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240325 [MONSTAX_IM] Talk Tok Update
#e ha cacciato l'EP due (2) giorni dopo i TxT OK 🗣️#dillo che lo hai fatto per noi due e noi due soltanto Changkyun 🗣️#io e jo ti vogliamo...bene#moooooooolto bene#monsta x#i.m#kittie wolfie kyunie 🐱🐺
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L’INGORDO MANIACO - PER QUANTO E’ GRANDE “SEMPRE”
Alla fine arrivò la stazione di Provvidenza, quella in cui doveva scendere dal nostro treno per incontrare il suo amore e lasciarmi sul treno della vita per andare chissà dove. Lo capii un giorno quando in negozio entrò una ragazza fascinosa, con capelli lunghi di un rosso Tiziano scuro, vita stretta, il seno bilanciato al sedere e due occhi di un verde marino. Venne subito da me e mi porse il telefono “non mi funziona – disse con un accento straniero – puoi guardare cos’ha?” e mi guardava con quegli occhi da dea marina come se volesse capire cosa avessi dentro Io lo accesi e vidi sullo screen una foto di lei con Provvidenza che sorridevano felici. “sei Evelyn?” Chiesi “si “ rispose asciutta lei pronta alla battaglia. “allora vieni che ti offro qualcosa” dissi cordiale invitandola al bar accanto al nostro negozio. Ordinai subito due cannoli e due caffè di quelli buoni, sedendomi accanto a lei. “Allora dimmi tutto” le dissi proteso in avanti come se aspettassi da lei chissà quale rivelazione. Lei mi guardò stupita e si rilassò “Allora sai di me ed Enza” “Certo, sono stato il primo a saperlo” “e questo non ti dà fastidio? Tu sei il fidanzato non ti fa….. rabbia?” Sorrisi “Moltissima, ma dimmi, lei con te è felice?” “si penso di si” “Te lo confermo io è felice, era felice quando mi ha detto che ti aveva incontrata a Monaco, era felice quando l’ho portata a Catania a prendere l’aereo per passare con te il week-end un mese fa, tra parentesi allora era in crisi, non sapeva cosa fare se lasciar perdere la vostra storia o volare fino da te a capire se valeva la pena continuare. Io le ho detto che in certe partite bisogna puntare tutto quello che si aveva per dare senso al gioco e lei ha preso l’aereo. Era infine felicissima quando sei arrivata: quando il tuo aereo è atterrato mi ha mandato un SMS “E’ atterrata! inizia la mia nuova vita!” ” “Non capisco, tu hai sempre saputo tutto?” “Si, lei mi ha detto tutto appena ti ha conosciuto” “ma tu non sei geloso?” “moltissimo, ma lei ti ha detto ti amo no?” “si” rispose fiera, pronta a difendere quello che Provvidenza le aveva detto. “Allora la mia gelosia e io stesso non contiamo più nulla! Lei non mai ha detto ti amo da quando aveva diciotto anni. Non l’ha detto neanche a me: di fronte a questo, conti solo tu” Bevve lentamente il caffè forse solo per ragionare. “Ma tu chi sei per lei? Io non l’ho capito bene; tutte le zie sanno che ama le donne e tutte a dire Alfio, Alfio, Alfio! Se chiedo a lei, lei mi risponde che sei un amico, ma tu sei ovunque nei suoi pensieri.” “io sono il suo pacemaker! Sto attaccato al suo cuore, ne regolo i battiti, ma non vi sono mai entrato: quello è il tuo posto, li ci sei solo tu” Lei mi guardò incerta se credermi o no “Ascolta: lei ha fatto pazzie per te e tu hai lasciato il tuo lavoro e sei venuta qui a provare a stare insieme e costruire qualcosa. Se lei non fosse stata sicura di te, non ti avrebbe fatto venire. Lei non è una irresponsabile specie con chi ama.” “È vero, per questo le voglio bene, ma sono confusa” “Adesso lo sei, ma tra qualche settimana sarà tutto chiaro” “Lo spero – fece tirando un sospiro – a volte mi chiedo se ho fatto bene” Sorrisi “Ma tu hai fatto l’amore con lei, sei stata con lei a passeggiare sulla spiaggia, a cenare al faro, a ballare con lei guardandola negli occhi, ad ascoltarla quando ti racconta la sua giornata, a vederla uscire dalla doccia, a sentirla contro di te di notte a letto quando dorme e se si gira ti abbraccia nel sonno?” Le venne un sorrisetto malizioso “Certo” “E non è stato bellissimo?” “Tantissimo” fece quasi stupita di riconoscerlo “Allora hai fatto bene!” Sorrise. “ci penso un po’ - fece alzandosi - ti immaginavo peggio, ma io non ho una grande opinione degli uomini, sono contenta che forse mi sono sbagliata. Voglio parlarne con lei, quello che mi piace è che tu non ti nascondi” Le feci confezionare un vassoio di cannoli e glielo diedi “Portaglielo vedrai che le piaceranno” “Ma così capisce che sono stata qui…” “E tu dille la verità, che volevi capire chi ero e che ti ho dato i cannoli perché così ti fa vedere come si mangiano” “con la bocca no ?” Disse guardandomi senza capire. “Si ma a letto vi sono tanti altri modi per mangiarli…” Lei mi guardò qualche secondo “Ora capisco come facevi il pacemaker! Vi siete divertiti voi due…” “Ora tocca a tè…” “questo è sicuro: solo a me!” fece minacciosa “Solo a te” ripetei alzando le mani al cielo “ti faccio sapere Alfiuccio, se mi piacciono torno!”
E se ne parti lasciando una scia di voglia con un retrogusto di desiderio nel suo ancheggiare che il cameriere, che se lo stava studiando con attenzione e che stava rientrando in negozio guardandola, andò a sbattere contro la porta. Mi alzai rassegnato. Avevo fatto il brillante solo per non creare problemi tra loro, ma in realtà mi giravano le sfere riproduttive in modo esagerato. La situazione l’avevo immaginata tante volte e ora che si stava concretizzando non mi era facile accettarla. Provvidenza con i suoi sorrisi riempiva le mie giornate ed il suo corpo accendeva le mie notti, senza di lei ero come un albero in inverno. Tornai in negozio a finire di sistemare la merce arrivata che ecco sulla porta apparve Marcello “Alfiuccio na parola” fece allungando il braccio destro con l’indice puntato come quando in classe doveva andare in bagno. Solo che questa volta oltre all’indice faceva apparire anche il mignolo “Marcello haiu cuffari” “un minutu chi ci voli” Rassegnato dissi “Sintemu” “Ricordati che poi tu e Provvidenza dovete venire da Don Nino per le prove” “Marcello ma se vi sposate tra sei mesi, che minchia facciamo adesso le prove?” “Alfiu e chi ni sacciu jo! Don Nino ci ha detto che dobbiamo farle ora perché poi è occupato” “Ma chi è l’ASL che pare abbiamo prenotato una Tac che ci vogliono sei mesi per farla?” “Comunque, guarda che viene anche Evelyn” “Ah – feci serio serio – Marcello, non mi dai mai una gioia” “La vita non ne da a me e tu me la cerchi? Comunque è una brava ragazza ci siamo usciti a mangiare ed è veramente una bella persona; Provvidenza le vuole bene, non l’abbiamo mai vista così innamorata e …felice” “Ma ora che sei diventato amico suo?” “Alfiu lo sapevi che finiva così, ci dovevi pensare prima!!! Ni videmu e quattru!” E se ne andò. Lui in fondo era disorientato, come lo era Alessandra e come lo ero io. Che Provvidenza non era più quella di un anno prima e che tutti speravamo che lei trovasse quanto cercava era un sentire comune, ma ora che aveva trovato quell’amore che le mancava, eravamo tutti un po’ persi, perché non sapevamo cosa sarebbe successo, come si sarebbe comportata con Evelyn e con noi.
Alle quattro mi presentai nella sacristia di don Nino e poco dopo arrivarono anche i futuri sposi con Provvidenza ed Evelyn che camminavano mano nella mano. “Che bella chiesa – disse Evelyn – fa venire voglia di sposarsi” “Anche noi abbiamo deciso di sposarci - annunziò felice Provvidenza – ora stiamo pensando un po’ a tutto ma presto manderemo le partecipazioni.” “Ancora non abbiamo deciso niente – fece Evelyn guardando seriamente Provvidenza quasi a rimproverarla –- ora vediamo, devo trovare un lavoro e poi fra due, tre anni vedremo” Provvidenza fece la faccia scocciata, poi si illuminò nuovamente “Adotteremo dei bambini! Saremo una famiglia!” “questo si – fece convinta Evelyn – io voglio un bambino da coccolare con Provvidenza. Una vera famiglia non l’ho mai avuta e se mi sposo la voglio!” Arrivò il vecchio don Nino che appena mi vide si gettò le mani ai capelli “e tu che ci fai in chiesa? Quannu mai u diavulu vinni in chiesa” “Don Ninu non incominciamo, io sono il testimone” “Ah e lo sposo lo sa chi sei tu – e rivolgendosi a Evelyn che gli era vicino - ma lei u sapi che ogni volta che si confessano le sue zite poi mi devo fare una doccia fredda per le brutte cose che dicono?” Evelyn scosse la testa rimproverandomi con lo sguardo; don Nino si accorse che non conosceva Evelyn e le chiese “Ma lei chi è fidanzata cu iddu?” “Io no – fece lei candidamente – sono fidanzata con lei” ed indicò Provvidenza “Ah – commento don Nino – poi osservando meglio Provvidenza spalancò gli occhi – Ahhhhh - ripetè e ovviamente mi ritenne responsabile anche di questo - U vidi se tu fussi statu nu bravu figghiolu a st’ura una di dui era zita cu tia!!!” Incominciammo le prove con don Nino che ci spiegava cosa dovevamo fare e i momenti della celebrazione. Alessandra e Marcello scelsero l’inno all’amore di San Paolo come lettura e finimmo quindi le prove. Evelyn, che era una restauratrice, chiese informazioni sugli autori di alcuni quadri e don Nino incominciò a descriverle tutte le opere della chiesa portandosela dietro di altare in altare con noi che li seguivamo come i cani seguono il padrone. Evelyn gli spiegò come sistemare le cornici tarlate dei vecchi quadri e lui la ascoltò con ammirazione. Alla fine il sagrestano lo chiamò per la messa serale e don Nino ci salutò a malincuore. Arrivato da Evelyn che aveva preso in simpatia le chiese “ma voi due siete veramente zite?” “si padre e ci vogliamo sposare e vorremmo anche dei bambini se Dio ce lo permette” Allora don Nino prese le loro mani e le strinse “nulla è impossibile a Dio specialmente quando c’è l’amore. Isaia 56,47: non dica l’eunuco, ecco io sono un albero secco” e le segnò sulla fronte, poi rivolgendosi a me: “u vidi loro il senso della famiglia ce l’hanno, ma tu….” Ed allargando le braccia se ne andò rassegnato al diavolo che gli era entrato in chiesa. Andammo a mangiare una pizza in piazza duomo commentando l’avversione che don Nino aveva per me e la simpatia mostrata ad Evelyn e Provvidenza.
