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caseificiosanguedolce · 4 years ago
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Il Disciplinare della Burrata IGP di Andria
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Il Disciplinare della Burrata IGP di Andria
La Burrata di Andria IGP è sempre più popolare a livello globale. Il formaggio nato nel periodo a cavallo delle due guerre mondiali dal genio di un casaro pugliese intenzionato a non sprecare il prodotto di precedenti lavorazioni, è infatti oggetto di un gradimento sempre più diffuso, anche sui mercati internazionali. Tanto da ispirare imitazioni le quali puntano soprattutto a sfruttare la reputazione guadagnata dall’ennesima eccellenza del Made in Italy agroalimentare, senza comunque riuscire a raggiungerne la bontà. Contraffazioni le quali, però, sono molto pericolose, proprio perché possono dare adito a pericolosi equivoci in grado di danneggiare non solo le imprese pugliesi specializzate nella sua produzione e commercializzazione, ma anche la sua giusta fama. Proprio per cercare di reagire ad un andazzo sempre più diffuso, è stato quindi formato il Consorzio di tutela della Burrata di Andria IGP.
A proposito del Consorzio di tutela della Burrata di Andria IGP
Il Consorzio di tutela della Burrata di Andria IGP si è formato nel febbraio del 2017 assumendosi il compito di valorizzare e promuovere il prodotto a marchio d’origine, per poi essere riconosciuto dal Mipaaf nel maggio del 2018. La sua formazione è derivante dalla presa d’atto di una necessità ben precisa, ovvero quella di tutelare una vera e propria eccellenza dalle imitazioni. Le tante contraffazioni di cui la Burrata di Andria è stata oggetto non solo in Italia, ma anche all’estero, hanno infatti come pratico risultato quello di intaccare una fama costruita nel corso del tempo. Portando ad un uso improprio anche del termine, il quale va invece ad indicare, nella sua accezione originaria il formaggio pugliese. Per riuscire nella sua missione, il consorzio ha così fatto ricorso a quel logo IGP, acronimo di Indicazione Geografica Protetta, il quale rende possibile indicare al consumatore di ogni parte del globo l’originalità del prodotto. Impedendo in tal modo che chi non ne ha diritto possa sfruttarne la giusta fama.
Il Disciplinare della Burrata IGP di Andria
Tra i compiti istituzionali spettanti al Consorzio di tutela, c’è anche quello relativo alla scrittura del Disciplinare della Burrata IGP di Andria. Di cosa si tratta, precisamente? In pratica per disciplinare di produzione si intende la serie di disposizioni di legge le quali devono essere seguite e rispettate nel dettaglio quando si intende produrre alimenti i quali siano stati gratificati del riconoscimento DOP, STG, DOCG e IGP. Per la gestione e la tutela di alcuni prodotti, infatti vengono istituiti dei Consorzi cui spetta il compito di far rispettare queste norme. Nel caso in cui il disciplinare di produzione venga violato, chi lo fa incappa in un vero e proprio reato. Anche per la Burrata di Andria è stata seguita questa strada, a seguito del conseguimento del marchio IGP.
I cambiamenti apportati di recente al Disciplinare di produzione
Per quanto riguarda il Disciplinare del formaggio pugliese, va sottolineato come proprio di recente, nel mese di marzo, il documento sia stato oggetto di variazioni. Le quali sono state pubblicate all’interno della Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, come prevede la prassi. Qual è il motivo che ha spinto a queste modifiche? In particolare l’intenzione di rispondere in maniera più puntuale alle caratteristiche che sono proprie della materia prima locale. Permettendo per questa via anche ai piccoli produttori di poter aderire con maggiore facilità al Piano dei controlli, di indicare con maggior precisione le dimensioni della chiusura apicale (la testa) e le modalità di sfilaccio manuale del ripieno (la stracciatella). Per effetto delle nuove disposizioni, gli sfilacci/lucini, non potranno subire processi di rottura che possano trasformarli in un ammasso tritato. Proprio lo sfilaccio manuale rispetto ad una pasta tritata riesce a differenziare in maniera decisiva la Burrata di Andria, in quanto permette alla panna di amalgamarsi alla pasta filata, conferendole un gusto unico, il quale riesce a caratterizzarsi in sede di degustazione per la giusta umidità, la morbidezza e l’esaltazione dei sentori di latte fresco. In pratica, proprio grazie alle disposizioni contenute all’interno del nuovo Disciplinare sarà possibile garantire meglio l’artigianalità del formaggio, differenziandolo in maniera decisiva dalle produzioni meccanizzate. E dare in tal modo un’arma in più non solo ai piccoli produttori, ma anche ai consumatori. I quali potranno distinguere meglio le tante contraffazioni che ormai da tempo colpiscono anche la Burrata IGP di Andria. 
