Il Bello è principio di tutte le cose in quanto causa efficiente, che muove tutte le cose e le tiene insieme con l'amore verso la propria bellezza, e il Bello è il fine di tutte le cose. Dionigi Areopagita, De divinis nominibus (Nomi divini), VI sec.
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Sbavature
Il nuovo sondaggio linguistico è arrivato. Stavolta aperto anche ai contribuiti esterni, e per una volta senza anglismi che vincono sempre per distacco. Quindi ecco a voi le scelte:
*segnalato da @amaritudini , ** segnalato da @anatomiadellamemoria
Come sempre ben lieti sono i commenti, i reblog, le discussioni. E come sempre vi ringrazio per la partecipazione, con la speranza che sia un piccolo momento spiritoso di riflessione.
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La cartina sopra indica i risultati di un sondaggio fatto nel 2020 da Morning Consult e Politico, famoso sito di politologia americano. Si chiedeva dove fosse l'Iran. Su 1995 partecipanti, solo il 23% è stato capace di indicarlo correttamente su una cartina del Mondo. Mostrando invece una mappa che comprendeva Europa, Nord Africa e Medio Oriente, le risposte esatte sono state il 28%. È interessante notare cosa hanno risposto gli oltre 3\4 del campione: 30 risposte pongono l'Iran all'interno degli stessi Stati Uniti, l'8% lo confonde con l'Iraq, per quasi il 30% è una Paese europeo, e per molte risposte si affaccia sul mare Adriatico. «Questo sondaggio – ha commentato Morning Consult – fa luce sulla scarsa familiarità geografica dei votanti con i Paesi esteri, perfino quelli con cui gli Stati Uniti hanno avuto confini prolungati. Tuttavia, alcuni intervistati sono andati meglio di altri: gli uomini sono stati capaci di identificare l’Iran su entrambe le mappe il doppio delle donne, i votanti più ricchi e istruiti avevano più probabilità di dare la risposta giusta, mentre il partito politico e l’età non sono stati rilevanti».
Questo sondaggio fu fatto all'indomani della morte del generale Soleimani, ucciso per rappresaglia in un attacco con drone statunitense sull'aeroporto internazionale di Baghdad, in Iraq, assieme al capo delle Forze di Mobilitazione Popolare sciite irachene Abu Mahdi al-Muhandis, il quale si trovava su di un’altra automobile. L'operazione era stata ordinata dal presidente statunitense Donald Trump, allora alla fine del suo primo mandato.
Questa è la mappa dei risultati elettorali Trump (in rosso) contro Harris (in blu) per le contee degli USA alle ultime presidenziali del 2024.
Sopra, la cartina per numero di laureati per contea: in blu sono quelle con più laureati, in bianco quelle con meno laureati. In certe zone la sovrapposizione è perfetta, anche perchè nessun paese come gli USA ha dei differenziali così enormi nell'accesso agli studi di tipo "etnico": i laureati afroamericani sono la metà dei bianchi, i latinoamericani il 40% in meno. Nelle contee con più bianco, c'è maggior numero di popolazione afroamericana e\o latinoamericana.
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Storia Di Musica #381 - Blondie, Parallel Lines, 1978
La storia del sestetto rock di oggi è di quelle famose. Nasce infatti dall'incontro artistico e sentimentale tra Deborah Harry, di lì a poco per tutti Debbie, e Chris Stein. Tutti e due hanno esperienze musicali precedenti: Harry ha cantato nei First National Unaphrenic Church And The Bank (che nome!) e poi nel gruppo folk rock dei Wind In The Willows, fino al 1968. Stein nel 1967 con il suo gruppo dei First Crow To The Moon fa da spalla nientemeno ai mitici Velvet Underground al Gymanasium di New York. Nel 1973, dopo vari tentativi, mettono su una band con Billy O'Connor alla batteria, Fred Smith al basso e due coriste bionde. Il primo nome che scelgono è The Stilettos, poi trasformato in Blondie in chiaro riferimento all'aspetto e al carattere della cantante. Dopo un po' si aggiunge Ivan Kral alla chitarra, ma dopo pochi mesi Kral va a formare il Patti Smith Group e Smith entra stabilmente nei Television. Nel 1975 la formazione cambia: alla batteria Clem Burke, alle tastiere Jimmy Destri e il bassista Gary Valentine. Iniziano a suonare stabilmente in quel locali che faranno la storia della new wave newyorkese: il Max's Kansas City, e il CBGB's tanto che il primo album, Blondie, è quasi un seguito del piccolo culto che hanno come band dal vivo. Non è un grande successo, tanto che Valentine lascia e arrivano Fran Infante e Nigel Harrison, rispettivamente alla chitarra e al basso. Il sestetto storico è così formato e arriva il primo grande successo: in Gran Bretagna, che li adotta come la nuova sensazione della musica post punk, Denis Denis (cover di un brano del 1963, Denise, del gruppo doo-woop Randy & The Rainbows) scala le classifiche europee ai posti più alti, e insieme al conturbante secondo singolo, (I'm Always Touched by Your) Presence, Dear, portano Plastic Letters ad essere uno dei dischi più venduti del 1977. Oltre ciò è qui evidente il distacco dal grezzo post punk degli esordi verso un suono più vario pronto a ricevere gli impulsi degli stili che stavano nascendo e ribaltando la scena del punk.
