Tumgik
bilinguepergioco-blog · 12 years
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La Schultüte: Una meravigliosa tradizione tedesca
Il 3 settembre (oddio la settimana prossima!) mia figlia inizierà la reception al Chatterbox. Becky ha 5 anni ma la scuola inglese fa la cosiddetta “primina” e quindi iniziano già le lezioni vere e proprie. Curiosi ed eccitati ci avviamo verso il primo giorno mentre, con la Schultüte, ci prepariamo ad un mix and match di culture.
La Schultüte è una tradizione tedesca e austriaca che risale all'incirca al 1810 in Sassonia e Turingia La prima Schultuete della quale abbiamo documentazione è del 1817 a Jena. All'inizio la tradizione era diversa. I "Coni" non venivano consegnati ai bambini ma appesi all'albero dei coni che si trovava nel giardino della scuola. Da questo ogni bambino doveva prendere la sua "Schultuete" senza romperla. Ai bambini veniva detto che a scuola c'era un albero sul quale crescevano i frutti a forma di cono e quando erano maturi, era tempo per ogni bambino di cominciare la scuola.(http://en.wikipedia.org/wiki/Schult%C3%BCte)
Oggi invece i bambini ricevono direttamente dai genitori il primo giorno di scuola il cono colorato e decorato pieno di piccoli doni utili per la scuola e di dolcetti (felicità del dentista!).
Poi prima di uscire di casa si fa la foto ricordo e un’altra davanti alla classe con gli altri bambini. Noi ci limiteremo alla foto a casa perché, ovviamente, nella scuola inglese questa tradizione non esiste e gli altri bambini ne vorrebbero immediatamente una anche loro (è bellissima, non li biasimo ;))
La Schultüte si può fare o comprare.
Fare la Schultüte: In Germania ed Austria si trovano nelle cartolerie dei cartoncini prestampati per creare la propria Schultüte personalizzata: di diverse misure, colori, con temi diversi (ad esempio principesse per le bambine, pirati per i maschietti).
Per chi parla tedesco un link con le spiegazioni per il fai da te: http://www.kita.volavi.de/aktuell/datum/2009/04/08/prinzessin-lillifee-schultuete-selbst-gemacht.html.
In Inglese trovate una splendida spiegazione sul sito di Crayola: http://www.crayola.com/things-to-do/crafts-landing/starting-school-treat-cone.aspx.
Cosa si può mettere dentro la Schultüte:
Libri sul primo giorno di scuola:
Pennarelli colorati (magari quelli magici di Crayola che colorano solo sulla carta: http://www.youtube.com/watch?v=SQvTLY8IU4I)
Matite e penne a tema (principesse, pirate etc.)
Gomma da cancellare e temperino divertenti
Il primo diario per la scuola (magari con foto da inserire in copertina)
Un piccolo portafoto dove mettere la foto del primo giorno di scuola.
Piccoli giochi
Elastici per i capelli e forcine per le bambine, un  bandana da pirata o una bandierina per i  maschietti
Caramelle, Lollypops, barrette ai cereali
 Comprare: Trovate delle Schultüten molto carine su www.amazon.de
e su: http://www.schultueten24.de/.
Fate la foto ai vostri bambini e fatemi sapere se l'idea della Schultüte è piaciuta :)
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bilinguepergioco-blog · 12 years
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Vuoi una app? Chiedila!
C'è una start up veramente forte - CircleMe- che ha sviluppato e sta ottimizzando una app fighissima- Plant Guides. Tipo che tu giri per una città col tuo i-qualcosa e lui ti dice le figate che non ti devi perdere. E come lo sa che TU non ti devi perdere proprio quella cosa lì? Perchè sa che ti piace, e piace anche a qualcuno che ha i tuoi stessi sofisticatissimi gusti.
Ora io questi li conosco e gli dico: "Guarda che una app così serve alle mamme! Serve sicuro alle mamme!"
Ma loro sono giovani intraprendenti e startuppari e non hanno ben chiaro cosa serve ad una mamma i-qualcosa dotata. Forse, dico forse, non hanno ben chiara la differenza tra una mamma i qualcosa dotata e una mamma padella munita (posto che poi le due spesso coincidono, come è il mio caso).
Questa cosa un po' mi rode, e mi rode pure che i prodotti, i servizi, le app e pure i blog per le mamme sono fatti sempre dalle mamme. Sì lo so sono una mamma anch'io, e ho un blog. Ma vorrei che quello che mi serve interessasse anche a ad una startup giovane e dinamica, non solo ad un'altra mamma che lo sa perchè ci è passata. Ma mi piace proprio l'idea che una start-up giovane intraprendenete e maschile faccia un prodotto per me, e per voi. Non perchè ha deciso di fare un prodotto per le mamme ma perchè ha deciso di fare un prodotto figo e utile.
Che ne dite?
Vi piacerebbe andare in giro che ne so per Bruxelles, Londra o Varsavia e scovare i posticini children friendly? Avere mezz'ora buca e scoprire che dietro l'angolo c'è una libreria con angolo morbido? Parcheggiare la macchina con bimbo affamato e scoprire un caffè perfetto per mamme e bambini nel raggio di 50mt?
Sì eh? Allora chiedetelo!
Questi di CircleMe stanno facendo un sondaggio su facebook. Dice più o meno: che tipo di tema vorresti fosse offerto dalle Plants Guide? I loro utenti giovani e scafati rispondono cose tipo "cinema" (originale...), haunted places (non hanno veramente niente da fare questi) o music places (beh quello piace anche a me lo confesso). Io ho aggiunto Children friendly places (e loro secondo me si sono fatti una risata).
Diciamoglielo noi cosa serve e loro lo sviluppano e poi noi usiamo la loro app per segnalarci tutti i posti children friendly, i playgroup, il teatro per bambini e le librerie per i piccoli.
Il sondaggio è qui: https://www.facebook.com/questions/515386198477498/
Mamme, sommergeteli!
Papà, se la app è utile alle mamme a voi è indispensabile!
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bilinguepergioco-blog · 12 years
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Brainbox e Brainquest, giochi educativi in Inglese
Leggere, leggere, leggere… E’ ormai appurato che proporre ai nostri piccoli dei libri nella seconda lingua è un veicolo di apprendimento estremamente efficace. Anche per le mamme e i papà chi non padroneggiano perfettamente l’idioma, infatti, non è troppo complicato proporre un libro il cui testo è già predefinito e, anzi, è una buona occasione per rafforzare le competenze linguistiche di tutta la famiglia. Forte di questa convinzione, ancora prima che mia figlia nascesse, ho iniziato ad acquistare quantità spropositate di libri su Amazon e ho continuato nel corso degli anni ad arricchire la nostra biblioteca con testi rigorosamente in Inglese adatti all’età.
Oltre ai libri, navigando su Amazon, ho trovato ed acquistato anche altri prodotti che si sono rivelati altrettanto efficaci nell’apprendimento dell’Inglese da parte di mia figlia che attualmente ha 5 anni e mezzo. In particolare, ci divertiamo molto con Brainbox e Brain Quest: si tratta di giochi che stimolano la curiosità dei bambini, permettono loro di mettersi alla prova in piccole sfide e sono estremante compatti e quindi facili da usare anche in viaggio o fuori casa. Il fatto che siano in Inglese attribuisce un valore supplementare all’esperienza perché, senza quasi accorgersene, il bambino acquisisce innumerevoli espressioni e parole nuove divertendosi.
Brainbox è un prodotto UK che, come dice il nome, si presenta in una scatola (box appunto) a forma di cubo. All’interno troverete delle tessere (55) molto resistenti - e quindi a prova di bambino - un dado e una clessidra. E’ un gioco di memoria che consiste nell’osservare le immagini raffigurate sulla tessera, leggere le relative informazioni per il tempo della clessidra (10 secondi) e rispondere ad una delle 6 domande che si trovano sul retro della tessera individuata tirando il dado. Se la risposta è giusta, il giocatore conquista la tessera.
L’offerta Brainbox è molto ampia e si rivolge a diversi age groups: potete acquistare il kit sui paesi del mondo o sulla storia, sull’arte o sui dinosauri e tutti permettono di sviluppare nuove conoscenze giocando. Per i più piccini, che non sanno ancora leggere, esiste una versione senza scritte, Brain Box My First Pictures, in cui ci si limita a memorizzare delle immagini molto colorate e abbastanza dettagliate per poi rispondere a domande quali "How many trees can you see?” oppure “Is the boy's shirt red or blue?” o ancora "Which animal is the tallest?”. In questo modo vengono proposti concetti quali i numeri, i colori, “sotto-sopra-dentro-fuori”, giorno-notte e così via, in più si lavora indirettamente sulla forma interrogativa in Inglese. Inoltre sono stimolate la concentrazione e l’osservazione e rafforzate  le capacità di ascolto e di comprensione.
Io, per il momento, ho testato solo la versione illustrata, e questo da quando mia figlia ha 4 anni e mezzo. Ora che è un po’ cresciuta ho ordinato anche “Brain Box Nature” su animali, piante e fenomeni atmosferici,  da sperimentare prossimamente.
E' interessante vedere come mia figlia, quando gioca con i nonni o con gli amichetti che non sanno l’Inglese, si dia un gran da fare a tradurre le domande in Italiano, tutta orgogliosa per il fatto di potersela cavare in entrambe le lingue. Io attribuisco molta importanza a questi momenti in cui lei si rende conto che l’Inglese non è un esercizio di stile ma è utile e/o importante nella via concreta per raggiungere uno scopo (in questo caso portare avanti il gioco).
Brain Questè una linea made in USA che propone libri di esercizi, giochi e set di domande per stimolare l’apprendimento dei bambini dal livello Preschooler al 7th Grade. Ultimamente ho investito nell’acquisto di alcuni set di domande e negli ultimi mesi abbiamo iniziato ad utilizzare quello dedicato al First Grade.
Su ogni scheda figurano 5 quesititi e, in quella successiva, si trovano le relative risposte. Gli argomenti sono vari: "maths", "language and arts", "reading", "social studies"...
