto, sono molto vicini a band come Taake, Gorgoroth, Enslaved e allo stesso tempo diametralmente opposti. Eppure, anche se andate a pescare i progetti folk-metal dell’epoca (tipo i Finntroll o i Sòlstafir, Moonsorrow o Heidevolk) li troverete davvero lontani dal mondo di Valfar. Valfar è da solo, nato e cresciuto (e morto purtroppo) nel Sogndal, un paesino isolato in maniera equidistante da Trondheim da Bergen e da Oslo. In questa lunga insenatura lungo il Sognefjord, il fiordo più lungo della Noregia, percorso continuamente dalle navi da crociera Valfar conosce il blackmetal e lo riadatta in un modo tutto suo, fatto di vita rurale, con forconi e trattori anziché corpse-paint e cartucciere.

"The Beginning", intro esclusivamente eseguito in fisarmonica, vi farà subito capire che anche se non ci troviamo di fronte ad un album di Raoul Casadei, forse il liscio non è una chiave così sbagliata per leggere questo album (e gli altri dei Windir in generale). Subito con "Arntor, ein Windir" si capirà appieno l’interpretazione del mondo dei Windir; una lettura che era già parzialmente venuta fuori nel debut Sóknardalr ma che solo ora esplode in tutta la sua potenza. Blast-beat sì, chitarre distorte sì, e harsh-vocals in classico stile norvegese sì, uso della lingua-madre sì. Ma la cosa incredibile sono le scale armoniche. Valfar prende il mondo della musica folk norvegese e fa una sorta di sintesi fra le arie di fisarmonica e di violino per ricostruirle con la fisarmonica. Sceglie le melodie più epiche e malinconiche, che ben si adattano al background black-metal e a quel punto compie una seconda operazione: traduce tutto una seconda volta in chitarra solista. Ecco che la maggior parte dei riff principali dei Windir sono melodie completamente anomale, mai sentite in nessun bagaglio culturale rock-metal. Se a metà brano di "Arntor" ci sono dei richiami di polka o di valzer è esclusivamente per l’utilizzo di tali armonie, del rullante e del tempo in 3/4: le chitarre da una diventano due e poi tre, come un gioco di violini. A tutto questo dobbiamo aggiungere i cori in voci pulite e questa perenne aura malinconica che smorzano sempre i momenti più gagliardi (a volte quasi da rodeo). I synth sono un’ulteriore strumento che va ad arricchire a dare ulteriore voce a queste suggestioni già pazzesche di sé. "Kong Hydnes haug" è un brano più classico, dove la matrice dei Bathory più epici è forte e dove gli effetti scelti per la chitarra si mescolano con la fisarmonica creando una struggente e violenta ballata che va ad esplorare terre fantastiche e battaglie leggendarie. "Svartesmeden Og Lundamyrstrollet" è probabilmente il miglior brano composto dai Windir e si basa su un lunghissimo e perenne arpeggio, veloce, tagliente, che ricalca sempre scale folk anomale e che, a lungo andare, soprattutto mescolandosi al resto della composizione, acquisisce un’aura di violenta malinconia. "Kampen" è forse il brano più ballad-folk in stile taverna caciarona con elementi simili ai Troll o al primo album dei Finntroll mentre "Saknet" merita un discorso analogo a "Svartesmeden" perché è una sorta di suo lungo pendant da dieci minuti.
Ascoltando le trame chitarristiche di Valfar è impossibile non rimanere affascinati dalla composizione di questa particolare colonna sonora fatta di contrasti fra le urla e i synth celestiali, fatta di cavalcate in mezzo a valli e cascate; melodie dannatamente epiche ed easy listening che però non sfociano mai nell’heavy metal di motociclette alla Judas Priest né a quell’accozzaglia homo-latex dei Manowar. La parte finale di "Saknet" è da lacrime, è un’accelerazione finale verso la morte in battaglia, in stile Hammerheart dei Bathory. "Ending" è un’improbabile fusione fra Burzum e i synth che assomigliano più all’euro-dance anni ’90 piuttosto che a qualsiasi band folk-metal. E, in maniera totalmente autonoma e folle, un’ancora più improbabile fusione fra la goa-trance e il black metal, fra dj Tiesto e gli Emperor, si sentirà nel successivo 1184. La particolarità dei Windir sta nel restare sempre in perfetto equilibrio fra folk, heavy e black metal; è davvero raro, quasi impossibile trovare delle fonti alle quali Valfar si è attinto, probabilmente Emperor, Bathory e Summoning, ma con un piglio chitarristico davvero unico. Perfino dopo l’esistenza dei Windir si contano sulle dita di una mano i progetti che hanno tentato di tenere viva l’eredità di Valfar: Cor Scorpii e gli ultimi Vreid sono fra questi, ma si avvicineranno pochissimo solo all’ultimo Likferd. Forse su coordinate analoghe si muovono gli Angantyr, capaci di evocare sensazioni simili, ma la scelta melodica davvero unica e impeccabile di Valfar fa dei Windir qualcosa di più facilmente assimilabile e di, ancora una volta straordinario perché fuori da ogni contesto.

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Storia Di Musica #312 - The xx, The xx, 2009
Il mese dei dischi dallo stesso titolo dei propri autori si chiude con una scelta più recente, e spero creativa. La musica degli ultimi anni ha bisogno di sedimentarsi, per tutta una serie di ragioni (il modo in cui se ne fruisce, lo scenario generale in cui nasce, lo stesso ruolo della musica che è cambiato in pochi anni) al netto della qualità che rappresenta: sebbene la patente di “classico” nella musica si dà con una certa facilità e spesso anche secondi criteri più discutibili del solito, ci sono stati artisti negli ultimi anni che hanno dato contribuito eccellenti alla storia della musica popolare occidentale (che è quella che maggiormente rappresento qua, solo per questo l’ho specificato). E la sensazione a volte che non si era sbagliato la si ha dopo un po’ di tempo, nemmeno poi tanto, basta un riascolto dopo pochi anni per arricchire le sensazioni che si provavano al primo ascolto a caldo (o per cambiarle in maniera diametralmente negativa, può benissimo succedere così). Il disco di oggi ci porta a Londra nella prima metà degli anni 2000, ad un gruppo di ragazzi che frequenta la Elliot School di Putney: questa è una cosiddetta sixth form college, una scuola di potenziamento pre-universitario dove i ragazzi dai 16 ai 19 anni studiano a livello più avanzato alcune discipline. Qui si incontrano 4 studenti: Romy Madley Croft, cantante e chitarrista, Oliver Sim, bassista e cantante, Jamie Smith, tastiere e ritmica elettronica e la tastierista Baria Qureshi. Tutto inizia su Myspace, leggendario social network fondato nel 2003 da Tom Anderson, dove la musica dei quattro con i testi di Crof e Sim è condivisa con dei primi demo, embrioni delle canzoni che arriveranno di lì a poco. Scelgono un nome interessante (siamo nel 2005): The xx, perché avevano tutti appena compiuto venti anni (e XX è venti in numeri romani), perché in inglese si pronuncia come “excess” e poi perché le due “x” richiamano alla mente le tre che caratterizzano i prodotti pornografici. Nel giro di qualche anno, si fanno un nome nei piccoli club per la loro musica intrigante, un mix elegante e misterioso di elettronica, con guizzi romantici e di atmosfera, dovuti alle due bellissime voci di Croft e Sim, che si completano a meraviglia; nel frattempo Jamie Smith sceglie il nome d’arte di Jamie xx. Alcuni loro demo arrivano ad una piccola etichetta indipendente, la Young Turks Record, che li affida alle cure di un giovane produttore scozzese, Rodaidh McDonald, che proprio con gli XX inizierà una proficua carriera come produttore di musica di qualità.
Le registrazioni furono effettuate in un piccolo garage adibito a studio nella zona di Ladbroke Grove, a Londra, nel 2008, quasi sempre di sera e di notte, anche con idee un po’ strane: le linee di basso di Sim furono registrate dal bassista nel corridoio adiacente, per avere un suono più ovattato, e la caratteristica di musica “notturna” pervade tutto il disco. The xx esce a maggio del 2009 ed è un disco d’esordio che non passa inosservato. In piena “mania” di definizioni musicali, il loro è un album che ha molteplici influenze (tracce di post-punk, dream pop, dubstep, indie pop e R&B compaiono a impulsi qua e là) ma si concentrano in canzoni tanto semplici quanto uniche e misteriose, eleganti, ma che vibrano di emozioni e hanno degli arrangiamenti che spiazzano per la loro impeccabile luminosità. I battiti pulsano anziché schiantarsi; le chitarre sono pizzicate e pizzicate ad arte; e la voce raramente supera un sospiro malinconico, considerazione che quasi stride non solo con la musica che all’epoca li circondava (il nu metal, il nuovo r&b, il primo grande dilagare del rap) ma con la stessa irruenza che solitamente le giovani band propongono nei primi lavori. Anche i titoli delle loro canzoni sono il mix perfetto di conciso ed evocativo. Tra le gemme la strumentale Intro, che verrà saccheggiata in decine di programmi tv, serie, pubblicità, ma ha la sua consacrazione durante le Olimpiadi Invernali di Vancouver nel 2010 dove veniva usata come colonna sonora dei momenti precedenti le premiazioni degli atleti. Le chitarre innocenti di VCR suggeriscono la passione della band per l'indie pop radicalmente semplice degli Young Marble Giants; Crystalised, magnifica, è uno dei meravigliosi duetti tra Croft e Sim, che qui sono capaci di portare l’impressione che sia una conversazione tra innamorati, riaffermando cosa significa veramente "cuore a cuore". Il lato più sensuale dello stesso concetto c’�� invece nella ritmica Islands (Underneath and unexplored\Islands and cities I have looked\Here I saw\Something I couldn't over look\I am yours now\So now I don't ever have to leave\I've been found out\So now I'll never explore). C’è Infinity che si appoggia più sulle radici post-punk (ed è stupenda, anche nell’interpretazione di Croft), e Heart Skips A Beat ha una ritmica intrigante e complessa. Croft e Sim cantano anche da soli bene nei loro turni solisti (Sim brilla in particolare nella spaziosa Fantasy), ma insieme sono davvero ispirati: Basic Space ne è la prova che c’è chimica tra Croft e Sim, in un brano che sa di anni passati e di meraviglie pop, ma che è comunque ricca di dettagli sottilmente affascinanti (il drum beat e la chitarra un po’ sudamericana).
Tutte le riviste del settore ne sono stregati: il New Musical Express lo inserisce subito nella lista dei 500 dischi migliori di tutti i tempi, Rolling Stone nei 100 migliori album di debutto di sempre, il disco otterrà numerose certificazioni di vendite e proietta i quattro nei festival più famosi del mondo, spesso in apertura a grandi artisti (tra le loro performance più belle, quelle in apertura ai concerti di Florence + The Machine). Ma non tutto va bene: Baria Qureshi, in contrasto con gli altri tre, abbandona il gruppo. Ma la magia non si interrompe: Coexist del 2012 riprende da dove The xx finisce, stavolta in un trio che continuerà ad ammaliare sussurrando le proprie canzoni, come se fosse proibito alzare la voce.