Il tempo passava ed Evelyn era diventata ormai una figura consolidata del gruppo. Uscivamo spesso tutti e tre e alle varie feste ci presentavamo senza nessun problema, anche se tutti capivano che Provvidenza non stava più con me; la luce delle loro anime felici era più grande di quella crepuscolare che tutti vedevano in me ed io, se devo dire la verità, ne ero contento, ammiravo la felicità di Provvidenza come Michelangelo doveva aver ammirato la Pietà: mi sentivo l’autore nascosto della gioia che mostrava e della bellezza che quella felicità le dava. La sua mancanza piano piano mi pesava ed accettavo di uscire con loro solo per vederla e per annotare, giorno dopo giorno, che il suo amore per Evelyn aumentava. Non riuscivo però ad avere brutti pensieri su Evelyn. Don Nino le aveva chiesto se poteva sistemare alcune cornici della sacristia e lei passava le giornate nella chiesa; all’ora di pranzo o quando c’erano le funzioni, veniva in negozio a parlare con me. Mi raccontò la sua vita; si era sposata giovanissima piena di illusioni e di ingenuità, ma il marito, uno sfaccendato play-boy, le trasmise una malattia venerea convincendola a fare una isterectomia che solo più tardi lei capi essere completamente inutile. Intanto però non poteva avere più figli e da questo le nacque un odio profondo per gli uomini. Ovviamente lasciò il marito ma la sua esperienza la segnò moltissimo perché si era sposata pensando di avere tanti figli come sua madre che era di origine italiana. Invece si ritrovò defraudata dell’amore di madre e della sua giovinezza e resa diffidente verso tutti. Ora però questo suo amore con Provvidenza l’aveva travolta e cambiata; non riusciva neanche a capire come aveva fatto a lasciare la sua vita agiata di Monaco per starsene in un appartamentino di Messina. Ma non ne era pentita e questo me lo disse molte volte. Portava sempre con se un album da disegno pieno di nudi della sua amata, disegni che aveva fatto lei osservando Enza e quando me lo fece vedere, il mio cannolicchio si svegliò improvvisamente come se stavamo giocando con Enza al gioco della pignolata; in quei disegni il corpo di Enza appariva solare ed esplosivo con tutta quella sensualità che aveva quando amava, ed Evelyn aveva saputo coglierla in ogni più piccolo dettaglio; il suo album segreto mi fece capire che Evelyn aveva per Enza un amore totale, quell’amore per cui il mondo esiste solo come cornice e sottofondo dell’amata. Alla fine diventò mia amica visto che il nostro argomento di discussione principale era sempre lei: Provvidenza. La mia ormai ex zita non la vedevo più da sola, ne avevamo modo di parlarci più di tanto. Il tempo passava, Evelyn aveva trovato altri lavori e Provvidenza era impegnata con il concorso per diventare notaio a cui doveva partecipare verso Giugno. La cosa la coinvolse molto ed Evelyn se la prendeva perché si sentiva trascurata. Finito il concorso, se ne andarono comunque a Tahiiti per passare da sole ed insieme le ferie; Evelyn amava Gaugain ed era tanto che desiderava andare in quel posto lontanissimo. Al loro ritorno sempre più felici e sempre più innamorate, le vidi sempre di meno anche perché Evelyn era andata a lavorare in una chiesa dall’altra parte della città e a pranzo non la vedevo più e Provvidenza aveva incominciato a lavorare presso un notaio di Rometta. Ci fu finalmente il matrimonio di Marcello ed Alessandra in una settimana caotica vissuta tutta di corsa che sfociò in una giornata di caldo terribile con don Nino che fece una predica in cui se la prese con chi non pensava all’amore ma solo al suo piacere, cosi che Provvidenza ed Evelyn mi guardavano con riprovazione scuotendo la testa mentre Marcello ed Alessandra se la ridevano. La serata si concluse con bevute a mai finire e il bouquet della sposa finito in mano alle due testimoni. Alla fine però invidiai Marcello perché aveva avuto quello che più di tutto desiderava, mentre io ero ancora, come diceva mio padre “n’aceddu nta l’aria”, cioè senza nessuna idea di cosa avrei fatto della mia vita. C’è una cosa che per l’amore è più deleteria del tradimento ed è la quotidiana normalità, quella che è come la polvere che ricopre le cose e che da belle e interessanti le rende vecchie e banali e questa normalità stava lentamente corrodendo i nostri rapporti allentandoli e svuotandoli. Marcello era ormai impegnato con la famiglia e ci vedevamo per sfuggita e con i minuti contati, Provvidenza era presa con lo studio notarile tra testamenti e vendite di case, Evelyn sistemava vecchie statue tarlate, e confessionali vetusti. Io restavo in negozio dietro a vecchiette che non capivano come funzionava il telefono e adolescenti che volevano l’ultimo modello di cellulare. Sembrava di vivere un'altra vita in cui lentamente stavamo invecchiando, ignorandoci e dimenticandoci. Avevo già adocchiato una ragazza nuova che lavorava nel laboratorio della pasticceria T. i cui cannoli erano eccezionali. Già ero entrato in confidenza e presto mi sarei fatto avanti. Era finito ottobre ed i morti erano appena passati. Era un sabato pieno di vento e di acqua e già dalle sei per strada non c’era nessuno. Stavo raccogliendo gli ultimi cellulari dalla vetrina pronto a chiudere il negozio, e finalmente far finire la giornata noiosa e atona nella sua ottusa banalità. Qualcuno entrò in negozio ed io dissi un “Arrivo” frettoloso. Quando alzai gli occhi la riconobbi: era Provvidenza. Si levò un cappello che la proteggeva dalla pioggia, liberando i lunghi capelli che portava. Era bellissima. Il negozio fu invaso dal suo profumo. “Come stai – chiese sorridendo – Evelyn è andata a casa dei suoi per un paio di settimane, cosi pensavo che potevamo mangiare una pizza! Insieme” “È un’ottima idea – feci contento – chiudo il negozio e andiamo. “ L’osservai attentamente perché era tanto che non la vedevo. Il volto era serio e si mordicchiava il labbro inferiore come quando era nervosa. “Tutto bene?” “Veramente no – disse con la faccia triste – con Evelyn abbiamo litigato, o meglio abbiamo avuto una discussione… niente di serio, per questo se ne è tornata qualche settimana da sua madre… per pensare un po'” La guardai seriamente “Perché avete litigato?” “Perché a Natale volevo dire alla famiglia che a primavera ci saremmo sposate e lei non voleva. Dice che è troppo presto, che dobbiamo pensarci” “e perché vuole pensarci?” “Perché vuole essere sicura… in verità penso che il salto da Monaco a Messina sia stato troppo lungo. Non so se le piace stare qui” “Io non capisco che senso c’è a volervi sposare, non siete come Marcello ed Alessandra che per stare insieme si sono dovuti presentare in chiesa di fronte a mille parenti!” “non capisci, per noi è una conquista…” “Sarà ma se il risultato è farvi litigare che senso ha?” “è che lei ha sempre sognato una famiglia con bambini e sposata secondo i crismi. Si vuole rifare della sua brutta esperienza che ha avuto quando era giovane. Ma proprio il ricordo del suo primo matrimonio la sta frenando: allora fece tutto di fretta senza pensarci troppo.” “ma voi, se vi volete bene, siete già sposate – dissi non capendo il problema, lei però scuoteva la testa - Va bene dai; ne parliamo dopo. Vai dietro che usciamo da li” Lei entrò nel corridoio che portava dritta all’uscita posteriore mentre sui lati dava sullo studio e il magazzino. “Hai fatto bene a venire – dissi contento – Marcello questa sera è dalla suocera e sono solo; andiamo a mangiare al Duomo, poi beviamo qualcosa” Chiusi la porta e spensi la luce lasciando solo quelle della vetrina. Quando mi girai nel corridoio non vidi nessuno. Feci qualche passo e stupito la chiamai “Provvidenza?” Qualcuno mi afferro e mi tirò dentro lo studio che era al buio, mi spinse contro il muro e…. mi baciò. Riconobbi subito le sue labbra, la sua mano, il suo respiro, il calore del suo corpo contro il mio, l’odore della pioggia sul suo impermeabile. Quella sua voglia dominante e decisa che era tanto che non sentivo! Fu come quando liberi un’aquila e questa da che era in una piccola gabbia, a che se ne vola in alto, nell'azzurro libera e felice. Cosi sembravamo nello stringerci e nel cercarci, nel riscoprirci e nell'amarci, arsi l’una dell’altro, accesi dallo stesso fuoco, drogati dallo stesso bisogno, volavamo nel cielo infinito dei nostri corpi, percorrendo strade ben note e che solo ora ci rendevano conto che ci erano mancate. “Evelyn - pensai, ma fu solo un pensiero che affondò subito nel mare della passione e della voglia - se non ci pensa lei, perché ci devo pensare io?” Mi chiesi o forse non me lo chiesi neanche, troppo preso nel farle un torto e nel pensare che non aveva importanza. La spinsi sulla scrivania levandole l’impermeabile. Fu tutto qualcosa in automatico (la sua gonna che si alzava, il pantalone che scendeva) e fatto con passione, (la sua lingua intorno alla mia, il calore della sua pasticceria, quel suo seno morbido come un bignè alla crema) e soprattutto tutto veniva fatto con una grande voglia (il suo desiderio già liquido, il mio ondeggiare metodico e ritmico, le sue gambe che mi stringevano contro di lei, le sue braccia sul mio corpo); non so quanto durò, so che lo volevamo, che tutto accadeva di corsa forse non come doveva accadere e senza un perché apparente, ma accadeva perché per me non poteva non accadere, ed anche se era al buio, di nascosto e in affanno, bruciammo tutto il desiderio che avevamo ed era la cosa più bella che mi era capitata da quando Provvidenza mi aveva parlato di Evelyn. Dopo mi sentii in colpa. Ci si sente sempre incolpa dopo, e per me sentirmi in colpa quando era troppo tardi era una specialità A cena dissi a Provvidenza che avevamo fatto una cazzata, una grandissima cazzata. Lei sorrise, tranquilla come se non fosse successo nulla “No, abbiamo fatto la cosa più giusta che potevamo fare��� e continuò a sorridere per tutta la serata senza voler tornare sull'argomento.
Fatto sta che da quel momento i sensi di colpa mi assalirono. Avevo tradito l’amicizia e la fiducia di Evelyn e questo mi disturbava, mi faceva sentire sporco; proprio io l’avevo tradita che quando lei inveiva contro gli uomini definendoli traditori e incapaci avevo difeso il genere maschile dicendole che non era vero, che non eravamo tutti traditori, sentendomi persino offeso per il suo commento! Non ci dormii per un paio di notti. Lo so, se guardi le vicende precedenti di questa storia assurda, sono certo che non ricorderai di me alcuna qualità o merito: sono bugiardo, superficiale, sempre pronto ad inseguire solo il mio piacere, incapace di porre un minimo pensiero costruttivo tra in mio inconcludente inquilino del piano basso e la pasticceria dell’amante del momento. Però, proprio perché riconosco di non avere nessuna qualità o merito, ci tenevo a quel poco di rispetto che mi ero guadagnato tramite le mie amicizie; senza Marcello e Provvidenza o Evelyn, in fondo non avrei avuto nessuno.
