#piccolo baffo
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francesco-nigri · 1 year ago
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Piripicchio
Piripicchio Piripicchio Nè palchi vellutati nè applausi di poltronebasta l’abbraccio al viale che ne fa piazzal’ulivo marinaro retato canta di vita al remodi mani in piedi fila la strada che si fa arte Fila di passato e stocca all’intime paretisnocciola d’amori ne fa pane olio e panericcio di lontananza e via con quel saporedi poco s’ama e resta come sale al mare Elegante la polvere che…
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uberflussigermann · 8 months ago
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Un uomo come tanti
Vecchio che soffre (sulla soglia dell'eternità)
⠀6:21
Il mattino scivolava placidamente sui tetti, illuminandoli a sfregio, intiepidendo le strade e destando le genti.
È qui, affacciandoci a una finestrella qualsiasi, che notiamo un signor nessuno, ma che può esser chiunque. Si sveglia di buon'ora, come solito suo, per farsi baciare dai primissimi raggi di sole. Sbuffa una nuvola di fumo macchiando l'aria e osserva la pipa che si rigira tra le tozze e fredde dita, da cui filtra la luce chiara dell'alba che, goffamente, gli finisce negli occhi, quei suoi occhietti incurvati e vitrei, intrisi d'una malsana umidità.
La finestrella da cui s'affaccia lo incornicia come un'opera d'arte, un uomo piccolo che gode della calma del mattino silenziosa e perfetta che lo fa sentire tranquillo. Sa di poter esistere industurbatamente, anche in quella sua miserabile autocommiserazione, dove spesso si crogiola. Non gli piace dover dare spiegazioni: è per questo che ha cominciato a disprezzare tutti, oltre che sé stesso. Salvo questo suo rancore appariva, dopotutto, un simpaticone, bello paffuto, con due baffoni ispidi che gli si posavano sul labbro; gli occhi piccoli che scomparivano nel suo viso davano un'immagine amichevole di lui, pareva un mansueto e rispettabile omuncolo, con niente di veramente particolare ma comunque indimenticabile.
Nell'insieme era, dunque, una buffa maniera della vita di rappresentare la malinconia, con quel baffo bianco e l'occhio piccino, con la pipa tenuta tra le grasse dita e l'aria sporca del suo sbuffare.
Posso ben vedere un riso comparire sul vostro volto, perché compatite quest'uomo ma lo trovate troppo adorabile per prendere sul serio il suo malumore. Così, di conseguenza, lui si atteggia da signorotto per bene, allegro, ma sempre si percepisce in lui una sorta di affanno per la vita frenetica di città (o, in generale, per la vita, ma il passo è breve).
Posa ancora per qualche minuto nel quadro della sua finestra e poi si prepara, quasi si affretta come fosse in ritardo: la vita lo aspetta!
Si mette il suo bel completo, parendo un'uomo di tutto rispetto, con la camicia un po' sgualcita di chi, sgraziatamente, s'è dimenticato di stirarla. Passa per poco nel bagno, il tempo di lavarsi i denti e sciacquarsi il viso; s'osservò con cura gli occhi stemperati, si disse di non valere nulla, poi volse lo sguardo altrove e finse di vivere ancora una vota.
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unfilodaria · 10 months ago
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Ai sei gradi di separazione ci avete mai creduto? Stasera ho avuto l’ennesima riprova dell’esistenza di questo principio.
Ho conosciuto una persona in questi giorni, disastrata come me (non sono gli opposti che si attraggono ma i disastrati). Ci stiamo conoscendo e raccontando. Comincia a starmi a cuore. Abbiamo un’amica in comune, la flautista, disastrata anche lei ma eccentrica e fuori scala, che ci ha fatto conoscere.
Stasera esco con la flautista per assistere ad una presentazione di un libro (non vi dico chi è lo scrittore, ormai non più emergente, perché è un pessimo intrattenitore). C’é la città da bere, quella che io odio, ma va da sé che in un buco di città, come la mia, quando c’è un evento la gente che “conta” e vuol farsi vedere corre a presenziare, anche se non gliene fotte un cazzo. Ci sediamo, parliamo, arrivano altre sue amiche, una che conosco perché amica di altri amici (insomma paesone for ever). Ma I legami tra di noi, almeno per ora, sembrano labili, quasi inesistenti: semplicemente qualcuno conosce qualcun altro.
Quella delle due che conosco di vista, ha un bambino piccolo, bellissimo. Mi scatta come sempre l’istinto da zio. Ho un particolare feeling con i bambini. Ne avrei voluti un bel po’. Giochiamo, il bimbo si diverte, lo prendo in braccio, si sta, ride di gusto. Dieci mesi di pupo, fatto di baci e mozzichi. Chiedo di fotografarmi col pupo. Nel mentre parlo con la madre, per cercare di ricostruire il grado di conoscenza. Siamo entrambi grandi amici di una coppia di librai indipendenti, che hanno casa e attività lontano da qui. Questi amici librai mi sono molto cari: praticamente mi hanno adottato e mi hanno salvato dai momenti bui di solitudine. Dilungandomi con la mamma del pupo nelle spiegazioni, esclamo senza pensare: “vabbè li ho invitati (i librai) a cena giovedì prossimo, saremo in otto, vieni anche tu col bimbo e marito” “si, con piacere” e in tutto questo dimentico che:
a) tra gli invitati c’è l’amica disastrata conosciuta da poco;
b) nemmeno cinque minuti prima la flautista mi aveva accennato che la neo mamma, aveva soffiato il compagno all’amica disastrata e che a sua volta era stata lasciata.
Sangiuliano a gaffe mi fa un baffo e i gradi di separazione cominciano ad evidenziarsi pericolosamente.
Sempre dimentico di tutto quello che mi è stato detto e fatto e non contento per nulla delle stronzate fatte, preso dall’entusiasmo del pupo, dell’effetto zio, della bella foto, della cena che diventa interessante, ecco la genialata finale: inconsapevolmente, lo giuro, invio la foto di me e del pupo sorridente alla cara amica disastrata con didascalia aggiunta “mi dona vero?”
La flautista, con la coda dell’occhio, vede tutto, capisce tutto e mi fulmina con un “che cazzo stai facendo? Hai capito a chi ha inviato la foto?”, Solo allora realizzo della stronzata dell’invito a cena, del pupo che l’amica potrebbe riconoscere per “figlio di” e fanculizzarmi in maniera sacrosanta a vita. Uccidetemi, non ho scusanti.
Blin! Messaggio wzp dell’amica disastrata “Bello, di chi è il bambino?”
“Ehm, di vicini di tavolo che me l’hanno appioppato”
Parla d’altro. Ci avrà creduto? Non lo so.
Ma che cazzo!, scendo in città dopo mesi e:
- incontro la ex che non volevo e non voglio incontrare
- conosco due nuove persone di cui una che è madre di un bellissimo pupo e che ha amicizie con amici comuni distanti km
- invito la madre, amica degli amici in comune, ad una cena dove ci saranno gli amici in comune e la persona che mi sta diventando cara
- dimentico in tutto questo che ho appreso pochi minuti prima che la madre del pupo é colei che ha mandato a puttane la vita della persona a me cara, soffiandole anni prima il compagno
- non contento, invaghito del pupo, e in stato di totale incoscienza mando la foto alla persona a me cara e la flautista, giustamente, mi vuole morto
A quel punto De Crescenzo mi avrebbe chiesto a voce alta e dinanzi a tutti i presenti “Sei o non sei un imbecille?”
Ed io, a mani giunte e con lo sguardo rivolto in alto, “Sono un imbecille”
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messaggioinbottiglia · 2 years ago
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Piccolo momento dei bilanci, perché alla fine ogni occasione è buona per tirare le somme. Questo 2022 è stato faticoso, pieno di giornate intense e devastanti, ma nonostante tutto mi ha regalato una miriade di bei momenti. Scorrendo le immagini del rullino fotografico mi balzano all’occhio gli scatti degli spritz a Venezia, delle mostre a Padova e delle freddolose passeggiate lungo le vie di Torino. Scorgo i nostalgici paesaggi collinosi della mia Umbria e i palazzi svettanti della grigia Londra. Vedo le facce di persone che ho conosciuto da pochissimo tempo e in qualche modo posso già considerare indispensabili. L’orizzonte marino che si scalda coi raggi dell’ennesimo tramonto e delle improbabili scelte stilistiche in cui combinavo il baffo a manubrio con uno spavaldo mullet. In un certo senso mi sembra incredibile che sia tutto quanto successo in un solo anno, che 365 giorni possano racchiudere una mole così voluminosa di eventi, eppure eccomi qua a parlarne. Mi son sembrati 12 mesi in cui son stato meno solo e forse è questo l’aspetto maggiormente positivo, sebbene ovviamente l’amore sia andato come al solito in maniera disastrosa. Non ho grossi propositi o desideri quindi per il 2023, spero solo che non sia troppo diverso da questo suo cuginetto che volge rapidamente al termine. 
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sononatastanca · 3 years ago
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da mesi cerco di esprimere come mi sento dentro, ma non riesco. mi risulta difficile mettere insieme le parole, le emozioni, come se non sapessi più descrivermi. è devastante, è annichilente, ma stasera mi è apparso un post del baffo e ho provato un piccolo senso di sollievo: è così che mi sento, il mio dolore interiore ha voce.
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tashaodinsbane · 5 years ago
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                                                Chocolate  Bite 01.09.76  Cerimonia Smistamento .
[...]Niall si allunga in avanti per prendere tra le mani quella fetta di torta che trasuda di crema e mousse.”Per Loki quanto è buona!”
M.M.: “Hai un po’ di faccia in mezzo alla torta,per dire”
N: “Il tovagliolo” esclama allungando la mano,cioccolatosa, verso l’altro.E sì,la torta è finita e quindi lui si cuccia le dita della mano non allungata ,per poi passare la lingua sulle labbra e nella zona dei baffi. Non sembra interessato alla pulizia del viso ma piuttosto a prendere ogni briciolo o rimasuglio di torta.
Gli occhi di Tasha finiscono per seguire i gesti di Niall che comincia a ingozzarsi e finisce pure per sporcarsi il baffo. Scoppia a ridere ma le esce fuori un verso strano perché per poco non si strozza con il gelo di limone. Il karma! Comincia a tossire e va subito in cerca del calice d’acqua. Gli occhi però tornano a sbirciale Niall che,santo snaso,si sta leccando le dita cioccolatose. Un altro eccesso di risa le fa quasi uscire l’acqua dal naso e la spiritosaggine le passa subito.Arrossisce e tenta di far finta di nulla.
N:”Qualcuno le ha incipiato un Dagaz addosso” 
Tasha deglutisce ancora e prende un fazzoletto per asciugarsi le lacrime.O per seppellirci la faccia.Che magra figura. Sposta lo sguardo su Niall e che fa quello?Si lecca ancora le dita. Una ad una. Avendo ascoltato il discorso dei due sul Quidditch un sorriso beffardo le compare sul volto e gli occhi grigi le si illuminano di una luce ambigua “Forse se usassero le torte al posto delle pluffe si proporrebbe come portiere”.
N:”A quel punto le pareri con la bocca” Apre la bocca al suo massimo,fregandosene di far vedere l’ugola, i denti,la lingua e tutto il resto.
T: “Ora sei ben pulito?”
N: “Vuoi pulirmi tu?”
Tasha sbatte le palpebre più volte e resta imbambolata a fissarlo. Ha capito bene?Ma poi eccola a trattenere un sorriso e,accipicchia sì,lo vuole fare. Sorprendendo anche se stessa si alza in piedi ,scavalca la panca e si avvicina ai due ragazzi. Le gote lentigginose si stanno già arrossando al pensiero di quello che sta per fare. Ma quando si mette in testa una cosa...Una volta raggiunti i due concasati,Tasha allunga una mano per prendere quella di Niall ,quindi si china in avanti verso di essa e porta le sue dita vicino alle proprie labbra.Resta qualche secondo lì mentre il cuore le batte a mille e gli occhi grigi vanno in cerca di quelli di Niall .E poi?Beh,poi apre la bocca e in una veloce mossa mostra i denti e gli dà un bel morso.Che si aspettava?