Ecco, a titolo esemplificativo, il contenuto di una delle schede:
-          What word begins with "snow" and names something to throw?
-          How many animals in the sea: 3 dolphins, 5 sharks, 1 whale?
-          Which word means the same as "stay": remain or remember?
-         Which place is home to a tiger: a desert or a jungle?
-          Is broccoli a fruit, a vegetable or grain?
Alcune domande  sono decisamente semplici, altre un po’ più complessi e questo equilibrio è adeguato per stimolare i bambini senza demotivarli. E’ insomma un’ottima opportunità per permette di dimostrare quello che sanno e di imparare ciò che non conoscono, ancora una volta senza rendersene conto visto che l’approccio è ludico.
Se intendete provare i Brain Quest attenzione al livello che scegliete! Pensate più alle competenze linguistiche del vostro bimbo che non all’età anagrafica, o non sarà in grado di capire le domande. Ad esempio se ha 6 anni ma è alle prime armi con l’Inglese, vi suggerisco di iniziare dalla versione Toddler: i quesiti saranno sicuramente banali ma lo stimolo linguistico sarà più appropriato e quindi efficace.
Le schede Brain Quest entrano facilmente in borsetta o nello zaino e la confezione è molto solida, quindi non si rovina. Le abbiamo usate spesso in viaggio improvvisando delle piccole gare in famiglia e conteggiando le risposte giuste di ciascuno. Quando le domande mi sembrano un po’ troppo difficili per la piccola, io dico “Questa è per papà”, allora lei si impunta, accetta la sfida e dichiara decisa  “No, rispondo io” e a volte, confesso,  mi stupisco di quanto capisce (in Inglese) e di quante informazioni e concetti ha già imparato a 5 anni (matematica a parte, su questo dobbiamo ancora lavorare un po’!).
E quindi che dire…BUON DIVERTIMENTO A TUTTI!
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bilinguepergioco-blog · 12 years
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In Italia da 10 anni, con un rimpianto...
Ciao, sono Bonhee, noi siamo coreani e viviamo ormai da 10 anni in Italia.
La nostra figlia Sya è nata in Italia due anni fa.
Io sono linguista-fonetista per lo studio che ho fatto, anche se il mio lavoro attuale non c’entra niente con la mia diploma, ma le lingue che ho imparato sono comunque utili. Sento doverti pero spiegare perche cosi scarso il mio italiano^^ A differenza delle altre lingue, io non ho studiato italiano come si deve. Perche all’ inizio non pensavo di rimanere cosi tanto tempo in Italia. Ma dopo quando era chiaro che noi rimaniamo in Italia a lungo, è diventata difficile mettermi a studiare. Sai come la vita, lavoro. Poi sapevo come comprare le cose necessarie e chiedere la strada ecc.
Sya sta frequentando il nido da quando aveva 19 mesi. Inserimento al nido non e stata facile. So che non lo è per nessuno, ma il suo pianto è durato un po’ di più rispetto altri bambini. All’ inizio ha pianto come tutti bambini, ma quando ormai tutti bambini hanno smesso di piangere lei continuava piangere e piangere.
Le educatrici mi hanno proposto di creare un libro bilingue per lei. Perche credevano che la sofferenza della mia figlia è dovuta anche per la lingua diversa che la Sya non ha sentito quasi mai prima . La loro idea è di leggere questo libro in italiano al nido e a casa in coreano. Per far capire alla Sya che la mamma e le educatrici parlano della stessa cosa anche se le lingue sono diversi. Allora io ho tradotto una favola coreana, poi le educatrici hanno cerreto la mia traduzione. Cosi abbiamo creato un libro per Sya. Le educatrici hanno creato anche piccole figurine con dei personaggi della favola e le hanno fatto proprio una borsa, dove aveva il suo libro e le figurine. Sya da quel giorno portava quella borsa avanti e dietro. Io ogni sera leggevo quel libro, giocavo anche con le figurine insieme con la mia figlia . Anche se lei non mi poteva dire espressamente che grazie a quel libro lei ha potuto avere più fiducia verso educatrici, ma io ho capito che il libro le aiutava. Per questo ringrazio molto educatrici del nido, che hanno prestato tanta attenzione per Sya, per poi avere questa brillante idea. Io da sola non sarei mai arrivata a pensare che lei cosi piccola capiva cosi tanto che ambiente dove non capisce niente le faceva sentire in disaggio oltre allo distacco con i genitori.
Adesso Sya si diverte tanto al nido, si esprime in italiano e anche in coreano abbastanza bene. Ma a volte le scappano le frasi in italiano anche quando è a casa, come “mamma mia!, non voglio, è mio” Ama molto cantare le canzoni ha imparato al nido, ma quando vede che noi non sappiamo la sua canzone, ci mostra sua delusione. Cosi adesso ci tocca imparare le sue canzoncine. Sono contenta che lei è serena e imparando italiano acquisisce la sicurezza.
Però avevo sogno, che la sua lingua primaria diventasse coreano. Ma capisco, che sto chiedendo troppo a lei. Solo io ho un po’ paura per lo distacco mentale che hanno a volte bambini nati nel paese straniero per incomprensione verso i genitori. (i genitori non parlano sufficientemente bene la lingua straniera, bambino non parla bene la lingua di origine)
Ecco cosi ti ho raccontato un po’ come siamo noi. Complimenti per il tuo blog, è bellissimo. Ho già trovato tanti utili consigli. Sono sicura che il tuo blog sarà di grande aiuto nel nostro crescere.
Bacio
Bonhee
Bonhee,
grazie di aver condiviso questa storia così bella!
Vorrei dire grazie anche io a queste insegnanti così brave e lungimiranti, anzi mi piacerebbe propria sentire la loro storia. Cosa le ha indotte a proporre questa soluzione? Hanno fatto dei corsi specifici? Sono state consigliate da degli esperti? O hanno solo applicato buon senso e sensibilità? (se fosse così tanto di cappello!) Comunque sia brave, anzi bravi tutti. Loro e voi.
Quando scuola e famiglia collaborano per il bene del bambino si possono ottenere risultati meravigliosi, ascoltare il bambino e dargli le risposte di cui ha bisogno, farlo sentire accettato con il proprio bagaglio. Se insegnanti e genitori fossero tutti così non credo avremmo problemi nelle scuole...
Per venire ai tuoi dubbi...
Beh, come sempre mi limito a dare un parere personale, ma azzerderei che molto probabilmente la lingua dominante di tua figlia sarà sempre di più l'Italiano. E' così, facciamocene una ragione... Ma questo non vuol dire che non capisca e parli il coreano, soprattutto se voi genitori continuate a parlare solo coreano con lei.
E sì, sarebbe meglio che tu coltivassi il tuo italiano e facessi dei corsi per migliorarlo. Non per parlare Italiano con tua figlia, ci mancherebbe! E' giusto che la vostra lingua rimanga il coreano. Ha senso migliorare l'Italiano per parlarlo in società, parlarlo con le insegnanti, con i genitori dei compagni. Insomma, dicendola tutta, per evitare che tua figlia un giorno si vergogni del fatto che tu non parli abbastanza bene l'italiano.
Sia chiaro, il coreano è la vostra lingua e lo deve rimanere. Ma tu hai gli strumenti culturali per imparare bene l'italiano, e avendoli ha senso che li utilizzi e faccia questo sforzo, a mio parere, che nel lungo termine sarà molto produttivo. Ma ripeto, al posto tuo con tua figlia continuerei a parlare solo coreano, aspettati che ti capisca e ti capirà, e forse lo parlerà anche.
Ciao e in bocca al lupo,
Letizia
  Immagine: Korean Children's favourite stories, au amazon.it (nota: ogni volta che vado alla Fiera del libro di Bologna rimango stupita dalla qualità e freschezza dell'editoria per bambini coreana, purtroppo poco viene tradotto, e sui testi ovviamente non posso commentare, ma gli illustratori coreani sono bravissimi!)
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bilinguepergioco-blog · 12 years
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Asili bilingui: Germania e Israele
Per i bambini che vanno a vivere in un altro paese, ci possono essere due soluzioni linguistiche di base da adottare, una 'debole' e una 'forte': è debole quella che sceglie una sola lingua (quella di maggioranza o quella di minoranza), è forte quella che le sceglie entrambe, favorendo in questo modo anche lo sviluppo linguistico, cognitivo e metalinguistico dei piccoli bilingui, in accordo con gli studi degli ultimi decenni (ad es. E. Bialystok).
Gli asili che offrono un approccio pedagogico forte, e quindi bilingue e biculturale scelgono di insegnare e vivere sia la lingua che la cultura di due paesi. E' immediato pensare di poter scegliere il 'meglio' delle due culture o che sarebbe auspicabile insegnare entrambe le lingue alla perfezione: ma la realtà è molto più complessa.
Può rivelarsi strategicamente utile, al momento di scegliere una scuola o un percorso educativo, essere consapevoli delle opzioni possibili e dei margini di azione su cui si può intervenire per realizzare le pratiche interculturali, o il tipo di bilinguismo, che meglio rispondono alle esigenze di ogni famiglia o comunità.
Le scuole bilingui e biculturali si trovano a creare un impianto pedagogico che richiede la mediazione tra atteggiamenti e convinzioni spesso molto diversi. Inoltre, queste mediazioni non sono date una volta per tutte, ma si concretizzano nelle interazioni quotidiane pluriculturali tra i bambini, i genitori e gli insegnanti. La varietà di scelte possibili fa sì che in ogni incontro tra paesi, convinzioni, atteggiamenti e lingue diverse si adottano soluzioni pedagogiche e di insegnamento delle lingue (pedolinguistiche) anche molto diverse tra loro.