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COME E CON CHI ABBIAMO PUBBLICATO 100 PUNTATE DI LIBREPODCAST! - EP. 100
** Episodio 100** - "Come e con chi abbiamo pubblicato 100 puntate di LibrePodcast! - ep. 100" Una puntata speciale in cui raccontiamo la nostra esperienza con LibrePodcast. New entry e voci storiche ripercorrono la storia del podcast, tra cui Antonino, Apollo, Jonny, Luca, Giorgio, Maurizio, Roberto, Stefano e Matteo, con gli ospiti speciali Federico, co-fondatore di LibrePodcast e Laura di Radio Tomoko che ripubblica le nostre puntate.
Ti auguriamo quindi un buon ascolto e ti ricordiamo che puoi sostenerci su: https://it.tipeee.com/produttividigitali
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Intro & background music
Chronos - Alexander Nakarada
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Outro:
Uberpunch by Alexander Nakarada | https://www.serpentsoundstudios.com
Music promoted by https://www.free-stock-music.com
Creative Commons / Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
https://creativecommons.org/licenses/by/4.0/
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ARPIONI
presentano il secondo video
tratto dall'album RIDO E PIANGO CHE NON SI SA MAI - Jannacci secondo noi...
"EL ME INDIRISS"
SPECIAL GUEST PAOLO ROSSI...
feat FOLCO ORSELLI, MARCO RIPOLDI, WALTER LEONARDI, FLAVIO PIRINI, RAFAEL ANDRES DIDONI, GERMANO LANZONI, LORENZO MONGUZZI (MERCANTI DI LIQUORE)
Guarda il video
youtube
Introduzione al brano
Del passato, del presente, del vivere e dell’inadeguatezza
Chissà cosa passava per la testa a Enzo quel giorno. Non c’ho la biro, il documento da rifare e una persona persa dentro se stessa
Eppure da un piccolo incidente burocratico, vero o immaginato, pare essere nato un brano che ci ha colpito, e affondato. Un mondo che molti di noi vivi adesso ha fatto appena in tempo a vedere, che tanti ormai hanno sentito solo raccontare, ma una storia che con parametri diversi si ripete anche oggi. Ci è sembrato che tutto il senso e il nonsense dell’immaginario e della narrativa di Jannacci fosse racchiuso nelle parole di questa canzone e anche nel suo incipit parlato. Tutto il senso di inadeguatezza di chi si sente nel mondo sbagliato, e che ne ha vissuto uno più umano, nonostante tutto. O perlomeno queste sono le nostre impressioni. E poi ci sembrava di vederne lo scenario, di respirarne gli odori e di sentirne le voci. Così abbiamo deciso di chiedere aiuto a chi secondo noi è oggi legittimo erede di quel mondo e che in modi diversi, racconta le storie di oggi. Così abbiamo chiesto a un po’ di amici se gli andava di cantarla insieme a noi. Quasi increduli noi: tutti ci hanno detto sì. E: ce la faremo a farceli stare tutti? Beh, ci siamo riusciti. Abbiamo scelto di sottolineare il lato drammatico del brano con un arrangiamento fuori dai nostri soliti canoni e abbiamo addirittura chiesto aiuto a un violoncello, e usato i fiati in modo che anch’essi sottolineassero il mood malinconico del brano, Mentre Intro e outro sono affidati in primis a Paolo Rossi, supportato da Marco Ripoldi, il Milanese Imbruttito Germano Lanzoni, Walter Leonardi, Flavio Pirini, Folco Orselli e Lorenzo Monguzzi dei Mercanti di Liquore.
Non contenti di tutto ciò abbiamo deciso di realizzare un video che raccontasse anche la magica alchimia che eravamo riusciti a realizzare. Il risultato di tutto questo è ora tutto da vedere e ascoltare. Ci piacciono le storie di chi cammina fuori dalle strade battute, degli esclusi e dei perdenti, che poi così perdenti non sono mai. Ci piace essere fuori moda e innegabilmente retro’. Eccoci qui
Ringraziamo Il Terzo Segreto di Satira che ha avuto cura della regia del video assieme agli operatori Giovanni Freri e Giovanni Franzoi, al montatore Simone Portera e all’assistente Angela Rossi.
Ringraziamo Ricky Anelli, Francesco Matano e l’Associazione Maite per la produzione.
Il disco
Arpioni – Jannacci secondo noi (rido e piango che non si sa mai) (autoproduzione)
N° tracce : 12 - Tracklist: E la vita, El me indiris, Il driEo, Il monumento, Io e te, L’ar(sta, Pensare che, Per la moto non si da, Rido, Secondo te, Silvano, Veronica
Special guest
Hanno cantato, suonato e avuto una parte: Paolo Rossi in “El me indiris”; Elio Biffi dei Pinguini TaGci Nucleari in “E la vita”; Riky Anelli cori, basso chitarra e tas(ere, Paolo Parpaglione sax in “Per la moto non si da”; Lucio Corrente violoncello in “El me indiris”.
“El me indiriss” tucc insem version : feat Paolo Rossi, Walter Leonardi, Flavio Pirini, Folco Orselli, Rafael Ghidoni, Germano Lanzoni, Marco Ripoldi, infine Lorenzo Monguzzi dei Mercanti di Liquore;
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ARPIONI
presentano il secondo video
tratto dall'album RIDO E PIANGO CHE NON SI SA MAI - Jannacci secondo noi...
"EL ME INDIRISS"
SPECIAL GUEST PAOLO ROSSI...
feat FOLCO ORSELLI, MARCO RIPOLDI, WALTER LEONARDI, FLAVIO PIRINI, RAFAEL ANDRES DIDONI, GERMANO LANZONI, LORENZO MONGUZZI (MERCANTI DI LIQUORE)
Guarda il video
youtube
Introduzione al brano
Del passato, del presente, del vivere e dell’inadeguatezza
Chissà cosa passava per la testa a Enzo quel giorno. Non c’ho la biro, il documento da rifare e una persona persa dentro se stessa
Eppure da un piccolo incidente burocratico, vero o immaginato, pare essere nato un brano che ci ha colpito, e affondato. Un mondo che molti di noi vivi adesso ha fatto appena in tempo a vedere, che tanti ormai hanno sentito solo raccontare, ma una storia che con parametri diversi si ripete anche oggi. Ci è sembrato che tutto il senso e il nonsense dell’immaginario e della narrativa di Jannacci fosse racchiuso nelle parole di questa canzone e anche nel suo incipit parlato. Tutto il senso di inadeguatezza di chi si sente nel mondo sbagliato, e che ne ha vissuto uno più umano, nonostante tutto. O perlomeno queste sono le nostre impressioni. E poi ci sembrava di vederne lo scenario, di respirarne gli odori e di sentirne le voci. Così abbiamo deciso di chiedere aiuto a chi secondo noi è oggi legittimo erede di quel mondo e che in modi diversi, racconta le storie di oggi. Così abbiamo chiesto a un po’ di amici se gli andava di cantarla insieme a noi. Quasi increduli noi: tutti ci hanno detto sì. E: ce la faremo a farceli stare tutti? Beh, ci siamo riusciti. Abbiamo scelto di sottolineare il lato drammatico del brano con un arrangiamento fuori dai nostri soliti canoni e abbiamo addirittura chiesto aiuto a un violoncello, e usato i fiati in modo che anch’essi sottolineassero il mood malinconico del brano, Mentre Intro e outro sono affidati in primis a Paolo Rossi, supportato da Marco Ripoldi, il Milanese Imbruttito Germano Lanzoni, Walter Leonardi, Flavio Pirini, Folco Orselli e Lorenzo Monguzzi dei Mercanti di Liquore.
Non contenti di tutto ciò abbiamo deciso di realizzare un video che raccontasse anche la magica alchimia che eravamo riusciti a realizzare. Il risultato di tutto questo è ora tutto da vedere e ascoltare. Ci piacciono le storie di chi cammina fuori dalle strade battute, degli esclusi e dei perdenti, che poi così perdenti non sono mai. Ci piace essere fuori moda e innegabilmente retro’. Eccoci qui
Ringraziamo Il Terzo Segreto di Satira che ha avuto cura della regia del video assieme agli operatori Giovanni Freri e Giovanni Franzoi, al montatore Simone Portera e all’assistente Angela Rossi.
Ringraziamo Ricky Anelli, Francesco Matano e l’Associazione Maite per la produzione.
Il disco
Arpioni – Jannacci secondo noi (rido e piango che non si sa mai) (autoproduzione)
N° tracce : 12 - Tracklist: E la vita, El me indiris, Il driEo, Il monumento, Io e te, L’ar(sta, Pensare che, Per la moto non si da, Rido, Secondo te, Silvano, Veronica
Special guest
Hanno cantato, suonato e avuto una parte: Paolo Rossi in “El me indiris”; Elio Biffi dei Pinguini TaGci Nucleari in “E la vita”; Riky Anelli cori, basso chitarra e tas(ere, Paolo Parpaglione sax in “Per la moto non si da”; Lucio Corrente violoncello in “El me indiris”.
“El me indiriss” tucc insem version : feat Paolo Rossi, Walter Leonardi, Flavio Pirini, Folco Orselli, Rafael Ghidoni, Germano Lanzoni, Marco Ripoldi, infine Lorenzo Monguzzi dei Mercanti di Liquore;
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Caos è uscito da ormai un anno e mezzo, e a distanza di un anno e mezzo @fabrifiblog continua a portarlo live. I prossimi passi che compirà sono un punto interrogativo. Giunto al decimo disco in major, primo in Sony, e dopo cinque anni di pausa che sono intercorsi tra il precedente Fenomeno e Caos tutto potrebbe essere.
Propaganda, Stelle, Caos sono stati i principali brani del disco che han trainato il disco, ma non c’è comunque da dimenticarsi di altre perle e bombette da non sottovalutare: Demo nello stereo, per esempio, Sulla giostra, per esempio, che torna a unire sulla stessa traccia il fibroga e il guaglione, Neffa, con cui non collaborava dal 2013 (a dire il vero, Elodie li aveva fatti collaborare nuovamente in Mal di testa nel 2020, ma Neffa non rappava: in quell’occasione aveva solo realizzato il beat e un breve skit di chiusura del brano).
In Caos Fibra ha voluto condensare tutta la Fibra-poetica di 10 anni di carriera: in Intro elenca tutti i suoi dischi, da Turbe giovanili a Fenomeno. Questa scelta era stata presa anche per la stesura del brano Il tempo vola, dove nell’ultima strofa ha voluto dare uno sguardo alla sua discografia passata elencando tutti i suoi lavori.
Ebbene, possiamo trovare un Fibra molto variegato in Caos: senza dubbio maturo (maturità che si era già fatta strada nei suoi testi a partire da Guerra e pace, quest’ultimo uno dei dischi più personali di Fibra), e che sa unire scientemente la rabbia, lo stile, la personalità nelle sue rime.