Presi il coraggio a due mani e qualche settimana dopo chiamai Provvidenza dicendole ancora una volta che dovevamo chiedere scusa ad Evelyn perché questo era onestamente quello che volevo fare. Non ero un traditore come Giuda o San Pietro e non mi sarei ne impiccato ne pentito, ma volevo in ogni caso fare qualcosa per rimediare. Lei invece, tutta contenta, mi disse che Evelyn sarebbe venuta la settimana dopo e che aveva deciso di fare come le aveva proposto Provvidenza e di sposarsi a breve. Lei era felicissima. “Come … e quello che abbiamo fatto” chiesi stupito “Ma che conta…. dimenticalo” rispose lei sbrigativa, con quel modo di fare pratico ed essenziale che hanno le donne. Stavo per rispondere, ma lei disse che doveva andare e mi salutò. Preso da sensi di colpa ancora più grandi, quando Marcello passò a trovarmi gli raccontai cosa era successo e lui mi guardò con gli occhi sbarrati. “ma tu … tu si …. si” e non riusciva a trovare le parole per definire la mia vigliaccata tanto era oscena ed orribile, restò qualche secondo sospeso nel nulla, poi continuò: “si na rannissima testa di minchia!! Se lo sa Evelyn lascerà Provvidenza e lei come minimo si ammazzerà….” Poi preso dalla rabbia se ne dopo avermi chiamato in tutti i peggior modi possibili. Insomma, mancavano una decina di giorni a Natale, tutti erano felici ed io ero preso da angoscia e disperazione. Mi chiamò Provvidenza: “ascolta per Natale vieni a mangiare a casa mia con le zie e la famiglia” “Ma no Provvidenza …, mio padre…” inventai sul momento “Porta anche lui…” “Ma no lui è abituato a passarlo dalla zia…” Ci fu uno scambio di telefono e sentii la voce di Evelyn che decisa disse: “Alfio, devi venire, dobbiamo fare un annuncio importante, sia io che Provvi ci teniamo alla tua presenza, parlerà Provvidenza con tuo padre, lo convince lei…” Alla fine lasciai tutto alla decisione di mio padre incapace di dire una parola contraria ad Evelyn. La mia tristezza aumentò. Avrebbero sicuramente parlato del prossimo matrimonio ed io ero l’unica persona che poteva rovinare tutto. Mi sentii più di un verme. Qualche giorno dopo mio padre entrò in negozio dopo il pranzo tutto euforico. Mi disse che aveva sentito Provvidenza e che le aveva detto che lui sarebbe andato dalla zia ma che io sarei stato presente anzi avrei portato anche un dolce di natale. Provai a dire che non volevo lasciarlo solo e lui si arrabbiò, gridando che lo facevo sentire un vecchio rimbambito e che dovevo andare dalla mia zita. Mi rassegnai. Decisi di piegarmi alla sorte in parte contagiato dall’euforia di mio padre che si era messo a regalare cioccolatini a tutti quelli che entravano in negozio invitandoli ad essere felici, in parte consolato dal fatto che tutto quello che avevo fatto con Provvidenza e quella fiammata d’amore che avevo sentito, non importava a nessuno e meno che mai a lei. Arrivando il giorno di Natale mi preparai lentamente come se dovevo andare in tribunale, mentre papà sembrava un galletto e girava per case cantando “una furtiva lacrima”. Prima di uscire mi abbracciò e mi disse di fare “Tanti, tanti, tanti, ma tanti auguri a Provvidenza ed Evelyn” e mi diede il Buccellato che la zia mi faceva ogni anno, dicendomi che dovevo portarlo a lei. Io pensai che si era innamorato di lei e che aveva perso per me ogni considerazione visto che le regalava il dolce che la zia faceva solo per me. Presi anche un enorme vassoio di cannoli e mi diressi verso casa di Provvidenza con la morte nel cuore. Quando entrai nell'appartamento all’ultimo piano, c’erano parenti ovunque. Nel salone dove avevamo fatto la veglia al povero zio Epifanio ora c’era una gran tavolata riempita di cose da mangiare come per un matrimonio, al posto del catafalco dello zio vi era un grande presepe in ceramica di Caltagirone con due enormi alberi di natale ai lati. Vagai un po’ con il vassoio e il Buccellato in mano salutando questo e quello che mi facevano tutti degli sbrigativi auguri: ormai non ero più lo zito di Provvidenza che certificava la “normalità” della nipote, ero quello che l’avrebbe potuta portare sulla buona strada e che aveva fallito. Era questo che più o meno leggevo nei loro sguardi. Mi sentivo il quattordicesimo invitato, quello che si fa sedere a tavola solo perché se no si è in tredici e porta sfortuna. Per loro valevo meno del mio Buccellato che avevo portato e che tutti salutarono con un goloso entusiasmo! Arrivai in cucina ed entrando vidi che c’erano Provvidenza ed Evelyn che stavano aiutando le zie nell’enorme pasto che stavano preparando. Feci appena in tempo a salutarle da lontano che Zia Tindara, che dirigeva la cucina, mi buttò fuori dicendomi di andare a mettere il vassoio di cannoli e il Buccellato sul buffet in fondo alla stanza da pranzo su cui vi erano tanti dolci che si poteva aprire una pasticceria. Arrivò il momento di sedersi e a capotavola si sistemò il papà di Provvidenza e tutti gli zii, zie e cugini si disposero intorno alla tavola imbandita piena di centrotavola, di candele dorate e ricoperta da una elegante tovaglia rossa su cui brillavano piatti costosissimi mentre un esercito di bottiglie di vino completavano la lussuosa decorazione natalizia. Io ero finito alla sinistra del padrone di casa con due sedie vuote prima di arrivare a capotavola; alla mia sinistra, zia crocifissa che parlava urlando con la zia Assunta che non sentiva. Zia Immacolata, vedendo tutti al loro posto disse di accendere le candele che erano sul tavolo e di incominciare a mangiare. Apparvero Provvidenza e Evelyn che erano andate a cambiarsi e che subito comunicarono battendo le mani che dovevano dirci qualcosa di importante. Evelyn aveva un vestito rosso e Provvidenza uno bianco ed erano truccate in modo elaborato come se stessero andando ad una prima teatrale. O ad un matrimonio.
“Voglio dire qualcosa prima di incominciare - esordi Provvidenza in piedi alla destra di suo padre, mentre Evelyn, accanto a lei, le stringeva felice la mano - è una cosa per me ed Evelyn bellissima, che vogliamo condividere con voi…” Guardò tutti quanti sorridendo mentre arrossiva. Evelyn la guardava estasiata “E’ qualcosa che non a tutti forse piacerà - e mi guardò ed io pensai che forse quanto stava per dire qualcosa che mi avrebbe in qualche modo ferito - ma me ne assumo io tutta la responsabilità e in ogni caso ne ho parlato con Evelyn e lei ne è felicissima” La guardò piena di tenerezza mentre gli occhi di Evelyn brillarono “Ecco, ora dirà che si sposeranno ed io non solo non la vedrò più ma sarò anche il Giuda che ha tradito e che non sarà mai perdonato. Ora che si sposano, qualsiasi cosa che ha fatto con me non ha più significato, ma il mio atto, come potrò mai giustificarlo ad Evelyn?” Sentii un terribile bruciore allo stomaco come se l’inferno stesse incominciando a bruciarmi da li. “Ecco io voglio dirvi che ….– incominciò di nuovo Provvidenza ma si fermò esitante e guardò Evelyn che le disse con un sorriso di continuare, così prese coraggio e con un filo di voce aggiunse – aspetto un bambino!”
