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“Studio Azzurro”: Nuova Arte e Tecnologia
Una delle caratteristiche principali che contraddistingue l’arte è la sua capacità di adattarsi a ogni condizione storica e sociale: in questo periodo, in cui la “Rivoluzione Digitale” sta cambiando la nostra vita sotto ogni punto di vista, essa non può che adeguarsi a tali circostanze, determinando la nascita di un nuovo paradigma artistico.
L’invasività dei mezzi tecnologici, infatti, ha causato un ripensamento totale del modo di fare arte, tramite l’utilizzo, come veri e propri strumenti di lavoro, di video, luci, suoni e interfacce interattive.
È proprio nel bel mezzo della Rivoluzione Digitale che si colloca l’esperienza di “Studio Azzurro”, un gruppo di ricerca artistica italiano la cui produzione è incentrata sull’utilizzo delle nuove tecnologie applicate all’arte.
Uno degli interessi principali del collettivo è dunque il rapporto fra opera artistica, interattività e multimedialità: la riflessione su questo tema porta alla realizzazione di videoambientazioni e di installazioni multimediali in cui lo spettatore stesso è portato a interagire con l’opera artistica. Nascono quindi gli “Ambienti Sensibili”, una serie di lavori caratterizzati da ambienti che reagiscono alle sollecitazioni, che possono essere suoni o sollecitazioni sensoriali, mediante un cambiamento dello scenario stesso.
Ambientazione di “Tavoli (perché queste mani mi toccano?)" Fonte: Studio Azzurro
“Tavoli (perché queste mani mi toccano?)”, realizzato nel 1995, è uno dei primi Ambienti Sensibili realizzati da Studio Azzurro: l’opera consiste in sei tavoli di legno posizionati in una stanza, su cui sono proiettate sei figure all’apparenza immobili; una donna che dorme distesa, una goccia d’acqua che cade dentro un vaso, una candela spenta. I tavoli, però, sono dei tavoli sensibili; al tocco, le immagini proiettate reagiscono, determinando un cambiamento dello stato di partenza: ed ecco che la donna, come se fosse infastidita, cambia posizione, l’acqua trasborda dal vaso e la candela si accende.
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Video dell’opera “Tavoli (perché queste mani mi toccano?)” Fonte: YouTube
Ad oggi sono più di 30 gli ambienti sensibili realizzati da Studio Azzurro, a cui si aggiungono anche un gran numero di videoinstallazioni e di “Musei di narrazione”, percorsi espositivi in cui vengono “esposti” non beni materiali, ma racconti, testimonianze e ricordi: è uno dei primi passi effettuati verso una “rivoluzione del museo” tramite l’utilizzo di strumenti tecnologici e interattivi. Un esempio di questi è “Bambini Migranti: Storie di Viaggi e di speranza”, realizzato nel 2017 per ricordare il naufragio avvenuto a Lampedusa il 3 ottobre 2013, dedicata al racconto dei viaggi verso l’Europa di cinque bambini.
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Estratto dell’evento "Bambini, storie di viaggio e di speranza" Fonte: YouTube
Samuele Mannalà
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I cartoni animati cresciuti insieme a noi
È lecito considerare i cartoni animati, amatissimi da tutti i bambini, una forma d’arte? Con una storia ben più lunga di quella del cinema, l’animazione nasce da alcune idee, talvolta anche banali, che hanno riscosso successo in breve tempo grazie alla loro semplicità e bellezza. Stiamo parlando del “pre-cinema”, termine che racchiude tutti gli esperimenti, tecniche e dispositivi che creano in noi l’illusione del movimento di oggetti inanimati con lo scopo di intrattenimento.
Uno dei più bei esempi secondo me è lo zootropio, databile intorno agli anni ’30 dell’800: una macchina cilindrica caratterizzata dall’avere delle fessure equidistanti posizionate sul bordo superiore. All’interno, nel fondo della ruota si trova una striscia di carta con una sequenza di disegni. Facendolo ruotare velocemente, guardando nelle fessure, si può assistere a una breve animazione.
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Lo zootropio in azione - Fonte: Youtube
Il primo vero cartone animato, per come li conosciamo oggi, è Fantasmagorie del 1908, opera di Émile Cohl. Armato di carta e inchiostro nero, Cohl realizzò circa 700 disegni di figure stilizzate che vennero in seguito sviluppati in negativo per ottenere un effetto “lavagna” realizzando un’animazione di 80s (da Wikipedia). Da quell’anno in poi si susseguirono numerosi esperimenti e migliorie nell’ambito dell’industria cinematografica.
In punta di piedi, nel 1937 Walt Disney debutta con uno dei cartoni che dopo 80 anni riesce ancora a emozionarci: Biancaneve e i sette nani, un cartone a prima vista umile, ma che ha aperto il capitolo dei lungometraggi animati. Si istituisce a poco a poco il colosso che ancora oggi non teme rivali.

