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Zainul Abedin: l’artista attivista.
Si dice che la carestia nel Bangladesh del 1943 causò la morte di circa 4 milioni di persone. In quell’anno, durante la seconda guerra mondiale, il Giappone occupò la maggior parte dei paesi del sud-est asiatico, inclusa la Birmania. In preparazione a una possibile occupazione nemica, il governo coloniale britannico rimosse le scorte di riso, distrusse le imbarcazioni e un gran numero di piroscafi e treni, paralizzando le comunicazioni fluviali. Queste azioni ostacolarono l'approvvigionamento alimentare e causarono l’aumento dei prezzi, provocando di fatto la carestia. I Famine sketches di Zainul Abedin sono rimaste le opere più famose dell’artista.

Zainul Abedin fu anche coinvolto nel movimento per la guerra di liberazione del Bangladesh. Un movimento culturale per la conservazione dell’indentità bengalese, repressa dal governo pakistano.
OPERE: 1.2. The Famine Sketches (inchiostro e carta da imballaggio, 1943) 3. Bangladesh Liberation war (1971) 4. Two Faces (1953)

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Koranic Instruction, Osman Hamdi Bey (1890)
I’m studying the Quran. Whoever wants to help me in my new spiritual path, I’d be very grateful. Peace on you.
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Moon-sighting for Ramadan. Astronomers study the moon and the stars in this Ottoman miniature dating from 17th century.
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OPERE: 1. YOUNG GIRL WITH A CUP OF FRUITS 2. Untitled
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Ivan Konstantinovich Aivazovsky: The Black Sea At Night, 1879.
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Non dimenticate di visitare il sito del fotografo Winslow Martin.
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Eccezionalmente, ArteMagA augura a tutti voi un proficuo Black History Month.
Il primo dipinto è un autoritratto del 2018 di Tesfaye Urgessa, artista etiope coinvolto in interessanti eventi organizzati dagli Uffizi per il Black History Month Florence (PROGRAMMA) Gli altri suoi lavori si chiamano in ordine: - Trapped in the flesh, 2018 - Waiting, 2010 - Portrait of a man, 2015
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IL LIBRO.
Il titolo del suo primo libro There Are No Homosexuals in Iran, è ispirato alle parole pronunciate dell’allora presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad in un celebre discorso alla Columbia University il 24 settembre 2007, secondo il quale, molto arrogantemente, ha dichiarato che in Iran non ci sono omosessuali come in Occidente [nel vostro paese].
Laurence Rasti attraverso la sua arte, ha voluto provare il contrario, pubblicando una serie di fotografie ritraenti gli omosessuali iraniani costretti a vivere nella totale invisibilità, con il rischio di essere scoperti e condannati a morte.
SOURCES: Il libro Dazed

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Touch di Araz Hama, artista curda
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CHANT AVEDISSIAN, artista egiziano di origine armena, è morto all’età di 67.
Chant Avedissian, nato nel 1951 a Il Cairo, era figlio di rifugiati armeni. Dopo aver studiato belle arti alla Scuola d'arte e design di Montreal e alla National Higher School of Decorative Arts di Parigi negli anni '70, Avedissian è tornato in Egitto. Avedissian ha fuso le tecniche, i concetti e le esperienze cosmopolite acquisite all'estero con l'eredità del suo background armeno-egiziano, in particolare della grande epoca d’oro egiziana. La sua abilità artistica spazia dalla fotografia al costume e al design tessile fino agli stencil. Il suo sodalizio con Hassan Fathy, un noto architetto egiziano che sosteneva l'uso di materiali locali e l’artigianato, sfidò Avedissian a riconsiderare le tradizioni artistiche locali e ad apprezzare le proprietà dei materiali comuni.

Il suo lavoro vede come protagonisti le grandi icone della musica e del cinema egiziani, in particolare Umm Kalthoum, Farid Al Atrash, Abdel Halim Hafez, Faten Hamama e Asmahan. Vengono inoltre ritratti personaggi politici nel periodo che va dai primi giorni del regno del Re Farouk e la morte del presidente Gamal Abd El Nasser. Per creare le sue opere d’arti pop, Avedissian utilizza motivi geometrici islamici, design di era ottomana, pubblicità e foto di archivio.