Sentii distintamente nell'assoluto silenzio, le lancette della pendola muoversi: Tac, Tac, Tac. Poi successe la fine del mondo; le zie incominciarono a gridare e braccia in alto corsero verso Provvidenza per abbracciarla e baciarla, ma erano tante che chi arrivava dopo le altre stringeva, Evelyn come se lei fosse in attesa, ridendo e piangendo nello stesso momento incapaci di trattenere la gioia e le lacrime. I maschi in piedi batterono le mani e qualcuno incominciò ad aprire lo spumante previsto per i dolci. Zia Crocifissa e zia Assunta mi saltarono al collo gridando “Alfiuzzu Alfiuzzu” soffocandomi di baci e pungendomi con i loro baffi. Per un quarto d’ora non si capì più niente mentre zio Ruggero, che era il poeta di famiglia, creò una quartina in rima per inneggiare alla neo mamma anche se nessuno l’ascoltava. Finalmente tutti si calmarono e Provvidenza venne a sedersi alla mia destra e quindi, accanto a lei Evelyn che così era vicina al padrone di casa. Quando Provvidenza si sedette accanto a me io la guardai e lei felice mi baciò con un immediato scroscio di applausi e lacrime delle zie. Solo allora realizzai che sarei diventato papà. Incominciammo a mangiare ed ogni volta che volevo parlarle, c’era qualcuno che alzava il calice per fare un brindisi alla neo mamma, o qualcuno che si avvicinava con il bicchiere in mano per baciarla e farle le sue personali congratulazioni suggerendole di chiamare il nascituro con i nomi di famiglia: Epifanio, Filadelfio, Cateno, e soprattutto Letterio. Io ero stordito e non capivo. Se lei era in attesa, allora Evelyn doveva sapere che io, insomma avevo fatto qualcosa con Provvidenza e allora perché non era arrabbiata? La guardai e lei incontrando il mio sguardo alzò il bicchiere e mi mandò un bacio. Ero nel pallone più assoluto. Non riuscivo a capire e a mangiare, bevevo solo angosciato. Dopo circa quattro ore di pranzo, essendo finite le portate, i dolci, il vino e la lucidità dei commensali, mi alzai lentamente e mi diressi verso il bagno. Mi levai la giacca e mi sciacquai la faccia per riprendermi un po’, dopo tutto il vino che avevo bevuto. Entrò Provvidenza che si avvicinò a me sorridendo “Scusa se non te l’ho detto prima. Sei contento?” “non è che ho ancora metabolizzato la cosa ma penso che devo essere felice” “Tuo padre era contentissimo quando gliel’ho detto. Mi ha chiamato tre volte quel giorno per sapere quando nasceva, se era maschio o femmina e come lo volevo chiamare” Ora capivo tutta l’euforia di mio padre degli ultimi giorni; era il suo grande sogno poter rincominciare da capo con un erede più serio di quello che, purtroppo per lui, al momento aveva. “Ma Evelyn ?” chiesi sotto voce preoccupato. Provvidenza non mi rispose ma guardò la porta come se avesse sentito qualcosa “Evelyn puoi entrare, la porta è aperta” La maniglia restò ferma qualche secondo poi lentamente si abbassò e da una fessura della porta apparve il volto di Evelyn “Posso? non è che state parlando di cose vostre” Provvidenza allungo solo il braccio con la mano aperta ed Evelyn entrò prendendole la mano. Mi ricordai che mi ero preparato tutto un discorso in cui mi prendevo la colpa dell’azione infamante che avevo fatto dichiarando l’innocenza di Provvidenza che non voleva cedere alle mie brame bestiali “Evelyn io….” incominciai “Ma lo sai cosa ha fatto questa pazza della tua zita quando sono tornata?” Fece Evelyn con un tono che bloccò il lungo e fantasioso racconto che mi ero inventato. Provvidenza sorrise e si strinse a lei sorridendo “Mi prende all'aeroporto e mi porta a Venetico, mi fa entrare e mi fa sedere sulla poltrona grande in salotto, prende un cuscino e me lo mette ai piedi e si inginocchia e già io penso a un nuovo gioco erotico; poi prende e mi leva gli anelli e i bracciali dalla mano destra e mi dice “Devo dirti due cose, una forse brutta e una bella, bellissima” Io la guardo e penso che mi voglia dire quanto le sono mancata “La prima cosa è che quando non c’eri sono andata da Alfio e ho fatto l’amore con lui” Io l’ho guardata stupita, poi ho perso il lume della ragione e le ho dato uno schiaffo che le ha fatto girare la testa chiamandola “Putain” e mi stavo alzando per andarmene” Si avvicinò alla guancia di Provvidenza e le diede un bacio “Scusami – le disse – scusami ancora per averlo fatto e per pensato male, poi tornò a guardarmi e commossa continuò – Lei mi strinse le gambe e mi disse: “Non ancora, devo dirti un’altra cosa ti prego. Io voglio bene ad Alfio, non ha molte qualità se non quella che sa amare, che sa porti al centro del suo mondo e donarti tutto l’amore di cui hai bisogno. Non voglio che lui scompaia dalla mia vita come quando si scende ad una stazione e ci si dimentica di chi era seduto nel nostro scompartimento. Non voglio che diventi un ricordo, un amico occasionale, voglio che sia sempre presente nei miei giorni, perché lui ha avuto tanta pazienza con me, la pazienza di chi ci ama e che è disposto a soffrire in silenzio pur di restarci vicino. Ma quello che ho fatto l’ho fatto perché ho pensato a quello che abbiamo discusso prima della tua partenza, allo sposarci tra uno o tre anni. Mentre eri via ci ho ragionato e mi sono detta che non aveva senso. Io sono sicura di te, ti amo come non ho mai amato e come non voglio amare nessun altro. Tu sei ormai il mio mondo, la mia nuova vita, i miei domani, i miei sogni, i miei desideri, il mio respiro e non mi serve un pezzo di carta o una cerimonia per esserne sicura o per avere la certezza di quello che già so; sei già tutto quello che voglio, tutto quello che desidero, tutto quello di cui ho bisogno oggi, domani, sempre: un sempre grande quanto tutta la nostra vita, tutti i nostri giorni ed oltre. Se tu vorrai sposarmi tra tre anni o anche domani, per me va bene se è questo che ti farà stare bene e se è questo quello che vuoi, io però non ne sento più la necessità: tu sei già mia, così come io sono tua. Ho pensato anche a quanto hai detto che sposarsi era un modo per poter adottare un figlio ed essere una famiglia, quella famiglia che desideri, che completerà l’amore che abbiamo. Ma io con le carte ci lavoro e ci vivo e so che non sono le carte che portano i figli, perché i figli sono amore e l’amore nasce dall'amore, così mi sono ricordata di don Nino quando ha detto “non dica l’eunuco: ecco io sono un albero secco” e ho capito che se ti amavo, se dovevo costruire una nuova famiglia con te già da ora, dovevamo avere un figlio nostro adesso, che doveva nascere con l’amore per il nostro amore, perché è questo quello che tu vuoi più di tutto ed è questo quello ci renderebbe veramente una famiglia, senza bisogno di carte e cerimonie. Per questo sono andata da Alfio e gli ho chiesto ancora il suo amore, per poterti dare l’amore che tu vuoi” Io l’ho guardata e non capivo “Mon Dieu, ma cosa vuoi dire?” e lei mi ha sorriso con quei suoi occhioni umidi per lo schiaffo che le avevo dato e mi ha detto “Aspetto un bambino, il nostro bambino” E li ecco ho capito quanto mi amava, quanto il suo amore fosse più grande immensamente più grande del mio, perché lei aveva l’amore delle certezze, quelle che io avevo sempre cercato ed avevo paure ad accettare. Lei vuole darmi tutto quello che ho desiderato, tutto quello che rende l’amore, amore vero. Per avere questo bambino le si allargherà il sedere come quello della zia Immacolata e le verranno delle tette come quella di una mucca, ma non ha pensato a se stessa, ha pensato a noi: è questo il vero amore, il nostro amore” Evelyn si mise a piangere abbracciando Provvidenza e me. “ Ti amo, ti amo ti amo. Non voglio più carte o cerimonie, devo solo amarti come meriti e come voglio” le disse tra le lacrime stringendola Provvidenza sorrise, poi sbianco “Evelyn …..” “Oui mon amour…” “Sto per vomitare…” “Oh mon Dieu…” fece Evelyn che la prese e la portò vicino alla tazza giusto in tempo perché Providenza svuotasse tutto quello che aveva mangiato tra singulti e spasimi “Vado a chiamare la zia “dissi ed uscii di corsa mentre Evelyn le teneva la fronte accarezzandola; a sentire quei conati stavo anch'io male anche se avevo mangiato pochissimo. “Ma petite maman….” la diceva Evelyn accanto a lei. La zia stava giocando a sette e mezzo ma quando senti di Provvidenza scappò verso il bagno seguita da chi non giocava. Portammo provvidenza nel letto dei suoi genitori sempre con Evelyn che le stava accanto parlandole teneramente. Mentre rendeva un po’ di colore guardavo Provvidenza vedendola provata ma felice; le erano venute due occhiaie terribili e pensai a quanto doveva amare Evelyn e a quanto doveva amare anche me anche se in tono minore dato che, invece di farmi andare alla deriva lontano da lei come mi era successo con Giovanna, mi aveva legato a lei per sempre perché non mi perdessi. Perché non la perdessi. Zia Gioconda entrò in camera con il cellulare di Evelyn “C’è stu cosu chi continua a fare pinghe pinghe” Evelyn lo prese in mano “È il promemoria, mia cugina Jenne dovrebbe essere arrivata alla stazione con il bus dall’aeroporto di Catania, Provvidenza l’ha invitata a stare un po’ con noi, poverina non va mai da nessuna parte ed è sempre sola – poi aggiunse seccata guardando Provvidenza - proprio ora doveva arrivare!” “ci va Alfio a prenderla – fece lei sorridendo e mi guardò - Alfio per favore vai tu a prenderla, lascia qui con me Evelyn” “Va bene - le dissi contento di uscire e di poter far qualcosa per loro due – ma come è?” Evelyn stava per rispondere “non ti preoccupare le abbiamo mandato una foto tua, ti riconoscerà lei” rispose velocemente Enza “Ma parla italiano?” “Sua madre è la sorella di mia madre che è italiana, lo capisce perfettamente” fece Evelyn sorridendo. Stavo per andare ma Provvidenza mi richiamò e facendomi abbassare mi disse in un orecchio “Non la portare qui che c’è tutto questo casino, falle fare un giro e appena mi riprendo veniamo a prenderla – poi mi prese per la camicia tirandomi verso di lei – poi ricordati che sono la madre di tuo figlio ed ho diritto a un bacio ogni volta che te ne vai” e mi baciò velocemente. Cosi uscii andando a cercare la cugina. In verità volevo schiarirmi le idee perché erano successe tante cose una di seguito all’altra e mi sembrava di perdere il filo. Incominciai a pensare a tutto quello che era successo da quando avevo conosciuto Enza: la visita a zia crocifissa, Ellen, Annarita e la pignolata, Giovanna e mi sembrò che con Provvidenza, eravamo lentamente risaliti insieme dalle profondità di quel mare di solitudine in cui ci eravamo conosciuti per tornare in superficie a rivedere la luce e respirare. Quando arrivai alla stazione era già buio pesto e vidi che il pullman da Catania, era già li, ma a parte il conducente non c’era nessuno e visto che era già buio e faceva freddo, mi arrabbiai. Mi guardai intorno dandomi dello stupido perché non avevo chiesto il cellulare di questa rompiscatole di Jenne. Pensai di chiamare Provvidenza così presi il cellulare e feci scorrere la rubrica. Qualcuno mi batté sulle spalle e quando mi girai il buio si colorò di rosso. Rossi erano i capelli, di un rosso intenso e ricci come una criniera di leone, rosse le lentiggini intorno agli occhi di un verde marino come quelli di Evelyn, rosse le labbra e grandi mentre sorridevano circondate due piccole fossette sulle guance tonde e dal color della panna montata. Un giubbotto rosa avvolgeva un maglione e dei pantaloni bianchi che illuminavano la piazza di sensualità visto che rivestivano un corpo simile a quello di Evelyn. La guardai stupito e affascinato: era come se Giovanna fosse riapparsa improvvisamente. Un tablet bianco si materializzò tra le sue mani. “Ciao sono Jenne” vi era scritto a grossi caratteri e subito dopo “Sei Alfio?” “Si ciao sono Alfio , non parli italiano?” Dissi parlando lentamente come facciamo quando pensiamo che lo straniero che ci ascolta sia tanto stupido da non capire Fece la faccia di chi è dispiaciuta e si indicò la gola dove vi sono le corde vocali e con la testa fece segno di “No” “Non puoi parlare…” chiesi stupito Faccina triste e ancora “No” con la testa. Il cuore mi fece un sobbalzo, era cosi che mi ero sempre immaginato la mia Giovanna chiusa nel corpo di quell’essere omonimo che aveva preso il suo posto e che da qualche parte la teneva prigioniera nel silenzio più triste. “ma dov’eri andata?” Faccino felice, indicò il bar e si passò la mano sullo stomaco, aveva fame, faccina triste, testa che diceva no: il bar era chiuso. “Ma se hai fame possiamo andare qui vicino, c’è Irrera – e poi con esitazione – ti piacciono i dolci?” Faccina felice con testa che diceva “si” lentamente e con occhi chiusi “Moltissimo” tradussi “Allora mettiamo il trolley in macchina e andiamo. Ti faccio assaggiare il cannolo, lo hai mai mangiato?” “No” fecero i suoi riccioli lasciando una scia del profumo delicato che ha il vento di marzo quando porta la primavera. “il cannolo è come la felicità, lo devi assaggiare - le dicevo mentre mettevo il trolley in macchina continuando a guardarla con la paura che sparisse - è come tornare bambini e sentire le carezze della mamma, oppure - le dissi guardandola negli occhi - è come quando baci per la prima volta “ Lei mi guardò, un piccolo lampo le passò negli occhi e sorrise. “Qui da Irrera fanno i migliori cannoli di Messina, vedrai – le dissi incamminandomi mentre mi seguiva un passo indietro ed io ero tanto contento di averla vicino che non smettevo di parlare – poi verrà Evelyn a prenderti, noi abbiamo finito da poco il pranzo e non penso che questa sera mangeremo, per cui ti conviene mangiare qualcosa ora. Se vuoi poi ti porto a mangiare un po’ di focaccia, la focaccia qui a Messina è buonissima. Se non la vuoi stasera magari domani, ci possiamo vedere domani? che dici, magari andiamo a Taormina. Sei mai stata a Taormina …?” Lei allungò il passo e mi raggiunse e con la sua prese la mia mano e me la strinse quasi a fermarmi in quella corsa dove i miei passi seguivano la velocità, e la gioia, delle mie parole. Mi fermai e guardai la sua mano nella mia e poi alzai lo sguardo per vedere il suo volto. Sorrideva, o meglio, il suo sorriso faceva più luce dei lampioni nella strada e i suoi occhi l’amplificavano come se intorno non vi fosse più Messina e tutto quello che conteneva, ma solo lei. “Jenne vuol dire Giovanna vero?” le chiesi, perché d’improvviso capii che tutto quello che avevo dato a Provvidenza, lei me lo stava restituendo in silenzio, Jenne fece segno di “Si” con la testa e sorrise allargando quelle sue labbra che erano belle come un’alba e pensai che a baciarle sarebbe stato come baciare la panna o un raggio di sole o una nuvola. Lei non lo sapeva, o forse lo sapeva ma voleva che tutto accadesse per come doveva accadere, non sapeva che avrei riempito i suoi sogni di panna, il suo corpo d’amore e che l’avrei rivestita di cioccolato e glassa al limone, avrei farcito di crema pasticcera la sua anima, divorandola, mordendola, leccandola ed amandola ogni minuto della mia vita; lei non lo sapeva, ma forse lo immaginava che lei sarebbe stata la mia cassata ripiena di dolcissimo amore con gocce di cioccolato per la passione e frutta candita per i giorni felici che le avrei dato; lei non lo sapeva ma forse voleva che la portassi vicino al paradiso da cui abbracciato a lei saremmo lentamente tornati su questo mondo come una foglia morta che plana sul prato scivolando nell’aria; lei non lo credeva ma forse pretendeva che le insegnassi a parlare d’amore e le sue parole sarebbero state belle come i biscotti all’anice o i buccellatini, golose come le sfinci di san Giuseppe ed il suo corpo sarebbe stato per me un buffet di piccola pasticceria su cui raccogliere il suo amore, su cui lasciare tutto il mio; lei non ci pensava, ma forse già immaginava che saremmo stati come la pignolata ed a turno ora saremmo stati la passione della cioccolata, ora la tenerezza del limone. Lei non lo sapeva, ma forse lo capiva che io già l’amavo, già da oggi, per ogni altro domani, per quanto è grande e immenso il sempre di cui parlava Provvidenza, per tutta la nostra vita e oltre!