In quali ambiti possono trovarsi le maggiori differenze culturali? ovvero, quali sono le opzioni pedagogiche principali in età prescolare (preschool curriculum)?  Oggi è opinione diffusa che sia importante includere le attività all'aperto e il gioco libero nella quotidianità, perchè sono considerate parte importante dello sviluppo sociale ed emotivo. Inoltre, il gioco libero sviluppa la creatività e gli insegnanti ne apprezzano molto il valore pedagogico. Ci sono però altri aspetti su cui le scelte pedagogiche differiscono molto.
Ci possono essere divergenze, ad esempio, su quali e quante attività far guidare dall'insegnante (teacher-led) o dagli alunni (child-led), quanto spazio lasciare al gioco libero o ad attività più rigidamente strutturate (structured approaches) e, infine, quale sia l'età adatta per introdurre attività propriamente scolastiche, come la lettura (academic learning). Ad esempio, in UK, nell'ex URSS e in Istraele, le attività come o la lettura iniziano a tre anni, mentre in altri paesi, come ad esempio in in Svizzera, Germania e Ungheria, l'insegnamento formale inizia più tardi perchè si ritiene che solo così si possano sviluppare forti basi cognitive per lo sviluppo delle capacità di astrazione necessarie per i ragionamenti e i compiti più complessi (Laevers, 2005).
E' comprensibile che, in un contesto bilingue e biculturale, vengano a rendersi manifeste le differenze tra gli approcci pedagogici possibili e si rendano necessarie delle scelte consapevoli di mediazione.
In uno studio del 2011 si presentano e discutono gli atteggiamenti degli insegnati di asilo (uso un termine generico per indicare le strutture che accolgono i bambini tra i due/tre e i sei anni) nell'ottica dell'insegnamento come attività di ricerca, cioè come professione che riflette sul proprio operare per ricavarne indicazioni di miglioramento in una progressione inesauribile. Nei due casi in esame, le lingue coinvolte sono il russo, come lingua di origine, e il tedesco o l'ebraico come lingua maggioritaria. Lo studio non vuole dare ricette valide per tutti, al contrario, si propone di mettere in luce i percorsi dell'intercultura: la loro gradualità, le loro difficoltà e il bisogno di trovare risposte diverse e personalizzate alle diverse domande.
Il primo obiettivo degli insegnati delle scuole bilingui esaminate, in Israele e in Germania, si focalizza sull'apprendimento linguistico, allo scopo di ottenere un “alto livello di padronanza sia nella lingua di origine che in quella del paese ospite”. In Germania, questo prinicipio diventa anche un criterio di selezione degli stessi alunni: "Per noi è importante che i genitori abbiano un'atteggiamento di consapevolezza e positività verso il bilinguismo... non abbiamo obblighi nel reclutamento, scegliamo solo i figli di genitori che sono d'accordo con i nostri principi pedagogici e l'idea per cui i genitori devono sostenere lo sviluppo delle due lingue e il nostro approccio educativo e per ciò siano presenti e attivi nella vita dell'asilo”  (Julia, Direttrice e insegnante immigrata, Germania).
Le scelte della scuola stessa, tuttavia, si adattano alle idee e alle preferenze dei genitori: nel caso della Germania, ad esempio, la scuola ha accolto la necessità di dare maggior spazio al tedesco, riservando un numero di attività maggiori a questa lingua, specialmente per quei bambini che dimostrino difficoltà significative. In Israele, il quadro degli atteggiamenti linguistici è molto diverso: i genitori sono molto più attenti a mantenere la lingua di origine, nella convinzione che l'ebraico assumerà sempre più spazio nella vita e nell'educazione dei bambini,  e che quindi potrà essere migliorato in seguito: “All'inizio, presentavamo il russo ogni giorno ma senza che fosse oggetto specifico di studio. Tuttavia, con il tempo, è cresciuta la convinzione dell'importanza del russo. Ci siamo fermati nel nostro tentativo di introdurre l'ebraico il prima possibile e l'abbiamo lasciato sullo sfondo almeno fino ai tre anni. Il nostro obiettivo principale è sviluppare il russo. I bambini devono solo sviluppare la consapevolezza che esistono entrambe... Il nostro metodo è l'immersione graduale” (Smadar, Direttrice e insegnante immigrata, Israele). Come si può vedere, l'ideale del bilinguismo bilanciato scritto sulla carta arriva poi in pratica a smussarsi per andare incontro alle esigenze delle famiglie, esigenze diverse nei due paesi dello studio.
Un asilo bilingue, come abbiamo detto, è il luogo di incontro non solo di lingue ma anche di pratiche, tradizioni, approcci pedagogici diversi.  E così, le due scuole bilingui dello studio scelgono di dare entrambe più spazio, rispetto alle monolingui di riferimento, all'educazione formale e non al gioco, in linea con l'approccio educativo del sistema scolastico della tradizione sovietica da cui genitori e insgenanti provengono: “Vogliamo dare più conoscenze. Stiamo meno all'aperto così da avere più tempo per l'insegnamento” (Smadar, Direttrice e isegnante immigrata, Israele). Tra la scuola israeliana e quella tedesca, tuttavia, si notano differenze importanti relativamente alle scelte di metodo, perchè in Germania sono diffuse convinzioni diverse da quelle della patria di origine e così, mentre i genitori e gli insegnanti di origine russa che emigrano in Israele si trrovano a confronto con un approccio simile a quello di origine e trovano quindi conferme, per chi emigra in Germania la sfida è più complessa e il processo di scambio interculturale continuo: “L'approccio pedagogico tedesco ha molti vantaggi rispetto a quello russo. Qui il programma educativo si basa sugli interessi dei bambini. E' considerato un bene che i bambini facciano domande che significa che hanno interesse nelle cose. Se questo interesse viene sostenuto, il programma educativo può essere più efficace che seguire un programma didattico deciso dal Dipartimento dell'Educazione" (Victoria, insegnante immigrata, Germania).
La conclusione? che non esistono conclusioni definitive. Lo studio in esame individua un processo lento, fatto di negoziazione, confronto, correzioni tra i diversi tipi di bilinguismo possibili e tra le diverse tradizioni pedagogiche, in cerca dei lati migliori di ognuna. Ovviamente, questo percorso non individua i lati migiori 'in assoluto', che non esistono, ma quelli che risultano migliori dal punto di vista dei genitori e degli insegnanti di ogni particolare contesto, cioè di ogni incontro tra culture di origine e culture di maggioranza in un particolare luogo, in un particolare momento.
E nelle vostre scuole, o case, quali soluzioni sono state le preferite per l'educazione prescolare? quali opzioni avreste preferito ma non avete potuto mettere in pratica?
  Immagine: The pirate of kindergarten, amazon uk e amazon it
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bilinguepergioco-blog · 12 years
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Fig bread vs Banana bread: 5 a 1
Ecco una storia che inizia con tre banane troppo mature e termina con dei fichi appena raccolti, passa per la BBC e si assesta in un giardino assolato del profondo sud del nostro stivale.
Non avevo mai mangiato il banana bread, l'idea stessa in realtà mi lasciava molto tiepida, ma ricordavo le facce estasiate dei miei amici statunitensi/canadesi quando ripensavano al banana bread di casa loro. Avete presente la faccia da "Ah la focaccia che faceva mia nonna!"? Ecco quella faccia lì...
Così trovandomi per casa 3 banane davvero troppo mature ho deciso di cimentarmi. Ho setacciato il web per una ricetta del banana bread e alla fine ho scelto questa di John Barrowman.
Ai bambini è piaciuto ed è stato spazzolato via velocemente!
Nel frattempo però hanno iniziato a maturare i fichi del mio giardino, perchè non fare un FIG BREAD?! Ah ah! Qui si comincia a ragionare!
Ecco quindi la mia versione del Fig Bread:
285g di farina 1 cucchiaino di bicarbonato di soda ½ cucchiaino di sale 110g di burro 140 gr di zucchero 2 uova 650 gr di fichi (circa, anche un po' più o un po' meno, fate voi) 85ml di  buttermilk, ossia latte mescolato a  1½ cucchiaino di succo di limone (farà una specie di ricottina) 50 gr di gherigli di noci
Preriscaldare il forno a 180°.
Aggiungere il succo di limone al latte.
Sbucciare i fichi e schiacciarli con la forchetta.
Lavorare il burro con lo zucchero fino a farne una crema, aggiungere le uova, la farina col bicarbonato, il latte col limone, il sale.
Aggiungere infine i fichi e i gherigli spezzettati grossolanamente.
Utilizzare uno stampo apposito (quello da plum cake per intendersi, non so perchè ma pare che la forma dello stampo sia importante...), imburrarlo o foderarlo di carta da forno, riempirlo con l'impasto e infornare.
Cuocere per circa un'ora, lasciar riposare alcuni minuti poi togliere dallo stampo e far raffreddare.
E' buonissimo, sorpassa e di parecchio il banana bread!
  Ah, come ci aiutano i nostri bambini? Come direbbe la nostra in house cook...
Beh, se avete l'albero di fichi i bambini ci aiutano a raccoglierli, reggendo una ciottola o arrampicandosi sull'albero secondo l'età.
Poi li schiacchiano con la forchetta, senza pietà!
Ci rovesciano sulle mani cucchiaiate di farina mentre cerchiamo di aggiungerla senza fare grumi.
Aggiungono fichi e noci all'impasto, e mescolano!
Buoni fichi a tutti!
