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Animali nel mondo del diritto
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Responsabilità per danni causati da animali
La responsabilità per danni cagionati da animali è disciplinata dall'art. 2052 cod. civ.: "Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall'animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito" .
PRESUPPOSTI:
- proprietà o uso dell’animale
- nesso di causalità tra l’azione dell’animale ed il danno.
L’orientamento giurisprudenziale prevalente riconduce la fattispecie del danno cagionato da animali in custodia tra i casi di RESPONSABILITA’ PRESUNTA: la presunzione di responsabilità del proprietario o di chi si serve di un animale, ex art. 2052 c.c., si fonda non su un comportamento o un'attività (commissiva od omissiva) ma su una RELAZIONE DI FATTO (di proprietà o di uso, fondante la custodia e la sorveglianza) intercorrente tra questi e l’animale.
CHI E' IL PROPRIETARIO? CHI E' L'UTILIZZATORE?
- Il PROPRIETARIO è colui che ha un effettivo potere di controllo sull’animale.
- UTILIZZATORE è colui che, con il consenso del proprietario, impiega l’animale per trarne beneficio (che non deve essere necessariamente economico). La responsabilità rappresenta quindi la contropartita dei vantaggi ricevuti con l’utilizzo dell’animale (“cuius commoda eius et incommoda”).
PROVA LIBERATORIA: CASO FORTUITO
Il convenuto in giudizio, per liberarsi dalla responsabilità, dovrà provare il caso fortuito che consiste in un fatto esterno, imprevedibile, eccezionale, dipendente dalla colpa dello stesso danneggiato o di un terzo.
Faccio alcuni esempi, basandomi sulla casistica giurisprudenziale, per descrivere meglio in cosa consiste il "fatto colposo del danneggiato" ed il “concetto di imprevedibilità”.
-Una donna, esperta cavallerizza, entra nel “paddock”di un circolo ippico, dove è custodito un cavallo. Il cavallo scalcia e viene colpita al volto. La donna chiede di essere risarcita dal gestore del maneggio.
La CASSAZIONE CIVILE (Cass. Civ. Sentenza n. 25223/2015) ha ritenuto riscontrabile il caso fortuito, conseguente al fatto colposo del danneggiato, perché la danneggiata, in quanto esperta cavallerizza, entrando nel “paddock”, ha accettato il rischio dell’evento, ponendo in essere un comportamento volontario e cosciente di cui si è assunta la responsabilità.
-Un uomo, in un’area verde con i suoi cani, offre un biscotto ad un altro cane che si trovava con il proprietario. L’animale, conosciuto dal danneggiato, vede il biscotto e corre a prenderlo ma nell’eccitazione per il “premietto” offerto urta l’uomo che cade a terra e si frattura alcune ossa della gamba.
Il danneggiato chiede di essere risarcito dal proprietario del cane danneggiante.
IL TRIBUNALE DI MILANO (Sentenza del 5 giugno 2017, n. 6345) nell'esprimersi sulla vicenda ritiene che è noto “… secondo l'id quod plerumque accidit, che offrire del cibo agli animali li attira verso di sé e che, proprio perché esseri privi di raziocinio, il recupero del cibo e le conseguenti manifestazioni di affetto possono avvenire secondo le modalità più varie (anche sproporzionate, insolite o imprevedibili), si può presumere che nel compiere tale gesto l'attore potesse agevolmente rappresentarsi tali conseguenze e, ciononostante, ne abbia accettato il rischio.”
La responsabilità del proprietario del cane e/o degli altri soggetti equiparati, ex art. 2052 c.c. , non può estendersi fino a coprire anche gli atti volontari posti in essere dagli utenti come, appunto, quello di chi ha provocato intenzionalmente la corsa del cane verso di sé (richiama la sentenza della Cassazione sopra citata).
SUL CONCETTO DI IMPREVEDIBILITA’
- un cane scappa da un cancello a causa di un ripetuto guasto elettrico e morde due persone.