(nota di ferribotti – questo è l’ultimo racconto dell’ingordo verso Natale pubblicherò su Amazon tutta la storia apparsa sul blog, insieme a tre racconti inediti e alla storia di come è nato).
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ㅤㅤㅤㅤ ㅤㅤㅤㅤㅤㅤ 💫⚡ ▹ 𝐃𝐈𝐀𝐋𝐎𝐆𝐔𝐄 new york ⌵ sᴇʙᴀsᴛɪᴀɴ + ʜɪs sɪsᴛᴇʀ h. 18.01 ‧‧‧ 13.02.2022 ㅤㅤ ㅤㅤ ㅤ ʜɪs sɪsᴛᴇʀ « Che muso lungo... » sᴇʙᴀsᴛɪᴀɴ ɴᴏᴀʜ « Josephine, per cortesia. » ʜɪs sɪsᴛᴇʀ « Ho le chiavi di casa, Sebastian. Entro ed esco quando voglio e quando non rispondi al telefono da ore mi preoccupo. » sᴇʙᴀsᴛɪᴀɴ ɴᴏᴀʜ « Non dovresti, come vedi sto bene. » ʜɪs sɪsᴛᴇʀ « Fisicamente, anche se quella bottiglia di scotch... Sebastian, è presto perfino per te. » sᴇʙᴀsᴛɪᴀɴ ɴᴏᴀʜ « Non fare come la mamma. Se hai bisogno di prendere qualcosa, prendilo e vai via, non sono dell'umore. » ʜɪs sɪsᴛᴇʀ « Che cosa è successo? » sᴇʙᴀsᴛɪᴀɴ ɴᴏᴀʜ « Josephine. » ʜɪs sɪsᴛᴇʀ « Basta continuare a ripetere il mio nome, ti sta comportando in modo infantile e questo non è il fratello che amo. » sᴇʙᴀsᴛɪᴀɴ ɴᴏᴀʜ « Si tratta di Lei... Perché ho una mentalità così ristretta? » ʜɪs sɪsᴛᴇʀ « Che cosa è successo? » sᴇʙᴀsᴛɪᴀɴ ɴᴏᴀʜ « Dovrei vedere altre persone, tutto qui. Quando mi concentro su un obiettivo, vado avanti sempre e comunque, non mi lascio distrarre da altre situazioni. » ʜɪs sɪsᴛᴇʀ « Okay... Ma Lei come la chiami tu, non è un tuo progetto, non è il tuo lavoro. E' giusto vagliare anche più ipotesi, farla magari ingelosire, farle perfino capire che è vero che tu ci sei, ma potresti anche non esserci. » sᴇʙᴀsᴛɪᴀɴ ɴᴏᴀʜ « Non ne vedo il senso. » ʜɪs sɪsᴛᴇʀ « Noi donne vogliamo essere corteggiate, ma non vogliamo che sia tutto semplice. Ci annoiamo in fretta così... So che il tuo essere così rispettoso è qualcosa che si annida dentro di te da così tanto tempo che è impossibile da estirpare, ma provaci. Io esco con più uomini, ad esempio. » sᴇʙᴀsᴛɪᴀɴ ɴᴏᴀʜ « E niente coinvolgimento emotivo. » ʜɪs sɪsᴛᴇʀ « Esatto... Sei partito in quarta come per ogni cosa che ti interessa, ma le donne non sono progetti economici, ci sono un sacco di altre variabili da prendere in considerazione. Uscire con più persone, conoscere altre persone non è una mancanza di rispetto è semplicemente la vita, si prendono in considerazioni più strade. » sᴇʙᴀsᴛɪᴀɴ ɴᴏᴀʜ « Continuo a credere che sia una presa in giro per l'altra persona. » ʜɪs sɪsᴛᴇʀ « Dio, sembri il nonno... E pace all'anima sua. Non deve succedere qualcosa per forza. Si esce per andare a cena, per bere anche solo un caffè. » sᴇʙᴀsᴛɪᴀɴ ɴᴏᴀʜ « Ma chiedere di uscire a un'altra persona non è mancanza di rispetto? » ʜɪs sɪsᴛᴇʀ « Lo sarebbe se steste insieme... Ma visto che non è così... Dio, Sebastian goditi un po' la vita, sei vecchio dentro. » sᴇʙᴀsᴛɪᴀɴ ɴᴏᴀʜ « Uhm. » ʜɪs sɪsᴛᴇʀ « E questa la prendo io... Hai già bevuto abbastanza, e ora alzati, io e te ordiniamo una pizza e ci guardiamo il Super Bowl. » sᴇʙᴀsᴛɪᴀɴ ɴᴏᴀʜ « ... Grazie Jo. »
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- 𝑰𝒂𝒏 & 𝑱𝒐𝒔𝒆𝒑𝒉𝒊𝒏𝒆, 𝐓𝐡𝐞 𝐇𝐚𝐧𝐠𝐨𝐯𝐞𝐫 -
La serata non era cominciata nel migliore di modi e, beh, Ian a malapena ricorda il modo in cui è terminata. Tutto ciò che ricorda è Tessie che gli comunica dell’offerta di lavoro ricevuta e Josephine che lo trattiene dall'ordinare la settima birra.
Svegliato da uno sprazzo di luce proveniente dalla finestra, il ragazzo è costretto ad aprire gli occhi. Ha la testa che gli scoppia ed è senza dubbio parecchio disorientato. Si appoggia sulla spalliera del letto e si guarda attorno, realizzando che quella camera da letto non è affatto la sua. Di istinto si volta alla sua destra, e ciò che vede non sono i corti capelli corvini di Tessie. Ian scuote la testa e bussa un paio di volte sulla schiena della ragazza, che ancora mezza addormentata si rigira su sé stessa con la grazia di un elefante fa cadere un braccio sulla pancia del nephilim.
«Cristo… Joey?»
Ian sgrana gli occhi, sbirciando immediatamente sotto le coperte e constatando di avere indosso soltanto un paio di boxer. Che lui e la sua migliore amica abbiano…?
«Uhm… Solo altri cinque minuti!»
Borbotta Josephine tra sè e sè, ancora tra le braccia di Morfeo. Si ritrova infatti a stringere a sé il ragazzo, scambiandolo per un cuscino. Ian è più confuso che mai e, preso dal panico, decide di scuotere ancora una volta la spalla di Joey, costringendola questa volta ad aprire gli occhi.
«Jo, sei sveglia?»
Domanda Ian passandole una mano tra i capelli. Joey, non appena si rende conto di essere accoccolata sul petto nudo del suo migliore amico fidanzato, si allontana sconvolta, rischiando addirittura di cascare dal letto.
«Tu sei fuori di testa, mi hai fatto prendere un colpo!»
«Io? Sei tu quella che si è gettata tra le mie braccia impedendomi di respirare, tu… Cristo. Devo dirlo a Tessie.»
Esclama il ragazzo rendendosi finalmente conto della gravità della situazione, per poi portarsi una mano sulla testa dolorante.
Josephine poggia la schiena sulla spalliera ancora piuttosto confusa, non capendo dove l’amico voglia andare a parare.
«Cosa devi dirle? Pensavo che avessimo deciso di non dirglielo, mi hai detto che eri ancora parecchio confuso a riguardo...»
«Che cosa? Non posso nascondergli una cosa del genere, Jo! Ti è dato di volta il cervello? E per quanto io ti trovi attraente, non penso a te in quel modo. Voglio dire, sei molto sexy e non è così difficile pensare che, con la mente annebbiata dall'alcol, io abbia potuto dire o fare cose di cui pentirmi, ma è impensabile non dire la verità a Tessie. Forse non vorrà mai più vedermi, ma deve saperlo, glielo devo.»
Ian conclude il suo monologo in maniera incredibilmente diplomatica, di fronte allo sguardo estremamente serio della professoressa. È riuscita a stento a trattenere le risate ma, a quel punto, decide di porre fine alle sofferenze del ragazzo, confidandogli cosa è realmente accaduto la scorsa notte.
«Ian, cosa credi sia accaduto la scorsa notte?»
«Io ho perso i pantaloni e tu non indossi il reggiseno, per non parlare dei preservativi sul pavimento! Insomma, è evidente. Che c’è? Non ricordi niente nemmeno tu?»