Biancaneve e i sette nani (1937) - Fonte: moviesforkids.it
Compaiono nel frattempo nuove tecniche di animazione: la stop-motion è uno degli esempi più eclatanti, che vede come protagonisti dei pupazzi dei più svariati materiali (argilla, plastilina, stoffa…), a cui viene dato movimento riproducendo delle fotografie in sequenza che danno vita ai modellini.
Le innovazioni più importanti in ambito digitale iniziano, però, a diffondersi timidamente negli anni sessanta, con effetti speciali per film e programmi televisivi. Le immagini cominciano a essere realizzate direttamente al computer e nel 1995 assistiamo alla proiezione di Toy Story – Il mondo dei giocattoli: il primo film d’animazione completamente sviluppato in computer grafica, realizzato dalla Pixar, distribuito dalla Walt Disney Pictures e considerato dall’American Film Institute il 90° film statunitense migliore di sempre (da Wikipedia). Inizia così il progressivo distacco dall’animazione tradizionale: si parla ora di animazione digitale.

Toy Story - Il mondo dei giocattoli (1995) - Fonte: nientepopcorn.it
Dopo aver spiccato il volo insieme a Woody e Buzz Lightyear, le tecniche di “rendering” continuano a migliorare in sintonia con il progresso tecnologico dei computer, raggiungendo risultati sempre più sorprendenti. Si tratta della generazione di un’immagine a partire da una descrizione matematica di una scena tridimensionale. Tale processo prevede delle basi teoriche di matematica, di fisica, di ottica, di algebra lineare e diventa particolarmente complesso nel caso della grafica tridimensionale.
Le tecnologie impiegate per creare e manipolare immagini hanno subito immensi cambiamenti. Anche grazie alla rivoluzione digitale, per le generazioni dagli anni ’30 ad oggi cartoni animati rivestono una parte importante dell’infanzia e non solo.
Francesca Giardina
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Internet: primi passi
Parlare della mia prima esperienza su Internet è come fare un salto nel passato attraverso tutta la mia adolescenza e la mia infanzia. Ricordo bene il giorno in cui mio padre, inaspettatamente, arrivò a casa con il nostro primo computer: io e mio fratello, che ai tempi avevamo rispettivamente cinque e dieci anni, con l’aiuto di nostro cugino montammo tutto e avviammo per la prima volta il computer, su cui era preinstallato l’ormai anziano Windows XP con le sue iconiche colline verdi.
L’utilizzo del computer entrò sempre più all’interno della mia routine giornaliera: inizialmente il mio passatempo preferito era disegnare su Paint, ma da quando venne configurato l’accesso alla rete internet, tutto cambiò. A poco a poco presi sempre più confidenza con il web, e tramite la rete internet ebbi l’opportunità di entrare a contatto con diverse persone, sia tramite piattaforme di comunicazione, sia tramite giochi online.
Accendere il pc dopo pranzo e accedere a MSN per chattare diventò un’abitudine, anche soltanto per parlare con i miei compagnetti di scuola (che avevo salutato circa un’ora prima), o con mia cugina (collegata al PC da casa sua, che si trova esattamente nello stesso piano dello stesso palazzo di casa mia).
Fonte: Wikipedia
In particolare, io e mia cugina trovavamo divertente inviarci a vicenda trilli infiniti, anche senza parlare sulla chat, fino a quando a uno dei due non si “impallava” il pc, momento in cui il detentore del malcapitato computer iniziava a urlare per dire al simpaticone dall’altro lato di smetterla (col senno di poi, non riesco a capire perché facessimo tutto ciò).
“Il trilllllo di msn è una tra le prime cause nel mondo informatizzato di attacchi epilettici, nevrosi, stress e raptus isterici.”
Fonte: Nonciclopedia.
La prima volta che entrai veramente a contatto con una community di persone che non conoscevo fisicamente fu tramite l’MMORPG “Nostale”.
Ricordo di aver passato pomeriggi interi ad uccidere galline e piante di piselli, e di essermi fatto numerosi amici, all’interno del gioco stesso, con i quali trascorrevo il tempo svolgendo più missioni possibili: a poco a poco diventai sempre più esperto nel gioco, sbloccando tutte le “Carte dello Specialista” disponibili per il mio arciere.
“vesti i panni di un "pucciosissimo" personaggio super deformed e stupisci i tuoi amici uccidendo creature innocenti a colpi di cuscino mentre bevi il thè.”
“Non lasciatevi ingannare dalle apparenze, i prodotti Gameforge trasudano malvagità.”
Fonte: Nonciclopedia.
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Trailer del gioco; Fonte: YouTube.
