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All4Animals ha pubblicato un nuovo articolo: https://www.all4animals.it/2017/09/05/spagna-toro-de-la-vega-2017-e-principe-il-nome-del-toro-martire-di-questanno/
Spagna, Toro de la Vega 2017: è Principe il nome del toro-martire di quest'anno
Il Toro de la Vega, nella sua edizione 2017, si terrà il prossimo 12 settembre nonostante le proteste internazionali contro questa brutale manifestazione di tauromachia continuino senza sosta da anni. La cittadina spagnola di Tordesillas (Valladolid) non intende evolversi.
E’ stato nel frattempo reso noto il nome del toro vittima del consueto martirio annuale: Principe, un esemplare di cinque anni e mezzo e di 630 chili di peso, appositamente allevato dall’azienda Hermanos Sanchez Herrero, che mette a disposizione i suoi tori per le manifestazioni di tauromachia.
Principe, come è avvenuto per il toro dello scorso anno durante l’evento (ribattezzato per l’occasione Toro de la Pena), non sarà ucciso in pubblico durante l’encierro. Tuttavia, inutile sperare: la sorte dell’animale è segnata e l’esperienza di tutti gli anni passati ci insegna che, nonostante la presenza certa degli attivisti per i diritti animali, Principe non sarà risparmiato. Verrà molto probabilmente ucciso nel corso di una corrida oppure direttamente in mattatoio.
Durante l’edizione dello scorso anno, Pelado – il toro-martire dell’evento – era certamente sopravvissuto al brutale assedio dei lancieros a cavallo e a piedi. Tuttavia, in segreto, pare sia stato ripetutamente “utilizzato” nel corso degli svariati eventi di tauromachia nel corso del festival della Virgen de la Pena, che dura un’intera settimana, per morire poi in corrida per mano di un matador. Tra l’altro, Pelado non era certamente stato l’unico toro a cadere sotto i colpi dei brutali e involuti tordesillani.
Lo scorso anno, Tordesillas aveva deciso di modificare il nome del suo evento da Toro de la Vega a Toro de la Pena perché la Municipalità era impegnata in una battaglia legale sul tema. Quest’anno, è ritornata alla dicitura originaria: Toro de la Vega. Principe non verrà guardato morire dai manifestanti inferociti e disperati.
Ma, non di meno, morirà per la mano violenta dell’uomo. Come tutti i tori che lo hanno preceduto e come tutti quelli che lo seguiranno, fino a che questa selvaggia e barbara brutalità legalizzata – e accettata sotto l’egida della presunta “tradizione” – non verrà definitivamente fermata.
Nella foto: Principe, la vittima predestinata dell’edizione 2017 del Toro de la Vega (fonte Amigos de Toros Para Todos).
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All4Animals ha pubblicato un nuovo articolo: https://www.all4animals.it/2017/08/03/dossier-ecco-il-rapporto-zoomafia-2017-di-lav-i-crimini-italiani-contro-gli-animali/
[DOSSIER] Ecco il Rapporto Zoomafia 2017 di LAV: i crimini italiani contro gli animali
“LAV presenta il “Rapporto Zoomafia 2017. Analizzati i dati delle procure: in aumento le denunce +1,68% e gli indagati +13,31%. Ogni 57 minuti un nuovo fascicolo per reati contro gli animali. Una persona denunciata ogni 80 minuti. Allarme combattimenti, +38% il numero di persone denuciate, +189% i cani sequestrati. Corse clandestine di cavalli e traffico di cuccioli tra le prime emergenze zoomafiose. “Cupola del bestiame”, macellazione clandestina, sofisticazioni alimentari mantengono la loro pericolosità. Allarme anche per contrabbando di fauna esotica e pesca illegale, zoocriminalità minorile e traffici di animali via web.
I combattimenti tra animali, le corse clandestine di cavalli e le truffe nell’ippica, il business dei canili e il traffico di cuccioli, il contrabbando di fauna e il bracconaggio organizzato, le macellazioni clandestine e l’abigeato, la pesca di frodo e le illegalità nel comparto ittico e l’uso di animali a scopo intimidatorio o per lo spaccio di droga, i traffici di animali via internet e la zoocriminalità minorile: questi gli argomenti analizzati nel Rapporto Zoomafia 2017 redatto da Ciro Troiano, criminologo e responsabile dell’Osservatorio Zoomafia della LAV. Il nuovo Rapporto, alla sua diciottesima edizione, analizza lo sfruttamento illegale di animali ad opera della criminalità, nel 2016.
“I crimini contro gli animali sono una tema di rilevanza nazionale perché la legalità e i diritti animali sono questioni strettamente connesse e, spesso, i crimini contro gli animali nascondono, determinano o si accompagnano ad altri tipi di reati – sostiene Ciro Troiano-. Del resto la criminalità organizzata è un male totalitario che mira a controllare e a dominare tutto: cose, uomini, animali e il loro ambiente.
In quest’ottica la zoomafia si manifesta come evidente espressione dello specismo: sfruttamento di altre specie a vantaggio esclusivo di piccoli gruppi”.
I dati delle Procure: ogni 57 minuti un nuovo fascicolo per reati contro gli animali
Da anni il Rapporto Zoomafia pubblica i dati delle varie Procure italiane, relativi ai reati conto gli animali.
L’Osservatorio Nazionale Zoomafia della LAV ha chiesto alle 140 Procure Ordinarie e alle 29 presso il Tribunale per i Minorenni, i dati relativi al numero totale dei procedimenti penali sopravvenuti nel 2016, sia noti che a carico di ignoti, e al numero di indagati per reati a danno di animali, segnatamente per i seguenti reati: uccisione di animali (art. 544bis cp), maltrattamento di animali (art. 544ter cp), spettacoli e manifestazioni vietati (art. 544quater cp), combattimenti e competizioni non autorizzate tra animali (art. 544quinquies cp), uccisione di animali altrui (art. 638 cp), abbandono e detenzione incompatibile (art. 727 cp), reati venatori (art. 30 L. 157/92) e, infine, traffico illecito di animali da compagnia (art. 4 L. 201/10).
Le risposte sono arrivate dal 74% delle Procure Ordinarie e dal 96% di quelle per i Minorenni, la percentuale più alta da quando abbiamo iniziato questo tipo di analisi. In particolare le risposte sono arrivate da 104 Procure Ordinarie e da 28 Procure presso i Tribunali per i Minorenni.
Sommando le risposte delle Procure Ordinarie e delle Procure presso i Tribunali per i Minorenni si arriva al 78% di tutte le Procure del Paese. Il totale dei procedimenti sopravvenuti nel 2016, sia a carico di noti che di ignoti, per i reati a danno degli animali e per il campione del 74% delle Procure Ordinarie, è di 6848 fascicoli (3030 a carico di noti e 3818 a carico di ignoti) con 4710 indagati.
Esaminando i dati di un campione di 85 Procure su 140 che hanno risposto sia quest’anno che l’anno passato (un campione pari al 61% di tutte Procure Ordinarie) i procedimenti nel 2016, rispetto al 2015, sono aumentati del +1,68% (5987 fascicoli nel 2016 e 5888 nel 2015) mentre gli indagati sono aumentati del +13,31% (3984 indagati nel 2016 e 3516 nel 2015). Proiettando i dati del campione del 74% delle Procure Ordinarie su scala nazionale, tenendo presente le dovute variazioni e flessioni, si evince che nel nostro Paese si aprono circa 25 fascicoli al giorno, uno ogni 57 minuti, per reati a danno di animali con una persona indagata ogni 80 minuti circa.
Si rileva un aumento di circa un fascicolo in più al giorno rispetto agli anni scorsi.