Se volessimo tracciare un parallelismo, potremmo trovare una vena molto alla Mr. Simpatia nel secondo brano del disco, Goodfellas, in cui Fibra collabora per la prima volta con Rose Villain: tre strofe belle serrate, in cui rivendica la sua superiorità e la sua importanza nella scena, sebbene in molti giovani non lo riconoscano come tale, almeno non in pubblico. Non mancano riferimenti anche ad omicidi e scene del crimine, così come non manca un dissing nei confronti di Fedez, precedentemente già attaccato dal fibroga nel 2015 in Il rap nel mio paese, quest’ultima volta senza scatenare chissà quale scalpore, forse anche complice il periodo di “peacing” della scena nei confronti del marito della @chiaraferragni .
Goodfellas è stata prodotta da Sixpm.
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L’ultima volta che ho pubblicato un freestyle è stato ad agosto dell’anno scorso. Da tanto non accendevo il computer per registrare qualcosa. Eppure non ho smesso di scrivere un secondo. Ho provato a scrivere su tante cose. Ho scritto un testo sul pezzo di Sun Diego Apocalyptic endgame, uno dei più impegnativi del rap tedesco ed europeo (sentire la versione originale per credere). 21 minuti di canzone, fatti anche di extrabeat bello intenso e serrato. Extrabeat che da parte mia non sentirete probabilmente mai.
Non sapevo quando sarei tornato a registrare, e non era una cosa precedentemente programmata la registrazione su questa strumentale. Goodfellas da quando uscì mi fece sperare nell’uscita di una versione strumentale, fosse anche di un remake, perché sapevo già che ci avrei potuto e voluto scrivere qualcosa su. La fortuna è stata trovare la strumentale sul canale YouTube di Drumm3r, riprodotta in maniera a dir poco eccellente (passate sul suo canale per dargli un ascolto perché il tipo spacca, merita tantissimo).
Scrissi la prima strofa di Goodfellas una notte prima di prender sonno. Ero impegnato con la scrittura sul beat di Sun Diego, quindi sapevo che avrei accantonato il discorso Goodfellas per un po’.
Le ultime cose che ho scritto sul beat di Fibra sono venute fuori non esattamente di getto, ma nel giro di una settimana avevo tutto pronto. Mi mancavano solamente le voci registrate che, come sempre, le ho registrate da povero, giù in garage, bene attento a non farmi sentire da altri condomini, per non disturbare la quiete ancor prima che pubblica quella loro mentale.
Goodfellas è fuori ora. Perdonatemi la volgarità, giuro non volevo non volevo non volevo non volevo non volevo dirlo (cit.).
Voglio ringraziare Pietro Zara per avermi gentilmente (e spontaneamente) inviato l’audio di fine brano. Compagno di mille avventure, di mille Amedeus viaggi e mille imprese che avete già avuto modo di vedere e che, sono sicuro, avrete modo di vedere nei tempi a venire.
.
Nati goodfellas, morti badfellas
sai, mi sembra un déjà-vu: un altro rapper fatto a pezzi nel back della Tesla
Pablo in Louis v, Gucci per Capone
Milano og, contratti da un milione
nati goodfellas, morti badfellas
sai, mi sembra un déjà-vu: un altro rapper cementato nel back della villa
el chapo in Fendi, Versace Corleone
Milano og, contratti da un milione.
Un’altra strofa tic-tac
un’altra bomba, il diktat
faccio slalom tra parole come fossi in pista
non seguo il mio tempo, frate, lo batto
tu vola basso
perché se combatti a vuoto, poi rischi il collasso
giro con tre cannoni di erba mentre sono in sella
buona, sa di cannella, dai su, prova ��sta merda
fumo e sbuffo finché il cuore non si ferma
favorevole o contrario? Chiedilo a Marco Pannella;
tre quarti della scena non sa di che cosa parla
dovrebbero informarla, dovrebbero infiammarla
Valentina Pitzalis con la faccia che squaglia
delitto d’onore come fossi in Calabria
affari e proventi, ma a fari spenti
li investo in concerti, torrenti pien’ di concetti
per mia fortuna prebende, un occhio su quello che viene
io ti voglio in catene se suoni in una boy-band, ah!
Nati goodfellas, morti badfellas
sai, mi sembra un déjà-vu: un altro rapper fatto a pezzi nel back della Tesla
Pablo in Louis v, Gucci per Capone
Milano og, contratti da un milione
nati goodfellas, morti badfellas
sai, mi sembra un déjà-vu: un altro rapper cementato nel back della villa
el chapo in Fendi, Versace Corleone
Milano og, contratti da un milione.
Ho fatto cose che in fondo è meglio non raccontare, frate’
il testo è banale, sì, ma per me è un confessionale, frate’
foglio bianco e strisce nere al contrario di un prete
presto sarò al capolinea, dico le ultime preghiere
nessuno è un highander, sparami e son morto
ciò che sopravviverà sarà soltanto il mio ricordo
la gloria non ci serve in terra, tu pensa di sotto
saranno le mie ceneri a colmare il vostro vuoto
non dico il “padre nostro”, so già che è una follia
c’è Satana in regia, “uno, due, tre”, e poi “ciak, si gira”
mi godo la vita, ogni giorno una nuova sfida
prima che sarà esaurita la sabbia nella clessidra.
Nati goodfellas, morti badfellas
sai, mi sembra un déjà-vu: un altro rapper fatto a pezzi nel back della Tesla
Pablo in Louis v, Gucci per Capone
Milano og, contratti da un milione
nati goodfellas, morti badfellas
sai, mi sembra un déjà-vu: un altro rapper cementato nel back della villa
el chapo in Fendi, Versace Corleone
Milano og, contratti da un milione.
Un milione di euro, fidati, che fa un po’ gola a tanti
molti di questi fanno cose poco edificanti
il denaro rende ciechi, forse anche più delle seghe
più fame della fama, più sete del potere
ho fatto cose aggratis che non rifarei neanche per soldi
e voi vi vantate di ciò che fate per la strada
non siete dei balordi, né Rockstar alla .Posty
al posto dei gioielli, coi soldi comprate casa
certi parlano di mafia senza averla mai vista
mentite a chi vi ascolta come Daniela Santanchè al senato
non vedo il vostro volto, vedo Vittorio Feltri, vedo Nosferatu
qui davanti ho l’immondizia, il tuo disco l’ho già gettato.
Nati goodfellas, morti badfellas
sai, mi sembra un déjà-vu: un altro rapper fatto a pezzi nel back della Tesla
Pablo in Louis v, Gucci per Capone
Milano og, contratti da un milione
nati goodfellas, morti badfellas
sai, mi sembra un déjà-vu: un altro rapper cementato nel back della villa
el chapo in Fendi, Versace Corleone
Milano og, contratti da un milione.
#trauma#trauma art#trauma music#trauma shoot#trauma thoughts#trauma mag#Fabri Fibra#Chiara Ferragni#.
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I don't mind meeting new people! *wink*
-hshs ok good- they're actually super cool and relatively chill :o
#granted most of them aren't too familiar with social media so it may be awkward at first but im sure it'll be fine ^-^'#so yeah.. it'll be slow#might invest in an intro post or something whenever we're ready -.-' that'll be fun#💜#vocis tenebrarum#ch1p tuna
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My playlist from tonight. I went hard on the Fabio Frizzi because he scored The Beyond.
Goblin Rebirth - Book Of Skulls
Genghis Iron - Board Up The House (remix)
Zombi - Long Mirrored Corridor
Christopher Young - Hellhound Heart
Fabio Frizzi - Apoteosi Del Mistero
Charles Bernstein - Main Title (A Nightmare On Elm Street)
Fabio Frizzi - Voci Del Nulla
Claudio Simonetti - Demon
John Carpenter - Wraith
The Ramones - Pet Sematary
Snapcase - She
Fabio Frizzi - Zombie
Creed - What If (Peter’s Intro)
Fantomas - Spider Baby
Dangerous Toys - Scared
White Zombie - Grease Paint and Monkey Brains (Sin Centers of Suburbia Mix)
Samhain - All Murder All Guts All Fun
Zombie Zombie - Driving This Road Until Death Sets You Free
Fabio Frizzi - Sequenza Ritmica E Tema (Peter’s second Intro)
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BLANCO: perché funziona?