N:”GNN” alza un po’ la voce lamentandosi del dolore seppur con l’altra mano cerca di farla allontanare. “Vuoi provare di nuovo la mia magia?Su di te?” Chiede soffiando dalle narici.  E quel dito andrebbe nella sua bocca,come se nulla fosse “E c’e qualcuno che ora direbbe che questo vale come un bacio”.
T:”Pensavi davvero che ti avrei pulito leccandoti?”Esce la lingua in una smorfia “Che usanze avete lì da voi?”Ritira la lingua velocemente. No,non ci tiene a beccarsi un altro Languelingua “Dai,cosa vuoi che sia un piccolo morso. Non ho mica la rabbia. O forse sì?”
N: “Sicuramente la rabbia me la fai venire a me”
T: “Non sei mai stato baciato,vero?”
N: “Tu sì?” Rigira la domanda cercando di porsi sempre più vicino a lei. Essendo dal lato del muro cerca di indirizzarla in quel punto,come a non darle via d’uscita. Ed è a quel punto che tira fuori il dito dalla bocca per cercare di passarlo sulle labbra dell’altra mentre i suoi occhi azzurri fissano il suo volto. E dopo quel dito,si avvicinerebbe a lei così tanto da cercare di morderle il labbro inferiore. È un bacio?Nah.
Lei cerca di indietreggiare ma lui continua ad avanzare. Sembrano quasi due gatti pronti ad azzuffarsi. Arriccia il naso ,come fa sempre quando è nervosa e con gli occhi cerca una via di fuga. Ma il muro dietro di lei le fa capire di essere arrivata al copolinea. E lui non smette di avvicinarsi. Tasha prende un respiro e resta immobile mentre lui le passa il dito sulle labbra. E ora che fa?La affattura?Oh,sì ma senza bacchetta. Gli occhi grigi di Tasha si spalancano mentre fissano quelli azzurri di lui ,capendo troppo tardi dove vuole andare a parare. Quando le labbra di lui si avvicinano a quelle di lei,Tasha trattiene il fiato.  Ma non appena sente i denti di lui sfiorarla,lei tira indietro la testa così velocemente da sbattere la nuca contro il muro. “Ma sei matto?Mi hai fatto male”. Ma sì,diamo la colpa a lui.
Destra,sinistra,sinistra,destra,su e giù,giù e su. Sembra quasi uno schema da rituale. Lo fa piano comunque,muovendo quelle labbra mentre lui si umetta le sue, perché sarà apatico ma qualcosa prova eh. La vicinanza con una femmina,per quanto possa trovarla insignificante e più una piaga,è pur sempre un qualcosa a quell’età.Ma eccoci poi alla mossa suicida,con Tasha che tira indietro al testa sbattendola a muro e Niall che alza un sopracciglio. Le scoppia a ridere in faccia,sputando pure qualcosina, perché non se l’aspettava e poi perché quella scena è qualcosa di stupendo. “Che troll”
Ed ecco che la magia si spezza e lei quasi non si spacca il cranio contro il muro. Esagerata.  “E tu sei uno schiopodo” Vorrebbe dargli uno schiaffo ma quello se ne va via prima che lei possa alzare un dito. Sedotta e abbandonata. Arriccia di nuovo il naso e lo imita tornandosene al suo posto. Non lo degna di un’occhiata per il resto della serata.
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microletteratura · 6 years ago
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Ossitocina
Confondere l’ossitocina con la citrosodina è un attimo, persino il compilatore automatico ha le sue difficoltà a riconoscere i termini. Voi sapete di che si parla, sì? La citrosodina non è altro che idrogenocarbonato di sodio, il caro vecchio bicarbonato che le mamme accorte usano per pulire la frutta e la verdura; l’ossitocina, invece, è quell’ormone che, tra le altre cose, aumenta durante quello che delle mamme vieppiú accorte tendono a definire un amplesso coi fiocchi.
Mi capita sempre, alzarmi dopo un lungo sonno ristoratore e avere in mente questo tipo di idiozie. Ristoratore si fa per dire visto che lavoro quaranta ore la settimana, al mattino mi sveglio all’alba per preparare i miei due figli per la scuola materna, convincendoli con trucchetti e mezzucci a fare colazione, indossare abiti decorosi e non costumi di Halloween, ingannarli circa il malfunzionamento del televisore ed uscire comunque in ritardo accumulandone di ulteriore una volta arrivati e trovando all’ingresso la più cattiva delle spose di dio che mi scocca occhiate furenti, biasimandomi come madre per non essere in grado, nemmeno una volta, di consegnarle i miei figli in orario.
Il più piccolo dei miei figli ha 4 anni, credo che sia più o meno quella del suo concepimento l’ultima volta che ho fatto l’amore con qualcuno. Sembra una cosa da sfigati, e probabilmente lo è, ma trovo sia poetico che quel momento così lontano nella memoria sia stato celebrato dalla nascita di un bambino. Oddio, non per la nascita del bambino in sé, quanto, piuttosto, per il fatto che sia stato procreato con amore. Ok, divago è probabile e non sono nemmeno riuscita a spiegarmi tanto bene.
Ogni volta che mi fermo al semaforo vicino al cinema, relativamente vicino al posto dove lavoro, mi si avvicina il solito zingaro che chiede a tutti se vogliono una lavatina al vetro in cambio di qualche spicciolo. A me non lo chiede più, infatti una volta che mi riconosce passa oltre. Viviamo in una sorta di limbo di imbarazzo perché una volta che ero ferma lì, nonostante mi sbracciassi per manifestargli il diniego di pulire il mio parabrezza, lui lo fece comunque facendomi arrabbiare parecchio, poi però se ne andò senza chiedermi nemmeno una monetina, solo guardandomi come fossi pazza. Io, da allora, vorrei evitarlo perché sento, come con la suora, il suo sguardo di biasimo che mi penetra fin dentro le ossa, ma per arrivare all’ufficio non c’è nessun’altra cazzo di strada.
Spesso quando arrivo a lavoro mi sento felice, non che ci sia niente che possa rendermi tale lá dentro, ma l’idea di essere per qualche ora libera dell’impegno di dover crescere da sola i miei due marmocchi, mi alleggerisce la giornata. Purtroppo non la pensano alla stessa maniera le mie colleghe che anziché parlarmi di dio solo sa cosa, hanno come argomento principe, ogni singolo giorno che dio le mette in terra, i figli. Non che sia una cosa totalmente negativa, ogni tanto salta fuori qualche dritta utile, tipo un rimedio efficace contro la diarrea che esclude i farmaci o altre delizie del genere, però, insomma, qualche volta parlare di un libro che si è letto o del culo del tipo che ci consegna il caffè non sarebbe male.
Il padre dei bambini mi ha lasciata quando il più grande aveva un anno ed in minore era, in sintesi, appena nato o giù di lì, non che questi siano i pensieri nei quali mi crogiolo quando sono a lavoro, tutt’altro, non ci pensò quasi mai, lo raccontavo a voi solo per completezza di informazioni, tipo quando vi chiederete “com’è che non c’è un cazzo di uomo nella sua vita?” avrete già la risposta bella che pronta. Non ho ben chiaro il motivo della fine della nostra relazione, penso che fosse perché ormai si sentiva pronto per un rapporto più serio e maturo con una che ha vent’anni meno di lui, e così una sera, dopo che me li sono ritrovata avvinghiati come serpi in calore in uno dei lettini dei bambini, ha preso il coraggio a due mani e mi ha confessato di voler esplorare nuovi orizzonti, aprire un chiringuito su di una spiaggia e fare tutte quelle cose che uno di cinquant’anni è propenso a fare.
Da allora i nostri amici, per lo più miei, la mia famiglia, persino la sua, sono molto gentili e disponibili con me, probabilmente temono che possa avere un crollo per come sono andate le cose, ma obiettivamente, chi potrebbe avere un crollo per essersi levata di torno un coglione di siffatta mole?
E no, non è il risentimento che parla, io in certe cose sono piuttosto obiettiva, sono in grado di capire la differenza tra bar e chiringuito, così come tra una persona a modo è uno stronzo, è di certo una capacità che si affina con gli anni, ma l’importante è arrivarci.
Nella fretta dell’attività mattutina ho scordato, come spesso accade, il pranzo sul tavolo della cucina, il gatto ci avrà probabilmente già rovistato e, altrettanto probabilmente, avrà gettato per terra tutto perché lo urta aprire i sacchetti e trovarci dentro becchime, biologico e altre stronzate salutiste che mi sono convinta ad ingerire da un bel po’ di tempo a questa parte.
Avete notato? Sì, ora vi dico cosa avreste dovuto notare. Negli ultimi anni nel nostro paese il numero di nuovi individui vegetariani è cresciuto in maniera esponenziale ma tant’è, appena ti ritrovi con amici e parenti e li metti a parte della tua nuova scelta in termini di alimentazione saltano tutti sulla sedia e si mettono a farti le domande più disparate. Una volta mia madre mi ha chiesto se non mi sentissi in colpa nei confronti delle lumache, che quelle sí mangiano solo lattuga e io gli sto sensibilmente riducendo la materia prima del loro sostentamento a disposizione. Non sono sicura scherzasse, ma è probabile, lei è un po’ una che scherza. Quando ha saputo della storiaccia con il mio ex, mi ha chiesto se poi, andando via, s’è portato dietro anche qualche giochino per la nuova fiamma o se quantomeno i lego sono rimasti a me. Bella solidarietà da parte di una madre, prendermi per il culo così, poi si preoccupano del crollo. Ah!
Sono scesa a prendere un tramezzino al bar qui sotto, il solito che frequento da che lavoro qui, vale a dire almeno dieci anni, è da altrettanto tempo il barista, che si crede un figo e, probabilmente, in un altro pianeta lo è, mi propina complimenti stucchevoli e battute da macho con un’alternanza encomiabile e al contempo distopica. Oltretutto, voglio dire, ci vuoi provare seriamente, anche solo nell’eventualità di un frettoloso amplesso consumato nel retrobottega? Offrimi quanto meno un caffè di quando in quando, invece niente, sia mai si vedesse fallito. Cosa che, tra l’altro e per ben altri motivi, già è.
Nel pomeriggio mi ritrovo nell’area comune per un caffè con le colleghe più giovani, un po’ per sfuggire ai discorsi da nursery delle mie coetanee, un po’ per tenermi aggiornata su quello che propone la società contemporanea. Vi sto mentendo, in realtà frequento i caffè delle colleghe più giovani solo per una sorta di immaginifico vouyerismo circa le loro relazioni mordi e fuggi. Questa, se l’avete notato, e se non l’avete notato ve lo dico io, è una cosa che di solito tendono a fare le persone sposate da tempo. Amano frequentare persone più giovani e preferibilmente single per vivere, attraverso i loro racconti, quelle scappatelle che bramano ma che non si sognano di realizzare perché, poveri loro, capiscono che la famiglia che hanno costituito è più importante di una botta e via. Ogni tanto, mentre sono lì che ascolto e, nel frattempo, penso a come mi sarei comportata io nella medesima situazione, qualcuna delle young tenta di propinarmi qualche suo amico veramente brillante per un aperitivo casual e da cosa nasce cosa. Io faccio gentilmente notare che da cosa sono già nate altre due cose, ovvero i miei figli, e che non mi sento tanto propensa a frequentare baldi giovani che, questi sì, hanno il legittimo diritto di sognare di aprire un chiringuito dio solo sa dove.
È raro, nel mio lavoro, che non insorga qualche problema dell’ultimo minuto che implichi dover vedere agitarsi sotto il mio naso l’indice della suora che mi rimbrotta per essere arrivata nuovamente in ritardo a recuperare i bambini e che minacci, dovesse accadere ancora, di chiuderli fuori dal cancello come sacchi della spazzatura in attesa che un netturbino, ops, operatore ecologico pedofilo se li porti via entrambi. Alla fine è una brava donna anche se non sembra, è che sta cosa della puntualità la fa svalvolare. La capisco, anche io prima di avere una famiglia, o almeno tre quarti di essa, ero una ragazza puntuale, anzi, peggio, ero una di quelle che arrivano sempre cinque o dieci minuti prima perché “non si sa mai”, salvo sapere sempre che poi avrei dovuto attendere quaranta minuti per gli imprevisti altrui. Essere puntuali equivale alla dannazione eterna, vorrei lo capisse anche la suora, sarebbe senz’altro dalla mia con ste argomentazioni, ma chissà perché non abbiamo mai il tempo di parlarne.