“Come sempre ricordiamo che si tratta di stime basate su un campione e non sul numero totale delle Procure italiane e che non hanno la pretesa si essere esaustive, ma solo indicative – spiega Ciro Troiano -. Un altro aspetto da considerare è che in generale sono di più i reati denunciati a carico di ignoti che quelli registrati a carico di autori noti. Se si considera poi che, notoriamente, i processi celebrati che arrivano a sentenza sono poco meno del 30 per cento, e di questi solo la metà si concludono con sentenza di condanna, i crimini contro gli animali che di fatto vengono puniti con sentenza sono solo una minima parte rispetto a quelli realmente consumati”.
I crimini contro gli animali più contestati
Dall’analisi dei crimini contro gli animali consumati in Italia si evince che il reato più contestato è quello di maltrattamento di animali, art. 544ter cp, con 2325 procedimenti, pari al 33,95% del totale dei procedimenti (6848), e 1808 indagati.
Seguono: uccisione di animali, art. 544bis cp, con 2140 procedimenti, pari al 31,25%, e 474 indagati; reati venatori, art. 30 L. 157/92, con 1195 procedimenti, pari al 17,45%, e 1059 indagati; abbandono e detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura, art. 727 cp, con 1005 procedimenti, pari al 14,67%, e 906 indagati; uccisione di animali altrui, art. 638 cp, con 385 procedimenti, pari al 5,62%, e 182 indagati; traffico di cuccioli, art. 4 L. 201/10, con 51 procedimenti, pari allo 0,74%, e 107 indagati; organizzazione di combattimenti tra animali e competizioni non autorizzate, art. 544quinquies cp, con 24 procedimenti, pari allo 0,35%, e 155 indagati; infine, spettacoli e manifestazioni vietati, art. 544 quater cp, con 23 procedimenti, pari allo 0,33%, e 19 indagati. Il reato di cui all’art. 727 cp conferma il suo scarso valore preventivo per l’abbandono di animali.
Nel 2016, sempre per il 74% delle Procure Ordinarie, sono stati aperti 1005 fascicoli, 695 a carico di noti e 310 a carico di ignoti, per un totale di 906 indagati.
La stragrande maggioranza delle denunce per il reato di cui all’art. 727 cp riguarda il secondo comma dell’articolo che punisce la detenzione degli animali in condizione incompatibile con la loro natura, quindi il numero dei casi di abbandono effettivamente denunciati risulta davvero insignificante.
È una disposizione penale che rappresenta una risposta inefficace e per nulla persuasiva per un reato così diffuso. Per quanto riguarda l’analisi del reato di uccisione di animali, punito dall’art. 544bis del codice penale, nei distretti delle Procure di Lodi, Novara, Patti, Rovereto, Rovigo, Savona e Varese nel 2016 non è stato aperto neanche un fascicolo per uccisione di animali. Appare altamente improbabile che in tali province non si sia verificato neppure un caso di avvelenamento di animali o altro tipo di uccisione.
Il reato previsto dall’art. 544quater cp, spettacoli e manifestazioni vietati, è leggermente aumentato rispetto all’anno precedente, ma il numero degli indagati è diminuito: 23 procedimenti con 19 indagati.
Nel 2015 ci furono complessivamente 21 procedimenti con 44 indagati Per l’art. 544quinquies cp, combattimenti e competizioni non autorizzate tra animali, invece, sono stati registrati 34 fascicoli con 155 indagati. L’anno precedente i fascicoli erano 17 e gli indagati 71. I fascicoli sono raddoppiati, mentre il numero degli indagati è aumentato del +118%. Giova ricordare che questo reato punisce anche eventi come le corse clandestine di cavalli e non solo i combattimenti.
I reati previsti dalla normativa sulla protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio, art. 30 della legge 157/92, pur confermandosi i più diffusi dopo quelli di maltrattamento e uccisione di animali, hanno visto un brusco calo dei casi accertati. Nel 2016, sempre sul campione del 74% delle Procure ordinarie, sono stati aperti 1195 fascicoli (894 noti e 301 ignoti), con 1059 indagati.
Nel 2015, invece, su un campione minore di procure, il 66%, i fascicoli aperti furono 1353 (975 noti e 378 ignoti) con 1184 indagati.
C’è stata una diminuzione del -9% dei reati venatori accertati se si confrontano i dati disponibili delle Procure per i due anni in esame.
“Non possiamo non mettere in relazione questo dato con il ridimensionamento della polizia ambientale avvenuto con la soppressione dei corpi di polizia provinciale e con la situazione di stallo e riduzione delle attività che si era venuta a creare prima del passaggio del Corpo Forestale all’Arma dei Carabinieri, a causa delle insicurezze e delle incertezze generate dall’imminente accorpamento – continua Troiano -. I nostri timori per la diminuzione della vigilanza ambientale sul territorio, espressi nelle edizioni precedenti di questo Rapporto, non erano infondati: se non vi è la presenza degli uomini in divisa sul territorio non vi sono accertamenti di illeciti. Chi fa vigilanza venatoria? Chi scova i bracconieri?”
Per quanto riguarda il traffico illecito di animali da compagnia, reato previsto e punito dall’art. 4 L. 201/10, nelle Procure esaminate nel 2016 sono stati aperti 51 procedimenti (46 noti e 5 ignoti), con 107 indagati.
C’è stato un aumento dell’+89% nel numero dei fascicoli e del +132% del numero degli indagati: nel 2015 furono aperti 27 procedimenti (25 noti e 2 ignoti), con 46 indagati.
La geografia dei crimini contro gli animali
I dati pervenuti dalle Procure Ordinarie ci offrono uno spaccato reale dei reati contro gli animali accertati sul territorio nazionale e ci consentono anche un’analisi della distribuzione geografica dei crimini contro gli animali.
Si evince che la Procura con meno procedimenti per reati contro gli animali, è quella di Savona con 2 procedimenti e indagati. Seguono Varese (4 procedimenti e 4 indagati), Vasto (10 procedimenti e 7 indagati), Vallo della Lucania (15 procedimenti e 3 indagati), Novara (20 procedimenti e 7 indagati) e Matera (21 procedimenti e 14 indagati). La Procura di Brescia, sempre in base al campione del 74% analizzato, si conferma quella con più procedimenti iscritti per reati contro gli animali nel 2016: 449 procedimenti con 357 indagati. C’è da dire che più della metà dei procedimenti, 275 fascicoli, pari al 61% del totale, riguarda i reati venatori con il 73% degli indagati (261 persone). Sicuramente, poi, alcuni casi di maltrattamento, uccisione e detenzione incompatibile di animali saranno reati connessi all’attività venatoria.
È noto che la provincia di Brescia rappresenta l’hotspot del bracconaggio più importante d’Italia quindi il numero dei procedimenti per tali reati influisce notevolmente sulla media totale dei reati contro gli animali registrati. Seguono Foggia (307 procedimenti e 65 indagati), Udine (213 procedimenti e 126 indagati), Napoli (170 procedimenti e 159 indagati), Roma (168 procedimenti e 220 indagati), Verona, con 165 procedimenti e 118 indagati e Torino con 163 procedimenti e 89 indagati.
Combattimenti tra animali: vero allarme
133 cani sequestrati, 29 persone denunciate per reati che vanno dal maltrattamento alla detenzione incompatibile, all’organizzazione di combattimenti; un combattimento interrotto in flagranza: questi i dati relativi al 2016. Il numero dei cani sequestrati ha avuto un’impennata: si registra un aumento del +189% dei cani sottoposti a sequestro e del +38% delle persone denunciate rispetto al 2015.
Ritrovamenti di cani con ferite da morsi o di cani morti con esiti cicatriziali riconducibili alle lotte, furti e rapimenti di cani di grossa taglia o di razze abitualmente usate nei combattimenti, sequestri di allevamenti di pit bull, pagine Internet o profili di Facebook che esaltano i cani da lotta, segnalazioni: questi i segnali che indicano una recrudescenza del fenomeno.
Per contrastare il preoccupante aumento delle lotte clandestine è tornato attivo il numero LAV “SOS Combattimenti” tel. 064461206. Lo scopo è quello di raccogliere segnalazioni di combattimenti tra animali per tracciare una mappa dettagliata del fenomeno e favorire l’attivazione di inchieste giudiziarie e sequestri di animali.