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bilinguepergioco-blog · 12 years
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Tipi strambi sotto l'ombrellone
Questo mese per voi lettori itañoli, o al limite ispanofoni o anche semplicemente curiosi un po' di tutto, ecco un libro molto estivo, dalla prosa vivace e ironica (come pure le illustrazioni) che dall'inizio alla fine ci pone una domanda  retorica, che è quindi un'affermazione: "¡¿quién no es un poco raro?!". Il  bicho raro in questione, che poi si scopre essere un dodo, va per il mondo in cerca della sua identità e "observando, descubre que cada uno es diferente y no por eso es un bicho raro". Nel corso del viaggio il nostro eroe incontra vari animali che, non sapendo a che specie appartenga (cosa ignota a lui stesso) gli si rivolgono chiamandolo "bicho raro", ovvero "tipo strambo", ma poi, a far caso, non è che loro siano meno strambi: la tortuga "la que va con la casa a cuestas" o el avestruz "que esconde la cabeza para no saber lo que pasa". Da ognuno di questi animali il nostro riceve un prezioso consiglio che si rivelerà presto utile nel proseguimento del viaggio; il mio preferito è senz'altro quello dato da la serpiente roca: "no te rindas jamás", mai arrendersi. Un consiglio per tutti per tutta la vita, ché alcune cose richiedono tenacia e trovare il proprio posto nel mondo è una di queste. Per  i nostri figli multiculturali questo libro rinforza un concetto che già loro stessi, nonostante il conformismo dovuto all'età, sanno ben riconoscere: la diversità è una ricchezza e da ogni essere, uguale o diverso, abbiamo da imparare. E anche: esistono punti di vista diversi da cui vedere le cose e quando proviamo a guardare la realtà  da un'altra prospettiva magari possiamo scoprire cose inaspettate come, ad esempio, che l'essere umano è il bicho più raro di tutti!! (come il dodo e i suoi amici giustamente osservano nell'ultima pagina...) Questa storia mi ha fatto venire in mente una canzone imparata a scuola dalle bambine, si chiama "Un punto di vista strambo" [youtube]http://www.youtube.com/watch?v=NUxhzKniEJQ[/youtube] e fa parte, udite udite, dell'odiato (non me ne vogliano) Zecchino d'oro, di cui posso tranquillamente dire che abbia dato un fondamentale contributo nel decidere di parlare inglese con le mie figlie, proprio per evitare di crocifiggermi con l'ascolto e la visione dello stesso ;-)) Detto ciò, questa canzone non è male, ha il ritmo di un mambo e come testimonial un astronauta dell'ESA (Agenzia spaziale europea) che non fa che ribadire il nostro topic: “I pipistrelli guardano il mondo a testa in giù, come gli astronauti. Volando nello spazio ho visto la terra a testa in giù, da un’altra prospettiva...guardare il mondo da un'altra prospettiva, i  bambini lo fanno sempre: invito anche i grandi a farlo". Un po' OT, ma sempre a proposito di canzoni e spagnolo, le bimbe questa estate stanno impazzendo per "Cantajuego" (CD + DVD), questo gruppo di artisti autori di live show che cantano e ballano hit vecchie e nuove della discografia ispanofona per bambini (speriamo di vederli live nel prossimo viaggio in Spagna...); tra queste c'è il tormentone "Ciuciuuà", arrivato da tempo anche da noi (qui la versione del Payaso Piñon
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=lYzG6yjDb-w&feature=youtube_gdata_player [/youtube] e molte altre, obiettivamente spassose, che stanno facendo ballare un po' tutta la famiglia (nonni e cugini compresi), grazie anche alla complicità della tata e dell'au pair messicana che è venuta a passare l'estate con noi: sono loro le più entusiaste perché hanno ritrovato le canzoni dell'infanzia ;-) Buon proseguimento di vacanze a tutti ¡¡Hasta pronto!!
”Un bicho raro,  Paz  Rodero, José Morán - ill. Emilio Urberuaga per i tipi di Edelvives link amazon uk, es
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bilinguepergioco-blog · 12 years
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Imparerò
Parafrasando: L'occasione fa il bilingue monolingue... Siamo al mare, e come spesso succede quando mi trovo a passare più tempo del solito immersa tra gente che mi parla in Italiano ogni tanto mi scappa qualche frase in Italiano anche con mio figlio A., col quale come sapete adotto l'approccio One Parent One Language.
Come sempre la cosa non gli sfugge, se ne stupisce e mi blocca.
A.: Perché ogni tanto mi parli in Italiano? Mummy: It's a mistake… sometimes I make mistakes, we all do, don't we?
E come sempre gli rigiro la frittata…
M.: And you, why do you speak Italian to me instead of English? A.: eh… qualche volta mi sbaglio… M.: Sometimes? Well well, it happens quite often I think, not sometimes… A.: eh beh…sì, imparerò
Indubbiamente, imparerai. Questa risposta mi è piaciuta molto, racchiude molta consapevolezza, a mio parere, del processo di apprendimento delle lingue.
P.S. Non è che di solito la gente mi parli in altre lingue, ma di solito passo più tempo lavorando e quindi sto meno tra la gente...
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bilinguepergioco-blog · 12 years
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Bilinguismo. Il ruolo della società
A livello istituzionale, il Consiglio d'Europa si è pronunciato in modo esplicito a favore del plurilinguismo individuale per i cittadini di un'Europa sempre più ampia e sempre più vicina e legata al resto del mondo. Quali sono le azioni concrete in cui può impegnarsi la società per realizzare il plurilinguismo? Che ruolo hanno le istituzioni, le scuole e le famiglie?
In primo luogo, si devono combattere i pregiudizi e gli stereotipi, i falsi miti e i fondamentalismi, perchè “il mondo, inclusa l'Europa, non è un luogo interamente civilizzato” (fonte citata), non è un luogo, cioè, in cui sia diffusa l'accoglienza della diversità (What future for multiculturalism in Europe?). A livello linguistico, questo significa che bisogna sostenere le comunità di minoranza, sia le minoranze storiche che quelle recenti, dovute all'immigrazione, nel portare avanti la propria cultura e la propria lingua madre, insieme all'impegno- culturale e linguistico- per inserirsi nella comunità di maggioranza. L'aspetto complementare riguarda le comunità di maggioranza, tra le quali è importante che si diffonda la cultura dell'interesse, dell'apertura, della curiosità verso le lingue e le culture degli 'altri'.
Gli insegnati, le scuole, i genitori, possono scegliere di leggere libri, fare attività, stimolare la curiosità e le occasioni di incontro e conoscenza tra le diverse lingue e culture, ognuna delle quali apporta un contributo alla ricchezza e alla varietà del nostro mondo, proprio come accade per le specie biologiche. 
La diffusione dell'inglese come lingua globale, o delle lingue nazionali nei diversi Stati, fa da ostacolo percettivo nei confronti di questa cultura del plurilinguismo, perché porta a considerare le sole lingue di più larga diffusione. Se anche si scelgono le lingue più diffuse per l'insegnamento, non si dovrebbero trascurare le altre in un approccio educativo plurilingue, in cui le lingue possono entrare nell'immaginario, nel gioco e nella riflessione culturale dei bambini così come le bandiere o le capitali degli altri Stati (un esempio di sperimentazione nelle scuole primarie e secondarie umbre).
Accanto ad una cultura di apertura linguistica, è importante sostenere la formazione linguistica continua. Infatti, l'iniziativa di singole scuole, singoli insegnanti o genitori che permettono ai bambini e alle bambine di sviluppare precocemente il loro potenziale plurilingue, può essere messa a rischio se non sostenuta da azioni di supporto sociale che vadano oltre 'un buon inizio': “può essere demoralizzante o una vera perdita di tempo, per quegli insegnanti, studenti e genitori che hanno fatto un serio investimento in una partenza precoce, rendersi conto che i loro sforzi vengono ignorati o perfino messi a rischio da altri negli stadi più avanzati” (fonte citata).
Proprio per questo, il Consiglio d'Europa sceglie 'continuità' come parola guida (Report on Workshop 8B, 1995). Per assicurare questa continuità di insegnamento delle lingue, a sostegno di un plurilinguismo diffuso e solido, si ritiene che sia necessario diffondere la cultura e gli strumenti adeguati per realizzare:
un inizio possibilmente precoce
un curriculum che dedichi il tempo necessario alle lingue, in termini di ore dedicate e anni di continuità
la possibilità di imparare le lingue ad ogni età, in modo diversificato e adeguato alle diverse potenzialità
un adeguato sistema di valutazione delle conoscenze, per non incorrre nel rischio di un bilinguismo solo di 'facciata'
un filo diretto con la ricerca e gli altri esperti e lavoratori del settore per creare una rete di collaborazioni e scambi
La realizzazione di questi obiettivi, che richiede trasformazioni culturali oltre che didattiche e organizzative, non si verificherà in poco tempo, ma ognuno di noi può contribuire sul piano della diffusione delle conoscenze e di nuovi atteggiamenti e nuove pratiche, a partire dai propri progetti familiari  o scolastici, ad esempio iniziando col festeggiare con i bambini la Giornata europea delle lingue, il 26 settembre di ogni anno.
  Fonte principale
Richard Johnston (2002). Addressing ‘the age factor’: some implications for languages policy. Guide for the development of Language Education Policies in Europe From Linguistic Diversity to Plurilingual Education. Council of Europe, Strasbourg.
Link di approfondimento Common European Framework of Reference for Languages European Language Portfolio Guide for the development of language education policies in Europe: From linguistic diversity to plurilingual education.
What future for multiculturalism in Europe?
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bilinguepergioco-blog · 12 years
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Consigli da un papà italiano all'estero
  Mi presento sono Enrico e vivo a Budapest con mia moglie e la mia figlia di 16 mesi. Questo post si rivolge in particolare a chi fa la parte in famiglia della lingua minoritaria, che nel mio caso é l'italiano (io vengo da Vicenza).
Sono sempre alla ricerca di modi per esporre mia figlia all'italiano anche quando non sono a casa, e trovo che un modo utile e divertente sia quello della musica, delle "canzoncine per bambini". Cosí, dall'Ungheria, ho comprato su Amazon dei CD. Ho cercato e cercato finché ho ritrovato un album di quelli che ascoltavo anch'io: L'Arca, autori vari, tra cui Sergio Endrigo, che per intenderci ha interpretato "La Casa", quella di via dei Matti numero zero.