Tutto è pronto per il grande salto, che avviene grazie al lavoro in produzione di Mike Chapman, produttore australiano che in quei mesi non stava sbagliando un disco con i Sweet, Suzi Quatro, Smokie. Il titolo Parallel Lines (1978) è fuorviante dal punto di vista musicale, visto il perfetto incrocio di stili che lo rende uno dei dischi più belli della seconda metà degli anni '70 e anticipatore di quello che negli anni seguenti arriverà.
Hanging On The Telephone apre il disco: è un'altra cover azzeccatissima, in questo caso dei Nerves, gruppo di culto californiano guidato da Jack Lee, che Debbie e Chris scoprirono grazie alla segnalazione di un loro grande ammiratore: Jeffrey Lee Pierce, presidente del Blondie Fan Club di LA e futuro leader dei Gun Club. Il secondo brano è uno di quei pezzi che entranno nella storia della musica: il riff di One Way Or Another, ideato dal bassista Nigel Harrison e suonato dall'altro chitarrista, Infante, è uno dei brani con cui Harry ribalta i ruoli tradizionali delle canzoni: oltre allo sfrontato "I'm gonna getcha getcha getcha getcha", la Harry ci racconta di essere stata vittima di stalking da parte di un suo ex-fidanzato. Picture This è l'unico brano scritto dal trio Harry-Stein-Destri (che avevano scritto il precedente Plastic Letters), impreziosito da uno splendido assolo di Infante; anche in questo caso Il testo è particolarmente allusivo ed esplicito, dato che per esempio "I will give you my finest hour/ The one I spent watching you shower" è un capovolgimento dei ruoli, per una volta è la donna a guardare l'uomo, che diventa così l'oggetto sessuale.
Fade Away And Radiate è un grande omaggio all'epopea di Hollywood dei tempi d'oro, con ricordo fiammeggiante di James Dean ("dusty frames that still arrive/ die in 1955") e che parla dell'infatuazione per le star scomparse del cinema. Questa canzone contiene anche una storia autobiografica di Debbie Harry: nata nel 1945, adottata quando aveva pochi mesi da una famiglia del New Jersey, da bambina si era autoconvinta che Marilyn Monroe fosse la sua vera madre. Nel braano è ospite Robert Fripp, con la sua chitarra inconfondibile, e che fu sostenitore della band e con cui suonò in diversi concerti. Pretty Baby è deliziosa gemma pop dal gusto retrò dedicata alla giovanissima Brooke Shields, che nel film omonimo Pretty Baby di Louis Malle comparve nuda in una scena a 11 anni (il film era la storia di una bambina prostituta nella New Orleans di inizio 1900). Sunday Girl, una delle maggiori hit inglesi del 1979, si apre con una quasi impercettibile citazione di Be My Baby delle Ronettes e leggenda vuole che Chris Stein l'abbia scritta per rincuorare una rattristata Debbie in seguito alla scomparsa del loro gatto che si chiamava Sunday Man. Manca un altro brano leggendario: Heart Of Glass nasce nel 1975 con il provvisorio titolo di Once I Had A Love (Aka The Disco Song) e fu proposta dal duo Harry \ Stein a Chapman per finire il disco. Perfetta nel suo ammiccare sia all'elettronica che alla disco, con il meraviglioso lavoro ritmico di Burke, Harrison e Destri, il brano diviene di culto e scaraventa la band al successo globale.
Debbie Harry diviene una icona della musica, e non solo: sex symbol (già modella per Playboy) reciterà in due lavori del regista Amos Poe, Unmade Beds del 1977, sorta di rifacimento di A Bout De Souffle di Godard, e The Foreigner, nel 1978. La band resiste altri due anni, con un buon disco, Eat To The Beast, che ha altre grandiose in Dreaming, Atomic e Union City Blue e nel 1980, con la produzione di Giorgio Moroder, Call Me, colonna sonora di American Gigolo con Richard Gere, li porta al livello più alto di notorietà. Eppure il meccanismo è fragile, complice anche una rara malattia di Stein, che li porta allo scioglimento. Si riformeranno con un certo clamore nel 1999, con No Exit, che frutta un'altra hit mondiale, Maria.