Corse clandestine di cavalli, ippodromi & scommesse
La presenza della criminalità nel mondo dei cavalli, delle corse e degli ippodromi è sempre stata forte. Recenti inchieste hanno confermato l’interesse di alcuni sodalizi mafiosi, in particolare di alcuni clan. Le corse clandestine di cavalli confermano la loro pericolosità: solo nel 2016, con dati che riguardano sia le corse clandestine che le illegalità nell’ippica, ci sono stati 8 interventi delle forze dell’ordine, 3 corse clandestine bloccate, 36 persone denunciate, 24 persone arrestate, 22 cavalli sequestrati, 4 stalle e un maneggio sequestrati.
Secondo i dati ufficiali relativi all’elenco dei cavalli risultati positivi al controllo antidoping, ai sensi del regolamento delle sostanze proibite, 61 cavalli che nel 2016 hanno partecipato a gare ufficiali, sono risultati positivi a qualche sostanza vietata. Gare svolte in diversi ippodromi d’Italia, da Albenga a Napoli, da Aversa a Firenze, da Torino a Palermo, passando per Trieste, Montecatini, Milano, e Siracusa.
Queste, invece, alcune delle sostanze trovare nei cavalli da corsa nel 2016: Altrenogest, Benzoilecgonina (metabolita della cocaina), Betametasone, Caffeina, Clortalidone, Codeina, Desametasone, Diossido di Carbonio (TCO2), Ecgonina Metilestere, Estranediolo (Metabolita Nandrolone), Fenilbutazone, Flunixin, Morfina, Procaina, Stanozololo, Teofillina, Testosterone.
L’affare dei canili e del traffico di cani
Secondo i dati in nostro possesso, sempre senza la pretesa di essere esaustivi, sono almeno 5 i canili, con oltre 200 cani, sequestrati nel corso del 2016 e 5 le persone denunciate per reati che vanno dalla truffa al maltrattamento all’esercizio abusivo della professione di veterinario. Il business legato alla gestione di canili “illegali” (strutture spesso sovraffollate e inadeguate sotto l’aspetto igienico sanitario e strutturale) così come il business sui randagi, mantiene intatto il suo potenziale criminale che garantisce agli sfruttatori di questi animali introiti sicuri e cospicui, grazie a convenzioni con le amministrazioni locali per la gestione dei canili.
Aumentano le denunce per il traffico di cuccioli importati illegalmente dai Paesi dell’Est.
Secondo i dati che ci sono stati forniti dagli organi di Polizia giudiziaria, negli anni 2015 e 2016 sono stati sequestrati 964 cani e 86 gatti (dal valore complessivo di 717.800 euro). E questi sono solo quelli che sono stati intercettati. Sono 107 le persone denunciate nel 2016. L’analisi della nazionalità delle persone denunciate conferma la transnazionalità di questo tipo di reato: russi, ungheresi, bulgari, serbi, moldavi, ucraini, slovacchi, rumeni e, ovviamente, italiani.
L’importazione illegale di cuccioli, vede attivi gruppi organizzati, che fanno uso di modalità operative raffinate, e che hanno reti di appoggio e connivenza.
I traffici internazionali di fauna e il bracconaggio
Il traffico internazionale di animali e piante rare non accenna a diminuire.
Nel 2016 la Cites dell’ex Corpo Forestale dello Stato ha accertato 78 illeciti penali e 194 illeciti amministrativi per un totale di 516.430 euro, e compiuto 100 sequestri. Boa constrictor, testuggini, corallo, procioni, macachi, cebi cappuccino, canguri, crotali, varani, pitoni, leopardi, tigri, farfalle e cavallucci marini: alcune delle specie degli animali sequestrati.
Sono stati sequestrati anche 70 chili di avorio, 5 corni di rinoceronte, pelli di ghepardo e coccodrillo, confezioni di medicina alternativa orientale con parti di animali. Traffici di armi rubate o clandestine, resistenza e minacce agli organi di vigilanza, attentati alle auto di servizio: il bracconaggio continua a manifestare la sua pericolosità. I sequestri di armi clandestine testimoniano il forte interesse della criminalità organizzata per alcune attività illegali contro la fauna selvatica.
Recenti inchieste hanno accertato gli interessi di alcune ‘Ndrine per la caccia di frodo e la vendita di fauna selvatica.
Note le infiltrazioni, soprattutto a Sud, di personaggi malavitosi nella cattura e vendita di cardellini e altri piccoli uccelli. In alcuni territori l’uccellagione e i traffici connessi o il bracconaggio organizzato sono sotto il controllo dei clan dominanti.
Armi clandestine, trappole esplosive, munizioni, esplosivi, visori notturni e puntatori a intensificazione di luminosità, balestre, pistole, fucili illegali, coltelli questi alcune delle armi e strumenti sequestrati nel 2016. Senza tregua il traffico di fauna selvatica nel mercato abusivo di Ballarò a Palermo, dove ogni settimana sono venduti centinaia di uccelli, e in altri mercati come a Messina, Napoli e di altre città del Sud.
L’abbattimento o la cattura di specie particolarmente protette è diventato un fenomeno pericolosamente diffuso: lupi, orsi, Ibis eremita, cicogne, rapaci.
La “Cupola del bestiame”
Abigeato, falso materiale, associazione per delinquere, doping, maltrattamento di animali, macellazione clandestina, pascolo abusivo, ricettazione, truffa aggravata, concorso in associazione mafiosa, truffa, estorsione, porto illegale di armi da fuoco, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, contraffazione di marchi, commercio alimenti nocivi: sono solo alcuni dei reati accertati nel corso del 2016 tra le illegalità negli allevamenti e nel commercio di alimenti di origine animale. Tra i beni sequestrati a mafiosi ci sono anche allevamenti, mandrie, cavalli, bovini, caseifici. L’abigeato non trova tregua, ogni anno spariscono nel nulla circa 150.000 animali.
Animali di provenienza sconosciuta, farmaci illegali, stalle e allevamenti abusivi, cure veterinarie mai registrate e animali tenuti in condizioni di sovraffollamento o senza il rispetto delle norme igieniche: questi alcuni casi accertati nel 2016. Diverse le forme di macellazione clandestina, che vanno da quella domestica, o per uso proprio, a quella organizzata, riconducibile a traffici criminali, da quella collegata alla caccia di frodo a quella etnica.
Le sofisticazioni alimentari creano sempre maggiore allarme sociale. Tonnellate di alimenti di origine animale sequestrate.
Questi alcuni dei casi scoperti: cagliate in cattivo stato di conservazione, carne avariata sprovvista di bolli sanitari, tonnellate di salumi in condizioni pessime, migliaia di uova di dubbia provenienza, utilizzo fraudolento dei solfiti nella carne.
“Malandrinaggio” di mare: un malaffare a danno della biodiversità marina
Il mare in mano ai pirati della pesca di frodo, che con le loro flottiglie depredano le popolazioni di pesce, devastano i fondali, impoveriscono la biodiversità. Tonnellate di tonno rosso, di pesce spada, di molluschi, di novellame, di anguille, insieme a miglia di ricci e a quintali di datteri di mare, posti sotto sequestro.
“Un nuovo esempio di sfruttamento organizzato di animali arriva dal saccheggio delle Oloturie, meglio conosciute come “cetrioli di mare” – prosegue Troiano -. L’Oloturia è richiesta dall’industria alimentare e cosmetica, soprattutto orientale, e per questo, da qualche anno, è oggetto di una capillare e illegale cattura, da parte di gruppi organizzati, soprattutto nel Salento. I contrabbandieri e pescatori di frodo delle Oloturie dispongono di magazzini, mezzi e pescherecci e hanno un’articolata rete di contatti e appoggi”.