Il legame tra Burrata di Andria e territorio
Come si può facilmente comprendere, uno dei tratti distintivi della Burrata di Andria IGP è costituito dal fortissimo legame con il territorio. Sono stati proprio il coordinatore del Consorzio di tutela, Francesco Mennea, e il presidente dello stesso ente, Salvatore Montrone, a ricordare nel corso di una intervista come la Burrata di Andria IGP rappresenti l’espressione agroalimentare più alta e rappresentativa della Puglia. Configurandosi alla stregua di un esempio della capacità di fare di necessità virtù ed evidenziando come il sapere e la cultura di un territorio possano non solo contribuire alla risoluzione di un problema, nel caso specifico la necessità di gettare gli scarti delle lavorazioni, ma addirittura contribuire alla creazione di una vera e propria eccellenza. Un unicum che non si limita all’ambito gastronomico, ma si allarga al campo culturale, sino a proporsi come il legittimo rappresentante di un intero territorio, con i suoi valori, la sua storia e i suoi residenti. 
Quali sono i mercati che stanno premiando la Burrata di Andria IGP?
Se il principale mercato della Burrata di Andria è naturalmente costituito dall’Italia, va però ricordato come il formaggio pugliese abbia sin dagli esordi messo in mostra una spiccata vocazione internazionale. Tanto da conquistare ben presto alcuni mercati esteri che gli hanno consentito di farsi un nome di prestigio, da utilizzare alla stregua di prezioso grimaldello. Proprio da questa constatazione muove il Consorzio di Tutela della Burrata di Andria IGP, che fa della glo-calizzazione, intesa come diffusione globale e difesa allo stesso tempo dell’originalità della sua cultura produttiva, una vera e propria missione. La sua diffusione infatti, viene portata avanti cercando di schivare i pericoli derivanti dalla trasformazione in un prodotto di massa. Solo in tal modo può diventare possibile  preservarne il carattere artigianale, la freschezza e la qualità.
  Per maggiori informazioni visita il sito del Consorzio Burrata di Andria
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caseificiosanguedolce · 4 years ago
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Burrata di Andria IGP: tutto quello che c'è da sapere
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Burrata di Andria IGP: tutto quello che c'è da sapere
La Burrata di Andria è un formaggio in auge ormai da tempo, ma che con il passare del anni assume sempre più la veste di un vero e proprio fenomeno di costume. Tanto da essere citato, ad esempio, in una puntata della celebre serie “I Soprano. Nel corso degli ultimi mesi, peraltro, della Burrata di Andria si parla sempre più diffusamente, come dimostra il servizio andato in onda sul sito ufficiale della BBC World News, tra i più importanti canali televisivi al mondo, nel settore Food. A dimostrazione della popolarità ormai crescente di una specialità considerata sempre più centrale nel panorama del Made in Italy agroalimentare.
La burrata di Andria IGP, quello che bisogna sapere
Perché si parla così tanto della Burrata di Andria IGP? Il motivo è da ricercare proprio nella evidente qualità di questo formaggio fresco prodotto con latte vaccino, il quale è ormai diventato un simbolo dell’agroalimentare pugliese. Per ottenerlo si uniscono panna e formaggio a pasta filata, dando vita ad un mix straordinari in cui l’involucro, costituito esclusivamente da pasta filata, custodisce al suo interno un vero e proprio tesoro. Ovvero un cuore in cui  l’unione tra la panna e la pasta sfilacciata danno vita ad un prodotto il quale sta conquistando il mondo. Basti pensare in tal senso all’articolo pubblicato su Consortium, ovvero la più importante rivista del nostro Paese dedicata ai consorzi di Tutela ed alle Eccellenze DOP IGP italiane, edita a cura dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e della Fondazione Qualivita. In cui il formaggio di Andria è stato oggetto di una attenta disamina, al fine di capirne i motivi del rilevante successo.
La burrata di Andria IGP, quello che bisogna sapere
La storia della Burrata di Andria
A differenza di altri prodotti analoghi, la Burrata di Andria vanta una storia meno lunga, ma al contempo estremamente suggestiva. La sua creazione sarebbe da attribuire a Lorenzo Bianchino, un maestro casaro del centro pugliese costretto a fare i conti con una forte nevicata, tale da impedirgli il trasferimento per tempo del formaggio prodotto sui mercati che ne costituivano il naturale sbocco. Per non sprecare il frutto delle lavorazioni, proprio lui avrebbe deciso di dare vita ad un vero e proprio esperimento. Consistente nella trasformazione della panna affiorante in superficie, al fine di poterla riutilizzare seguendo il criterio che va a caratterizzare la produzione delle mantèche, in pratica gli involucri di pasta filata stagionata adibiti alla conservazione del burro. Il risultato di questa trovata, che sarebbe avvenuta a cavallo tra le due guerre, fu appunto la Burrata, formaggio ottenuto previa fusione dei residui della lavorazione della pasta filata con la panna con successivo avvolgimento in un involucro, anch’esso in pasta filata. Un prodotto che, partito dal concetto della riutilizzazione di quanto possibile, evitando sprechi alimentari, è andato assumendo una importanza sempre più rilevante in una società come l’attuale, in cui è l’abbondanza a farla da padrona. Una fama resa possibile anche dall’appoggio di un personaggio come lo Scià di Persia. Fu proprio lui, negli anni successivi al secondo conflitto mondiale a proporsi alla stregua di vero e proprio testimonial del formaggio pugliese. 