Se non avete mai sentito parlare di Blanco probabilmente vivete in una grotta o siete sprovvisti di qualsivoglia forma di rete di comunicazione. Il che è un peccato, perché è uno di quegli artisti che anche se non ti piacciono non riesci a fare a meno di canticchiarlo. Ogni intro scandita dalla celebre tag (Blanchito beibe, Michelangelo… mettimi le ali) è un invito a nozze. Per i pochissimi che non hanno idea di quanto appena letto, un rapido riassunto: Blanco, all’anagrafe Riccardo Fabbriconi, è un ragazzo della provincia di Brescia che neanche maggiorenne ha stravolto le classifiche italiane e non solo. Scoperto durante il primo lockdown di marzo 2020, sale alla ribalta nell’estate dello stesso anno con l’uscita del singolo “Notti in Bianco”, considerato ad oggi un taglio generazionale della musica italiana. L’attenzione mediatica che ne consegue lo porta a contatto con diverse personalità di spicco del settore: da qui il featuring con Mace e Salmo ne “La Canzone Nostra” e la comparsa nell’album di Madame in “Tutti Muoiono” oltre che nel progetto 64 bars targato Red Bull con “Dio Perdonami”. Il 9 settembre di quest’anno, dopo più di un anno di lavoro assieme all’inseparabile Michelangelo, suo produttore, l’Italia è pronta: “Blu Celeste”, il suo primo album, esordisce ai vertici delle classifiche in Italia e si stabilisce dopo 72 al terzo posto nella classifica degli album più ascoltati al mondo di Spotify. Allo stato attuale, con la ripresa degli eventi dal vivo, il paese freme all’idea di un tour di Blanco che sembra deciso a confermare le voci che lo descrivono come il futuro della musica italiana. Per quanto questo appellativo sia affrettato e a dir poco rischioso, bisogna dare a Blanco quel che è di Blanco. Nonostante la rapidissima ascesa, il successo di cui gode oggi non gli è di certo piovuto addosso dal cielo. La decisione di lasciare la scuola, presa in accordo con i genitori, per dedicarsi completamente alla sua arte non lo ha reso meno maturo, anzi, forse più consapevole. In più interviste ha ammesso di essersi sentito poco stimolato dal sistema scolastico italiano e che questo lo ha portato ad approfondire di più le sue passioni e sé stesso. Di fatto il canto e la scrittura sono delle novità, valvole di sfogo senza le quali esploderebbe, interessi che lo hanno stregato e su cui ha ancora ampi margini di miglioramento. Di certo a soli 18 anni la vita è ancora una scoperta. Ma come è riuscito un ragazzo così giovane a raggiungere il successo durante una pandemia e in così poco tempo? L’elemento che rende Blanco immediatamente riconoscibile è la voce: potente e selvaggia, ma sempre tendente all’intonazione. Nelle prime apparizioni davanti agli schermi un leggero autotune sembrava necessario a completare la performance del giovane artista. Oggi invece il canto è molto più educato e controllato. Ma è proprio questo aspetto grezzo e acerbo che lo ha reso un’icona per le nuove generazioni. Come molti adolescenti anche Blanco ha iniziato strillando rime a casaccio nella cameretta, ma come si poteva notare dai brevi estratti Instagram che concedeva ai suoi follower, sembrava farlo in maniera più sciolta, privo di quell’ansia da prestazione che causa la sezione commenti. A distanza di tempo e con album all’attivo Riccardo non ha perso l’incoscienza che si riconosce nelle sue urla, ma fa proprio di queste il punto di forza della sua musica. Spesso le strofe si perdono in strascichi sbuffati e nevrotici, dove Blanco sembra a tutti gli effetti posseduto dall’anima della sua stessa canzone. Una tendenza che si è riconosciuta fin da subito in “Belladonna (Adieu)”, primo singolo pubblicato, che vede la giovane superstar alle prese con una metrica sconclusionata, più recitata che cantata alle volte. Una volta raddrizzato il tiro nei brani successivi (decisamente più impacchettati per il mercato musicale odierno) il gioco era fatto. Blanco è riuscito a condensare nel suo timbro il grido giovanile che molti si vergognano di urlare al cielo perché è cringe. Quando i genitori non ne vogliono sapere di capirti e nemmeno gli amici riescono a sollevarti, quando anche l’ultima speranza della tua giovane vita sembra già sul punto di lasciarti. Blanco, nel suo atteggiamento yolo (you only live once), è l’emblema di questa categoria di ragazzi a metà tra l’esasperato protagonismo e la paralizzante timidezza. Non a caso di recente Spotify ha creato una playlist editoriale dal nome Sangue Giovane, la cui prima edizione ritraeva proprio il ragazzo classe 2003 in copertina. Qui si raccolgono brani che, come quelli di Blanco, condividono la stessa grinta emotiva che ha portato diversi giovani artisti sulla strada dell’emancipazione musicale. È l’intenzione a renderlo speciale, un istinto naturale fatto di occhi spalancati e saliva alla bocca. La voce di Blanco si conferma la matrice di ogni suo pezzo, poiché è da lì che parte la magia. L’album Blu Celeste infatti è costellato di produzioni molto variegate fra loro che spaziano dal synth pop, alle ballad piano e voce fino ad arrivare a suoni tipicamente trap e punk-rock. Nonostante questa diversità ciò che indirizza la canzone è sempre la sua voce, i larghi sospiri e la bocca spalancata ad urlare più forte di quanto fatto in precedenza. A bilanciare gli stridii, falsetti angelici e vagiti onirici gli pervadono le viscere, dimostrando di essere capace di provare emozioni forti per poi impiantarle e riprodurle nei cuori altrui. L’equilibrio tra i registri canori conferma la sua capacità di misurarsi e di riconoscere i momenti topici di ogni pezzo. Dall’unione di un ragazzo esagitato e di urla scatenate non ci si aspetta una tale maturità, soprattutto se si pensa ancora una volta alla sua età, ma Blanchito è tutto questo e non solo. Nell’era odierna che vede la musica governata da una costante commistione di genere, Blanco viene spesso inserito nella categoria del rapcore. In realtà lui stesso afferma di non sentirsi né un rapper né un cantante, “chiamatemi come volete” dice ad ESSE Magazine, basta che lo si lasci esprimere in modo libero. Con questa libertà ci ha creato un genere tutto personale che di questo passo rischia di diventare una religione. Non eccessivamente scatenato, ma nemmeno imbrigliato: precisamente bilanciato. A misura di Blanco. Per avvalorare le doti musicali oggigiorno è necessaria una cura maniacale del personaggio per renderlo accattivante al punto giusto, in linea con i gusti del proprio pubblico. In risposta Blanchito si spoglia nudo in mezzo alla natura stuzzicando immaginari primordiali come pochi hanno fatto prima d’ora. A meno che non si tratti di interviste è difficile imbattersi in un Blanco vestito. Nei primi videoclip che lo vedevano saltare e sbraitare a petto nudo si ha assistito alla nascita di questa tendenza, mentre in quelli che accompagnano i brani di Blu Celeste lo vedono nudo immerso in ambienti bucolici, nei boschi, nel deserto o mentre cerca di tenersi in equilibrio sopra gli scogli. L’immaginario che gli è stato cucito addosso riprende quella caratteristica selvaggia e animale che echeggia nelle sue canzoni. Coperto spesso solo da un paio di mutande invece che da una foglia di fico, Blanco veste i panni di un uomo primitivo guidato dalle proprie esigenze fondamentali. Deve ancora scoprire molto di sé stesso e del mondo che lo circonda, quindi va a tastoni: conosce con le mani, schiaccia la fatica sotto ai piedi, assaggia con corpo e mente le sensazioni che la terra ha da offrirgli. È lui stesso ad affermare come sia spesso la natura ad ispirarlo, tanto da portarlo a riflettere poco vestito, per così dire, in un bosco vicino casa non solo nei videoclip ma anche nella vita reale. Il ruolo tematico dell’uomo primitivo giustifica i suoi comportamenti eccentrici, i suoi ratti schizofrenici e gli sfoghi attraverso i quali parla di sé, delle sue ansie e delle sue paure, delle persone che gli mancano e delle persone che ama. Tutto alla massima potenza. Oltretutto la nudità lo insignisce del valore dell’umiltà, qualità dell’essere umano che, a suo dire, non va mai dimenticata. Soprattutto per uno nella sua posizione, sedotto da mille tentazioni in giovane età ci metterebbe un secondo a perdere la giusta rotta, per questo si augura di rimanere la persona di sempre e di non staccare mai i piedi da terra se non per volare assieme a Michelangelo.
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Haikyuu Commento
Prima stagione

Non ho mai giocato a pallavolo e non mi è mai piaciuto come sport, semplicemente perché ero una pippa. Ricordo molto bene che anni fa, quando ero alle medie, odiavo l'ora di ginnastica e sopratutto avevo il terrore che si giocasse a pallavolo. Non volevo giocarci perché non ero capace. Ero timida e riservata, e l'idea di mettermi in mostra su un campo da gioco e saltare da una parte all'altra, non mi piaceva per niente. Inoltre non mi erano nemmeno ben chiare le regole, perché si partiva dal presupposto che tutti sapessero giocare a pallavolo, e ovviamente io non ho mai avuto il coraggio di alzare la mano per dire "scusate io non so giocare, potete spiegarmi le regole?" Non volevo ricevere risate, battute e prese in giro come risposta, quindi me ne stavo nel mio pregando che la lezione finisse il prima possibile, e sperando che nessuno passasse a me la palla, perché nel caso la figura di merda sarebbe stata assicurata.
È incredibile quanto io sia cambiata nel corso del tempo. Continuo a rimanere una persona molto riservata, ma se ora qualcuno mi proponesse di giocare a una partita di pallavolo, accetterei molto volentieri. Sono diventata molto sportiva nel corso degli anni, quindi mi piace provare cose nuove e scoprire cosa sono in grado di fare. Per esempio, durante questa quarantena, non potendo uscire a fare le mie solite e amate passeggiate (quanto mi mancano!), ho dovuto inventarmi qualcosa e così sto seguendo video di ballo su YouTube. Non ho grande senso del ritmo e mi sento più che altro una scimmia che si muove un po' a caso, ma mi piace tantissimo, mi diverto ed è un'ottima valvola di sfogo. Peccato non avere nessuno con cui farlo insieme.
Ma la questione è un'altra: perché il commento su Haikyuu è cominciato sotto forma di analisi terapeutica di me stessa?
Battute a parte, questa intro mi serviva per dire che nonostante io non abbia mai avuto un rapporto felice con la pallavolo, ed è uno sport a cui non mi sono mai interessata, Haikyuu mi sta piacendo tantissimo.
(Nota: finalmente ho imparato come si gioca!!!)
Ho sempre amato i cartoni animati e tuttora continuo a guardarli, quindi non mi sono tirata indietro quando @dilebe06 mi ha parlato di questo anime, stuzzicandomi parlando anche di come fossero buone le evoluzioni dei personaggi.
Ammetto che nelle prime puntate ho fatto un po' fatica: il ritmo era veloce e Haikyuu ha uno stile a cui non sono abituata. Ma una volta entrata nel vivo, me lo sono goduta un sacco.
Haikyuu non ha una trama particolarmente interessante o complessa alla base: gli episodi ruotano attorno ad una squadra di ragazzi del liceo (anche se sembrano uomini di trent'anni ma vabbe), che devono imparare a giocare insieme e che sognano un brillante futuro sul campo.
Voglio quindi concentrarmi sui personaggi, e penso che questi e i rapporti che li legano siano il punto forte del cartone.
Data la numerosità dei personaggi non so davvero da dove cominciare, quindi inizierò da lui, dal protagonista: Hinata.
(Da notare: ho scritto il suo nome senza andare a guardare. Questi nomi giapponesi sono un trauma).
Sarò sincera: Hinata non è uno dei personaggi che mi ha colpito di più all'inizio. Lo trovavo esuberante e talmente caricato nei suoi modi di fare da essere sopra le righe. Hinata è davvero un personaggio di un cartone animato, ma quindi anche perfetto per essere il protagonista di questo anime.
Tuttavia, nel corso degli episodi, mi sono accorta che non è semplicemente un ragazzetto che salta come un dannato, ma è più profondo e interessante.
Innanzitutto, voglio spezzare una lancia a favore di questo personaggio: sul campo della pallavolo Hinata è, sostanzialmente, una pippa. Scarseggia di tecnica, è un tappo (e in questo sport l'altezza è importantissima), deve lavorare sulla ricezione, e fa schifo quando deve battere la battuta di servizio. Dalla sua parte ha un'incredibile velocità, sa saltare molto bene ed ha ottimi riflessi. In più è mosso da una viva passione, ma questa non può certo far evaporare i suoi difetti come per magia.
Hinata è quindi costretto a farsi il culo. E il fatto che non sia un protagonista subito super bravo e super talentuoso, ma che deve impegnarsi per diventarlo, mi piace un sacco.
La seconda cosa che mi è piaciuta del personaggio e che mi ha fatto empatizzare molto per lui, riguarda il suo rapporto con Kageyama. Nel cartone viene esplicitamente detto che senza Kageyama, Hinata non sarebbe mai riuscito a giocare a pallavolo. Questo perché Kageyama gli alza le palle in modo perfetto permettendogli di schiacciare anche a occhi chiusi, e se non fosse per lui che capisce esattamente dove e come alzargli la palla, Hinata non sarebbe nulla.
Inoltre Hinata viene usato come "esca" della squadra, per ingannare gli avversari.
Tutto ciò è molto umiliante e triste per il povero Hinata, tanto appassionato e desideroso di giocare. A un certo punto pensandoci mi è dispiaciuto davvero tanto per lui.