Nel business del pesce non manca l’infiltrazione della mafia o della camorra che, come diverse inchieste hanno accertato, sono infiltrate in società operanti nel settore ittico.
L’operazione “Frontiera” dei Carabinieri ha permesso di accertare l’esistenza e l’operatività della “cosca Muto”, i cui membri, sono riusciti a influenzare l’economia locale, monopolizzando, con modalità mafiose, l’offerta di pescato, principale fonte di finanziamento della struttura criminale.
Uso di animali a scopo intimidatorio, cani rubati
La funzione intimidatoria degli animali, è uno dei ruoli che gli animali svolgono nel sistema e nella cultura mafiosa. L’uso di animali come arma o come “oggetti” per intimidire è molto diffuso, di difficile catalogazione e rappresenta un fenomeno che non si può facilmente prevenire.
Teste mozzate di pecore, agnelli, capre, maiali e cani recapitate a scopo minatorio; animali al pascolo uccisi a colpi di roncola; un caimano usato per minacciare chi non voleva pagare il pizzo; bovini uccisi a colpi di lupara; una capretta morta appesa a testa in giù: sono alcuni dei casi accaduti l’anno scorso.
“Il furto di cani è in aumento e suscita grande allarme – continua Troiano -. La fenomenologia è varia e complessa, ma il più delle volte gli animali vengono rubati per il loro valore economico e finiscono poi al mercato nero o usati come riproduttori. La vittimologia di questa categoria vede a rischio i cani di razza con pedigree importanti, campioni di bellezza, o campioni di caccia. A questi si aggiungono cani che vengono venduti tramite Internet e canali non ufficiali, come allevatori abusivi o privati che mettono annunci. Vi sono poi i rapimenti con le annesse richieste di riscatto”.
La Zoomafia viaggia anche su internet
I traffici di animali e le illegalità zoomafiose avvengono anche attraverso Internet. I principali modi di utilizzo di Internet per attività illegali contro gli animali sono, la diffusione di immagini e video relativi a uccisioni e atti di violenza contro animali, il commercio e traffico di animali, la raccolta di scommesse su competizioni tra o di animali, la promozione di attività illegali a danno di animali, le truffe e raggiri con uso fittizio di animali. In Internet è possibile scommettere su qualsiasi competizione tra animali, dalle corse ippiche alle corse di cani.
Zoocriminalità minorile: la “scuola” della violenza
Infine la zoocriminalità minorile, ovvero il coinvolgimento di minorenni o bambini in attività illegali con uso di animali o in crimini contro gli animali. Inquietanti e preoccupanti i casi elencati: un cane randagio preso a bastonate e ridotto a fin di vita da un gruppetto di ragazzi; Un giovane capriolo ferito ucciso a calci da un ragazzo; un giovane gabbiano caduto dal nido e ucciso a sassate da una banda di ragazzini; un rospo mutilato da due ragazzi che hanno condiviso il video sui social.
“Il tema della violenza nei riguardi degli animali è strettamente collegato al tema della violenza nei riguardi degli esseri umani e dei comportamenti antisociali in genere. – continua Troiano -. Da decenni in criminologia e in psicologia la ricerca presta attenzione agli effetti e alle conseguenze del coinvolgimento dei bambini o degli adolescenti in tali forme di violenza. Le conseguenze più significative possono essere lo sviluppo di comportamenti aggressivi e antisociali e la difficoltà nei rapporti con i coetanei e nei rapporti sociali in genere”.
“L’analisi di questo nuovo Rapporto conferma l’esistenza di sistemi criminali consolidati – conclude Troiano -, di veri apparati con connivenze tra delinquenti, colletti bianchi e funzionari pubblici. Sistemi criminali a danno degli animali e, in generale, della società. Un’azione di contrasto efficace deve adottare una visione strategica unitaria dei vari aspetti dell’illegalità zoomafiosa che incidono sul più vasto contesto della tutela della sicurezza pubblica e su quello della lotta alla criminalità organizzata: solo adottando iniziative investigative tipiche del contrasto ai sodalizi criminali si attuerà una strategia vincente”.”
Comunicato stampa di presentazione all’annuale Rapporto Zoomafia, pubblicato da LAV sul proprio sito web, a questo link.
Foto: repertorio.
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Belluno: sette cani neonati nell'immondizia. Ne muoiono sei
Sette cuccioli di cane appena nati sono stati gettati come spazzatura all’interno di un cassonetto dell’immondizia a Comelico Superiore, nel bellunese. Sei di loro sono stati trovati già morti.
Secondo quanto riportato dal CorrieredelleAlpi, a soccorrere l’unico superstite è stato un Vigile del Fuoco che, avendo anche ruolo di Polizia Giudiziaria, avrebbe poi trasmesso gli atti alla Procura della Repubblica in modo che proceda con l’accusa di maltrattamento e uccisione di animali da parte di ignoti.
Sarà ora necessario indagare a fondo e cercare di individuare il feroce, brutale e amorale essere umano che si è sbarazzato in questo modo di un’intera cucciolata, lasciando, da qualche parte, una cagna in stato di profonda sofferenza fisica ed emotiva.
I guaiti dell’unico neonato superstite era stati uditi nella serata di domenica scorsa da alcuni turisti, che hanno immediatamente contattato i pompieri.
I cuccioli, sia quelli già morti che quello ancora vivo, erano stati chiusi in un sacchetto di plastica e poi gettati via come spazzatura.
Il piccolo sopravvissuto è stato avvolto in una coperta e immediatamente trasferito presso un centro veterinario per le cure di emergenza. Non è chiaro se riuscirà a sopravvivere, soprattutto in considerazione del fatto che è stato gettato via appena nato.
Nella foto: l’unico superstite (fonte CorrieredelleAlpi).
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Quartu Sant'Elena: picchiato cavallo da traino alla festa campestre. Non ce la faceva più
Un cavallo utilizzato come traino per chilometri sarebbe stato picchiato a San Giovanni di Quartu Sant’Elena negli scorsi giorni, nel corso di una processione. Lo denuncia, tra gli altri, Vistanet segnalando che LAV si sarebbe già interessata alla vicenda.
La Lega Anti Vivisezione riferisce: “Sicuramente sfiancato dalla fatica, dopo aver trainato per chilometri un carro carico di persone sotto il sole, un cavallo si ferma e viene “invitato” a muoversi a calci.”
“Questo accade ad una festa campestre a Quartu. L’ignoranza e la mancanza di empatia di fronte alla stanchezza ed alla necessità di recuperare fiato ed energie di un essere vivente purtroppo sono cifre frequenti in queste manifestazioni.”
“Invitiamo chiunque avesse documentato l’accaduto con foto e video ad inviarcele o contattarci, per non far cadere nel vuoto l’ennesimo caso di maltrattamento. Ci chiediamo se la polizia municipale sia intervenuta per fermare questa violazione e che provvedimenti abbia preso essendo ovviamente una manifestazione presidiata.”
“I cavalli non sono trattori o autobus, sono esseri viventi e come noi non vogliono e non devono essere costretti a tirare un carro tantomeno essere picchiati per rimettersi in moto quanto si “spengono”.”
Foto: repertorio.
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Anche la Sardegna brucia: è strage di animali, trovati corpi carbonizzati
L’Italia continua ad essere nella morsa degli incendi e stavolta è la Sardegna a bruciare. A rimetterci, come sempre, sono prima di tutto gli abitanti del bosco – gli animali e gli alberi.
Secondo quanto riportato dal quotidiano LaNuovaSardegna, lo scorso 31 luglio un incendio è divampatp tra Gonnosfanadiga e Arbus e, quantomeno fino a ieri, le autorità preposte non erano ancora riuscite a domarlo completamente poiché il caldo e il vento continuavano ad alimentare le fiamme. Sono intervenuti dunque mezzi aerei (almeno cinque elicotteri e due Canadair) a gettare bombe d’acqua sui focolai. Nel frattempo, altri roghi sono stati registrati nei Nuorese, a Villacidro (Medio Campidano), a Norbello e nell’oristanese Marrubiu.