Leggo da Wikipedia, pagina di Sergio Endrigo: "Sempre con la collaborazione di Vinicius {De Moraoes} incide nel 1972 un disco di canzoni per bambini dedicate agli animali, "L'arca", con la partecipazione in alcune canzoni di Marisa Sannia, Vittorio De Scalzi dei New Trolls, e dei Ricchi e Poveri: ricordiamo La papera, La pulce ma soprattutto la celebre Il pappagallo"
Strano a dirsi, non trovo alcuna recensione dei clienti di Amazon, cosí quella che vedrete é la mia. Quello che vorrei sottolineare qui é la qualitá generale del CD, dei motivi che ti entrano dentro, figuratevi che anche mia moglie, che é ungherese, sa tutto il CD a memoria, e non manca di citarne il testo nelle occasioni piú disparate.
Dicevo quindi: qualitá della musica e delle melodie, con vari strumenti impegnati, qualitá dei testi e delle voci, che sono quelle limpide e forti di cantanti professionisti.
A parte il cd, alcune canzoni sono disponibili anche su Youtube, ad esempio Il pinguino http://www.youtube.com/watch?v=60tsNHz8VtY (video anche qui sotto) L'orologio http://www.youtube.com/watch?v=6-KDINw_W8A&feature=related La papera http://www.youtube.com/watch?v=SgWocN9ziH4&feature=related La pulce http://www.youtube.com/watch?v=dDOWnBwt4sI&feature=endscreen
Se avete altri consigli (a parte l'ovvio Zecchino D'Oro) scrivete qui!
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=60tsNHz8VtY[/youtube]
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bilinguepergioco-blog · 12 years
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Bruxelles con i bambini: occhio ai dinosauri!
Bruxelles è ricca di attività interessantissime per i bambini, ma non è banale scovarle, quindi eccovi i miei suggerimenti, quelli già testati nelle nostre prime due settimane (due viaggi diversi):
Museo dei Dinosauri Museo degli strumenti musicali Museo delle armi (sì, delle armi!) Museo africano Le Wolf Libreria Filigraine Acquario
e quelli ancora da testare, perchè contiamo di tornare e tutto in una settimana non si può fare, e nemmeno in due...
ABC Museo dei bambini Museo dei giocattoli
E per chiudere alcune informazioni pratiche...
  Il museo dei Dinosauri, meglio noto come Museo di Scienze Naturali
Il museo di Scienze naturali con i suoi dinosauri da solo merita un viaggio a Bruxelles, i bambini rimarranno senza parole, ma gli adulti pure. Il museo ospita la più grande collezione europea di dinosauri, ed è una collezione veramente impressionante. Scheletri interi di tirannosauriìo, triceratopo, e altri i cui nomi ancora mi sfuggono (quindi copio:  Iguanodon, Diplodocus, Tyrannosaurus rex, Stegosaurus, Triceratops, Maiasaura, Cryolophosaurus). Non senza, ovviamente, interessanti informazioni sul come, perchè quando, e una bella sabbiera attrezzata di pennelli e scheletro da sotterrare per far giocare i bambini ai piccoli archeologi.
Mio figlio ancora non era appassionato di dinosauri ma è rimasto molto colpito, per i bambini già con la passione si consigliano precauzioni perchè potrebbero svenire...
Il resto del museo è pure interessante, anche se per noi il tutto era un po' troppo... Altrettanto notevole a mio parere la collezione di balene. La balena più grande era ben più grande dei dinosauri. Lo sapevate che le balene dentro le loro pinnette hanno le dita? Io non lo sapevo, e l'ho trovato un dettaglio quasi commovente...
Nota: il caffè del museo ha un gran bel nome, Dinocaffè, ma a parte il nome offre solo panini tristissimi e altre cosucce altrettanto tristi. Ma il museo è in un parco, se il tempo lo permette può essere una bella idea organizzarsi e spezzare la giornata al museo con un picnic....
Museo degli strumenti musicali
Interessante esperienza. Un bellissimo edificio in Art Nouveau, in pieno centro, in cui, si legge, poter vedere e ascoltare il suono di diversi strumenti. Più o meno...
All'ingresso, senza dover pagare nulla in più, si viene forniti di una cuffia a testa, bambini inclusi. All'interno gli strumenti sono esposti in grandi teche di vetro, organizzati o per zona geografica (diversi tipi di strumenti) o per tipologia di strumento (stesso tipo ma di diversi paesi). Accanto ad ogni teca ci sono degli spinotti, collegando la propria cuffia si sente della musica. Di cosa esattamente però non si sa... E' una musica rappresentativa della tradizione della particolar zona geografica, o del tipo di strumento, ma nulla che colleghi direttamente la musica ad almeno alcuni degli strumenti che si hanno sotto gli occhi.
Esperienza sicuramente interessante e soddisfacente per i bambini. Un bel modo per sperimentare come la musica vari nei vari paesi del mondo, e come culture diversi abbiano trovato soluzioni diverse e anche simili tra loro per fare musica.
L'adulto però, soprattutto l'adulto con un po' di curiosità sul tema. esce con più domande di quando era entrato. Che differenza c'è tra una soluzione e l'altra? Come differiscono i suoni di diversi strumenti? perchè uno stesso strumento si trova in regioni così diverse? Come funzionano i vari strumenti? Almeno su questo sarebbe stato bello dare qualche idea ai bambini, spiegare che ne so cos'è una cassa di risonanza, e in quante forme diverse può esistere.
Ma ripeto queste sono riflessioni da mamma, per i bambini è un'esperienza bella e anche unica, tanti strumenti diversi tutti insieme non si trovano facilmente...
Nota: il caffè al decimo piano è luminosissimo e ha una bella vista, non ci siamo fermati perchè il piccolo era cotto ma lo avrei fatto con piacere.
Nota: organizzano dei laboratori per bambini che non sono pubblicizzati sul sito ma sono probabilmente interessanti, conviene telefonare e chiedere informazioni prima di andare per vedere se si riesce a partecipare. Senza preoccuparsi della barriera linguistica!
Museo delle armi
Avete letto bene, museo delle armi? Sì anche a me l'idea suona assurda, ma prima di decidere che lo è continuate a leggere...
Il museo si trova in un bel parco, il parco del cinquecentenario, dove abbiamo fatto un picnic, e l'idea di vedere il museo è stata buttata lì da un papà, che mi ha detto ti consiglio di portarci il bambino anche se sei pacifista. Il bambino nel frattempo si era messo in testa quest'idea, e alla fine ho detto, ok, andiamo e vediamo che succede. Sono contenta di essere andata.
Cosa si trova al museo? Armi varie, ma soprattutto antiche, spade, sciabole, equipaggiamenti vari di guerra, le prima pistole, baionette e fucili. Carri armati, antichi e modermi. Aerei, dai primissimi aerei (sostanzialmente biciclette con le ali), ai più recenti.
Come reagisce il bambino? Il mio facendo un trilione di domande. Perchè questo è così, e come facevano a..., e chi, e come, e quando, e perchè? E cosa succede se? Non avevo le risposte a tutte le domande, ma ne avevo abbastanza, e ho dato risposte vere, cercando di fargli capire perchè certi oggetti sono progettati in un certo modo.
Perchè sono contenta di essere andata? Perchè secondo me mio figlio ha capito una cosa importante: la guerra non è un gioco. La guerra è una cosa tremenda, per chi la fa e per chi la subisce. Richiede un'enorme fatica e sacrifici, moltissime persone perdono la vita, una quantità enorme di famiglie perdono persone care. Lo scopo della guerra è uccidere, e vince chi uccide di più senza essere ucciso. Ovviamente non stiamo parlando di traumatizzare i bambini, ma di far loro capire la serietà  di una cosa così grande e così troppo facilmente banalizzata.
Forse, credo, ha capito anche come le tecnologie si sviluppino passo dopo passo, un miglioramento alla volta, un obiettivo alla volta, e anche questo mi sembra un apprendimento importante per i nostri figli che a 4 anni già hanno in mano strumenti che solo qualche decina di anni fa nemmeno gli ingegneri della NASA potevano sognare...
Nota: all'uscita ci hanno dato degli stampati da colorare, li ho trovati leggermente inquietanti e direi che se ne può fare a meno...
Museo africano
Ne ho già parlato qui, focalizzandomi sull'aspetto laboratoriale e linguistico. Ciò che più ci ha colpito è stata la collezione di arte africana: sculture, maschere, strumenti musicali e oggetti quotidiani. L'audioguida è anche in Inglese e quindi fruibile anche per chi non parla nè francese nè fiammingo. Questa parte è piaciuta moltissimo a mio figlio (allora di soli 3 anni e mezzo!).
Gli animali imbalsamati sono meno originali, ma hanno un loro fascino e un loro interesse per i bambini.
Il museo poi si trova in un bellissimo parco, arricchito da opere scultoree veramente molto belle, e luogo adattissimo per un picnic estivo.
La domenica spesso organizzano dei laboratori, telefonate prima per una conferma, noi l'anno scorso ci siamo trovati ad un laboratoprio di percussioni africane per bambini e famiglie. E' durato un'ora  e mezza ed è stato condotto interamente in fiammingo, ma è stato bellissimo, e spero avremo modo di ripetere l'esperienza!
Libreria/Biblioteca/Laboratorio Le Wolf
  Situato in pieno centro Le Wolf è un posto magico, davvero meravigliosamente allestito e curato. E' una libreria per bambini, un caffè allettante, un luogo dove fare laboratori vari, dalle letture animate a cucinare i biscotti, ma anche una piccola biblioteca, allestita con bellissimi libri illustrati, giochi colorati e angolo morbido. Un luogo perfetto per prendersi una pausa con i bambini mentre si è in giro per la città, un'oasi di libri, calma e bellezza.
Poi se riuscite a partecipare anche ad un laboratorio tanto meglio, sul sito trovate il programma.
Filigrane
Filigrane è la più bella libreria di Bruxelles, non che le abbia viste tutte per poterlo dire, ma mi riesce difficile immaginare una libreria più bella, rimane tra le più belle che abbia mai visto in generale, Londra e Parigi incluse...