La storia della Burrata di Andria
Burrata IGP: valori nutrizionali e calorie
Quali sono i valori nutrizionali della Burrata di Andria? Alimento di origine animale, ricavato dalla lavorazione del latte e della crema di latte tramite il caglio, questo formaggio rientra nel gruppo II di alimenti, svolgendo soprattutto il ruolo di fonte proteica ad alto valore biologico, di calcio, di fosforo e di riboflavina (vitamina B2). Riuscendo inoltre ad apportare un’elevata concentrazione energetica, derivante in particolare dalla presenza di lipidi, proteine e glucidi. I suoi acidi grassi sono prevalentemente di tipo saturo, mentre i peptidi risultano ricchi di amminoacidi essenziali. Da sottolineare inoltre l’abbondanza di colesterolo e l’assenza di fibre. Per quanto riguarda le calorie, la Burrata di Andria IGP è in grado di apportarne 245 (kcal), in pratica l’equivalente di 1025,77 kJoule. Le quali sono suddivise in questo modo: grassi 74% (186 kcal, di cui saturi 120,9 kcal), carboidrati 3% (8,74 kcal, sotto forma di zuccheri), fibre 0% (0 kcal), proteine 22% (56 kcal).
Gli ingredienti della burrata IGP
Quali sono gli ingredienti che rendono così particolare la Burrata di Andria IGP? La sua composizione in tal senso è la seguente: latte crudo, sale, panna, caglio e acido citrico, chiamato a svolgere il ruolo di correttore di acidità. L’acido citrico , che è molto diffuso in natura e presente naturalmente nel latte, viene impiegato in sostituzione dei fermenti lattici, un accorgimento in grado di esaltare il sapore dolce del latte fresco. Per quanto concerne il suo consumo, dopo la conservazione ad una temperatura variante tra i 4 e i 6°, che non deve però superare la settimana, deve essere mangiata a temperatura ambiente. Ovvero, avendo cura di toglierla dal frigorifero almeno un’ora prima dei pasti. Il modo migliore per poterne esaltare il consumo è la sua degustazione senza accompagnamenti, oppure aggiungendo un filo d’olio extra vergine d’oliva pugliese e gustandola sopra a crostini di pane oppure alle tradizionali friselle.  
Burrata di Andria IGP: prezzo
Naturalmente il prezzo ha la sua importanza nella diffusione di un prodotto di questo genere. Proprio in considerazione del fatto che il Consorzio di Tutela della Burrata di Andria IGP, formatosi nel corso del 2017, persegue una politica atta a estendere la penetrazione sui mercati, interno ed estero, cercando però di fare anche in modo che questo formaggio non si trasformi in un prodotto di massa, la politica dei prezzi deve cercare di trovare un livello in grado di garantire la realizzazione di entrambi gli obiettivi. Basta in effetti dare vita ad una panoramica sul web, ove sono molti i siti di settore che vendono la Burrata di Andria IGP, per rendersi conto di come il prezzo sia abbastanza standardizzato, aggirandosi intorno ai 20 euro a chilogrammo. Allo stesso tempo è anche possibile riuscire a reperire prezzi inferiori, i quali costituiscono però un rischio in termini di qualità, quindi da valutare con estrema attenzione.
Per maggiori informazioni visita il sito del Consorzio Burrata di Andria
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caseificiosanguedolce · 5 years ago
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caseificiosanguedolce · 5 years ago
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Burrata di Andria I.G.P.
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Burrata di Andria I.G.P.
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caseificiosanguedolce · 6 years ago
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Mozzarella Biologica in Vasetto
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Mozzarella Biologica in Vasetto
La Mozzarella biologica è un formaggio a pasta filata ottenuto da latte biologico e caratterizzato da una superficie liscia, uniforme e di colore bianco niveo, la consistenza è elastica e la pasta presenta delle sfogliature sovrapposte che tendono a scomparire verso il centro. Il sapore dolce e delicato, e l’odore fresco e gradevole. Trova il maggior consumo come formaggio da tavola nella composizione di antipasti, stuzzichini e secondi piatti.
INGREDIENTI
LATTE biologico, sale, caglio, fermenti lattici.
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caseificiosanguedolce · 6 years ago
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FILANO
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FILANO
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Il filano è un formaggio a pasta filata di forma cilindrica allungata; la superficie, poco uniforme, si presenta di colore bianco, la pasta è compatta ed elastica.
Il sapore è dolce e l’odore è poco pronunciato.
E’ utilizzato prevalentemente come ingrediente per altri alimenti o secondi piatti
INGREDIENTI
LATTE, sale, caglio, correttore di acidit E330
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caseificiosanguedolce · 6 years ago
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Bruschetta Fantasia con Ricotta Saporosa
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caseificiosanguedolce · 6 years ago
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Bruschetta Fantasia
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caseificiosanguedolce · 6 years ago
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Ricette
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caseificiosanguedolce · 6 years ago
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Saporosa di Puglia al Tutto Food, la burrata di Andria IGP alla fiera internazionale di Milano
Il Tutto Food è una vetrina importante per le aziende, offre opportunità di business con buyers nazionali ed internazionali e permette di confrontare le proprie esperienze ed analizzare i trend di mercato.