Ingenti i danni alle aziende della zona, incalcolabili quelli agli animali non umani che abitano il territorio. Le fotografie dei corpi carbonizzati di tanti individui appartenenti a diverse specie stanno in queste ore facendo il giro del web. Non si tratta solo di animali selvatici, ma anche di allevamento.
Il WWF ha già annunciato la propria intenzione a costituirsi parte civile: “L’incendio sviluppatosi tra Arbus e Gonnosfanadiga in Sardegna sta devastando un’area di grandissima importanza per la biodiversità che, tra l’altro, rappresenta il terzo areale per la presenza del cervo sardo. Contro questo crimine di natura che sta devastando uno dei tesori di biodiversità della Sardegna con più di mille ettari distrutti dalle fiamme il WWF è pronto a costituirsi parte civile nel momento in cui verranno individuati i criminali incendiari che hanno provocato questo disastro”.
L’associazione ambientalista chiede anche una sospensione della caccia in considerazione delle difficoltà estreme cui gli animali sono già sottoposti: “In una situazione come questa chiediamo una sospensione della prossima stagione venatoria: si tratta di una misura indispensabile per dar modo alla fauna già sottoposta ad uno stress enorme di riprendersi senza dover fare i conti con le doppiette. Le aree distrutte dalle fiamme vanno immediatamente inserite nel catasto degli incendi, se i comuni non sono in grado di farlo chiediamo un’immediata attivazione delle prefetture. Gli incendi mettono a rischio la vita di migliaia di cittadini e turisti oltre a quella degli animali che vivono nelle aree devastate dagli incendi e provocano danni enormi a cominciare dal costo per la collettività di migliaia di ettari di capitale naturale, persi per sempre. Per gli incendi siamo in presenza di una emergenza senza fine che sta mettendo in ginocchio gran parte del paese: per questo è necessario un intervento straordinario, a cominciare dal numero di uomini e mezzi sul campo che risulta insufficiente rispetto alla dimensione di questa vera e propria catastrofe”.
Nella foto: uno dei tanti animali rimasti uccisi nei roghi (Fonte SardiniaPost).
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Colpo di scena nel caso dell'orsa trentina. ENPA: "E' stata lei quella aggredita per prima"
“C’è un vero colpo di scena nella vicenda relativa alla presunta aggressione di un orso ai danni di un escursionista trentino, al quale Enpa rinnova gli auguri di pronta guarigione.
Secondo quanto riferito ieri a Radio 3 Scienza da Claudio Groff, responsabile settore grandi carnivori, servizio foreste e fauna della Provincia autonoma di Trento, sarebbe stato il pensionato ad aggredire per primo l’animale e non viceversa. Groff, citando la testimonianza resagli dallo stesso Angelo Metlicovez, chiarisce infatti che l’idraulico settantenne di Cadine ha attaccato l’orso a colpi di bastone perché terrorizzato dalla comparsa improvvisa del plantigrado. Insomma, dalle parole del responsabile grandi carnivori di Trento emerge una ricostruzione molto diversa da quella circolata nelle ore immediatamente successive all’episodio. Ricostruzione sulla quale Enpa aveva immediatamente espresso dubbi e perplessità.
In attesa vengano chiariti ulteriori elementi, quali – ad esempio –  l’eventuale presenza di cuccioli o il ruolo giocato avuto dal cane nell’innervosire il plantigrado, prende dunque corpo l’ipotesi dell’”errore umano”. Con buona pace di tutti coloro i quali non avevano perso tempo nell’invocare la forca per il povero orso.
«Al presidente Rossi e all’amministrazione provinciale di Trento, che hanno dimostrato di non essere in grado di gestire la situazione né di informare o sensibilizzare i cittadini sui comportamenti corretti da tenere, chiediamo di trarre le necessarie conseguenze, fermando una inaccettabile caccia all’orso», dichiara la presidente nazionale di Enpa, Carla Rocchi, che prosegue: «Al Presidente del Consiglio Gentiloni chiediamo di non concedere ulteriori “privilegi venatori” alla provincia autonoma di Trento, alla quale sono già stati delegati ampi poteri per la “gestione” della fauna selvatica. Che, lo ricordo, è patrimonio indisponibile dello Stato».
E lo Stato non può sempre abdicare alle proprie competenze vista anche l’esperienza fallimentare sinora maturata dalla Provincia di Trento, incapace finanche di spiegare ai suoi cittadini quali comportamenti adottare in natura.
Per la petizione online promossa da Enpa è possibile cliccare qui. Qui invece per il mail bombing.”
Comunicato stampa pubblicato da ENPA sul proprio sito web, a questo link.
Foto: archivio blog (repertorio).
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Catania: infastidito dal cane di quartiere, gli lega i testicoli con una corda
Barbaro atto di maltrattamento nei confronti di un cane randagio, ma amorevolmente accudito dai residenti di un quartiere di Biancavilla, in provincia di Catania.
Secondo quanto riportato dalla locale emittente televisiva VideoStar, l’animale sarebbe stato brutalizzato da un uomo che non gradiva la sua presenza nei pressi della propria abitazione. Nello specifico, al cane sarebbero stati legati i testicoli con una corda.
Il fatto è avvenuto nella zona tra via Inessa e viale Europa, ed è stato notato da una residente che è solita occuparsi dei randagi. E’ possibile che l’aguzzino stesse tentando di effettuare una maldestra castrazione, ma è comunque facile immaginare il grado di sofferenza provocata all’animale, che è si è poi nascosto ed è rimasto introvabile per un paio di giorni.
Contestualmente, quanto accaduto è stato comunicato alla Polizia Locale. VideoStar ha pubblicato di recente un aggiornamento alla notizia segnalando che il cane è stato infine ritrovato, dopo essere tornato da solo nella zona in cui veniva normalmente sfamato, in via Inessa. A quel punto, la residente ha nuovamente richiesto l’intervento dei vigili si sono presentati sul posto assieme a un’ambulanza dell’associazione Nova Entra. Il randagio è stato quindi prelevato e trasferito presso un centro veterinario per le prime cure.
Secondo quanto ricostruito, il danno provocato ai testicoli è molto profondo: la parte si presentava dolente e necrotica, con fuoriuscita di sangue e pus a indicare una grave infezione. Il cane sarà quindi sottoposto a un intervento chirurgico per asportare la parte danneggiata e, una volta guarito, pare verrà rimesso sul territorio.
Foto: repertorio.
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Vicenza: litiga col vicino, uccide due gattini e glieli butta in giardino
Follia assassina a Rosà, in provincia di Vicenza, dove due gattini sono stati uccisi come sorta di vendetta nei confronti di un vicino di casa a seguito di un litigio.
Secondo quanto riportato dal quotidiano IlGazzettino, tutto è cominciato quando due vicini di casa hanno discusso per futili motivi: la gatta di uno dei due, che aveva da poco partorito, si sarebbe infatti intrufolata nel giardino accanto.
L’accusa, affidata alla Procura della Repubblica di Vicenza, è molto chiara in merito a quanto sarebbe accaduto successivamente: il vicino che si era sentito disturbato dalla presenza della gatta sarebbe riuscito a impossessarsi di due dei micini neonati che questa aveva appena messo al mondo, li avrebbe uccisi, chiusi in un sacco dell’immondizia e infine gettati per vendetta nel cortile del proprietario.
Commentano le locali guardie zoofile: “Bisogna ricordare che i gatti appartengono alla categoria degli animali d’affezione e quindi sono protetti. Chiunque li uccida commette un reato penale, fanno eccezione i veterinari che per legge sono autorizzati a praticare l’eutanasia, nei limiti previsti.”
“Per chi commette tale reato la pena è salata: se non vi è recidività al soggetto viene comminato un decreto penale di condanna. Il giudice può stabilire una sanzione che può arrivare a 20 mila euro in caso di recidività o di animalicidio perpetrato con particolare ferocia. Il giudice può comminare al soggetto quasi 3 anni di carcere”.