Prima di tornare a casa, se i marmocchi non hanno da svolgere qualcuna delle loro duecento attività che li tengono impegnati tanto quanto il presidente degli Stati Uniti durante una crisi internazionale con tanto di ostaggi, ci fermiamo a fare un po’ di spesa. La maggior parte delle volte lascio i bambini in auto, con un baffo di finestrino aperto così che quelli della Peta non avanzino denunce, lo so che non è un comportamento da brava mamma, ma se me li portassi dietro avanzerebbero pretese sul cibo che manco Mick Jagger prima di un concerto a central park, solo che, al contrario di Jagger, anziché cocaina, mi chiederebbero tonnellate di cioccolata e merendine che una come me fa persino fatica a pronunciare tanto sono chimiche e sofisticate. Oltretutto, diciamocelo, una donna da sola in dieci minuti è in grado di acquistare, senza margine di errore alcuno, la spesa per una settimana intera mettendo in preventivo anche qualche eventuale ospite o colpo di scena tipo serata estrema con teletubbies e pop corn. Una donna che fa la spesa con due maschi, beh, le cose cambiano parecchio, vi basti sapere di quella volta che chiesi al mio ex di fermarsi al market di rientro da lavoro e di comprarmi degli assorbenti con le ali, inviandogli tanto di foto esplicativa sul cellulare. Lo vidi rientrare a casa con una confezione di quella specie di guaine che negli anni novanta, quando c’erano ancora le giacche con le spalline, giusto per fornirvi una collocazione temporale, mettevi sotto le ascelle per evitare che le camicie bianche si pezzassero con il sudore. Ragazzi io, dopo anni, sono ancora qui che mi interrogo quale buco spazio temporale abbia imboccato per riuscire a trovare in vendita quei cosi!
Quando rientro a casa dopo la spesa e con i bambini al seguito sembra sempre di vedere una di quelle scene in cui ai terremotati viene concesso di rientrare nelle loro case messe in sicurezza.
Una delle cose più divertenti da fare in casa quando hai due figli piccoli e sei l’unica adulta che può badarvi è lavarsi. Noi abbiamo ovviato al problema di chiamare un parente o una baby sitter per tenerli d’occhio mentre io, dopo anni, mi faccio una lunga, calda e rilassante doccia in solitaria, facendo un bel bagnetto insieme tutti e tre.
Altra cosa che fa di me una mamma approssimativa, forse, ma loro si divertono, mi chiedono conto ogni volta di tutti i miei ciuffetti caduti in disuso, e sono puliti, mentre io ho quello che da anni si avvicina di più ad un momento di intimità con un uomo, ovvero giocare con la loro papera galleggiante. Non siate maliziosi, non c’è alcuna volontarietà nel sedervicisi sopra, vorrei vedere voi in tre in una vasca da bagno.
Ve la ricordate la serata estrema tutta teletubbies e pop corn? È una di quelle. Ci sta, l’inizio della settimana è in salita per tutti, specie se sei un quattrenne con zero aspettative di sbocchi professionali nel tuo paese e la prospettiva di finire all’estero a campare di fagioli in scatola e lenticchie, almeno i primi mesi. Peggio per il cinquenne la cui medesima prospettiva è più prossima di almeno un annetto.
Durante uno degli avvincenti episodi di sti stura lavandini iper colorati mi messaggia mia madre, una delle poche donne della sua età coscientemente iper connesse, per chiedermi come è andata la mia giornata, se ho trovato l’uomo della mia vita e se lo zingaro del semaforo continua ad odiarmi e evitarmi. Ve l’ho detto che ha una notevole vena ironica. Le racconto a grandi linee di come sono sopravvissuta a questa jungla metropolitana senza beccarmi nemmeno una denuncia per abbandono di minore e le auguro la buonanotte. Non so cosa facciano fare a sti ragazzini alla materna, probabilmente cucire palloni per paesi più evoluti del nostro a cinquanta centesimi l’ora, il che giustificherebbe ampiamente la stanchezza che manifestano, deo gratias, la sera.
Loro sono a letto che aspettano la favola della buonanotte, solitamente un breve estratto da un libro di Raymond Queneau perché non voglio che abbiano una vita facile e, se proprio ci tengono, l’ignoranza è una cosa che si conquisteranno da soli o con l’aiuto del padre se proprio un giorno decidesse di tornare a farsi vivo, io vorrei raccontarvi ancora qualcosa e voi, certamente, bramate di sapere qualcos’altro della mia giornata, insomma, uno stallo alla messicana in piena regola. Ovviamente non occorre che vi dica chi vincerà.
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kon-igi · 6 years ago
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LONG WAY HOME - Capitolo Uno - Il cavaliere Impallidito
È da più di una settimana che non do mie notizie su tumblr (purtroppo non solo qua) e quindi se ora sarete pazienti nel leggere cosa ho da dirvi, capirete cosa mi sia successo in questi giorni e perché mi tocca prendere le cose alla lontana.
Io e voi ci siamo lasciato nell’ultimo giorno del 2018, mentre reduce da una rimpatriata con i miei vecchi amici di Viareggio cercavo di tornare a casa in treno e le ex FFSS, ora Trenitalia Merda, facevano di tutto per impedirmelo con treni in ritardo, soppressi o deviati lungo una linea morta (cit.).
L’ultima cosa che ricordo chiaramente è un vecchio vagone diesel che si ferma cigolando davanti a una banchina arrossata dalla ruggine dei vecchi binari e il mio stupore nel vedere tutti i compagni di viaggio scendere in silenzio e dirigersi verso la costruzione in mattoni della sala d’aspetto/biglietteria, per poi da lì disperdersi nella nebbia dell’imbrunire.
I motori danno un ultimo colpo e poi il treno tace, come morto.
Mi sporgo con cautela dallo sportello rimasto aperto ma né avanti né indietro vedo controllori o capistazione.
A quel punto mi metto la borsa in spalla e scendo anch’io, se non proprio per chiedere informazioni -- non c’è anima viva -- perlomeno per prepararmi all’idea di mettermi comodo in sala d’aspetto e festeggiare il capodanno ai rintocchi dei miei testicoli che tintinnano sul pavimento.
Ed è nell’esatto momento in cui faccio per spingere la porta in ottone della biglietteria che mi accorgo della presenza di un bar malamente illuminato, appena defilato dalla costruzione principale, sul cui ingresso brilla un APERTO scritto con quelle piccole insegne cinesi a led che ogni kebabbaro sfoggia con quasi orgoglio.
Devo decisamente bere un caffè o il prossimo treno mi trova a sognare di pecore elettriche con la mia bava che forma una pozza ai piedi della panchina su cui mi sono seduto solo un attimo -- mi dico, schiaffeggiando lo sbadiglio che mi stava uscendo dalla bocca.
Strano a dirsi, questo piccolo bar non ha una porta normale ma due mezzi sportelli a molla che spingo con una certa curiosità, sentimento che si trasforma in un’invocazione alla vergine cinocefala quando questi tornano indietro e mi colpiscono la schiena, sfondandomi un polmone a testa. E poi sono dentro.
Non vedevo un Jukebox dai tempi in cui un numero di Dylan Dog costava 700 lire ma decisamente ce n’è uno sulla parete opposta al bancone e a giudicare dalle spalle curve dei due critici musicali ansiosi di fargli ingoiare monete doveva essere pure funzionante.
Mi dirigo al bancone, dietro al quale un incrocio tra Omorzo Cactaceo e il procione dei Guardiani della Galassia sta versando da bere al terzo e ultimo avventore e chiedo il caffè di cui sopra.
Abbiamo finito i fondi -- mi fa e prima che io possa obiettare che sono lontani i tempi del Piano Marshall, mi indica un vaso di opaco vetro giallo in cui un rubinetto incrostato di calcare sta gocciolando -- Non abbiamo più fondi di caffè da riciclare quindi ti tocca bere qualcosa di più forte, straniero.
Davvero mi ha chiamato straniero? -- penso quasi a fil di labbra -- Capisco la carenza di iodio di queste valli intrappolate tra le montagne dove se la moglie ha il mal di testa manda il marito dalla capra, però la situazione comincia a puzzare di bizzarria stantia.
Ok -- faccio -- piscio di cammello anche per me.
Il barista sputa in un bicchiere sbeccato, lo lucida con un fazzoletto intriso di sudore e grasso in cui lo avevo visto soffiarsi il naso poco prima e poi mi versa una dose generosa di un qualcosa che puzza come nafta per mezzi militari. E che ha pure lo stesso sapore, scopro subito dopo.
I due tizi dietro di me non si sono accorti che vedo riflesse le loro espressioni sullo specchio dietro le bottiglie e se già quello non fosse bastato a farmi udire il rombo di una cascata di guai, ci pensa il mio involontario compagno di bevute a rendere evidente l’aleggiante giudizio sulla mia pregiata persona.
-- Hai proprio una borsa da finocchio --
Seguo il suo ottuso sguardo ottundente e mi rendo conto che si sta riferendo alla mia bellissima borsa blu di Pochacco, uno dei compagni di avventure di Hello Kitty, ereditata da mia figlia grande e che ben rappresenta il mio pensiero sul fare quello che mi pare grazie ai miei quarantasei anni.
-- Oh... la borsa. La borsa di mia proprietà. La borsa scelta appositamente da me per essere mia. La mia borsa -- 
Con fare noncurante ci infilo una mano dentro ed estraggo sia sacca del tabacco che pipa Churchwarden, per poi cominciare a riempire quest’ultima lentamente e a premere con la punta del pollice per compattare il bolo di Bagpiper’s Dream nel fornello. 
Quando il mio Zippo scatta per diventare l’unica luce calda della stanza, sento il rumore di una monetina che scende nel Jukebox e senza scompormi appoggio l’accendino ancora acceso sul bancone, sbirciando nello specchio Tweedledum e Tweedledee che mi si avvicinano alle spalle.
E poi parte Be Quick or Be Dead degli Iron Maiden.
Covered in sinners and dripping with guilt Making you money from slime and from filth!
L’omofobo armadio a tre ante scatta in avanti brandendo con presa radiale un Ka-Bar comparso magicamente dal nulla e io indietreggio scansando il primo fendente che mi avrebbe aperto dai testicoli fino alle sopracciglia, poi con un gesto veloce del taglio della mano colpisco il boccale di metanolo di contrabbando che urta lo zippo acceso e proietta in faccia al neandertaliano un arco di napalm fiammeggiante.
Puzza di pollo strinato da capodanno cinese finito male e urla da mezzosoprano castrato con un tagliaunghie, quando il barista si china e si rialza di scatto puntandomi da sopra il bancone una doppietta a canne mozze.
I bet you won't fall on your face Your belly will hold you in place!
Mi sposto di lato, intrappolo le canne sovrapposte sotto l’ascella sinistra e gli pianto il cannello della pipa nell’occhio destro fin dentro il foramen ottico, ruoto di 45°, torco a sinistra e il trauma della lobotomia transorbitale gli fa contrarre le dita sui due grilletti.
Un doppio boato che mi mette a riposo il timpano e la calda poltiglia sanguinolenta che mi schiaffeggia la nuca mi dicono che i tizi dietro di me sono improvvisamente passati da due a uno.
Don't matter what's wrong as long as you're alright So pull yourself stupid and rob yourself blind!
Ruoto di scatto e mi blocco, perché sto leggendo il mio nome inciso sopra al proiettile in fondo al lato sbagliato di una brutta Colt .45 puntata verso la mia faccia, alla distanza di due braccia o poco più e separati solo da un tavolo.
Hai sbagliato a scriverlo -- gli faccio -- Non hai messo la maiuscola e ti sei scordato la doppia. 