Parallel Lines rimane un disco che raccoglie nel momento giusto certe sensazioni che aleggiavano nell'ambiente musicale: la spinta non più decisiva del punk, i nuovi suoni elettronici e l'arrivo prorompente della disco music. Fu merito di una capacissima cantante bionda ad esprimerlo così bene.
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Sbavature
Il nuovo sondaggio linguistico è arrivato. Stavolta aperto anche ai contribuiti esterni, e per una volta senza anglismi che vincono sempre per distacco. Quindi ecco a voi le scelte:
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Sbarià 10 - Rutti Liberi
Il sondaggio sul cibo ha dato i risultati che mi appresto a commentare, ma due pensieri sul cibo mi piacerebbe farli. Oltre che passione da sempre, il rapporto con il cibo è questione familiare (vengo da due famiglie contadine) e da qualche anno il mio lavoro è legato al cibo. Mai come negli ultimi tempi penso che sia uno dei settori dove è più lampante la polarizzazione verso due estremi di modelli produttivi ed economici: da un lato l'estrema industrializzazione del cibo, quello che è il cosiddetto iper-processato, dove non c'è quasi più traccia di materie prime naturali, dall'altro il cibo equiparato ad un oggetto di consumo lussuoso, dove il marchio impone un plus valore enorme che non ha più nessun legame con il lavoro per fare quel cibo. A volte, in maniera incredibile, le due cose si fondono: le più famose patatite nel tubo, quelle con il logo con i baffi, hanno in percentuale il 30% dell'ingrediente patata della loro composizione; costato € 2.20 nella confezione da 175gr, per cui al Kg costano €12.57, quando la patata da industria costa €0.45-0.48 al kg... Il discorso è enorme, e casomai ne discuteremo con pazienza e precisione, ma si basa su un grande problema non risolto: possiamo considerare il cibo una merce come qualsiasi altra?
Ecco i risultati:
con il 30% dei voti, la pizza gourmet come base per mettere di tutto sulla pizza. Ovviamente come in molte questioni, è la gestione di un certo equilibrio che dovrebbe guidare chi fa certi mestieri, ma la fama, la gloria e la visibilità spingono a creare abbinamenti davvero atroci, a costi tra l'altro ingiustificabili;
appaiati al 20% c'è il sushi all you can eat e l'antico vinaio: non ho niente di personale contro nessuna delle due, ma anche qui, il cibo è solo "un pretesto" per creare, nel caso del sushi, una sorta di "falso", perchè il sushi non è una scorpacciata di pesce dalle provenienze oscure più o meno fresco, ma una pratica culinaria antica, dai rituali potentissimi e precisissimi, che racchiude in sé studio, conoscenza e anche prestigio (sia per chi lo fa, sia per gli avventori); parallelamente, non è che cambi tanto se al posto dell'hamburger globale con le patatine, fai la schiacciata con il prosciutto toscano, giocando sul ruolo da "marchio" più che alle qualità intrinseche di ciò che fai (ma il discorso sarebbe lunghissimo, dalle pizzerie, ai ristoranti degli chef famosi e così via);
con il 18,6% il menù tra tradizione e innovazione. Questo è un grande must, e mi sorprende perchè in un precedente sondaggio "piatto povero" ha riscosso pochissimi voti. Anche in questo caso, nella fumosità della definizione, che è amplissima e per certi versi impossibile da limitare, perchè la cucina italiana non è una cucina fatta dai cuochi, ma dalla terra, dalle cose che si coltivavano e dal tramandare per cortili e non sui manuali, qualsiasi cosa che si propone di "svecchiare" un piatto tradizionale acquisisce il marchio, con risultati stucchevoli;
Più staccati la birra artigianale e l'invenzione degli stili e il cibo fermentato alla coreana: anche in questo caso è questione di buon senso, e ovviamente è una "cagata pazzesca" (per mantenermi al titolo) che "tutte le birre artigianali fanno schifo", anche perchè come mi hanno insegnato i miei genitori e i miei studi significa che chi lo ha detto le abbia assaggiate tutte (e non ci credo), e che poi se non è capace di distinguere la differenza con tutte le altre birre non artigianali, una domanda me la farei. Quello che intendevo dire, che è il filo conduttore di tutte le ipotesi del sondaggio, è che si tende sempre più spesso a forzare la mano sugli abbinamenti, sulle tecniche, persino sui nomi, solo per stupire, per ingannare, per attirare le attenzioni non critiche, anche perchè le cose a cui spesso si va incontro sono serie: gli stili birrai sono definiti da tabelle internazionali unanimemente accettate, per cui una birra Pale Ale si deve fare in un certo modo altrimenti non si può chiamare così; stessa cosa per la fermentazione degli alimenti coreana, che si divide in tre grande aree, le jang (salse e paste a base di soia), jeotgal (pesci e frutti di mare fermentati) e kimchi (verdure fermentate), tutte tecniche legate anche ai prodotti tipici che si coltivano lì, sviluppati anche per selezione ad essere i migliori per queste preparazioni.
