amnesiacarts
amnesiacarts
mellomrom
43 posts
L'arte contemporanea a cura di Amnesiac Arts  
Don't wanna be here? Send us removal request.
amnesiacarts · 9 months ago
Text
Erasmus+, Cittadini europei in residenza artistica
Erasmus+ è il programma di mobilità e gemellaggio dell'Unione Europea, pensato per coinvolgere giovani provenienti da paesi diversi.
Nel 2022 e nel 2024, Amnesiac Arts ha realizzato tre progetti, in un periodo storico complesso segnato dall'emergenza COVID-19. Abbiamo avuto il piacere di ospitare a Pignola e Potenza giovani creativi provenienti da Spagna, Portogallo, Macedonia del Nord, Serbia e Malta, con i quali abbiamo cercato di ricostruire, attraverso l'arte, la riqualificazione di una periferia (My City of Concrete - 2022), di abbattere gli stereotipi di genere (All About Lilith and Other Rebel Girls - 2022) e di promuovere la cittadinanza attiva su tematiche sociali (The Rise of Youth Artivism - 2024).
I partecipanti, in collaborazione con il nostro gruppo di italiani, hanno realizzato video arte, graffiti, performance relazionali, disegni e si sono esibiti come DJ. Ma soprattutto, hanno contribuito alla creazione di una cittadinanza europea che nasce dal confronto tra culture diverse e dalla sinergia delle diverse forme di creatività artistica.
I progetti sono stati possibili grazie al finanziamento e al supporto della EU (erasmusplus.it ) e alla partecipazione dei partner di progetto Asociación Cultural Boudicca, Centar Za Balkanska Sorabotka-Loja, Collippo Youth, Embaixada da Juventude, Kultur Nacija, Secuencia e World Net che ha seguito ogni processo delle tre residenze.
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
0 notes
amnesiacarts · 5 years ago
Text
Loveiscoil Liquid Orchestra Es/senza
Loveiscoil Liquid Orchestra Es/senza
22-23 Settembre 2020
Performance per il Città 100 Scale Festival
Attraverso i sensi siamo in grado di cogliere le forme fisiche delle cose, mentre con l'anima intellettiva cogliamo le forme pure, prive cioè di ogni elemento materiale, le pure es/senze.
È questo il titolo del progetto artistico della Loveiscoil liquid orchestra, una performance musicale e video in cui l'improvvisazione musicale di suoni di pura sintesi elettronica e l'elaborazione di suoni campionati della realtà in tempo reale, mixati a rielaborazioni video daranno luogo ad un'opera artistica immersiva di liquide suggestioni ed interazioni autogenerative.
Con Loveiscoil, di cui e’ appena uscito l’album MXLV per la Label Collective Author, si alterneranno e interagiranno i musicisti e performer Noiser (pianista che spazia tra new jazz ed elettronica), Spaltro (bassista e ricercatore di suoni), Utopotronik (manipolatore di suoni elettronici e suggestioni video), Nick Rosa (dj e producer di base a Londra). La postazione sarà aperta anche ad altri ospiti che saranno invitati a entrare in dialogo e partecipare alla tessitura dell’opera. Il tutto sara’ fruibile anche in live streaming attraverso canali social del festival in una configurazione di telepresenza attiva.
Tumblr media Tumblr media Tumblr media
(Foto di Salvatore Laurenzana, Città 100 scale Festival)
0 notes
amnesiacarts · 6 years ago
Text
INFERNI, 3 artisti per Dario Argento
INFERNI, 3 artisti per Dario Argento Silvio Giordano, Massimo Lovisco, Marcello Mategazza a cura di Amnesiac Arts testo di Massimiliano Bonomo 10-11 Agosto 2019 Nell'ambito del 20th Lucania Film Festival - Cineparco TILT, Marconia (MT)
All’ inaugurazione sarà presente il Maestro Dario Argento
Tumblr media
“Your body hurts me as the world hurts God” S. Plath“Il bello non è che il tremendo al suo inizio” R. M. RilkeInterno notte C’è un bambino di 8 anni che guarda il televisore lasciato acceso dai suoi genitori che si sono allontanati. Il ragazzino è da solo e vede una donna che scappa mentre si guarda intorno. La musica ricorda delle grida distorte, delle urla che si perdono nel vento in un racconto di vampiri. Il bambino è spaventato e affascinato, mette la mano davanti agli occhi ma con le dita aperte perché desidera guardare: è la golosità dell’occhio. Quel bambino si trova davanti alla scena di un film di Dario Argento e ancora non sa che sta provando un misto di angoscia, fascinazione, paura, incantamento. Quel bambino rappresenta ognuno di noi. Il terrore e l’orrore visti attraverso i film di Dario Argento rappresenteranno per quel bambino – per tutti noi – la forma, lo schema con cui si legge e, prima ancora, si prova la paura.L’America aveva Romero (e Carpenter, Craven, Friedkin, Lynch) mentre noi Italiani avevamo e abbiamo Dario Argento. Romero sbatteva in faccia agli Americani la loro paura di essere invasi e divorati (militarmente o culturalmente) e il loro istupidimento consumistico; Argento trasfigurava un’Italia che aveva tradito le utopie del Sessantotto e veniva lacerata dal terrorismo, da una sorta di guerra civile che gettava gli italiani in un’angoscia permanente. L’Italia – il mondo – di Argento è quella degli intrighi e delle stragi degli anni Settanta, della gozzoviglia e del glamour degli anni Ottanta, degli omicidi (reali o letterari à la Scerbanenco), di anarchici che volano dalle finestre e di aerei e treni che esplodono all’improvviso. E se Dario Argento ci fa vedere, quasi toccare cinematograficamente cos’è il perturbante, l’Unheimlich freudiano, la paura, lo straniamento, l’angoscia che ci viene da ciò che ci è vicino, che ci è più familiare eppure ci spaventa, Silvio Giordano, Massimo Lovisco e Marcello Mantegazza provano a fare i conti con l’influenza e col peso che il cinema di Argento rappresenta per loro: ognuno a modo suo, ognuno alle prese col proprio perturbante. Giordano, Lovisco e Mantegazza saldano, provano a saldare il debito che tutti noi abbiamo col maestro di Profondo Rosso. Se la bellezza e il terrore, il fascino e l’orrore non devono per forza essere separati ma, anzi, si tengono spesso insieme, allora ha ragione Argento a rendere quasi affascinante immagini di morti e di uccisioni. I lavori di Giordano riportano, infatti, a una dimensione di quotidianità – e di quotidiana bellezza – la paura: le dita mozzate con lo smalto e la sigaretta che rappresentano il seducente feticcio di un Glamour Massacre o l’inquietante Collezione privata che cattura lo sbigottimento e l’orrore di una comunità che si scopre vulnerabile e omertosa dietro la sua noiosa tranquillità: il paradiso del diavolo. Lovisco omaggia Argento anche nel titolo dei 4 lightbox che, insieme, s’intitolano Suspiria. Cosa stiamo guardando? E’ reale? Sono frammenti e feticci di qualcosa che è accaduto o che può accadere? E se, invece, stessimo solo sognando? Proprio come fa Argento quando monta luoghi appartenenti a diverse città e rende (ir)riconoscibile dove accadono gli avvenimenti, anche nelle foto di Lovisco il reale acquista, anzi scivola verso una dimensione allucinatoria. Mantegazza riporta la paura di morire a una dimensione di – apparente – classicità. La scelta del marmo per ricordarci, con un ironico Spoiler, quello che inevitabilmente succederà. O lo scavo nel libro che racconta la nostra storia ma dopo, quando potrà diventare una storia, Post Mortem, appunto. E se, invece, il libro di Mantegazza fosse il Necronomicon di Lovecraft? Non lo sappiamo.Insomma, stranger things, direbbe qualcuno. Proprio così.Massimiliano Bonomo
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
0 notes
amnesiacarts · 8 years ago
Text
Intramœnia | nuovi aspetti dell’arte in Basilicata
vernissage venerdì 7 luglio 2017, ore 19.00 fino a domenica 29 ottobre 2017 Museo archeologico provinciale di Potenza via Ciccotti / via Lazio 18, Potenza artisti Karmil Cardone, Dario Carmentano, Nicola Di Croce, Bruno Di Lecce,Donato Faruolo, Silvio Giordano, Salvatore Laurenzana, Pino Lauria,Massimo Lovisco, Marcello Mantegazza, Claudia Olendrowicz, Vito Pace, Marcello Samela, Mariano Silletti, Volumezero architecture & landscape
Tumblr media
In un frangente di repentini ed epocali rivolgimenti per gli immaginari legati ai territori lucani, Intramœnia si configura come un necessario momento di elaborazione pubblica. Da sempre percepito come luogo privo di infrastrutture narrative che consentissero un immediato esaurimento della sua esperibilità, la Basilicata è stata spesso intravista come bacino per ideologie proiettive, e raramente per reali scoperte. Alle ricognizioni archeologiche, sociologiche, antropologiche, urbanistiche, fotografiche, industriali, cinematografiche e petrolifere che si sono avvicendate negli ultimi due secoli, ne segue in questi istanti un’ulteriore di natura ibrida cultural-turistica cui si rischia di far fronte – ancora una volta – senza avviare un vitale processo di elaborazione culturale che consenta di preservare complessità e di far emergere contraddizioni: se l’esterno, equipaggiato da turista culturale, non sembra quasi mai chiedere con l’intento di ottenere una risposta lontana dalle proprie aspettative di autenticità, l’interno accetta di buon grado di venir costretto nelle retoriche – ancora una volta – pienamente colonialistiche della vergogna e del riscatto pur di non interrogarsi sulla natura e la portata di una manifestazione di interesse. Nel simulato appagamento delle questioni, gli artisti che si riuniscono in Intramœnia si costituiscono spontaneamente quali interlocutori fuori dal discorso, in un gruppo aperto, non programmatico, non strategico, ma aggregato intorno alla non casuale concordanza di tematiche e metodologie dell’operare artistico. Il titolo Intramœnia si riferisce in modo a tratti grottesco all’idea della chiusura entro mura fittizie cui rimandano le idee di confine, di immaginari territoriali, di gruppi di relazione, di collettività. Le opere in mostra, attraverso l’approfondimento di percorsi singolari e divergenti, contribuiranno invece a problematizzare ogni sintesi operata a beneficio di un’idea di territorio come prodotto (anche e non solo culturale) disponibile al consumo. È una scena artistica che agisce in un contesto di ricerca con prospettiva globale e che testimonia la possibilità di un sud che non si esaurisca nel peso di una subalternità determinata su base economica. Di converso suggerisce però l’urgenza di un ribaltamento di quegli abusati paradigmi di attribuzione di valore che hanno portano verso una generale crisi del senso: la distorsione percettiva operata dal meccanismo del debito, la logica di profitto e dell’anaffettività degli scambi economici hanno fatto sì che lì dove si abusa delle categorie di comunità, partecipazione, relazione, in realtà si parli spesso di compromissione di reciproche libertà. In un tale contesto di marginalità economica, la forza di progressione del gruppo è ricercata nella messa in comunione di idee e agire artistico piuttosto che nella competizione, ponendo la necessità dello scambio al di sopra del conseguimento di qualsiasi obiettivo di carattere produttivo. Intramœnia è tappa intermedia di un percorso che pone tra i propri obiettivi prossimi la costruzione di un volume a carattere saggistico che, oltre la semplice ambizione di documentare l’esistente, sia documento di studio e approfondimento sulle ragioni e sulle modalità paradigmatiche di un’azione artistica non censita da un sistema culturale a stretta interdipendenza dal sistema economico. La mostra è organizzata da Amensiac Arts (Potenza) in collaborazione con ARTErìa, associazione d’arte e cultura (Matera) con il patrocinio di Regione Basilicata e Provincia di Potenza. — martedì 08.00 — 13.00 mercoledì — sabato 08.00 —13.00 / 16.00 — 19.00 ultimo accesso 18.30 chiuso domenica e lunedì tel 0971 444833 / fax 0971 444820 e-mail [email protected]
0 notes
amnesiacarts · 8 years ago
Text
FANOI. La festa laica degli alberi in fuoco
Amnesiac Arts è lieta di ospitare nel suo Spazio [K]  un evento organizzato dal Festival Città 100 Scale di Potenza
FANOI.
