Questo blog vuole essere un invito sulla necessità di una ricerca dettagliata, approfondita e costante nel tempo, che vada oltre i preconcetti medioevali e ai paradigmi imposti dall'ortodossia.
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Esistono luoghi dove la storia è riuscita a superare le incurie del tempo, di altri la storia si è sgretolata cancellando la propria memoria, tuttavia, ancora esistono luoghi dove le poche tracce rimaste, labili in verità, urlano il loro risveglio, rivendicando quel posto che spetta loro di diritto nella storia umana. E' questo il caso delle piramidi a gradoni siciliane. Ci siamo sempre chiesti perché i contadini dell'area etnea, nel Ottocento, hanno accatastato le pietre dei loro piccoli o grandi fondi agricoli, servendosi dell'architettura in uso 6000 anni fa nell'area mediorientale. E si siamo chiesti chi fu a consigliare questa forma di accumulo. Le risposte e le ipotesi in questi ultimi decenni sono state innumerevoli i cui impianti teorici non hanno mai soddisfatto le ipotesi postulate dalle diverse scuole di pensiero ortodosse che si sono sempre scontrate con le teorie New Age. La scoperta, da ma fatta, l'anno scorso, potrebbe chiudere questo capitolo. Si tratta di due manufatti di calcare, di epoca imprecisata, sulle cui superfici sono state incise delle figure geometriche che si possono identificare come due piramidi a gradoni. Le pietre sono custodite in un piccolo museo privato. In uno dei due manufatti risalta persino una scala posta al centro della figura. Vero o falso poco importa, tuttavia alcuni dubbi emergono e se poi si accetta la mia teoria (ampiamente trattata nel mio libro "IL TEMPIO PERDUTO DEGLI ANUNNAKI") in merito alle prime popolazioni che giunsero in Sicilia, ciò che abbiamo supposto nel 2013, consolida sia l'ipotesi iniziale sia la relazione che è esistita tra le prime popolazioni del Medio Oriente e i gruppi migratori che giunsero sull'isola siciliana.
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LE #PIRAMIDI A #GRADONI #SICILIANE
QUANDO LA #STORIA ... RITORNA
Esistono luoghi dove la storia è riuscita a superare le incurie del tempo, di altri la storia si è sgretolata cancellando la propria memoria, tuttavia, ancora esistono luoghi dove le poche tracce rimaste, labili in verità, urlano il loro risveglio, rivendicando quel posto che spetta loro di diritto nella storia umana. E' questo il caso delle piramidi a gradoni siciliane.
Ci siamo sempre chiesti perché i contadini dell'area etnea, nel Ottocento, hanno accatastato le pietre dei loro piccoli o grandi fondi agricoli, servendosi dell'architettura in uso 6000 anni fa nell'area mediorientale. E si siamo chiesti chi fu a consigliare questa forma di accumulo. Le risposte e le ipotesi in questi ultimi decenni sono state innumerevoli i cui impianti teorici non hanno mai soddisfatto le ipotesi postulate dalle diverse scuole di pensiero ortodosse che si sono sempre scontrate con le teorie New Age.
La scoperta, da ma fatta, l'anno scorso, potrebbe chiudere questo capitolo. Si tratta di due manufatti di calcare, di epoca imprecisata, sulle cui superfici sono state incise delle figure geometriche che si possono identificare come due piramidi a gradoni. Le pietre sono custodite in un piccolo museo privato. In uno dei due manufatti risalta persino una scala posta al centro della figura.
Vero o falso poco importa, tuttavia alcuni dubbi emergono e se poi si accetta la mia teoria (ampiamente trattata nel mio libro "IL TEMPIO PERDUTO DEGLI ANUNNAKI") in merito alle prime popolazioni che giunsero in Sicilia, ciò che abbiamo supposto nel 2013, consolida sia l'ipotesi iniziale sia la relazione che è esistita tra le prime popolazioni del Medio Oriente e i gruppi migratori che giunsero sull'isola siciliana.
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L'#ASTRONAVE DI #MANU !!!
L'#ASTRONAVE DI #MANU !!!
C’è un brano molto indicativo nei versi del Mahabaratha, uno dei testi vedici, che a proposito del Diluvio racconta la stessa catastrofe cristiana descritta nella Bibbia, nei cui versi troviamo scritto che il dio Vishnu avverte Manu, il Noè dei popoli dell’India, dell’imminente cataclisma che a breve si sarebbe abbattuto sulla Terra, la cui traduzione recita:
“Il settimo giorno dopo questo i tre mondi affonderanno nell’oceano della dissoluzione. Quando l’universo sarà dissolto in quell’oceano, una grossa nave, che io invierò, verrà a te. Portandoti dietro le piante e i vari semi, circondato dai Sette Sapienti … tu ti imbarcherai sulla grande nave e ti muoverai senza timore al di sopra di quel buio oceano …”
L’allusione è chiara Visnhu, il dio creatore, avverte Manu, che una grande “astronave” verrà a soccorrerlo per salvare il salvabile, cioè i sette dèi presenti in quel momento sulla Terra, lui stesso e le sementi, i cui semi serviranno per ripristinare le colture agricole, che in seguito avrebbero sfamato le nuove generazioni di umani e di dèi. Ciò che è evidente in questo brano è la frase finale: “ … sopra di quel buio oceano …” e non “sul quel buio oceano”, di conseguenza, la nave, avrebbe veleggiato non sopra la superficie oceanica, ma nello spazio (buio oceano = universo). A questo punto è logico ipotizzare che si tratta di una nave “volante”, quindi un’astronave, plausibilmente uno dei tanti Vimana, descritti minuziosamente nei testi vedici. Un brano molto controverso che apre un nuovo dibattito sul significato e sulle traduzioni dell’intero corpo dei testi Vedici. Il sanscrito, la lingua con cui sono stati scritti i primi testi vedici, d’altronde, dagli studi compiuti, sappiamo che è una lingua molto antica da cui si sono sviluppate la maggior parte delle lingue orientali. Infatti, la forma vedica del sanscrito è un antico discendente del proto-indoiranico ed è ancora relativamente simile all'antica lingua indoeuropea. Il sanscrito vedico è la più antica lingua attestata delle lingue indoiraniche (o “indoarie”) della famiglia delle lingue indoeuropee. È anche imparentato con l'avestico, la più antica lingua conservata delle lingue iraniche, ciò non di meno non tutti gli studiosi concordano con le traduzioni compiute.