Nel ringraziarvi sempre per tutti gli spunti che mi date, vi lascio così:
Anche l’anima, ogni tanto, deve stare a dieta. Stanislaw Jerzy Lec
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Nascono pensieri precisi, nuovi, stilizzati, efficienti.
Maturità.
Cesare Pavese
Un pensiero bello e vibrante a tutti coloro che iniziano oggi l'esame di maturità. Dalle tracce scelte per la prima prova di italiano, si evince sempre di più la differenza "istituzioni" e "paese reale": sebbene un'analisi del testo sia possibile per definizione per ogni opera di scrittura, scegliere una misteriosa poesia di Pasolini, che vorrei sapere in quante classi del quinto anno è stato studiato è proprio da ispettori che sanno come funziona la Scuola.
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Astinenze Vincenti

Artemidoro, Il Libro dei Sogni (a cura di Dario Del Corno), Libro V, Adelphi, 1975
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La pazienza è necessaria, non si può raccogliere immediatamente ciò che si è seminato.
Søren Kierkegaard
È tornato il tempo per seccare i pomodorini
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Indigesti
Il nuovo sondaggio allarga l'orizzonte, perchè pure ieri abbiamo avuto una conferma: conta molto di più come si prepara la pasta che non un licenziamento illegittimo. Quindi conscio che stavolta rischio molto di più del solito, a voi la palla:
Come sempre, sono accolti con la massima gratitudine i reblog, i commenti e gli spunti di discussione. Un preventivo e sentito grazie a chi parteciperà
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Storia Di Musica #380 - Jefferson Airplane - Live At The Fillmore East, 1998
Martyn Balin era un artista creativo nella San Francisco di prima metà anni '60, che era sul punto di diventare, come l'intera California, nella nuova terra promessa americana. Era pittore oltre che musicista, ma dopo aver ascoltato Mr Tambourine Man di Bob Dylan decide di mettere su un gruppo musicale. Lo fa pescando tra i suoi amici musicisti, e sceglie un cantante e chitarrista, Paul Kantner, il bassista Bob Harvey, il batterista Alexander "Skip" Spence, che diventerà un personaggio e una cantante di chiara cultura folk, Signe Toly Anderson. Dopo un po' viene ingaggiato un ragazzo di Seattle, come chitarrista, Jorma Ludwik Kaukonen. Con questa formazione, Balin ha un'idea: fare un posto dove la band possa esibirsi liberamente. Il 13 Agosto 1965 inaugura The Matrix, e quella sera si esibisce con il suo gruppo, i Jefferson Airplane, e tutti e due, sia la band sia il locale, diventeranno due leggende della musica di quel tempo. Lo strano nome si vuole, secondo le interpretazioni più maliziose, al nome in slang del mezzo fiammifero usato per tenere l'ultimo pezzo di uno spinello, anche se Kaukonen sostiene che fu lui a suggerire come riferimento il nome di un oscuro bluesman suo mito, Blind Lemon Jefferson. Sia come sia la band, che inizia a mischiare il folk, il blues e le prime avvisaglie della rivoluzione psichedelica in arrivo, ha un successo incredibile, tanto che la RCA, nel Novembre del 1965, li mette sotto contratto con un anticipo che farà scandalo: 25 mila dollari (che valgono 300 mila adesso).
Registrano il primo disco, Takes Off, e l'accoglienza tiepida porta la band a stravolgere la sua formazione: se ne vanno Anderson e Skip Spence (che fonderà i Moby Grape), entrano Spencer Dryden, che ha una base di batterista jazz e una cantante, che segnerà un epoca, Grace Slick, già con The Great Society e autrice con il marito Jerry di due brani che dona alla nuova band: Somebody To Love, che diventerà l'inno della "stagione dell'amore" e White Rabbit, canzone scritta sotto l'effetto di un "acid test" allora tanto di moda, basata sull'ascolto di Sketches Of Spain di Miles Davis, che racconta del viaggio magico di Alice nel Paese delle Meraviglie sulla base ritmica del Bolero di Ravel. È la svolta.
Con dischi mitici come Surrealistic Pillow, 1967, After Bathing At Baxter's (1967, che è quasi un inno free form), Crown Of Creation (1968, con la famosa copertina sulla minaccia atomica, che contiene altre gemme come Triad, scritta dall'amico David Crosby, e Lather, da una poesia di James Joyce) si posizionano ai vertici dei gruppi della Bay Area: sono meno "magici" e fantasmagorici dei Grateful Dead, sono meno elettrici dei Quicksilver Messenger Service, ma sono capaci di accostare l'anima folk degli esordi a ballate acide, politiche, con insistiti riferimenti al mondo della droga, della liberazione emozionale, dell'amore libero.