Josephine si tira su la canottiera del pigiama imbarazzata, evitando di mettere in mostra la scollatura. Subito dopo scuote la testa, lasciandosi sfuggire una risata.
«Io me lo ricordo eccome. Sul serio non ricordi nulla?»
Ian fa cenno di no con la testa, perciò Josephine decide di proseguire con il racconto.
«I tuoi pantaloni sono in bagno, te li sei tolti dopo averci vomitato sopra. Ho provato a convincerti a prendere in prestito una tuta di Ryan, ma mi hai detto che a casa dormi sempre nudo e che volevi sentirti “come a casa”.»
Ian si copre il viso con entrambe le mani, estremamente imbarazzato da tutta quella situazione.
«Mi stai prendendo per il culo, dimmi che mi stai prendendo per il culo...»
«Continuavi a farti portare birre dal barista, all'inizio ho provato a berle al posto tuo, alcune le ho persino rovesciate sul bancone. Ma poi ho capito che ero brilla anche io e, dato che nessuno dei due era nelle condizioni di guidare, ho pensato di portarti qui da me. Insomma… Abbiamo camminato una decina di minuti e arrivati a casa hai iniziato a toglierti i vestiti.»
Josephine continua a ridere sotto i baffi, mentre il nephilim vorrebbe sotterrarsi dalla vergogna. Sta evidentemente ingigantendo la situazione, ma trova il blackout di Ian decisamente esilarante, sarebbe un peccato non approfittarsene nemmeno un po’.
«Ti prego, dimmi che non c’erano i tuoi coinquilini...»
«Soltanto Ryan. Ci ho messo un po’ a fargli capire che non eri salito da me per fare sesso. Ci ha persino lanciato dei preservativi ad un certo punto. “Per ogni evenienza”. Dopodiché ti sei lasciato cadere sul mio letto e sei crollato come un bimbo.»
«D’accordo. Quindi noi non…?»
«Che razza di donna pensi che sia? Non farei mai una cosa del genere a Tess. Non farei mai una cosa del genere a nessuna donna!»
«Oh, grazie a Dio!»
«Ma è bello sapere che mi trovi attraente.»
«Che cosa? Io non ti trovo attraente!»
«Tue parole, non mie. Anzi, per la precisione, penso che tu mi abbia definita “molto sexy”. E che poco fa tu abbia dato una sbirciatina alle mie tette.»
«Impossibile non farlo, con un pigiama così!»
Esclama indicando nuovamente il petto della ragazza.
«C’è un dannatissimo unicorno okay? Un unicorno, un arcobaleno e anche un mini pony nello sfondo. Quindi non puoi assolutamente accusarmi di aver indossato un pigiama provocante. Mi trovi attraente e basta, non c’è niente di male ad ammettere le proprie debolezze.»
«Disse colei che qualche minuto fa ha pensato bene di tastarmi gli addominali con la scusa del “pensavo fossi il mio cuscino”!»
«Se vogliamo dirla tutta, non ti ho scambiato per il mio cuscino. Ti ho scambiato per Mr. Whiskers.»
«Chi?»
«Il mio coniglietto di peluche. Per tua informazione, nessun cuscino ha tutti quei peli.»
«Ti hanno mai detto che appena sveglia somigli ad una strega? Voglio dire…I capelli per aria, le borse sotto agli occhi… Se non fosse per il fatto che siamo amici, me la sarei data a gambe ancora prima che ti svegliassi!»
Josephine vorrebbe ribattere ma, colta da una mancanza di ispirazione, si ritrova invece a ridere alla sua battuta. Tira una gomitata ad Ian e gli rivolge un’occhiata complice, per poi tornare seria subito dopo.
«Senti, Jo... A che cosa ti riferivi allora?»
«Di che parli?»
«Hai detto che non avrei dovuto dirglielo, riferendoti a Tess. Cosa non le avrei dovuto dire?»
Josephine annuisce sospirando. Non vuole intromettersi nelle sue faccende private, ma è giusto che lui sappia qual è il suo parere a riguardo.
«A inizio serata mi hai detto che stavi considerando l’idea di trasferirti a San Francisco con lei. Insomma, fin qui tutto bene. È una tua scelta e se tu sei felice, lo sono anche io. Se non fosse per il fatto che, dopo la quinta birra, hai iniziato a biascicare qualcosa riguardo al fatto che odi tutto ciò che riguarda la California. Il mare, le spiagge, le strade in salita, il Coachella, il Comic Con di San Diego… Hai detto che non avresti mai trovato il coraggio di lasciare sola tua sorella, di lasciare il tuo lavoro, il tuo “secondo” lavoro… Dopodiché hai iniziato a piagnucolare dicendo che un certo Jay è la persona che ti sarebbe mancata più di tutte. Mi sono offesa molto, tra parentesi. In un primo momento pensavo ti stessi riferendo a me.»
«Sul serio ho detto tutte quelle cose?»
«Oh, sì che lo hai fatto! E volevi andare a trovare Tessie in quello stato per parlarle della tua decisione, ma ti ho nascosto il cellulare e ti ho convinto a lasciar perdere. Mi hai detto che non ha un bel rapporto con le persone che bevono, ho pensato che stare qui con me ti avrebbe risparmiato una bella figuraccia...»
«Non sai quanto io te ne sia grata, Jo. Avrei posto fine a questa relazione ancora prima del tempo...»
«Quindi è deciso? Resterai in Illinois?»
«Non posso lasciare Heather, Jo. Non posso fare come hanno fatto i miei genitori.»
Josephine annuisce e poggia una mano sulla spalla di Ian, con l’espressione di chi ha capito che il ragazzo ha fatto la scelta più giusta.
«Andrai a parlarle ora?»
«Più tardi. A quest’ora sarà già in ospedale...»
«Giusto. Caffè?»
Esclama la Cooper dopo essersi alzata dal letto. Lo sguardo di Ian si abbassa inconsciamente in direzione del fondoschiena dell’amica, messo in evidenza dagli shorts del pigiama.
«Come? Sì, sì. Certo.»
«Che c’è? Tutto bene?»
«Niente, il caffè va benissimo.»
«D’accordo. Torno subito!»
Esclama la mora rivolgendo ad Ian uno dei suoi migliori sorrisi.
«Jo, aspetta!»
«Sì?»
«Mi dispiace così tanto che tu mi abbia visto in questo stato...»
«Oh, non devi. Io l’ho trovato esilarante!»
Ammette ridacchiando, per poi voltarsi nuovamente e raggiungere il piano di sotto.
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––––– 𝐏𝐑𝐈𝐕𝐀𝐓𝐄 𝐂𝐎𝐍𝐕𝐄𝐑𝐒𝐀𝐓𝐈𝐎𝐍 ––––– 𝙬𝙞𝙩𝙝 𝙈𝙚𝙡𝙖𝙣𝙞𝙚 « Allora??? Sto fremendo da giorni per sapere la notizia.» «Ah! Così, in mezzo a tutti?» « Ho chiuso la porta... Vuoi infilarti sotto le coperte?» «No! Non voglio! Com'è andato il viaggio?» « ... Bene, sono ancora emozionata e non credo dormirò per il fuso orario.» «È normale... possiamo non dormire in due e messaggiare fino a tardi, sono nella stessa situazione.» « Rischi che cerchi per tutta la notte di farti parlare!» «Va bene, va bene, parlo!» « Mi devi sempre far sudare! » «Io e Jo abbiamo iniziato di tentare, Mela... ad avere un bimbo, io e lui, ecco...» « ... » «...» « Quindi - FARETE UN PUPETTO? » «Questi sarebbero i piani, ecco... ih. Cosa- Cosa ne pensi?» « Penso che un bimbo fuori dal matrimonio... STO SCHERZANDO SONO FELICISSIMA. POTREI ESSERE DI NUOVO ZIA.» «QUANTO SEI CRETINA, MELA! E comunque senti, no- non urlare! Ascoltami, non lo sa nessuno. Io, te, i miei genitori e mia zia, va beh ovviamente Joseph. Voleva parlarne con Richard ma non so quando e se. Quindi per favore non dire niente, okay? Perché... non lo so, vogliamo aspettare per dirlo.» « Non credo che spetti a me spargere la notizia. Anche perché tra il dire e il fare - beh, c'è di mezzo una copulazione ma anche il mare.» «Ecco, appunto- NON DIRE QUESTI TERMINI, ancora non ci posso credere, te lo giuro. Comunque, non ci sentiamo ancora super a nostro agio nel dirlo a tutti, vogliamo che rimanga per un po' una cosa nostra per questo te lo dico. Ecco, però, ih, niente, penso che siamo davvero pronti, sai? Ormai sono quasi nove mesi, e possono sembrare pochi ma sono nove mesi in cui ho capito davvero tanto, troppo forse. E sono così felice di aver trovato la forza e il coraggio di decidermi.» « Più che altro sono felice che ti sia resa conto di poter essere una madre stupenda. Tu sei una di quelle donne nate per avere un figlio.» «Davvero lo pensi? Io ultimamente mi sono sentita incredibilmente materna in ogni situazione della mia vita, più o meno, ed è bello rendermi conto che sai... qualcosa che credevo non mi appartenesse invece posso averla. Grazie Melanie, ci tenevo così tanto a parlarne con te.» « Forse perché sei stata "costretta" ad avere a che fare con Diana e gli altri bimbi. A volte certe cose si scoprono quando meno te lo aspetti, ma sinceramente io ero certa questo momento sarebbe arrivato. Prego piccina, cerca di non cambiare idea!» «No che non cambio idea! Nei prossimi giorni farò i controlli necessari ed è già da un po’ che mi preparo, così da non dover aspettare altri mesi prima di cominciare a provare. Joseph era così felice, spero tanto di esserne in grado... ho un po’ ansia per questi controlli.» « Perché ansia? Sei un fruscello di bellezza e salute. Sono sicura tu sia perfetta fuori e dentro - letteralmente. » «Sei troppo gentile amore... davvero non so come ringraziarti per... tutto questo. Davvero, non potevo parlarne con nessuno che non fossi tu. E giuro che ora la smetto di rompere con questa storia!» _ ₀₅|₀₄|₂₀₁₉ _
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- 𝑰𝒂𝒏 & 𝑱𝒐𝒔𝒆𝒑𝒉𝒊𝒏𝒆 -
«Hai intenzione di parlare? Sei alla tua seconda birra e ancora non hai detto una parola.»
Fa notare Josephine, che ha a malapena ha sorseggiato la sua. Non è sicuramente abituata a girare per locali a tarda notte, ma a giudicare dall’aspetto sbattuto dell’amico, si tratta decisamente di un’emergenza. Ian, dal momento in cui è passato a prenderla, non ha praticamente aperto bocca, se non per lamentarsi della musica che passava in radio o per suggerire all’amica una birra dalla gradazione bassa.
«Hey! Terra chiama Ian!? Se le uscite tra ragazzi sono queste, preferisco lasciare questo arduo compito al tuo amico Liam!»
Ian continua ignorare le parole della ragazza, limitandosi ad avvicinare nuovamente il bicchiere di birra alla bocca e berne tutto il contenuto in un lungo sorso. Dopo alcuni secondi di silenzio, si volta in direzione dell’amica, aprendosi finalmente con lei.