Taci, miserabile! -- mi urla, dimostrando tanta ignoranza della grammatica quanto invece grande conoscenza dell’italico palintrash televisivo.
Comunque la sicura è inserita -- gli faccio notare.
No, frocio, non è inserita!
You've got to watch them — be quick or be dead Snake eyes in heaven — the thief's in your head. Be quick or be dead — BE QUICK!
Perfetto, Surly Joe -- e con un affondo pianto il tacco su un asse del tavolo che si schioda e colpisce con l’altra estremità la pistola del morto che cammina.
Un attimo dopo guardo il naso e mezzo baffo staccarsi con un rumore viscido dal soffito, dov’erano stati proiettati dalla cannonata che il tizio s’era regalato al mento.
Poi chiudo il pugno, lo appoggio al petto col palmo verso l’alto e onoro il Sangue Versato:
-- Io non uccido con la pistola, colui che uccide con la pistola ha dimenticato il volto di suo padre --
-- Io uccido con il cuore --
Esco dal bar, questa volta con un battement fondu en avant che mi permette di non farmi colpire dagli sportelli e mentre slego il mio cavallo vedo che il becchino con un occhio solo entra dentro per prendere le misure.
Qualcuno in lontananza sta soffiando tutta la tristezza del mondo dentro un’armonica a bocca e mentre mi allontano mi sembra di vedere la gonna di Jenny dentro a un vortice di polvere.
La lunga strada verso casa comincia muovendo il primo passo.
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E' proprio vero che quando nasce un bambino nasce anche una mamma.
Prima siamo donne, siamo donne chi più chi meno con propensione alla maternità.
Siamo donne che amano i bambini.
Siamo donne che salutano i figli degli altri nei carrelli in fila alla cassa al supermercato.
Siamo zie.
Ma non siamo mamme.
Diventiamo mamme non appena scopriamo di essere incinte e ci consacriamo mamme appena il nostro piccolo fagottino viene alla luce.
Per me almeno è stato così.
Ho fatto il test dopo più di una settimana dal ritardo... quasi avessi paura del risultato.
Non ho dovuto aspettare i 5 min. Non avevo neanche finito di fare pipì che già c'erano due linee blu scure a guardarmi.... mi fissavano quelle linee... mi fissavano dritto negli occhi... occhi terrorizzati i miei che guardavano quelle due linee che si stavano impossessando della mia vita!
In quel momento mi stavo trasformando e non me ne rendevo nemmeno conto.
Ho chiamato mia mamma al telefono (perchè io ancora ero davvero tanto figlia) ed ho pianto... tanto... mentre mia madre dall'altra parte rideva di gioia e cercava di infondermi coraggio.
Paura spavento misti a felicità si stavano impossessando di me.
Paura e spavento che una mamma lo sa non ti lasceranno più.... i figli... ti fanno morire di paura almeno 4 volte al giorno (ma io non lo sapevo... ancora)
Mi sono sciacquata con acqua fredda il viso... mi sono truccata( dovevo andare da mio marito a dirglielo fino in ufficio perchè non potevo aspettare la sera... erano appena le 15 del pomeriggio)
Mi sono preparata e mi sono messa in macchina.
... Ho guidato pianissimo... non ho corso il minimo rischio... già lo stavo proteggendo, un piccolo puntino micromillimetrico dentro di me ed io già lo proteggevo! Lì in quel momento mi sono resa conto che stavo nascendo ... mamma!
La gravidanza ... vedrai sarà bellissima.... tutti mi dicevano così... un momento di grazia vedrai!
Ed io ricolma di quel coraggio e di quelle meravigliose parole che chiunque mi diceva ho iniziato a muovere i primi passi NELLA mia gravidanza.
Gravid-Ansia così la dovrebbero chiamare!!! Questo è il termine giusto....
E fai le beta ogni settimana perchè se non raddoppiano ste beta ehehehe.... Ogni prelievo una ciocca di capelli bianchi in testa!!!
Ok passate le beta!
Prima eco ... e che non te la fai venire l'ansia che mo il cuoricino non si sente???
Prenatal-safe! (nemmeno mi esprimo sulla badilata di ansia che avevo addosso) avrò avuto la pancia piena d'ansia che sembravo al nono mese per tutta la settimana!
E poi il vomito... ma quanto vomiti? ma lo sai che vomitando l'utero si contrae? e se l'utero si contrae potrebbero esserci problemi seri? E via di iniezioni di rilassante uterino e vitamina b.
La pancia cresce e inizia l'olimpiade della pipì! Certo perchè vuoi anche uscire senza aver passato in rassegna la mappa dei bagni del posto dove ti stai recando?? Ma solo quella però altro scordatelo in bagno... emorroidi e nulla più!
E la morfologica?? Signora ci sono due gambe.. due braccia... E sia ringraziato Dio e tutto il firmamento quando arriva sto nono mese????
Settimo mese e andiamo piano che mica può nascere ora eh!!! Lo sai quanti rischi ci sono... Ma lo senti muovere??? Chiunque incontri in giro una sola domanda ti fa... Si è mosso oggi??!!
E non c'è solo questo.... c'è anche il contorno!
L'ospedale l'hai scelto??? Ha la Tin??? Lasciano la partoriente libera di ballare la lanbada in sala travaglio? Fanno entrare padre figlio e spirito santo mentre partorisci? Parto in acqua? Epidurale? Rooming-in? Aiuto all'allattamento? Orari dedicati solo al padre?
Dovrebbero metterli su trivago gli ospedali per partorire!
Nel frattempo c'è la spesa ... qui a Roma c'è Bimbo store per esempio dove tutte le pance si ritrovano a scegliere cosa mettere nella "borsa per l'ospedale" e in casa.
C'è da scegliere il trio (per i primo figlio è così sei inesperta e pensi che ti occorra tutto ed il contrario di tutto)... cioè scusa ... ci sono I trio .... e lì facciamo un baffo ai nostri mariti al concessionario eh!! Tutto guardiamo... telaio... ruote... freni ... abs... ammortizzatori ... tutto, capienza, è reclinabile? Verso mamma e verso strada? Cappotta, poggia piedi, cestino, borsa .... !!!
Controlliamo su internet i commenti di altre mamme che ci sono passate già prima di noi... interpelliamo Paolo Fox e poi ... Il trio migliore che c'è è nostro... motore a iniezione, cambio automatico (del pannolino) chiavi in mano!!
Pannolini, sterilizzatori vari (perchè oggi una mamma che non sterilizzi e non abbia conseguito una laurea in microbiologia non è una vera mamma), tutine, body (a manica lunga, a mezza manica e smanicati non si sa mai poi capirò qual'è meglio) cremine per il culetto, borotalco no è figlio del diavolo non siamo negli anni '80, ciuccio no (non glielo darò mai... certo sei incinta cosa ne sai tu!)
Amido per il bagnetto, detersivo bucato senza detersivo per il bucato per i panni del piccolino ignaro di tutto, bavaglini, calzini e soprattutto cappellini (ai neonati si mette il cappellino ... puoi non mettergli il pannolino ma guai se non gli metti il cappellino)!
E poi in un minuscolo spazietto creato da quello che era uno sgabuzzino c'è l'angolo per la futura mamma dove tutto finisce con ONE!
Mutand-one , assorbent-oni (che nel medioevo stavano più comode di quei cosi post parto), camici-one da notte , reggisen-oni da allattamento, calzett-oni (perchè i piedi sono gonfi). E così entri in sala parto più sexy che mai. A me per esempio hanno messo pure il pannolone perchè ho rotto le acque prima che partisse il travaglio 😎
Sei pronta... hai preparato il nido ... tutto è pronto ... ma la gravidanza non è finita! Un'ultima botta d'ansia che non te la fai venire pensando al parto??
Poi partorisci ... quel giorno arriva... e come se arriva! E nulla ha più importanza! E' nata una mamma!
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pangeanews · 6 years ago
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“Io rispondo: Cucù!”. Marino Moretti 40. In tre per ricordare il poeta che nessuno ricorda: il poeta, la fata, il saltimbanco
“Erano gli occhi di un uomo tormentato e terribilmente intelligente”: il mio incontro con Marino Moretti
È stato per qualche anno il mio vicino di casa a Cesenatico sul porto canale. Quasi porta con porta. Alcune volte, specialmente in primavera, vedevo che la sorella o la donna di servizio lo accompagnavano per una breve passeggiata. Un attimo e spariva dopo avere guardato le barche e, forse, pensato a suo padre. Ogni tanto arrivava da Milano, credo dalla Mondadori, una grossa automobile con autista che lo prelevava portandolo ad incontrare scrittori e poeti che arrivavano da ogni parte del mondo. Credo che fosse una specie di ambasciatore della casa editrice. Era senza dubbio un autore importante, molto più importante di quanto si credesse nel mio insopportabile paese di nascita. Negli ultimi anni, quasi alla stessa ora, verso le 14, entrava in casa Moretti il medico di famiglia, il dott. Lelli Mami, che è stato anche il mio medico e questo, credo, è stato per anni l’unico punto in comune tra il grande Marino e l’imbecille superficiale che ero. All’improvviso è cambiato qualcosa. Con Ferruccio Benzoni e qualche altra figura marginale che non voglio nominare, ho fondato la rivista Sul Porto. Risparmio la sua storia, non ne posso più di raccontarla. Sul Porto mi ha cambiato la vita, ma adesso basta. Comunque, a Marino era giunta la voce della rivista e ci ha voluto incontrare. Un pomeriggio ci ha ricevuto a casa e ho potuto guardarlo per la prima volta negli occhi rimanendone profondamente impressionato. Erano gli occhi di un uomo tormentato e estremamente intelligente. Ti guardava e sembrava farti i raggi X, forse ti leggeva dentro e credo che, alla fine dell’incontro, sapesse di me più cose di quante ne conoscessi io a quel tempo. Io non sapevo niente. Non lo avevo nemmeno letto. Ripeto: imbecille, superficiale, e aggiungo: ignorante.
Dell’incontro ricordo con divertimento la risposta che diede alla mia domanda da guascone: “Lei Marino ha fatto la prima Guerra Mondiale?”. E lui: “No, non mi hanno preso, ero troppo vecchio”. Nel 1915 era già vecchio. Cos’era allora quel giorno in cui ci ha offerto una bibita alla menta? Era un poeta di ormai novant’anni che scriveva Le Poverazze e Diario senza le date, due libri straordinari che ancora leggo scoprendo ogni volta cose nuove che mi lasciano come basito. Non è facile che accada, sempre più di rado. Ultimamente, in maggio, credo, ho recitato due sue poesie per la trasmissione radiofonica Fahrenheit su Radio Rai 3, durante una visita alla casa di Marino guidati dalla direttrice Manuela Ricci e ne vado orgoglioso. Mentre leggevo ero emozionato e in soggezione come un ragazzino. Bella cosa anche questa… Adesso sono 40 anni che è morto e sono 40 anni anche della mia vita senza sentire la presenza del mio vicino di casa e respirare in qualche modo l’aria che respirava. Sono convinto che siano le persone che ci abitano a fare le città e i paesi spargendo nell’aria e intorno la loro grande energia. Spariti Moretti e Benzoni, Cesenatico si è come spenta e raggomitolata in se stessa. Anch’io.
Stefano Simoncelli
*
Moretti vecchio è più giovane di tanti poeti giovanilisti di oggi. È sano tatuarsi sulla lingua questo distico: “Sono contento. Sono/ però sempre in agguato”.