La festa laica degli alberi in fuoco in ricordo di Paolo Rosa di Studio Azzurro
4 Maggio 2017 Spazio [k] Largo D’Errico 7 Potenza
Programma Ore 16,30 CONFERENZA STAMPA PRESENTAZIONE DEL CONCORSO “FANOI. La festa laica degli alberi in fuoco” Selezione di idee per un’installazione temporanea nell’ambito della IX Edizione del “Citta’ delle 100 scale Festival” 2017 presso la N.Av.E. (Nuove Avventure Espressive) di Rione Cocuzzo. Ore 18,30 L’ARTE (E IL) FUORI DI SE’. Oltre i confini delle immagini, l’estetica delle relazioni Seminario interattivo a cura di Giuseppe Biscaglia e Francesco Scaringi Proiezioni: Studio Azzurro Videoambienti, Ambienti sensibili e altre esperienze tra arte, cinema, teatro e musica Installazioni e videoproiezioni: Silvio Giordano, Salvatore Laurenzana, Spazio K e Volumezero. Ore 20,30 Il fuoco governa tutte le cose. Dialogando intorno ai “fanoi” Installazione a cura di Basilicata 1799 Largo Palazzo D’Errico
pagina dell’evento su FaceBook: https://www.facebook.com/events/162175817641599/
Tumblr media
0 notes
amnesiacarts · 9 years ago
Text
CAN (ContemporaryArtNight) _3. Spazio al cubo.
Donato Faruolo | Massimo Lovisco | Marcello Mantegazza con l’intervento di Serena Achilli, Algoritmo festival e di Francesco Scaringi, Città delle 100 scale festival nell’ambito di Città delle 100 scale festival
civico sette, largo D’Errico 7 (accesso su largo Pignatari) – Potenza 18 novembre – 3 dicembre 2016 inaugurazione 18 novembre h 18.00 altri giorni su prenotazione, info 389 8185034 / 347 9348841
Tumblr media
L’associazione culturale Amnesiac Arts, nell’ambito di Città delle 100 scale festival, presenta _3 (Spazio al cubo). A partire da InDebito, tema dell’VIII edizione del festival curato da Basilicata 1799, gli artisti Donato Faruolo, Massimo Lovisco e Marcello Mantegazza e la curatrice indipendente Serena Achilli ricavano un inedito spazio di riflessione per la città: uno spazio fisico, nei sotterranei dello storico palazzo Pignatari, qui nell’inedita veste di luogo di cultura aperto al pubblico; e uno spazio di elaborazione, conquistato nello stato di perenne emergenza dettato dalle crisi (economiche e non solo), per dare adito alla felice “insolvenza” dell’arte, verso ogni alternativa, divergenza, lateralità concessa dal pensiero al palinsesto delle austerità.
Un prototipo di laboratorio artistico: tre punti di vista differenti, tre dimensioni artistiche che nel perseverante lavoro sulla rete si elevano a potenza per costruire il volume pubblico della coscienza. Saranno coadiuvati dall’intervento di Serena Achilli, quarto elemento coprotagonista per apportare l’esperienza di curatrice di Algoritmo festival, giovane realtà propulsiva e di ricerca che instaurerà un dialogo con Francesco Scaringi di Città delle 100 scale festival sul tema della ricerca e della produzione culturale oltre i centri di egemonia economica.
Lo spazio denominato “civico sette” occupa i sotterranei di palazzo Pignatari a Potenza, già adibiti nel tempo a stalla, prigione, laboratorio di falegnameria, deposito, per poi essere obliati per anni dietro il cantiere di largo d’Errico. Subisce alterne vicende e notevoli manomissioni, passando ai Pignatari che ne danno la denominazione attuale solo verso la fine del 1800. _3 (Spazio al cubo) intende riattivare questo luogo per restituirlo al dominio del potenziale.
Tumblr media
Donato Faruolo è nato a Potenza nel 1985. Artista e graphic designer, si occupa di immagini e fenomeni visivi come dispositivi rivelatori di ansie, fallimenti e irresolutezze nella definizione dello statuto culturale di un’epoca. L’icona, l’ostensione dell’immagine, il volume e l’archivio sono tra i suoi principali strumenti di indagine. Presente nell’archivio Index di Fondazione SoutHeritage (B. Improta, 2009). Tra le mostre: le personali Paper(F. Fiore, 2013), Pictures/Preview (F. Fiore, 2015) e Un’indagine (G. Potenza, 2016), la project room Appendix(L. Ghidoni, 2009); le collettive Arrivi e parteneze - Italia (Ancona 2008), Mediterranean Design (Instanbul 2009); per la grafica, Farenheit 39. Rassegna dell’editoria indipendente (Ravenna 2015), Millenials Aiap. La nuova scena della grafica italiana (Milano 2015).
Membro di Sicilia Queer, l’associazione culturale che da sei anni realizza a Palermo il Sicilia Queer filmfest. Membro della commissione Visual design per ADI Design Index - Compasso d’oro 2015-2016.
www.thisguise.it
Tumblr media Tumblr media
Massimo Lovisco (Potenza 1976) si è formato al Dams arte dell'Università di Bologna dove si è laureato in psicologia dell'arte e ha collaborato per testate musicali come fotografo.
La sua ricerca, partita dallo studio della fotografia come processo sensoriale, è approdata alla realizzazione di progetti ed installazioni site-specific che vanno oltre la materialità dell'opera incentivando il fruitore ad essere parte attiva del lavoro. Interessato allo studio delle relazioni e delle reti emozionali tra le persone è fondatore di Amnesiac Arts, associazione che si occupa di ricerca e diffusione dell'arte contemporanea e fa parte del team di direzione artistica e gestione del Cecilia, Centro per la Creatività di Tito (Pz). Attualmente la sua attività artistica è incentrata anche sui suoni (ambientali e sintetizzati) e sulla sperimentazione musicale con il suo gruppo di indie elettronica Motel Attempt Screaming Massimolovisco.com
Tumblr media Tumblr media
Marcello Mantegazza “Non sono ottimista né credente, per me la morte è la fine. Più importante è la vita, tutto quello che c’è in mezzo tra quando nasciamo e quando moriamo, come impieghiamo questo tempo. Poi si vedrà”.
Formatosi presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, Marcello Mantegazza porta avanti una ricerca atta ad analizzare e restituire i concetti di vita e morte, permanenza e trasformazione, lo scorrere del tempo, il pericolo, la corruzione e consunzione, l’estraniamento attraverso diversi linguaggi espressivi.
“Tutto il procedere dell’artista contiene una stratificazione di significati che rinviano sia al concetto del tempo, della durata e della caduta, sia a una poetica enciclopedica portata a riflettere sul valore – anche estetico – della catalogazione. Entrambe le declinazioni si intrecciano da sempre nell’intera investigazione di Marcello Mantegazza”. Barbara Martusciello
Nato nel 1974 a Potenza si è diplomato nel 2003 presso l’Accademia delle Belle Arti di Roma. Attualmente vive e lavora a Rieti, è rappresentato dalla galleria 3)5 Arte Contemporanea, che supporta il lavoro di artisti di diversa provenienza geografica e culturale, ed è parte attiva dell’associazione culturale Amnesiac Arts di Potenza, attiva in Basilicata. www.marcellomantegazza.weebly.com
Tumblr media Tumblr media
Serena Achilli, studiosa appassionata d'arte contemporanea, è curatrice indipendente e direttore artistico di Algoritmo Festival. Scrive per raccontare la propria contemporaneità cercando con cura pensieri e parole su artapartofculture.net Ha un Blog in cui c'è tutto questo e altro ancora 
cirandablog.tumblr.com 
0 notes
amnesiacarts · 10 years ago
Text
INTRAVIEW. Fiorella Fiore intervista Donato Faruolo
Intraview è un'intervista visiva per approfondire l'universo e la ricerca di artisti e curatori in dialogo tra loro. Il primo appuntamento si apre con Pictures /Preview, intervista di Fiorella Fiore curatrice e storica dell'arte a Donato Faruolo che presenta tre progetti inediti, ancora in fieri, in cui fotografia analogica e digitale, originale e copia, l’artista e il graphic designer si contaminano
1. Il tuo lavoro è un’indagine sulle strategie di scrittura della storia, «sulla qualità e sulla quantità delle informazioni che il presente lascia in eredità al futuro e che riceve dalle tracce del passato». Si può dire che è simile ad un’investigazione antropologica?
Esiste senza dubbio una ribellione alla posa che il mio lavoro condivide con gli atteggiamenti dell’antropologia culturale.  L’antropologia moderna ha adottato fin da subito l’immagine fotografica tra i propri strumenti, e oggi che dismette gli orizzonti esplorativi di carattere postcoloniale la sua è ancor più un’azione di dissolvimento delle scene, che rubrica la posa come una imperdonabile mistificazione di linguaggio. L’antropologia ha però bisogno di sostituire alla scena un fondale che accolga, in luogo della stasi della posa, la linearità di un racconto. Se condivido quindi con l’antropologia l’attitudine analitica, rigetto con una certa insofferenza la coazione alla narrazione. A sessant’anni di distanza dall’invenzione della Lucania come campo di studio, è difficile non leggere nelle decine di progetti fotografici prodotti con scopi antropologici una visione strumentale di quelle sacche di vita che la fotografia intendeva redimere dall’oblio. A questa prospettiva si oppone ad esempio il lavoro di Mario Cresci, che pratica sì una fotografia di carattere antropologico, ma focalizzata sulla misurazione dei segni culturali. Un’operazione cui mi sento molto più vicino. Più che di antropologia, il mio lavoro forse si occupa delle antropologie, una lettura di secondo grado.
2. E a proposito di letture stratificate:  la ricerca condotta nella serie Pictures/ Each è il risultato più interessante del gioco che conduci con lo spettatore sui tranelli della fotografia come documento inespugnabile della realtà. Ciò che viene raffigurato nella fotografia è sempre evidente?
L’evidenza offerta dall’immagine fotografica è stata la ragione del suo successo commerciale e della sua inoppugnata penetrazione negli immaginari. Per lo stesso motivo le immagini fotografiche sono assunte come potentissimo strumento di rappresentazione politica. Una parabola esemplificativa delle drammaturgie politiche dell’evidenza: Sarajevo 1914, l’assassinio di Francesco Ferdinando d’Asburgo, illustrato da tutte le testate, pretesto per lo scoppio della Prima Guerra Mondiale; 1963, il colpo di pistola che manda in frantumi il cranio di John Fitzgerald Kennedy in un video di lirica potenza; 2001, un aereo richiama l’attenzione mondiale sulle Twin Towers colpendone una, e un secondo attacco offrirà la vertigine inedita della diretta; Milano 2006 – ossia il parossismo – dopo l’attentato che gli deturperebbe il labbro, Silvio Berlusconi ostenta le sue ferite davanti alla folla salendo sul predellino dell’auto. L’efficacia dell’evidenza delle immagini è sempre supportata da una lettura magica: il fenomeno della sostituzione simbolica, la dislocazione spazio-temporale, la persistenza dell’impressione, la costruzione della meraviglia, la narrazione che accompagna un’immagine sono tutte componenti che discreditano l’idea che il valore di una fotografia sia nel suo carattere documentale. Quando inclinando la lastra di un dagherrotipo compare in controluce il fantasma di un uomo, il realismo della raffigurazione è totalmente al servizio dello sbigottimento. Il fatto che ci si affidi senza riserve alle immagini fotografiche da quasi due secoli mi è sempre parso un affascinante indice – fondamentale e collettivo – di disperazione esistenziale. In Pictures/Each compaiono alcune storie riscritte attraverso la mera ripresentazione di vere fotografie pescate tra cumuli. Galleggiano, come immagini e come oggetti, su un abisso di indeterminazione, eppure per puro caso si sono riaggregate in una linearità qualsiasi. Agli occhi di ognuno potrebbero testimoniare storie diverse, facendo emergere così tutte le controversie legate al tema della rappresentazione fotografica. Talvolta,  rivelano segreti inconfessabili pur essendo le più controllate delle espressioni intenzionali di un essere umano.