Uno degli incontri della loro vita fu con l'impresario Bill Graham, che per un po' fu il loro manager. Graham è un altro dei grandi personaggi del periodo, e li mette sul palco del leggendario Human Be-In, il concerto tenuto al Golden Gate Park di San Francisco nel 1967, e che apre di fatto la Summer Of Love. Graham inoltre era il proprietario di due dei più famosi teatri musicali d'America, il Fillmore West a San Francisco e il Fillmore East a New York, che sono stati i palchi su cui sono state suonate alcune delle pagine più memorabili della musica live di tutti i tempi. E proprio nel Fillmore sulla costa orientale le sere del 3 e 4 Maggio i Jefferson Airplane si esibirono in uno dei loro concerti più belli e famosi.
Live At The Fillmore East esce solo nel 1998 per due motivi: il primo è che una delle grandi rivoluzioni delle band della Bay Area fu la registrazione totale delle esibizioni, con picchi incredibili di materiali live (faccio riferimento per esempio alle centinaia di Live dei Grateful Dead, che da anni costituiscono una sorta di catalogo a parte) poiché nelle nuove radio era comune non passare materiale in studio ma direttamente registrazioni live; il secondo è che il progresso tecnologico ha permesso di ripulire e perfezionare le registrazioni dell'epoca per offrire ad una nuova generazione di appassionati la bellezza di quelle esibizioni.
La scaletta presenta il meglio della loro produzione dell'epoca: si parte con The Ballad Of You And Me And Pooneil, che è una canzone scritta partendo dal versi dei famosi racconti di A.A. Milne su Winnie The Pooh, ed è modellata sulla struttura al lavoro che il folksinger Fred Neil aveva fatto in quegli anni, cioè canzoni folk ma che hanno, per l'orrore dei puristi, le chitarre elettriche come sfondo: di Neil cantano anche una cover di Other Side To This Life, dal suo album meraviglioso Bleecker & MacDougal del 1965. Ci sono White Rabbit e Somebody To Love, dove giganteggia la voce di Slick, c'è Today, una canzone che Balin e Kantner volevano scrivere per Tony Bennett che durante le registrazioni di Surrealistic Pillow incideva di fianco a loro ( e che nella versione in studio ospita, nell'ipnotico riff di chitarra, l'amico Jerry Garcia). C'è la jam session di Thing, da cui prenderà spunto Bear Melt, che appare in Bless Its Pointed Little Head. C'è anche quella Fat Angel scritta da Donovan e dedicata alla band e a Grace Slick, qui in versione scintillante. La band suona alla perfezione, siamo al massimo dell'amalgama e della convinzione, cose che verranno rimarcate con il leggendario Volunteers (1970), l'album più politico della stagione californiana, con la presa di posizione forte sui temi della rivolta studentesca che dai campus californiani si stava diffondendo un po' ovunque, e che ha alcune gemme in Wooden Ships, scritta da Stills & Crosby, We Can Be Together, l'accorata Volunteers e la mia canzone preferita dell'intero catalogo, Eskimo Blue Day.
Dopo questo disco, il passaggio agli anni '70 cambia anche tutta la storia della band: ci saranno sconvolgimenti, cambi di formazione, gli Airplane diventeranno in seguito Jefferson Starship e una miriadi di progetti solisti, che raccontano dell'implosione di un momento irripetibile sia per la musica rock e sia per la storia cultura del mondo occidentale.
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«Non sono un genio folle. Non sono per niente folle. Mi aggiro dalle parti della pazzia, ma c’è anche dell’equilibrio nella mia vita.»

Brian Wilson. Uno dei più grandi musicisti del '900, è morto oggi 11 Giugno 2025.
Sarà per sempre un Mito
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Il quorum sono almeno 80 voti. Rebloggare, commentate, votate. Grazie!
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Il nuovo sondaggio allarga l'orizzonte, perchè pure ieri abbiamo avuto una conferma: conta molto di più come si prepara la pasta che non un licenziamento illegittimo. Quindi conscio che stavolta rischio molto di più del solito, a voi la palla:
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Il nuovo sondaggio allarga l'orizzonte, perchè pure ieri abbiamo avuto una conferma: conta molto di più come si prepara la pasta che non un licenziamento illegittimo. Quindi conscio che stavolta rischio molto di più del solito, a voi la palla:
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Quorum Non Richiesti
Quorum vos… duos (tres, quattuor) esse volùmus; che vuol dire dei quali vogliamo che voi siate… due (tre, quattro)
Da questa espressione latina è tratto "quorum" genitivo plurale del pronome relativo latino qui.
Probabilmente non si sarà raggiunto la percentuale minima dei 50% + 1 degli aventi diritto ai referendum dell'8 e 9 Giugno 2025.