Foto: repertorio.
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Peschici (FG): i roghi degli scorsi giorni hanno messo a rischio anche il canile
“I roghi hanno messo a serio rischio la vita di circa 50 cani. Rosati: occorrono maggiori controlli da parte dello Stato e pene più severe. La Protezione Civile Animale deve diventare realtà al più presto.
A dieci anni esatti dal terribile incendio che aveva già distrutto vaste aree della località garganica, le fiamme sono tornate a seminare terrore e devastazione a Peschici e nelle zone limitrofe. Anche in questo caso ci sono pochi dubbi sulla natura dolosa di questa ennesima tragedia ai danni della natura. Oltre a ridurre in cenere ettari di area protetta, questa volta i roghi hanno messo a rischio un canile che ospita circa 50 cani.
Francesca Toto, delegata LNDC per la provincia di Foggia nonché volontaria di Protezione Civile, racconta quei drammatici momenti: “Le fiamme erano ovunque e abbiamo avuto davvero paura per gli animali custoditi nel canile. La cosa positiva è stata vedere come il mondo del volontariato si è mosso per prestare soccorso. Nel giro di mezz’ora avevamo a disposizione i mezzi per spostare i cani e, grazie al coordinamento provinciale che racchiude varie associazioni nazionali e locali, avevamo trovato le strutture pronte ad accogliere questi cani.”
Purtroppo però qualcuno non ha dato l’autorizzazione a spostare gli animali nell’immediato, considerando il pericolo ormai passato, e i mezzi sono stati mandati via. In seguito il vento è cambiato e il fuoco è tornato a lambire il canile e a quel punto l’unica soluzione è stata aprire i recinti e lasciare che i cani scappassero. Una decisione che ha messo a serio rischio la vita degli animali e che poteva essere evitata, scegliendo l’evacuazione preventiva in sicurezza come suggerito dalle associazioni di volontariato. Fortunatamente i cani sono rimasti tutti illesi e hanno fatto ritorno al canile una volta passato l’incendio. LNDC comunque cercherà di fare chiarezza e individuare le responsabilità di chi non ha autorizzato l’evacuazione preventiva della struttura.
La Presidente di LNDC Piera Rosati, rimasta fino a tarda sera in contatto telefonico con la volontaria presente sul posto per avere aggiornamenti e monitorare la situazione, dichiara: “Questi avvenimenti mostrano sempre più la necessità di istituire un corpo di Protezione Civile Animale che possa intervenire in maniera efficiente in queste calamità. Ad oggi mancano piani di evacuazione e una progettualità per le strutture di ricovero di animali minacciate da terremoti, alluvioni e incendi e tutto ricade sempre sulle spalle delle associazioni di volontariato presenti sul posto. Questi atti criminali rappresentano un pericolo per tutti. Causano danni incalcolabili alla biodiversità, all’ambiente e agli animali. Lo Stato deve impegnarsi di più per monitorare le aree più a rischio e assicurare pene concrete per chi si macchia di questi gesti atroci”.
Nei giorni scorsi LNDC, insieme con altre Associazioni, ha partecipato al primo incontro che si è tenuto a Roma con la Protezione Civile per discutere proprio di un corpo dedicato agli animali con l’auspicio che si lavori in fretta affinché anche le creature non umane possano avere le tutele che meritano dalle istituzioni preposte alla gestione di queste catastrofi.”
Comunicato stampa ricevuto da Lega Nazionale per la Difesa del Cane.
Nella foto: il canile di Peschici (fonte diretta associazione).
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Caso Angelo, il giudice motiva la sentenza: "Pulsioni efferate e riprovevoli"
Il presidente della sezione penale del Tribunale di Paola (CS) Alfredo Cosenza motiva la sentenza che ha portato alla condanna degli aguzzini del cane Angelo, a Sangineto. Vale la pena ricordarne sempre i nomi: Giuseppe Liparoto, Nicholas Fusaro, Francesco Bonanata, Luca Bonanata.
La documentazione è stata depositata negli scorsi giorni e spiega per quale ragione i quattro giovani, che avevano scelto il rito abbreviato, siano stati condannati alla pena (comunque risibile per l’atto compiuto) di 16 mesi di reclusione (naturalmente con sospensione condizionale dopo sei mesi di lavoro in un canile, da svolgere entro un anno dal passato in giudicato della sentenza).
“La condotta degli imputati appare certamente assistita dalla consapevolezza e dalla volontà di provocare il danno, fino all’esito letale, effettivamente cagionato al cane randagio, oltre che dalle riprovevoli ed efferate pulsioni qualificate come crudeltà, nel senso richiesto dalla norma nella specie contestata”.
“Nelle modalità dell’azione lesiva oggetto del presente processo non può omettere di rilevarsi come emerga un certo compiacimento degli attori della vicenda, nel catturare un randagio, invero senza particolari accortezze, trattandosi di animale particolarmente docile e fiducioso negli esseri umani e decidere quasi di giustiziarlo in maniera esemplare prima appendendolo per il collo e poi finendolo con ripetuti colpi di spranga tra commenti divertiti e facezie”.
“Non pare inoltre nemmeno trascurabile la circostanza, davvero sorprendente, che gli autori del fatto in questione decidano di riprendere la loro bravata e poi di diffonderla in rete su Facebook. Decisione che manifesta, ancor di più, insensibilità e disprezzo per la vita del cane ostaggio della violenta condotta posta in essere, assimilato a mille altri istanti della vita quotidiana pubblicizzato sui social network nell’illusione di poterli immortalare”.
Il giudice non ha concesso le attenuanti generiche ai quattro aguzzini pericolosi socialmente perché queste dovrebbero presupporre “una valutazione positiva della personalità dell’imputato, espressa nelle modalità comportamentali del reato e dal ruolo rivestito in concreto nella commissione dello stesso”.
La sospensione della pena per un reato preoccupante, allarmante e incredibilmente cruento è stata invece motivata con “la giovane età degli imputati”, dalla loro provenienza da “famiglie di modestissima estrazione” e dal “comportamento processuale e quello successivo alla commissione del fatto tenuto dagli imputati”, ovverosia alla loro collaborazione alle indagini; all’inizio, da parte di due di loro (Fusaro e Liparoto) di un percorso psicoterapeutico di riabilitazione e alle “dichiarazioni pubbliche e spontanee di pentimento” (sic) rilasciate dagli altri due aguzzini.
La sentenza del processo può essere letta cliccando qui.
Nella foto: Angelo (archivio blog).
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Bergamo: famiglia indigente separata; i cani finiscono in canile. Parla Lega del Cane
“Lega Nazionale per la Difesa del Cane e Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente cercano di mediare tra la famiglia indigente e il Comune per trovare una sistemazione idonea per tutti ma senza successo. Ancora una volta i servizi sociali non tengono in considerazione che per queste persone gli animali sono veri e propri membri della famiglia.
La crisi, la perdita del lavoro, la depressione, l’impossibilità di pagare il mutuo e la casa va all’asta. Sono storie che purtroppo ormai sentiamo sempre più spesso, ma ce n’è una che ci ha toccato in maniera più diretta. Un’associazione locale ha segnalato a LNDC la situazione di una famiglia di Martinengo, in provincia di Bergamo, costretta a sloggiare in tempi rapidissimi dalla casa venduta all’asta. Questa famiglia è composta da 5 persone (due adulti e tre minori) e 3 cani, tutti di taglia grande e adulti.