La Guerra del Golfo nel 1991 segnò un momento di spartiacque per Avedissian. Iniziò a realizzare lavori che enfatizzavano la memoria e la storia culturale in modo più approfondito. Il suo capolavoro, Icons of the Nile, a cui ha lavorato dal 1991 al 2004, è un'installazione su larga scala di 120 disegni disposti in una griglia. Si possono trovare le grandi personalità della cultura popolare egiziana e della vita politica, ma anche immagini quotidiane: tipiche famiglie egiziane ed elementi storici: come le macchine per cucire Nefertiti realizzate in Egitto, che facevano parte della promessa di Nasser di creare un'economia egiziana autosufficiente.
Gli ultimi anni di Avedissian continuarono la sua esplorazione di modelli tradizionali, spesso punteggiati dalla simbologia egizia, come il coccodrillo o l'asino, simbolo dell'antico dio egizio dell'aldilà.
Il lavoro di Avedissian, fatta di cultura pop e tradizioni folcloristiche, sfida la separazione tra i due: entrambi sono immagini appartenenti al popolo e viaggiano in mezzo a loro, su giornali e televisioni. (Kaelen Wilson-Goldie, critico)
WORKS: 1. You Are Love (2008) painted: Egyptian diva Umm Kulthum 2. Kol hal yazoul, 2013 3, 4, 5. Patterns
(SOURCE: Barjeel Art Foundation & artnet.com)
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MOSTRA: Life before 1948. Da vecchie fotografie di famiglie, Nabil Anani ha cercato di ricreare attraverso immagini pittoriche scene di vita perduta; la società palestinese prima dell’occupazione israeliana e della diaspora, ma anche una probabile terra futura, come sarebbe potuta essere la palestina se quegli eventi non avessero avuto luogo. All’occhio di chi le guarda queste opere appaiono però universali: come possiamo identificare la palestina guardando queste immagini?


Nabil Anani è un pittore, scultore e ceramista palestinese. Nato a Latrun nel 1943, aveva cinque anni al momento della Nakba, la dispersione del popolo palestinese. Tornato in palestina dopo la laurea in Belle Arti all’università di Alessandria, ha iniziato la sua carriera come artista e insegnante a Ramallah.
Nel 1972 è datata la sua prima esibizione a Gerusalemme. Da allora numerose sono le state le sue mostre in giro per il mondo: in Europa, nel Nord America, nel Medio Oriente, nel Maghreb e in Giappone. Nel 1997 è stato premiato da Yasser Arafat del primo Palestinian National Prize per l’arte visiva. Nel 1998 è diventato capo della Lega degli Artisti palestinesi. Dal suo pensionamento come insegnante, ha svolto un ruolo fondamentale nella creazione della prima Accademia Internazionale di Belle Arti in palestina. Nabil Anani è considerato il fondatore del Movimento di arte contemporanea palestinese.

TITOLI DELLE OPERE: MOSTRA LIFE BEFORE 1948 - La famiglia Dabdoub, Bethlehem, 1900 - Dr. Jabra Al-Araj & la sua sposa Lydia - Miss Palestina Andolina Hawwa, Akka (1941) - La famiglia Al-Raffoul (1943) - Colazione a Yafa (1938) - Ragazze palestinesi con vestiti tradizionali (1917) Tra le caratteristiche peculiari della pittura dell’artista, da ricordare le vigne spesso presenti nelle sue opere. - Gerusalemme Est - La sposa di Gerusalemme - Murale creato nel 1999 per il museo di Ramallah.
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L’INDIA BRITANNICA E LA PARTITION. Nei decenni precedenti la seconda guerra mondiale, il movimento nazionalista guidato da Gandhi manifestò più volte la sua intenzione di costruire un’India indipendente; un’India unita nella quale potessero convivere sia gli Indù, sia i musulmani sia i Sikh (concentrati nel Punjab). La Lega musulmana guidata da Mohammad Ali Jinnah è contraria: sostiene la necessità di costituire due entità politiche separate, una per i musulmani e una per gli Indù. Quando nel 1945 si forma il governo di Attlee, uno dei primi atti è la convocazione delle elezioni per un’Assemblea Costituente indiana che rediga un testo costituzionale. Le elezioni, però, non danno il risultato sperato dal governo britannico poiché sono l’occasione per una ulteriore rottura tra il Partito nazionale del Congresso guidato da Gandhi e da Nehru e la Lega musulmana. La mancanza di intesa tra i due leader e l’irrigidimento della minoranza musulmana, convince il viceré Lord Louis Mountbatten e il governo inglese che è assolutamente necessario procedere in tempi brevi a una divisione del territorio. Tuttavia ci sono due gravi problemi da affrontare:
la massima concentrazione musulmana è all'estremo occidente (nelle regioni del Beluchistan, Punjab e Sind) e all'estremo oriente (nel Bengala) e tra le due zone ci sono 1600 km di distanza
in queste regioni vivono minoranze Indù quantitativamente molto significative, così come nel centro della Penisola indiana vivono importanti minoranze musulmane
Il governo britannico delinea, così, due regioni distinte: uno Stato musulmano, il Pakistan e l’Unione indiana. La partition che il governo britannico si augura sia pacifica, si trasforma in tragedia. Il gigantesco esodo coinvolgerà 17 milioni di persone; i disagi e le violenze inter-religiose causeranno tra le 100 mila e le 250 mila morti. Gli Indù e i Sikh che dopo la partizione si trovano a vivere entro i confini del Pakistan, decidono di spostarsi, quando non sono costretti dai musulmani con la forza; i musulmani che vivono nell'Unione si spostano per gli stessi motivi.
Everything begins in pain.
Ganesh Haloi nato a Jamalpur (ora situato nel Bangladesh) nel 1936, sarà costretto dagli eventi a trasferirsi a Calcutta e il trauma di questo sradicamento lascerà il segno nelle sue opere.