Ma adoro il suo rapporto con Kageyama.
I due all'inizio non si sopportano, non si possono vedere, ma se non imparano a giocare insieme, non possono proprio giocare. I due quindi imparano a giocare insieme, a collaborare, a parlarsi, a comunicare, perché se non si comunica come si può migliorare o addirittura vincere?
Ma mi piace come non siano diventati due amichetti super uniti e gentili: i due si danno dello scemo e dell'idiota in continuazione e la cosa mi fa morire dal ridere.
Parlando di Kageyama, è il personaggio che mi è piaciuto di più fin dal secondo episodio, e tuttora continua a piacermi tantissimo.
Partendo dall'essere egocentrico, tirannico, arrogante e con seri problemi con la comunicazione (insomma un caso umano), Kageyama compie un'incredibile evoluzione nel corso di questa prima stagione. Non che ora sia Mister Simpatia, ma ha imparato a fare gioco di squadra invece che impartire ordini, ora chiede l'opinione dei suoi compagni e non si basa più solo sul suo punto di vista. Ora finalmente si fida anche dei suoi compagni e non solo di se stesso.
È cambiato talmente tanto che da "Re tirannico" com'era soprannominato, è diventato un "Re virtuoso" (pride ❤).
Pensandoci adesso, mi sto rendendo conto che Hinata e Kageyama sono l'uno lo specchio dell'altro. Il primo è socievole, vivace, esuberante e tecnicamente scarso nella pallavolo; mentre il secondo è di poche parole, presuntuoso, con un brutto carattere e semplicemente geniale nella pallavolo.
Si completano a vicenda XD.
Passando al resto della squadra (non li nominerò tutti sennò faccio notte) abbiamo altri gran bei personaggi:
Nishinoya (questo sono dovuta andare a cercarlo, dopo 25 episodi non avevo idea che il libero della squadra si chiamasse così 😳) è un ragazzo estremamente energico che mi fa sempre ridere un sacco. Non è un personaggio che ha compiuto un'evoluzione, ma ammiro la sua inesauribile energia e la sua instancabile grinta. Lui non molla davvero mai, e lo vedo tutte le volte che si butta per terra per salvare la palla e dare modo ai suoi compagni di continuare a giocare.
Perché se c'è una cosa che Nishinoya mi ha insegnato, è che finché la palla non tocca terra non hai perso, quindi non hai diritto di mollare.
Inoltre non posso non citare la sua "accoppiata" con Tanaka: la loro cotta per la manager Shimizu è esilarante.
Asahi Azumane
FERMI TUTTI.
HO DETTO FERMI TUTTI.
*respiro profondo*
FACCIAMO LARGO AL MIO AMORE, IL MIO EROE, IL MIO GIGANTE BUONO, ASSO E SCHIACCIATORE FORMIDABILE DELLA SQUADRA.
Erano anni che non mi prendevo una cotta così per un personaggio di un cartone animato.
[Momento fan girl]
Mi sono innamorata di lui nel momento in cui ho posato gli occhi sul suo viso: così tenero e triste mi ha conquistata subito.
Tra l'altro penso sia il più bello della squadra, e mi piace un sacco la sua pettinatura.
Asahi mi ha da subito fatto una gran tenerezza: dall'aspetto grande e grosso, è però di animo gentile, timido e insicuro.
Lui incarna perfettamente il detto "l'apparenza inganna". A causa del suo aspetto la gente lo vede male e circolano brutte voci sul suo conto, ma lui è solamente un ragazzo dalle spalle larghe e dal cuore innocente.
Come posso non volergli bene?
Ora, quando la squadra esegue delle belle strategie e riesce a far punto è sempre bello ed entusiasmante (la coppia Hinata-Kageyama è fenomenale), ma quando l'asso della squadra schiaccia con successo è per me un evento epico e commovente.
Asahi mi ha commossa ben due volte.
È stato bellissimo vederlo fare i conti con le proprie insicurezze e lottare con la propria paura per arrivare infine a reclamare lui stesso la palla e buttare giù una schiacciata fenomenale.
Lui e Kageyama sono i miei personaggi preferiti e sono quelli per cui mi sono sentita più orgogliosa.
Sugawara
Un altro personaggio che è rimasto sempre lo stesso nel corso della stagione, tranquillo, allegro, sempre pronto a sollevare l'umore della squadra e motivarla nel momento del bisogno, ma voglio citarlo perché mi ha colpito durante la partita contro il Grande Re, quando, entrato in campo, ha dato prova di essere un abile stratega capace di dare del filo da torcere agli avversari. Data la sua personalità non mi aspettavo questo risvolto, e mi ha sorpreso.
Tsukishima (un altro nome che ho imparato adesso e che non ricorderò mai): questo ragazzo mi fa schiattare con i suoi modi di fare e sopratutto tutte le volte che spunta sullo sfondo per commentare la situazione con sarcasmo, facendo infuriare Hinata e Kageyama.
Spero davvero che venga dato più spazio a questo personaggio nella prossima stagione e che venga approfondito di più, sarebbe un peccato se rimanesse soltanto un tizio che se ne esce con qualche commento ogni tanto.
Per quanto riguarda altri personaggi al di fuori della squadra, c'è n'è solo uno che voglio citare: Oikawa detto il Grande Re. Un ragazzo all'apparenza superficiale e vanitoso, ma che credo nasconda una certa profondità. Infatti mi ha fatto piacere vedere il flashback a lui dedicato, che mi ha mostrato quanto l'entrata di Kageyama nella squadra gli abbia complicato la vita.
Inoltre devo fargli i complimenti perché si è dimostrato un ottimo osservatore e un giocatore molto intelligente durante la partita contro i nostri. È stata una partita che si sono sudati fino all'ultimo sangue e che ha fatto sudare anche me (7-8 episodi di partita in corso sono illegali, non si può tenere la gente in sospeso così), ma alla fine la squadra del Grande Re l'ha spuntata perché sono stati più bravi.
Ovviamente mi è dispiaciuto un sacco per la mia squadra del cuore, ho passato tutta la sera in lutto, ma non ho potuto fare a meno di apprezzare il crudele realismo della vicenda.
Devo dire che Hinata e Kageyama mi hanno spezzato un po' il cuore quando si sono messi a correre e urlare come dei matti nella palestra per sfogare il loro dolore. L'ho trovato molto umano. È vero che perdere una partita non è la fine del mondo, ma se penso a tutte le ore che questi ragazzi hanno passato ad allenarsi e tutto l'impegno e la fatica che ci hanno messo, i loro sentimenti quali dispiacere e frustrazione sono più che comprensibili.
Collegandomi a questo, voglio menzionare la scena in cui viene dato spazio a tutte quelle squadre e giocatori che non riescono a superare il turno e sono quindi fuori dai giochi. È una scena che mi ha colpito per la sua umanità e realisticità, perché è vero che quando si passa settimane, mesi, ad allenarsi ore e ore, tutti i giorni, e si viene poi sconfitti al campionato, si piange sulle spalle dei propri compagni, oppure da soli. Il momento della sconfitta è devastante. Mi fa molto piacere che il cartone non si concentri solamente sulla squadra protagonista, ma che mostri le cose in modo più ampio e obiettivo.
E riguardo l'obiettività, l'anime sta davvero facendo un buon lavoro. Non c'è un Eroe senza macchia e senza paura aiutato dai suoi amici e un Villain da sconfiggere. I personaggi sono molto grigi e in continua evoluzione, specialmente quelli principali.
Inoltre apprezzo tantissimo come il cartone dia spazio anche alle squadre avversarie, e sopratutto mi piace come questi giocatori non siano caratterizzati come dei ragazzi antipatici e cattivi da contrapporre ai nostri. I giocatori avversari sono esattamente come i nostri protagonisti: dei ragazzi che amano la pallavolo e che vogliono vincere. Quindi quando vedo una partita ovviamente faccio il tifo per la mia squadra del cuore, ma nulla mi porta a odiare o mal sopportare gli avversari. E quando i nostri vengono sconfitti faccio i complimenti agli avversari perché significa che sono stati più bravi.
Comunque ammetto che durante la partita contro la Dateko ho tifato anche gli avversari perché ce la stavano mettendo tutta esattamente come i nostri, sopratutto Aone l'ho visto parecchio preso e non sono riuscita a rimanere distaccata.
Questo per far capire quanto il cartone riesca ad essere obiettivo.
In questi giorni, la visione di Haikyuu mi ha ricordato un altro cartone sullo sport che vedevo anni fa, l'Inazuma Eleven. Era sul calcio ed era carino. Ora, non me lo ricordo perfettamente ma, sopratutto se lo paragono ad Haikyuu, posso dire che era abbastanza semplicistico:
1. Anche lì i personaggi avevano delle evoluzioni durante le partite, ma erano più evoluzioni legate alle loro mosse (diventavano più potenti o avanzavano di livello), mentre in Haikyuu i personaggi evolvono nei loro pensieri e carattere.
2. Gli avversari erano sopratutto villain e personaggi cattivi.
Mi ricordo che a una certa erano venuti fuori anche una specie di alieni che volevano dominare il mondo del calcio a modo loro, e i protagonisti li dovevano sconfiggere. Ecco perché penso che Inazuma Eleven sia un cartone stereotipato indirizzato ad un pubblico di bambini, mentre trovo Haikyuu più introspettivo, realistico e adatto ai ragazzi.
Per quanto riguarda le evoluzioni dei personaggi, avvengono in modo davvero particolare e che pensandoci mi fa molto sorridere: durante la partita, nel bel mezzo del gioco e nel vivo di un'azione. In pratica i personaggi si mettono a pensare, ricordare e riflettere per due minuti buoni mentre stanno saltando e sono letteralmente sospesi per aria, e con loro la palla.
@dilebe06 pensavo che Wuxian che combatte in orizzontale contro la tartaruga avesse vinto una sfida contro la gravità, ma Haikyuu lo batte di brutto 😂😂
Un'altra cosa che mi fa sorridere di questo cartone, è il tipo di vita che conducono questi ragazzi: 24 ore su 24 pensano solo alla pallavolo. Capisco la passione, ma questi non hanno altri interessi? Una fidanzata? Le famiglie poi non esistono. Ma capisco anche che mostrare i personaggi che per esempio escono per andare al cinema o che fanno colazione con i famigliari, non so quanto potrebbe importare allo spettatore. Volevo solo farlo notare perché quando me ne sono accorta mi ha fatto molto sorridere XD.
È un cartone che diventa davvero molto coinvolgente e che consiglio con piacere.
Darò un voto definitivo quando avrò finito tutto l'anime, ma finora sento di poter stare sull'8.
PS. Mi fa troppo morire il modo in cui esultano i personaggi XD.