Saporosa di Puglia presenta al pubblico la sua vasta gamma di prodotti dalla classica mozzarella in tutte le sue varianti (nodini, bocconcini, bomba di latte, treccia…) alla scamorza, passando per la linea di prodotti caseari affumicati, fino alla regina della tavola: la Burrata di Andria a marchio IGP.
L’azienda vanta tra i suoi punti di forza un’intera squadra di prodotti senza lattosio, con uno sguardo attento alla salute e alla necessità dei consumatori nasce NONCÈ, la linea di prodotti delattosati (senza lattosio). Non solo mozzarella, ma anche scamorza, ricotta, burro e immancabile la Burrata senza lattosio.
Tra le novità presentate al Tutto Food c’è Mo’ Bufala, un brand già noto, oltre alla mozzarella di Bufala sarà possibile degustare “Burrotta”, un sacchetto di burrata ripieno di ricotta, una vera e propria esplosione di gusto.
Continua la lettura su AndriaViva 
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https://www.sanguedolce.com/saporosa-puglia-al-food-la-burrata-andria-igp-alla-fiera-internazionale-milano/
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caseificiosanguedolce · 6 years ago
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Saporosa di Puglia al Tutto Food, la burrata di Andria IGP alla fiera internazionale di Milano
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Saporosa di Puglia al Tutto Food, la burrata di Andria IGP alla fiera internazionale di Milano
Il Tutto Food è una vetrina importante per le aziende, offre opportunità di business con buyers nazionali ed internazionali e permette di confrontare le proprie esperienze ed analizzare i trend di mercato.
Saporosa di Puglia presenta al pubblico la sua vasta gamma di prodotti dalla classica mozzarella in tutte le sue varianti (nodini, bocconcini, bomba di latte, treccia…) alla scamorza, passando per la linea di prodotti caseari affumicati, fino alla regina della tavola: la Burrata di Andria a marchio IGP.
L’azienda vanta tra i suoi punti di forza un’intera squadra di prodotti senza lattosio, con uno sguardo attento alla salute e alla necessità dei consumatori nasce NONCÈ, la linea di prodotti delattosati (senza lattosio). Non solo mozzarella, ma anche scamorza, ricotta, burro e immancabile la Burrata senza lattosio.
Tra le novità presentate al Tutto Food c’è Mo’ Bufala, un brand già noto, oltre alla mozzarella di Bufala sarà possibile degustare “Burrotta”, un sacchetto di burrata ripieno di ricotta, una vera e propria esplosione di gusto.
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caseificiosanguedolce · 6 years ago
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Sanguedolce Srl entra oggi nella piattaforma internazionale per la crescita ELITE
Sanguedolce Srl, azienda leader nel settore caseario, con una storia e una tradizione di oltre cent’anni,
farà parte della classe che entra oggi nel network internazionale di ELITE, il programma del London Stock Exchange Group nato in Borsa Italiana nel 2012, con la collaborazione di Confindustria, e dedicato alle aziende ambiziose che abbiano un modello di business solido ed una chiara strategia di crescita.
ELITE dà oggi il benvenuto a 25 nuove società italiane ammesse al programma dedicato alle imprese ad alto potenziale di crescita. Le new entry che iniziano il proprio percorso provengono da 11 diverse regioni e operano in differenti settori tra cui industria, salute e food & beverage, a ulteriore conferma della capacità di ELITE di rappresentare l’economia reale.
Luca Peyrano, CEO, ELITE ha dichiarato: “Partendo dall’Italia, ELITE ha saputo creare un modello di eccellenza dedicato alle migliori aziende riconosciuto a livello internazionale. Siamo felici di dare oggi il benvenuto a 25 nuove aziende ELITE individuate in collaborazione con Confindustria, che rappresentano 15 diversi settori e provengono da 11 diverse regioni italiane. Il futuro del nostro Paese è strettamente collegato alla capacità di fare impresa e valorizzare le aziende più virtuose. Questo il ruolo fondamentale di ELITE: abilitare il cambiamento, creare valore e supportare la crescita. ELITE è prima di tutto una piattaforma per crescere, solo dopo arriva la finanza, che è al servizio delle idee e delle ambizioni dell’impresa. Oggi ELITE è un network globale di oltre 1.100 imprese provenienti da 41 Paesi, a testimonianza di come questo modello possa rispondere alle esigenze delle aziende di qualità a prescindere dalla loro geografia”.
Luca Sanguedolce, CEO, Sanguedolce Srl:  “Siamo onorati di far parte della piattaforma internazionale per la crescita ELITE, consapevoli della nostra forza e delle nostre ambizioni, nel rispetto della nostra tradizione, coniugandola all’innovazione tecnologica, per competere e giocarci al meglio la nuova sfida globale”.