3. Entriamo nel merito della questione, proprio in riferimento all’aspetto magico della fotografia e al rapporto con il digitale: il corto circuito è tutto in ciò che già Walter Benjamin illustrò in L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica: secondo te quanto il codice incorporato nel digitale toglie (o aggiunge!) all’aura della fotografia cui fa riferimento Benjamin, anche in riferimento a Pictures/ Either?
La principale delle virtù del digitale è del tutto accidentale. Ne è addirittura una controindicazione: a forza di invettive catastrofiste contro l’immagine programmata, negli ultimi 10-15 anni abbiamo forse scoperto che tutte le immagini sono programmate. Tutte contribuiscono all’esaurimento di un programma visivo, tutte dipendono da codici tecnici e sottotesti, tutte hanno nella loro funzione culturale un certo grado di svincolamento possibile dalla sacralità dell’esemplare originario, da una vera icon. Benjamin l’aveva predetto (anche questo): l’hic et nunc si sfrangia in un’immagine che si consuma. Parlava certamente del consumo di mercato, ma nella scena attuale incorrerebbe in una sorta di paradosso di Zenone, con Achille che non riesce a superare la tartaruga. Integriamo la vita di tutte le opere per un Δt che tende a 0, come suggeriva Guerra e Pace, e scopriamo un fenomeno più ampio e globale, in cui ogni immagine ha un senso performativo, di naturale e funzionale autoconsunzione. Il senso dell’esemplare si dissolve prima di tutto nel suo contributo all’orizzonte culturale, in cui diventa irrilevante se non come parametro di confronto da Bureau des poids et mesures, da risorsa aurea stipata nei caveau e surclassata dai rituali della finanza. In Pictures/Either le immagini sono considerate nella loro componente di segno culturale: non sono necessarie unicità, originalità né cura nella riproduzione, privazioni formalizzate nella brutale purezza di una fotocopia. È fondamentale invece l’utilizzo dell’immagine come dispositivo iconico, come segno attivo e collettivo. In una preposizione artistica così conformata, a parlare è la valenza culturale condivisa che un’immagine acquisisce, ed è un valore cui posso riferirmi anche con la più banale delle copie fotostatiche. Il senso aureo, se ce ne fosse bisogno, sarebbe da ricercare nella costruzione sintattica dell’operazione artistica per cui il supporto è poco più che strumentale.
Tumblr media
4. La professione di grafico influenza sicuramente la tua poetica. La serie Pictures/Everyone credo che sia quella che meglio raccoglie l’anima del tuo lavoro: una sintesi perfetta tra il ruolo del simbolo e dell’immagine.
È una sorta di galleria grottesca sul tema del ritratto di gruppo, della fotografia che testimonia, sancisce, celebra, e finanche della cornice, del quadro, del souvenir di vita trascorsa. Nell’ideologia borghese le cornici racchiudono sempre oggetti caricati di particolari sovrastrutture di iper-rappresentanza. In questa serie, composta in tutto di trenta elementi, compaiono delle riproduzioni di fotografie prelevate da Internet in cui alcune persone sono state ritratte collettivamente. Ognuna di quelle immagini ha uno scopo, esprime una pulsione, assolve una necessità fondamentale per iniziativa dei rappresentati o loro malgrado. In ognuna di esse gli individui si aggregano, attratti da una forma di similarità ricercata, per esporsi nell’inedita veste del gruppo, del partito, del circolo, della classe, della parrocchia, della famiglia, della squadra, della banda, del plotone. Nel gruppo i soggetti ritrovano la forza di autorappresentarsi, la propria formulazione sintetica che li metta al riparo dalla fragilità della singolarità. Su ogni fotografia di gruppo è stato apposto un simbolo a sviluppo radiale desunto dalla grammatica minima del mirino, del puntatore, dell’obiettivo. Puntare, inquadrare, esporre al pericolo: in molti casi i simboli radiali divergono verso marchi esoterici o politici dal potenziale perturbante. Ma è anche l’immagine in sé a essere utilizzata come segno linguistico, convenzionalmente determinato per l’articolazione di un costrutto.
Tumblr media
5. Espressione perfetta di quella “responsabilità politica” (e di tutte le conseguenze che questo comporta) che assegni a chi produce immagini.
L’immagine è sempre stata, in senso più o meno lato, uno degli strumenti in disponibilità del potere. E questa è una consapevolezza ormai strutturata. Oggi però è possibile attribuire una buona dose della responsabilità del funzionamento delle immagini anche a chi ne fruisce, ai suoi consumatori. Il prestigio di un prodotto, ad esempio, è spesso dovuto più all’adorazione di chi è escluso dalla sua fruizione che alle sue virtù progettate. In questo caso la potenza dell’immagine è quasi del tutto in mano a chi ne è gestito, a chi sembrerebbe del tutto estraneo alla determinazione delle sue dinamiche. Sui social network invece si enfatizza il clima di astrazione, di virtualità, di proiezione (tipica della semantica dell’immagine digitale) per la produzione di meme, immagini di estrema sintesi di fatti e eventi: si presume che pratiche di ironia, rabbia o catarsi collettiva possano far decadere la gravità di situazioni insostenibili. Così spesso si gestisce con leggerezza anche ciò che gira attorno a fatti, eventi, fenomeni molto gravi: l’orribile proliferazione di variazioni sul tema dell’immagine del bambino di Kobane, la foto del documento di Carlo Giuliani, il dilagare delle apologie di regime, la riabilitazione di imbarazzanti personaggi politici, sono tutti fenomeni che appaiono privi di concretezza nella rete ma che, per le virtù di azione sugli immaginari, producono spostamenti significativi nelle coscienze e nei comportamenti generali. Prima che se ne facessero parodie social nessuno si sarebbe sognato di chiedere un autografo ad Antonio Razzi.
6. Donato Faruolo dietro l’obiettivo. Come si è evoluto il rapporto con la pratica fotografica nel corso della tua ricerca in questi anni?
Inizialmente fotografare era una pratica di verifica personale. Facevo fotografie per reazione a un repentino calo della vista, così ero attratto dall’idea di poter fermare per poi esplorare, classificare. Ho cominciato poi a scontrarmi con i limiti dello strumento fotografico alla ricerca di agenti che perturbassero la scivolosità di una rappresentazione perfetta. Con il tempo sono passato a ricerche sempre più geometriche, pseudo-razionalizzanti, fino a produrre immagini in cui procuravo anamorfosi per ricondurre le composizioni a regolarità plausibili ma impossibili. Infastidito da una lettura compositiva, ho cominciato a usare le immagini fotografiche come referenti di enigmi semantici spingendo la ricerca su un fronte sempre più dematerializzato e deautorializzato. Per Publicinvasioni (Potenza, 2009), ho composto un manifesto stradale costituito da un’immagine di uno spazio per affissioni elettorali ancora vuoto. Unico segno significativo presente era il “2” dipinto sulla superficie originaria che determinava l’identità del pannello per la sua assegnazione. Il segno, del tutto arbitrario e non rappresentativo, transitava magicamente attraverso tutti i livelli coinvolti: pannello originale, foto, manifesto e ancora pannello. Restava un “2”. A partire dal progetto Paper ho cominciato ad avvalermi di immagini tratte da iconosfere collettive, spesso da Internet, carpite nel loro potenziale culturale condiviso, riprodotte con tecniche fondamentali e spesso predigitali. Lo scopo è imbastire discorsi sulla scrittura storica, sulla coscienza collettiva, sull’immagine come dispositivo.
Donato Faruolo (Potenza, 1985), artista e graphic designer, si occupa ad ampio raggio di immagini come fenomeni sociali significativi in grado di rivelare ansie, fallimenti e irresolutezze nella definizione dello statuto culturale di un’epoca. Presente nell’archivio Index di SoutHeritage (B. Improta, 2009). Tra le mostre la personale Paper (F. Fiore, Potenza 2013), la project room Appendix (L. Ghidoni, 2009), le collettive Arrivi e Partenze – Italia (Ancora 2008), Mediterranean Design (Instanbul 2009), Fahrenheit 39 (Ravenna 2015), Millennials Aiap (Milano 2015). http://www.thisguise.it
Fiorella Fiore (Potenza,1982) storico dell’arte, si occupa di curatela e di critica dal 2007; la sua ricerca è focalizzata sulle dinamiche artistiche della Basilicata, dove ha scelto di rientrare dopo gli studi condotti a Firenze collaborando, però, anche con diverse realtà fuori regione e a progetti di respiro internazionale. In seguito ad uno stage svolto nel 2009 presso il Museo d’Arte dei Bambini, realtà appartenente al complesso di Santa Maria della Scala, a Siena, ha iniziato un percorso rivolto anche alla didattica, attraverso la curatela e l’ideazione di laboratori di storia dell’arte dedicati all’infanzia. È co-founder e vicepresidente dell’Associazione Liberascienza, un progetto innovativo di divulgazione scientifica basato su un approccio trasversale al sapere. http://fiorellafiore.jimdo.com/
0 notes
amnesiacarts · 10 years ago
Text
Video 1:1/ Simona Caramia : Giulia Giannola
VIDEO 1:1 è un format dedicato alla giovane videoarte per il quale un curatore, in un rapporto di identificazione 1:1, è invitato a selezionare un artista e un video rappresentativi della propria visione del contemporaneo. 
Per il secondo appuntamento la curatrice Simona Caramia ha selezionato Lipstick Cycle dell’artista Giulia Giannola La parola Bellezza è ormai un termine inflazionato, che involontariamente ci porta ad aprire i cassetti della memoria e a ripescare concetti passati come canone, classicità, virtù, grazia. Ma al contempo, nel suo esser tematica controversa, soggetta al divenire dei codici visivi e all'evoluzione della moda e dei modelli di riferimento, lascia spazio alle più svariate interpretazioni del gusto e a osservazioni, anche polemiche, sulla mercificazione e sull'ostentazione del Bello o di ciò che vi è associato. Poiché radicata nella cultura e nella sfera intima di ognuno – qualunque siano le scelte soggettive adottate per sé, nessuno è capace di prescindere da tale concetto – ritengo non sia semplice raccontare, attraverso l'arte, la Bellezza in modo autentico ed attuale, senza cadere in luoghi comuni, in banalità o retorica. Per questo è stata una piacevole sorpresa, imbattermi casualmente – nel mezzo di alcune ricerche su web – in Lipstick Cycle, una recente opera-video di Giulia Giannola, che sceglie di parlare di bellezza al femminile, facendo riferimento non alla Donna quale ideale di perfezione o sintesi di sensualità, ma alle donne e alla loro dimensione quotidiana. Privo di ogni sorta di provocazione ridondante, il video non introduce un gesto meccanico, come potrebbe far pensare il nastro trasportatore, intorno al quale si sviluppa la scena, ma invita a cogliere un rituale, che si offre al pubblico come un atto collettivo. Il make up femminile, che accomuna tutte – o quasi – le donne, diventa un gesto lirico, condiviso. E difatti sedute intorno ad una tavola rotonda, dieci donne mettono a nudo la propria intimità, trasformando in azione sociale il momento individuale del maquillage. Non ci sono specchi intorno, sono l'una il riflesso dell'altra; ognuna mostra l'immagine di un rito familiare.   È proprio in questa ritualità che si annida la "grande bellezza": il farsi belle o il farsi della Bellezza si realizza attraverso azioni imprecise o titubanti, sguardi furtivi, sorrisi complici che lasciano intravedere la gioia. Emblema delle emozioni umane, dunque del reale coinvolgimento delle giovani protagoniste, la gioia è l'esibizione della leggerezza nel disporre in libertà di quel momento (ri-)creativo e nel presentare, infine, il proprio aspetto esteriore. Siamo ben lontani dallo stereotipo della femme fatale delle copertine o delle pubblicità che, da maestre dell'erotismo, padroneggiano trucchi, profumi e con essi la propria femminilità. Davanti allo sguardo del fruitore, il "circolo del rossetto" fa entare la semplicità della Bellezza e parallelamente la solennità del suo compiersi. In una metafora allargata, il make up rappresenta la passione e l'ispirazione dell'artista per il suo lavoro febbrile, certosino, fragile talvolta, mai automatico – sebbene costante –, allo stesso modo la pratica ne è occultata, per palesarsi solo ad opera ultimata, cosicché ogni scelta creativa che attiene al rituale personale resti intima, non rivelata, alimentando il fascino e l'alone di mistero circa la sua bellezza.