#haikyuu!!#japan#cartoon#anime#japan anime#hinata shoyo#kageyama#azumane asahi#tobio kakeyama#nishinoya yuu#pallavolo#volleyball#anime sportivi#anime sport#sport#sports
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Dopo il successo di The Principle of Evil Made Flesh i Cradle of Filth hanno iniziato a scalare le vette della popolarità del metal estremo, grazie alla massiccia presenza delle tastiere e della creazione di un immaginario gothic ma spinto verso il vampirismo e verso la letteratura inglese del XIX secolo. Certo, la loro iconografia e il loro modo di comporre – teatrale, eccessivo, barocco – riusciva a creare ambientazioni e suggestioni gotiche ben più impressionanti e vivide rispetto ai connazionali Anathema o Paradise Lost. Visto che la Cacophonous li teneva al guinzaglio per una seconda release, Dani e soci hanno sfornato Vempire – Dark Faerytales in Phallustein raffinando le sonorità rispetto al debut, potenziandole e puntando tutto sull’evocazione mistica di scenari cimiteriali e decadenti.

Vempire è un EP che fu spacciato subito per un secondo album ma aveva pochi brani nel suo pallottoliere, anche se lunghi e articolati come non mai. Anomalo il primo intro "Ebony Dressed for Sunset" che lancia l’ascoltatore verso "The Forest Whispers my Name", rielaborata in versione più aggressiva e compatta rispetto alla precedente versione presente sul debut. "Queen of Winter, Throned" è il fulcro più importante dell’EP: una traccia lunghissima (10 minuti), progressiva e dinamica come un cortometraggio. Le linee vocali di Dani passano continuamente da un registro all’altro, dal narrativo al growl atmosferico allo screaming più assassino; Sarah Jezebel Deva fa da controcanto in questo teatro della crudeltà. Memorabile l’interludio subito prima dell’introduzione, citando “"oh listen to them, the children of the night, what sweet music they make” dal Dracula di Bram Stoker e da "A Dream of Wolves in the Snow"nell’album precedente. Dopo una notevole "Nocturnal Supremacy" questo secondo opus si conlude con la ferocissima "The Rape and Ruin of the Angels", uno dei brani più aggressivi in assoluto di tutta la discografia dei Cradle, con riff e soluzioni di composizione affini al successivo Dusk and Her Embrace e un interludio tanto simile a "Antikrist" dei Dimmu Borgir. La cosa particolare dei Cradle of Filth è che da sempre sono riusciti a rielaborare un certo tipo di heavy metal, della NWOBHM, in chiave extreme; quasi tutti i riff di Vempire sembrano cavalcate alla Iron Maiden velocizzate e arricchite di tremolo. Il doppio pedale ossessivo di Nick Barker, le voci narranti, i synth funerei riescono a creare una dimensione cinematografica davvero inedita per l’epoca, senza mancare di crudeltà, vampirismo ed erotismo: caratteristiche che diventeranno da questo momento in poi indispensabili nell’iconografia dei Cradle of Filth. Testi magistrali e poesie composte come nel secolo scorso sono solo i dettagli che vanno ad arricchire ancora di più un lavoro di artigianato già ricco e complesso, fatto di interludi erotici e saffici, di ispirazioni cavalleresche; un gioco fatto di richiami e ricalchi che hanno a che fare col gotico e decadente, descrivendo un mondo di arazzi, di narcisismo, romanticismo e omicidio (colonna sonora perfetta per i Castlevania che uscivano in quegli anni).

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Today has been a very stressful day, so guess wtf time it is? Drunk Breaking Dawn Pt. 1. Here is what I soberly remember of the movie (I have not watched it since BD2 came out):
1. There’s a wedding.
2. There’s a honeymoon.
3. There’s swimming in the ocean.
4. There’s an accidental pregnancy.
5. The baby almost kills Bella.
6. The canon incident that we all hate happens.
7. The Volturi evilly laugh.
Same as Eclipse, my drunken narration of the movie will be below the break.
A brief intro statement, I was 100% sober and just beginning to drink at the beginning of the Eclipse post and progressively got more drunk. For BD1, I’m throwing back before I even start watching this shit show.
- I love the effects of the intro. it’s very calming. THe putting away childish things quote is literally a Bible verse. I hate that Stpehen appropriated Quileute culture, Christian culture, and every culture. I know she’s mormon but sitll. THis shit feels real appropriated.
- Idk why rennee is all happy. she never gave a shit before.
- OMG ALICE TEHCING BELLA TO WALK IN HEELS IS THE CUTEST ICRY.
- carlisle carryign the bench is literally the hottest hting i’ve ever seen fck
- lowkey kinda creeprd out because she’s literally sacrificing her humanity to marry this deud she’s known for like a year but everyone other than jacob is super supportive
- damn she’s looking @ this dreamcatcher and it’s making me sad but tbh that shit probably caused half her nightmares because she’s not native so sleep paralysis (if you know you know).
- DAMN EDWAD RELALY JUST ADMITTED HE’S BEEN A VIRGING FOR OVER 100 YEARS WHAT AB RAVE MAN WE STAN
- BUT FOR REAL WHY IS NO ONE FREAKING TF OUT THAT SHE’S LITERALLY BEGGING TO DIE FOR THIUS DUE?
- he just todl her hes killed people and explained it and it didn’t work she’s still down to clown with this vapire emo boi
- HOW HE’S SMILTING @ HR WTF I AM SO ALONEEEE
- i just wama ne im loved amd ne loved in retun plz
- this dream sequence is awful also fck the volturi is til hate that they never overthrew that crabbyass monarchy bullshit they were powerful enough
- i just wanna be like rosalie when i greow up
- charlie knew shit was off when he saw those crapsk
- why the HELL is renen actin liks she cares? bitch go the fuck back home
- jessica is the only one with any damn common sense in this whole series talking about they’re too fucking young for this shitt bitch true and itm akes sene now why she was the valedictioajrn
- SLEEPING AT LAST IS THT GROUP IDK IF YALL HAVE HEARD ANY OF HTEIR OTHER STUFF BUT THEY’RE AMAIZNG AND I USED TO CRY MYSELF TO SLEEP # THAT SHIT
- damn id’ be fuckign panicking too your lfie is over hoe
- stpeheen sto pwiht your racist ass smiling its offensive
- CHARLIE FUCKING DEWEVRE BETTER SOMEONE LOVE HIM PLEASR
- this wedding is gorgoeus though i live for hte fuckj g aestiec
- OH MY GORD THE PROM SONGGGGGGGG FCK ME RIGHT IN THE EMO
- IT JUST HIT ME WHN THEY WRE LOOKI @ EACH OTHERS EYES THIS BTCH REALLY MARYING AN UNDRSF VAMPIRE HOE this shit is horryighn why was i not scare?
- carlisle is the love of y life
- sth is a lil ray of sunishen
- i just reaized howd fucked it is that sue and chalrie are starng to catch feelz ut sue knows his daughter is funckugn off with a unded vamp emo iboi
- OMG I FCUKING HATE STEPHENE RACIST ASS I LEGIT MADE AP OST EARLIER SYAING LAURENT WANTED TO DO THE RIGHT THING ANDWOUVLEBE BEND A VEGETATIAN BITCH AND IRENEA CONFIRMED FCK THIS SHIT IM OUT ANG ANGRY
- charlie is gget ing drunk as hell my spiritn animel
- jesica is smart and beautiful she needs t os stop being jealous and petty know ya wotht girlie you got itl
- I SWEAR WHEN IGET MARRIED OSMEDAY IF ANYONE GIVES A SPEECH LIKE THIS I WILL PERSONALLY DRAGT HER ASS OUT.
- edwar lves her so much fck im all alone\
- how haoph hacob is when they hig i hate canonn they were best friends fc,
- jacob stay the fck outta her sex life she;s been wanting this for ad dman year fkc steohe let them jsut befriend
- steh is so swert but e is a chidl fck the is reacist plot bulshit
- CHARLIE DESEVRD BETTR FCK THIS PLOT FOR REAL I HAE CANON
- bela looks os ad she knows it’s goodbye but edward’s family is all smiling because they have her now hwat fthe ckc
- jac0bs cryng my heart brke
- i love bineg dunk
- the scene isn rio is my faorite isn any of the movies eveyrhting looks warm and happy
- this bich can drive ab oat too damn he can just fod evryhin cant he
- CARLISLE BOUGHT A WHOEL DAMN ISALND FOR HIS WIFE AND I CANT ECVE GET A TEXT BACK?
- deis this honeymon scene make anuone else unconmfy becuae same
- marying a vampire would be horrying af but also hot af and good af becuase htye oculd love so much and protect you from everythign fck 1-/10 woukd efeel safe
- bwll gaving a panic attakc ism e anyt tinme i try talking to an attractive man
- slepeign at last fckign ti up agin bit ch theis m yshit
- when he said it was the best night i cred
- tstoehe added the chess game like this shit is a hoje but i would love to play chess on my honemodn idk how uut i want a man to each me but not mansplin
- WHY THE FUCJ AR THEY SO CTE ON THIS AMN HONEYMOON?
- i know i sadn it was horryig but i want a hotass vamp emo boi husband plas
- damn jacob is being too emo she aint really gonan be ded for ever youll see her agianb itch
- ‘CULLENS ARE NOT A DNAGER TO THE TOWN OR TRUBE” BITCH IB EG TO FUCKIN DIFFER THIS SHIT BIOLOGICAL WARDARE RACIST ASS STPEHEN WRITING THIS FUCKING BULLTSIT
- ‘NONE OF THEM BELONG TO THEMSEVLES ANYGMROE” - SOMEONE SAID IT BITCH THSI SHIT IS FUCKRE IP
- i fucking hates these vamp racist bitches but i want a nonracist va,p husband bitch thus hot afck
- how tf does she not know shes rpegr yet eatin this weid ass shit?
- THESE FKERS BEEN AROUND FOR CENTURIES TLAKING BOU IDK IF ITS VEEN POSSIBEL BTICH YU SHOULD FUCKUGN KNO BY NOW
- ROVERT SPOEAKIN G PORTGUEVE IS SO KING ATRACTIV
- poor bella her life chaned so uqick and she[s soc scared fck dcnaon
- POOR CHARLIE I HATE THIS HE DESERVES TO BE LOVED AND TURTH TOLD
- ROSALEI IS THE EST
- “YOU LOOK TERRBLE’ THIS IS THE FRIENDHSOP WE WANT WHYT THE FCK DOES FOPSTHE RUIN EALL THIS SHIT
- CARLISE IS FUNCIGJ HOT
- LIRALY BITCH I JUST WNAT A PURE FIRENDHSIP WUTH JACOB AND BELLA ITS WHAT THEY DESERVE FJC CAON
- this montage is turopy a f when youre drunk waht the helc por jake thugh
- im sorry but i;n laughign my ass off at these fuckugn wolf vocie overs lmaoooo this shit hilarious
- SETH HAS SUCH A PURE HEART WHTY TF DID SPTEHEH RUIB HUS FUCJING CHILDHOOD BULTHIST
- WHY IS EVEYRIJE BSUCG AFUCKUGN BUTCG TO LEAH???? SHE DESEVRED THE FUCKING WORLD STPEHEN IS A RACISHT BITCHHHHHH
- calisbe is fos unicngn hot
- i just reaized robert is like the best fuckugn actor like this diolaguge is wha k as fuck btu he’s acitng all emo boi oscar worhty shti
- they realy had her fuckin drink blodo i hate cannjnonnn
- ifelel the same as kaje watchign this
- but carlisle’s prety face made it all fuckig hetter
- FUCKRT HIS SHTI CHARLIE DESERVED BETTER HE’S THE BEST DAD FCK CANO NFUCK STEPRHNE
- okay ut id is cute as fkc whe nedward hears the baby
- esme and calrisle wilougn to risk their lives for bella i cryi
- fkc i really do hate cnaon because jake is acting liek an adult now and trying to do the honrble thig bue he should be a hpaoy chidl
- resnemsien is a ficking ridjcils name and we all fuckj nnew
- i ahte this part i’n bot even wathcing this shit rgros me rout
- WHY THDID FUCK DID THIS BITCH HAVE A FUKCUNG SYRINGE OG VENOM LAYING AORUND? HOE!?!?!