La CASSAZIONE CIVILE, nel caso di specie, non ritiene l’evento “imprevedibile” ed idoneo ad escludere la responsabilità del proprietario per il fatto che il cancello aveva già dato in passato problemi a causa di guasti elettrici.
- un’allieva cade da cavallo durante una lezione di equitazione.
Il gestore del maneggio viene ritenuto responsabile in quanto: “non può attribuirsi efficacia liberatoria alla semplice prova dell'uso della normale diligenza nella custodia dell'animale stesso o della mansuetudine di questo, essendo irrilevante che il danno sia stato causato da impulsi interni imprevedibili o inevitabili. L'animale, infatti, sensu caret e l'imprevedibilità dei suoi comportamenti non può per ciò costituire un caso fortuito, costituendo anzi una caratteristica ontologica di ogni essere privo di raziocinio”. Interessante in questa sentenza è anche la disamina tra art 2050 e 2052 c.c. ma avrà una trattazione a parte (Cass. Civ. sentenza n.7093/15).
- un cane rompe la catena alla quale era legato ed aggredisce una passante.
CORTE DI CASSAZIONE: “la circostanza che il cane abbia rotto la catena aggredendo un passante non esonera il proprietario da responsabilità poiché il proprietario ha sempre l'obbligo di verificare, per evitare danni a terzi, che la postazione del cane sia effettivamente sicura quindi deve controllare che la catena sia ben ancorata e in un buono stato di manutenzione”
In conclusione: il caso fortuito deve consistere in un fatto esterno imprevedibile idoneo ad interrompere in nesso causale tra l’azione dell’animale e l’evento. La prova del caso fortuito spetta al proprietario o all’utilizzatore dell’animale.
Avv. Laura Queirolo
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Responsabilità del veterinario
La responsabilità del veterinario è una RESPONSABILITA' DI TIPO CONTRATTUALE inquadrata in quella del prestatore d'opera ex art 2236 c.c.: il veterinario risponderà per negligenza, imperizia, dolo o colpa grave, se ha effettuato un intervento con particolari difficoltà, per colpa lieve se ha effettuato un intervento di routine.
- IL PROPRIETARIO DELL'ANIMALE che si ritiene danneggiato, per chiedere il risarcimento dei danni, dovrà rispettare il termine prescrizionale di 10 anni dall'evento e provare:
1) l'esistenza del RAPPORTO GIURIDICO (il contratto basandosi su di un rapporto fiduciario può essere anche verbale);
2) il DANNO.
- IL VETERINARIO dovrà, invece, provare di aver agito con perizia e diligenza.
Trattandosi di un contratto d'opera intellettuale la prestazione veterinaria è inquadrabile nell 'ambito dell'obbligazione di mezzi, pertanto, il veterinario non risponderà del raggiungimento del risultato (es guarigione da una malattia) ma dell'osservanza della diligenza richiesta avendo riguardo alla natura dell'attività esercitata.
- CONSENSO INFORMATO: i veterinari hanno l'obbligo (ai sensi dell' art 29 Codice Deontologico Medici Veterinari) di fornire informazioni sui rischi e sulle possibili conseguenze dei trattamenti e di acquisire il consenso informato.
La mancata informazione e la mancata sottoscrizione del consenso sono cause di responsabilità contrattuale.
- RESPONSABILITÀ EXTRACONTRATTUALE - PROFILI
1) Se l'animale è stato dato in custodia al veterinario potrebbe causare un danno ad un terzo: in tal caso si configura la fattispecie di cui all'articolo 2052 c.c.
2) Se l'animale è ricoverato presso una struttura, oltre alla responsabilità contrattuale del veterinario, potrà ravvisarsi la responsabilità oggettiva del gestore della stessa.
3) Risarcimento DANNO MORALE per perdita animale d'affezione.
Nel corso degli ultimi anni la giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, ha mostrato maggiore interesse nel riconoscere il risarcimento del danno non patrimoniale per “mal pratica” veterinaria.