Durò troppo – e fu memorabile. Due criteri altrimenti ad esigenza di genio – durezza, memorabilità – hanno spinto nel falò dell’oblio Marino Moretti. Chi lo legge più, oggi, Marino Moretti? Certo, la Casa Moretti di Cesenatico – terra avita di MM – fa quel che deve fare una istituzione culturale: un ciclo di incontri, una mostra di documenti, un po’ di teatro (vedete tutto qui). Gli accademici, insomma, fanno il loro gioco. Ma, brutalmente, un poeta muore quando non stampano più le poesie e devi andarlo a stanare in biblioteca, tra sguardi liquidi d’interogativi. E Moretti, troppo memorabile – “Piove. È mercoledì. Sono a Cesena” resta uno dei versi più celebri del canone italico – ha scritto troppo, fu uno dei grandi autori Mondadori, ora è relegato in un ‘Meridiano’ pieno di tarli – In verso e in prosa, classe 1979, tombale, per la cura di Geno Pampaloni. Neppure lo straccetto di un ‘Oscar’, una pubblicazione qualunque, entri in libreria e oggi di Marino Moretti c’è il nulla, perché? Eppure, fino all’altro ieri, fino a sbattere il muso contro la lapide, di Moretti s’elogiava tutto, anche la narrativa, non vertiginosa – fatta salva La vedova Fioravanti, da cui Antonio Calenda estrasse uno sceneggiato per la tivù – “Moretti possiede il dono più ambito per un narratore, quello dell’inventiva. Solo Pirandello, in questi decenni, gli sta a pari per copia e originalità di spunti”, scriveva, con troppa enfasi, Francesco Casnati. Ora, per esercizio di gioia più che di giustizia, metto in fila ciò che mi sembra buono di MM.
*Le parole di Carlo Bo, che definiscono il carattere ‘alieno’ di MM: “il ribelle e anarchicheggiante Moretti… finiva per suggerire una linea alternativa alla poesia più famosa e celebrata dei grandi del Novecento”.
*Il fatto che Moretti chiude con la poesia un secolo fa. Nel 1919 raccoglie per Treves le sue Poesie. Torna alla poesia, con rinnovata furia, cinquant’anni dopo: nel 1969 con L’ultima estate, poi, soprattutto, con Le poverazze e Diario senza le date, tutti pubblicati da Mondadori. I libri più belli, in cui non c’è niente da perdere, il detto del sopravvissuto. “La sua invenzione poetica è tutta proiettata a battere con lo scalpello, a respingere la parte morta della vita, il convenzionale, l’insincero, l’inessenziale. Dice di no ai letterati e ai potenti, a chi gli offre la laurea e a chi lo invita alla firma di un manifesto… si vanta dei propri insuccessi; quando fanno l’appello, si fa dare assente” (Pampaloni).
*Questo stare di spalle, nella cella, cercando la parola che fa rumore, senza presa retorica, nell’isolamento dei beati. “Moretti ebbe un’esistenza solitaria, integralmente vissuta come proiezione letteraria, fra esaltazione e vittimismo, e assunse lo pseudonimo Aliosha, tratto dai Fratelli Karamazov di Dostoevskij” (Marino Biondi). Altri avrebbero scelto Ivan, il campione nichilista, oppure ‘Mitja’, l’uomo moderno crudo al patire e all’amare. Il candore chiede coraggio moltiplicato.
*Ha risolto il passato in un refolo di carta, l’ironia gli ha fatto scoprire che il viso del futuro, in verità, è ustionato, quasi un vuoto, un buco nell’osso.
*Nella vecchiaia, la continua, estenuata analisi di sé e dei propri specchi e delle proprie proteiformi e vipere immagini. Con una lingua che cerca, senza sotterfugi sperimentali, l’aguzzo bianco della parola, che non si sa se è bramito o musica, se è poesia o natura, verbo o fruscio d’albero. “Io sono come un goloso/ che s’imponga un digiuno/ per essere qualcuno”; “Quello che sono ignoro e dovrai pure/ ignorarlo anche tu”; “Io non son come gli altri e mi dispiace”; “Dell’erotismo io non so quasi niente/… ma il sesso, dico, fiore della carne,/ è innocente,/ è innocente”; “Vecchio libidinoso, non c’è nulla/ di più moderno della tua vecchiezza”; “Eccomi illeso e senza disinganni./ Così ho finito: ora dimenticatemi”. Le rivelazioni accadono come filastrocche, cose durissime vengono dette come zucchero filato. Moretti riduce il labirinto lirico in un sentiero – pur pieno di mostri, di sfingi.
*Devo dire. Mi piace questa definizione di Giorgio Bárberi Squarotti, che parla del lavoro di Moretti come di “obbedienza assoluta” a “ciò che è piccolo”, come di “scandalo del troppo basso”. Lo scandalo non è nello scandalistico o nello scandaglio nel fango – che è già opzione retorica. È questa povertà, la dizione spoglia, il mendicare una nudità ulteriore. “L’opera in versi di Marino Moretti… è l’esempio più intrepido e strenuo della riduzione del discorso poetico al grado zero della semplicità più scoperta, più determinatamente ricercata, più calcolata nel respingere ai margini ogni tentazione espressiva, ogni allegoria, ogni dottrina, ogni richiamo anche remoto e indiretto alla tradizione o a modelli alti. Moretti proprio nulla deve a d’Annunzio e neppure al conterraneo Pascoli… È davvero l’esempio di un’obbedienza assoluta, perfino eroica, al canone della rappresentazione di ciò che è piccolo, modesto, provinciale, depresso… La poesia abdica totalmente a se stessa in Moretti… è lo scandalo del troppo basso, davvero agli antipodi rispetto al sublime pascoliano e dannunziano, e anche all’ironia di Gozzano”. Questa abdicazione senza agnizione mi affascina.
*Un distico che vale per ogni poeta, come l’apice di una disciplina. “Sono contento. Sono/ però sempre in agguato”. Moretti, plurivecchio, quarant’anni dopo, mi suona molto più giovane di troppi poeti che la reiterata gioventù ha reso stantii, conformi, esangui.
Davide Brullo
*
Sole, sfortunate, sfibrate, in convento, né giovani né belle: repertorio delle donne di Moretti (con amarcord dal liceo di Fidenza). Attenti, però: i poeti sono gazze ladre, non offrono la verità, la rubano!
Quando studiavo alle superiori la poesia crepuscolare immaginavo giovani poeti, un po’ disadattati, tristi ed emaciati, ammalati di vita e di innocenza. Oggi dai media sarebbero definiti nerds, probabilmente più simili ai miei compagni del liceo classico Gabriele D’Annunzio, che ai contemporanei Fabrizio Corona o Fedez. Il liceo classico Gabriele d’Annunzio aveva solo due sezioni e queste erano frequentate soprattutto da ragazze. Quei pochi maschi presenti, si distinguevano per un perenne accenno di baffo, per il fisico o troppo gracile o troppo pronunciato. Insomma nessuno di loro poteva vantare all’epoca un fascino da sciupafemmine come i loro coetanei degli istituti tecnici. Ancora più dello scientifico il Gabriele D’Annunzio era la scuola frequentata dai figli dell’upper class di Fidenza, una cittadina famosa per essere stata bombardata quasi completamente durante la Seconda guerra mondiale. Da quella tragica esperienza, però era rimasto immune il Duomo del XII secolo e, solo durante gli anni Novanta, quando noi liceali dovevamo scegliere tra una laurea in Giurisprudenza a Parma o a Lettere a Bologna, l’amministrazione scopriva che quella chiesa sorgeva lungo la via Francigena, itinerario noto nel medioevo e ora fortuna per il turismo locale.
Se cresci in una città come Fidenza, dove gli abitanti si sentono comunità, dove tutto resta uguale e i giovani hanno il pub come alternativa alla noia, è naturale che molti di noi siano po’ crepuscolari, sospesi tra i non detti, il vorrei ma non posso. Indecisi tra l’arrendersi ad una condizione bigotta e conservatrice, ma comoda e il salto nel vuoto di una grande città. Così, i miei amici, ancorati alle tradizioni e alla famiglia, hanno deciso per le lunghe estati presso la piscina Guatelli, le umide feste paesane con tanto di retorica terzomondista e le scuole private cattoliche per i figli (perché l’equosolidale va bene solo se preso a piccole dosi come il caffè del Nicaragua). Insomma, hanno abbracciato quelle buone cose di pessimo gusto, incapaci di scelte rivoluzionarie e coraggiose, preferendo a Che Guevara il circolo privato di tennis. Noi, invece, figli di un dio minore, devoti a Guccini e Ligabue, siamo rimasti schiacciati tra sogni di gloria e una realtà politica che diventava sempre più deludente e autoreferenziale. Eppure “Noi credevamo”: credevamo nei Progressisti, nell’Ulivo e nell’impegno delle manifestazioni; abbiamo cercato di cambiare il mondo senza immaginare che il mondo invece avrebbe cambiato noi. Sarà per questo senso di impotenza che mi è restato incollato addosso, che amo particolarmente i poeti crepuscolari. Ho conosciuto tanti Guido Gozzano, Sergio Corazzini e Marino Moretti, gente dalla testa piena di sogni. Ovvero i Totò Merumeni della porta accanto con cui si discuteva di politica seduti sulle panchine della piazza Garibaldi. Nel 1910 sulle pagine del quotidiano La Stampa, il critico Giuseppe Antonio Borgese, presenta Guido Gozzano, Fausto Maria Martini, Carlo Chiaves e Marino Moretti, come poeti crepuscolari. Artisti che non hanno nulla da dire e nulla da fare, ma se siamo ancora qui a insegnarli nelle nostre classi forse qualcosa di buono hanno detto. In particolare trovo intrigante Marino Moretti per la sua discreta ambiguità.  Ha uno strano destino, cosa non di poco conto per chi come me legge i segni e interroga gli astri: nasce il 18 luglio 1885 e muore il 6 luglio 1979 a Cesenatico. La coincidenza di nascere e morire nel pieno dell’estate mi è sempre sembrato un affronto, una presa in giro da parte del destino. Inoltre nelle antologie per le scuole superiori viene spesso solo nominato come esponente della corrente crepuscolare, nonostante si caratterizzi per una sua profonda originalità. Malinconico, ma anche ironico e irriverente verso un mondo in bilico tra nostalgia e desiderio, in alcuni versi mostra una gran voglia di trasgressione. Un forte desiderio di vita. Altro che “animula” o “disperato pellegrino”.  In particolare mi riferisco all’assoluta modernità di Moretti in Ti ribelli (dalla raccolta Poesie scritte col lapis) i cui versi raccontano di abbracci sensuali e ricerca di emozioni d’alcova, più vagheggiate che realizzate.
Ti ribelli? Ti ribelli? Ma come? Non sai che sei La mia schiava e ch’io potrei afferarti pei capeli? Io son colui che ha la bava Qui qui tra labbra e gengiva e tu sei ben remissiva e tu sei ben la mia schiava.
Come suonano strani questi versi, soprattutto se penso ad un poeta che rifiuta l’orizzonte carnale dannunziano! Quanto contrastano con la domestica pigrizia pascoliana, in cui mamma e sorella sono le uniche donne degne di amore. La poesia, però, ha il brutto vizio di celare più che di rivelare. E chi afferma che sia specchio del cuore, forse non sa che, chi scrive versi, è come una gazza ladra: non offre, bensì ruba la verità. Chissà quale verità celava Moretti quando in Più vecchia di me, raccontava del suo amore adolescenziale per una signorina di dieci anni più anziana. Questa donnina, ormai rassegnata ad un’esistenza grigia, dopo la morte del fidanzato per pleurite e privata delle gioie del talamo, diventa una tentazione per questo timido poeta “giuro che sei la prima… la prima donna che…”. Ovviamente l’ellissi del verso finale non lascia dubbi sull’intenzione…
Quando racconta l’universo femminile, Moretti spesso si riferisce a figure di donne incontrate nella sua infanzia. Ha ben presente la figura materna, le suorine del collegio, la maestra di piano e la signora Lalla. Quadretti di donne di provincia, un po’ dimesse e perdute nei loro ricordi. Un posto privilegiato nel suo cuore è riservato alla sorella, presso la quale si reca in visita a Cesena.  Nella poesia A Cesena, è ormai una donna sposata e solo apparentemente felice. A Moretti, infatti, sono sufficienti pochi gesti di lei, il tono più alto di voce, le parole che le escono dalla bocca veloci come il vento, per capire che in fondo quella non è altro che una serenità ostentata.