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caseificiosanguedolce · 6 years ago
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Sanguedolce Srl, azienda leader nel settore caseario, con una storia e una tradizione di oltre cent’anni,
farà parte della classe che entra oggi nel network internazionale di ELITE, il programma del London Stock Exchange Group nato in Borsa Italiana nel 2012, con la collaborazione di Confindustria, e dedicato alle aziende ambiziose che abbiano un modello di business solido ed una chiara strategia di crescita.
ELITE dà oggi il benvenuto a 25 nuove società italiane ammesse al programma dedicato alle imprese ad alto potenziale di crescita. Le new entry che iniziano il proprio percorso provengono da 11 diverse regioni e operano in differenti settori tra cui industria, salute e food & beverage, a ulteriore conferma della capacità di ELITE di rappresentare l’economia reale.
Luca Peyrano, CEO, ELITE ha dichiarato: “Partendo dall’Italia, ELITE ha saputo creare un modello di eccellenza dedicato alle migliori aziende riconosciuto a livello internazionale. Siamo felici di dare oggi il benvenuto a 25 nuove aziende ELITE individuate in collaborazione con Confindustria, che rappresentano 15 diversi settori e provengono da 11 diverse regioni italiane. Il futuro del nostro Paese è strettamente collegato alla capacità di fare impresa e valorizzare le aziende più virtuose. Questo il ruolo fondamentale di ELITE: abilitare il cambiamento, creare valore e supportare la crescita. ELITE è prima di tutto una piattaforma per crescere, solo dopo arriva la finanza, che è al servizio delle idee e delle ambizioni dell’impresa. Oggi ELITE è un network globale di oltre 1.100 imprese provenienti da 41 Paesi, a testimonianza di come questo modello possa rispondere alle esigenze delle aziende di qualità a prescindere dalla loro geografia”.
Luca Sanguedolce, CEO, Sanguedolce Srl:  “Siamo onorati di far parte della piattaforma internazionale per la crescita ELITE, consapevoli della nostra forza e delle nostre ambizioni, nel rispetto della nostra tradizione, coniugandola all’innovazione tecnologica, per competere e giocarci al meglio la nuova sfida globale”.
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caseificiosanguedolce · 6 years ago
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Scamorza senza lattosio
La scamorza è una delle migliori specialità casearie della Puglia. Prodotto a partire da latte vaccino o di capra (a differenza di quanto accade in alcune aree della Campania, ove la si produce con latte di bufala), questa specialità si caratterizza per la mancanza di crosta. Affumicata o meno, può presentare una pelle di colore giallo o bianco e la sua pasta è contraddistinta da una certa morbidezza ed elasticità, mentre non è riscontrabile alcuna traccia di occhiatura. Occorre anche ricordare come le sue origini, ad oggi, non siano molto chiare, tanto da dare vita ad una serie di voci tra le quali quella che vorrebbe alla base della nascita della scamorza un casuale esperimento in ambito caseario verificatosi proprio in una delle tante masserie che costellano il tacco dello stivale, ovvero la Puglia. In base a questa ipotesi, nel corso della preparazione del caciocavallo, sarebbe stato un casaro mai identificato peraltro, ad avere l’idea di incrementare la temperatura prima di aggiungere la cagliata, ottenendo come risultato questo nuovo formaggio il quale ha poi riscontrato grande successo anche a livello globale, tanto da essere ormai indicato come una delle maggiori eccellenze dell’agroalimentare pugliese. Per quanto concerne invece le origini del nome di questa specialità casearia, esse sarebbero da ricercare nel verbo scamozzare, il cui significato è recidere parzialmente. Con il tempo il termine scamorza è diventato poi di uso comune riferito a persone non dotate di particolari qualità, dandogli una accezione negativa che sembra però un notevole controsenso, considerata la reputazione assunta con il passare del tempo da quello che è ormai un vanto del Made in Italy. Se il gusto è sicuramente piacevole rivelandosi ideale per tutta una serie di abbinamenti gastronomici, a partire dall’impiego sulla pizza e passando poi con quello che avviene all’interno delle piadine con i salumi, occorre ricordare anche che la scamorza è un formaggio contraddistinto da un apporto calorico piuttosto significativo. A tal proposito basterà sottolineare come  assumendo 100 grammi di questo formaggio sia possibile ottenere un apporto calorico medio pari a 33k Kcal, con grassi e proteine che arrivano a raggiungere i 25 grammi. Quando si parla di scamorza, occorre però fare molta attenzione a non confonderla con provola e caciocavallo Non è raro infatti il caso in cui venga a provocarsi una certa confusione, trattandosi in fondo di alcuni dei prodotti più noti della tradizione casearia meridionale. Non sono però la stessa cosa.