Proprio a causa dello stato di indigenza, da tempo la famiglia era seguita dai servizi sociali del Comune senza però arrivare a una soluzione del problema. LNDC e LEIDAA sono intervenute, anche per tramite di un Legale delle Associazioni, per tentare di avviare un’interlocuzione con l’amministrazione comunale e cercare una soluzione idonea per tutelare sì i cani ma anche l’intero nucleo familiare. Nonostante sembrava si fosse trovata una sistemazione adatta per accogliere l’intera famiglia – per la quale diverse associazioni si erano offerte di versare la caparra dell’affitto – e le rassicurazioni ricevute da parte del Comune, si è purtroppo arrivati al drammatico epilogo qualche giorno fa. La famiglia è stata smembrata all’atto dell’esecuzione forzata dello sloggio: la mamma con le due bambine sono finite in una comunità, il ragazzo più grande da una zia e i tre cani nel canile municipale.
La scena dello sloggio è stata straziante, con i bambini che piangevano inconsolabili perché dovevano separarsi dai loro cani con cui avevano vissuto per 7 anni. Una scena straziante che poteva essere evitata, se solo il Comune avesse offerto una maggiore collaborazione alle associazioni – tra cui LNDC e LEIDAA – che si sono impegnate per prevenire questo triste finale. Per ironia della sorte, verso la fine di maggio, il sindaco di Martinengo pubblicava un post su Facebook scrivendo: “Un nuovo partito a tutela dei diritti degli animali, manifestazioni per i diritti degli immigrati. Ma i diritti degli Italiani che fine hanno fatto?” Una domanda che andrebbe girata proprio a lui, per chiedergli che fine hanno fatto i diritti di questa italianissima famiglia? Come ha tutelato i minori coinvolti in questa storia? Perché non si è fatto di più per evitare che la famiglia venisse smembrata (si spera solo temporaneamente) e i bambini subissero il distacco dal loro nucleo familiare che, guarda caso, comprende anche degli animali?
Purtroppo, ancora una volta, tocca constatare che i servizi sociali dei Comuni non tengono in dovuta considerazione il legame affettivo che le persone instaurano con i propri animali domestici, che diventano a tutti gli effetti membri della famiglia. Sottovalutare questi legami e non chiedere o accettare la collaborazione delle associazioni animaliste significa creare dei veri e propri traumi a intere famiglie oltre che agli animali.”
Comunicato stampa ricevuto da Lega Nazionale per la Difesa del Cane.
Nella foto: i cani protagonisti di questa storia (fonte diretta Lega del Cane).
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all4animals-blog · 7 years
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Prov. di Milano: chi è il mostro che ha bollito e scorticato una gatta incinta?
Qualcosa di terrificante è accaduto a Castano Primo, nel milanese. Secondo quanto riportato da diversi organi di stampa, tra cui NelCuore e MilanoToday, una gatta gravida sarebbe stata bollita e scorticata. Una fine terrificante confermata dalle condizioni del corpo, ritrovato abbandonato nei pressi della vecchia Ghiacciaia.
I resti sono stati individuati da un cittadino e successivamente esaminati dallo staff veterinario di una clinica, che avrebbe confermato la causa della morte. Immediata è stata la segnalazione alla Polizia Locale che è ora incaricata di individuare i responsabili.
A una prima occhiata, la gatta sembrava essere rimasta uccisa a seguito dell’investimento di un’auto. Tuttavia, a seguito di una successiva analisi, sembra essere stato confermato che il povero animale sia stato scorticato dopo essere stato immerso nell’acqua bollente, forse da vivo.
La polizia castanese ha richiesto a eventuali testimoni di farsi avanti e di contattare immediatamente il comando con sede in Piazza Mazzini. Nel frattempo, ha comunicato alla Procura della Repubblica di Busto Arsizio una notizia di reato per uccisione di animale contro ignoti.
Secondo MilanoToday, nella medesima zona un fatto simile era avvenuto solo qualche tempo fa: lo scorso giunto, a Pozzuolo Martesana, un gatto era stato trovato morto in un campo di granturco. Le condizioni del corpo, straziato, avevano fatto presumere che fosse stato seviziato e torturato e infine abbandonato a morire.
Foto: repertorio.
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Foligno: cagnolina neonata gettata nella spazzatura. Ora cerca casa
“Il caso emblematico di questa cagnolina di pochi giorni, salvata in extremis dai volontari della sezione umbra di LNDC, non è che un esempio delle numerosissime situazioni drammatiche di animali neonati buttati via come immondizia e condannati a un morte che sopraggiunge soltanto dopo un lunga agonia.
Forse mai come quest’anno il delinquenziale fenomeno, purtroppo endemico, dell’abbandono dei cani (ma anche dei gatti) neonati sta aumentando a dismisura in ogni dove del nostro Paese. I rifugi di Lega Nazionale per la Difesa del Cane sono sovraffollati di piccini e praticamente ogni giorno ne arrivano di nuovi.
Cuccioli, cuccioli, cuccioli, di tutte i colori, grandezze, giorni di vita. Con una caratteristica che li accomuna tutti quanti: essere gettati via come spazzatura nei luoghi più disparati: dall’aperta campagna agli anfratti fuori mano ai cassonetti della spazzatura. Tutti posti dove lasciarli equivale a condannarli non soltanto a morte certa ma a una straziante agonia perché, come spiega Luca Lombardini, veterinario e vicepresidente LNDC: “La mancanza di cure parentali, di sostentamento e l’esposizione alle condizioni climatiche è come una lenta tortura alla quale quelle innocenti creaturine soccombono lentamente soffrendo anche per più di due giorni”.
“Siamo di fronte a fatti di una crudeltà inaudita, causati dall’ignoranza che regna sulla necessità della sterilizzazione da parte dei privati per prevenire gravidanze del cui frutto ci si libera poi in modo vigliacco e criminale. Una grande responsabilità è da attribuire alle istituzioni che per prime dovrebbero sensibilizzare i cittadini sul tema e attivare una seria politica di controllo delle nascite, di identificazione e iscrizione di tutti i cani nell’anagrafe regionale nonché di vigilanza da parte degli Enti preposti.” – ricorda la presidente nazionale Piera Rosati.
Invece continuano a venire al mondo cani e gatti indesiderati e considerati un “ingombro” di cui liberarsi in ogni modo, anche il più abietto. Cuccioli come Lucrezia, chiamata spesso affettuosamente Cipolla dai volontari della sezione LNDC di Foligno che l’hanno salvata. Quando è stata trovata per puro caso, semi-sommersa come era dall’immondizia vicino a un cassonetto a Spoleto (PG), la piccola era un microscopico fagottino di pelo con ancora gli occhietti chiusi e il cordone ombelicale attaccato. A differenza di tanti suoi simili che non ce la fanno lei è stata curata con dedizione, nutrita amorevolmente con il biberon e coccolata con affetto affinché non sentisse la mancanza della presenza materna e ora, a due mesi e mezzo, è un’amabile creatura, sana e gioiosa che ha solo bisogno di una casa dove crescere felice con umani che le donino la serenità e la dignità che ogni essere senziente merita.
Per info e richieste adozioni: Mirko Mela cell. 340 22 04 362”.
Comunicato stampa ricevuto da Lega Nazionale per la Difesa del Cane.
Nella foto: la piccola soccorsa (fonte diretta associazione).
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Padova: denunciato per aver lasciato il cane chiuso in auto al sole
Un uomo è stato denunciato a Noventa Padovana per maltrattamento di animali dopo aver lasciato chiuso in auto il suo cane, nonostante la calura. Ne dà notizia il quotidiano IlMattino.
Secondo quanto ricostruito, il cane è rimasto nell’abitacolo, che si era trasformato in un forno, per oltre un’ora ed era in fin di vita quando è stato finalmente liberato. L’animale è stato notato da alcuni passanti che hanno richiesto l’intervento di vigili del fuoco e carabinieri, che l’hanno successivamente affidato a un veterinario per tutte le cure del caso.
Il proprietario, un 55enne di Albignasego, è stato invece denunciato. Il fatto è avvenuto nel pomeriggio del 28 luglio scorso, in piena calura. Il cane è stato chiuso in auto sotto il sole mentre il proprietario si è allontanato in compagnia di una donna, e senza un filo d’aria né un goccio d’acqua. Al momento del soccorso era allo stremo delle forze.