Molti brani vedici, se confrontati con altri testi religiosi, ad esempio, manifestano molte affinità con il Libro dei Morti degli antichi egizi e in particolare con i testi su Osiride. Tuttavia, il più autorevole esperto in materia John Mitchiner, rileva l’esistenza di una connessione fondamentale nel pensiero indiano fra i Sapienti e le origini dei Veda:
“I sette Rsi (Sapienti) sono … frequentemente descritti come coloro che li composero, [perché] sono i più competenti, [perché] hanno una conoscenza suprema dei Veda …”.
Chi sono questi Sette Sapienti che Vishnu vuole salvare? I Veda non lo dicono con chiarezza, di conseguenza sulla loro natura si sono formulate numerose ipotesi. Alcuni ricercatori ipotizzano che essi erano un gruppo di sacerdoti che, scampati alla distruzione della loro civiltà evoluta, si sparpagliarono per il pianeta, per diffondere l’antica conoscenza ai superstiti del genere umano. Altri invece li identificano come dèi. Dal mio punto di vista possono benissimo essere gli stessi Saggi che il dio sumero Enki inviava quotidianamente sulla terraferma per insegnare alle comunità primitive i primi rudimenti della conoscenza. Oppure possono benissimo essere identificati agli Oannes, creature dal duplice aspetto di pesce e di uomini, descritti da Berosso D’altronde anche nel racconto vedico del Diluvio si parla di un pesce, che soltanto alla fine rivelò la sua vera identità. Oppure, ancora, potevano essere delle divinità inferiori al seguito di Inanna, colei che diede vita alla civiltà dell’Indo, secondo i racconti semitici.
Se erano dèi a quale pantheon divino appartenevano? Nei Veda sono descritti numerosi dèi che di tanto in tanto si davano battaglia, proprio come facevano gli dèi sumeri, o come fecero gli dèi egizi Seth e Horus, il figlio di Osiride che per rivendicare il trono, che gli spettava di diritto, sfidò suo zio Seth in una cruenta battaglia. Tuttavia nei testi semitici troviamo scritto che fu la dea Inanna a creare la civiltà nella Valle dell’Indo. Lei era la dea dell’Amore, che in seguito, dopo la morte accidentale di suo marito Dumuzi, causata dal fratello Marduk, figlio di Enki, divenne la dea della guerra. Sappiamo anche che, molto spesso, i nomi e gli epiteti degli antichi dèi si accavallano, creando delle serie difficoltà interpretative agli studiosi moderni, una condizione dovuta alla particolare posizione gerarchica nella scala divina dei nomi. Ad esempio alcuni dèi sumeri come Inanna, Enlil, Ninurta avevano cinquanta nomi, mentre il dio Enki solo quaranta. Nel panorama indiano, invece, si è stimato che il pantheon religioso avesse migliaia di divinità o dèi con migliaia di nomi, ma questi solo per citare quelli concernenti il pantheon sumerico e Indù, ma lo stesso esempio lo possiamo riportare per tutti gli altri pantheon divini, da quello egizio a quello riportato nei testi biblici della Chiesa delle origini, che ancora oggi, è il nocciolo delle discussioni, tra l’altro accesissime, tra gli accademici e gli esegeti di tutto il mondo.
Per quanto antichi siano tali testi, dunque, la loro composizione è pressoché impossibile da datare. Eppure le allusioni disseminate in tutti gli antichi testi sanscriti fanno sorgere notevoli dubbi. Lo stesso Gesù, raccontano antiche cronache indiane, all’età di tredici anni abbandonò i suoi genitori (Giuseppe e Maria) per unirsi a una carovana diretta a Oriente. Scelse di vivere in Kashimir, dove vi rimase fino al compimento del ventinovesimo anno di età. Nulla si sa di veramente concreto di cosa fece o in quale villaggio o tempio visse Gesù.
Esistono molti testi indiani, tuttavia, che annoverano la sua presenza tra gli antichi templi induisti, sparsi sulle montagne del Kashimir, ed è ipotizzabile, a questo punto, che abbia attinto molte delle sue interpretazioni proprio dagli antichi testi vedici. Un altro simbolismo, che collega i testi vedici con i testi della Chiesa delle origini, lo ritroviamo proprio nella figura stilizzata del pesce.
E non finisce qui …
Il testo è coperto da COPYRIGHT e nessuna parte può essere riprodotta senza l'autorizzazione scritta dell'autore Angelo Virgillito.
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