Scrivere tutto questo da un lato mi ha fatto ricordare con affetto una parte della mia vita, dall’altro mi ha fatto riflettere su come io abbia a poco a poco preso sempre più consapevolezza riguardo al funzionamento di Internet e del Web. Da qualche anno ho abbandonato Nostale, ma a volte mi capita, con un po’ di nostalgia, di entrare nel forum del gioco per vedere quali sono stati i cambiamenti che mi sono perso durante gli anni.
Samuele Mannalà
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Ecco il mio video di presentazione del Blog!
Samuele Mannalà
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Il mio video di presentazione è online!
Lasciate un commento e ditemi cosa ne pensate!
Francesca Giardina
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Tra l’Arte e il Digitale: Le Tecnoperformance
La nascita della “Performance art” ha determinato un nuovo modo di interpretare il rapporto fra corpo e arte; più che un oggetto artistico, la performance ha come scopo ultimo quello di creare un evento artistico che esiste soltanto nel momento della sua realizzazione e in funzione della presenza fisica dell’artista e del pubblico: il corpo non è più relegato ad una tela o a un blocco di marmo, ma diventa un vero e proprio strumento di indagine estetica, e lo spettatore non è più un soggetto passivo, ma un elemento fondamentale della rappresentazione.
“La performance è il momento in cui il performer mostra la sua idea, così come l’aveva costruita e immaginata, davanti al pubblico in un preciso momento. Non è teatro: il teatro riproduce. […] La performance è reale. […] L’opera è fatta per il pubblico, e senza il pubblico non esisterebbe.” - Marina Abramovic
Fonte immagine: “arthealswounds”. Per l’intervista completa a Marina Abramovic: “What is Performance Art?”.
Lo sviluppo della tecnologia e del digitale ha influenzato moltissimo la performance art, che ha iniziato a utilizzare le nuove tecnologie all’interno delle rappresentazioni artistiche, sia per creare dei supporti alla narrazione, sia per controllare la scena stessa.
Analizzare il percorso del performer Marcel.lì Antùnez Roca è estremamente interessante per capire quali sono i possibili orizzonti del rapporto fra arte performativa e tecnologia: nelle sue performance, egli crea e gestisce una “macchina teatrale tecnomutativa” che trasforma il corpo in un corpo-macchina tramite interfacce digitali, dispositivi meccatronici e data base multimediali.
Marcel.Lì durante l’esecuzione della performance “Afasia”.
La performance “Afasia” è una delle sue opere fondamentali, in quanto sono presenti tutte le caratteristiche di quelle che sono definite “performance tecnocorporee”: l’artista utilizza un esoscheletro che manda, tramite i movimenti del corpo, dei segnali elettrici a un computer che li traduce in immagini da proiettare sullo sfondo della scena; anche il pubblico ha un ruolo fondamentale nella riproduzione multimediale, in quanto il paesaggio animato cambia le sue icone in base ai suoni prodotti dagli spettatori stessi.
Si tratta dunque di una performance in cui la comunicazione e il messaggio non sono più veicolati dall’utilizzo della parola, ma risentono di diverse azioni quali la danza, il movimento e il suono, che danno origine a un gigantesco spazio che ribalta totalmente il concetto di spazio e di tempo classico.
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Estratto della Performance “Afasia”
Fonte video e immagine: Marcel.lì Antùnez Roca
Sicuramente tutto ciò scaturisce nello spettatore non soltanto un forte stupore dovuto alla creazione di questo “iperspazio” gestito da lui stesso, ma anche delle domande circa il futuro del rapporto tra essere umano e tecnologie avanzate, a cui probabilmente non possiamo rispondere appieno poiché siamo ancora nel bel mezzo di quella che è definita “Rivoluzione Digitale”: il futuro non è scritto, e l’esito di questo grande sviluppo tecnologico dipenderà da diversi fattori e da diverse circostanze.
“Io penso che il cyborg debba essere messo al servizio del nostro corpo, non penso che un’evoluzione di dieci anni possa annullare e cambiare un’evoluzione di milioni e milioni di anni” - Marcel.lì
Fonte: documentazione del seminario-conferenza “Sistematurgia”, tenuto dall’artista presso il Virtual Reality & Multimedia Park di Torino, reperibile presso Ingegneria del Cinema e dei Mezzi di Comunicazione del Politecnico di Torino.
Samuele Mannalà
Bibliografia: “Ex-peau-sition: il corpo ri-scritto nelle performance tecnocorporee”, Tatiana Mazali.
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Sempre più arte, sempre più accessibile
“Mi è sempre più chiaro che l’arte non è un’attività elitaria riservata all'apprezzamento di pochi: l’arte è per tutti”
diceva il celebre artista della pop-art statunitense Keith Haring, riferendosi al fatto che le opere non debbano essere difficili da analizzare, ma comprensibili, semplici, universali. Il suo scopo era quello di creare un’arte che raggiungesse il più vasto pubblico possibile.