La scamorza senza lattosio
Nel corso degli ultimi anni si è formata una notevole attenzione anche nelle aziende del settore per i problemi collegati alle intolleranze alimentari, in particolare a quella che riguarda il lattosio. In pratica si tratta di una problematica collegata alla mancanza o all’insufficiente livello della lattasi, l’enzima cui è delegato il compito di scindere il lattosio in due zuccheri semplici, il glucosio e il galattosio. Ove ciò non avvenga, il lattosio è destinato a permanere nell’intestino tenue e a fermentare, con una serie di sgraditi effetti collaterali, tra i quali occorre ricordare la diarrea, i dolori e il gonfiore dell’addome e il meteorismo. Va però sottolineato che se un gran numero di nostri connazionali ne soffrono, l’intolleranza può diventare grave solo ove si superi una certa soglia di consumo giornaliero di alimenti a base di latte, che può variare anche di molto in base alla risposta di ogni organismo. Chi soffre di intolleranza al lattosio può quindi anche consumare formaggi che ne siano provvisti, ma solo sino ad un certo punto. Se il discorso non tocca i formaggi stagionati, sottoposti quindi ad un processo che comporta la trasformazione del lattosio in acido lattico, per quanto riguarda i formaggi freschi sono state le aziende che li producono a decidere di varare le cosiddette linee delattosate, ovvero nelle quali viene aggiunta lattasi, senza che ciò vada a mutare le loro caratteristiche di base. Una scelta che è dovuta in particolare alla volontà di non tagliare fuori dal consumo dei loro prodotti una fetta enorme di persone, se solo si pensa che in base ad alcune statistiche ammonterebbe addirittura al 56% la percentuale di italiani colpiti da intolleranza al lattosio.  Un numero enorme che ha quindi convinto le imprese casearie a correre ai ripari, come hanno fatto molte aziende che producono scamorza, di cui viene proposta una variante senza lattosio, che comunque mantiene le stesse caratteristiche nutrizionali di quella normale, risultando solo leggermente più dolce al gusto. Una scelta che è stata premiata dal mercato, consentendo agli amanti della scamorza vittime di intolleranza al lattosio di non rinunciare alla loro passione.
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caseificiosanguedolce · 6 years ago
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Scamorza senza lattosio
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Scamorza senza lattosio
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La scamorza è una delle migliori specialità casearie della Puglia. Prodotto a partire da latte vaccino o di capra (a differenza di quanto accade in alcune aree della Campania, ove la si produce con latte di bufala), questa specialità si caratterizza per la mancanza di crosta. Affumicata o meno, può presentare una pelle di colore giallo o bianco e la sua pasta è contraddistinta da una certa morbidezza ed elasticità, mentre non è riscontrabile alcuna traccia di occhiatura. Occorre anche ricordare come le sue origini, ad oggi, non siano molto chiare, tanto da dare vita ad una serie di voci tra le quali quella che vorrebbe alla base della nascita della scamorza un casuale esperimento in ambito caseario verificatosi proprio in una delle tante masserie che costellano il tacco dello stivale, ovvero la Puglia. In base a questa ipotesi, nel corso della preparazione del caciocavallo, sarebbe stato un casaro mai identificato peraltro, ad avere l’idea di incrementare la temperatura prima di aggiungere la cagliata, ottenendo come risultato questo nuovo formaggio il quale ha poi riscontrato grande successo anche a livello globale, tanto da essere ormai indicato come una delle maggiori eccellenze dell’agroalimentare pugliese. Per quanto concerne invece le origini del nome di questa specialità casearia, esse sarebbero da ricercare nel verbo scamozzare, il cui significato è recidere parzialmente. Con il tempo il termine scamorza è diventato poi di uso comune riferito a persone non dotate di particolari qualità, dandogli una accezione negativa che sembra però un notevole controsenso, considerata la reputazione assunta con il passare del tempo da quello che è ormai un vanto del Made in Italy. Se il gusto è sicuramente piacevole rivelandosi ideale per tutta una serie di abbinamenti gastronomici, a partire dall’impiego sulla pizza e passando poi con quello che avviene all’interno delle piadine con i salumi, occorre ricordare anche che la scamorza è un formaggio contraddistinto da un apporto calorico piuttosto significativo. A tal proposito basterà sottolineare come  assumendo 100 grammi di questo formaggio sia possibile ottenere un apporto calorico medio pari a 33k Kcal, con grassi e proteine che arrivano a raggiungere i 25 grammi. Quando si parla di scamorza, occorre però fare molta attenzione a non confonderla con provola e caciocavallo Non è raro infatti il caso in cui venga a provocarsi una certa confusione, trattandosi in fondo di alcuni dei prodotti più noti della tradizione casearia meridionale. Non sono però la stessa cosa.