Simona Caramia
Tumblr media
Simona Caramia, critico e curatore indipendente, studiosa della fenomenologia dell'arte contemporanea, con particolare attenzione allo scenario artistico del sud Italia. Docente di Stile, Storia dell’Arte e del Costume (Storia della Fotografia e Fenomenologia dell'arte contemporanea) presso l’Accademia di Belle Arti di Catanzaro. Attualmente dottorando in Storia dell'Arte contemporanea presso l'Università degli Studi La Sapienza di Roma . Ha svolto attività per la Sezione Didattica del Centro per l’arte contemporanea Open Space di Catanzaro. Collabora con recensioni e saggi di arte contemporanea alla rivista specialistica “SEGNO - Attualità Internazionali d'Arte Contemporanea” e con la rivista specialistica online "Arshake"; ha collabora con la rivista specialistica “TITOLO - Rivista scientifico-culturale di arte contemporanea”.
Giulia Giannola (1985, Napoli) é un´artista italiana. Dopo aver conseguito il BA in Arti Visive presso lo IUAV di Venezia,si trasferisce a Berlino dove consegue il Master presso l´Universitá delle Arti (UdK) in Installazione e Multimedia. Le sue performances e video traggono ispirazione da situazioni vita collettiva o personale. La sua ricerca analizza temi quali tempo umano, tempo produttivo, e ritmi collettivi. Nei suoi lavori fattori temporali come durata e ritmo vengono messi in discussione, trasformati e dilatati, suggerendo realtá alternative. I suoi lavori sono stati esposti presso: Times and Lines Saarländisches Künstlerhaus,Saarbrücken (mostra personale); Young artists Biennial from the Mediterranean 2015 Milan; Meisterschülerpreis des Präsidenten der Udk,Kolbe Museum,Berlin; Berlin Masters,Galleria Arndt,Berlin; “Meridian|Urban” Haus der Kulturen der Welt,Berlin;Phaenomenale 2010,Science and art festival,Kunstverein Wolfsburg; HDLU,Zagreb;Organhaus International video art festival,Chongqing, Cina; Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia; Magazzini del sale,Venezia. Ha ricevuto la borsa di studio Elsa-Neumanndello stato di Berlino nel 2014, e il premio Master Student (Meisterschülerpreis des Präsedenten) dell´Universitá delle Arti di Berlino. 
0 notes
amnesiacarts · 10 years ago
Text
ODES (Orizzonte degli eventi sonori) / Attilio Novellino. Testo critico di Maurizio Inchingoli
Odes (Orizzonte degli eventi sonori) è una piattaforma dedicata alla sound art. Tramite un dispositivo wireless, il visitatore potrà esperire l'opera con una fruizione personale e intimista che si fa quasi performance spingendolo a interagire con il luogo e i suoi silenzi.   Per questa edizione presentiamo il lavoro Lost Days di Attilio Novellino con testo critico a cura di  Maurizio Inchingoli (redattore di TheNewNoise.it) Al  Cecilia, Centro per la Creatività di Tito (PZ) fino al 30 Novembre
…in order to create a kind of ancient march, audible “without ears”.
Sorda e acquatica espressione di un’ideale placenta musicale che si anima all’ improvviso. Così potrebbe definirsi a un primo ascolto la musica di Attilio Novellino, nello specifico questa lunga composizione uscita per l’etichetta americana Small Doses, correva l’anno 2012. Nel frattempo il giovane sound-artist calabrese ne ha fatta di strada, un disco ufficiale a suo nome, “Through Glass”, e prestigiose collaborazioni con Rob Mazurek e Tim Barnes,  e i nostri The Great Saunites e Saverio Rosi.
Musica immersiva e fieramente analogica la sua (fatta di basso elettrico, chitarra ed effetti) che fluttua libera tra drone e ambient e non dimentica la lezione dei corrieri cosmici, viene da pensare a una band storica come i Tangerine Dream, ma Novellino fa parte di una schiera di musicisti piuttosto attenti alle sonorità più eteree tanto in voga negli ultimi anni, Alberto Boccardi, Enrico Coniglio, tra gli altri.  
Non va inoltre sottovalutata quella peculiare propensione a cristallizzare un momento, una suggestione: poche note che sanno di ricordi legati con tutta probabilità a un Sud immaginario, mitizzato, di certo perduto nella memoria. Quell’immaginario torna di continuo alla mente, e alle orecchie, come tornano alla mente certi paesaggi fatti di montagne che si precipitano in mare, di boschi selvaggi e di profumi intensi, che devono in qualche modo averlo influenzato. Lost Days quindi ci dà l’esatta misura della perdita e del sogno. Fermatevi un attimo e provate ad immergervi in questo paesaggio ideale, vi ritroverete come smarriti e senza punti d’appoggio, racchiusi dentro una sorta di cocoon ostaggio di una strana corrente contraria ed ostinata, che vi trasporta sfidando il tempo con fare quasi materno.
In fondo venticinque minuti circa possono bastare per oggettivare una passeggiata sonora che vi farà per qualche istante perdere l’orientamento, e vi accompagnerà verso inaspettate porte percettive che non avreste mai pensato potessero esistere.
Maurizio Inchingoli
Tumblr media
Attilio Novellino è un sound artist nato a Catanzaro nel 1983. Interessato alla correlazione tra percezione uditiva e risposta emozionale soggettiva, utilizza il suono come strumento d'azione psico-acustica e di sollecitazione della memoria emotiva ed inconscia. Costruisce paesaggi sonori su layers di materia vibrante, textures dilatate, distorsioni aspre e detriti melodici immersi in un magma sonoro denso ed ipnotico, definito dalla stampa di settore “Dronegaze”. Ha realizzato album da solista (“Through Glass” - Valeot 2012, “Lost Days “ - Small Doses 2012) e promosso lavori collaborativi legati al field recording, alla soundscape composition (Crònica, Oak, Ephre Imprint) e alla improvvisazione in ambito free/noise (Radicalisme Mècanique w/ The Great Saunites - Discreetrocords 2014). Ha partecipato negli ultimi anni a rassegne e festival (Flussi, Zanne Preview, Thalassa, IMAGO Festival, Islands Adventures) esibendosi sia in solo, Rhiz (Vienna), Madame Claude (Belrino), The Burlington (Chicago), che con il colletivo Aips, Cafè Oto (Londra), O' (Milano), Palazzo Strozzi (Firenze) di cui è membro.
La collaborazione intrapresa dal 2010 con Saverio Rosi lo ha portato a suonare in diversi festival, tra cui Flussi, Interferenze-Farm (Avellino), Zanne Preview (Catania), Diagonal Jazz/Diagonal Visual (Museuo Marca - Catanzaro), e a realizzare due album in studio pubblicati a nome Sentimental Machines, “The Silent Bride" (Laverna/Discreetrecords 2010) e "Less" per la label russa Dronarivm (2014). Dopo il riconoscimento nel contest “E-artquake 2010 – 30 Anni dal sisma in Irpinia” ottenuto col brano “Trying To Evaporate”, nel 2103, la prestigiosa giuria del PIARS – Premio Internazionale Arti Sonore – composta da David Toop, Gunter Muller, RhodriDavies, ha attribuito il primo premio per la categoria “musica sperimentale” alla composizione originale “Black Sand” di Novellino/Panico/Rosi. Inoltre "Black Sand" è stata selezionata da Tom Erbe, figura di primo piano nella ricerca e sperimentazione elettronica americana degli ultimi venti anni, fra i brani trasmessi nella rassegna "Sweet Thunder Music Festival" tenutasi al Fort Mason Center di San Francisco nell'Aprile del 2014.Novellino e Rosi gestiscono insieme l'etichetta Discreetrecords incentrata sulla sperimentazione elettronica in ambito free/avant e improv. e hanno recentemente pubblicato un album condiviso con due traordinari musicisti, quali Rob Mazurek, solista di cornetta, tromba, compositore, artista multimediale, leader della Exploding Star Orchestra, del Chicago Underground e Sao Paulo Underground e Tim Barnes, batterista/percussionista attivo anche come improvvisatore e già collaboratore di Jim O'rourke, Sonic Youth, Wilco tra gli altri. Il lavoro, intitolato “Objects in mirror are closer that they appear”, è stato pubblicato nell'inverno del 2014 in vinile per Disceetrecords ed ha ottenuto diverse recensioni favorevoli dalla stampa italiana ed estera. Il mensile Blow-up lo ha inserito fra i dieci dischi dell'anno nella sezione altrisuoni.
Maurizio Inchingoli. Nasce in Basilicata, dopo uno lungo soggiorno bolognese si trasferisce a Torino. Giornalista free-lance appassionato di musica e cinema, comincia a scrivere di concerti e dischi per il portale “Tragittisonori.com”, e intraprende una collaborazione per la sezione “Visti & sentiti” della rivista “Blow Up – Rock e altre contaminazioni”. Per un breve periodo partecipa a “Ondarock.it” e all’ultimo anno di vita di “Audiodrome.it”. Dalle ceneri di quest’ultimo, col ruolo di redattore, contribuisce a far nascere “TheNewNoise.it”, web magazine che si occupa di sondare i territori meno battuti dell’underground musicale sia italiano che d’oltre-confine attraverso recensioni, interviste e live report. È anche tra i collaboratori della prima ora della rivista di critica cinematografica “Rifrazioni – dal cinema all’oltre”. Suoi articoli sono apparsi sul periodico Filmcritica e per il blog di poesia e letteratura La Gru, oltre ad un’esperienza per la sezione “cinema” del mensile dell’Università di Bologna “Il Cubo”. Un suo testo di critica all’opera dell’artista Davide Manti è apparso nel catalogo 2014 “Mirar #1 – Camera Bianca” edito dalla AIFAN, Associazione Italiana Fotografia Analogica.
0 notes
amnesiacarts · 10 years ago
Text
ODES (Orizzonte degli eventi sonori) / Giovanni Lami. Testo critico di Leandro Pisano
Odes (Orizzonte degli eventi sonori) è una piattaforma dedicata alla sound art. Tramite un dispositivo wireless, il visitatore potrà esperire l'opera con una fruizione personale e intimista che si fa quasi performance spingendolo a interagire con il luogo e i suoi silenzi.   Per questa edizione presentiamo il progetto site specific Mema Verma dell'artista ravennate Giovanni Lami con testo critico a cura di  Leandro Pisano (curatore impegnato in diversi progetti afferenti l’aspetto estetico del suono e delle nuove tecnologie) Al  Cecilia, Centro per la Creatività di Tito (PZ) fino al 31 Maggio
Da diversi anni Giovanni Lami, artista sonoro e fotografo che lavora con approccio entomologico ad una serie di soundscape in bilico tra visibile ed inaudibile, focalizza la propria attenzione su una serie di elementi liminali, residuali dell’ascolto che si configurano come costituenti di una serie di paesaggi mentali che sconfinano in un complesse ed affascinanti cartografie affettive.
“I significati nascosti sono quelli che danno origine alle cose”, dichiarava qualche anno fa Giovanni insieme ad Enrico Coniglio in occasione di un’uscita del loro progetto “Lemures”. È proprio questa una delle possibili chiavi di lettura di un percorso che ha portato il sound artist ravennate a concentrare i propri sforzi sempre di più sulle possibilità di mettere in questione sia l’approccio filologico al suono che il suo processing digitale, aprendo lo spazio acustico ad ulteriori livelli di lettura, verso narrazioni destrutturate ed imprevedibili che ne mettono in luce gli aspetti più chiaroscurali ed intimi.