Si veda, ad esempio:
- Giudice di Pace di Dolo, sentenza del 2012: "lo Stato è consapevole del legame particolare che si instaura tra animale e padrone, rapporto che non può essere limitato al solo profilo affettivo tra proprietario e bene. Pertanto non vi è dubbio che il rapporto tra animale e padrone debba inquadrarsi in una di quelle attività realizzatrici della persona cui la stessa carta Costituzionale, con la previsione dell'art. 2, mostra di dare adeguata tutela”
-Corte d’Appello di Roma, sentenza del 2015: “Non sembra dubitabile che la perdita di un animale d'affezione, specie nel caso in cui il rapporto sia radicato nel tempo, comporti un pregiudizio non soltanto alla sfera emotivo-interiore, ma sia suscettibile di modificare e alterare le abitudini di vista e gli assetti relazioni del danneggiato; proprio nel caso di un cane da compagnia è fin troppo noto come le abitudini dell'animale influiscano sulle abitudini del padrone e come il legame che si instaura sia di una intensità particolare sicché affermare che la sua perdita sia “futile” e non integri la lesione di un interesse della persona alla conservazione della propria sfera relazionale-affettiva, costituzionalmente tutelata, non sembra più rispondente ad una lettura contemporanea delle abitudini sociali e dei relativi valori”.
Interessante è anche la recente sentenza del Tribunale di Genova: è stato riconosciuto il risarcimento del danno morale al proprietario di un cane che, a causa dell’intervento, è rimasto zoppo, comportando una compromissione del progetto di vita che la persona aveva con l'animale.
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Contratti di compravendita di animali e clausole vessatorie
Le clausole vessatorie sono le clausole che, apposte ad un contratto, comportano uno SQUILIBRIO DEI DIRITTI E DEGLI OBBLIGHI a danno della parte sottoscrivente.
DISCIPLINA GENERALE DEL CODICE CIVILE
Nel nostro ordinamento vige il principio di “LIBERTA’ CONTRATTUALE” art 1322 c.c., questo vuol dire che, nei limiti della legge, si possono predisporre contratti “atipici”(che possono essere puramente atipici, socialmente tipizzati o contratti nominati) qualora essi siano diretti a soddisfare interessi meritevoli di tutela ( uti socius ovvero l’utilità sociale).
Stante la possibilità di predisporre un contratto “atipico”, vediamo quali sono le clausole che si possono apporre ad un contratto e/o sottoscrivere generalmente, e quali sono, invece, le clausole che dobbiamo SPECIFICATAMENTE approvare per iscritto (se siamo l’acquirente) o specificatamente elencare (se siamo il venditore).
Punto di partenza per affrontare l’argomento è quanto stabilito dalla disciplina generale prevista dall’art 1341 c.c.(“condizioni generali del contratto”) la quale, accanto all’OBBLIGO DI CONOSCIBILITA’ delle condizioni contrattuali (“le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell’altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza”), prevede un elenco di clausole (dapprima definite “vessatorie” dalla dottrina e poi puntualmente identificate in tal senso dal Codice del Consumo) che, oltre ad essere, previste unilateralmente da una parte, sono particolarmente gravose per il sottoscrittore, in quanto, in deroga alla disciplina legislativa, gli impongono alcuni obblighi o limitazioni.
Vediamo allora quali sono le clausole definite “vessatorie” dalla disciplina generale prevista dall’art 1341 c.c.:
-le clausole che stabiliscono limitazioni di responsabilità, ad esempio è vietata la clausola con cui si esclude il diritto di esercitare l’azione di risoluzione del contratto (art 1453 c.c.) o di sollevare l’eccezione di inadempimento (1460 c.c.);
-le clausole che limitano la facoltà di recedere dal contratto o di sospendere l’esecuzione;
-le clausole che sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, ad esempio quelle che stabiliscono oneri particolarmente gravosi per mantenere o conservare un proprio diritto: come potrebbe accadere qualora siano previsti termini molto ristretti per la denunzia dei vizi della cosa venduta;
-le clausole che comportano limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni sul piano processuale;
-le clausole che comportano restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi, ad esempio il divieto di alienazione (1379 c.c.), la prelazione volontaria o il contenuto di accordi con altri soggetti;
-le clausole che prevedono la tacita proroga o rinnovazione del contratto, ad esempio oneri di disdetta gravosi per evitare il tacito rinnovo del contratto;
-le clausole compromissorie e di deroga alla competenza territoriale.