È molto esiguo il numero di Paesi in cui è richiesta una partecipazione minima di elettori allo strumento dei referendum (che per correttezza dell'informazione da noi è richiesta solo nel caso il quesito sia abrogativo, mentre non è richiesta per quello confermativo). In Europa per esempio non esiste in Germania, Francia, Spagna, Belgio, nei Paesi Scandinavi, in Austria, Portogallo e Grecia. Nei Paesi Bassi è del 30%. Lo abbiamo noi, Malta, Bulgaria, Polonia, Portogallo, Romania, Slovenia e Slovacchia al 50%. In Svizzera e negli Stati Uniti è strumento usatissimo.
A Parigi nel Febbraio 2024 si è tenne un referendum cittadino sulla proposta di triplicare le tariffe di parcheggio per i modelli di auto più pesanti, ingombranti e inquinanti, da applicare soltanto agli automobilisti non residenti: parteciparono 78.121 elettori, il 5.7% degli aventi diritto, e il 54,55 per cento di loro ha votato in favore della proposta; qualche tempo prima un referendum per vietare i monopattini elettrici a noleggio ebbe un’affluenza del 7,5 per cento.
La politica è fatta anche di delusioni, illusioni, sconfitte, ma la costanza, le motivazioni, la convinzione che ho visto su questo posto, tanto bistrattato, a sostegno delle idee che quei quesiti rappresentavano sono stati ammirevoli. Sta a significare che sebbene in minoranza c'è (ed è una costante nella vita civica di questo Paese) una quota che vive fino in fondo la propria cittadinanza, che si preoccupa per gli altri, che vive la politica come azione per migliorare la comunità.
C'è solo una cosa che chiedo, per mantenere la dignità e la bellezza dei valori che si sono voluti esprimere facendo campagna elettorale per i referendum: non cadiamo nel tranello di dire "togliamo il suffragio universale" oppure "siamo un paese che non ha più speranze". Moralmente vale le risposte che molti si sono visti recapitare: "che non cambia nulla", per esempio.
Or che i sogni e le speranze si fan veri come fiori, sulla Luna e sulla Terra fate largo ai sognatori! Gianni Rodari
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Sbarià 9 - Restare Attenzionabili
Con un po' di ritardo, eccomi a decretare i nuovi vincitori e i nuovi vinti del sondaggio linguistico Denti Dolenti. Innanzitutto, grazie davvero a tutti coloro che partecipano attivamente, con suggerimenti (che saranno utilizzati in un prossimo sondaggio), commenti, spunti. Ecco i risultati:
al primo posto con molto distacco "attenzionare": dà subito la sensazione del burocratichese, uno dei grandi mali del rapporto tra Istituzioni e Cittadini, ed infatti è un verbo tecnico-amministrativo che è citato come neologismo dal 1987 nel Dizionario del nuovo italiano di C. Quarantotto (Roma, Newton Compton, 1987): rispetto al termine da cui deriva, attenzione, che dà vita a numerose espressioni (fare attenzione, dare attenzioni e così via) attenzionare significa "'sottoporre qualcosa all'attenzione di qualcuno", ed è diffuso nell'uso, ultimamente in modo quasi sistematico, nelle interviste di Ministri, Politici, Funzionari Amministrativi, che sono fonte di diffusione formidabile dei termini. Tra l'altro il fatto che questo verbo sia nato e sia normalmente usato in ambito burocratico fa sì che esso venga percepito, al di fuori dei settori nei quali comunemente si usa, come scorretto o, quanto meno, cacofonico. L'Accademia della Crusca mi fa notare che è molto usato in Sicilia, anche sui giornali o sul web, perchè affine al verbo attinziunari che ha il significato di "rendere ossequio a qualcuno; fare a qualcuno una visita di omaggio". Attinziunari e attenzionare sono formalmente equivalenti (ma non semanticamente), con la sola differenza che nel verbo siciliano l'oggetto diretto è 'persona', mentre nel verbo italiano è piuttosto una 'cosa'" (Sul verbo attenzionare, Accademia della Crusca);
al secondo posto "non si può più dire niente": questa espressione si lega quasi direttamente al cosiddetto politicamente corretto e alle ideologie di cancellazione delle disparità storiche (cancel culture, woke!, black lives matter etc). Di solito è piuttosto il rifugio di chi, nel sentore che la sua opinione sia vagamente offensiva, si trincea nella gigantesca area della libertà di espressione. Il discorso in verità è molto complesso e dovrebbe essere epurato dal dibattito iper polarizzato tipico delle rete sociali virtuali, dove la polarizzazione si basa su cose inventate, notizie false su censure a Biancavene e i nani, su proposte di piccoli gruppi estremisti dall'una e dall'altra sponda del problema. Rimane comunque che, per l'ennesima volta, un punto centrale del dibattito culturale sul cambiamento necessario nelle società verso una equità di diritti, a diversi livelli, finisca per essere simbolo di un vittimismo egocentrico di chi dovrebbe avere le capacità critiche, dato che si pone il problema dell'argomento sensibile, ma è pigro nell'esporlo in modo dialettico e costruttivo. E ovviamente il discorso vale anche con tutti gli ipercritici a prescindere.