Una dimensione “fantasmica” del suono, in cui si materializzano voci ed apparizioni inattese, colte nel loro divenire come forme di una complessa interazione fatta di associazioni, riflessi e riverberi tra soggetto ed oggetti sonori.
Proprio come accade oggi qui, al Cecilia di Tito. Concepito originariamente come un album su vinile, presentato in quest’occasione in una versione site specific e focalizzato sull’indagine acustica intorno ad uno strumento unico, processato digitalmente, “म म [mema verma]” è la testimonianza dell’immersione dell’autore in un continuum in cui il suono assume molteplici declinazioni nella scala di gradazione tra pieno e vuoto assoluto, tra spessore materico ed ineffabilità dronica.
L’oggetto sonoro attorno al quale si costruisce quest’esperienza acustica è uno shruti box con intonazione più bassa rispetto ai tradizionali indiani, che viene esplorato quasi sempre senza l’emissione di note, ma restituendo le risonanze, i soffi, i sibili, gli echi delle ance e del corpo dello strumento. In questo studio sonoro, il rapporto tra costituente strumentale e componente dronica evolve dal perfetto equilibrio iniziale verso una progressiva dissolvenza del rumore in una rarefazione che tende all’inerzia, nei minuti finali, attraverso un climax atmosferico di particolare suggestione.
"Avevo davvero voglia di provare a scardinare l'immaginario legato all'elettroacustica in generale, o a questo tipo di ricerca sonora, considerata dalle masse così inaffrontabile, scura", ha dichiarato recentemente Lami.
La sensazione è che questo lavoro, nella sua immediatezza poetica, nel suo saper raccontare di "dettagli in mutazione", nella sua capacità di "spostamento dei piani", non solo nel suono ma anche nelle forme, riesca a restituire all'ascoltatore l'impressione di linearità e luminosità che è alla base del processo di ricerca estetica e sonora messa in atto dal compositore ravennate.
Leandro Pisano
Tumblr media
Giovanni Lami (1978) è un field recordist e musicista che lavora all'interno del soundscape, della ricerca elettroacustica e della sound-ecology. Dal 2009 con i suoi diversi progetti ha suonato tra gli altri al: Conservatorio B.Maderna (Cesena), DalVerme (Roma), Mu.Vi.Ment.S. Festival 2010 (Itri), Fondazione Giorgio Cini (Venezia), Festival C/off (Faenza), Schiume Festival (Venezia), Kernel Festival (Desio), NerosuBianco (Cesena), Tagofest VI (Massa), Florence Live Looping Festival (Firenze), Flussi2011 (Avellino), Spazio Elastico (Bologna), Barbur Gallery (Jerusalem), Rogatka (Tel Aviv), The Zimmer (Tel Aviv), Kreuzberg Pavillon (Berlin), Homework Festival (Bologna), Ravenna Festival (Ravenna), Teatro Fondamenta Nuove (Venezia), KNOT Gallery (Athens), Les Yper Yper (Thessaloniki), The Bee's Mouth (Brighton), CafeOTO (London), HanaBi (Ravenna), Teatro Moderno (Agliana), O' (Milan), Störung Festival (Barcelona), Quiet Cue (Berlin), Macao (Milan). Laureato in Scienze e Tecnologie Alimentari all'Ateneo di Bologna ed in Fotografia allo IED, come fotografo ha realizzato esposizioni collettive e personali nazionali ed estere, tra le altre, a Ravenna, Modena, Genova, Roma, Acireale, San Sebastian - Spagna, Dhaka - Bangladesh, ha partecipato ad un paio di residenze artistiche (Norvegia e Paesi Baschi), pubblicato libri e lavorato con diverse realtà commerciali. L'approccio verso la materia sonora è lo stesso messo in pratica nel passato in fotografia, utilizzando principalmente registrazioni ambientali (field recordings) e segnali processati in tempo reale; l'universo infinito di suoni che ogni giorno ci circonda e la loro manipolazione è la base del suo modus operandi, affiancato allo studio delle superfici risonanti sul campo e alla ricerca multispeaker. Nel 2011 entra a far parte di AIPS (Archivio Italiano Paesaggi Sonori).
Leandro Pisano è un curatore impegnato in diversi progetti ed eventi concernenti l’aspetto estetico del suono e delle nuove tecnologie. E’ attivamente coinvolto anche nell’ambito dello sviluppo di strategie ICT per le aree rurali.E’ fondatore e direttore artistico del festival internazionale di new arts Interferenze, evento che dal 2003 ha luogo nel meridione d’Italia e lavora a progetti ed eventi che riguardano le arti elettroniche, come Mediaterrae Vol.1 (2007), E-Artquake (2010) e Barsento Mediascape (2013).Ha tenuto in diverse parti del mondo (Brasile, Cina, Corea, Giappone, India, Islanda, USA, Germania, Inghilterra, Portogallo, Finlandia, Turchia) presentazioni, conferenze e workshop in sedi accademiche o nel corso di eventi legati all’estetica dei nuovi media, al suono, al design ed alle culture della sostenibilità.E’ giornalista, collabora attualmente con riviste specializzate come Blow-Up ed ha collaborato negli anni scorsi con il Corriere della Sera (La Lettura), Neural, Doppiozero, Textura.org, Exibart e Nero Magazine.Attualmente è dottorando di ricerca in Studi Culturali e Postcoloniali del Mondo Anglofono presso l’Istituto Universitario "L’Orientale" di Napoli ed è cultore della materia in Didattica del Latino presso l’Università "Federico II" di Napoli, ateneo in cui ha conseguito con lode la laurea in Lettere Classiche, focalizzando i suoi studi sulla filologia digitale, la didattica elettronica ed il rapporto tra nuovi media e discipline classiche.Fondatore di Ufficio Bifolco, agenzia di progettazione specializzata nello sviluppo di strategie culturali per le aree rurali, già docente presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, insegna attualmente materie letterarie (latino, greco ed italiano) presso gli istituti d’istruzione di secondo grado.
0 notes
amnesiacarts · 10 years ago
Text
Video 1:1/ Maila Buglioni:Lara Pacilio
VIDEO 1:1 è un format dedicato alla giovane videoarte per il quale un curatore, in un rapporto di identificazione 1:1, è invitato a selezionare un artista e un video rappresentativi della propria visione del contemporaneo. Per questa edizione Maila Buglioni, curatrice e storica dell'arte del collettivo ARTNOISE, attenta alle nuove tendenze della contemporaneità, ha scelto di presentare il corto Mütter (2014) di Lara Pacilio (Roma, 1978), video caratterizzato da un inedito intreccio tra arte visiva, teatro e musica. Al  Cecilia, Centro per la Creatività di Tito (PZ) fino al 31 Maggio
Perché decidere di presentare come artista Lara Pacilio? Perché proporre il suo ultimo video  Mütter?   Quesiti basilari e fondamentali per capire scelte curatoriali solitamente non espressamente rese note.   Curiosità, desiderio di sapere, brama di comprendere ciò che il curatore stesso ha voluto mettere in luce rispetto ad un artista o alla sua opera.  Proprio da ciò nasce l'invito del Cecilia, da me ben accetto, di mettere in mostra - anzi in visione -  il lavoro di un video-artista.
La mia scelta è ricaduta su Lara Pacilio, artista con cui ho collaborato lo scorso anno in occasione  della mostra Pneuma tenutasi a Galleria Cinica, spazio ubicato all'interno di Palazzo Lucarini  Contemporary di Trevi (PG). Conoscere l'attività artistica di questa poliedrica artista - pittrice,  scenografa, scultrice - ha comportato il mio avvicinamento alla recente disciplina della psichiatria  poiché il progetto era incentrato sul tema della follia. Un argomento decisamente oberato nella  pratica artistica - arte e follia è un binomio da sempre inscindibile come testimoniano numerosi  testi che tratteggiano molti artisti del passato 'geni visionari': da Durer a Bosch, da Grünewald a  Brueghel, da Goya a Gericault, da Enrico Baj a Dubuffet, da Klee a Bacon e a Basquiat, senza  dimenticare i pittori surrealisti, rivelatori della natura delle cose grazie alle loro sognanti  ambientazioni - ma da lei sapientemente ri-adattato al mondo contemporaneo attraverso un  intreccio visivo, musicale e teatrale capace di trasmette allo spettatore quel senso di inquietudine  che domina lo squilibrato nei suoi momenti più quieti.
Mi preme evidenziare la rielaborazione e lo svecchiamento del concetto di "pazzia" elaborato da  Lara e da lei intesa come follia latente, invisibile e nascosta in ognuno di noi ovvero  quell'instabilità psichica appartenente al mondo contemporaneo e affermato già da Erasmo da  Rotterdam:
 "Tutta la vita umana non è se non una commedia, in cui ognuno recita con una maschera diversa, e continua nella parte, finché il gran direttore di scena gli fa lasciare il  palcoscenico." (Erasmo da Rotterdam, Elogio della Follia, BUR Biblioteca Universale Rizzoli,  2004, pag.52)
 Squilibrio mentale interpretato come fonte ispiratrice da cui nascono opere che  rappresentano l'uomo, indagando le sue fragilità interne ed i suoi instabili umori.   L'interesse della Pacilio verso tale argomento è nato nel 2013, dopo una visita effettuata presso il  manicomio di Volterra e successivamente accresciuto nel corso di una serie d'incontri avvenuti al  Santa Maria della Pietà di Roma. Partendo da questo spunto la romana ha concepimento  installazioni meccaniche prodotte manualmente attraverso l'uso di congegni che ripetono  all'infinito movimenti mai scontati. Maschere finemente studiate, plasmate su individui realmente  esistenti, sono le uniche protagoniste della trilogia di video che ne è scaturita. Lavori caratterizzati  dall'interiorità, fragile o spinosa che sia, dell'essere umano rifugiato nel proprio micro-cosmo.
Personaggi che nascondono, sotto il proprio involucro corporeo, un anima psichicamente lesa  prontamente afferrata ed esplicitata dall'artista attraverso opere movibili. In questo modo le  debolezze, le emozioni, i sentimenti e i vari temperamenti diventano i veri protagonisti delle opere.
Ciò che mi affascina del suo lavoro è, appunto, questa capacità di rovesciare l'individuo scelto per  rivelarne l'anima interna: attraverso ciò Lara riesce a rendere visibile l'invisibile ovvero ciò che è  nascosto nell'essere prescelto cogliendone i flussi emotivi e gli umori che lo dominano e lo turbano.   Ognuno di noi, inoltre, può rispecchiarsi nei suoi personaggi in quanto tutti hanno assaporato quella  condizione d'incolmabile solitudine e sofferenza, tipica nell'era contemporanea, che è rintracciabile  in Mütter, terzo e ultimo corto del trittico prodotto. Uno stato d'animo già rintracciabile in 'La Filosofia di Andy Warhol da A a B e Viceversa' di Andy Warhol, secondo il quale la sola cura  possibile per sopperire momentaneamente a tale mancanza è l'impulso a comprare futili ma anti depressivi oggetti. Contrariamente a ciò che egli era - uomo di fama e di successo - confezionò un  volume i cui protagonisti, tra cui se stesso, sono soggetti anonimi denominati con singole lettere  dell'alfabeto. Un espediente, utilizzato per accentuare la separazione tra la narrazione e la realtà  esterna, e ripreso da Lara nei titoli dei primi due video concepiti: From L to L1 e From L to L2. Irruenta e incontrollabile risulta essere la personalità descritta in From L to L1, mentre  apparentemente calma e controllata è l'indole del personaggio presentato in From L to L2. Tuttavia, ho preferito presentare il terzo video, ovvero Mütter, perché, essendo imperniato  sull'essere donna in quanto procreatrice di vita e sull'impossibilità di divenire 'madre', rispecchia  uno status femminino attualissimo.   Mütter, dal tedesco 'madri', nasce come spontaneo proseguimento, sviluppo e crescita dei  precedenti lavori. Infatti, mentre negli altri la maschera è inserita su un congegno meccanico,  mostrandosi essa stessa come opera, in quest'ultimo è la performer a dar vita al calco  umanizzandolo col fine di rendere l'intero contesto più vicino alla realtà. Una donna generata e  generatrice, simbolo di una maternità inseguita e mai arrivata. Desideri e aspirazioni mai realizzati  raccontati dalla sensibilità femminile, l'unica che può narrarli con tanta delicatezza e drammaticità  esplicitandone paure e disagi reconditi vissuti in prima persona e messi a nudo in pochi minuti.