Mi chiedo se oggi, con i nuovi strumenti di cui disponiamo, Haring si fosse imposto di raggiungere anche coloro ai quali è preclusa la visione di qualsiasi opera: i non vedenti e gli ipovedenti.
Sempre più musei stanno lavorando affinché, in questo senso, l’arte diventi ancora più accessibile, sfruttando al meglio i dispositivi tecnologici che sempre più facilmente e velocemente stanno diventando alla portata di tutti: le stampanti 3D.

L’anno scorso ho visitato un importante museo di Palermo, la mia città: Palazzo Abatellis, sede della Galleria Regionale della Sicilia, in cui è esposto il busto di Eleonora d’Aragona, realizzato da Francesco Laurana nel XV secolo. Nel 2016 due società palermitane, Scanlab e Easy3D, hanno collaborato per realizzare una riproduzione tattile del “Busto di gentildonna” in filamento di Pla, un materiale plastico derivante dal mais. È stata realizzata una scansione fotogrammetrica dell’opera, ovvero l’acquisizione dei dati volumetrici, che, dopo essere stata rielaborata, è servita da modello digitale per riprodurre l’opera in dimensioni reali con una stampante 3D.
La riproduzione del busto - Fonte: Easy 3D
L’obiettivo del progetto è quello di far entrare per la prima volta all’interno del museo un’opera d’arte rivolta a ipovedenti e non vedenti, senza sminuire il lavoro dell’artista o perderne i dettagli, ma anzi restando il più possibile fedeli al busto originale. In Italia i progetti simili sono decine e sempre in aumento. Sfruttare il grande potenziale della tecnologia della stampa 3D, finora principalmente utilizzata nel campo medico, dentistico, aerospaziale… anche nell’ambito artistico è, ai miei occhi, il segno di una grande crescita culturale e di una forte sensibilità sociale nei confronti di chi porta con sé il peso della disabilità.
La stampante in esecuzione - Fonte: Easy 3D

I due busti a confronto - Foto di Francesca Giardina
Ho provato anch’io a sfiorare il viso di Eleonora d’Aragona, immaginare di non avere mai visto l’opera, chiudendo gli occhi per visualizzare nella mia mente il busto, fidandomi solo delle mie dita.
Francesca Giardina
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I miei primi passi nel Web
I miei primi ricordi con il computer risalgono alla mia infanzia, durante la quale trascorrevo molto tempo nello studio dei miei genitori, pieno di computer Macintosh, oggi ormai “ingombranti scatoloni”. Questi magici schermi mi ipnotizzavano, ero affascinata da loro e da quello che erano capaci di fare, ma che per me si limitava ai giochi per bambini che mio padre aveva installato per non farmi annoiare in quei lunghi pomeriggi.

iMac G3 - Fonte: flickr
Mi sono invece avvicinata di più, e in modo più cosciente, al mondo dell'informatica durante i 5 anni di scuola elementare, durante i quali trascorrevamo un’ora settimanale utilizzando il computer. Ho così imparato a usarlo sfruttandone tutte le potenzialità: realizzazione di testi e di presentazioni, ricerche su internet... In breve tempo ho acquisito le competenze per riuscire a prediligere nello studio l'uso del computer piuttosto che quello dei libri: video esplicativi, ricerche, discussioni sui forum accompagnano tuttora i miei pomeriggi di studio. Grazie a internet lo svolgimento dei miei compiti veniva velocizzato e facilitato, lasciandomi più tempo libero.
Conoscevo e utilizzavo diversi siti pieni di minigiochi, ma crescendo, ho iniziato a entrare nel mondo dei primi social-network. L'iscrizione a MSN rappresenta l'inizio del nuovo modo di vedere un computer per me: era entusiasmante l'idea di potere mandare messaggi, foto, fare videochiamate con i miei amici! Nonostante ci fossimo appena visti, chattare con i compagni doposcuola era diventata un'irrinunciabile abitudine.
Qualche anno più tardi è arrivato il tempo di social come Facebook, Instagram, Twitter, piattaforme con uno spirito diverso, ma tutte oggetto della mia curiosità. Inizialmente le vedevo come un semplice passatempo, ma con la diffusione degli smart-phone hanno quasi sostituito le abituali conversazioni che ero solita fare tramite SMS o telefonando. Mi hanno anche permesso di restare a contatto con i miei amici e parenti lontani, rendendomi partecipe di tutti gli eventi ai quali ero impossibilitata a partecipare a causa della distanza.

Uno smartphone - Fonte: flickr
In conclusione, penso di poter affermare di aver tratto solamente benefici dall’uso di internet, sin dal primo momento in cui ho imparato a usarlo.
Francesca Giardina
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