Fermo restando che l’oggetto principale del contratto rimane valido (es. l’effettiva vendita dell’animale), la mancata SPECIFICA SOTTOSCRIZIONE di queste clausole comporta l’INEFFICACIA di quanto da esse stabilito. La giurisprudenza è costante nel ritenere che “ciascuna delle clausole da approvare debba essere CHIARAMENTE INDIVIDUATA e RICHIAMATA in modo che si abbia la certezza che l’obbligato sia stato posto in grado di fermare la sua ATTENZIONE sul CONTENUTO di ogni singola clausola richiamata”. Lo scopo si percepisce subito: tali clausole, essendo predisposte da una sola parte e comportando oneri particolarmente gravosi per la parte contraente, producono uno squilibrio ed è per questo che si richiede maggiore attenzione sulla loro conoscenza e comprensione da parte di colui che, limitandosi ad apporre una firma, le accetta.
Ritengo che una DOPPIA SOTTOSCRIZIONE (una firma sotto il contratto nella sua generalità ed una firma sotto le clausole “vessatorie” specificatamente indicate) sia maggiormente idonea a soddisfare quell’esigenza di “attenzione” richiesta dalla disciplina generale e dalla giurisprudenza.
L’art 1342 c.c. estende la disciplina ai contratti conclusi “ mediante moduli o formulari” prevedendo che “le clausole aggiunte al modulo o al formulario prevalgono su quelle del modulo o del formulario qualora siano incompatibili con esse, anche se quest’ultime non sono state cancellate”.
CLAUSOLE VESSATORE NEL CODICE DEL CONSUMO
La crescente diffusione dei contratti “a distanza” o “per adesione”, generalmente stipulati con assicurazioni, banche ect., che offrono sul mercato i propri servizi a condizioni predeterminate unilateralmente, ha spinto il legislatore a cercare delle soluzioni in grado di offrire maggiore tutela alla parte contrante più debole.
Così, alla disciplina generale prevista dall’art 1341 c.c., è stata affiancata una disciplina specifica (con l’aggiunta del capo XIV bis), successivamente sostituita dal “CODICE DEL CONSUMO” (D.lgs.206/2005).
Innanzitutto occorre rilevare che tale disciplina si applica ai contratti conclusi tra PROFESSIONISTA e CONSUMATORE così come identificati dall’art 3 del CDS.
L’art 33 CDC definisce le CLAUSOLE VESSATORIE come quelle clausole che, “malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore, uno significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”.
Nel comma secondo dell’art 33 CDS vi è elenco, non esaustivo, di clausole che si presumono vessatorie.
Trovo superfluo elencarle tutte, preferisco soffermarmi sulle differenze tra la disciplina generale prevista dal Codice Civile e quella del Codice del Consumo, sulla nozione di Professionista e da ultimo, sulla disciplina applicabile ai contratti di compravendita di animali.
RAPPORTI TRA DISCIPLINA CODICISTICA E CODICE DEL CONSUMO
Un prima differenza tra le due discipline riguarda il “PIANO SANZIONATORIO”: le clausole “vessatorie” apposte ad un negozio giuridico al quale si applica la disciplina generale prevista dal Codice Civile sono “INEFFICACI”, mentre le clausole “vessatorie” apposte ad contratto tra professionista e consumatore sono “NULLE” e RILEVABILI D’UFFICIO dal giudice.