- literlaiy fuick the dynamics of this whole moty hfknfucjg storyline plot bitch
- LEAH AND STHE DESERVERD BETTER
- SO DID JACOB
- SO DID ALL THE WOLFPAKC STPEHEN IS A RACIST AS SHOE
- aw hell here the fucks we hgo with theu ickgn im************** bulshit i ghate cnaojn canon can suck ad ick
- YES BILLY DEFEND YOUR CHIDL
- rosalie is literally perfect when cnai b ehr
- im real glad im drunk rin now because ioculd nto sit throguh this shit sober
- imp&******* is the worst plotline fkc]
- bit iamgiben falling alseo lookin gsick and waking up fhot as uck goals
- this sogn making me cry literlalu imcruing ims o alone lmao
- rheye really ended htoe move wirh red eyws lmaoooo
- hodl the fick up a damn minute stpeehebn producre htis cufkcng shit?
- now heres the hoes iv’ve been waiting on burnt the monarch fuckwits i hate thes epompis fuckers
- OVERTURBR THESE FUCKSERS THEY HAVE TIOO MUCH POWR
CARLISR COULD FUCKING D OI T I HATE CNAON BRING THE VAMPIRE DECONOARCY
- OOHG BRUNNO MARS BRINGNG THE FUCKING SIMPSSHOES ANTHM I NEEDLOVE IT
#Twilight#Twilight renaissance#Breaking Dawn#Breaking Dawn Part One#Breaking Dawn review#simp ass hoes#simp ass hoes fandom#we hate canon#WE HATE CANON HERE
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IL FUTURO DELL'OPEN SOURCE - SECONDO NOI (PARTE 1) - EP.85
** Episodio 85 ** - "Il futuro dell'open source - secondo noi" (Parte 1)
In questo affollatissimo episodio costellato di graditi ritorni e nuove voci intervengono Stefano, Giuseppe, Apollo, Sirio, Antonino, Jonny e Giorgio per fare un punto su come stia andando oggi l'open source e dove ci porterà. Sarà sempre come lo conosciamo o ci saranno differenze importanti nel futuro? Scopriamolo insieme in questa prima parte.
Ti auguriamo quindi un buon ascolto e ti ricordiamo che puoi sostenerci su: https://it.tipeee.com/produttividigitali
---- Per ascoltare la puntata e per altri link vai su: https://librepodcast.carrd.co/ ----
Se anche tu vuoi dire la tua su quello che condividiamo, puoi scriverci qui:telegram.me/librepodcast #librepodcast:matrix.org email: [email protected] Firma la petizione per la tua privacy su: https://stopscanningme.eu/en/index.html Vi ricordiamo che potete ascoltarci anche su Radio Tomoko (https://www.radiotomoko.com/librepodcast) che ringraziamo sempre tantissimo per ritrasmetterci e anche su Telegram nel canale gestito da Radio Unitoo (https://t.me/UnitooWebRadio_Podcast) che ringraziamo ulteriormente per il supporto
--***--
Intro & background music
Chronos - Alexander Nakarada
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Outro:
Uberpunch by Alexander Nakarada | https://www.serpentsoundstudios.com
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Andrea Ra, il Fibonacci della musica
Andrea Ra con il suo ultimo Urlo eretico conferma e afferma la propria singolarità. Un disco complesso, dai testi diretti, suoni caustici, infinite influenze, sperimentazione a fiotti. Incatalogabile, come i singoli avevano annunciato. Il cd si apre con la già conosciuta Sensi di colpa (recensione) che mette subito in chiaro le cose. Se si supera questo primo impatto, non si potrà che amare tutto il disco. Se invece non si riesce ad arrivare in fondo, inutile continuare. La successiva Capoclown aggroviglia ancora di più l’ascolto. Si parte con un’intro che richiama i Primus più ispirati. Il prosieguo è sulla medesima falsa riga. I toni si abbassano leggermente con l’ingresso della voce. Inarrestabili invece i cambi.
Dissonanze, basso martellante, batteria irrefrenabile. Come se non fosse sufficiente, a metà vengono introdotti interventi elettronici. La tecnica della band emerge ad ogni solco. La strofa è il solo elemento lineare. Batteria dritta, basso percussivo. Gli intermezzi strumentali sono esplosioni di suoni. Il basso domina. La chitarra sottolinea con fraseggi dissonanti. Il break centrale offre uno spiraglio di respiro ma viene subito chiuso. Il testo è una denuncia al music business e una dichiarazione ‘politica’ dei nostro. Stupefacente riff in slap prima della chiusura. Segue Pillole rosse.
Si cambia radicalmente registro. Andamento lineare. Intro con suoni lunghi accompagnati dai synth. La voce si fa evocativa. Il ritornello fa impennare la canzone. Vengono introdotti archi, la chitarra si concentra sulle corde basse. La reprise spiazza. Un blues lacerante dall’andamento lento. La sei corde interviene con un crunch adeguato al nuovo contesto e note ad hoc. Si ripresenta il muro del ritornello. Questo alternarsi di intensità caratterizza tutto il brano. Il solo di chitarra è blues su base di synth. Un breve break solo voce, batteria e tastiera funge da miccia per l’esplosione del ritornello. Nuova trasformazione.
Da blues a ballata hard rock. La chitarra incattivisce i suoni e conseguenzialmente l’andamento del solo che diventa lancinante, veloce. Il finale muta di nuovo. Si rallenta. Tastiera in primo piano. La chitarra sfuma. Si prosegue con Firenze. I toni si alzano si nuovo. Si torna su coordinate sperimentali. Basso martellante, batteria come un mare in tempesta. Chitarra dissonante. Voci che si alternano, tra urlato e parte narrante. Ma non basta. Su quest’ultima si poggia un passaggio che richiama il cantato mediorentale. Improvvisamente si erge la melodia del ritornello.
I passaggi si alternano col la medesima struttura fino al cambio successivo. Dopo il secondo chorus il ritmo si fa spezzettato. La voce è narrante. La batteria non si ripete praticamente mai. Le dissonanze si fanno più pressanti. Il basso non si ferma mai. Si riapre il ritornello. Ancora ritmo spezzato. La voce va in crescendo. Quando sembra chiaro dove la canzone arriverà, nuovo cambio. Calo di intensità. Ma è solo preludio alla cavalcata finale. Torna l’alternanza precedente. Questa volta caratterizzata da un finale che cresce di intensità. È il momento di Monte Shasta, secondo singolo già recensito (recensione). Si prosegue con Io mi vesto di nero. Nuovo cambio. Campana del ride, basso iterante, voce narrante. Una miccia per la bomba che esplode da li a poco. Andamento marziale, ipercompresso, solo accenti.
Non c’è un riff portante. Cambio. Arriva l’intensità sonora del disco. Basso e batteria creano un muro impenetrabile. La chitarra accentua con note dissonanti. Si cambia di nuovo. Torna l’andamento iniziale. La differenza sono i suoni che le sei corde introduce. Il passaggio successivo è ascrivibile solo al noise industriale. Entra un riff granitico con doppia cassa potente. Il viaggio non è finito. Nuovo mutamento. Il brano diventa funky. Per un po’.
Dopo di che tornano i Primus con un basso in primo piano. Si cambia ancora. Intervento dei synth che introducono un solo di chitarra sullo stile di Tom morello. Pausa. Brano circolare. Si ripete l’intro. Ovviamente non nella stesso modo. Vengono introdotti suoni di batteria più pesanti, pieni. Con Giuda Iscariota si vola in medio oriente. Batteria percussiva. I synth la fanno da padroni creando la giusta atmosfera. Oltre alla batteria sono presenti percussioni a tema. Il basso segue una propria strada. Suono metallico, martellante, ora in slap, ora suonato a dita.
La voce è un alternarsi si alti e bassi. Il solo è su una base coinvolgente, evocativa ed è affidato alle tastiere. Il cantato diventa narrazione. Si prepara un nuovo cambio introdotto dal un passaggio di batteria. Le linee melodiche orientaleggianti si fanno più pressanti. Nuovo interludio. Percussivo. Stop. Nuovo cambio. Dall’Arabia si arriva a Berlino, alla tecno. Suoni sintetici, tastiere, voce narrante portano alla conclusione. Monopensiero è il brano successivo. Nuovamente suoni sintetici. Voce conseguenziale. La stessa chitarra utilizza interventi ad hoc. Il testo è una denuncia sul pensiero unico. Si alternano momenti pieni e vuoti di suoni. L’andamento kraut rock viene interrotto a metà da un intervallo metal. Un breve passaggio che spezza il già complesso andamento generale.
Quello che ne emerge è un andamento quasi psichedelico, ipnotico. Fino al cambio seguente. Il basso riprende in mano le redini. Slap, su una base che non si può tradurre a parole. La batteria introduce un ritmo swing. L’intensità cala. È solo un introduzione allo scoppio finale. Si passa a Mi vuol sigillare. Intro con voce distorta. Tutti gli strumenti entrano assieme su un tempo in levare. Passaggio cadenzato. Rock quasi. La struttura introduttiva si ripete. Non uguale. Cambia la batteria, l’accompagnamento del basso. Quello che succede dopo può essere paragonato solo ad un passaggio sperimentale ipertecnico. Ogni strumento, apparentemente, segue una linea propria.
Nuovamente ritmo in levare con doppia cassa iterante. Improvvisamente si cambia del tutto. Arriva il suono di un carrillon. Nuova sfuriata. Ancora un cambio, lento, che porta al finale. Dipendenza è la scheggia di follia che segue. I primi momenti sono degni di Vangelis. Ma sono solo momenti. All’improvviso entra un basso dall’andamento impressionante su base sintetica. La chitarra funfe da base ritmica. Il basso è inarrestabile. La sei corda si scambia il palcoscenico con i synth. La batteria è indescrivibile. Il solo è in free jazz. Riporta tutto su binari il segmento seguente, più ritmico. Sempre non lineare. È l’anticamera di quello che accadrà dopo, prima del rientro della voce.