E' molto grande, aperta 365 giorni all'anno (proprio 365...), ovviamente fornitissima e equipaggiata di un piacevolissimo caffè dove si possono tranquillamente leggere e consultare tutti i libri, a piacere. (Inutile dire che sarebbe carino da parte nostra evitare che i bambini pastrocchiassero i libri, quindi prima si beve o mangia e poi si leggono i libri, o viceversa..., per quanto sia inutile diciamolo lo stesso). Anche qui le ore passano velocemente, e l'unico vero problema è negoziare con i bambini per poter sfogliare anche qualche libro da grandi (di cucina per esempio).
E se i bambini non parlano/leggono il francese?
Che fa? Leggeranno le figure, no? L'editoria per bambini francese è molto bella e interessante, un viaggio di per sè, una scoperta per grandi e bambini. L'editoria per ragazzi poi è ad anni luce dalla nostra, ma chi l'ha detto che raggiunti i 7 anni si perde il gusto per il libro come esperienza estetica?
Aquario
Carino, sempre una bella esperienza vedere tanti pesci, soprattutto per chi come noi non vive vicino ad un acquario serio e ama il mare, a mio figlio è piaciuto ma in tutta sincerità niente di fenomenale. Credo, senza averli visti, che in Italia ne abbiamo di migliori.
E fin qui tutte le attività che già abbiamo sperimentato, ma that's not all, oh no, that is not all....
Sulla nostra lista ci sono anche queste attività, che finora abbiamo posticipato, magari per aspettare l'età giusta... (mio figlio al momento non ha ancora 5 anni):
Art Basic for Children, ABC
Un luogo di arte e creatività per bambini, estremamente interessante, ma vi racconterò di più quando ci saremo andati.
Il museo dei giocattoli
Dove i bambini possono giocare con i giocattoli, mi viene detto...
Il museo dei bambini
Un'occasione per i bambini per capire le proprie emozioni e sentimenti, per capire sè stessi.
  Informazioni pratiche:
La metropolitana è efficiente, i bambini non pagano i mezzi di trasporto urbani fino ai 6 anni, ma pagano invece il posto sulla navetta da e per Charleroi.
I musei sono in genere chiusi il lunedì, giornata che si può invece dedicare alle librerie, i parchi o, perchè no, al cinema... Noi abbiamo visto Il gruffalo e alcuni corti, in francese, ma ci è piaciuto molto lo stesso.
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bilinguepergioco-blog · 12 years
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Vacanze bilingui in famiglia, all'estero...
Il progetto di bilinguismo Italiano/Inglese che sto portando avanti con mia figlia, di ormai 5 anni e mezzo, si sta rivelando un percorso ricco di stimoli e gratificazioni. Certo, abbiamo attraversato momenti di difficoltà e di rifiuto ma per ora mio marito ed io li abbiamo superati con una determinazione di cui non mi credevo capace.
Siamo non native e viviamo in Italia, abbiamo quindi dovuto definire un metodo di bilinguismo che fosse alla nostra portata e tenesse conto delle nostre competenze linguistiche e delle esigenze organizzativo/economiche della famiglia.
Un ruolo molto importante lo ha giocato la scelta di trascorrere ogni anno le vacanze in un paese anglofono da quando nostra figlia è nata. Come suggerisce Letizia nel suo e-book “In che lingua giochiamo” , infatti, la full immersion incentiva l’utilizzo della seconda lingua e la rende uno strumento indispensabile di comunicazione agli occhi del bambino.
Se avete anche voi voglia di organizzare una vacanza all’estero con i vostri bimbi e volete ottimizzare l’apprendimento della lingua locale, ecco qualche piccolo consiglio tratto  dalla mia personalissima esperienza:
1.       Organizzatevi per tempo, anche al fine di limitare i costi
Non è detto che andare all’estero costi necessariamente cifre astronomiche. Valutando le opzioni di viaggio disponibili con un po’ di anticipo ed informandosi su internet alla ricerca di pacchetti e sconti, non è impossibile concedersi un periodo oltreoceano  (od oltremanica) a prezzi relativamente contenuti. Poi ciascuno fa le sue scelte: io preferisco qualche pizza/cinema/parrucchiere in meno durante l’anno a vantaggio della vacanzona di tre settimane, come sempre è questione di priorità.
2.       Scegliete il Paese di destinazione e la tipologia di vacanza
E’ giusto tenere i costi sotto controllo ma allo stesso tempo è importante dirigersi verso una meta che sia in linea con le proprie affinità, interessi ed aspettative. Se detestate la pioggia, lasciate perdere l'Oregon, se cercate il riposo assoluto, meglio evitare il Coast to Coast, se amate le grandi città, non affittate  un cottage nel Connemara, se non sopportate la vita da spiaggia, non prenotate 15 giorni alle Hawaii. Insomma: sono anche le nostre vacanze e ce le dobbiamo godere!
3.       Individuate la sistemazione che fa al caso vostro
Albergo, motel, bed & breakfast, residence, casa in affitto, camper, campeggio… Le possibilità sono infinite. Il mio consiglio è di considerare i rischi legati a ciascuna opzione (grande catena, che assicura comunque uno standard rassicurante, o interlocutore privato, all’apparenza allettante ma che non dà spesso sufficienti garanzie?) e, se potete, di confrontarvi con amici o conoscenti che sono già stati sul posto e possono rassicurarvi su quello che vi aspetta.
4.       Preparate i vostri figli alla vacanza
Pensate ai luoghi che visiterete: alla storia, ai paesaggi, alla cultura, addirittura alla cucina del Paese di destinazione e procuratevi del materiale  nella lingua locale da condividere con i bimbi (potete anche stampare delle coloring pages a tema da internet, ed è gratis!). Questo permetterà loro di avere un assaggio dei posti che visiterete e di riconoscere e riscoprire, una volta arrivati, i luoghi,  i personaggi, le leggende, le musiche di cui avrete parlato insieme. Questo rinforzerà anche le nozioni e il vocabolario già visti attraverso le attività svolte prima del viaggio e renderà l’esperienza ancor piu’ ricca.
5.       Create le condizioni  per farli esprimere nella seconda lingua (senza che diventi un’ossessione!)
Giunti sul posto, siate proattivi nel mettere i vostri piccoli bilingue “in situazione” affinché possano approfittare al massimo della full-immersion. Hanno fame? Fate in modo che siano loro a ordinare al ristorante.  Desiderano andare in piscina? Spediteli dall’addetto a domandare gli asciugamani. Vedono un bellissimo cucciolo con il suo padrone? Proponetegli di chiedere come si chiama. Vi siete persi? Mandateli a chiedere informazioni (così, oltretutto, imparano anche la destra e la sinistra!) . Premiate i buoni risultati sorprendendoli a fine vacanza con un evento indimenticabile come assistere ad un musical, un concerto o ad un avvenimento sportivo. I biglietti li avrete già comprati dall’Italia ma loro non lo sapranno mai…
6.       Scoprite i luoghi frequentati dai bambini del posto
E’ molto utile individuare  contesti all’interno dei quali i vostri piccoli bilingue possono interagire con bambini locali.  Andate alla ricerca di playgrounds, piscine, biblioteche, teatri…Io ho trovato presso alcuni musei o case storiche visite guidate a misura di bambino o piccoli atelier da seguire rigorosamente con pargoli del luogo. Il linguaggio del gioco è universale e lo spirito di emulazione tra coetanei farà miracoli. E se siete intraprendenti e il vostro piccolo se la cava già bene con la lingua, osate un summer camp locale. Io non l’ho ancora fatto ma ci sto seriamente pensando per il prossimo anno.
7.       Ottimizzate gli spostamenti
Se il vostro itinerario prevede parecchie ore in macchina, perché non dedicarvi ad attività nella lingua locale? Ad esempio potreste leggere un chapter book di un’autore per bambini del Paese che visitate, magari ambientato nei luoghi attraversati. Oppure proporre giochi con domande e risposte e organizzare piccole gare. Io ho utilizzato molto i Brain Quest e Brain Box. E così, coinvolgendolo nella competizione,  si tiene sveglio anche l’autista!
8.       Non arrendetevi al primo ostacolo
Puo’ capitare che un bambino, pur abituato a parlare la seconda lingua con disinvoltura  a casa con i genitori/tata o a scuola con la maestra, abbia qualche difficoltà nel misurarsi con interlocutori sconosciuti in un contesto ignoto. Non sempre la pronuncia è la stessa (come la mettiamo se la mamma è non native, la tata filippina, la maestra irlandese e mi ritrovo a Montgomery, Alabama?) e non sempre coloro che incontreremo sulla nostra strada, seppur mossi delle migliori intenzioni e prodighi di lodi nei confronti del bilingue in erba, riusciranno comprendere cio’ che dice. Ed ecco che dovremo far ripetere o ripetere una, due, tre volte. Il piccolo potrebbe scoraggiarsi, non aver piu’ voglia di esprimersi e noi potremmo rishiare di dire “Ma come, a casa parlavi così bene!”. Evitate di colpevolizzare il bimbo e di colpevolizzare voi stessi: vada come vada, la cosa piu’ importante è divertirsi insieme.
9.       Siate entusiasti della scelta fatta e godetevi la vacanza
Non andiamo in vacanza alle Orcadi perché nostro figlio deve imparare l’Inglese quando in realtà desidereremmo con tutte le nostre forze essere su un’assolata spiaggia in Sardegna. La decisione di trascorrere insieme una vacanza che contribuisca al percorso di bilinguismo dei nostri figli deve essere frutto di una scelta condivisa e deve rendere tutti soddisfatti: se no che vacanza è?
10.   Create un diario dei ricordi per rivivere il viaggio mille volte
Conservate  carte d’imbarco, biglietti, brochures, fiori, foglie, piccoli oggetti, insomma, tutto quello che vi ricorda la vacanza. Al vostro ritorno, utilizzateli per comporre un album insieme.  Stampate delle foto, create un power point colorato con delle immagini, fate dei collage, dei disegni… Una volta finito, sfogliatelo spesso con il bimbo e raccontatevelo, ricordando i bei momenti trascorsi, ovviamente nella lingua che si parlava lì.