Angosce e dolori che fanno riaffiorare alla mente alcune tele di Frida Kahlo - come Ospedale Henry Ford (o Il letto volante) del 1932, opera concepita dopo l'ennesimo aborto spontaneo subito  dall'artista messicana. Girato in un'ex fabbrica di Roma, il corto racconta la nascita, la vita e la morte di una donna-madre. Il fatiscente ambiente, caratterizzato dal degrado e dal disuso dell'immobile, amplifica la potenza  del racconto. Rapidità e lentezza si alternano all'interno della narrazione aumentando la suspense,  l'attesa verso l'avvenimento successivo. Per di più, la tinta rossa - rappresentante il sangue, la ninfa  vitale - emerge prepotentemente evidenziando il legame eterno che unisce madri e figli. Il video si sviluppa secondo un processo evolutivo costituito in tre fasi: nascita, vita e morte della  figura centrale.   La prima scena si apre con la nascita della protagonista, la quale è collocata su un cerchio sospeso  nel nulla. La nudità della performer è contrapposta alla maschera meccanica che indossa: verità e  artificio, forza creatrice della natura e invenzione umana. La conciliazione tra parti incompatibili è  sintetizzata dalla stessa performer, il cui corpo ospita meccanismo e maschera. Da quest'ultima  fuoriescono una serie di tubi che, collegati ad un ovulo portato con sé dalla donna per l'intera durata  del corto, drenano il sangue dell'eroina. La parte centrale del video è costituita da una lunga e lenta  camminata della protagonista, la quale afferra nell'altra mano il cerchio - metafora della vita e del  suo flusso inarrestabile. Uno stancante e lungo tragitto, apparentemente infinito, in cui la donna è  perennemente sola. Esclusivamente a conclusione del proprio percorso l'essere femmineo può  affrontare e inginocchiarsi davanti  ad un'entità ultraterrena per riconciliarsi con se stessa e con il  mondo. L'incontro, tuttavia, ha un esito inaspettato per via di una miriade di uccelli, simbolo di figli  desiderati mai avuti, che fuoriescono dalla veste dell'essere sovrumano. L'affronto con l'idolo  evidenzia l'umana piccolezza dell'individuo e la sua natura mortale. Scena madre, questa, in cui è  esplicito il riferimento al film Nostalghia (1983) del regista russo Andrej Arsenevic Tarkovskij. Il corto si chiude con la straziante morte della protagonista: caduto il cerchio la donna, accovacciata  a terra, è in preda agli ultimi tormenti per poi cedere alla sorte preannunciata nella scena principale.Il distacco dei tubi dal meccanismo della maschera/ovulo e la fuoriuscita del liquido vitale segnano  l'impossibilità di cambiare il suo destino.  
Maila Buglioni
Tumblr media
   Maila Buglioni (Roma, 1982 - vive e lavora a Roma) è storico dell'arte e curatore di mostre. Fin da  piccola ha manifestato un innato interesse verso ogni forma d'arte: dalle arti visive alla danza, dal  teatro all'architettura. Dopo il Diploma di Maturità d'Arte Applicata presso l'Istituto d'arte Sacra  Roma II ha proseguito gli studi presso l'Università 'La Sapienza' di Roma dove ha conseguito il  Diploma di Laurea Triennale e Specialistica in Storia dell'arte contemporanea. Ha effettuato uno stage di Operatrice Didattica presso il Servizio Educativo del MAXXI di Roma.   Ha collaborato con l'associazione turistica Genti&Paesi in qualità di guida turistica nella città di  Roma.   Ha collaborato con diversi magazine di arte contemporanea (GlobArtMag, Ziguline, Flanerì) e  attualmente collabora attivamente con varie riviste specializzate del settore artistico (Art A Part  Cult(ure), ARTNOISE, FAMO).   Nel 2012-2013 ha collaborato con Barbara Martusciello alla presentazione di libri d'arte e  fotografia all'interno dei Book Corner Arti promossi da Art A Part of Cult(ure).  Nel 2013 ha curato un ciclo di mostre all'interno del locale romano Rebacco Wine Art Showroom e  nello stesso anno ha collaborato alla realizzazione di MEMORIE URBANE  Street Art Festival a  Gaeta e Terracina nel ruolo di redattrice dei testi degli artisti editi nel catalogo della manifestazione.   Ha curato molteplici mostre di artisti emergenti nel territorio nazionale come il progetto '1_MB67_11' di Scual & Ynaktera presso FACTORY - Spazio Giovani del Comune di Roma (Ex Mattatoio di Testaccio - Roma) all'interno del Festival VISUAL ART. Ho qualcosa da dire e da  fare; la mostra PNEUMA di Lara Pacilio all'interno del progetto Galleria Cinica presso Palazzo  Lucarini Contemporary di Trevi (PU); la mostra collettiva MEID IN ITALI (collettivo scultoreo  Reflex, Giacomo Verde, Alessandro Giannetti, Matteo Dentoni) presso uno spazio indipendente di  Carrara (MS).  Ad aprile 2014 ha collaborato alla realizzazione di SCALA C.ALL, mostra d'arte contemporanea  indipendente a cura di Nicole Voltan e Sandra Hauser presso Scala C (via Bixio, 41 - Roma).  Ha esposto come artista nel progetto La Grande Illusione a cura di Manuela De Leonardis presso la  Gallery of Art della Temple University Rome e nella mostra inaugurale "Portafortuna" presso  Spazio Y (Roma).  Da ottobre 2013 è parte del collettivo curatoriale ARTNOISE (www.artnoise.it) con cui ha  partecipato alla realizzazione e curatela di varie mostre e progetti. Dal 2013 collabora con il progetto Galleria Cinica, Palazzo Lucarini Contemporary di Trevi (PG).
Lara Pacilio, nata a Roma nel 1978, vive e lavora a Roma. Dopo essersi diplomata al VI Liceo Artistico di Roma ho frequentato il triennio di "Scenografia e Costume"  presso lo IED di Roma, laureandosi nel 2002. Nonostante la sua formazione legata al mondo teatrale, ha sentito l'esigenza di creare opere in cui conciliare  teatro, arte visiva e musica. Dal 2003 al 2008 ha collaborato come scenografa e assistente alla scenografia in  vari spettacoli teatrali e cinematografici collaborando con artisti del calibro di Harvey Keitel e Giancarlo Giannini, assistente dello scenografo Gianni Quaranta premio oscar nel 19995 e di Giantito Burchiellaro, solo per citarne alcuni. Ha esposto i suoi lavori attraverso mostre personali e collettive in Italia ed all'estero. A New York i suoi lavori sono stati presentati attraverso le due personali "Equality Now""e "From L to L Turn Around"  a cura di Lesley Doukhowetzky. Ha esposto i suoi lavori nelle fiere di ART MRKT e Fountain art fair di New York, a Miami per il "Fountain Miami art fair" e allo spazio "L-M-N-T Contemporary Art Space", per l'Expotrastiendas - International Fair of Contemporary Art di Buenos Aires ed a Praga.  Inoltre, ha eseguito performance di live painting tra cui "From A to B trip",  effettuata nel 2012 presso la Casa del Jazz di Roma grazie al supporto del "Programma Culturale"  della Comunità Europe, la supervisione del progetto e la selezione dello stesso da parte  dell'Education Audivisual & Culture Executive Agency (AECEA) della Commissione Europea. Nel 2014 ha collaborato all'opera permanente "L'arte per l'Articolo 9", mostra inaugurata dal presidente della Corte costituzionale Gaetano Silvestri con il commissario Mario Tozzi e l'ideatore e curatore Roberto Ippolito nel Parco Regionale dell'Appia Antica a Roma.
0 notes
amnesiacarts · 11 years ago
Text
Re-aCT  residenza artistica
Re-aCT è un progetto del Centro Cecilia di Tito (Pz), ideato e curato da Amnesiac Arts per il programma "Residenze Artistiche in Basilicata" di Visioni Urbane.
I 3 giovani artisti selezionati saranno guidati attraverso “incursioni” nel vasto patrimonio culturale della Basilicata, con ricerche sul campo, osservazioni partecipate e raccolta fonti del fenomeno etno-antropologico.
Tema della Residenza il rapporto uomo-natura/uomo-magia vivo ancora oggi nelle feste e nei riti lucani.
Dal Maggio di Accettura in cui si celebra il matrimonio tra due alberi, ai Rumit ("eremiti”), strane figure mitologiche metà uomo e metà albero che durante il Carnevale di Satriano di Lucania, arrivano dal bosco in paese e bussano alle porte chiedendo l’elemosina. Proprio in quanto “azione rituale circoscritta da un orizzonte mitico” così come la definisce Ernesto de Martino, la magia è espressione di una particolare forma di rapporto uomo natura, che si intende recuperare ricalcando l’itinerario magico, tracciato nella famosa ricerca sul campo di Sud e Magia. In questo testo de Martino individua la radice della magia lucana come “espressione dell'azione realisticamente orientata in una società che deve essere fatta dall'uomo e destinata all'uomo, difronte ad una natura che deve essere umanata dalla demiurgia della cultura”. La Residenza intende risvegliare questo potere demiurgico e rituale che Gillo Dorfles in “Nuovi riti e nuovi miti” attribuisce, nell’orizzonte contemporaneo, proprio all’arte, in quanto foriera di nuovi significati e tendenze collettivamente condivise e riconoscibili. Comissione Residenze Artistiche
.Lorenzo Benedetti: Direttore dell'Art Center De Vleeshal a Middelburg e Presidente giuria Premio Celeste 2014. .Stefano Rabolli Pansera: Direttore di Beyond Entropy, dal 2012 e’ direttore del Museo di Arte Contemporanea di Calasetta e della Galleria Mangiabarche. .Massimo Lovisco: Fondatore e Presidente dell'Associazione Amnesiac Arts.
PROJECT TEAM: Carmen Laurino, Massimo Lovisco, Mariateresa Tucci, Michele Sensini, Angelo Bianco, Roberto Martino, Lorenza Messina Artisti selezionati: Eva Frapiccini è un'artista interdisciplinare che lavora principalmente in fotografia e video installazioni. Anche se visiva, la sua arte ruota in gran parte attorno al linguaggio e alle sue invisibili vie di espressione. Direttamente informata da eventi storici e culturali la sua produzione artistica si sofferma su storie con situazioni socio-politiche in cui le relazioni di potere sono sbilanciate. Le sue opere sono presenti in numerose collezioni istituzionali in Italia, come il Museo Castello di Rivoli, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo; MAMbo, Museo d'Arte Moderna di Bologna, nonché in collezioni private. E' rappresentata dalla Galleria Alberto Peola, Torino, dal 2009.
Il lavoro di Ivano Troisi parte dall'osservazione della natura per attuare un'analisi dei processi che ne caratterizzano le trasformazioni e mutazioni. La natura è oggetto di un processo di contemplazione, che successivamente diventa di documentazione, per risolversi in un meccanismo conoscitivo e scientifico. Le opere di Giulia Manfredi spaziano dalla videoinstallazione alla pittura, dalla scultura all'animazione; dove i vari linguaggi si compenetrano dialogando tra di loro, attraendo lo spettatore all'interno di atmosfere dinamiche e multiformi. Nata e cresciuta a Castelfranco Emilia porta a termine i suoi studi all'accademia di Belle arti di Bologna per poi trasferirsi a Berlino dove attualmente vive e lavora.