In realtà sembra che nelle poesie di Marino Moretti non ci sia posto per la felicità delle donne: sono sole, alcune in ristrettezze economiche, altre rintanate in convento oppure come nella Figlia unica la figliola viene descritta impietosamente arcigna, beghina, poco avvenente, costretta suo malgrado a sottostare al controllo di mammà (nonostante dentro di lei arda il desiderio per un uomo). Per Moretti l’amore, quello sensuale, resta out. Resta un miraggio lontano, un desiderio inespresso come in Diva. Un capriccio di lei smorzato nel rifiuto di lui. Un malizioso tentativo di seduzione da parte di una ragazzina fin troppo sveglia verso il giovane poeta, giocato con l’offerta di una sigaretta al posto della mela, che ovviamente Moretti non può e non vuole cogliere.
Mi chiedo, infatti, se la risposta del perché Marino Moretti abbia raccontato in modo così impietoso il suo universo femminile fatto di figlie al capezzale della madre, di donne né giovani né belle, prive di grazia, di signorine quarantenni in perenne attesa di un cavaliere, non sia da cercare nei versi dedicati all’amico Poggiolini. L’amico dal mite sguardo di fanciulla.
Ilaria Cerioli
***
Io sono come un albero sempre verde, mai nudo. Io mai fui nudo e crudo, mai mi màculo o àltero. Per quanto ho gusto e fiato dono, sprono, perdono. Sono contento. Sono Però sempre in agguato.
*
Dall’A alla Zeta
Chi ti contende il nome di poeta? Chi ti vuol tutto ormai risolto in prosa? Che cosa sei, che cosa, se nell’arte minore che ti agghiaccia quello che sai lo sai dall’A alla Zeta, e di ciò il cruccio ti si vede in faccia insieme ai segni delle tue rancure?
Io rispondo: Cucù! Quello ch’io sono ignoro e dovrai pure ignorarlo anche tu.
*
L’altro me stesso
L’altro me stesso guarda il suo giardino, guarda le cose intorno, sorride a queste cose, al verde, al giorno, a tutto come quando era bambino. E qui sente che il tempo s’è fermato, che s’è come staccato da tutto il resto e la morte è lontana, e che ogni attesa è vana, se non esiste più ora e stagione, ma soltanto quel bosso e quel giardino.
Perch’io son quel bambino con la sua sfida nella mia prigione.
*
Io non mi dolgo di non inventare la mia modernità, ché il moderno e l’eterno non mi prendono alla gola, e il mio dramma non è questo. E che sia più modesto non lo sorprende anche perché lo sa. C’è un altro in me ch’altre più cose sa.
Marino Moretti
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dinosaursfuledhumanmonkey · 2 years ago
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come se fosse facile
Sei ancora capace? 
A riscrivere il padre nostro 
Ad accogliere nel tuo grembo il tuo infinire 
Il tuo mascherato sincreto di lamento 
Di piccolo baffo sottile e spesso 
Annesso e connesso 
Luci di piccole lepri si rincorrono  
Come se fossero luci nel benevento 
Più sole più vento 
Luce e discomforto di questo cielo 
Arrossato e spento 
Come se fosse 
Specchio del mio sincero gesto 
Come se fosse gesso 
Mentre sul fuoco brilla  
Il bacio del signore e del suo anello.
 
Bastino i bacci di boccale 
Si schiantino in segreto tra lo stupore 
Come se fossero venuti giù dal mare 
In un vortice di bianco squame  
Gli spilli ascoltano dai portici e dagli anfratti 
Piccoli innamorati 
Bacini ed amanti, taciti matti 
Come fossero santi 
Senza pregiudizi e morali 
Ascolatano dalgli anfratti 
Gli spettri e i cani. 
Si mangiano, si accanano 
E poi si azzannano, di affanno 
Si rimboccano il bavero 
Guardano 
Si fermano 
Si arrestano 
Come fossero bambini di pesto 
Sciolti tra gli sguardi del sale  
Tra l’acqua di mare 
Tra le alghe.
Ma qualcuno bussa a una porta 
Come fosse un gioco di carte 
Di donne e regine, di ancelle e di frigide 
Tra chi arriva a castello e chi dall’oste 
Chi bussa, chi risponde 
C'è un uomo con una luce sotto il mantello 
E fa il vagabondo 
Un tempo era un mistero  
Di voci e sussurri 
Ma è vero 
Lui può vederti dentro 
Profezie terribili aspettano 
Come fossero scalini per un convento 
Abbandonato e argilloso il paviemnto 
Non vi ticcettano passi ma solo veli  
Segni nel deserto 
Di pitture sul petto e guerrieri.
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petcare4all · 3 years ago
Text
Perché non dovresti mai tagliare i baffi di gatto?
Perché non dovresti mai tagliare i baffi di gatto?
I baffi sono la crescita rigida dei peli sul viso e sulle gambe di un gatto. Oltre a rendere il nostro piccolo gattino più carino, questi baffi sono il sistema GPS e radar di un gatto. Devi aver sempre sentito di non tagliare o tagliare mai i baffi del tuo gatto, nell'articolo qui sotto saprai perché è così: Come funzionano i baffi? Ogni singolo baffo / pelo del tuo gatto è una raccolta di nervi…
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deadlyneko-chan · 3 years ago
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Non preoccuparti, ci sono io qui per te
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Parte 2
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Quando la mia coscienza riemerse abbastanza da rendermi abbastanza vigile la prima cosa che sentì fu il rumore di computer, oltre a quello non sentivo altri rumori nel luogo in cui mi trovavo, poi mi sono accorta che ero sdraiata su una superficie molto dura e scomoda. Con un gemito aprì gli occhi ma, nemmeno pochi secondi dopo la luce lì fece richiudere, lentamente ho aperto e richiuso gli occhi fino a quando non si abituarono alla luce, anche se bassa. Lentamente mi misi seduta, allontanando la mia povera schiena dolorante dalla superficie dura, nel processo mi misi una mano sulla testa palpitante e i ricordi di tutto quello che mi era successo mi inondarono la mente accompagnati dal un leggero dolore pulsante alle tempie.
Sigila: Mm~ La mia testa… 
Ma non appena ho appoggiato la mano sulla mia testa tutto il mio corpo mi si congelo e il respiro lasciò i miei polmoni il dolore e il disagio dimenticato, ho notato che le mie orecchi non erano più sui miei lati ma, trascinando la mano verso l'alto le ho trovate. Avevo orecchie grandi, appuntite, pelose e morbide, ho anche notato che erano un po' sensibili al tatto.
Sigila: * Adesso capisco perché il rumore dei computer è così chiaro *
Lasciandole ho trasferito la mano sui miei capelli, anche questi diversi, infatti erano molto lisci e morbidi come la seta, e quando ho preso una ciocca ho notato che erano anche molto lunghi forse arrivavano fino alla fine delle mie scapole o alla metà della schiena. Mi sono meravigliata dal loro meraviglioso colorito, erano letteralmente di uno splendido nero, erano lucidi ma, non sporchi era come il manto di un gatto in salute. 
Sigila: *Adoro i miei nuovi capelli, giuro che li curerò e gli starò dietro in modo che rimangano così *
Lasciando andare la ciocca ho portato le mani sul viso, e il respiro mi lasciò di nuovo invece di un volto umano ho sentito un muso leggermente allungato ma, non come quello di un cane o lupo, più simile a quello di un felino. Che mi convinse di più come teoria dal piccolo naso, penso che sia di un bel colore rosa o almeno da quello che riuscivo a intravedere, toccandolo l'ho sentito leggermente umido. Poi le mie labbra sono cambiate da una umana ad una felina, ho aperto la bocca e ho sentito delle piccole zanne leggermente appuntite non molto sviluppate ma, non meno pericolose e ho sentito la mia lingua leggermente ruvida, come quelle dei gatti ma, non ruvida come le loro… era una via di mezzo… per il resto era esattamente come quella di un gatto o almeno e quello che riuscivo a sentire all'interno della bocca. Non avevo i baffo ma, mi andava bene, così non ho il rischio che ci rimanga qualcosa appiccicato sopra. Quando ho preso un respiro profondo con il mio nuovo naso ho sentito molto odori, profumi in modo acuto, sentivo l'odore del ferro, di bruciato, sudore e un altro odore che sovrastata tutti gli altri ma non riuscivo a capire a cosa appartenesse… forse è l'odore naturale di Donatello…  Con quello in mente mi sono guardata intorno ma, non ho visto da nessuna parte la tartarughe geniale, con uno sbuffo spostai le gambe sul lato del tavolo ma non appena le vidi mi blocchi di nuovo. Riuscivo a vedere chiaramente le mie nuove gambe, per via dei pantaloni anche essi distrutti dalla mutazione ma, che coprivano la mia zona privata. Comunque le mie vecchie gambe umane, poco toniche e pallide, avevo delle meravigliose gambe lunghe, toniche e slanciate, strutturate come quelle feline non più dritte come quelle umane ma, ricurve o piegate come quelle feline. Inoltre erano, stranamente privo di pelo sia visibilmente e passandoci la mano non ne sentivo nemmeno uno… 
Sigila: * Niente più ceretta o lametta, creme depilatorie! Niente più problemi dell'indossare abiti che rivelino le gambe!!! *  
Continuando a guardarle mi sono meravigliata della colorazione grigio chiaro maculato, la macchie ovviamente erano nere, come i miei capelli. Il ventre ho notato che era di un meraviglioso bianco e tonico, che sembrava salire fino al mio petto, che era ancora nascosto dalla mia maglietta ormai rovinata e lacerata dalla mia mutazione. Fortunatamente copriva ancora quello che doveva coprire, e tipo mi sono meravigliata dalle dimensioni niente di eccessivo forse tipo una terza non ne sono del tutto sicura ma, prima non avevo petto se non fosse stato per il mio viso e capelli povero essere scambiata per un ragazzo. Ho anche notato che avevo una meravigliosa vita stretta, da rendere gelosa ogni modella, anche i miei fianchi erano larghi e rotondi anche questi farebbero vergognare le modelle. Anche i miei fianchi erano colorati di grigio chiaro anche maculato nero, penso che mi copra tutta la schiena, tanto che ho notato che la mia CODA! Sì! HO UNA CODA! Avevo lo stesso colore e macchie. Ed era bellissima~!!! Lunga, che sicuramente avrebbe quasi toccato il pavimento, pelosa e voluminosa, sicuramente tutto quel pelo la terrà al sicuro da urti o altri danni… il pelo era morbido e liscia, sono sicura che la notte l'abbraccerò e vi ci sprofonderò il viso. La punta della coda è rotonda colorata di nero, poi sotto uno spazio di grigio chiaro e sotto ancora una sottile spazio nero, che circondava tutta la coda. Anche le braccia erano ancora una struttura umana, con la stessa colorazione grigia chiaro con macchie nere che arriva fino al dorso delle mano, le dita delle mani… ancora cinque dita per mano… erano bianche ma, non avevano artigli ma unghie nere, che alla vista sembravano taglienti ma, non abbastanza per ferire qualcuno e mi andava bene non volevo fare male a nessuno, il centro di entrambi i palmi delle mani erano nere poi il resto era bianco e dal polso ricominciava il grigio chiaro. 
Sigila: * Sarà meglio che ci stia dietro e le limi un po' una volta a settimana per sicurezza… aspetta parlando di mani e unghie come sono i miei piedi?! *
Ho portato rapidamente il mio sguardo ai miei piedi o dovrei dire zampe… comunque, ricordavano quelli di un gatto ma, a differenza delle unghie delle mani i piedi erano muniti di artigli…
Sigila: * Penso che siano retrattili… tanto che vedo uscire solo delle punte molto… molto acuminate *
Almeno in tre dita vedevo queste punte ma... il quarto dito, che sinceramente mi intimoriscono dalla com'erano fatti. Infatti il dito era leggermente ricurvo verso l'alto per via dell'enorme artiglio che vi usciva, con uno sguardo più attento mi ricordavano gli artigli dei Velociraptor. E infatti se mi concentravo abbastanza riuscivo a farli muovere come si vede nei film.