L’uomo è tornato alla macchina quando il cane era già stato liberato, ed è sembrato stupito di tutto il clamore.
Foto: repertorio.
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Frattamaggiore: uccide un cane schiacciandogli la testa perché abbaiava
Un cane di piccola taglia è morto in modo atroce per aver infastidito un uomo con il suo abbaio. E’ accaduto a Frattamaggiore, secondo quanto riportato dal quotidiano IlMattino.
La fonte ricostruisce che l’uomo, un cinquantenne di cui sono state rese note soltanto le iniziali (L.C.) e di cui si conosce la residenza (Grumo Nevano), si è accanito contro il cane schiacciandogli la testa con un piede e contro il gradino di una scala. L’aguzzino si è poi allontanato.
L’orribile atto di violenza è stato notato da una ragazzina di 12 anni che, dopo il comprensibile shock, ha avvisato il proprietario del cane. E’ scattata dunque la caccia all’uomo in tutto il quartiere e contestualmente qualcuno ha chiamato la polizia. Sul posto è giunta dunque una volante e gli agenti sono riusciti a individuare la cognata dell’aguzzino, che è stato avvisato di presentarsi subito in commissariato.
L’uomo ha cercato di giustificare l’uccisione del cane indifeso (era un chihuahua) sostenendo che avesse cercato di aggredirlo. La testimonianza della ragazzina che aveva assistito al fatto ha invece fatto sì che l’aggressore venisse denunciato per uccisione di animali.
Una manifestazione di protesta è stata indetta a Napoli per il prossimo 5 agosto: potete consultare tutti i dettagli cliccando qui.
Nella foto: il cane ucciso (fonte PAE su Facebook).
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Anche Lega del Cane si schiera contro la caccia all'orsa KJ2
“Un’ordinanza sconsiderata e pericolosa per catturare o addirittura uccidere un’orsa che avrebbe aggredito un uomo. LNDC scrive al Presidente della Regione evidenziando l’inutilità di tale decisione e suggerendo le azioni realmente necessarie da attuare per tutelare gli animali, l’ambiente e le persone. Nel frattempo l’Associazione annuncia un ricorso al TAR per bloccare il provvedimento.
In Trentino-Alto Adige è cominciata da qualche giorno una nuova caccia all’orso a seguito, a quanto pare, di un’aggressione subita da un uomo che passeggiava nei boschi con il suo cane. Il Presidente della Provincia di Trento non ha esitato a emettere un’ordinanza che prevede la cattura o, in caso di necessità, l’abbattimento dell’orsa. Lega Nazionale per la Difesa del Cane contesta fortemente questo tipo di provvedimento che potrebbe portare a un altro caso Daniza, in cui si arrivò alla morte accidentale – secondo quanto riferito all’epoca – del povero plantigrado.
In una lettera scritta al Presidente della Regione Trentino-Alto Adige, Piera Rosati – Presidente LNDC – fa notare come questi eventi abbiamo un forte impatto mediatico ma rappresentino dei casi sporadici e assolutamente isolati. “Se una persona si trovasse davanti a un orso veramente intenzionato a fare del male”, aggiunge Rosati, “non credo che ne uscirebbe con lesioni così lievi. Queste ‘aggressioni’ sono semplicemente avvertimenti per chi si avvicina troppo a un animale selvatico nel suo habitat. Non staremo a guardare, già stiamo predisponendo un ricorso al TAR per bloccare questo provvedimento tanto sconsiderato quanto pericoloso”
Nella lettera, la Presidente LNDC ricorda anche al Presidente Kompatscher l’ingente quantità di fondi ricevuti dalla Regione Trentino-Alto Adige dai vari progetti che si sono succeduti negli anni per la gestione e la reintroduzione dell’orso. L’invito è quindi a utilizzare saggiamente tali fondi per educare la popolazione a una corretta convivenza con questi animali. Luca Lombardini, veterinario e Presidente della Sezione LNDC di Trento, nonché vice-presidente nazionale afferma: “Manca un monitoraggio adeguato della situazione e dei comportamenti adottati dall’uomo. Molte persone continuano a portare i propri cani sciolti nei boschi, nonostante i divieti, oppure si avvicinano troppo agli animali per scattare una foto e questo può spaventare in particolare le orse che badano ai loro piccoli. Ma soprattutto manca una progettualità a lungo termine sul controllo della popolazione dei plantigradi, reintrodotti in maniera superficiale e poco controllata”.
A tal proposito, la lettera inviata al Presidente della Regione chiede di convocare un tavolo di lavoro che veda la partecipazione delle associazioni operanti sul territorio, delle autorità preposte e di esperti internazionali in materia di convivenza con gli orsi per poter individuare le attività necessarie per tutelare adeguatamente questi animali, l’ambiente e la popolazione umana.
Nel frattempo, LNDC chiede al Presidente della Regione di intervenire per far revocare l’ordinanza emessa contro l’orsa, ricordando anche che si tratta di animali protetti e ogni eventuale abuso nei loro confronti comporta delle sanzioni a livello europeo che colpiscono tutta l’Italia.”
Comunicato stampa ricevuto da Lega Nazionale per la Difesa del Cane.
Foto: archivio blog (repertorio).
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Addio Xanda: anche il figlio del leone Cecil è stato ucciso da un cacciatore di trofei
Xanda, uno dei figli del leone Cecil, ucciso dal dentista americano Walter Palmer due anni fa, ha fatto la stessa fine di suo padre: massacrato da un cacciatore di trofei. Ne parla, tra gli altri, il NewYorkTimes.
Xanda aveva sei anni al momento della morte, avvenuta lo scorso 7 luglio ma di cui si è avuta notizia soltanto nelle scorse ore. Esattamente come il padre, anche lui è stato ucciso appena fuori dai confini del Hwange National Park, nello Zimbabwe, ma in un’area specificamente dedicata alla caccia e, di conseguenza, l’abbattimento è purtroppo da ritenersi “legalizzato”. Va comunque precisato che neppure Walter Palmer è stato punito in alcun modo per aver attirato con l’inganno Cecil fuori dal parco, averlo braccato per giorni, ferito a morte e infine decapitato (il collare GPS che il leone indossava venne occultato).
Anche Xanda indossava un collare satellitare che permetteva il monitoraggio dei suoi spostamenti.
Commenta Andrew Loveridge, ricercatore di Oxford impegnato nello studio sia di Cecil che di suo figlio: “Come ricercatori siamo rattristati dalla morte di questo animale molto conosciuto, che tenevamo monitorato sin dalla nascita”.
La caccia a Xanda è stata guidata da Richard Cooke, dell’azienda RC Safaris, ma non è chiaro chi abbia effettivamente ucciso l’animale. Tuttavia, Loveridge ha avuto lo stomaco di definire Cooke “Uno dei buoni, etico, che ha restituito il collare e spiegato ciò che era avvenuto. La sua caccia è stata legale e in regola con le disposizioni” (sic).
E’ incredibile come un uomo che guadagna soldi uccidendo (a tradimento) esseri senzienti venga considerato “etico” e “addirittura uno dei buoni”, specie in un momento storico in cui i grandi felini stanno scomparendo dal pianeta.
Commenta la Humane Society International: “L’uccisione di Xanda mostra soltanto che i cacciatori di trofei non hanno imparato nulla dall’indignazione che è seguita alla morte di Cecil. Xanda era un leone oggetto di studio, come suo padre, e critico per la conservazione della biodiversità dello Zimbabwe. Per evitare che i leoni si estinguano, è importante che Paesi come lo Zimbabwe prendano le distanze dalla caccia safari”. La Humane Society ha spiegato che al mondo restano meno di 30,000 leoni africani.
Xanda faceva parte di un branco di tre femmine e sette cuccioli.
Nella foto: Xanda, il leone ucciso (fonte NewYorkTimes).
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