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
0 notes
amnesiacarts · 12 years ago
Text
Fabiano Marques – Mare | Monti
Fabiano Marques – Mare | Monti a cura di Amnesiac Arts
06 Agosto - 30 Settembre 2013 Cecilia, Centro per la Creatività di Tito (PZ)
Il Cecilia, Centro per la Creatività di Tito (Pz) ospita Mare | Monti la prima personale italiana dell'artista brasiliano Fabiano Marques a cura di Amnesiac Arts Saranno proiettati in un unico loop Mar Paqueno, Ridge Aerodynamics and Gravity e Faultine tre video di circa 30 minuti nati da un esperienza di viaggio che l'artista ha compiuto in Brasile e durante due residenze nel Regno Unito. Mare | Monti è parte del programma Brasilicata Tour l'edizione tutta lucana di Espirito Mundo che ha visto il Centro Cecilia sede di una residenza con artisti brasiliani di varie disciplineNato a Santos, un importante centro portuale nello stato di San Paolo in Brasile, Fabiano Marques è un artista nomade e polivalente (oltre al video lavora con installazioni, performance e musica) che ha viaggiato per molti anni lungo tutto il Brasile e all'estero. I suoi lavori registrano la costante ricombinazione degli elementi (naturali o artificiali) in un determinato periodo di tempo.
“I miei video sono connessi al viaggiare: nascono da una ricerca personale e da qualcosa incontrata o fatta durante un viaggio. Sono molto intensi, piccoli momenti che però richiedono molta attenzione al fruitore. Ecco perché di solito sono presentati singolarmente. Mare | Monti rappresenta un'opportunità inedita di mostrare insieme un gruppo di video. L'intento è di unirli in un discorso coerente, un unico corpo formato da singole parti, dal momento che sono lavori interrelati in molti aspetti. Il video è un mezzo che ha un ruolo significativo nella mia produzione. La dimensione del tempo è sempre stata parte della mia pratica scultorea. Ho iniziato a fare arte componendo piccoli gruppi di oggetti ri-assemblati per creare nuove configurazioni. In questo processo c'era un elemento performativo che il video riusciva a catturare molto bene. Quando ho iniziato a viaggiare mi sono rivolto ancora al video usandolo come strumento per prendere note, una sorta di quaderno di schizzi molto pratico. Nonostante abbia fatto alcune performance che coinvolgevano musica e suoni, come artista visuale solo negli ultimi anni ho iniziato ad utilizzare la mia musica nei video. Quando ho iniziato a combinare i due media ho realizzato che c'erano parti musicali che unite alle immagini andavano a tempo come un vecchio standard jazz rivisitato.”
Tumblr media
Mar Paqueno
Il video di 36 minuti è il racconto di una performance di 7 ore. L'artista è condotto e conduce un gruppo di oggetti galleggianti che somigliano a vecchi mobili in un luogo a sud di San Paolo chiamato Mar Paqueno (Mare Piccolo) dove il fiume s'incontra con il mare. Durante la deriva questo assemblaggio della Natura in continuo cambiamento era sincronizzato con le condizioni meteo instabili e andanti da una calma totale ad un temporale tropicale. Mar Paqueno è un estuario marino, il cui ecosistema è conseguenza dell'apertura di un canale artificiale, il Valo Grande, nella Costa del Sud dello Stato di San Paolo. Alla fine del XIX secolo Iguape era una città prosperosa. La sua economia si reggeva sul porto da cui transitava il flusso della produzione di riso della regione. Per abbreviare il percorso e collegare il fiume al porto fu costruito un piccolo canale largo 2mt e lungo 5km. Questa costruzione però modificò il percorso del fiume e in 5 anni il canale si allargò fino a 400 metri erodendo i margini. La sabbia erosa si riversò nel mare costruendo una barriera che portò alla chiusura del porto. Un grave disastro ecologico ed economico per tutta la regione. Dopo 50 anni la natura si è auto riconfigurata creando un nuovo ambiente, ma la stagnazione economica permane. Ridge, Aerodynamics and Gravity Una proiezione a doppio schermo mostra una compilation di lavori sull'imparare a pilotare un aliante. E' nato come progetto per The Camp for the Improbable Thinking al Wysing Arts Centre di Cambridge in Gran Bretagna. Il lavoro è un diario di bordo che raccoglie note, idee, progetti, e lavori sviluppati durante il periodo di residenza e durante le lezioni di volo La cresta (in inglese ridge) è la linea che divide la montagna in due parti, e la cresta volante è una tecnica di volo che usa la spinta prodotta dall'aria calda del lato soleggiato della montagna per planare dalla cima. Cambridge è una regione molto pianeggiante. Non ci sono vere creste volanti. Questo ha reso possibile durante la seconda guerra mondiale la creazione di molti campi di volo. Uno di questi è stato convertito in quello che ora è il Gransden Lodge Airfiled dove ho imparato a decollare. Per me la cresta può essere usata come metafora delle montagne invisibili che gli alianti disegnano nell'aria oppure come la linea che divide la storia dell'uomo prima e dopo la formulazione della legge di gravità di Newton Faultine Questo progetto è il risultato dell'esperienza di una residenza artistica vissuta a bordo della Loch Ness Barge nel canale di Caledonia ad Inverness. Durante la residenza ho fatto un piccolo viaggio sull'ultimo battello a vapore attivo sul canale, il Vic 32 documentato da questo video. Durante la navigazione ho incontrato una sorta di sculture galleggianti somiglianti a zattere che ho chiamato Scottish Tartan Rafts. Queste strutture sono fatte di sottili strisce di legno a strati che formano una griglia. Le strisce non sono legate insieme così la zattera si smantella gradualmente soggetta alle condizioni meteo e al moto dell'acqua. Gòi schemi di colori usati qui sono basati sul tartan scozzese, che sono motivi disitintivi creati dall'incrociarsi simmetrico di strisce colorate, tradizionalmente usate negli abiti di lana del caratteristico costume scozzese. La linea di faglia è una frattura geologica tra due o più placche tettoniche. Il canale caledoniano è un canale artificiale costruito nel XX secolo sfruttando la geografia del Paese con una serie di laghi allineati lungo la linea di faglia che avevano bisogno di essere connessi per essere navigati. La costruzione del canale è nata per unificare il Paese attraverso una via di navigazione per i trasporti di bene e la circolazione di persone. Lo spazio tra le strisce di legno delle zattere può essere visto come la faglia che ha originato il canale caledoniano e il territorio scozzese.
0 notes
amnesiacarts · 12 years ago
Text
Antonia Tricarico Silent Body
Antonia Tricarico Silent Body A cura di Amnesiac Arts testo critico di Daniela Ros Cecilia, Centro per la Creatività di Tito (PZ) 08-30 Marzo 2013
Arte è rivoluzione/ Art is revolution di Daniela Rosa
"Cara Eva, l’augurio che rivolgo a te è che non ci sia mai più un 8 marzo da festeggiare né qualunque altra data che ti renda omaggio, poichè l’essere donna non è una ricorrenza, tantomeno una questione. Perché ti festeggiano? Per ricordare forse che esisti ed hai uguali diritti? Da quando hai colto la mela del peccato, ti è stato affidato un ruolo che non hai mai scelto: è questa la colpa che grava su di te e da cui devi riscattarti. Ti maltrattano. Cosa temono? La tua natura o forse il tuo potere di trasformazione. Si perché trasformando il tuo corpo, dando la vita, diventi doppia, dunque più forte. “Non senti che mentre il male veste gli uomini di rabbia rendendoli forti il bene ti sveste rendendoti fragile?” La tua fragilità verso cui tanti si scagliano è il tuo dono più grande. Leva la maschera, perché chi te l’ha messa riveda se stesso, mostra la tua ferita senza vergogna. Tu hai molto potere di scelta, solo non lo sai. Fuggi , cerca riparo, chiedi aiuto, scegli qualcuno che ti difenda, bussa alla porta e va in cerca della tua vera casa. Ciò che non vedi o non riesci a vedere è solo ciò che non conosci, che ignori. C’è gente ovunque capace di aprire i tuoi occhi. La violenza è disprezzo, a volte picchia forte, altre si traveste di familiarità e piega al ricatto, all’inganno e alla dipendenza. Diventa veleno. Non denunciare con le armi della vendetta e della prevaricazione, tu non sei più forte di un uomo, sei differente, non identificarti con lui. Non senti il coro di voci che si sta alzando da ogni dove? Non senti come il vento cambia direzione?"
Il Cecilia centro per la creatività di Tito presenta Silent Body, il lavoro fotografico di Antonia Tricarico. Autrice di importanti esposizioni in Italia e all’estero, foto archivista per Lucian Perkins e collaboratrice per numerose case discografiche americane, Antonia Tricarico denuncia con i suoi “ritratti” la violenza fisica, verbale e psicologica che sulle donne pesa come colpa e come minaccia. Le maschere sui loro volti diventano il simbolo della vergogna di chi è costretto a portarle, della vigliaccheria di chi le impone per non rivedere se stesso e soprattutto dell’ipocrisia di quanti le fabbricano, generando vittime e carnefici. Come lei stessa dice è un appello rivolto alle donne non ad emanciparsi, bensì a liberarsi da una colpa che negli estremismi politici e religiosi, nella famiglia e nello stesso dualismo cattolico, Madonna/Prostituta, perpetua una rigidità che separa e disperde. Un invito all’unità tra uomo e donna come unica via di conciliazione, un rinnovato sentire dinanzi al quale crollino i tribunali pubblici. Animata da passione documentaristica che la vede in giro per il mondo, Antonia è testimone di impegno sociale e voce importante della fotografia di reportage. In un momento di così grandi stravolgimenti storici, culturali e politici, il suo lavoro ci esorta a non smettere di porci domande sul ruolo delle donne nella famiglia, nel mondo del lavoro, della politica, della cultura e dell’istituzione ecclesiastica. L’augurio potremmo dire di un post femminismo, una rivoluzione del pensiero fondata su una corretta informazione e sull’educazione al senso civico e alla sessualità. Lo sguardo di Antonia Tricarico getta luce sul processo di demonizzazione della donna nel corso dei secoli, come sui ruoli, gli schemi, gli stereotipi in cui ancora oggi appare costretta ed esprime un’ansia di liberazione. La stessa che sprigiona oggi da una danza simbolica in cui si uniscono le donne di tutto il mondo, immagine eloquente che contrasta con quelle di caste ed eserciti. E l’immagine fa riflettere e talvolta ispira e anticipa le conquiste del progresso. In tal senso le parole di Henri Cartier Bresson risuonano quanto mai significative: “la fotografia mostra e non dimostra”. Gli scatti di Antonia Tricarico chiamano a riflettere sul valore dell’arte, che prima ancora di essere forma e tecnica, è libera espressione del pensiero. In un Sud Italia, dove la disoccupazione femminile è più che altrove una piaga sociale, Cecilia sceglie di ospitare il lavoro di un’artista che con la forza della sua fotografia spinge nella direzione di un profondo rinnovamento.
Immagino la violenza che arriva quando meno te lo aspetti, a casa, per strada, sul bus, sotto ponti umidi o sottopassaggi maleodoranti, in piazze deserte o bagni di discoteche assordanti. Immagino il terrore misto a stupore, quella sensazione che abbiamo provato tutte almeno una volta nella vita anche solo come minaccia per alcune e, purtroppo, come realta’ per altre. Immagino che chi svolge l’azione abbia occhi bendati ma non e’ vero, piuttosto credo che poggi una maschera su quel volto per non specchiarsi, non riconoscersi. Immagino che l’empatia tolga il gusto e ne delinei i contorni fin troppo crudi aiutando se stesso a dire “non ero io in quel momento”. Immagino il tuo corpo disorientato e ancora spezzato, carne fresca avvolta in plastica trasparente, pronto da esibire nei tribunali pubblici, ripetitive le parole, si susseguono e per incanto, passando da una bocca all’altra , inevitabilmente, non dicono niente. Antonia Tricarico
Antonia Tricarico e’ una fotografa che ha vissuto negli Stati Uniti per dieci anni lavorando come foto archivista per Lucian Perkins (fotografo del Washington Post e vincitore del premio Pulitzer) e collaborando con case discografiche indipendenti americane quali Tolotta Records, Kill Rock Stars, Dischord Records. Le sue foto fanno parte della collezione permanente dello Smithsonian Institution’s National Museum of American History in Washington,DC. Pubblicazioni variano da Oregonian a Kerrang, riviste di musica americane e le sue foto sono state esposte negli Stati Uniti, Europa, Giappone e India. www.antoniatricarico.com
Tumblr media
0 notes
amnesiacarts · 13 years ago
Text
Spoiler: You Will Die. Marcello Mantegazza. A cura di Barbara Martusciello
Marcello Mantegazza Spoiler: You Will Die a cura di Barbara Martusciello
Cecilia, Centro per la Creatività di Tito (PZ) 21 Dicembre 2012 – 31 Gennaio 2013
La ricerca di Marcello Mantegazza si incentra sull’analisi di temi articolati e capitali come lo scorrere del tempo, il pericolo, la corruzione e consunzione, l’estraniamento, la caducità della vita, che tornano in questa personale dall’eloquente titolo: Spoiler: You Will Die.