In un passaggio del suo diario l’artista identifica ogni colore con la propria esperienza di vita: la nostalgia per un mondo perduto, la devastazione, la resilienza e la miseria. I suoi lavori parlano dal punto di vista di una vittima e della sua accettazione agli sconvolgimenti; la filosofia e la psiche della vittima. I dipinti di Haloi sono una fotografia di tutto ciò che lo ha modellato.
I try to paint a land that is my own. My land. With my rules. It has no resemblance to nature. It is the struggle to create this land that makes the process of painting interesting. The space tension with the object has to be maintained.
Dalle figure, Ganesh Haloi passa gradualmente ai paesaggi, finendo per lavorare su astratti di paesaggi: punti, trattini e linee, segni che sostituiscono gli alberi e le acque. La luce e i colori stessi, così calmi e acquosi, narrano un mondo sottomarino; le figure sono spettri, sospesi nel tempo.

Haloi cerca di creare dei dialoghi: nonostante l’artista insista che dev'essere mantenuta la tensione tra spazio e oggetto, il colore forma una lingua unica; resiste alla totale astrazione preferendo mettere in scena un equilibrio: An order that has been organically structuring and restructuring itself through aeons of evolution and discovery. We experience this order and its balance in our daily lives and strive to maintain it so as to exist. So significant is its place in our lives. From its deep psychic and psychological necessity to a more materialistic one, balance and order is what governs our core values and reason of existence. To experience it and maintain it through one’s life and art is a realisation worth reckoning. (Jesal Thacker).


Ganesh Haloi si è laureato presso il Government College of Art and Craft di Calcutta nel 1956. L’anno successivo si è iscritto all’Archaeological Survey of India per realizzare copie dei murali di Ajanta. Dopo sette anni Haloi è ritornato a lavorare a Calcutta per insegnare al Government College of Art and Craft dove aveva studiato, dal 1963 fino alla pensione. Dal 1971 è stato membro del Society of Contemporary Artists. (se volete vedere altri suoi lavori, scrivetemi) Premi: Late R.N. Chakraborty Memorial Gold Medal Seven Silver Medals from Calcutta University Institute Seven Gold Medals from AFA
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Afarin Sajedi è una artista e donna iraniana. A causa dei diritti che vengono loro negati, che molte donne iraniane trovino uno sfogo attraverso le forme d'arti come la letteratura e l'arte figurativa, è quasi fisiologico. Questo non vuol dire che riescano a veicolare il loro messaggio con facilità: molte intellettuali sono costrette all'esilio, altre vengono censurate; Afarin Sajedi è tra queste ultime. I suoi dipinti definiti pop surrealisti hanno spesso come protagoniste le donne, donne che provano dolore e che desiderano interagire con chi le guarda, attraverso occhi grandi e lucidi e le loro condizioni fisiche precarie.

I volti oltrepassano le etnie e le culture; nessuno sa quanti anni abbiano e da dove provengano e non c'è in loro nessun indizio di tradizionalismo: sono figure universali attraverso le quali tutte possono rispecchiarsi. Le donne della Sajedi hanno quasi sempre il capo coperto forse ad indicare la censura che sono costrette a subire, le labbra sono in procinto di raccontare il loro disagio, gli occhi sono gonfi di lacrime e i visi tumefatti.

Nel progetto Illusion, portato con successo a Roma, queste figure esaltano grazie a uno sfondo azzurro pastello e ritorna il tema della fluidità dei pensieri attraverso gli elementi naturali. Nel penultimo dei cinque dipinti (vedi sopra), la conversazione con noi si interrompe grazie a un paio di occhiali da sole che concludono il dialogo e che fanno il paio con un elmo appuntito, forse ad indicare l'entrata della donna nel suo mondo privato dove a nessun altro è consentito l'accesso; dove finalmente si possono sentire libere di pensare e di ritrovarsi.
TITOLI DELLE OPERE: - Illusion 1 - Illusion 2 - Illusion 3 - Illusion 4 - Illusion 5 - Deep II (detail) - Make up 2009
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