La scamorza senza lattosio
Nel corso degli ultimi anni si è formata una notevole attenzione anche nelle aziende del settore per i problemi collegati alle intolleranze alimentari, in particolare a quella che riguarda il lattosio. In pratica si tratta di una problematica collegata alla mancanza o all’insufficiente livello della lattasi, l’enzima cui è delegato il compito di scindere il lattosio in due zuccheri semplici, il glucosio e il galattosio. Ove ciò non avvenga, il lattosio è destinato a permanere nell’intestino tenue e a fermentare, con una serie di sgraditi effetti collaterali, tra i quali occorre ricordare la diarrea, i dolori e il gonfiore dell’addome e il meteorismo. Va però sottolineato che se un gran numero di nostri connazionali ne soffrono, l’intolleranza può diventare grave solo ove si superi una certa soglia di consumo giornaliero di alimenti a base di latte, che può variare anche di molto in base alla risposta di ogni organismo. Chi soffre di intolleranza al lattosio può quindi anche consumare formaggi che ne siano provvisti, ma solo sino ad un certo punto. Se il discorso non tocca i formaggi stagionati, sottoposti quindi ad un processo che comporta la trasformazione del lattosio in acido lattico, per quanto riguarda i formaggi freschi sono state le aziende che li producono a decidere di varare le cosiddette linee delattosate, ovvero nelle quali viene aggiunta lattasi, senza che ciò vada a mutare le loro caratteristiche di base. Una scelta che è dovuta in particolare alla volontà di non tagliare fuori dal consumo dei loro prodotti una fetta enorme di persone, se solo si pensa che in base ad alcune statistiche ammonterebbe addirittura al 56% la percentuale di italiani colpiti da intolleranza al lattosio.  Un numero enorme che ha quindi convinto le imprese casearie a correre ai ripari, come hanno fatto molte aziende che producono scamorza, di cui viene proposta una variante senza lattosio, che comunque mantiene le stesse caratteristiche nutrizionali di quella normale, risultando solo leggermente più dolce al gusto. Una scelta che è stata premiata dal mercato, consentendo agli amanti della scamorza vittime di intolleranza al lattosio di non rinunciare alla loro passione.
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caseificiosanguedolce · 6 years ago
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Quali sono i sintomi dell’intolleranza al lattosio nei bambini?
L’intolleranza al lattosio è un problema di non poco conto. Per capirne meglio la rilevanza occorre ricordare come secondo alcune statistiche nel nostro Paese ammonti al 40% il dato relativo alle persone che ne soffrirebbero. Si tratta però di un dato sicuramente per difetto, in quanto molti nostri connazionali non sanno di esserne colpiti, nonostante il ripetersi degli episodi che ne testimoniano l’esistenza, ovvero i dolori e il gonfiore all’addome, la diarrea e il meteorismo. L’intolleranza al lattosio colpisce soprattutto gli adulti ed è causata dalla mancanza o dall’insufficienza della lattasi, l’enzima preposto alla sua scissione in glucosio e galattosio, che sono più facilmente digeribili per il nostro organismo. Ove esso manchi o risulti insufficiente, il lattosio è destinato a permanere nell’intestino tenue ove poi darà vita alla fermentazione, con le conseguenze che abbiamo già ricordato. Va anche sottolineato come il livello massimo di produzione si verifichi alla nascita, quando i bambini si nutrono principalmente di latte, rallentando poi con lo svezzamento, cioè nella fase che segna il passaggio ai cibi solidi, diminuendo poi sempre di più con l’avanzata dell’età. Proprio questo è il motivo per il quale i sintomi dell’intolleranza al lattosio compaiono soprattutto negli adulti. Mentre è abbastanza raro che i bambini sotto i cinque anni mostrino segnali in tal senso. Raro, ma non impossibile.
I sintomi dell’intolleranza al lattosio nei bambini
I sintomi che segnalano l’intolleranza al lattosio nei più piccoli sono esattamente gli stessi che si manifestano nel caso delle persone adulte, ovvero una diarrea estremamente liquida, i dolori e il gonfiore dell’addome, i crampi e la flatulenza. Si tratta però di sintomi i quali possono essere facilmente collegati a molti altri disturbi gastrointestinali come ad esempio la celiachia o la sindrome del colon irritabile e quindi possono destare una certa confusione. Proprio per questo si rendono necessari esami specifici, a partire dal breath test, un esame non invasivo il quale trae le sue basi da una constatazione, ovvero l’evidenza che il mancato assorbimento di uno zucchero da parte dell’intestino tenue, conduce inevitabilmente alla sua fermentazione nella flora intestinale, tale da originare la formazione di grosse quantità di idrogeno. Una parte di questo viene assorbito nel colon, mentre il rimanente sarà eliminato tramite la respirazione. Proprio la rilevazione dei livelli di idrogeno nel paziente intollerante, prima e dopo la somministrazione di lattosio, renderà così possibile la rilevazione di una quota di idrogeno eccedente che potrà essere presa da termine di paragone. Oltre al breath test, ci sono però altri metodi che possono consentire di risalire all’intolleranza da lattosio, ovvero la biopsia duodenale, il quale è però più invasivo e quelli del sangue, mentre molto meno utilizzato è l’esame delle faci.
Cosa accade quando viene riscontrata l’intolleranza al lattosio?