Sigila: * Sarà stato difficile abituarsi a camminare su queste gambe… sicuramente il mio baricentro sarà cambiato… non solo per le mi gambe e piedi/zampe ma, mi sembra di essermi allungata… ed ero bassa nella mia versione umana 1.45 cm ora non saprei quanto sono alta fino a quando non trovo qualcuno con cui confrontarmi… Inoltre sarà difficile se non impossibile trovare delle calzature per le mie zampe… non importa infondo le tartarughe usano delle fasce quindi forse posso usarle anche io…*
Non appena ho finito di studiare il mio aspetto, notando dei cuscinetti neri sotto le zampe, il mio stomaco si fece sentire. Solo allora ho notato che avevo una grande fame, portandomi una mano sullo stomaco, ho guardato giù dal tavolo dove Donatello costruiva le sue macchine. Ho appoggiato le zampe per terra, le vedovo già tremate… 
Sigila: * Per quanto tempo ho dormito per avere le gambe così deboli? Inoltre dove sono tutti, non è da Donnie o Raph lasciare uno sconosciuto da solo nella loro tana. Inoltre è molto difficile far uscire o tenere Donnie lontano dal suo laboratorio e di solito era per una missione, pizza, sistemare il Turtle Tank, passare un po' di tempo con i suoi fratelli, a guardare Lou Jitsu o Jupiter Jim... *
Non mi soffermai sulla stranezza per molto tempo per via del costante brontolio del mio povero stomaco, con cautela e tenendomi per la cara vita al tavolo, appoggiai tutto il peso sulle gambe. Da come tremavano sicuramente per chi mi guardava avrebbe riso di me, sembravo un cerbiatto appena nato! Ho fatto alcuni passi intorno al tavolo per rinforzare le gambe, tenendo almeno una delle mani sulla superficie del tavolo, così d'avere un sostegno a cui tenermi. Alla fine abbastanza sicura di non cadere, fino a raggiungere un muro per uscire dal laboratorio di Donnie, lasciai il tavolo lentamente e con passi traballanti riuscì ad uscire dal laboratorio. Grazie a quante volte ho visto il film ma, soprattutto la serie e aver letto su internet come è strutturata la loro tana, inoltre grazie ai miei sensi sviluppati riuscivo a sentire odore di cibo al secondo livello. Tenendomi alla ringhiera scesi le scale lentamente, tenendomi vigile ad ogni passo, fino a arrivare al piano lasciando andare la ringhiera con passo incerto mi sono diretta verso la cucina. Ma mi fermai di colpo, con le orecchie dritte puntate davanti a me e gli occhi spalancati, ho visto il carapace blu-grigio con un motivo giallo e le code della bandana arancione… Mike… davanti a me in carne e ossa si trovava i solo e l'unico Michelangelo il fratello più giovane del gruppo, il più giocoso, spensierato, intuitivo, competitivo, creativo, compassionevole e chi più ne ha più ne metta! Il problema è che era impegnato, penso a cucinare qualcosa dal buon odorino che si poteva sentire, e conoscendolo sicuramente si sarebbe spaventato e di conseguenza avrebbe iniziato ad urlare… Parlando sinceramente non volevo spaventare la dolce tartaruga e avere un mal di testa ed orecchie… 
Sigila: * Meglio non far conoscere alle tartarughe tutti i dettagli della mia vita, meglio che mi astenga nel dire loro di tutte le sere, i fumetti i film creati su di loro… Inoltre non voglio alterare troppo gli episodi… E sarebbe meglio anche non dire della mia morte… Almeno per ora quando avremo fatto tutto quello di cui sono a conoscenza se sarà necessario gli racconterò tutto ma, per ora terrò la bocca chiusa *
Riportando lo sguardo su Mike, entrai lentamente in cucina, ancora traballante con le gambe e mi avvicinai al tavolo che fungeva da sia da tavolo da pranzo che come isola per cucinare. 
Sigila: S-Scusami... * Ti prego non urlare! Ti prego non urlare!!! *
Al suono della mia voce, cambiata anche questa come il mio corpo, attirò l'attenzione della tartaruga che si girò immediatamente e si rivolse a me con sguardo incredulo. 
Sigila: C-Ciao... Scusa l'improvvisa apparizione. Spero di non averti spaventato. Ti prego! Non urlare… 
Mike rimasse in silenzio per alcuni secondi prima di fare uno de suoi gridolini eccitati… almeno lo aveva tenuto basso… e lasciandosi alle spalle tutto quello che stava facendo si avvicinò a me, con un sorriso a trentadue due denti e ho visto l'adorabile spazio tra i denti davanti. Non appena fui alla sua porta mi ritrovai in un abbraccio da orso, non avevo mai avuto un abbraccio in tutta la mia vita ma, senza indugi ricambia l'abbraccio adorano già la sensazione. 
Sigila: * Anche se è il mio primo abbraccio, adoro la sensazione che porta… *
Una singola lacrima scese lunga la mia guancia, ma un sorriso mi apparve sul viso, chiusi gli occhi godendomi il mio primo abbraccio e spero non l'ultimo. Fino a quando non ho sentito provenire dal mio interno una vibrazione seguita subito dopo dal suono di fusa… cosa che ormai non mi sorprende più infondo sono letteralmente un felino, spero solo di non rimettere palle di pelo, al solo pensiero mi sentì male di stomaco… non so per quanto sia durato quell'abbraccio ma, alla fine con mio dispiacere Mike si allontanò sempre con il suo tipico sorriso, con una mano appoggiata sulla mia spalla. 
Mike: Ehi! Ben svegliata bella addormentata! Sono Michelangelo o Mikey o Mike! Comunque ci hai fatto stare in pensiero! Tipo eri tutta dolorante e dolce con Leo, poi dopo sei tutta svenuta per ben e dico ben tre giorni ragazza! Leo ogni poche ore veniva a controllarti e abbiamo obbligato Donnie a dormire un po'! Che non si fermava nemmeno per mangiare nel farti da dottore/infermiera! E... 
Sigila: Calmati Michelangelo… Riprendi fiato… Non scappo via… Uno perché non saprei dov'è l'uscita e secondo le mie gambe non riuscirebbero a portarmi molto lontano è già tanto che sia riuscita ad arrivare fin qui senza cadere.
Mike: Giusto! Tipo tre giorni che non cammini e poi appena ti svegli… Boom! Gambe completamente diverse, come il resto di te… N-non sei impazzita o d'altro…
Sigila: In verità mi piace molto come sono mutata… E... Sono anche felice di non dover più tornare a "casa". Sicuramente dovrò trovare un altro posto dove vivere ed è questa cosa che mi fa andare fuori di testa… Non avendo nemmeno un soldo o come farli ma, non impazzirò per essere diventata un felino o non impazzerò per te o chiunque altro mutante. Anzi dovrei ringraziare te, questo Leo e gli altri… che mi ricordo che c'erano più persone intorno a me prima di svenire. Comunque grazie mille Mike!
L'ho abbracciato, stringendolo a me il più possibile, che ricambiò subito. E proprio in quel momento il mio stomaco mi ricordo perché ero arrivata in cucina in prima luogo, Mike ovviamente lo sentì e ridendo divertito si allontanò da me tenendo entrambe le mani sulle mi spalle. 
Mike: Qualcuno è affamato e chi sono io per negare un buon pasto al nostro ospite. Inoltre ti aiuteremo noi con la tua situazione! Anche se sono curioso di sapere perché non vuoi tornare a casa tua? Tutti quanti vogliono tornare a casa loro… almeno che…
Anche se privo di sopracciglia, una delle sue arcate sopraccigliari si alzò, guardandomi in cerca di risposta ma, distolsi lo sguardo dal suo e con le guance rosse dal imbarazzo, una leggera stretta sulle spalle riportò il mio sguardo in quello di Mike e gli sorrisi timidamente.
Sigila: Non ne voglio ancora parlare Mike… Forse dopo quando si uniranno anche gli altri… almeno non devo raccontarlo più di una volta. Non è la fine del mondo ma, diciamo che la mia situazione non è la migliore né la peggiore… Inoltre questo è imbarazzante, il mio stomaco non fa altro che brontolare da quando mi sono svegliata… * La tana è ancora silenziosa e a parte Mike non ho visto o sentito nessuno parlare in lontananza… * Mike che ore sono?
Mike: Sono le 7:30 del mattino! Di solito mi sveglio a quest'ora per iniziare i preparativi per la colazione, ti sei svegliata giusto in tempo almeno posso fare più Pancake anche per te.
Sigila: Posso aiutarti a finire i preparativi ? Stare in piedi ora ci riesco a stare senza tanti problemi… Per la storia del camminare devo fare ancora un po' di allenamento ma, con l'aiuto di qualcuno almeno non cado di faccia…
Mike: Mhmm… Quando gli altri si sveglieranno parleremo della tua situazione attuale e di come aiutarti, soprattutto con Splinter. Inoltre sai cucinare?!
Sigila: Va bene non vedo l’ora di conoscere gli altri e sì! So cucinare fin da quado ho avuto l'età per stare ai fornelli… cucinavo principalmente per me…
Mike: Va bene sei dentro! Benvenuta a bordo...scusa come ti chiami? 
Sigila: Mi chiamo… *Aspetta! Questa è una nuova vita, un nuovo inizio e dimenticare quella vita orribile che avevo prima… posso lasciare il mio passato alle spalle * Mi chiamo Tsukiko no Hana e significa…
Splinter: Il suo significato è Fiore di Luna.
Tsukiko no Hana: KYAAAAH!!!
Urlai dallo spavento e mi gettai letteralmente nel petto di Mike per lo spavento, con la coda ora gonfia il doppio di quando mi sono svegliata e le orecchie appiattite contro la testa, ma a quanto pare la mia teoria di essere diventata più alta e pesante si è consolidata. Infatti non appena mi lancia contro Mike, che ne fu sorpreso e quindi nemmeno preparato nel prendermi, ci ritrovammo letteralmente per terra con me sopra un povero e disorientato Mike.
Splinter: HO! Scusami ragazza ma, non siamo abituati ad avere visite, figuriamoci degli ospiti. Comunque sono Splinter il padre e insegnante di Mike e dei suoi fratelli. 
Splinter si avvicinò a noi e mi aiuto per quanto poteva ad alzarmi in piedi e liberare così il povero Mike da un gatto spaventato da un ratto.
Tsukiko no Hana: Non si preoccupi Signor Splinter, ero presa dalla conversazione con Mike… Quindi non ho sentito il rumore dei suoi passi.
Splinter: Prima di tutto togli il signore o altri onorifici, per una ragazza così bella e con un nome altrettanto bello non ha bisogno di essere così formale con me. Secondo sono un maestro ninja quindi di solito sono silenzio di conseguenza ho il passo silenzioso è difficile sentirmi.
Mike: Lo posso confermare! Non so quante volte è riuscito a spiarci o ci ha fatto scherzi o li piace spaventarci!
Quando fui sicura di che le mie gambe riuscissero a reggermi mi girai verso Mike per aiutarlo ma, lo trovai già in piedi. Che osservava me e Splinter, gli sorrisi divertita con uno sguardo altrettanto divertito.
Tsukiko no Hana: Sinceramente… Se fossi al posto di Splinter lo farei anche io!
Mike: Traditrice! Mi sento ferito Tsuki nel sapere questo. 
Risi alla finta espressione di tradimento, con il solito finto broncio e le mani appoggiate sul piastrone dove si trovava il suo cuore.
Tsukiko no Hana: Ahahah~!!! Mi spiace Mike… E comunque mi piace Tsukiko e ti do il permesso di trovarmi un soprannome… però niente di troppo dolce. Quello lo lascio per il mio futuro ragazzo.
Mike: Sì! Ti giuro che non ti deluderò! 
Tsukiko: Ti credo…
Gli sorrisi avvicinandomi a lui e mettendo una mano sulla sua spalla stringendola leggermente, prima di girarmi lentamente e avvicinarmi con passi leggermente incerti verso il piano di cucina ma, a mia insaputa un certo topo gli si illuminavano gli occhi per la mia frase precedente.
Splinter: Quindi nessun ragazzo che aspetta il tuo ritorno?