Il termine spoiler, comunemente usato in campo cinematografico, si riferisce a vari contesti dove può essere svelata in anticipo la trama di qualcosa e rimanda alla vita stessa che reca in sé, appunto, uno spoiler: la fine è nota. L’autore denuncia questo dato di fatto con opere che si confrontano con tali riflessioni scomode mantenendo, però, sempre una propria intima, seppur drammatica bellezza, rientrando nella più generale poetica dell’artista: concettuale ed enciclopedica, portata a riflettere sul valore – anche estetico – della catalogazione. Egli, come scrive Barbara Martusciello nel testo di presentazione: “(…) è attratto dagli abecedari, dalle tavole anatomiche, dalle statistiche, dai manuali, dagli indici, così come dalle elencazioni di nomi, di date significative, di sequenze telefoniche, di indirizzi e di attività consuete organizzate grazie a liste della spesa, degli appuntamenti, degli ingredienti. Quest’apparentemente onnivora attenzione per ogni promemoria proviene da una necessità dell’artista di ricopiare, scrivere o disegnare una serie di contenuti, di testi e di componenti anche grafico-visivi su agende personali, album, fogli e altri supporti cartacei o in ogni caso analogici al fine di leggere il dato di partenza, di studiarlo, memorizzarlo e possederlo contemporaneamente. In questa pratica non v’è uno studio sulla sistematizzazione o un’indagine su ordine e controllo ma una considerazione sul fluire di eraclitiana memoria (πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός)” che con i temi in mostra è strettamente connesso”.
Ecco quindi, in mostra una grande opera a parete dal titolo The End, incentrata su di un lemma emblematico, che rimanda alla fine di un percorso, con richiami cinematografici ma anche e soprattutto esistenziali, e che attua un’analisi sullo scorrere del tempo poiché è composta da sovrapposizioni di date inchiostrate realizzate da timbri-datario; o ecco i libri scavati, letteralmente, alla ricerca, di volta in volta, della parola-chiave… Così, Mantegazza scandisce queste parti e le riporta al tutto: adottando, appunto, sia i volumi che buca e rende installazioni essenziali, o usando timbri a richiamare analisi che nella storia dell’arte passano - nota la curatrice - per “Alighiero Boetti, On Kawara, Gino De Dominicis, Vincenzo Agnetti, Roman Opalka, Annette Messager, Christian Boltanski fino a Esther Ferrer o a Christian Marclay, solo per citarne alcuni”. La vita transita anche dagli affastellamenti di diversi elementi, che siano essi libri, minute, o “gli anni, i mesi, i giorni, gli attimi di cui si compone la nostra realtà”. Tutto scorre, pertanto: la vita e il tempo che “non si lascia riempire” (Jean-Paul Sartre): quindi, “ci pensa Mantegazza, a farlo, colmandolo di tracce -i segni-timbro, le pagine biucate”, perché forse – citando Paul Verlaine, come fa la curatrice – “la morale migliore è ancora di dimenticare l’ora”, uno smemoramento che è un’apertura alla speranza.
Marcello Mantegazza nasce nel 1974 a Potenza, vive e lavora a Rieti. E’ rappresentato dalla galleria trecinque 3)5 Arte Contemporanea di Rieti.
Tumblr media Tumblr media Tumblr media
0 notes
amnesiacarts · 13 years ago
Text
Passaggi/Paesaggi interiori Elena Bellantoni / ElleplusElle a cura di Silvano Manganaro
Passaggi/Paesaggi interiori
Elena Bellantoni / ElleplusElle a cura di Silvano Manganaro
1 Novembre 2012 Teatro Francesco Stabile Potenza
Ore 18.30
Gli spazi del Teatro Francesco Stabile di Potenza ospitano un progetto espositivo in cui identità e alterità sono affiancate in uno strano connubio che non ha niente di prestabilito: il lavoro video di Elena Bellantoni, incentrato su tematiche relative all’individualità e al rapporto con la propria identità, si confronta con due installazione di ElleplusElle che mettono in atto un dispositivo capace di giocare con la “messa in mostra” e affidare la propria opera alla soggettività altrui. Passaggi/Paesaggi interiori è un progetto di Amnesiac Arts a cura di Silvano Manganaro.
EllepluElle “ID #01” (interno domestico), è una sorta di kit per realizzare micro esposizioni di fotografie di paesaggio realizzate dal duo potentino. ElleplusElle, in questo modo, affida la propria opera alla soggettività altrui, mettendo in atto un dispositivo capace di giocare con la “messa in mostra” e i processi relazionali.
“Inferno 26”, abbandona invece l’ambito visivo per esplorare quello sonoro e lasciar giocare il pubblico con uno dei versi più noti della Divina Commedia, in una riproposizione dell’identico che assume forme nuove fino all’irriconoscibilità.
Elena Bellantoni “La ragazza dello Spielplaz” (2011, 7’30”). Un lavoro che insiste sul “paesaggio interiore”, sulla catena dei ricordi e delle sensazioni. Un riferimento a quel luogo, chiamato dall’artista Spielplaz (in tedesco “parco giochi”), che rappresenta la memoria e i ricordi infantili e che qui diventa lo spazio “nascosto” del teatro: il retro del palcoscenico, i camerini, le macchine sceniche, ecc. Oggetti e spazi da percorrere e accarezzare, esplorare e mappare fino a una sorta di ricongiungimento finale. Il video è stato pensato, girato e proiettato all’interno del Teatro Valle Occupato di Roma e qui riproposto in uno scambio di luoghi, in un gioco di rimandi e suggestioni, una sorta di straniante mise-en-abyme.
ELENA BELLANTONI (1975), vive e lavora tra Roma e Berlino. Laureata in Storia dell’Arte Contemporanea, nel 2006 ha ottenuto un Master in Visual Arts presso la WCA University of the Arts London. Ha partecipato a mostre e residenze per artisti in Italia, Germania, Regno Unito, Spagna, Europa dell’Est e Sud America. Il suo mezzo espressivo principale è il video, attraverso il quale esplora tematiche legate alla città e al corpo, inteso come riflessione sulla soggettività e sul rapporto di quest’ultima con il mondo.
ELLEPLUSELLE è un gruppo artistico formato da Massimo Lovisco (Potenza 1976) e Carmen Laurino (Tito 1980). I due, dopo un percorso di ricerca individuale, dal 2010 hanno deciso di intraprendere una ricerca comune con l’intento di creare un marchio culturale attento sia alla creazione di oggetti d’arte che alla realizzazione di progetti site specific. Il linguaggio di Ellepluselle abbraccia varie discipline per produrre opere che riflettono su tematiche contemporanee e sociologiche con la volontà di lasciare al fruitore un nuovo punto di vista coinvolgendolo in prima persona.
SILVANO MANGANARO (1979) è critico e curatore di arte contemporanea. Assistant curator presso la Fondazione VOLUME! di Roma, scrive per Il Giornale dell’Arte ed è redattore di DROME magazine. Dottorando presso l’Università Sapienza di Roma, si occupa di pratiche artistiche legate alla riflessione su economia e mass media. Ha curato diverse rassegne di videoarte in gallerie e spazi “non convenzionali” lavorando, contemporaneamente, nell’ambito della didattica.
Tumblr media
Elena Bellantoni
0 notes
amnesiacarts · 13 years ago
Text
Dario Carmentano Vox Populi
Dario Carmentano Vox Populi presentazione di Fiorella Fiore
21 Settembre – 21 Ottobre 2012
La mostra sarà visitabile fino al 21 Ottobre tutti i sabati con orari 18.00 – 20.30, durante gli eventi del Cecilia o su appuntamento prenotandosi allo 0971 798342 o al 389 8185034
Vox Populi si articola in una mostra di presentazione in anteprima presso il Cecilia, Centro per la Creatività di Tito, dove Dario Carmentano esporrà cinque opere del formato di cm 150x150, riferite al Tricolore ed i cui titoli sono tratti dal testo dell’Inno Nazionale di Mameli.
L’inaugurazione della mostra si terrà il 21 settembre 2011 alle ore 20,00 in concomitanza della serata Materadio di Radio 3 che coinvolgerà tutti i centri di Visioni Urbane in un gemellaggio con alcune città che sono state capitali europee della cultura.
Il progetto si completerà il 6 ottobre, in Occasione della Giornata del Contemporaneo promossa dall’Amaci, con un laboratorio a cura dell’Associazione La Luna Al Guinzaglio di Potenza in cui verranno coinvolti una ventina di partecipanti invitati a produrre delle armi fittizie con materiali di recupero di cancelleria e di arredo per uffici, quali righe, squadrette, CD, componenti di computer, sedie, ecc., con cui armarsi per costituire un esercito o meglio un fittizio gruppo insurrezionale che Dario Carmentano fotograferà in varie pose e che intitolerà per l’appunto Vox Populi.
Tumblr media
Fratelli d’Italie di Fiorella Fiore
Il critico Gigiotto del Vecchio ha definito il sentimento patriottico italiano come "una giacca troppo stretta che viene indossata nelle occasioni ufficiali", lasciata invecchiare in un armadio, per poi essere tirata fuori senza troppa convinzione in sporadiche occasioni, spesso dietro fiumi di polemiche (basti pensare al contestato 2 giugno appena trascorso) che in altre nazioni non hanno luogo.
D'altra parte, una cultura come la nostra, imbastardita da secoli di dominazioni, fa da sempre fatica a riconoscersi nell' Unità nazionale. Un'anomalia che oggi esplode in un' inquietudine nuova, che si manifesta in un senso di impotenza di fronte alle vicende del Paese, e che si traduce in un nichilismo che annulla il senso d'affezione verso la propria patria, in una vera e propria perdita identitaria. L'artista contemporaneo si trova a fare i conti con questa realtà piena di contraddizioni, che nel sentimento dell'amor patrio trova uno specchio fedele del proprio essere.
Dario Carmentano, che da sempre lavora sui simboli, decontestualizzandoli, per darne una nuova e chiarificatrice chiave di lettura, dà la sua personale interpretazione di quelle che sono le icone dell'identità nazionale, il Tricolore e l'Inno di Mameli, oggetto tanto di devozione in isolate occasioni (soprattutto calcistiche) quanto più semplicemente di una banale indifferenza da parte del cittadino medio. In questi aspetti di "quotidiana italianità" si può capire l'anima più profonda del Bel Paese; un'altra idea di Italia, che Carmentano, in Vox Populi, ci mostra attraverso uno sguardo ironico, amaro, mai scontato, che trasforma la nostra Bandiera in un cappio soffocante, con la stessa spietatezza con cui Luciano Fabro nel 1971 mise sotto sopra il nostro stivale in Italia d'oro.
Nelle immagini dirette, nelle composizioni pulite, su uno sfondo bianco che non lascia spazio a fraintendimenti, ci sono tutte le contraddizioni della nostra cultura, c'è tutta la nostra storia, e chiunque può leggerne un capitolo diverso: da Piazza Fontana, a Stefano Cucchi, all'esodo di Ferragosto. Un invito ad una riflessione senza ipocrisie di cosa significa oggi, per un italiano, essere italiano
0 notes