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Laurachiara Pigoni
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Disegno, fotografo, scrivo, leggo, vado alle mostre d’arte e a teatro.
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chiarapigoni7-blog · 6 years ago
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“Ero troppo occupato a fotografare e non ho guardato”
Sfogliando l’indice del volume “La fotografia. Oggetto teorico e pratica sociale”, che raccoglie parte degli Atti del 38° Convegno dell’Associazione Italiana Studi Semiotici, sono rimasta colpita dal titolo dell’intervento di Umberto Eco “Ero troppo occupato a fotografare e non ho guardato”. Tra i vari temi che Eco tratta c’è quello del rapporto della fotografia con la memoria personale, ed è proprio su di esso che voglio riflettere.
Istintivamente viene da pensare che avere molte foto corrisponda ad avere molta memoria, e a causa di questa credenza si è portati ad affidare totalmente o quasi i propri ricordi alla fotografia, utilizzando così poco o niente la propria memoria “naturale”. Probabilmente tutti hanno passato, almeno una volta, una determinata situazione a fotografare di continuo. Nel suo intervento Eco racconta ad esempio di come gli sia successo negli anni sessanta durante una vacanza tra le abbazie romaniche e le cattedrali gotiche francesi, e io potrei raccontare di come mi sia successa la stessa cosa una decina di anni fa durante il mio primo viaggio a Roma.
Ma le cose stanno davvero così? Eco continua il suo racconto affermando che di quella vacanza non ricorda più niente “Ero troppo occupato a fotografare e non ho guardato.”, e io come lui non ho ricordi del mio primo viaggio a Roma.
La fotografia può quindi indebolire e diminuire la memoria, fino ad arrivare a cancellarla del tutto. Tra l’altro trascorrendo un certo evento a fotografare di continuo esso non sarà goduto e vissuto appieno, o nel peggiore dei casi per niente. Inoltre, partendo dal presupposto che selezionare vuol dire valorizzare, l’agire in questo modo fa perdere di vista le cose davvero importanti da fotografare, e porta quindi ad avere molte fotografie senza valore. A questo proposito Eco scrive “l’ammasso delle fotografie esistenti sarà come Internet che è “Funès el memorioso”, che ricorda tutto e pertanto non sa cosa è importante ricordare.”.
Ci tengo a concludere dicendo che le estremizzazioni sono prive di senso. Non è corretto affermare che la fotografia aumenti sempre la memoria tanto quanto lo è affermare che la diminuisca sempre. Dipende dalle quantità: se si fotografa con moderazione la fotografia funge da aiuto alla memoria, mentre invece se lo si fa in eccesso la fotografia funge da ostacolo a essa. Risulta quindi evidente che convenga fotografare con moderazione. In questo modo si avranno fotografie selezionate e valorizzate, si potrà godere e vivere il momento, e la fotografia fungerà da aiuto alla memoria.
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chiarapigoni7-blog · 6 years ago
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Pianoforte e “scat alla brasiliana”: il linguaggio unico di Clarice Assad.
Clarice Assad è la cantante, pianista, produttrice, compositrice e musicista jazz che lo scorso 16 ottobre ha inaugurato il primo appuntamento di Trasparenze Stagione 2018/2019, la rassegna che porterà al teatro dei Segni di Modena spettacoli di musica, circo, danza, teatro e progetti socio-culturali.
Nello spettacolo “Voce e pianoforte” l’artista brasiliana ha alternato composizioni originali e arrangiamenti personali di musiche popolari brasiliane, classici jazz come “Speak Low” e canzoni più conosciute come “Blackbird” dei Beatles, cantando in portoghese, francese, italiano e inglese.
Assad ha utilizzato la voce come vero e proprio strumento, proponendo quello che è solita definire “scat alla brasiliana”, ovvero la sua personale sperimentazione di improvvisazione vocale che va oltre gli elementi tipici dello scat ed è influenzata dalla lingua portoghese.
Quello che ha reso unica l’esibizione è stata la particolare relazione tra voce e pianoforte: nessuno dei due elementi è prevalso sull’altro, ma al contrario sono stati fusi assieme in un’unica cosa. Chiudendo gli occhi e concentrandosi sull’ascolto, non si riusciva a distinguere se a parlare era la voce o il pianoforte.
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