Il prossimo mese vi parlero' delle nostre “vacanze bilingui” e di come questi soggiorni abbiano avuto, anno dopo anno, un’influenza molto positiva sull’apprendimento dell’Inglese da parte della nostra bimba.
A presto e buone vacanze a tutti!
Elisa
Nella foto: la mia piccola al Georgia Aquarium di Atlanta
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bilinguepergioco-blog · 12 years
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Ogni età ha il suo bilinguismo
Never too early, never too late.
Uno dei nodi critici più discussi sull'apprendimento di una seconda lingua è l'età. Ci si chiede cioè: quando è meglio insegnare una seconda lingua ai  propri figli? Esiste un'eta critica dopo la quale sarà inevitabile che facciano degli errori e non parlino con la fluenza, l'accento e la correttezza dei nativi?
Si parla di periodo critico (PC) per la seconda lingua indicando quella finestra temporale entro la quale si dovrebbe inserire una seconda lingua per ottenere i risultati migliori, cioè da nativi. C'e' un problema però: se si va a leggere tutta la bibliografia del caso, come hanno fatto Aram e colleghi nel 1997, questa soglia critica va da 1 a 12 anni. C'è dunque qualcosa di sospetto: e per questo qualcuno ha riformulato l'ipotesi del periodo critico in modo più flessibile, parlando o di decrescita graduale delle potenzialità (PC progressivo) o di età critiche diverse per le diverse abilità linguistiche (PC multiplo). Secondo quest'ultima ipotesi, ad esempio, le prime capacità che si perdono sono quelle fonetico-fonologiche, con i risultato dell'accento straniero per chi inizia 'tardi', cioe' dopo i 12 anni. Tra Le altre capacità, la sintassi ad esempio, potrebbe arrivare ad ottimi livelli se appresa entro i 15 anni.
Non c'è poi accordo nemmeno sulle cause che potrebbero determinare le differenze di apprendimento tra adulti e bambini. Per riassumere, vengono chiamati in causa fattori neurobiologici (almeno sei diversi, dalla lateralizzazione alla mielinizzazione), fattori psicologici (per cui ad esempio cambiano le strategie di apprendimento che con l'età si fanno meno implicite e automatiche) e fattori affettivi (come la teoria dell'ego linguistico per cui gli adulti tendono a identificarsi con una certa lingua e a opporre resistenza ad una nuova).
Se dovessimo riassumere tutti gli studi sul periodo critico in un'unica formula suonerebbe così: "‘per un qualche motivo, la capacità di imparare una lingua, o anche solo qualche aspetto di una lingua, è operativo solo per un periodo di tempo che termina ad un certo punto tra la nascita e la pubertà" (vedi anche qui).
Dal punto di vista pratico questo quadro ci appare poco confortante. In realtà, il problema ha origine nel fatto che tendiamo ad analizzare solo il fattore dell'età, in isolamento dagli altri. Questo accade perchè ci sono una serie di fattori che si coalizzano con l'età, facendo ottenere, in media, risultati migliori ai più giovani. Tuttavia, sono noti anche casi di adulti, tra i 20 e i 70 anni, che raggiungono risultati ottimi, da nativi o quasi-nativi.
Scorporare i diversi fattori, a livello scientifico, non è semplice: però è importante conoscere il fenomeno dell'apprendimento linguistico nella sua complessità, per evitare semplificazioni che possono portare ad errori, ad esempio, nelle scelte educative: pensando che 'ormai è troppo tardi' oppure che 'tanto è piccolo impara facilmente'. Quello che si può dire è che ogni età ha dei vantaggi e degli svantaggi, rispetto all'apprendimento di un'altra lingua.
E' stato valutato, ad esempio, che i bambini che iniziano una seconda lingua alle elementari, in un contesto formale, non hanno grossi vantaggi rispetto a chi inizia alle scuole secondarie. Invece, risulta efficace un insegnamento precoce che sia anche intensivo e che riproduca alcune caratteristiche di un'esperienza in immersione. In caso contrario, si sostiene perfino che possa essere rischioso e controproducente iniziare da piccoli, perchè esperienze negative possono far nascere nei bambini atteggiamenti di rifiuto verso quella lingua o l'apprendimento delle lingue in generale. I bambini, inoltre, non sembrano impegnarsi per uno scopo, quale ad esempio la consocenza di una lingua per il futuro lavoro o per l'integrazione: il loro interesse è guidato principalmente dal piacere del gioco da piccoli e da quello dell'apprendimento da più grandi. In sintesi, l'apprendimento precoce ha tra i suoi vantaggi:
- una maggiore facilità ad acquisire un'ottima competenza nella pronuncia e nell'intonazione
- minori livelli di ansia linguistica e quindi più facilità a tentare e sperimentare
- lo sviluppo precoce della capacità di riflettere sulla lingua (consapevolezza fonologica), con vantaggi sull'apprendimento della lettura
- la possibilità di sviluppare un'identità multilinguistica e interculturale.
Chi inizia ad un'età più avanzata, può avere vantaggi di altro tipo. Sarebbe importante che i bambini che continuano l'appredimento di una lingua venissero aiutati a ristrutturare il loro atteggiamento in modo da mettere in pratica i vantaggi dell'età adulta, che sono:
- facilità nell'acquisire il nuovo lessico, sulla base di quello già noto
- esperienza nella conversazione e nella collaborazione con gli altri, anche di fronte a difficoltà comunicative
- conoscenza di strategie di apprendimento, dalla lettura all'uso di materiale integrativo
- consapevolezza che si ha uno scopo, un motivo verso il quale impegnarsi nello studio della nuova lingua
Per massimizzare il potenziale e le risorse di ogni età, è necessario che ci sia un contesto sensibile e adeguato ai diversi bisognie al diverso modo in cui bambini e adulti si trovano, nei diversi contesti, ad affrontare la sfida di conoscere una nuova lingua per entrare in relazione con nuove realtà.
Fonti
Immagine in alto: David Michael Singleton, Lisa Ryan (2004). Language acquisition: the age factor. Su amazon UK e amazon IT
Richard Johnston(2002). Addressing 'the age factor': some implications for languages policy. Guide for the development of Language Education Policies in Europe From Linguistic Diversity to Plurilingual Education.  Council of Europe, Strasbourg.
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Italiani in Svizzera: Italiano o tedesco?
Ciao Letizia, spero di poterti dare del tu, mi aiuta a parlare in modo spensierato, come ad una amica, del mio caso. Mio marito, italiano come me, da quando ha cominciato a lavorare si è trasferito in Svizzera, nella parte tedesca. Dopo 8 anni passati qui è stato mandato in trasferta in Italia ed in questo periodo ci siamo sposati. Proprio alla vigilia della nascita della nostra prima figlia gli è stato proposto di rientrare alla casa madre in Svizzera e cosi' ora ci troviamo tutti e tre su suolo elvetico. La nostra bimba ha ora 7 mesi e, logicamente ancora non parla ma comincia ad emettere i primi suoni e a fare gorgeggi vari.
La lingua del nostro cantone è il tedesco. Purtroppo pero', io non lo parlo per nulla e fino ad oggi, con la bimba da crescere tutta da sola non sono riuscita a dedicare molto tempo allo studio della lingua. Mio marito, che per lavoro ha sempre parlato solo in inglese e che frequenta quasi tutti italiani, ha studiato il tedesco ma esercitandolo per lo stretto indispensabile non si sente sicuro nel parlarlo.
E qui arriviamo alla questione... i nostri amici italiani, hanno già dei figli tutti sotto i 5 anni. Per quello che ho visto hanno tutti paura di non fornirgli abbastanza strumenti per parlare tedesco e, visto che qui c'è una certa selezione/indirizzamento del sistema scolastico, anche in base al livello di tedesco parlato, temono che possano essere danneggiati nel futuro percorso scolastico. Da quello che invece leggo seguendo il tuo blog e cercando informazioni sul net, il problema potrebbe essere opposto, ossia vivendo in un Paese dove il tedesco è la lingua principale è l'italiano che va curato. In effetti i bimbi di cui ti ho scritto, quando parlano in italiano hanno già un accento tedesco  e spesso costruiscono le frasi al contrario, alla maniera anglofona. Come possiamo fare per far imparare le due lingue in simultanea ed in modo bilanciato? In casa, logicamente, parliamo e vediamo la tv in italiano (persino la messa la domenica è in italiano) e col fatto che io non so il tedesco sento di precluderle tante opportunità, tipo farle frequentare bimbi svizzeri. Puoi darmi qualche consiglio e suggerirmi delle letture per approfondire la questione? Ho visto che molti libri sono scritti per coppie miste che vivono nel Paese di uno dei due genitori  mentre nelo nostro caso siamo monolingua emigrati in un Paese con una lingua differente. Mi scuso per la lungaggine della mia email ma ho un disperato bisogno di aiuto e volevo non tralasciare nessun dettaglio!!
Grazie mille!! Silvia
  Ciao Silvia,
mi viene in mente la mia amica Valentina, che spero commenterà questo post. Vive in Germania, con i suoi bambini parla sempre in Italiano, e loro sono perfettamente bilingui. Quando parlano italiano hanno un accento... romano, il loro tedesco è ottimo.
Hanno fatto la scuola materna uno in una scuola tedesca e uno in una scuola italiana, se non sbaglio, poi sono andati alle scuole internazionali.
Cosa sto cercando di dire? Che se mandi il bambino a nido e/o materna locali, tedeschi, imparerà il tedesco sicuramente e non credo avrà problemi dal punto di vista scolastico. E se voi continuerete a parlare in italiano in casa non è detto che poi parli italiano con un accento tedesco...
Insomma, mi sembra che abbiate tutti gli elementi per procedere senza problemi. Solo un consiglio, se dovete vivere lì fate uno sforzo per imparare il tedesco bene anche voi, non è mai troppo tardi.