Naturalmente, una volta che sia stata accertata l’intolleranza al lattosio, occorre farsi una domanda ben precisa: come occorre comportarsi per non risentirne? Contrariamente a quanto si pensa, non si deve eliminare il latte e i suoi derivati dalla dieta, in quanto contengono diversi nutrienti che sono da considerare del tutto necessari allo sviluppo dei più piccoli. In questa lista vanno compresi in particolare la vitamina K, i sali minerali e il calcio. Occorre invece cercare di capire a quali livelli si manifesti l’intolleranza, in quanto l’organismo è in grado di non dare vita a reazioni sino ad un certo limite, il quale però muta da soggetto a soggetto. Il problema è anche acuito dal fatto che neanche a livello scientifico è stato mai fissato un limite ben preciso in tal senso, tanto che l’EFSA, l’autorità continentale cui è demandata la sorveglianza della sicurezza alimentare, lo pone a 12 grammi al giorno, mentre altri rapporti lo innalzano al doppio. Proprio per questo si dovrebbe agire in concerto con il proprio medico al fine di cercare di capire la soglia di resistenza del bimbo interessato, in modo da tarare la sua dieta sul limite riscontrato, senza dover rinunciare al latte e ai suoi derivati.
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caseificiosanguedolce · 6 years ago
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L’intolleranza al lattosio è un problema di non poco conto. Per capirne meglio la rilevanza occorre ricordare come secondo alcune statistiche nel nostro Paese ammonti al 40% il dato relativo alle persone che ne soffrirebbero. Si tratta però di un dato sicuramente per difetto, in quanto molti nostri connazionali non sanno di esserne colpiti, nonostante il ripetersi degli episodi che ne testimoniano l’esistenza, ovvero i dolori e il gonfiore all’addome, la diarrea e il meteorismo. L’intolleranza al lattosio colpisce soprattutto gli adulti ed è causata dalla mancanza o dall’insufficienza della lattasi, l’enzima preposto alla sua scissione in glucosio e galattosio, che sono più facilmente digeribili per il nostro organismo. Ove esso manchi o risulti insufficiente, il lattosio è destinato a permanere nell’intestino tenue ove poi darà vita alla fermentazione, con le conseguenze che abbiamo già ricordato. Va anche sottolineato come il livello massimo di produzione si verifichi alla nascita, quando i bambini si nutrono principalmente di latte, rallentando poi con lo svezzamento, cioè nella fase che segna il passaggio ai cibi solidi, diminuendo poi sempre di più con l’avanzata dell’età. Proprio questo è il motivo per il quale i sintomi dell’intolleranza al lattosio compaiono soprattutto negli adulti. Mentre è abbastanza raro che i bambini sotto i cinque anni mostrino segnali in tal senso. Raro, ma non impossibile.
I sintomi dell’intolleranza al lattosio nei bambini
I sintomi che segnalano l’intolleranza al lattosio nei più piccoli sono esattamente gli stessi che si manifestano nel caso delle persone adulte, ovvero una diarrea estremamente liquida, i dolori e il gonfiore dell’addome, i crampi e la flatulenza. Si tratta però di sintomi i quali possono essere facilmente collegati a molti altri disturbi gastrointestinali come ad esempio la celiachia o la sindrome del colon irritabile e quindi possono destare una certa confusione. Proprio per questo si rendono necessari esami specifici, a partire dal breath test, un esame non invasivo il quale trae le sue basi da una constatazione, ovvero l’evidenza che il mancato assorbimento di uno zucchero da parte dell’intestino tenue, conduce inevitabilmente alla sua fermentazione nella flora intestinale, tale da originare la formazione di grosse quantità di idrogeno. Una parte di questo viene assorbito nel colon, mentre il rimanente sarà eliminato tramite la respirazione. Proprio la rilevazione dei livelli di idrogeno nel paziente intollerante, prima e dopo la somministrazione di lattosio, renderà così possibile la rilevazione di una quota di idrogeno eccedente che potrà essere presa da termine di paragone. Oltre al breath test, ci sono però altri metodi che possono consentire di risalire all’intolleranza da lattosio, ovvero la biopsia duodenale, il quale è però più invasivo e quelli del sangue, mentre molto meno utilizzato è l’esame delle faci.
Cosa accade quando viene riscontrata l’intolleranza al lattosio?
Naturalmente, una volta che sia stata accertata l’intolleranza al lattosio, occorre farsi una domanda ben precisa: come occorre comportarsi per non risentirne? Contrariamente a quanto si pensa, non si deve eliminare il latte e i suoi derivati dalla dieta, in quanto contengono diversi nutrienti che sono da considerare del tutto necessari allo sviluppo dei più piccoli. In questa lista vanno compresi in particolare la vitamina K, i sali minerali e il calcio. Occorre invece cercare di capire a quali livelli si manifesti l’intolleranza, in quanto l’organismo è in grado di non dare vita a reazioni sino ad un certo limite, il quale però muta da soggetto a soggetto. Il problema è anche acuito dal fatto che neanche a livello scientifico è stato mai fissato un limite ben preciso in tal senso, tanto che l’EFSA, l’autorità continentale cui è demandata la sorveglianza della sicurezza alimentare, lo pone a 12 grammi al giorno, mentre altri rapporti lo innalzano al doppio. Proprio per questo si dovrebbe agire in concerto con il proprio medico al fine di cercare di capire la soglia di resistenza del bimbo interessato, in modo da tarare la sua dieta sul limite riscontrato, senza dover rinunciare al latte e ai suoi derivati.
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