Una seconda differenza si riscontra nei TERMINI previsti per la DENUNCIA DEI VIZI del bene e per la relativa azione: 8 giorni dalla scoperta (salvo il diverso termine stabilito dalle leggi speciali o in mancanza dagli Usi locali di cui ho già trattato per la compravendita dei cavalli) – 1 anno dall’acquisto per il Codice Civile; 2 mesi dalla scoperta e 2 anni dall’acquisto per il CDS.
Ulteriore differenza si riscontra nell’art 35 CDS nel quale è indicato il cd. “PRINCIPIO DI TRASPARENZA”(le clausole devono essere formulate in modo chiaro e comprensibile”), non previsto dalla disciplina del Codice Civile.
Elemento comune ad entrambe le discipline riguarda la “TRATTATIVA INDIVIDUALE”: le clausole vessatorie oggetto di trattativa individuale vengono considerate efficaci in ragione del venir meno della unilateralità della predisposizione.
Ad eccezione, però, delle 3 ipotesi previste dall’art 36 CDS.
“Sono comunque nulle, anche se oggetto di trattativa (per trattativa N.B. si intende effettiva partecipazione) le clausole che abbiamo per oggetto o per effetto di:
a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista;
b) escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
c) prevedere l’adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto”.
N.B. La nullità opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
DEFINIZIONE DI PROFESSIONISTA E RIFLESSIONI CONCLUSIVE
Definita, sinteticamente, la disciplina delle condizioni generali del contratto e delle clausole vessatorie, vediamo quale disciplina si applica al contratto di compravendita di un animale (cane, cavallo ect.), e se l’allevatore/venditore può considerarsi un professionista così come indicato dal CDS, rendendo quindi applicabile la relativa disciplina.
Il Codice del Consumo definisce professionista: “la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario”.
Leggendo il dettato normativo sembrerebbe che, colui che svolge attività commerciale, come la vendita di animali, possa considerarsi professionista così come indicato dall’art 3 CDS.
La normativa applicabile, stante il mancato intervento chiarificatore del legislatore e della giurisprudenza, non è di così facile identificazione.
In attesa del suddetto intervento posso fare, solamente, alcune mie considerazioni per farvi comprendere le motivazioni, secondo le quali, ritengo applicabile la disciplina prevista e richiamata dall’art 1496 c.c. e non il Codice del Consumo.
In primo luogo, gli animali, pur essendo ancora considerati “res”, presentano delle caratteristiche e delle peculiarità (si pensi al cavallo sportivo, al cane da expo ect.) che difficilmente si possono inquadrare all’interno di una disciplina, come quella di cui al Codice del Consumo, che presuppone un modello di bene immesso sul mercato quantomeno ipotetico e standardizzato.
In secondo luogo, esemplificando e prendendo come riferimento la Legge 349/93 ed il D.M. 28/01/1994 n. 20504 del Ministero delle Risorse Agricole Alimentari e Forestali (che qualifica come imprenditore agricolo colui che svolge attività cinotecnica in modo prevalente, che detiene più di 5 fattrici e che produce più di 30 cuccioli all’anno) e considerando che tale “allevatore professionale” potrebbe rientrare tra “i professionisti che svolgono attività commerciali” di cui al CDS, ritengo che la disciplina applicabile rimanga quella generale (art 1496 c.c.). per la maggiore difficoltà, nella compravendita di animali, di garantire una “conformità” ad un modello prestabilito del bene venduto o determinate prestazioni.
Avv. Laura Queirolo
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IMMISSIONI SONORE
IMMISSIONI SONORE: profili di responsabilità civile e penale.
Un classico esempio pratico riguardate le immissioni sonore è costituito dall’abbaiare del cane.
Spesso le persone si domandano:
- QUANDO L'ABBAIARE DEL MIO CANE COSTITUISCE ILLECITO CIVILE?
Per costituire illecito civile, le immissioni sonore (nel nostro caso l’abbaiare del cane) devono “superare la normale tollerabilità” (art 844 c.c.);
- QUANDO L'ABBAIARE DEL MIO CANE SUPERA IL LIMITE DI TOLLERANZA IMPOSTO?