Se il bambino frequenterà la scuole in tedesco dovete essere in grado di dialogare con le insegnanti. Uscite dalla vostra nicchia di Italiani all'estero, si possono creare amicizie anche con persone che parlano altre lingue, può essere più difficile all'inizio, ma chi ha detto che la vita dell'emigrato è tutta rose e fiori? Non lo è... E comunque le persone sono in genere ben disposte verso chi fa uno sforzo sincero per imparare la loro lingua.
Quanto alla letteratura, i libri sul bilinguismo in genere coprono modalità ed esperienze varie di bilinguismo, tutti i libri che ho consigliato finora sono validi.
Ciao e in bocca al lupo,
L.
  Immagine: Das kleine Ich bin Ich, libro e CD su amazon IT e amazon DE
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bilinguepergioco-blog · 12 years
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Summer pudding: un dolce per l'estate
L’estate è arrivata, stavolta non ci sono dubbi!
Tra perturbazioni dai nomi altisonanti, giornate afose da far passare e giochi nuovi da inventare per i bimbi, andiamo tutti (grandi e piccoli) alla ricerca di freschezza anche a tavola.
Cibo, estate, freschezza…il pensiero corre subito al gelato, inutile negarlo! Concediamoci pure un cono in più del solito, ma se volessimo un’alternativa per proporre ai nostri figli un dolce estivo e contemporaneamente leggero e sano? Per trovare la giusta risposta dobbiamo attraversare la Manica per imparare come si fa il Summer pudding J
Il Summer pudding è uno zuccotto di pane in cassetta ripieno di frutta. Semplice? Sì. Buono? Tantissimo!
Questo dolce non ha un’antichissima storia da raccontare ma non per questo non merita la nostra attenzione! Le prime tracce risalgono all’inizio del ventesimo secolo e nelle tante versioni presenti su libri e ricettari inglesi si nota come la frutta utilizzata vari spesso. Rabarbaro, more, lamponi, mirtilli sono solo alcuni dei frutti che più comunemente ricorrono dei ricettari.
Volendo sintetizzare potrei dirvi che “cespuglio che vai, Summer pudding che trovi” proprio perché spesso si sceglie la frutta che si ha a disposizione, ossia quella del proprio giardino! Inoltre, gli inglesi hanno delle varietà di berries che non hanno un’esatta corrispondenza con la frutta italiana. Il mio suggerimento, quindi, è quello di lasciarsi guidare dalla fantasia e da ciò che il mercato ci offre, sicuramente non sbaglieremo.
Il classico Summer pudding è caratterizzato dall’intenso colore rosso perciò non dimenticate mai di usare abbondante frutta di questo colore. La versione che vi propongo è quella che mi ha suggerito Ann, una signora inglese da cui l’ho mangiato per la prima volta. Io l’ho mooolto alleggerito nello zucchero utilizzato e l’ho servito semplicemente irrorandolo con lo sciroppo della frutta ma tradizione vuole che lo si accompagni anche con panna montata o gelato alla crema.
La prova assaggio di oggi è stata affidata al piccolo di casa: lui ha spazzolato la sua fetta di Summer pudding ed io ho trovato una nuova merenda da proporgli durante le vacanze!
Summer pudding
Ingredienti per 4 persone
400 fr frutti rossi misti (more, lamponi, mirtilli, ribes)
10 prugne viola
1 pesca gialla
2 cucchiai zucchero semolato
10 fette pane bianco in cassetta
Preparazione
1. Lavare la frutta; privare i frutti rossi dell'eventuale picciolo, tagliare le prugne in pezzi grossi eliminando il nocciolo, sbucciare e privare del nocciolo la pesca poi tagliarla in pezzi irregolari.
2. Trasferire tutta la frutta in una casseruola, aggiungere lo zucchero e mescolare con un cucchiaio di legno. Cuocere con coperchio a fuoco basso per circa dieci minuti.
3. Colare la frutta, raccogliendone i succhi in una ciotola. Far raffreddare frutta e sciroppo.
4. Privare il pane in cassetta della crosta. Con un coppapasta (o un bicchiere) ricavare da una fetta di pane un disco, tagliare tutte le altre fette a metà nel senso della lunghezza. Tenere da parte gli eventuali ritagli.
5. Foderare una ciotola con la pellicola trasparente e iniziare a montare il pudding: con lo sciroppo della frutta imbibire il pane da un solo lato e foderare tutta la ciotola, riempiendo eventuali buchi con i ritagli. Fate attenzione a non lasciare spazi tra una fetta e l'altra!
6. Riempite lo zuccotto di pane con la frutta, chiudendolo poi con altro pane e sigillandolo con la pellicola trasparente.
7. Fate riposare il pudding in frigo per una notte, mettendogli un peso sopra -va bene un'altra piccola ciotola- in modo che sia ben pressato.
8. Sformate il pudding su un piatto da portata, decorate con frutta fresca e irrorate con altro sciroppo di frutta.
Come ci aiutano i nostri bimbi?
Lavano la frutta
Inzuppano il pane e lo sistemano nella ciotola
Decorano il summer pudding con la frutta
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bilinguepergioco-blog · 12 years
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La perfezione delle illustrazioni: Lisbeth Zwerger
Passeggiavo per le vie di Verona, una manciata di mesi fa e dalla vetrina di una libreria per ragazzi, tra le solite copertine chiassose, lucide e sgargianti,  un enorme cappello rosso e lo sguardo  rapito di un bimbo  hanno attirato la mia attenzione con la pacatezza tipica dell‘ eleganza: era lei, Lisbeth Zwerger che -esattamente come il pifferaio di Hamelin-  mi ha ipnotizzata, costretta ad entrare e a fare mio quell‘ esile libro dalla copertina opaca e promettente.
Ho sempre seguito da lontano il lavoro di L. Zwerger, con un misto di primitiva invidia reverenziale e diffidenza. Ho fantasticato spesso sulle sue tavole inondate di luce e aria, sulle anatomie essenziali dei suoi personaggi, sul mistero che la perfezione dei suoi dipinti suggeriscono. Di solito uno dei criteri con i quali giudico ‘‘buona,, un‘ illustrazione è l‘ evidenza dell‘ aspetto artigianale: mi piace l‘ imperfezione, la sbavatura fuori controllo, il segno della pennellata che suggerisce il movimento e la presenza della mano dell‘ artista, l‘ ordine creato dal chaos. Il lavoro di Lisberth Zwerger non ha nulla di tutto questo. Il suo sfumato, cosí impeccabile da sembrare aerografato, le sue campiture  sicure  e perfette (difficilissime da realizzare su carat ruvida!), la composizione ragionata al minimo dettaglio, la nitidezza e la pulizia estreme provocano una fascinazione simile a quella che si prova di fronte ad un oggetto di design industriale... o a un fenomeno di natura divina! 
Accade spesso dopo aver maneggiato un buon libro illustrato, cosí come quando si esce da un‘ esposizione o da un concerto, di aver voglia di imitare, di fare: dipingere, sperimentare, suonare, cantare, ma con le tavole di Lisbeth Zwerger l‘ iniziale -odiosa!- sensazione di impotenza sublima rapidamente in pura gioia contemplativa fine a sé stessa: una vera e propria forma di meditazione visiva.
Avvicinarsi al suo lavoro è molto semplice: l‘ elenco delle sue pubblicazioni è nutrito e molto vario, esistono pubblicazioni in italiano , tedesco, inglese, francese (...) ecco, magari mi sento di sconsigliare proprio il pifferaio di Hamelin dei fratelli Grimm, che ha lasciato tutti sconvolti in famiglia (a meno che i vostri bimbi non abbiano già uno sviluppato gusto noir o considerino estremamente noiosi gli happy ends :-S). Genitore avvisato...
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bilinguepergioco-blog · 12 years
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La app che cambia il finale delle favole
Non so a voi, ma a me fin da piccola l'idea di potere intervenire sulle favole (o più tardi sui film) per cambiarne il corso ha sempre affascinato. Una volta diventata mamma, ho avuto spesso la tentazione di modificare un finale triste in un happy end per preservare la piccola da un'emozione negativa. Ma avendo letto il libro “Il mondo incantato” di Bruno Bettelheim ho cercato di  evitarlo, resa consapevole che, grazie alla fiaba, la scoperta dell'esistenza del male e delle pulsioni distruttive attraverso le vicende di personaggi di fantasia, il bambino impara a gestire i suoi sentimenti negativi, a formarsi una propria idea di etica, a superare i conflitti...
Ciononostante, quanto ho visto la app "Alternative story: Red Riding Hood" di ZigZag-Studio (1,59 euro), non ho resistito: già l'icona con il lupo cattivo con un'aureola in testa è troppo intrigante... Mi ha fatto venire in mente "Lupo de Lupis, il lupo tanto bugnino", in inglese "Loopy de Loup" (di Hanna & Barbera) che E. guarda con grande divertimento.
Ma torniamo alla app "Alternative story: Red Riding Hood": anche E. appena l'ha vista ha cominciato a ridere di gusto, molto incuriosita. A sette anni ha già un grande senso dell'umorismo e apprezza tutto quanto sovverte le regole precostituite e quindi ha gradito molto l'opportunità offerta dalla app di prendere decisioni nel corso della storia e farle prendere una piega piuttosto che un'altra: anzi si è lamentata di non poterlo fare ogni volta che lo voleva (per ragioni tecniche le opzioni sono limitate ad alcuni step del racconto e offre solo due alternative).
Per il resto, la app anche graficamente è un po' "iconoclasta": i personaggi sono piuttosto buffi e l'interattività crea situazioni davvero comiche. Nella stessa versione è possibile avere la narrazione in inglese, francese e spagnolo e ne esiste un'altra solo in polacco. Naturalmente la app contiene anche la trama originale della storia.
Qui trovate un breve video sulla app:
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=yvnw7ir_fhs&feature=plcp[/youtube]
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate dell'intervenire sulle fiabe: far saltare schemi precostituiti può essere negativo per un bambino?
O, al contrario, è uno stimolo a una visione personale, critica e creativa?
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