«Si trasferisce a San Francisco!»
Esclama il ragazzo agitando il boccale ormai vuoto, per poi poggiarlo sul bancone e fare un cenno al barista con cui si era precedentemente accordato.
«Chi? Di che parli?»
«Tessie. Le hanno offerto un posto in un ospedale prestigioso della California. Voglio dire, chi sono io per impedirle di andare? Lei -deve- andare. È un medico eccezionale, merita di meglio di una stupida cittadina di provincia, merita meglio di me.»
Raramente Ian lascia che l’autocommiserazione abbia la meglio su di lui, ma al momento sono quelle birre di troppo a parlare per lui.
«Ma cosa stai dicendo? Ian!»
«Dico sul serio! Mi ha detto che è una sciocchezza e che non ha davvero intenzione di partire. Ma andiamo… Perchè parlarmene se non ha minimamente preso in considerazione l’idea di accettare l’incarico? Voglio dire.. Non ha alcun senso. Ed io non posso non farla partire!»
Aggiunge il nephilim esasperato, trovando un briciolo di sollievo soltanto nel momento in cui il barman effettua il terzo refill della sua birra alla spina, che il ragazzo si appresta ad avvicinare alle labbra.
«Frena, frena. Non ho intenzione di portarti a casa strisciando, mio caro!»
Esclama la Cooper strappandogli letteralmente il boccale dalle mani e allontanandolo temporaneamente dalla sua vista.
«Ora raccontami nel dettaglio come sono andate le cose. Tessie ha intenzione di trasferirsi? È assurdo che abbia preso questa decisione senza prima parlarne con te!»
Josephine si concede qualche secondo per riprendere fiato, invitando l’amico a fare lo stesso. Subito dopo porta il boccale alle labbra e beve un lungo sorso di birra, finendo questa volta per svuotare il suo primo bicchiere.
«Abbiamo cenato. Ha cucinato tutto alla perfezione, una cena degna di nota e il tutto senza una motivazione apparente.»
«Parliamo di Tessie, non è necessaria una motivazione per cucinare per un esercito!»
«Sì ma eravamo soltanto noi due, e ha cucinato come minimo quattro dessert diversi.»
«Okay. Questo è un po’ strano. Sbaglio o tende a sfornare dolci quando è nervosa?»
«Esattamente! È ciò che ho pensato io!»
Preso dalla foga del momento, Ian colpisce il bancone con il pugno, attirando l’attenzione di alcuni dei presenti. Josephine afferra prontamente la mano “colpevole”, per poi stringerla non appena il ragazzo glielo concede.
«Hey! Non vogliamo fare brutta figura con dei perfetti sconosciuti. Non è così?»
Domanda la Cooper lanciando un’occhiataccia al ragazzo, che dopo aver trovato un briciolo di buon senso si limita ad annuire.
«Che cosa ne pensi? Sto ingigantendo la cosa?»
Risponde il cacciatore richiedendo una sincera e spassionata opinione da parte della sua più cara amica.
«Sinceramente? Penso anche io che in cuor suo lei voglia partire.»
Ammette abbassando timidamente lo sguardo.
«O forse è soltanto un invito a fare il grande passo e passare allo step successivo!»
Esclama la Cooper, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Ian, d’altro canto, continua a guardarla confusa.
«Dovrei sposarla? Stiamo insieme da meno di un anno!»
«No! No, no! Certo che no! Pensavo più ad un “Andare a vivere assieme”!»
«Tu dici? Ogni volta che le chiedo di passare la notte con me, mi dice che ha un turno la mattina presto, che il mio cuscino è scomodo, che trova inquietante il fatto che Liam a volte la osservi mentre dorme...»
Josephine rabbrividisce soltanto al pensiero e poi scuote la testa, cercando subito dopo di spiegarsi meglio.
«Hai mai pensato forse non è l’idea dell’andare a convivere quella che non la convince? Forse è la tua casa il problema. Voglio dire…Siete tu, Heather, quel provolone di Liam e sua sorella che gira sempre per casa senza pantaloni.»
«Già, a proposito di questo. Sam mi ha assicurato che si fermerà da noi soltanto qualche altro giorno...»
«E tu ci credi davvero? Voglio dire, forse non ha nemmeno preso in considerazione l’idea di partire. Forse è soltanto il suo modo di capire se state facendo sul serio oppure no.»
«Che cosa? Quindi sarebbe una specie di test? Non è possibile. Nessuna donna è tanto contorta! Tantomeno Tess!»
«Tu credi? Farti ingelosire quando vi state “solo frequentando” per ottenere l’esclusiva? Dire che è assolutamente contenta di ciò che avete adesso affinchè tu possa metterle un anello al dito? Rispondere “è tutto okay” al tuo “che succede, piccola?” per farti capire che “sì, c’è un problema bello grosso e devi darti da fare e risolverlo al più presto”. Ti dice niente? Fammi indovinare, ti ha detto che non ha intenzione di accettare quel posto e che non potrà mai pretendere che tu la segua fino in capo al mondo.»
Risponde Josephine continuando imperterrita a sostenere lo sguardo di Ian, che in seguito al monologo della mora annuisce turbato.
«Quindi, nella lingua delle donne, questo significa che...»
«Vuole capire se la ami abbastanza per pensare ad un futuro con lei o se vi state solo divertendo e sì, non ti chiederà mai di partire con lei ma una parte di lei spera che tu lo faccia.»
Conclude Josephine limitandosi a scrollare le spalle, per poi voltarsi verso il lato opposto all’amico e rubare un lungo sorso della tua birra, di cui il nephilim sembra per fortuna essersi dimenticato.
«Hey...Sei brava a capire le donne!»
«Sai, sono una di loro...»
Ian si lascia sfuggire un sorriso, facendo ridere di conseguenza anche Joey.
«Già...»
Ripete il ragazzo per portarsi entrambe le mani alle tempie.
«Jo, che devo fare?»
Domanda infine lasciando sprofondare la testa sul bancone.
«Beh, è semplice. Tu la ami?»
«Certo. Certo che la amo.»
«Bene. Allora ti farò un’altra domanda. Dove ti vedi tra dieci anni?»
«Non lo so, penso che—»
«Non voglio sapere tutto nei dettagli, voglio soltanto che tu lo immagini. Chiudi gli occhi e immagina un futuro in cui tutti i tuoi sogni sono divenuti realtà. Voglio dire, è relativamente facile rispondere a questo tipo di domanda, ma sono poche le persone che associano immediatamente uno scenario del genere ad una persona. Una singola persona. È con lei che puoi condividere tutto questo. Per molti è semplicemente una sagoma confusa, sono in pochi a vedere chiaramente il volto della persona che amano. Allora? È lei? È lei la donna che vedi al tuo fianco? Se è lei, io dico che vale la pena mettere in valigia un paio di costumi da bagno e vedere che succede.»
Ian, che nel frattempo aveva chiuso gli occhi e seguito alla lettera tutte le sue istruzioni, li riapre giusto in tempo per incrociare il suo sguardo nuovamente con quello di Josephine. I due si osservano per qualche secondo in silenzio e poi Ian lo chiede e basta.
«Tu chi hai visto? È Edward l’uomo della tua fantasia? Oppure è il nerd dei giochi da tavolo?»
Josephine sorride e scuote più volte la testa, correggendolo all’istante.
«Non ne sono più così sicura… Vediamo...»
Esclama la Cooper chiudendo a sua volta entrambi gli occhi.
«È un uomo.»
«Questo effettivamente restringe il campo.»
«Sembra un ragazzo alto, affascinante. È molto muscoloso, e qualcosa mi dice che è anche molto intelligente! In pratica ho fatto jackpot!»
Continua a descrivere l’ipotetico uomo della sua vita con un sorriso stampato in volto, cercando di trattenere le risate.
«Biondo o moro?»
«L’immagine è in bianco e nero, ma sono piuttosto sicura che abbia i capelli scuri.»
«Beh, mi sembra evidente che l’uomo dei tuoi sogni sono proprio io.»
Esclama con nonchalance Ian, ritrovando il senso dell’umorismo che solitamente lo contraddistingue. Josephine apre gli occhi sorpresa, per poi tirare una gomitata all’amico non appena apre bocca.
«Ah sì? Mi era sembrato di aver detto “affascinante”. Puoi confermarlo?»
«Certo. È stato proprio questo dettaglio a permettermi di restringere il campo a me, David Beckham e Leonardo di Caprio. Ma sai, poi hai detto quella cosa dei capelli...»
«Non sapevo che avessi un debole per Leo. Sicuro di non aver visto i suoi soffici capelli dorati in quella tua fantasia?»
Josephine rivolge l’ennesima occhiata all’amico, non riuscendo questa volta a trattenere le risate. Ian, di conseguenza, alza gli occhi al cielo e ride con lei, risultando decisamente più tranquillo rispetto a qualche minuto prima. Quando l’espressione giocosa del nephilim lascia spazio ad una leggermente più seria, Josephine si incupisce a sua volta.
«Senti... Tu parlane con lei, sono sicura che troverete una soluzione che faccia felice entrambi.»
Ian annuisce mantenendo lo sguardo fisso sul bancone appiccicoso davanti a lui. Ha capito la sua opinione a riguardo, nonostante non abbia il coraggio di ammetterlo a sé stesso.
«Già, probabilmente la soluzione è più semplice di quando sembri. Magari è semplicemente pazza come tutte le altre donne e questa fantomatica offerta di lavoro nemmeno esiste!»
«Non siamo pazze! Preferisco utilizzare il termine “furbe”.»
«Oh sì. Mi passi la mia birra?»
«Che cosa? Di che parli?»
«Non sono ubriaco, Jo, so benissimo che hai spostato il mio bicchiere laggiù, riesco persino a vederlo!»
«Ti sbagli! Questo è il -mio- bicchiere!»
Esclama Josephine portando il boccale alle labbra e facendo un lungo sorso.
«Ew. È amara! La mia era più buona, sapeva di limone!»
«Già, perché era praticamente una birra annacquata aromatizzata al limone.»
«Prego, è tutta tua!»
Esclama ancora disgustata dal sapore della birra dell’amico. Finalmente l’umore di Ian sembra essere migliorato. La notte è ancora giovane e si prospetta una serata molto interessante.
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𝑱𝒐𝒆𝒚 & 𝒀𝒂𝒏𝒂 - 𝑨𝒍𝒕𝒆𝒓𝒏𝒂𝒕𝒊𝒗𝒆 𝑼𝒏𝒊𝒗𝒆𝒓𝒔𝒆 (𝑮𝒆𝒏𝒅𝒆𝒓 𝑩𝒆𝒏𝒅𝒆𝒓)
« Accettalo. La nostra chimica è innegabile.»
Esordisce Joey tentando di rimanere il più serio possibile.
«Okay, lo ammetto. Lo trovo strano ed incestuoso almeno quanto te, ma perlomeno potresti evitare quell'espressione disgustata! Ne va del mio orgoglio!»