al terzo posto, il radical chic: altro mito della comunicazione polarizzante, cioè che ormai "la sinistra" sia solo appannaggio di elitè economiche e culturali, ed è uno dei mantra della destra "legata la popolo" mentre si fa le foto con gli uomini più ricchi della terra, con la capacità, e mi rendo conto sempre più disarmante e sorprendente, di continuare a farsi credere. Come scrisse una volta Michele Serra: Nella vulgata di destra è diventato "radical chic" tutto ciò che odora di solidarismo (è per lavarsi la coscienza!) o di amore per la cultura (è per umiliare la gente semplice!) e ovviamente di critica del populismo (è disprezzo per il popolo!). Più in generale, il termine è semplicemente perfetto per ridurre quel vasto e disorientato mondo detto "sinistra occidentale" a una ipocrita cricca di potenti con la puzza sotto il naso che hanno perduto ogni rapporto con "il popolo". E mi fanno ancora più ridere quelli che, prendendo per "buona" la definizione, rispondono che sono sia radicali sia che si vestono bene (stendiamo un velo pietoso).
staccato un terzetto: a 360 gradi, che malessere, mi rendo conto sono tic linguistici anche simpatici, ma sono un po' sorpreso che l'espressione "ti faccio la carborana più buona che abbia mai mangiato" come piatto di rimorchio, e sottolineo come unico modo per stabilire se un uomo sappia cucinare o no, non abbia raccolto più consensi. Per i più sensibili, è ovvio che non ho nulla contro la carbonara, ma mi spiace del suo uso "didattico" nel diario del seduttore contemporaneo.
Nel ringraziarvi, vi annuncio che il prossimo sondaggio sarà di ambito culinario, mia passione e grande tema di tic ed espressioni linguistiche.
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Storia Di Musica #379 - Toto, IV, 1982
C'è stato un momento in cui la band di oggi sembrava un moderno musicale Re Mida: ogni cosa a cui mettevano mano diventava oro. Nel primo lustro degli anni '80 il suono di questo gruppo americano divenne una sorta di icona dei tempi, e per questo oggi nelle storie delle band a 6 elementi entrano anche loro. Tutto nasce dalla passione di due fratelli Porcaro, Jeff, batterista, e Steve, tastierista per la musica, presa dal padre Joe, famoso percussionista. Ventenni mettono su una band, e nel 1978 scelgono David Paich, pianista e anch'egli figlio d'arte, il chitarrista Steve Lukater, il bassista David Hungate e il cantante Bobby Kimball. Sono tutti musicisti con notevoli esperienze musicali, e alcuni di loro hanno suonato già con grandi nomi: Hungate e Lukater con i Boz Scaggs, i fratelli Porcaro sono già gettonatissimi sessionisti (e manterranno la loro disponibilità a suonare per altri per tutta la loro carriera, suoneranno accreditati in migliaia di dischi). Appena arrivati ad una decente amalgama, vanno subito a registrate dei demo, e la leggenda narra che per differenziarli da quelli delle altre band dello stesso studio Jeff Porcaro avesse scritto TOTO sulle proprie. Toto è infatti il nome del cane del Mago di Oz. Eppure nemmeno dopo i primi demo questo diventa il nome ufficiale: fu David Hungate, dopo aver visto il nome sui demo, che spiegò al gruppo che le parole latine "in toto" si traducevano anche in "onnicomprensivo". Poiché i membri della band avevano suonato in così tanti dischi e in così tanti generi musicali, adottarono il nome Toto come proprio.
Inizia così una parabola lunghissima (che con mille stravolgimenti arriva fino ad oggi) di un suono eclettico ma senza spigoli, per un pubblico "maturo", un suono morbido e accattivante che rispetto ad altri non ha forse superato la prova del tempo (tranne delle famose eccezioni) ma che in quel momento suona irresistibile. Iniziano con il botto: nel 1978 l'album Toto, in cui compare il logo spada disegnato da Philip Garris, già disegnatore dei Grateful Dead, ha subito una delle loro canzoni più famose, Hold The Line, che da sola vende come singolo un milione di copie. La formula è apprezzata da critica ma soprattutto dal pubblico, per cui la band ribadisce il concetto con Hydra, che ha venature un filo più hard rock, e dopo un tour memorabile, con Turnsack (1981), che ha idee più progressive, che il pubblico non premia in termini di vendite. Sarà solo una fermata breve, perchè si rifaranno con i fiocchi subito.