Sarà chi agisce in giudizio, in conformità ai principi generali, che dovrà dimostrare, non solo la fonte del danno, ma anche la relativa entità (Cass. Civ. n. 12990/2013).
Bisogna valutare se l’abbaiare è occasionale (per esempio, il cane/cani abbaia una decina di minuti al giorno quando il padrone esce di casa per andare a lavorare o, trovandosi in un giardino in pieno centro abitato, abbaia ogni qual volta sente il rumore di una macchina o allorquando un pedone si avvicina alla proprietà) e se il proprietario poteva evitare la turbativa (per esempio spostare la collocazione del cane). Le fattispecie sono numerosissime, variano a seconda delle situazioni, e sono quindi da valutare caso per caso. Resta fermo l’onere dell’attore di provare l’entità del danno subito ed il superamento della soglia della “normale tollerabilità”. Ricordiamo che il bene giuridico tutelato è la persona, la sua integrità psico-fisica, il diritto al riposo ect. secondo il principio generale del “neminem laedere”.
-MI POSSONO PORTARE VIA IL CANE?
Assolutamente no!. Non si può chiedere l’allontanamento dell’animale per il solo fatto del disturbo e tantomeno l’apposizione di un collare anti abbaio (considerato fonte di maltrattamento perché incompatibile con la natura dell’animale ed incidente sulla sua integrità psico-fisica - Cass. Pen. n. 15061/2007 - ma sulla problematica in questione parleremo più avanti ).
- COSA POSSONO FARE I VICINI SE RITENGONO DI ESSERE DISTURBATI DALL'ABBAIARE DEL MIO CANE?
I vicini possono agire per far cessare la turbativa (azione inibitoria) ed, in presenza di alcune condizioni (da provare), chiedere il risarcimento del danno. Se il disturbo viene arrecato a più persone potrà ravvisarsi anche il reato di disturbo del riposo e delle occupazioni ex art 659 c.p..
-SE IL CANE ABBAIA IN CONDOMINIO?
Se il cane abbaia in condominio potrebbe arrecare disturbo ad un pluralità di persone e, pertanto, integrare anche la fattispecie dell’art 659 c.p.
Sul punto bisogna ricordare che nel regolamento di condominio possono essere indicate delle fasce orarie destinate al riposo e quelle in cui è concesso qualche rumore anche “molesto”. Sarà quindi da verificare in primis in quale fascia oraria il cane abbaia, se effettivamente arreca disturbo ad una pluralità di persone ect.
È però rigorosamente da escludere, ex art 1138 c.c. (“le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”), un provvedimento che miri ad impedire il possesso dei cani in un’unità condominiale.
La differenza principale tra l’azione civile e l’azione penale, nel caso in esame, consiste nel fatto che l’art 659 cp. configura un’ipotesi di “reato di pericolo presunto”, rilevandosi sufficiente che la condotta posta in essere si riveli "ex se" idonea a recare disturbo (al riposo o alle occupazioni) ad un numero indeterminato di persone (Cass. Pen. n. 8351/2015). In questo caso non sarà necessaria una consulenza tecnica o peritale, ma il giudice potrà valutare liberamente, attraverso le dichiarazioni rese dalle persone, se i rumori erano oggettivamente idonei ad arrecare disturbo della quiete pubblica (Cass. Pen. n. 11031/2015).
Avv. Laura Queirolo
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Animali nel mondo del diritto

La prevenzione delle controversie riguardanti il settore equestre e cinofilo è il mio obbiettivo. L'assistenza nelle diverse fasi della compravendita, la consulenza nella gestione delle problematiche che possono insorgere tra i protagonisti di questi settori (sportivi, allevatori, veterinari, addestratori, maniscalchi, istruttori, gestori di maneggio ect), la corretta informazione sulle normative di riferimento e sui relativi diritti ed obblighi che ne derivano, mirano a tutelare i vostri diritti e soddisfare le vostre esigenze con celerità e completezza.
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