Tsukiko: Pff… No, nessun ragazzo o amici in quel settore… A scuola ero considerata la strana ragazza, dalla quale è meglio stare lontani, da prendere in giro ma, fortunatamente non sono mai stata vittima di bullismo… Ho passato tutta la mia vita da… da sola. 
Una lacrima mi scese lungo la guancia, ma le ricaccia indietro e mi girai per via del silenzio improvviso ma, mi congelai sul posto alla vista delle altre tre tartarughe che si trovavano dietro a uno Splinter dispiaciuto e un Mike quasi in lacrime, pronto a corrermi incontro per consolarmi in ogni momento.
Tsukiko: Non vi ho sentito nemmeno voi tre ragazzi… Siete veramente abili nel essere dei ninja. Anche se mi sto abituando ai miei nuovi sensi.
Ma con mio dispiacere tutti rimassero a guardarmi in silenzio, lasciando in sospeso le mie parole e aspettando che continuassi… Sapendo già che non avrebbero lasciato andare l'argomento pressi un respiro tremante e guardai uno ad uno le persone presenti nella stanza e il mio sguardo rimasse fisso su quello di Leo, era così ipnotizzante e rassicurante allo stesso tempo.
Tsukiko: Cosa c'è da dire… Sì! la mia infanzia non è stata la migliore, ma nemmeno la peggiore. Sono sempre stata sola fin da quando sono nata… Infondo mia madre è morta dandomi alla luce e di conseguenza mio padre mi ha incolpato da quando ero la causa della morte di sua moglie. Quindi non riuscendo nemmeno a guardarmi figuriamoci a toccarmi sono stata allevata e curata da non so nemmeno quante babysitter. Alla fine quando sono diventata abbastanza grande per prendermi cura di me mio "padre" non ha più richiesto il servizio di una babysitter e da allora ho saputo cosa significava essere soli, impotenti, indesiderati ed essere trattata come un’assassina e un mostro… Per mio padre ero solo una bocca da sfamare e da istruire a sue spese.
Non mi accorsi che per tutto il mio racconto che le lacrime stessero cadendo liberamente sulle mie guance, non avevo nemmeno notato che le mie mani stessero tremando e che Mike, Splinter e Leo si erano avvicinati a me.
Tsukiko: Ogni singolo giorno della mia vita l'ho passata con una routine costante, l’unica cosa che mi tenesse sana di mente, cosa che non dovrebbe avere un bambino… Inoltre mia madre essendo orfana non aveva parenti dalla sua parte che potessero prendersi cura di me, tanto che quelli che l’avevano adottata erano abbastanza vecchie, niente fratelli o sorelle, niente… Invece quelli da parte di mio padre o gli a messi tutti contro di me o non avevano il tempo o la voglia di starmi dietro. Quindi vi chiedo un scusa ma, sono così gelosa di voi… Siete una famiglia e vi tenete al sicuro l'un l'altro, vi aiutate, vi confortate e avete un padre su cui contare e che ci tiene a voi… Per me era un semplice sogno e un desiderio irrealizzabile avere una famiglia come la vostra o che semplicemente mio padre per una volta mi notasse per quello che ero e che mi chiamasse bambina mia… Ma! Non è mai successo ed è per questo che ho passato più tempo possibile lontana da una casa priva di vita che ormai era diventata la mia prigione… Per questo ero fuori da sola quando quelli insetti sono apparsi e mi hanno punto… Ma sono felice che mi abbiano punto così finalmente… Finalmente sono libera di non dover tornare in quella vita… Sono libera da quella prigione… Finalmente sono… Libera…
Alle mie ultime parole le lacrime ormai uscivano senza sosta e il peso di non dover più tornare a quella vita, di non dover avere più mio padre che mi urlava contro per tutto quello che facevo, la solitudine costante sparì tutto di colpo, lasciandomi sollevata e felice per la prima volta. Quasi crollai per terra ma, invece, mi ritrovai circondata dal calore e quando mi guardai intorno mi trovai circondata dalle tartarughe e da Splinter che mi abbracciavano, un singhiozzo mi lasciò quando sentì le parole di Splinter.
Splinter: Non preoccuparti Tsukiko non sei più sola e d’ora in poi saremo noi la tua famiglia.
Così chiusi gli occhi e mi appoggia al piastrone più vicino e lasciai uscire tutte le lacrime e singhiozzi che avevo tenuto nascoste per tutti gli anni di infanzia passati da sola, di frustrazione e ho pianto per la mia morte, tanto che nessuno avrebbe pianto per me o mi avrebbe ricordata. Non so per quanto tempo siamo stati in questo modo ma, quando le lacrime smisero di scendere e i singhiozzi si fermarono, le mie gambe decisero di cedere in quel momento. Ma prima ancora che le mi ginocchia toccassero il pavimento un paio di braccia mi presero e mi ritrovai tenuta in stile sposa da Leo. Al quale arrossì furiosamente, con le lacrime ormai un vecchio ricordo, deve aver notato il mio rossore perché sul suo viso apparve un sorriso compiaciuto accompagnato da un'occhiolino e proprio in quel momento il mio stomaco ringhio così forte che tutti nella stanza rimassero in silenzio prima di scoppiare a ridere. Imbarazzata e completamente rossa in viso per la situazione un sorriso si fece largo, un sorriso di pure felicità, finalmente non ero più sola.
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stregadelcrepuscolo · 4 years ago
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Il primo dei 5 campanili... piccolo spoiler credo che a un certo punto abbiamo sbagliato strada perchè non li abbiamo beccati tutti ma oh se non sbagliamo strada almeno una volta non siamo noi🤣🤣🤣 Ryoga ci fa un baffo! #liguria #escursioniinliguria (presso Zoagli) https://www.instagram.com/p/COz0BYKnbvC/?igshid=1525fqyzurb6x
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gasphermind · 5 years ago
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.             ╰ 𝐩𝐞𝐧𝐬𝐢𝐞𝐯𝐞!
              📍 forest, hogwarts               📅 dec. 10, 2022               🔗 #𝖽𝖺𝗇𝗀𝖾𝗋𝗈𝗎𝗌𝗁𝗉𝗋𝗉𝗀
                      ・・・
 Dieci e quaranta di un normale mattino di dicembre. Kala Steeval, anagraficamente quindici anni ma mentalmente circa cinque, si è così distratta guardandosi intorno che ha perso tutti i compagni diretti al castello dopo un'interessantissima lezione di Cura delle Creature Magiche, forse la materia preferita della grifondoro. Quando se n'è accorta non ha avuto paura, ovviamente - a qualcosa dovranno pur servire le frequenti escursioni che fa da sola! -, ma ha un po' accelerato il passo onde evitare di tardare troppo alla lezione di Storia della Magia. Noiosa. Al solo pensiero le viene da sbadigliare, ma è abbastanza responsabile da ricordarsi che quest'anno ha i G.U.F.O. e che, se vuole passarli - ma, soprattutto, se vuole la scopa nuova e potentissima che le hanno promesso i genitori! -, deve seguire, studiare, impegnarsi.  Insomma, lei i buoni propositi li ha, poi che capiti di mezzo la vita è un altro conto. Ad esempio, non è colpa sua se adesso sente un flebile guaito provenire da un ammasso di foglie cadute: non potrebbe mai ignorarlo, rientra nel suo codice etico. Si avvicina, quindi, una mano che stringe il manico della bacchetta in legno d'alloro perché non si sa mai. Annusa l'aria, ma lei non è un lupo mannaro e non riconosce di certo tutto - persino le sensazioni, incredibile - dall'odore, quindi alla fine opta per scostare pian piano il manto aranciato — le viene un infarto, anche se, per fortuna, non letteralmente: una palla di pelo bianca le è saltata al petto, e lei per istinto la stringe, sentendo sotto i polpastrelli la familiare sensazione di pelo soffice. Soltanto adesso si concede di guardare in basso, scorgendo quello che pare essere un cucciolo di cane bianco. Un cane! Al limite della Foresta Proibita di Hogwarts! Non ci può credere e nemmeno riesce ad immaginare come sia finito lì, però intanto lo accarezza e gli fa buffi versi.  « Ma ciao, piccolo intruso! Ti nascondevi? Hai freddo? » attende come se si aspettasse davvero una risposta, ma intanto tasta delicatamente alla ricerca di un collarino che non viene pervenuto.
                      ( ・・・ )
 In quasi cinque anni - quasi perché, 𝐩𝐮𝐫𝐭𝐫𝐨𝐩𝐩𝐨, per sei mesi è stata in scambio culturale a Beauxbâtons - di permanenza al castello, la minore degli Steeval ha individuato un paio di angoli di cui quasi nessuno sembra essere a conoscenza. Il suo preferito? La torre che prima veniva usata come "carcere", dove ha fatto scoppiare i migliori calderoni nel vano tentativo di arrivare almeno ad una A in Pozioni. Brutta, bruttissima materia. E insomma, consapevole del fatto che sia un posto abbastanza dimenticato dalla numerosa popolazione di Hogwarts, ha deciso di portare lì Eugene - sì, gli ha dato già un nome -, perlomeno in attesa di capire che cosa fare. Il pensiero che possa avere un amico umano che lo stia disperatamente cercando la logora dentro perché si immedesima fin troppo, ma è abbastanza fiduciosa del fatto che, se così dovesse essere, li aiuterà a ritrovarsi.  Una volta scelta la stanza più calda, posa il cucciolo sul pavimento in pietra scura ed estrae la bacchetta, pronta a fare un baffo al cast di Extreme Makeover Home Magic!Edition: fa diventare le pareti di un celeste pastello, trasfigura una vecchia cassa in un divano letto - non lo lascerà solo di notte, dopotutto -, dei fogli di giornale in un tappeto morbido e da qualcuno di essi ricava persino due ciotole per il cane. È stanca, ma si sforza per il tocco finale: trasformare un cesto in una stufa. Ne esce una piccola, ma per non far morire di freddo il suo nuovo compare dovrebbe bastare! Alla fine di tutto è davvero esausta, per cui si siede sul divano e lascia che Eugene le salga sul petto.  « Ti ho portato delle foglie. » gli dice, ridacchiando per i baci che le sta dando. « Così puoi continuare a giocare come stavi facendo fuori, anche se quando si fa buio ti porto comunque a fare una passeggiata. Ma dovremo essere come dei ninja, capito? Non come prima. Chissà come hai fatto ad uscire indenne dalla notte di luna pie— oddio, per caso sei un cane mannaro? Fammi vedere subito le zanne! ( . . . ) »
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guascotta · 5 years ago
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Chi è Guascotta | Who’s Guascotta (english below) 🗣Facciamo un gioco? Io vi dico cosa vi dicono di me e voi mi dite cosa dicono di voi 😊 . 🗣Dicono di me che sia una che beve una pozione magica (@rita.giaquinta ), fa un baffo a Predolin (@prendiamocideltempo), una superdonna (@laviolaincucina), con una batteria ad energia infinita (@il_punto_p ). . 👩‍🍳Sono semplicemente una donna che fa di tutto per avere una dimensione riconducibile a se stessa. Sono intollerante al glutine e al latte e non voglio che sia un limite. È una sfida, è uno stimolo a cucinare bene, a mangiare bene. Perché tutto si può fare se si ha un piccolo spirito di adattamento e tanta determinazione. Sedetevi a tavola con me, i viaggi nel gusto e nei pensieri non finiranno mai. . 💓Vi auguro una bellissima giornata. . 🗣Would you play with me? I will tell you what people say about me and You will tell me what people say about you 😊 . 🗣People say I’m a woman who have drunk a magic potion (@rita.giaquinta ), Who is a superwoman (@laviolaincucina), Who has an infinite energy battery (@il_punto_p ). . I am simply a woman who does everything to have a dimension that can be traced back to herself. I’m gluten and milk intolerant and I don’t want it to be a limit. It’s a challenge, it’s an incentive to cook well, to eat well. Because everything can be done if you have a little spirit of adaptation and so much determination. Sit at the table with me, the trips in the taste and the thoughts will never stop. . Have a nice day! (presso Milan, Italy) https://www.instagram.com/p/B_rZ82_IfE1/?igshid=rldkhqf2q6ta
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