«Credo tu abbia aspirato troppo inchiostro di fumetti e ti abbia dato alla testa, sai? Insomma, lo so che sono bellissima, ma questo non ti autorizza a provarci con me ogni volta che usciamo insieme. Siamo amici, Jo. Accettalo.»
Yana scuote la testa, scoppiando poi a ridere. E' ovvio che lo sta prendendo palesemente in giro.
« Il "patto dei quarant'anni"? Andiamo, come Ted e Robin in How I Met Your Mother! Almeno eviterò di morire triste e solo, con la sola compagnia dei pronipoti del piccolo Barney, che a differenza mia avrà messo su famiglia...»
«Mmh, beh io ti consiglio vivamente di cercare anche qualcun altro con cui fare il patto perché non c'è proprio speranza che io sia ancora disponibile... Ma va beh, avere una sicurezza alle spalle non fa mai male, quindi vada per il patto dei quarant'anni!»
« Bene, vorrà dire che inizierò a compiere qualche rito voodoo per eliminare la concorrenza! »
« Ehi! Non essere un bullo! Se proprio proprio, posso sempre chiedere una relazione aperta e viviamo tutti e tre insieme! Non c'è bisogno di far fuori tutti i miei possibili "amori della vita"»
« Ma poi dove sta il divertimento? Te lo ripeto, un giorno mi farò ibernare come Captain America, tornerò dopo un paio d'anni - non mi potrei mai farvi aspettare troppo - super pompato e di una decina di cm più alto e ucciderò tutte le persone che intralciano la mia strada. Quindi stai attenta agli uomini che scegli, potrebbero non andarmi a genio! »
Non sa esattamente quanto questo discorso possa centrare con la storia del patto, ma non è una novità che Joey si ritrovi a blaterare letteralmente di tutto ciò che gli passa per la testa.
«Mmh, okay... Mentre sei congelato però trova anche il modo di farti spuntare una bella tartaruga... O piuttosto mi faccio suora!»
Lo prende in giro, facendogli una linguaccia e scoppiando subito dopo a ridere.
« Che bello sapere quanto sia alta l'opinione che hai del tuo migliore amico! Insomma, sai come si dice "gli amici ti amano per quello che sei, non cambierebbero una virgola di te e dei tuoi addominali non esattamente scolpiti!"»
Esclama Joseph con fare teatrale, ovviamente con una giusta dose di ironia.
«E come amico sei perfetto così... Ma se vuoi sposarmi in futuro, devi almeno darmi qualcosa di bello da toccare! Mi sembra il minimo!»
Ridacchia, sfoderando poi uno sguardo fintamente ammiccante.
«Insomma, dovremmo anche fare dei figli... E' roba seria! Ci hai pensato a questo /piccolo/ dettaglio, mentre mi proponevi il tuo patto?»
Osserva bene il ragazzo, senza staccargli gli occhi di dosso, per il gusto di percepire il suo disagio e non perdersi nemmeno un minimo cambiamento nel suo volto.
« Allora mi impegnerò, promesso. Diventerò un uomo degno di essere toccato da te. Okay, non sembrava così strano prima di dirlo ad alta voce... »
Si gratta la nuca, dopo essersi conto di aver parlato a vanvera come suo solito. All'affermazione della mora, Joseph quasi si strozza con il suo frullato.
« Che cos--? Oh mio dio. E' strano, molto strano. Io...te...nudi. AHH! Cristo! Adiamo, figurati se a quarant'anni sarai ancora sessualmente attiva.. sarai, praticamente una donna anziana, una di quelle signore che aiuto con le borse della spesa fuori dal supermercato! »
Esattamente come aveva immaginato. Il ragazzo è completamente impazzito e quella visione diverte, forse fin troppo, Yana, che proprio non riesce a trattenere le risate. Una volta ripreso fiato, scuote energicamente la testa e torna a guardarlo con insistenza.
«Primo, sarò una quarantenne incredibilmente sexy! E onestamente spero di cuore che non mi sarà passata la voglia di fare sesso... Lo spero anche per te, in effetti... Potrei essere estremamente isterica, altrimenti! Secondo, un figlio lo voglio, ehi! Almeno uno!»
Joey alza gli occhi al cielo, consapevole di dover accettare le condizioni di Yana, se proprio vuole andare avanti con questa folle idea.
«Sai che sono un inguaribile romantico… Se dobbiamo fare questa cosa bisogna farla per bene.»
Jo ruba l’ultimo anello di cipolla dal piatto di Yana, per poi infilarlo al dito dell’amica con aria teatrale.
«Vuoi tu, Yana Harris, essere la mia moglie di riserva?»
La ragazza sventola la mano, fingendo di andare in iperventilazione.
«Sì, sì e sì! Ma...Solo se prometti di caricare la lavastoviglie!»
« A patto che sia tu a cucinare. Lo sai che non so nemmeno scaldare il latte! »
«Direi che è una cosa equa... Tu però dovresti proprio imparare a cucinare. Gli uomini che cucinano sono incredibilmente sexy!»
« Ho provato a fare una bistecca l'altra sera, l'olio mi è quasi schizzato in un occhio.. »
«Oddio, ma sei pessimo! Per carità... Vai ad un corso di cucina... O fa finta che la cucina non esista e smettila di usarla... Non voglio perderti ancora, sei troppo giovane per morire!»
« Mi bandirebbero ancora prima del termine della prima lezione! E probabilmente munirmi di estintore… Sai, per ogni evenienza. »
Yana lo guarda incapace di trattenere le risate, immaginando l’esatta scena nella sua mente. Già… Sarebbe decisamente un disastro.
« Direi che è meglio evitare. »
« Già… Tanto con una moglie efficiente come te non ce ne sarà bisogno! »
Esclama afferrando nuovamente la mano di lei e stringendola dolcemente.
« D’accordo... Se vogliamo farlo davvero, dobbiamo fare le cose in grande! Un solo figlio potrebbe sentirsi solo, ne serve almeno un altro per fargli compagnia! E se dovessero uscire due maschi o due femmine ci toccherà continuare fino a quando con ne nascerà uno dell'altro sesso.»
« Ah, però… Ci hai preso gusto, vecchio marpione!»
« Hey, sei tu quella che ha insistito tanto per avere un figlio con i miei geni, ora ne paghi le conseguenze! »
« Perché voglio un figlio. Però magari lo possiamo adottare...»
Si da un colpetto sul mento, fingendo di riflettere.
« Sì, credo che sia l'opzione migliore! »
« Ma io lo voglio con i tuoi occhi, la tua bellezza, la mia passione per gli anime, le serie tv e i fumetti e -soprattutto- con il mio quoziente intellettivo. Come la mettiamo? »
« E poi dici di non essere perdutamente innamorato di me... »
Sospira, scuotendo appena la testa. A volte proprio non riesce a comprendere se Joey la prenda in giro o sia serio.
« Io lo definirei un modo alquanto velato per darti della stupida, ma tu interpretalo come meglio credi... »
Esclama Joey divertito, e ovviamente ironico, alle parole di Yana. E' ovvio che la trovi bellissima, ma non è da lui darle certe soddisfazioni. Yana ripensa mentalmente al discorso del ragazzo e allarga le labbra in un'espressione sorpresa.
« Brutto... Grande... Tu... Ahhhh. Basta. Tra noi è finita! »
« Come siamo suscettibili, mamma mia! Ti ho soltanto fatto pensare a come avrebbe potuto interpretare una frase del genere una persona con il quoziente intellettivo più alto del tuo. Non significa che intendessi dire quello! »
Cerca di sistemare le cose, non facendo altro che scavarsi la fossa da solo con quelle parole di troppo.
« Morirai da solo mio caro, così impari!»
« Cosa? No! Che ne è stato del nostro matrimonio fallimentare, del corso di cucina, della lavastoviglie… E dei nostri 10 figli? Sì, sto dando per scontato che tu abbia qualche strana predisposizione genetica che ti porti a partorire soltanto figli maschi.. »
« Dieci... Cos--?! Senti, signorino! Facciamo il primo figlio e poi quello dell'altro sesso lo rubiamo a qualcuno...»
Joey non è del tutto convinto, ma dopo essersi fermato qualche istante a fissare la mano della ragazza, un certo languorino interrompe i suoi ragionamenti.
« Yana...Ho fame. Potrei riavere quell'anello di cipolla?»
« Te lo scordi! Questo anello di cipolla sigilla il nostro accordo, se hai fame ordini altro cibo»
« Siamo fidanzati da pochi minuti e già punti a farmi sperperare tutto il mio patrimonio! »
« Beh, è il mio lavoro! »
« Ah, in che guaio mi sono cacciato! Mi sa proprio che riprenderò a fare il tifo per te e Trevor, investire nel nostro matrimonio non mi conviene! »
« Vuoi già silurare? Pessimo, pessimo Joey. Non si illudono così le donne!»
« Hey, sei tu la donna con troppe pretese! Io ci provo a venirti incontro, ma non ho alcuna intenzione di rinunciare ai miei fumetti per provvedere a te e ai nostri 10 figli! »
« DUE! Solo due! »
Lo corregge Yana, additandolo con l’indice destro.
« E a me non sembra di avere grandi pretese... Voglio solo una bella casa con piscina, elettrodomestici e la signora delle pulizie tre volte a settimana... Insomma, il minimo! »
« Che ne dici di una vasca molto grande e della signora delle pulizie una volta a settimana? »
« Due volte. Prendere o lasciare.»
Controbatte Yana, con aria di sfida. Joey ricambia quello sguardo accigliato, ma poi decide di non scendere alle sue richieste.
« Sai che ti dico? Questo matrimonio non s’ha da fare. Chiederò a Rachel Driscoll, lei ha più spirito di adattamento.»
Annuncia infine con in indifferenza, lasciando Yana sbigottita.
« Mi rimpiazzi così? »
« Oh sì, cara. »
« Sai che ti dico? Riprenditi questo anello da pezzente! »
Esclama sfilando la cipolla dall’anulare.
« Tre dollari e settantacinque di pura goduria. Non sminuire il mio gesto d’amore! »
Yana ci ripensa, e invece di sfilarlo e basta avvicina lentamente l’anello alle labbra.
« Non oseresti. »
La sfida Joey, fingendosi estremamente sconvolto da un simile gesto.
« Beh… Guardami.»
Risponde con nonchalance Yana, portando la cipolla fritta alla bocca e masticandola con gusto.
« Tu… Non meriti il mio amore. Sei un’ingrata!»
« Ma se mi avevi appena scaricata!»
Joey si alza in fretta e furia dalla sedia, simulando un’uscita di scena drammatica,
« E per la cronaca, il prossimo passo sarebbe stata una tiara di caramelle gommose! »
Aggiunge per poi voltarsi in maniera teatrale, di fronte ad una Yana rimasta senza parole.
« Tiara gommosa hai detto?»
Domanda la ragazza seguendolo mentre abbandona l’edificio, nonostante Joey finga di non riuscire a sentirla.
« Possiamo ripensarci. Posso… Credo di poter essere la donna giusta per te! Ma che dico? Non lo credo... Io lo so! »
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