Frangenti che a voce non possono essere descritti. Suoni, tempi composti, sessioni percussive, il basso che segue un andamento proprio, così la chitarra in un crescendo che arriva al suo apice sul finale con as solo dissonante e ritmo incalzante. Il mondo è droga introduce ancora suoni elettronici. Il basso a base funky si fonde con la base sintetica. Così come la batteria. Ad un quarto un cambio. Si rallenta. I suoni si dilatano. Il basso si lancia in un a solo jazzato. La chitarra ha riverberi ed eco. Si prosegue su questa falsa riga. La voce rientra con un urlo in crescendo. Sale l’intensità complessiva.
Arriva il solo di chitarra. Note lunghe, riverberate. La voce lo doppia. La batteria continua a disegnare architetture ritmiche differenti. La chitarra dà sfogo alla propria tecnica con un a solo lungo, eterogeneo che termina su un tappeto di tastiera su cui poggia la voce riprendendo il ritornello. Il brano da qui non torna poi indietro. Dopo i funambolismi della chitarra è il turno del basso di stupire con un a solo che alterna diverse tecniche e suoni e che conduce alla chiusura. Il finale del disco è affidato a Franco. Il riff portante è compito del basso.
Le sue melodie si intrecciano con quelle della sei corde che non segue lo stesso andamento armonico. Allo stesso modo il brano non è lineare. Tra di diversi generi toccati c’è che il cantato popolare italiano e ‘aperture’ melodiche. Fraseggi cadenzati caratterizzano i frangenti prima dello spcial stopo and go. Sul finale il basso è quasi da solo caratterizzato dal fatto di essere suonato con un arco volino, così come fin dall’inizio del brano.
Concludendo. Quanto sopra scritto è un pallido tentativo di descrivere ciò che è il disco di Andrea Ra. Pallido perché, per quanto ci si possa sforzare, è impossibile riuscire a far capire cosa accade davvero all’interno delle tracce. È come cercare di spiegare il mare in tempesta. Come si fa? Cosa si potrebbe dire? Ora arriva un’onda più alta, ora una più bassa, adesso sembra calmo, poi si infuria e le onde diventano enormi, si accavallano, sembra che vadano nella stessa direzione ma poi ognuna prende una strada diversa? Come si fa ad esprimerlo a parole? Si può solo provare a far capire cosa sta accadendo.
Volendo andare oltre potremmo paragonare la recensione alla trasposizione per iscritto di un sentimento. Qualsiasi. In che modo lo si può descrivere in modo abbastanza chiaro affinchè chi non lo ha mai provato possa capire? E così è il disco di Ra. Un mare musicale in tempesta, un melting pot di sensazioni e sentimenti. Una sola cosa è certa: chi lo ha composto e suonato ha una conoscenza del proprio strumento, della musica in generale, anche come fenomeno matematico, che quasi non ha eguali. Non ne ha in questo universo se non i geni o i folli. Possiamo chiamare in causa, come riferimenti, sono nomi altisonanti come Frank Zappa, Mr Bungle, Primus, Buckethead. Il che già dovrebbe rendere l’idea dalla cifra complessiva.
Un disco senza mezze misure. O piace tantissimo o lo si odia profondamente. Voi, da quale lato scegliete di essere?
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MAGASIN DU CAFE’
presentano
Son of the sea, primo video tratto dal nuovo album SHARDANA
Guarda il video
https://youtu.be/aA42EGBIZH4
TESTO:
Hear the Ocean rising like a sword,
Your shield surrenders to my shout.
You can be a God,
the greatest Son of the Sun,
but I was grown up Shardan
in the art of the war.
The sky and the sea
in my Shardan destiny.
The storm in my eyes is a blade ablazed.
The war is only our sacred play.
INTRO AL BRANO
Una poetica da battaglia introduce il viaggio dei guerrieri Shardana verso
l’Egitto. Il parallelo è tra la tempesta e la loro spada: entrambe guidano le
navi verso una nuova terra, furiose e penetranti.
Il faraone, Ramses II, può anche essere il figlio del Sole, al pari di una
divinità, ma il guerriero ha dalla sua parte la Tradizione, l’educazione alla
battaglia e lo spirito indomito.
É il brano di apertura dell’album, il manifesto di tutto un immaginario
ancora inesplorato in musica e cinema: quello delle guerre preistoriche,
delle civiltà megalitiche, tutte collegate tra loro in modo sorprendente per
tradizioni ed estetica. Il primo passo di un viaggio di conquista e di
conoscenza di sé e delle proprie origini.
Gli Shardana (o Sherden) erano uno dei Popoli del
Mare, famosi per essere stati la guardia personale
di Ramses II, uno dei faraoni più influenti di tutti
i tempi. La loro grandiosità in battaglia si intuisce
dai pochi scritti trovati dagli archeologi, ma gli
storici più attenti hanno trovato le loro tracce in
tutto il Mediterraneo, il Baltico e perfino l’Africa
del Sud. Tracce di manufatti, bronzetti nuragici,
armi, monumenti di pietra imponenti, bassorilievi
e miniere.
Sembra ormai assodato che la Sardegna abbia
preso il suo nome da questo popolo, di cui non si
conosce ancora l’origine. Da qui deriverebbe il
mistero del popolo sardo e della sua nascita, ma
soprattutto il mistero della sua unicità. Sembra che
gli Shardana abbiano avuto contatti intensi con
popoli del nord e mediorientali, talmente profondi
e ricorrenti da rendere difficile capire da dove
tutto sia partito.
Per noi, Shardana è un concetto che ha ribaltato
tutto quello che conoscevamo della nostra storia e
del nostro presente. È un tornare alle origini, è
scoprire che già migliaia di anni fa, prima della
scrittura, le genti si mischiavano, lottavano per i
territori, commerciavano ed esploravano.
Shardana: l’album
Nel nuovo album i Magasin du Café inseriscono come elemento di
novità alcuni testi per spiegare meglio il concetto culturale che sta
dietro alle loro creazioni musicali, contrariamente agli album
precedenti in cui la voce era usata come uno strumento musicale.
La storia raccontata è quella di un guerriero Shardana che parte
dalla Sardegna, partecipa alle campagne di pirateria ai danni
dell’Egitto, si offre come guardia personale di Ramses II, partecipa
alla battaglia di Qadesh. Vivendo a corte scopre l’enorme sapienza
sacra ed esoterica dell’Antico Egitto, entrando in rapporti di
rispetto con sacerdoti e aristocratici. Queste nuove conoscenze lo
spingono a ricercare le sue origini, le origini dell’essere umano e
degli Dei. In un viaggio di unificazione, per tornare a dove tutto è
iniziato, parte per raggiungere l’estremo Nord, verso quella che i
Greci chiameranno migliaia di anni dopo Hyperborea.
L’album ha sonorità che richiamano il prog rock, il post rock e la
world music. L’elettronica regala ritmo e un sound a tratti ipnotico,
così come le voci con sonorità ancestrali degli antichi sardi e le
armonie dell’Oriente.
Ancora una volta l’emozione è al centro delle composizioni,
stavolta unita ad un concetto originale e poco esplorato: l’origine
preistorica del nostro mondo, fatta di lotte, amori, scoperte. Temi
modernissimi e universali.
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MAGASIN DU CAFE’
presentano
Son of the sea, primo video tratto dal nuovo album SHARDANA
Guarda il video
https://youtu.be/aA42EGBIZH4
TESTO:
Hear the Ocean rising like a sword,
Your shield surrenders to my shout.
You can be a God,
the greatest Son of the Sun,
but I was grown up Shardan
in the art of the war.
The sky and the sea
in my Shardan destiny.
The storm in my eyes is a blade ablazed.
The war is only our sacred play.
INTRO AL BRANO
Una poetica da battaglia introduce il viaggio dei guerrieri Shardana verso
l’Egitto. Il parallelo è tra la tempesta e la loro spada: entrambe guidano le
navi verso una nuova terra, furiose e penetranti.
Il faraone, Ramses II, può anche essere il figlio del Sole, al pari di una
divinità, ma il guerriero ha dalla sua parte la Tradizione, l’educazione alla
battaglia e lo spirito indomito.
É il brano di apertura dell’album, il manifesto di tutto un immaginario
ancora inesplorato in musica e cinema: quello delle guerre preistoriche,
delle civiltà megalitiche, tutte collegate tra loro in modo sorprendente per
tradizioni ed estetica. Il primo passo di un viaggio di conquista e di
conoscenza di sé e delle proprie origini.
Gli Shardana (o Sherden) erano uno dei Popoli del
Mare, famosi per essere stati la guardia personale
di Ramses II, uno dei faraoni più influenti di tutti
i tempi. La loro grandiosità in battaglia si intuisce
dai pochi scritti trovati dagli archeologi, ma gli
storici più attenti hanno trovato le loro tracce in
tutto il Mediterraneo, il Baltico e perfino l’Africa
del Sud. Tracce di manufatti, bronzetti nuragici,
armi, monumenti di pietra imponenti, bassorilievi
e miniere.
Sembra ormai assodato che la Sardegna abbia
preso il suo nome da questo popolo, di cui non si
conosce ancora l’origine. Da qui deriverebbe il
mistero del popolo sardo e della sua nascita, ma
soprattutto il mistero della sua unicità. Sembra che
gli Shardana abbiano avuto contatti intensi con
popoli del nord e mediorientali, talmente profondi
e ricorrenti da rendere difficile capire da dove
tutto sia partito.
Per noi, Shardana è un concetto che ha ribaltato
tutto quello che conoscevamo della nostra storia e
del nostro presente. È un tornare alle origini, è
scoprire che già migliaia di anni fa, prima della
scrittura, le genti si mischiavano, lottavano per i
territori, commerciavano ed esploravano.
Shardana: l’album
Nel nuovo album i Magasin du Café inseriscono come elemento di
novità alcuni testi per spiegare meglio il concetto culturale che sta
dietro alle loro creazioni musicali, contrariamente agli album
precedenti in cui la voce era usata come uno strumento musicale.
La storia raccontata è quella di un guerriero Shardana che parte
dalla Sardegna, partecipa alle campagne di pirateria ai danni
dell’Egitto, si offre come guardia personale di Ramses II, partecipa
alla battaglia di Qadesh. Vivendo a corte scopre l’enorme sapienza
sacra ed esoterica dell’Antico Egitto, entrando in rapporti di
rispetto con sacerdoti e aristocratici. Queste nuove conoscenze lo
spingono a ricercare le sue origini, le origini dell’essere umano e
degli Dei. In un viaggio di unificazione, per tornare a dove tutto è
iniziato, parte per raggiungere l’estremo Nord, verso quella che i
Greci chiameranno migliaia di anni dopo Hyperborea.
L’album ha sonorità che richiamano il prog rock, il post rock e la
world music. L’elettronica regala ritmo e un sound a tratti ipnotico,
così come le voci con sonorità ancestrali degli antichi sardi e le
armonie dell’Oriente.
Ancora una volta l’emozione è al centro delle composizioni,
stavolta unita ad un concetto originale e poco esplorato: l’origine
preistorica del nostro mondo, fatta di lotte, amori, scoperte. Temi
modernissimi e universali.
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