Toto IV, prodotto dalla band, esce l'8 Aprile del 1982. La loro musica elegante e morbida arriva alle vette più alte: la band lavorò intensamente sulle melodie, si assicurò che i testi semplici trattassero argomenti romantici, arricchì la voce di Bobby Kimball con l'aggiunta di altri membri del gruppo, coinvolse musicisti di spicco come Timothy B. Schmit e rallentò il ritmo fino a raggiungere quello che sarebbe diventato noto come ritmo da "power ballad Aor", che sta per adult oriented rock, di cui diventeranno il faro. Soprattutto, scrissero alcune delle canzoni del decennio: Rosanna, la vecchia storia di un testo disperato d'amore abbinato a un ritmo vivace, si pensava fosse un omaggio a Rosanna Arquette all'epoca fidanzata di Steve Porcaro ma non è così, fu il singolo d'oro che accompagnò l'uscita dell'album, entrando nella Top Ten; Make Believe entrò nella Top 30; e poi, a sorpresa, Africa, altra canzone simbolo, raggiunse il primo posto dieci mesi dopo l'uscita dell'album. A ciò si aggiungono altre canzoni che con il passare del tempo sono cresciute nel cuore degli appassionati, come I Won't Hold You Back, che presenta un grandioso arrangiamento orchestrale o Waiting For Your Love con grande prova canora di Kimball. Il disco oltre che campione di vendite con decine di milioni di copie vendute, nel 1983 domina ai Grammy, vincendone sei, tra cui Album dell'Anno e Disco dell'Anno (per Rosanna). Toto IV segnò sia il ritorno del gruppo che il suo apice; rimane un album fondamentale del raffinato pop losangelino dei primi anni '80 e il disco migliore e più coerente dei Toto. Dopo averlo realizzato, i membri tornarono felicemente alle sessioni, dove contribuirono a scrivere e registrare Thriller di Michael Jackson (Beat It per esempio, dove suona Lukather e Eddie Van Halen fa un famoso assolo alla chitarra) ma anche il ritorno dei Chicago.
Il periodo d'oro prevede anche l'inno ufficiale delle Olimpiadi di Los Angeles 1984 e la colonna sonora di Dune di David Lynch, eppure Isolation del 1984 è un mezzo flop: per tutto il decennio continueranno a scrivere dimostrando di aver perso il tocco magico. La band, con mille trasformazioni e alcuni lutti (il più famoso, la morte di Jeff Porcaro a 38 anni nel 1992), continua ancora oggi a suonare, in memoria di quel suono che come pochi altri ha fermato un momento del tempo sociale.
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Sī fuerīs Rōmae
Qualche giorno fa, avevo raccontato della splendida lettura del libro di De Hamel sui manoscritti e della storia delle Ore Farnese di Giorgio Giulio Clovo. Per quelle circostanze stupende legate al caos dell'Universo, per caso ho scoperto che a Roma, ai Musei Capitolini, è in corso una mostra sulla Grande Famiglia dei Farnese, che cambiarono Roma nel 1500. E tra le meraviglie clamorose che contiene, 15 giorni dopo averli visti sul libro, c'erano:

il dipinto di El Greco, ma soprattutto, direttamente dalla Morgan Library di New York


Le ore Farnese, aperte dai curatori alla stessa pagina del quadro. Un'emozione incredibile.
E qualche ora dopo, una visita in un posto altrettanto magico:


La Biblioteca Angelica del Convento degli Agostiniani, attaccata alla Meravigliosa Chiesa che custodisce, tra le altre meraviglie, La Madonna Dei Pellegrini di Caravaggio. Fu fondata dal lascito del vescovo marchigiano Angelo Rocca (1546-1620), da cui prese il nome: affidò la propria ricca raccolta libraria ai frati del suo ordine presenti a Roma, dotandola di proprie rendite e prescrivendone l'apertura a tutti, senza limite di sorta, un luogo dell'anima, dello spirito e della conoscenza. È considerata una delle prime biblioteche in senso moderno, come la Bodleiana di Oxford e quella Ambrosiana.
E poi ovviamente, c'è la meraviglia di Roma (sottolineo agli occhi del visitatore, i romani non se la prendano se mi limito allo stupore del viaggiatore!)



in serie, la statua equestre di Marco Aurelio ai Musei Capitolini, facciata della chiesa della Santissima Trinità dei Monti con l'obelisco Sallustiano (Roma è la città al mondo con più obelischi egiziani originali), cupola della Chiesa di Sant'Agnese in Agone opera di Ciro Ferri e di Sebastiano Corbellini, capolavoro del Barocco Romano.


La pizza bianca del forno di campo de' Fiori e il moretto del Caffè Sant'Eustachio, due cose che faccio sempre tornando a Roma.
..non la mia patria, bensì la patria dell'anima mia ho veduto.
Nikolaj Vasil'evič Gogol', su Roma.
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